Ariosto, Orlando furioso

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CANTO I
1.1.1 Le donne, i cavallier, l' arme, gli amori, 1.1.2 le cortesie, l' audaci imprese io canto, 1.1.3 che furo al tempo che passaro i Mori 1.1.4 d' Africa il mare, e in Francia nocquer tanto, 1.1.5 seguendo l' ire e i giovenil furori 1.1.6 d' Agramante lor re, che si diè vanto 1.1.7 di vendicar la morte di Troiano 1.1.8 sopra re Carlo imperator romano. 1.2.1 Dirò d' Orlando in un medesmo tratto 1.2.2 cosa non detta in prosa mai né in rima: 1.2.3 che per amor venne in furore e matto, 1.2.4 d' uom che sì saggio era stimato prima; 1.2.5 se da colei che tal quasi m' ha fatto, 1.2.6 che 'l poco ingegno ad or ad or mi lima, 1.2.7 me ne sarà però tanto concesso, 1.2.8 che mi basti a finir quanto ho promesso. 1.3.1 Piacciavi, generosa Erculea prole, 1.3.2 ornamento e splendor del secol nostro, 1.3.3 Ippolito, aggradir questo che vuole 1.3.4 e darvi sol può l' umil servo vostro. 1.3.5 Quel ch' io vi debbo, posso di parole 1.3.6 pagare in parte, e d' opera d' inchiostro; 1.3.7 né che poco io vi dia da imputar sono; 1.3.8 che quanto io posso dar, tutto vi dono. 1.4.1 Voi sentirete fra i più degni eroi, 1.4.2 che nominar con laude m' apparecchio, 1.4.3 ricordar quel Ruggier, che fu di voi 1.4.4 e de' vostri avi illustri il ceppo vecchio. 1.4.5 L' alto valore e' chiari gesti suoi 1.4.6 vi farò udir, se voi mi date orecchio, 1.4.7 e vostri alti pensier cedino un poco, 1.4.8 sì che tra lor miei versi abbiano loco. 1.5.1 Orlando, che gran tempo inamorato 1.5.2 fu de la bella Angelica, e per lei 1.5.3 in India, in Media, in Tartaria lasciato 1.5.4 avea infiniti et immortal trofei, 1.5.5 in Ponente con essa era tornato, 1.5.6 dove sotto i gran monti Pirenei 1.5.7 con la gente di Francia e de Lamagna 1.5.8 re Carlo era attendato alla campagna, 1.6.1 per far al re Marsilio e al re Agramante 1.6.2 battersi ancor del folle ardir la guancia, 1.6.3 d' aver condotto, l' un, d' Africa quante 1.6.4 genti erano atte a portar spada e lancia; 1.6.5 l' altro, d' aver spinta la Spagna inante 1.6.6 a destruzion del bel regno di Francia. 1.6.7 E così Orlando arrivò quivi a punto: 1.6.8 ma tosto si pentì d' esservi giunto; 1.7.1 che vi fu tolta la sua donna poi: 1.7.2 ecco il giudicio uman come spesso erra! 1.7.3 Quella che dagli esperii ai liti eoi 1.7.4 avea difesa con sì lunga guerra, 1.7.5 or tolta gli è fra tanti amici suoi, 1.7.6 senza spada adoprar, ne la sua terra. 1.7.7 Il savio imperator, ch' estinguer vòlse 1.7.8 un grave incendio, fu che gli la tolse. 1.8.1 Nata pochi dì inanzi era una gara 1.8.2 tra il conte Orlando e il suo cugin Rinaldo; 1.8.3 che ambi avean per la bellezza rara 1.8.4 d' amoroso disio l' animo caldo. 1.8.5 Carlo, che non avea tal lite cara, 1.8.6 che gli rendea l' aiuto lor men saldo, 1.8.7 questa donzella, che la causa n' era, 1.8.8 tolse, e diè in mano al duca di Bavera; 1.9.1 in premio promettendola a quel d' essi 1.9.2 ch' in quel conflitto, in quella gran giornata, 1.9.3 degli infideli più copia uccidessi, 1.9.4 e di sua man prestassi opra più grata. 1.9.5 Contrari ai voti poi furo i successi; 1.9.6 ch' in fuga andò la gente battezzata, 1.9.7 e con molti altri fu 'l duca prigione, 1.9.8 e restò abbandonato il padiglione. 1.10.1 Dove, poi che rimase la donzella 1.10.2 ch' esser dovea del vincitor mercede, 1.10.3 inanzi al caso era salita in sella, 1.10.4 e quando bisognò le spalle diede, 1.10.5 presaga che quel giorno esser rubella 1.10.6 dovea Fortuna alla cristiana fede: 1.10.7 entrò in un bosco, e ne la stretta via 1.10.8 rincontrò un cavallier ch' a piè venìa. 1.11.1 Indosso la corazza, l' elmo in testa, 1.11.2 la spada al fianco, e in braccio avea lo scudo; 1.11.3 e più leggier correa per la foresta, 1.11.4 ch' al pallio rosso il villan mezzo ignudo. 1.11.5 Timida pastorella mai sì presta 1.11.6 non volse piede inanzi a serpe crudo, 1.11.7 come Angelica tosto il freno torse, 1.11.8 che del guerrier, ch' a piè venìa, s' accorse. 1.12.1 Era costui quel paladin gagliardo, 1.12.2 figliuol d' Amon, signor di Montalbano, 1.12.3 a cui pur dianzi il suo destrier Baiardo 1.12.4 per strano caso uscito era di mano. 1.12.5 Come alla donna egli drizzò lo sguardo, 1.12.6 riconobbe, quantunque di lontano, 1.12.7 l' angelico sembiante e quel bel volto 1.12.8 ch' all' amorose reti il tenea involto. 1.13.1 La donna il palafreno a dietro volta, 1.13.2 e per la selva a tutta briglia il caccia; 1.13.3 né per la rara più che per la folta, 1.13.4 la più sicura e miglior via procaccia: 1.13.5 ma pallida, tremando, e di sé tolta, 1.13.6 lascia cura al destrier che la via faccia. 1.13.7 Di su di giù, ne l' alta selva fiera 1.13.8 tanto girò, che venne a una riviera. 1.14.1 Su la riviera Ferraù trovosse 1.14.2 di sudor pieno e tutto polveroso. 1.14.3 Da la battaglia dianzi lo rimosse 1.14.4 un gran disio di bere e di riposo; 1.14.5 e poi, mal grado suo, quivi fermosse, 1.14.6 perché, de l' acqua ingordo e frettoloso, 1.14.7 l' elmo nel fiume si lasciò cadere, 1.14.8 né l' avea potuto anco rïavere. 1.15.1 Quanto potea più forte, ne veniva 1.15.2 gridando la donzella ispaventata. 1.15.3 A quella voce salta in su la riva 1.15.4 il Saracino, e nel viso la guata; 1.15.5 e la conosce subito ch' arriva, 1.15.6 ben che di timor pallida e turbata, 1.15.7 e sien più dì che non n' udì novella, 1.15.8 che senza dubbio ell' è Angelica bella. 1.16.1 E perché era cortese, e n' avea forse 1.16.2 non men dei dui cugini il petto caldo, 1.16.3 l' aiuto che potea, tutto le porse, 1.16.4 pur come avesse l' elmo, ardito e baldo: 1.16.5 trasse la spada, e minacciando corse 1.16.6 dove poco di lui temea Rinaldo. 1.16.7 Più volte s' eran già non pur veduti, 1.16.8 m' al paragon de l' arme conosciuti. 1.17.1 Cominciâr quivi una crudel battaglia, 1.17.2 come a piè si trovâr, coi brandi ignudi: 1.17.3 non che le piastre e la minuta maglia, 1.17.4 ma ai colpi lor non reggerian gl' incudi. 1.17.5 Or, mentre l' un con l' altro si travaglia, 1.17.6 bisogna al palafren che 'l passo studi; 1.17.7 che quanto può menar de le calcagna, 1.17.8 colei lo caccia al bosco e alla campagna. 1.18.1 Poi che s' affaticâr gran pezzo invano 1.18.2 i duo guerrier per por l' un l' altro sotto, 1.18.3 quando non meno era con l' arme in mano 1.18.4 questo di quel, né quel di questo dotto; 1.18.5 fu primiero il signor di Montalbano, 1.18.6 ch' al cavallier di Spagna fece motto, 1.18.7 sì come quel c' ha nel cor tanto fuoco, 1.18.8 che tutto n' arde e non ritrova loco. 1.19.1 Disse al pagan: -- Me sol creduto avrai, 1.19.2 e pur avrai te meco ancora offeso: 1.19.3 se questo avvien perché i fulgenti rai 1.19.4 del nuovo sol t' abbino il petto acceso, 1.19.5 di farmi qui tardar che guadagno hai? 1.19.6 che quando ancor tu m' abbi morto o preso, 1.19.7 non però tua la bella donna fia; 1.19.8 che, mentre noi tardian, se ne va via. 1.20.1 Quanto fia meglio, amandola tu ancora, 1.20.2 che tu le venga a traversar la strada, 1.20.3 a ritenerla e farle far dimora, 1.20.4 prima che più lontana se ne vada! 1.20.5 Come l' avremo in potestate, allora 1.20.6 di ch' esser de' si provi con la spada: 1.20.7 non so altrimenti, dopo un lungo affanno, 1.20.8 che possa riuscirci altro che danno. -- 1.21.1 Al pagan la proposta non dispiacque: 1.21.2 così fu differita la tenzone; 1.21.3 e tal tregua tra lor subito nacque, 1.21.4 sì l' odio e l' ira va in oblivïone, 1.21.5 che 'l pagano al partir da le fresche acque 1.21.6 non lasciò a piedi il buon figliol d' Amone: 1.21.7 con preghi invita, et al fin toglie in groppa, 1.21.8 e per l' orme d' Angelica galoppa. 1.22.1 Oh gran bontà de' cavallieri antiqui! 1.22.2 Eran rivali, eran di fé diversi, 1.22.3 e si sentian degli aspri colpi iniqui 1.22.4 per tutta la persona anco dolersi; 1.22.5 e pur per selve oscure e calli obliqui 1.22.6 insieme van senza sospetto aversi. 1.22.7 Da quattro sproni il destrier punto arriva 1.22.8 ove una strada in due si dipartiva. 1.23.1 E come quei che non sapean se l' una 1.23.2 o l' altra via facesse la donzella 1.23.3 (però che senza differenzia alcuna 1.23.4 apparia in amendue l' orma novella), 1.23.5 si messero ad arbitrio di fortuna, 1.23.6 Rinaldo a questa, il Saracino a quella. 1.23.7 Pel bosco Ferraù molto s' avvolse, 1.23.8 e ritrovossi al fine onde si tolse. 1.24.1 Pur si ritrova ancor su la riviera, 1.24.2 là dove l' elmo gli cascò ne l' onde. 1.24.3 Poi che la donna ritrovar non spera, 1.24.4 per aver l' elmo che 'l fiume gli asconde, 1.24.5 in quella parte onde caduto gli era 1.24.6 discende ne l' estreme umide sponde: 1.24.7 ma quello era sì fitto ne la sabbia, 1.24.8 che molto avrà da far prima che l' abbia. 1.25.1 Con un gran ramo d' albero rimondo, 1.25.2 di ch' avea fatto una pertica lunga, 1.25.3 tenta il fiume e ricerca sino al fondo, 1.25.4 né loco lascia ove non batta e punga. 1.25.5 Mentre con la maggior stizza del mondo 1.25.6 tanto l' indugio suo quivi prolunga, 1.25.7 vede di mezzo il fiume un cavalliero 1.25.8 insino al petto uscir, d' aspetto fiero. 1.26.1 Era, fuor che la testa, tutto armato, 1.26.2 et avea un elmo ne la destra mano: 1.26.3 avea il medesimo elmo che cercato 1.26.4 da Ferraù fu lungamente invano. 1.26.5 A Ferraù parlò come adirato, 1.26.6 e disse: -- Ah mancator di fé, marano! 1.26.7 perché di lasciar l' elmo anche t' aggrevi, 1.26.8 che render già gran tempo mi dovevi? 1.27.1 Ricordati, pagan, quando uccidesti 1.27.2 d' Angelica il fratel (che son quell' io), 1.27.3 dietro all' altr' arme tu mi promettesti 1.27.4 gittar fra pochi dì l' elmo nel rio. 1.27.5 Or se Fortuna (quel che non volesti 1.27.6 far tu) pone ad effetto il voler mio, 1.27.7 non ti turbare; e se turbar ti déi, 1.27.8 turbati che di fé mancato sei. 1.28.1 Ma se desir pur hai d' un elmo fino, 1.28.2 trovane un altro, et abbil con più onore; 1.28.3 un tal ne porta Orlando paladino, 1.28.4 un tal Rinaldo, e forse anco migliore: 1.28.5 l' un fu d' Almonte, e l' altro di Mambrino: 1.28.6 acquista un di quei duo col tuo valore; 1.28.7 e questo, c' hai già di lasciarmi detto, 1.28.8 farai bene a lasciarmi con effetto. -- 1.29.1 All' apparir che fece all' improvviso 1.29.2 de l' acqua l' ombra, ogni pelo arricciossi, 1.29.3 e scolorossi al Saracino il viso; 1.29.4 la voce, ch' era per uscir, fermossi. 1.29.5 Udendo poi da l' Argalia, ch' ucciso 1.29.6 quivi avea già (che l' Argalia nomossi), 1.29.7 la rotta fede così improverarse, 1.29.8 di scorno e d' ira dentro e di fuor arse. 1.30.1 Né tempo avendo a pensar altra scusa, 1.30.2 e conoscendo ben che 'l ver gli disse, 1.30.3 restò senza risposta a bocca chiusa; 1.30.4 ma la vergogna il cor sì gli traffisse, 1.30.5 che giurò per la vita di Lanfusa 1.30.6 non voler mai ch' altro elmo lo coprisse, 1.30.7 se non quel buono che già in Aspramonte 1.30.8 trasse del capo Orlando al fiero Almonte. 1.31.1 E servò meglio questo giuramento, 1.31.2 che non avea quell' altro fatto prima. 1.31.3 Quindi si parte tanto malcontento, 1.31.4 che molti giorni poi si rode e lima. 1.31.5 Sol di cercare è il paladino intento 1.31.6 di qua di là, dove trovarlo stima. 1.31.7 Altra ventura al buon Rinaldo accade, 1.31.8 che da costui tenea diverse strade. 1.32.1 Non molto va Rinaldo, che si vede 1.32.2 saltare inanzi il suo destrier feroce: 1.32.3 -- Ferma, Baiardo mio, deh, ferma il piede! 1.32.4 che l' esser senza te troppo mi nuoce. -- 1.32.5 Per questo il destrier sordo a lui non riede, 1.32.6 anzi più se ne va sempre veloce. 1.32.7 Segue Rinaldo, e d' ira si distrugge: 1.32.8 ma seguitiamo Angelica che fugge. 1.33.1 Fugge tra selve spaventose e scure, 1.33.2 per lochi inabitati, ermi e selvaggi. 1.33.3 Il mover de le frondi e di verzure, 1.33.4 che di cerri sentia, d' olmi e di faggi, 1.33.5 fatto le avea con subite paure 1.33.6 trovar di qua di là strani vïaggi; 1.33.7 ch' ad ogni ombra veduta o in monte o in valle, 1.33.8 temea Rinaldo aver sempre alle spalle. 1.34.1 Qual pargoletta o damma o capriuola, 1.34.2 che tra le fronde del natio boschetto 1.34.3 alla madre veduta abbia la gola 1.34.4 stringer dal pardo, o aprirle 'l fianco o 'l petto, 1.34.5 di selva in selva dal crudel s' invola, 1.34.6 e di paura triema e di sospetto: 1.34.7 ad ogni sterpo che passando tocca, 1.34.8 esser si crede all' empia fera in bocca. 1.35.1 Quel dì e la notte e mezzo l' altro giorno 1.35.2 s' andò aggirando, e non sapeva dove. 1.35.3 Trovossi al fine in un boschetto adorno, 1.35.4 che lievemente la fresca aura muove. 1.35.5 Duo chiari rivi, mormorando intorno, 1.35.6 sempre l' erbe vi fan tenere e nuove; 1.35.7 e rendea ad ascoltar dolce concento, 1.35.8 rotto tra picciol sassi, il correr lento. 1.36.1 Quivi parendo a lei d' esser sicura 1.36.2 e lontana a Rinaldo mille miglia, 1.36.3 da la via stanca e da l' estiva arsura, 1.36.4 di riposare alquanto si consiglia: 1.36.5 tra' fiori smonta, e lascia alla pastura 1.36.6 andare il palafren senza la briglia; 1.36.7 e quel va errando intorno alle chiare onde, 1.36.8 che di fresca erba avean piene le sponde. 1.37.1 Ecco non lungi un bel cespuglio vede 1.37.2 di prun fioriti e di vermiglie rose, 1.37.3 che de le liquide onde al specchio siede, 1.37.4 chiuso dal sol fra l' alte quercie ombrose; 1.37.5 così vòto nel mezzo, che concede 1.37.6 fresca stanza fra l' ombre più nascose: 1.37.7 e la foglia coi rami in modo è mista, 1.37.8 che 'l sol non v' entra, non che minor vista. 1.38.1 Dentro letto vi fan tenere erbette, 1.38.2 ch' invitano a posar chi s' appresenta. 1.38.3 La bella donna in mezzo a quel si mette; 1.38.4 ivi si corca, et ivi s' addormenta. 1.38.5 Ma non per lungo spazio così stette, 1.38.6 che un calpestio le par che venir senta: 1.38.7 cheta si leva, e appresso alla riviera 1.38.8 vede ch' armato un cavallier giunt' era. 1.39.1 Se gli è amico o nemico non comprende: 1.39.2 tema e speranza il dubbio cuor le scuote; 1.39.3 e di quella aventura il fine attende, 1.39.4 né pur d' un sol sospir l' aria percuote. 1.39.5 Il cavalliero in riva al fiume scende 1.39.6 sopra l' un braccio a riposar le gote; 1.39.7 e in un suo gran pensier tanto penètra, 1.39.8 che par cangiato in insensibil pietra. 1.40.1 Pensoso più d' un' ora a capo basso 1.40.2 stette, Signore, il cavallier dolente; 1.40.3 poi cominciò con suono afflitto e lasso 1.40.4 a lamentarsi sì soavemente, 1.40.5 ch' avrebbe di pietà spezzato un sasso, 1.40.6 una tigre crudel fatta clemente. 1.40.7 Sospirando piangea, tal ch' un ruscello 1.40.8 parean le guancie, e 'l petto un Mongibello. 1.41.1 -- Pensier (dicea) che 'l cor m' aggiacci et ardi, 1.41.2 e causi il duol che sempre il rode e lima, 1.41.3 che debbo far, poi ch' io son giunto tardi, 1.41.4 e ch' altri a côrre il frutto è andato prima? 1.41.5 a pena avuto io n' ho parole e sguardi, 1.41.6 et altri n' ha tutta la spoglia opima. 1.41.7 Se non ne tocca a me frutto né fiore, 1.41.8 perché affliger per lei mi vuo' più il core? 1.42.1 La verginella è simile alla rosa, 1.42.2 ch' in bel giardin su la nativa spina 1.42.3 mentre sola e sicura si riposa, 1.42.4 né gregge né pastor se le avicina; 1.42.5 l' aura soave e l' alba rugiadosa, 1.42.6 l' acqua, la terra al suo favor s' inchina: 1.42.7 gioveni vaghi e donne inamorate 1.42.8 amano averne e seni e tempie ornate. 1.43.1 Ma non sì tosto dal materno stelo 1.43.2 rimossa viene e dal suo ceppo verde, 1.43.3 che quanto avea dagli uomini e dal cielo 1.43.4 favor, grazia e bellezza, tutto perde. 1.43.5 La vergine che 'l fior, di che più zelo 1.43.6 che de' begli occhi e de la vita aver de', 1.43.7 lascia altrui côrre, il pregio ch' avea inanti 1.43.8 perde nel cor di tutti gli altri amanti. 1.44.1 Sia vile agli altri, e da quel solo amata 1.44.2 a cui di sé fece sì larga copia. 1.44.3 Ah, Fortuna crudel, Fortuna ingrata! 1.44.4 trionfan gli altri, e ne moro io d' inopia. 1.44.5 Dunque esser può che non mi sia più grata? 1.44.6 dunque io posso lasciar mia vita propia? 1.44.7 Ah, più tosto oggi manchino i dì miei, 1.44.8 ch' io viva più, s' amar non debbo lei! -- 1.45.1 Se mi domanda alcun chi costui sia, 1.45.2 che versa sopra il rio lacrime tante, 1.45.3 io dirò ch' egli è il re di Circassia, 1.45.4 quel d' amor travagliato Sacripante; 1.45.5 io dirò ancor, che di sua pena ria 1.45.6 sia prima e sola causa essere amante, 1.45.7 e pur un degli amanti di costei: 1.45.8 e ben riconosciuto fu da lei. 1.46.1 Appresso ove il sol cade, per suo amore 1.46.2 venuto era dal capo d' Orïente; 1.46.3 che seppe in India con suo gran dolore, 1.46.4 come ella Orlando sequitò in Ponente: 1.46.5 poi seppe in Francia che l' imperatore 1.46.6 sequestrata l' avea da l' altra gente, 1.46.7 per darla all' un de' duo che contra il Moro 1.46.8 più quel giorno aiutasse i Gigli d' oro. 1.47.1 Stato era in campo, e inteso avea di quella 1.47.2 rotta crudel che dianzi ebbe re Carlo: 1.47.3 cercò vestigio d' Angelica bella, 1.47.4 né potuto avea ancora ritrovarlo. 1.47.5 Questa è dunque la trista e ria novella 1.47.6 che d' amorosa doglia fa penarlo, 1.47.7 affligger, lamentare e dir parole 1.47.8 che di pietà potrian fermare il sole. 1.48.1 Mentre costui così s' affligge e duole, 1.48.2 e fa degli occhi suoi tepida fonte, 1.48.3 e dice queste e molte altre parole, 1.48.4 che non mi par bisogno esser racconte; 1.48.5 l' aventurosa sua fortuna vuole 1.48.6 ch' alle orecchie d' Angelica sian conte: 1.48.7 e così quel ne viene a un' ora, a un punto, 1.48.8 ch' in mille anni o mai più non è raggiunto. 1.49.1 Con molta attenzïon la bella donna 1.49.2 al pianto, alle parole, al modo attende 1.49.3 di colui ch' in amarla non assonna; 1.49.4 né questo è il primo dì ch' ella l' intende: 1.49.5 ma dura e fredda più d' una colonna, 1.49.6 ad averne pietà non però scende; 1.49.7 come colei c' ha tutto il mondo a sdegno, 1.49.8 e non le par ch' alcun sia di lei degno. 1.50.1 Pur tra quei boschi il ritrovarsi sola 1.50.2 le fa pensar di tor costui per guida; 1.50.3 che chi ne l' acqua sta fin alla gola, 1.50.4 ben è ostinato se mercé non grida. 1.50.5 Se questa occasïone or se l' invola, 1.50.6 non troverà mai più scorta sì fida; 1.50.7 ch' a lunga prova conosciuto inante 1.50.8 s' avea quel re fedel sopra ogni amante. 1.51.1 Ma non però disegna de l' affanno 1.51.2 che lo distrugge alleggierir chi l' ama, 1.51.3 e ristorar d' ogni passato danno 1.51.4 con quel piacer ch' ogni amator più brama: 1.51.5 ma alcuna finzïone, alcuno inganno 1.51.6 di tenerlo in speranza ordisce e trama; 1.51.7 tanto ch' a quel bisogno se ne serva, 1.51.8 poi torni all' uso suo dura e proterva. 1.52.1 E fuor di quel cespuglio oscuro e cieco 1.52.2 fa di sé bella et improvisa mostra, 1.52.3 come di selva o fuor d' ombroso speco 1.52.4 Dïana in scena o Citerea si mostra; 1.52.5 e dice all' apparir: -- Pace sia teco; 1.52.6 teco difenda Dio la fama nostra, 1.52.7 e non comporti, contra ogni ragione, 1.52.8 ch' abbi di me sì falsa opinïone. -- 1.53.1 Non mai con tanto gaudio o stupor tanto 1.53.2 levò gli occhi al figliuolo alcuna madre, 1.53.3 ch' avea per morto sospirato e pianto, 1.53.4 poi che senza esso udì tornar le squadre; 1.53.5 con quanto gaudio il Saracin, con quanto 1.53.6 stupor l' alta presenza e le leggiadre 1.53.7 maniere e il vero angelico sembiante, 1.53.8 improviso apparir si vide inante. 1.54.1 Pieno di dolce e d' amoroso affetto, 1.54.2 alla sua donna, alla sua diva corse, 1.54.3 che con le braccia al collo il tenne stretto, 1.54.4 quel ch' al Catai non avria fatto forse. 1.54.5 Al patrio regno, al suo natio ricetto, 1.54.6 seco avendo costui, l' animo torse: 1.54.7 subito in lei s' avviva la speranza 1.54.8 di tosto riveder sua ricca stanza. 1.55.1 Ella gli rende conto pienamente 1.55.2 dal giorno che mandato fu da lei 1.55.3 a domandar soccorso in Orïente 1.55.4 al re de' Sericani e Nabatei; 1.55.5 e come Orlando la guardò sovente 1.55.6 da morte, da disnor, da casi rei; 1.55.7 e che 'l fior virginal così avea salvo, 1.55.8 come se lo portò del materno alvo. 1.56.1 Forse era ver, ma non però credibile 1.56.2 a chi del senso suo fosse signore; 1.56.3 ma parve facilmente a lui possibile, 1.56.4 ch' era perduto in via più grave errore. 1.56.5 Quel che l' uom vede, Amor gli fa invisibile, 1.56.6 e l' invisibil fa vedere Amore. 1.56.7 Questo creduto fu; che 'l miser suole 1.56.8 dar facile credenza a quel che vuole. 1.57.1 -- Se mal si seppe il cavallier d' Anglante 1.57.2 pigliar per sua sciochezza il tempo buono, 1.57.3 il danno se ne avrà; che da qui inante 1.57.4 nol chiamerà Fortuna a sì gran dono 1.57.5 (tra sé tacito parla Sacripante): 1.57.6 ma io per imitarlo già non sono, 1.57.7 che lasci tanto ben che m' è concesso, 1.57.8 e ch' a doler poi m' abbia di me stesso. 1.58.1 Corrò la fresca e matutina rosa, 1.58.2 che, tardando, stagion perder potria. 1.58.3 So ben ch' a donna non si può far cosa 1.58.4 che più soave e più piacevol sia, 1.58.5 ancor che se ne mostri disdegnosa, 1.58.6 e talor mesta e flebil se ne stia: 1.58.7 non starò per repulsa o finto sdegno, 1.58.8 ch' io non adombri e incarni il mio disegno. -- 1.59.1 Così dice egli; e mentre s' apparecchia 1.59.2 al dolce assalto, un gran rumor che suona 1.59.3 dal vicin bosco gl' intruona l' orecchia, 1.59.4 sì che mal grado l' impresa abbandona: 1.59.5 e si pon l' elmo (ch' avea usanza vecchia 1.59.6 di portar sempre armata la persona), 1.59.7 viene al destriero e gli ripon la briglia, 1.59.8 rimonta in sella e la sua lancia piglia. 1.60.1 Ecco pel bosco un cavallier venire, 1.60.2 il cui sembiante è d' uom gagliardo e fiero: 1.60.3 candido come nieve è il suo vestire, 1.60.4 un bianco pennoncello ha per cimiero. 1.60.5 Re Sacripante, che non può patire 1.60.6 che quel con l' importuno suo sentiero 1.60.7 gli abbia interrotto il gran piacer ch' avea, 1.60.8 con vista il guarda disdegnosa e rea. 1.61.1 Come è più presso, lo sfida a battaglia; 1.61.2 che crede ben fargli votar l' arcione. 1.61.3 Quel che di lui non stimo già che vaglia 1.61.4 un grano meno, e ne fa paragone, 1.61.5 l' orgogliose minaccie a mezzo taglia, 1.61.6 sprona a un tempo, e la lancia in resta pone. 1.61.7 Sacripante ritorna con tempesta, 1.61.8 e corronsi a ferir testa per testa. 1.62.1 Non si vanno i leoni o i tori in salto 1.62.2 a dar di petto, ad accozzar sì crudi, 1.62.3 sì come i duo guerrieri al fiero assalto, 1.62.4 che parimente si passâr gli scudi. 1.62.5 Fe' lo scontro tremar dal basso all' alto 1.62.6 l' erbose valli insino ai poggi ignudi; 1.62.7 e ben giovò che fur buoni e perfetti 1.62.8 gli osberghi sì, che lor salvaro i petti. 1.63.1 Già non fêro i cavalli un correr torto, 1.63.2 anzi cozzaro a guisa di montoni: 1.63.3 quel del guerrier pagan morì di corto, 1.63.4 ch' era vivendo in numero de' buoni; 1.63.5 quell' altro cadde ancor, ma fu risorto 1.63.6 tosto ch' al fianco si sentì gli sproni. 1.63.7 Quel del re saracin restò disteso 1.63.8 adosso al suo signor con tutto il peso. 1.64.1 L' incognito campion che restò ritto, 1.64.2 e vide l' altro col cavallo in terra, 1.64.3 stimando avere assai di quel conflitto, 1.64.4 non si curò di rinovar la guerra; 1.64.5 ma dove per la selva è il camin dritto, 1.64.6 correndo a tutta briglia si disserra; 1.64.7 e prima che di briga esca il pagano, 1.64.8 un miglio o poco meno è già lontano. 1.65.1 Qual istordito e stupido aratore, 1.65.2 poi ch' è passato il fulmine, si leva 1.65.3 di là dove l' altissimo fragore 1.65.4 appresso ai morti buoi steso l' aveva; 1.65.5 che mira senza fronde e senza onore 1.65.6 il pin che di lontan veder soleva: 1.65.7 tal si levò il pagano a piè rimaso, 1.65.8 Angelica presente al duro caso. 1.66.1 Sospira e geme, non perché l' annoi 1.66.2 che piede o braccia s' abbi rotto o mosso, 1.66.3 ma per vergogna sola, onde a' dì suoi 1.66.4 né pria né dopo il viso ebbe sì rosso: 1.66.5 e più, ch' oltre al cader, sua donna poi 1.66.6 fu che gli tolse il gran peso d' adosso. 1.66.7 Muto restava, mi cred' io, se quella 1.66.8 non gli rendea la voce e la favella. 1.67.1 -- Deh! (diss' ella) signor, non vi rincresca! 1.67.2 che del cader non è la colpa vostra, 1.67.3 ma del cavallo, a cui riposo et esca 1.67.4 meglio si convenia che nuova giostra. 1.67.5 Né perciò quel guerrier sua gloria accresca; 1.67.6 che d' esser stato il perditor dimostra: 1.67.7 così, per quel ch' io me ne sappia, stimo, 1.67.8 quando a lasciare il campo è stato primo. -- 1.68.1 Mentre costei conforta il Saracino, 1.68.2 ecco col corno e con la tasca al fianco, 1.68.3 galoppando venir sopra un ronzino 1.68.4 un messaggier che parea afflitto e stanco; 1.68.5 che come a Sacripante fu vicino, 1.68.6 gli domandò se con un scudo bianco 1.68.7 e con un bianco pennoncello in testa 1.68.8 vide un guerrier passar per la foresta. 1.69.1 Rispose Sacripante: -- Come vedi, 1.69.2 m' ha qui abbattuto, e se ne parte or ora; 1.69.3 e perch' io sappia chi m' ha messo a piedi, 1.69.4 fa che per nome io lo conosca ancora. -- 1.69.5 Et egli a lui: -- Di quel che tu mi chiedi 1.69.6 io ti satisfarò senza dimora: 1.69.7 tu déi saper che ti levò di sella 1.69.8 l' alto valor d' una gentil donzella. 1.70.1 Ella è gagliarda, et è più bella molto; 1.70.2 né il suo famoso nome anco t' ascondo: 1.70.3 fu Bradamante quella che t' ha tolto 1.70.4 quanto onor mai tu guadagnasti al mondo. -- 1.70.5 Poi ch' ebbe così detto, a freno sciolto 1.70.6 il Saracin lasciò poco giocondo, 1.70.7 che non sa che si dica o che si faccia, 1.70.8 tutto avvampato di vergogna in faccia. 1.71.1 Poi che gran pezzo al caso intervenuto 1.71.2 ebbe pensato invano, e finalmente 1.71.3 si trovò da una femina abbattuto, 1.71.4 che pensandovi più, più dolor sente; 1.71.5 montò l' altro destrier, tacito e muto: 1.71.6 e senza far parola, chetamente 1.71.7 tolse Angelica in groppa, e differilla 1.71.8 a più lieto uso, a stanza più tranquilla. 1.72.1 Non furo iti duo miglia, che sonare 1.72.2 odon la selva che li cinge intorno, 1.72.3 con tal rumore e strepito, che pare 1.72.4 che triemi la foresta d' ogn' intorno; 1.72.5 e poco dopo un gran destrier n' appare, 1.72.6 d' oro guernito, e riccamente adorno, 1.72.7 che salta macchie e rivi, et a fracasso 1.72.8 arbori mena e ciò che vieta il passo. 1.73.1 -- Se l' intricati rami e l' aer fosco 1.73.2 (disse la donna) agli occhi non contende, 1.73.3 Baiardo è quel destrier ch' in mezzo il bosco 1.73.4 con tal rumor la chiusa via si fende. 1.73.5 Questo è certo Baiardo, io 'l riconosco: 1.73.6 deh, come ben nostro bisogno intende! 1.73.7 ch' un sol ronzin per dui saria mal atto, 1.73.8 e ne viene egli a satisfarci ratto. -- 1.74.1 Smonta il Circasso et al destrier s' accosta, 1.74.2 e si pensava dar di mano al freno. 1.74.3 Colle groppe il destrier gli fa risposta, 1.74.4 che fu presto a girar come un baleno; 1.74.5 ma non arriva dove i calci apposta: 1.74.6 misero il cavallier se giungea a pieno! 1.74.7 che nei calci tal possa avea il cavallo, 1.74.8 ch' avria spezzato un monte di metallo. 1.75.1 Indi va mansueto alla donzella, 1.75.2 con umile sembiante e gesto umano, 1.75.3 come intorno al padrone il can saltella, 1.75.4 che sia duo giorni o tre stato lontano. 1.75.5 Baiardo ancora avea memoria d' ella, 1.75.6 ch' in Albracca il servia già di sua mano 1.75.7 nel tempo che da lei tanto era amato 1.75.8 Rinaldo, allor crudele, allor ingrato. 1.76.1 Con la sinistra man prende la briglia, 1.76.2 con l' altra tocca e palpa il collo e 'l petto: 1.76.3 quel destrier, ch' avea ingegno a maraviglia, 1.76.4 a lei, come un agnel, si fa suggetto. 1.76.5 Intanto Sacripante il tempo piglia: 1.76.6 monta Baiardo, e l' urta e lo tien stretto. 1.76.7 Del ronzin disgravato la donzella 1.76.8 lascia la groppa, e si ripone in sella. 1.77.1 Poi rivolgendo a caso gli occhi, mira 1.77.2 venir sonando d' arme un gran pedone. 1.77.3 Tutta s' avvampa di dispetto e d' ira; 1.77.4 che conosce il figliuol del duca Amone. 1.77.5 Più che sua vita l' ama egli e desira; 1.77.6 l' odia e fugge ella più che gru falcone. 1.77.7 Già fu ch' esso odiò lei più che la morte; 1.77.8 ella amò lui: or han cangiato sorte. 1.78.1 E questo hanno causato due fontane 1.78.2 che di diverso effetto hanno liquore, 1.78.3 ambe in Ardenna, e non sono lontane: 1.78.4 d' amoroso disio l' una empie il core; 1.78.5 chi bee de l' altra, senza amor rimane, 1.78.6 e volge tutto in ghiaccio il primo ardore. 1.78.7 Rinaldo gustò d' una, e amor lo strugge; 1.78.8 Angelica de l' altra, e l' odia e fugge. 1.79.1 Quel liquor di secreto venen misto, 1.79.2 che muta in odio l' amorosa cura, 1.79.3 fa che la donna che Rinaldo ha visto, 1.79.4 nei sereni occhi subito s' oscura; 1.79.5 e con voce tremante e viso tristo 1.79.6 supplica Sacripante e lo scongiura 1.79.7 che quel guerrier più appresso non attenda, 1.79.8 ma ch' insieme con lei la fuga prenda. 1.80.1 -- Son dunque (disse il Saracino), sono 1.80.2 dunque in sì poco credito con vui, 1.80.3 che mi stimiate inutile, e non buono 1.80.4 da potervi difender da costui? 1.80.5 Le battaglie d' Albracca già vi sono 1.80.6 di mente uscite, e la notte ch' io fui 1.80.7 per la salute vostra, solo e nudo, 1.80.8 contra Agricane e tutto il campo, scudo? -- 1.81.1 Non risponde ella, e non sa che si faccia, 1.81.2 perché Rinaldo ormai l' è troppo appresso, 1.81.3 che da lontano al Saracin minaccia, 1.81.4 come vide il cavallo e conobbe esso, 1.81.5 e riconobbe l' angelica faccia 1.81.6 che l' amoroso incendio in cor gli ha messo. 1.81.7 Quel che seguì tra questi duo superbi 1.81.8 vo' che per l' altro canto si riserbi.
CANTO II
2.1.1 Ingiustissimo Amor, perché sì raro 2.1.2 corrispondenti fai nostri desiri? 2.1.3 onde, perfido, avvien che t' è sì caro 2.1.4 il discorde voler ch' in duo cor miri? 2.1.5 Gir non mi lasci al facil guado e chiaro, 2.1.6 e nel più cieco e maggior fondo tiri: 2.1.7 da chi disia il mio amor tu mi richiami, 2.1.8 e chi m' ha in odio vuoi ch' adori et ami. 2.2.1 Fai ch' a Rinaldo Angelica par bella, 2.2.2 quando esso a lei brutto e spiacevol pare: 2.2.3 quando le parea bello e l' amava ella, 2.2.4 egli odiò lei quanto si può più odiare. 2.2.5 Ora s' affligge indarno e si flagella; 2.2.6 così renduto ben gli è pare a pare: 2.2.7 ella l' ha in odio, e l' odio è di tal sorte, 2.2.8 che più tosto che lui vorria la morte. 2.3.1 Rinaldo al Saracin con molto orgoglio 2.3.2 gridò: -- Scendi, ladron, del mio cavallo! 2.3.3 Che mi sia tolto il mio, patir non soglio, 2.3.4 ma ben fo, a chi lo vuol, caro costallo: 2.3.5 e levar questa donna anco ti voglio; 2.3.6 che sarebbe a lasciartela gran fallo. 2.3.7 Sì perfetto destrier, donna sì degna 2.3.8 a un ladron non mi par che si convegna. -- 2.4.1 -- Tu te ne menti che ladrone io sia 2.4.2 (rispose il Saracin non meno altiero): 2.4.3 chi dicesse a te ladro, lo diria 2.4.4 (quanto io n' odo per fama) più con vero. 2.4.5 La pruova or si vedrà, chi di noi sia 2.4.6 più degno de la donna e del destriero; 2.4.7 ben che, quanto a lei, teco io mi convegna 2.4.8 che non è cosa al mondo altra sì degna. -- 2.5.1 Come soglion talor duo can mordenti, 2.5.2 o per invidia o per altro odio mossi, 2.5.3 avicinarsi digrignando i denti, 2.5.4 con occhi bieci e più che bracia rossi; 2.5.5 indi a' morsi venir, di rabbia ardenti, 2.5.6 con aspri ringhi e ribuffati dossi: 2.5.7 così alle spade e dai gridi e da l' onte 2.5.8 venne il Circasso e quel di Chiaramonte. 2.6.1 A piedi è l' un, l' altro a cavallo: or quale 2.6.2 credete ch' abbia il Saracin vantaggio? 2.6.3 Né ve n' ha però alcun; che così vale 2.6.4 forse ancor men ch' uno inesperto paggio; 2.6.5 che 'l destrier per instinto naturale 2.6.6 non volea fare al suo signore oltraggio: 2.6.7 né con man né con spron potea il Circasso 2.6.8 farlo a voluntà sua muover mai passo. 2.7.1 Quando crede cacciarlo, egli s' arresta; 2.7.2 e se tener lo vuole, o corre o trotta: 2.7.3 poi sotto il petto si caccia la testa, 2.7.4 giuoca di schiene, e mena calci in frotta. 2.7.5 Vedendo il Saracin ch' a domar questa 2.7.6 bestia superba era mal tempo allotta, 2.7.7 ferma le man sul primo arcione e s' alza, 2.7.8 e dal sinistro fianco in piede sbalza. 2.8.1 Sciolto che fu il pagan con leggier salto 2.8.2 da l' ostinata furia di Baiardo, 2.8.3 si vide cominciar ben degno assalto 2.8.4 d' un par di cavallier tanto gagliardo. 2.8.5 Suona l' un brando e l' altro, or basso or alto: 2.8.6 il martel di Vulcano era più tardo 2.8.7 ne la spelunca affumicata, dove 2.8.8 battea all' incude i folgori di Giove. 2.9.1 Fanno or con lunghi, ora con finti e scarsi 2.9.2 colpi veder che mastri son del giuoco: 2.9.3 or li vedi ire altieri, or rannicchiarsi, 2.9.4 ora coprirsi, ora mostrarsi un poco, 2.9.5 ora crescere inanzi, ora ritrarsi, 2.9.6 ribatter colpi e spesso lor dar loco, 2.9.7 girarsi intorno; e donde l' uno cede, 2.9.8 l' altro aver posto immantinente il piede. 2.10.1 Ecco Rinaldo con la spada adosso 2.10.2 a Sacripante tutto s' abbandona; 2.10.3 e quel porge lo scudo, ch' era d' osso, 2.10.4 con la piastra d' acciar temprata e buona. 2.10.5 Taglial Fusberta, ancor che molto grosso: 2.10.6 ne geme la foresta e ne risuona. 2.10.7 L' osso e l' acciar ne va che par di ghiaccio, 2.10.8 e lascia al Saracin stordito il braccio. 2.11.1 Quando vide la timida donzella 2.11.2 dal fiero colpo uscir tanta ruina, 2.11.3 per gran timor cangiò la faccia bella, 2.11.4 qual il reo ch' al supplicio s' avvicina; 2.11.5 né le par che vi sia da tardar, s' ella 2.11.6 non vuol di quel Rinaldo esser rapina, 2.11.7 di quel Rinaldo ch' ella tanto odiava, 2.11.8 quanto esso lei miseramente amava. 2.12.1 Volta il cavallo, e ne la selva folta 2.12.2 lo caccia per un aspro e stretto calle: 2.12.3 e spesso il viso smorto a dietro volta; 2.12.4 che le par che Rinaldo abbia alle spalle. 2.12.5 Fuggendo non avea fatto via molta, 2.12.6 che scontrò un eremita in una valle, 2.12.7 ch' avea lunga la barba a mezzo il petto, 2.12.8 devoto e venerabile d' aspetto. 2.13.1 Dagli anni e dal digiuno attenuato, 2.13.2 sopra un lento asinel se ne veniva; 2.13.3 e parea, più ch' alcun fosse mai stato, 2.13.4 di conscïenza scrupolosa e schiva. 2.13.5 Come egli vide il viso delicato 2.13.6 de la donzella che sopra gli arriva, 2.13.7 debil quantunque e mal gagliarda fosse, 2.13.8 tutta per carità se gli commosse. 2.14.1 La donna al fraticel chiede la via 2.14.2 che la conduca ad un porto di mare, 2.14.3 perché levar di Francia si vorria 2.14.4 per non udir Rinaldo nominare. 2.14.5 Il frate, che sapea negromanzia, 2.14.6 non cessa la donzella confortare 2.14.7 che presto la trarrà d' ogni periglio; 2.14.8 et ad una sua tasca diè di piglio. 2.15.1 Trassene un libro, e mostrò grande effetto; 2.15.2 che legger non finì la prima faccia, 2.15.3 ch' uscir fa un spirto in forma di valletto, 2.15.4 e gli commanda quanto vuol ch' el faccia. 2.15.5 Quel se ne va, da la scrittura astretto, 2.15.6 dove i dui cavallieri a faccia a faccia 2.15.7 eran nel bosco, e non stavano al rezzo; 2.15.8 fra' quali entrò con grande audacia in mezzo. 2.16.1 -- Per cortesia (disse), un di voi mi mostre, 2.16.2 quando anco uccida l' altro, che gli vaglia: 2.16.3 che merto avrete alle fatiche vostre, 2.16.4 finita che tra voi sia la battaglia, 2.16.5 se 'l conte Orlando, senza liti o giostre, 2.16.6 e senza pur aver rotta una maglia, 2.16.7 verso Parigi mena la donzella 2.16.8 che v' ha condotti a questa pugna fella? 2.17.1 Vicino un miglio ho ritrovato Orlando 2.17.2 che ne va con Angelica a Parigi, 2.17.3 di voi ridendo insieme, e motteggiando 2.17.4 che senza frutto alcun siate in litigi. 2.17.5 Il meglio forse vi sarebbe, or quando 2.17.6 non son più lungi, a seguir lor vestigi; 2.17.7 che s' in Parigi Orlando la può avere, 2.17.8 non ve la lascia mai più rivedere. -- 2.18.1 Veduto avreste i cavallier turbarsi 2.18.2 a quel annunzio, e mesti e sbigottiti, 2.18.3 senza occhi e senza mente nominarsi, 2.18.4 che gli avesse il rival così scherniti; 2.18.5 ma il buon Rinaldo al suo cavallo trarsi 2.18.6 con sospir che parean del fuoco usciti, 2.18.7 e giurar per isdegno e per furore, 2.18.8 se giungea Orlando, di cavargli il core. 2.19.1 E dove aspetta il suo Baiardo, passa, 2.19.2 e sopra vi si lancia, e via galoppa, 2.19.3 né al cavallier, ch' a piè nel bosco lassa, 2.19.4 pur dice a Dio, non che lo 'nviti in groppa. 2.19.5 L' animoso cavallo urta e fracassa, 2.19.6 punto dal suo signor, ciò ch' egli 'ntoppa: 2.19.7 non ponno fosse o fiumi o sassi o spine 2.19.8 far che dal corso il corridor decline. 2.20.1 Signor, non voglio che vi paia strano 2.20.2 se Rinaldo or sì tosto il destrier piglia, 2.20.3 che già più giorni ha seguitato invano, 2.20.4 né gli ha possuto mai toccar la briglia. 2.20.5 Fece il destrier, ch' avea intelletto umano, 2.20.6 non per vizio seguirsi tante miglia, 2.20.7 ma per guidar dove la donna giva, 2.20.8 il suo signor, da chi bramar l' udiva. 2.21.1 Quando ella si fuggì dal padiglione, 2.21.2 la vide et appostolla il buon destriero, 2.21.3 che si trovava aver vòto l' arcione, 2.21.4 però che n' era sceso il cavalliero 2.21.5 per combatter di par con un barone, 2.21.6 che men di lui non era in arme fiero; 2.21.7 poi ne seguitò l' orme di lontano, 2.21.8 bramoso porla al suo signore in mano. 2.22.1 Bramoso di ritrarlo ove fosse ella, 2.22.2 per la gran selva inanzi se gli messe; 2.22.3 né lo volea lasciar montare in sella, 2.22.4 perché ad altro camin non lo volgesse. 2.22.5 Per lui trovò Rinaldo la donzella 2.22.6 una e due volte, e mai non gli successe; 2.22.7 che fu da Ferraù prima impedito, 2.22.8 poi dal Circasso, come avete udito. 2.23.1 Ora al demonio che mostrò a Rinaldo 2.23.2 de la donzella li falsi vestigi, 2.23.3 credette Baiardo anco, e stette saldo 2.23.4 e mansueto ai soliti servigi. 2.23.5 Rinaldo il caccia, d' ira e d' amor caldo, 2.23.6 a tutta briglia, e sempre invêr Parigi; 2.23.7 e vola tanto col disio, che lento, 2.23.8 non ch' un destrier, ma gli parrebbe il vento. 2.24.1 La notte a pena di seguir rimane, 2.24.2 per affrontarsi col signor d' Anglante: 2.24.3 tanto ha creduto alle parole vane 2.24.4 del messaggier del cauto negromante. 2.24.5 Non cessa cavalcar sera e dimane, 2.24.6 che si vede apparir la terra avante, 2.24.7 dove re Carlo, rotto e mal condutto, 2.24.8 con le reliquie sue s' era ridutto: 2.25.1 e perché dal re d' Africa battaglia 2.25.2 et assedio v' aspetta, usa gran cura 2.25.3 a raccor buona gente e vettovaglia, 2.25.4 far cavamenti e riparar le mura. 2.25.5 Ciò ch' a difesa spera che gli vaglia, 2.25.6 senza gran diferir, tutto procura: 2.25.7 pensa mandare in Inghilterra, e trarne 2.25.8 gente onde possa un novo campo farne; 2.26.1 che vuole uscir di nuovo alla campagna, 2.26.2 e ritentar la sorte de la guerra. 2.26.3 Spaccia Rinaldo subito in Bretagna, 2.26.4 Bretagna che fu poi detta Inghilterra. 2.26.5 Ben de l' andata il paladin si lagna: 2.26.6 non ch' abbia così in odio quella terra; 2.26.7 ma perché Carlo il manda allora allora, 2.26.8 né pur lo lascia un giorno far dimora. 2.27.1 Rinaldo mai di ciò non fece meno 2.27.2 volentier cosa; poi che fu distolto 2.27.3 di gir cercando il bel viso sereno 2.27.4 che gli avea il cor di mezzo il petto tolto: 2.27.5 ma, per ubidir Carlo, nondimeno 2.27.6 a quella via si fu subito volto, 2.27.7 et a Calesse in poche ore trovossi; 2.27.8 e giunto, il dì medesimo imbarcossi. 2.28.1 Contra la voluntà d' ogni nocchiero, 2.28.2 pel gran desir che di tornare avea, 2.28.3 entrò nel mar ch' era turbato e fiero, 2.28.4 e gran procella minacciar parea. 2.28.5 Il Vento si sdegnò, che da l' altiero 2.28.6 sprezzar si vide; e con tempesta rea 2.28.7 sollevò il mar intorno, e con tal rabbia, 2.28.8 che gli mandò a bagnar sino alla gabbia. 2.29.1 Calano tosto i marinari accorti 2.29.2 le maggior vele, e pensano dar volta, 2.29.3 e ritornar ne li medesmi porti 2.29.4 donde in mal punto avean la nave sciolta. 2.29.5 -- Non convien (dice il Vento) ch' io comporti 2.29.6 tanta licenzia che v' avete tolta; -- 2.29.7 e soffia e grida e naufragio minaccia, 2.29.8 s' altrove van, che dove egli li caccia. 2.30.1 Or a poppa, or all' orza hann' il crudele, 2.30.2 che mai non cessa, e vien più ognor crescendo: 2.30.3 essi di qua di là con umil vele 2.30.4 vansi aggirando, e l' alto mar scorrendo. 2.30.5 Ma perché varie fila a varie tele 2.30.6 uopo mi son, che tutte ordire intendo, 2.30.7 lascio Rinaldo e l' agitata prua, 2.30.8 e torno a dir di Bradamante sua. 2.31.1 Io parlo di quella inclita donzella, 2.31.2 per cui re Sacripante in terra giacque, 2.31.3 che di questo signor degna sorella, 2.31.4 del duca Amone e di Beatrice nacque. 2.31.5 La gran possanza e il molto ardir di quella 2.31.6 non meno a Carlo e tutta Francia piacque 2.31.7 (che più d' un paragon ne vide saldo), 2.31.8 che 'l lodato valor del buon Rinaldo. 2.32.1 La donna amata fu da un cavalliero 2.32.2 che d' Africa passò col re Agramante, 2.32.3 che partorì del seme di Ruggiero 2.32.4 la disperata figlia d' Agolante: 2.32.5 e costei, che né d' orso né di fiero 2.32.6 leone uscì, non sdegnò tal amante; 2.32.7 ben che concesso, fuor che vedersi una 2.32.8 volta e parlarsi, non ha lor Fortuna. 2.33.1 Quindi cercando Bradamante gìa 2.33.2 l' amante suo, ch' avea nome dal padre, 2.33.3 così sicura senza compagnia, 2.33.4 come avesse in sua guardia mille squadre: 2.33.5 e fatto ch' ebbe il re di Circassia 2.33.6 battere il volto de l' antiqua madre, 2.33.7 traversò un bosco, e dopo il bosco un monte, 2.33.8 tanto che giunse ad una bella fonte. 2.34.1 La fonte discorrea per mezzo un prato, 2.34.2 d' arbori antiqui e di bell' ombre adorno, 2.34.3 ch' i vïandanti col mormorio grato 2.34.4 a ber invita e a far seco soggiorno: 2.34.5 un culto monticel dal manco lato 2.34.6 le difende il calor del mezzo giorno. 2.34.7 Quivi, come i begli occhi prima torse, 2.34.8 d' un cavallier la giovane s' accorse; 2.35.1 d' un cavallier, ch' all' ombra d' un boschetto, 2.35.2 nel margin verde e bianco e rosso e giallo 2.35.3 sedea pensoso, tacito e soletto 2.35.4 sopra quel chiaro e liquido cristallo. 2.35.5 Lo scudo non lontan pende e l' elmetto 2.35.6 dal faggio, ove legato era il cavallo; 2.35.7 et avea gli occhi molli e 'l viso basso, 2.35.8 e si mostrava addolorato e lasso. 2.36.1 Questo disir, ch' a tutti sta nel core, 2.36.2 de' fatti altrui sempre cercar novella, 2.36.3 fece a quel cavallier del suo dolore 2.36.4 la cagion domandar da la donzella. 2.36.5 Egli l' aperse e tutta mostrò fuore, 2.36.6 dal cortese parlar mosso di quella, 2.36.7 e dal sembiante altier, ch' al primo sguardo 2.36.8 gli sembrò di guerrier molto gagliardo. 2.37.1 E cominciò: -- Signor, io conducea 2.37.2 pedoni e cavallieri, e venìa in campo 2.37.3 là dove Carlo Marsilio attendea, 2.37.4 perch' al scender del monte avesse inciampo; 2.37.5 e una giovane bella meco avea, 2.37.6 del cui fervido amor nel petto avampo: 2.37.7 e ritrovai presso a Rodonna armato 2.37.8 un che frenava un gran destriero alato. 2.38.1 Tosto che 'l ladro, o sia mortale, o sia 2.38.2 una de l' infernali anime orrende, 2.38.3 vede la bella e cara donna mia; 2.38.4 come falcon che per ferir discende, 2.38.5 cala e poggia in uno atimo, e tra via 2.38.6 getta le mani, e lei smarrita prende. 2.38.7 Ancor non m' era accorto de l' assalto, 2.38.8 che de la donna io senti' il grido in alto. 2.39.1 Così il rapace nibio furar suole 2.39.2 il misero pulcin presso alla chioccia, 2.39.3 che di sua inavvertenza poi si duole, 2.39.4 e invan gli grida, e invan dietro gli croccia. 2.39.5 Io non posso seguir un uom che vole, 2.39.6 chiuso tra' monti, a piè d' un' erta roccia: 2.39.7 stanco ho il destrier, che muta a pena i passi 2.39.8 ne l' aspre vie de' faticosi sassi. 2.40.1 Ma, come quel che men curato avrei 2.40.2 vedermi trar di mezzo il petto il core, 2.40.3 lasciai lor via seguir quegli altri miei, 2.40.4 senza mia guida e senza alcun rettore: 2.40.5 per li scoscesi poggi e manco rei 2.40.6 presi la via che mi mostrava Amore, 2.40.7 e dove mi parea che quel rapace 2.40.8 portassi il mio conforto e la mia pace. 2.41.1 Sei giorni me n' andai matina e sera 2.41.2 per balze e per pendici orride e strane, 2.41.3 dove non via, dove sentier non era, 2.41.4 dove né segno di vestigie umane; 2.41.5 poi giunse in una valle inculta e fiera, 2.41.6 di ripe cinta e spaventose tane, 2.41.7 che nel mezzo s' un sasso avea un castello 2.41.8 forte e ben posto, a maraviglia bello. 2.42.1 Da lungi par che come fiamma lustri, 2.42.2 né sia di terra cotta, né di marmi. 2.42.3 Come più m' avicino ai muri illustri, 2.42.4 l' opra più bella e più mirabil parmi. 2.42.5 E seppi poi, come i demoni industri, 2.42.6 da suffumigi tratti e sacri carmi, 2.42.7 tutto d' acciaio avean cinto il bel loco, 2.42.8 temprato all' onda et allo stigio foco. 2.43.1 Di sì forbito acciar luce ogni torre, 2.43.2 che non vi può né ruggine né macchia. 2.43.3 Tutto il paese giorno e notte scorre, 2.43.4 e poi là dentro il rio ladron s' immacchia. 2.43.5 Cosa non ha ripar che voglia tôrre: 2.43.6 sol dietro invan se li bestemia e gracchia. 2.43.7 Quivi la donna, anzi il mio cor mi tiene, 2.43.8 che di mai ricovrar lascio ogni spene. 2.44.1 Ah lasso! che poss' io più che mirare 2.44.2 la ròcca lungi, ove il mio ben m' è chiuso? 2.44.3 come la volpe, che 'l figlio gridare 2.44.4 nel nido oda de l' aquila di giuso, 2.44.5 s' aggira intorno, e non sa che si fare, 2.44.6 poi che l' ali non ha da gir là suso. 2.44.7 Erto è quel sasso sì, tale è il castello, 2.44.8 che non vi può salir chi non è augello. 2.45.1 Mentre io tardava quivi, ecco venire 2.45.2 duo cavallier ch' avean per guida un nano, 2.45.3 che la speranza aggiunsero al desire; 2.45.4 ma ben fu la speranza e il desir vano. 2.45.5 Ambi erano guerrier di sommo ardire: 2.45.6 era Gradasso l' un, re sericano; 2.45.7 era l' altro Ruggier, giovene forte, 2.45.8 pregiato assai ne l' africana corte. 2.46.1 " Vengon (mi disse il nano) per far pruova 2.46.2 di lor virtù col sir di quel castello, 2.46.3 che per via strana, inusitata e nuova 2.46.4 cavalca armato il quadrupede augello". 2.46.5 " Deh, signor (dissi io lor), pietà vi muova 2.46.6 del duro caso mio spietato e fello! 2.46.7 Quando, come ho speranza, voi vinciate, 2.46.8 vi prego la mia donna mi rendiate". 2.47.1 E come mi fu tolta lor narrai, 2.47.2 con lacrime affermando il dolor mio. 2.47.3 Quei, lor mercé, mi proferiro assai, 2.47.4 e giù calaro il poggio alpestre e rio. 2.47.5 Di lontan la battaglia io riguardai, 2.47.6 pregando per la lor vittoria Dio. 2.47.7 Era sotto il castel tanto di piano, 2.47.8 quanto in due volte si può trar con mano. 2.48.1 Poi che fur giunti a piè de l' alta ròcca, 2.48.2 l' uno e l' altro volea combatter prima; 2.48.3 pur a Gradasso, o fosse sorte, tocca, 2.48.4 o pur che non ne fe' Ruggier più stima. 2.48.5 Quel Serican si pone il corno a bocca: 2.48.6 rimbomba il sasso e la fortezza in cima. 2.48.7 Ecco apparire il cavalliero armato 2.48.8 fuor de la porta, e sul cavallo alato. 2.49.1 Cominciò a poco a poco indi a levarse, 2.49.2 come suol far la peregrina grue, 2.49.3 che corre prima, e poi vediamo alzarse 2.49.4 alla terra vicina un braccio o due; 2.49.5 e quando tutte sono all' aria sparse, 2.49.6 velocissime mostra l' ale sue. 2.49.7 Sì ad alto il negromante batte l' ale, 2.49.8 ch' a tanta altezza a pena aquila sale. 2.50.1 Quando gli parve poi, volse il destriero, 2.50.2 che chiuse i vanni e venne a terra a piombo, 2.50.3 come casca dal ciel falcon maniero 2.50.4 che levar veggia l' anitra o il colombo. 2.50.5 Con la lancia arrestata il cavalliero 2.50.6 l' aria fendendo vien d' orribil rombo. 2.50.7 Gradasso a pena del calar s' avede, 2.50.8 che se lo sente addosso e che lo fiede. 2.51.1 Sopra Gradasso il mago l' asta roppe; 2.51.2 ferì Gradasso il vento e l' aria vana: 2.51.3 per questo il volator non interroppe 2.51.4 il batter l' ale, e quindi s' allontana. 2.51.5 Il grave scontro fa chinar le groppe 2.51.6 sul verde prato alla gagliarda alfana. 2.51.7 Gradasso avea una alfana, la più bella 2.51.8 e la miglior che mai portasse sella. 2.52.1 Sin alle stelle il volator trascorse; 2.52.2 indi girossi e tornò in fretta al basso, 2.52.3 e percosse Ruggier che non s' accorse, 2.52.4 Ruggier che tutto intento era a Gradasso. 2.52.5 Ruggier del grave colpo si distorse, 2.52.6 e 'l suo destrier più rinculò d' un passo: 2.52.7 e quando si voltò per lui ferire, 2.52.8 da sé lontano il vide al ciel salire. 2.53.1 Or su Gradasso, or su Ruggier percote 2.53.2 ne la fronte, nel petto e ne la schiena, 2.53.3 e le botte di quei lascia ognor vòte, 2.53.4 perché è sì presto, che si vede a pena. 2.53.5 Girando va con spazïose rote, 2.53.6 e quando all' uno accenna, all' altro mena: 2.53.7 all' uno e all' altro sì gli occhi abbarbaglia, 2.53.8 che non ponno veder donde gli assaglia. 2.54.1 Fra duo guerrieri in terra et uno in cielo 2.54.2 la battaglia durò sin a quella ora, 2.54.3 che spiegando pel mondo oscuro velo, 2.54.4 tutte le belle cose discolora. 2.54.5 Fu quel ch' io dico, e non v' aggiungo un pelo: 2.54.6 io 'l vidi, i' 'l so; né m' assicuro ancora 2.54.7 di dirlo altrui; che questa maraviglia 2.54.8 al falso più ch' al ver si rassimiglia. 2.55.1 D' un bel drappo di seta avea coperto 2.55.2 lo scudo in braccio il cavallier celeste. 2.55.3 Come avesse, non so, tanto sofferto 2.55.4 di tenerlo nascosto in quella veste; 2.55.5 ch' immantinente che lo mostra aperto, 2.55.6 forza è, chi 'l mira, abbarbagliato reste, 2.55.7 e cada come corpo morto cade, 2.55.8 e venga al negromante in potestade. 2.56.1 Splende lo scudo a guisa di piropo, 2.56.2 e luce altra non è tanto lucente. 2.56.3 Cadere in terra allo splendor fu d' uopo 2.56.4 con gli occhi abbacinati, e senza mente. 2.56.5 Perdei da lungi anch' io li sensi, e dopo 2.56.6 gran spazio mi rïebbi finalmente; 2.56.7 né più i guerrier né più vidi quel nano, 2.56.8 ma vòto il campo, e scuro il monte e il piano. 2.57.1 Pensai per questo che l' incantatore 2.57.2 avesse amendui colti a un tratto insieme, 2.57.3 e tolto per virtù de lo splendore 2.57.4 la libertade a-lloro, e a me la speme. 2.57.5 Così a quel loco, che chiudea il mio core, 2.57.6 dissi, partendo, le parole estreme. 2.57.7 Or giudicate s' altra pena ria, 2.57.8 che causi Amor, può pareggiar la mia. -- 2.58.1 Ritornò il cavallier nel primo duolo, 2.58.2 fatta che n' ebbe la cagion palese. 2.58.3 Questo era il conte Pinabel, figliuolo 2.58.4 d' Anselmo d' Altaripa, maganzese; 2.58.5 che tra sua gente scelerata, solo 2.58.6 leale esser non vòlse né cortese, 2.58.7 ma ne li vizii abominandi e brutti 2.58.8 non pur gli altri adeguò, ma passò tutti. 2.59.1 La bella donna con diverso aspetto 2.59.2 stette ascoltando il Maganzese cheta; 2.59.3 che come prima di Ruggier fu detto, 2.59.4 nel viso si mostrò più che mai lieta: 2.59.5 ma quando sentì poi ch' era in distretto, 2.59.6 turbossi tutta d' amorosa pieta; 2.59.7 né per una o due volte contentosse 2.59.8 che ritornato a replicar le fosse. 2.60.1 E poi ch' al fin le parve esserne chiara, 2.60.2 gli disse: -- Cavallier, datti riposo; 2.60.3 che ben può la mia giunta esserti cara, 2.60.4 parerti questo giorno aventuroso. 2.60.5 Andiam pur tosto a quella stanza avara, 2.60.6 che sì ricco tesor ci tiene ascoso; 2.60.7 né spesa sarà invan questa fatica, 2.60.8 se Fortuna non m' è troppo nemica. -- 2.61.1 Rispose il cavallier: -- Tu vòi ch' io passi 2.61.2 di nuovo i monti, e mostriti la via? 2.61.3 A me molto non è perdere i passi, 2.61.4 perduta avendo ogni altra cosa mia; 2.61.5 ma tu per balze e ruinosi sassi 2.61.6 cerchi entrar in pregione; e così sia. 2.61.7 Non hai di che dolerti di me, poi 2.61.8 ch' io tel predìco, e tu pur gir vi vòi. -- 2.62.1 Così dice egli, e torna al suo destriero, 2.62.2 e di quella animosa si fa guida, 2.62.3 che si mette a periglio per Ruggiero, 2.62.4 che la pigli quel mago o che la ancida. 2.62.5 In questo, ecco alle spalle il messaggiero, 2.62.6 ch': -- Aspetta, aspetta! -- a tutta voce grida, 2.62.7 il messaggier da chi il Circasso intese 2.62.8 che costei fu ch' all' erba lo distese. 2.63.1 A Bradamante il messaggier novella 2.63.2 di Mompolier e di Narbona porta, 2.63.3 ch' alzato li stendardi di Castella 2.63.4 avean, con tutto il lito d' Acquamorta; 2.63.5 e che Marsilia, non v' essendo quella 2.63.6 che la dovea guardar, mal si conforta, 2.63.7 e consiglio e soccorso le domanda 2.63.8 per questo messo, e se le raccomanda. 2.64.1 Questa cittade, e intorno a molte miglia 2.64.2 ciò che fra Varo e Rodano al mar siede, 2.64.3 avea l' imperator dato alla figlia 2.64.4 del duca Amon, in ch' avea speme e fede; 2.64.5 però che 'l suo valor con maraviglia 2.64.6 riguardar suol, quando armeggiar la vede. 2.64.7 Or, com' io dico, a domandar aiuto 2.64.8 quel messo da Marsilia era venuto. 2.65.1 Tra sì e no la giovane suspesa, 2.65.2 di voler ritornar dubita un poco: 2.65.3 quinci l' onore e il debito le pesa, 2.65.4 quindi l' incalza l' amoroso foco. 2.65.5 Fermasi al fin di seguitar l' impresa, 2.65.6 e trar Ruggier de l' incantato loco; 2.65.7 e quando sua virtù non possa tanto, 2.65.8 almen restargli prigioniera a canto. 2.66.1 E fece iscusa tal, che quel messaggio 2.66.2 parve contento rimanere e cheto. 2.66.3 Indi girò la briglia al suo vïaggio, 2.66.4 con Pinabel che non ne parve lieto; 2.66.5 che seppe esser costei di quel lignaggio 2.66.6 che tanto ha in odio in publico e in secreto: 2.66.7 e già s' avisa le future angosce, 2.66.8 se lui per maganzese ella conosce. 2.67.1 Tra casa di Maganza e di Chiarmonte 2.67.2 era odio antico e inimicizia intensa; 2.67.3 e più volte s' avean rotta la fronte, 2.67.4 e sparso di lor sangue copia immensa: 2.67.5 e però nel suo cor l' iniquo conte 2.67.6 tradir l' incauta giovane si pensa; 2.67.7 o, come prima commodo gli accada, 2.67.8 lasciarla sola, e trovar altra strada. 2.68.1 E tanto gli occupò la fantasia 2.68.2 il nativo odio, il dubbio e la paura, 2.68.3 ch' inavedutamente uscì di via: 2.68.4 e ritrovossi in una selva oscura, 2.68.5 che nel mezzo avea un monte che finia 2.68.6 la nuda cima in una pietra dura; 2.68.7 e la figlia del duca di Dordona 2.68.8 gli è sempre dietro, e mai non l' abandona. 2.69.1 Come si vide il Maganzese al bosco, 2.69.2 pensò tôrsi la donna da le spalle. 2.69.3 Disse: -- Prima che 'l ciel torni più fosco, 2.69.4 verso uno albergo è meglio farsi il calle. 2.69.5 Oltra quel monte, s' io lo riconosco, 2.69.6 siede un ricco castel giù ne la valle. 2.69.7 Tu qui m' aspetta; che dal nudo scoglio 2.69.8 certificar con gli occhi me ne voglio. -- 2.70.1 Così dicendo, alla cima superna 2.70.2 del solitario monte il destrier caccia, 2.70.3 mirando pur s' alcuna via discerna, 2.70.4 come lei possa tor da la sua traccia. 2.70.5 Ecco nel sasso truova una caverna, 2.70.6 che si profonda più di trenta braccia. 2.70.7 Tagliato a picchi et a scarpelli il sasso 2.70.8 scende giù al dritto, et ha una porta al basso. 2.71.1 Nel fondo avea una porta ampla e capace, 2.71.2 ch' in maggior stanza largo adito dava; 2.71.3 e fuor n' uscia splendor, come di face 2.71.4 ch' ardesse in mezzo alla montana cava. 2.71.5 Mentre quivi il fellon suspeso tace, 2.71.6 la donna, che da lungi il seguitava 2.71.7 (perché perderne l' orme si temea), 2.71.8 alla spelonca gli sopragiungea. 2.72.1 Poi che si vide il traditore uscire, 2.72.2 quel ch' avea prima disegnato, invano, 2.72.3 o da sé torla, o di farla morire, 2.72.4 nuovo argumento imaginossi e strano. 2.72.5 Le si fe' incontra, e su la fe' salire 2.72.6 là dove il monte era forato e vano; 2.72.7 e le disse ch' avea visto nel fondo 2.72.8 una donzella di viso giocondo, 2.73.1 ch' a' bei sembianti et alla ricca vesta 2.73.2 esser parea di non ignobil grado; 2.73.3 ma, quanto più potea, turbata e mesta, 2.73.4 mostrava esservi chiusa suo mal grado: 2.73.5 e per saper la condizion di questa, 2.73.6 ch' avea già cominciato a entrar nel guado; 2.73.7 e che era uscito de l' interna grotta 2.73.8 un che dentro a furor l' avea ridotta. 2.74.1 Bradamante, che come era animosa, 2.74.2 così mal cauta, a Pinabel diè fede; 2.74.3 e d' aiutar la donna disïosa, 2.74.4 si pensa come por colà giù il piede. 2.74.5 Ecco d' un olmo alla cima frondosa 2.74.6 volgendo gli occhi, un lungo ramo vede; 2.74.7 e con la spada quel subito tronca, 2.74.8 e lo declina giù ne la spelonca. 2.75.1 Dove è tagliato, in man lo raccomanda 2.75.2 a Pinabello, e poscia a quel s' apprende: 2.75.3 prima giù i piedi ne la tana manda, 2.75.4 e su le braccia tutta si suspende. 2.75.5 Sorride Pinabello, e le domanda 2.75.6 come ella salti; e le man apre e stende, 2.75.7 dicendole: -- Qui fosser teco insieme 2.75.8 tutti li tuoi, ch' io ne spegnessi il seme! -- 2.76.1 Non come vòlse Pinabello avenne 2.76.2 de l' innocente giovane la sorte; 2.76.3 perché, giù diroccando, a ferir venne 2.76.4 prima nel fondo il ramo saldo e forte. 2.76.5 Ben si spezzò, ma tanto la sostenne, 2.76.6 che 'l suo favor la liberò da morte. 2.76.7 Giacque stordita la donzella alquanto, 2.76.8 come io vi seguirò ne l' altro canto.
CANTO III
3.1.1 Chi mi darà la voce e le parole 3.1.2 convenïenti a sì nobil suggetto? 3.1.3 chi l' ale al verso presterà, che vole 3.1.4 tanto ch' arrivi all' alto mio concetto? 3.1.5 Molto maggior di quel furor che suole, 3.1.6 ben or convien che mi riscaldi il petto; 3.1.7 che questa parte al mio signor si debbe, 3.1.8 che canta gli avi onde l' origine ebbe: 3.2.1 di cui fra tutti li signori illustri, 3.2.2 dal ciel sortiti a governar la terra, 3.2.3 non vedi, o Febo, che 'l gran mondo lustri, 3.2.4 più glorïosa stirpe o in pace o in guerra; 3.2.5 né che sua nobiltade abbia più lustri 3.2.6 servata, e servarà (s' in me non erra 3.2.7 quel profetico lume che m' inspiri) 3.2.8 fin che d' intorno al polo il ciel s' aggiri. 3.3.1 E volendone a pien dicer gli onori, 3.3.2 bisogna non la mia, ma quella cetra 3.3.3 con che tu dopo i gigantei furori 3.3.4 rendesti grazia al regnator de l' etra. 3.3.5 S' instrumenti avrò mai da te migliori, 3.3.6 atti a sculpire in così degna pietra, 3.3.7 in queste belle imagini disegno 3.3.8 porre ogni mia fatica, ogni mio ingegno. 3.4.1 Levando intanto queste prime rudi 3.4.2 scaglie n' andrò con lo scarpello inetto: 3.4.3 forse ch' ancor con più solerti studi 3.4.4 poi ridurrò questo lavor perfetto. 3.4.5 Ma ritorniamo a quello, a cui né scudi 3.4.6 potran né usberghi assicurare il petto: 3.4.7 parlo di Pinabello di Maganza, 3.4.8 che d' uccider la donna ebbe speranza. 3.5.1 Il traditor pensò che la donzella 3.5.2 fosse ne l' alto precipizio morta; 3.5.3 e con pallida faccia lasciò quella 3.5.4 trista e per lui contaminata porta, 3.5.5 e tornò presto a rimontare in sella: 3.5.6 e come quel ch' avea l' anima torta, 3.5.7 per giunger colpa a colpa e fallo a fallo, 3.5.8 di Bradamante ne menò il cavallo. 3.6.1 Lasciàn costui, che mentre all' altrui vita 3.6.2 ordisce inganno, il suo morir procura; 3.6.3 e torniamo alla donna che, tradita, 3.6.4 quasi ebbe a un tempo e morte e sepoltura. 3.6.5 Poi ch' ella si levò tutta stordita, 3.6.6 ch' avea percosso in su la pietra dura, 3.6.7 dentro la porta andò, ch' adito dava 3.6.8 ne la seconda assai più larga cava. 3.7.1 La stanza, quadra e spazïosa, pare 3.7.2 una devota e venerabil chiesa, 3.7.3 che su colonne alabastrine e rare 3.7.4 con bella architettura era suspesa. 3.7.5 Surgea nel mezzo un ben locato altare, 3.7.6 ch' avea dinanzi una lampada accesa; 3.7.7 e quella di splendente e chiaro foco 3.7.8 rendea gran lume all' uno e all' altro loco. 3.8.1 Di devota umiltà la donna tocca, 3.8.2 come si vide in loco sacro e pio, 3.8.3 incominciò col core e con la bocca, 3.8.4 inginocchiata, a mandar prieghi a Dio. 3.8.5 Un picciol uscio intanto stride e crocca, 3.8.6 ch' era all' incontro, onde una donna uscìo 3.8.7 discinta e scalza, e sciolte avea le chiome, 3.8.8 che la donzella salutò per nome. 3.9.1 E disse: -- O generosa Bradamante, 3.9.2 non giunta qui senza voler divino, 3.9.3 di te più giorni m' ha predetto inante 3.9.4 il profetico spirto di Merlino, 3.9.5 che visitar le sue reliquie sante 3.9.6 dovevi per insolito camino: 3.9.7 e qui son stata acciò ch' io ti riveli 3.9.8 quel c' han di te già statuito i cieli. 3.10.1 Questa è l' antiqua e memorabil grotta 3.10.2 ch' edificò Merlino, il savio mago 3.10.3 che forse ricordare odi talotta, 3.10.4 dove ingannollo la Donna del Lago. 3.10.5 Il sepolcro è qui giù, dove corrotta 3.10.6 giace la carne sua; dove egli, vago 3.10.7 di sodisfare a lei, che glil suase, 3.10.8 vivo corcossi, e morto ci rimase. 3.11.1 Col corpo morto il vivo spirto alberga, 3.11.2 sin ch' oda il suon de l' angelica tromba 3.11.3 che dal ciel lo bandisca o che ve l' erga, 3.11.4 secondo che sarà corvo o colomba. 3.11.5 Vive la voce; e come chiara emerga, 3.11.6 udir potrai da la marmorea tomba, 3.11.7 che le passate e le future cose 3.11.8 a chi gli domandò, sempre rispose. 3.12.1 Più giorni son ch' in questo cimiterio 3.12.2 venni di remotissimo paese, 3.12.3 perché circa il mio studio alto misterio 3.12.4 mi facesse Merlin meglio palese: 3.12.5 e perché ebbi vederti desiderio, 3.12.6 poi ci son stata oltre il disegno un mese; 3.12.7 che Merlin, che 'l ver sempre mi predisse, 3.12.8 termine al venir tuo questo dì fisse. -- 3.13.1 Stassi d' Amon la sbigottita figlia 3.13.2 tacita e fissa al ragionar di questa; 3.13.3 et ha sì pieno il cor di maraviglia, 3.13.4 che non sa s' ella dorme o s' ella è desta: 3.13.5 e con rimesse e vergognose ciglia 3.13.6 (come quella che tutta era modesta) 3.13.7 rispose: -- Di che merito son io, 3.13.8 ch' antiveggian profeti il venir mio? -- 3.14.1 E lieta de l' insolita aventura, 3.14.2 dietro alla maga subito fu mossa, 3.14.3 che la condusse a quella sepoltura 3.14.4 che chiudea di Merlin l' anima e l' ossa. 3.14.5 Era quella arca d' una pietra dura, 3.14.6 lucida e tersa, e come fiamma rossa; 3.14.7 tal ch' alla stanza, ben che di sol priva, 3.14.8 dava splendore il lume che n' usciva. 3.15.1 O che natura sia d' alcuni marmi 3.15.2 che muovin l' ombre a guisa di facelle, 3.15.3 o forza pur di suffumigi e carmi 3.15.4 e segni impressi all' osservate stelle 3.15.5 (come più questo verisimil parmi), 3.15.6 discopria lo splendor più cose belle 3.15.7 e di scultura e di color, ch' intorno 3.15.8 il venerabil luogo aveano adorno. 3.16.1 A pena ha Bradamante da la soglia 3.16.2 levato il piè ne la secreta cella, 3.16.3 che 'l vivo spirto da la morta spoglia 3.16.4 con chiarissima voce le favella: 3.16.5 -- Favorisca Fortuna ogni tua voglia, 3.16.6 o casta e nobilissima donzella, 3.16.7 del cui ventre uscirà il seme fecondo 3.16.8 che onorar deve Italia e tutto il mondo. 3.17.1 L' antiquo sangue che venne da Troia, 3.17.2 per li duo miglior rivi in te commisto, 3.17.3 produrrà l' ornamento, il fior, la gioia 3.17.4 d' ogni lignaggio ch' abbi il sol mai visto 3.17.5 tra l' Indo e 'l Tago e 'l Nilo e la Danoia, 3.17.6 tra quanto è 'n mezzo Antartico e Calisto. 3.17.7 Ne la progenie tua con sommi onori 3.17.8 saran marchesi, duci e imperatori. 3.18.1 I capitani e i cavallier robusti 3.18.2 quindi usciran, che col ferro e col senno 3.18.3 ricuperar tutti gli onor vetusti 3.18.4 de l' arme invitte alla sua Italia denno. 3.18.5 Quindi terran lo scettro i signor giusti, 3.18.6 che, come il savio Augusto e Numa fenno, 3.18.7 sotto il benigno e buon governo loro 3.18.8 ritorneran la prima età de l' oro. 3.19.1 Acciò dunque il voler del ciel si metta 3.19.2 in effetto per te, che di Ruggiero 3.19.3 t' ha per moglier fin da principio eletta, 3.19.4 segue animosamente il tuo sentiero; 3.19.5 che cosa non sarà che s' intrometta 3.19.6 da poterti turbar questo pensiero, 3.19.7 sì che non mandi al primo assalto in terra 3.19.8 quel rio ladron ch' ogni tuo ben ti serra. -- 3.20.1 Tacque Merlino avendo così detto, 3.20.2 et agio all' opre de la maga diede, 3.20.3 ch' a Bradamante dimostrar l' aspetto 3.20.4 si preparava di ciascun suo erede. 3.20.5 Avea de spirti un gran numero eletto, 3.20.6 non so se da l' inferno o da qual sede, 3.20.7 e tutti quelli in un luogo raccolti 3.20.8 sotto abiti diversi e varii volti. 3.21.1 Poi la donzella a sé richiama in chiesa, 3.21.2 là dove prima avea tirato un cerchio 3.21.3 che la potea capir tutta distesa, 3.21.4 et avea un palmo ancora di superchio. 3.21.5 E perché da li spirti non sia offesa, 3.21.6 le fa d' un gran pentacolo coperchio; 3.21.7 e le dice che taccia e stia a mirarla: 3.21.8 poi scioglie il libro, e coi demoni parla. 3.22.1 Eccovi fuor de la prima spelonca, 3.22.2 che gente intorno al sacro cerchio ingrossa; 3.22.3 ma, come vuole entrar, la via l' è tronca, 3.22.4 come lo cinga intorno muro e fossa. 3.22.5 In quella stanza, ove la bella conca 3.22.6 in sé chiudea del gran profeta l' ossa, 3.22.7 entravan l' ombre, poi ch' avean tre volte 3.22.8 fatto d' intorno lor debite volte. 3.23.1 -- Se i nomi e i gesti di ciascun vo' dirti 3.23.2 (dicea l' incantatrice a Bradamante), 3.23.3 di questi ch' or per gl' incantati spirti, 3.23.4 prima che nati sien, ci sono avante, 3.23.5 non so veder quando abbia da espedirti; 3.23.6 che non basta una notte a cose tante: 3.23.7 sì ch' io te ne verrò scegliendo alcuno, 3.23.8 secondo il tempo, e che sarà oportuno. 3.24.1 Vedi quel primo che ti rassimiglia 3.24.2 ne' bei sembianti e nel giocondo aspetto: 3.24.3 capo in Italia fia di tua famiglia, 3.24.4 del seme di Ruggiero in te concetto. 3.24.5 Veder del sangue di Pontier vermiglia 3.24.6 per mano di costui la terra aspetto, 3.24.7 e vendicato il tradimento e il torto 3.24.8 contra quei che gli avranno il padre morto. 3.25.1 Per opra di costui sarà deserto 3.25.2 il re de' Longobardi Desiderio: 3.25.3 d' Este e di Calaon per questo merto 3.25.4 il bel domìno avrà dal sommo Imperio. 3.25.5 Quel che gli è dietro, è il tuo nipote Uberto, 3.25.6 onor de l' arme e del paese esperio: 3.25.7 per costui contra barbari difesa 3.25.8 più d' una volta fia la santa Chiesa. 3.26.1 Vedi qui Alberto, invitto capitano 3.26.2 ch' ornerà di trofei tanti delubri: 3.26.3 Ugo il figlio è con lui, che di Milano 3.26.4 farà l' acquisto, e spiegherà i colubri. 3.26.5 Azzo è quell' altro, a cui resterà in mano, 3.26.6 dopo il fratello, il regno degl' Insubri. 3.26.7 Ecco Albertazzo, il cui savio consiglio 3.26.8 torrà d' Italia Beringario e il figlio; 3.27.1 e sarà degno a cui Cesare Otone 3.27.2 Alda, sua figlia, in matrimonio aggiunga. 3.27.3 Vedi un altro Ugo: oh bella successione, 3.27.4 che dal patrio valor non si dislunga! 3.27.5 Costui sarà, che per giusta cagione 3.27.6 ai superbi Roman l' orgoglio emunga, 3.27.7 che 'l terzo Otone e il pontefice tolga 3.27.8 de le man loro, e 'l grave assedio sciolga. 3.28.1 Vedi Folco, che par ch' al suo germano, 3.28.2 ciò che in Italia avea, tutto abbi dato, 3.28.3 e vada a possedere indi lontano 3.28.4 in mezzo agli Alamanni un gran ducato; 3.28.5 e dia alla casa di Sansogna mano, 3.28.6 che caduta sarà tutta da un lato; 3.28.7 e per la linea de la madre, erede, 3.28.8 con la progenie sua la terrà in piede. 3.29.1 Questo ch' or a nui viene è il secondo Azzo, 3.29.2 di cortesia più che di guerre amico, 3.29.3 tra dui figli, Bertoldo et Albertazzo. 3.29.4 Vinto da l' un sarà il secondo Enrico, 3.29.5 e del sangue tedesco orribil guazzo 3.29.6 Parma vedrà per tutto il campo aprico; 3.29.7 de l' altro la contessa glorïosa, 3.29.8 saggia e casta Matilde, sarà sposa. 3.30.1 Virtù il farà di tal connubio degno; 3.30.2 ch' a quella età non poca laude estimo 3.30.3 quasi di mezza Italia in dote il regno, 3.30.4 e la nipote aver d' Enrico primo. 3.30.5 Ecco di quel Bertoldo il caro pegno, 3.30.6 Rinaldo tuo, ch' avrà l' onor opimo 3.30.7 d' aver la Chiesa de le man riscossa 3.30.8 de l' empio Federico Barbarossa. 3.31.1 Ecco un altro Azzo, et è quel che Verona 3.31.2 avrà in poter col suo bel tenitorio; 3.31.3 e sarà detto marchese d' Ancona 3.31.4 dal quarto Otone e dal secondo Onorio. 3.31.5 Lungo sarà s' io mostro ogni persona 3.31.6 del sangue tuo, ch' avrà del consistorio 3.31.7 il confalone, e s' io narro ogni impresa 3.31.8 vinta da lor per la romana Chiesa. 3.32.1 Obizzo vedi e Folco, altri Azzi, altri Ughi, 3.32.2 ambi gli Enrichi, il figlio al padre a canto; 3.32.3 duo Guelfi, di quai l' uno Umbria suggiughi, 3.32.4 e vesta di Spoleti il ducal manto. 3.32.5 Ecco che 'l sangue e le gran piaghe asciughi 3.32.6 d' Italia afflitta, e volga in riso il pianto: 3.32.7 di costui parlo (e mostrolle Azzo quinto) 3.32.8 onde Ezellin fia rotto, preso, estinto. 3.33.1 Ezellino, immanissimo tiranno, 3.33.2 che fia creduto figlio del demonio, 3.33.3 farà, troncando i sudditi, tal danno, 3.33.4 e distruggendo il bel paese ausonio, 3.33.5 che pietosi apo lui stati saranno 3.33.6 Mario, Silla, Neron, Caio et Antonio. 3.33.7 E Federico imperator secondo 3.33.8 fia per questo Azzo rotto e messo al fondo. 3.34.1 Terrà costui con più felice scettro 3.34.2 la bella terra che siede sul fiume 3.34.3 dove chiamò con lacrimoso plettro 3.34.4 Febo il figliuol ch' avea mal retto il lume, 3.34.5 quando fu pianto il fabuloso elettro, 3.34.6 e Cigno si vestì di bianche piume; 3.34.7 e questa di mille oblighi mercede 3.34.8 gli donerà l' Apostolica sede. 3.35.1 Dove lascio il fratel Aldrobandino? 3.35.2 che per dar al pontefice soccorso 3.35.3 contra Oton quarto e il campo ghibellino 3.35.4 che sarà presso al Campidoglio corso, 3.35.5 et avrà preso ogni luogo vicino, 3.35.6 e posto agli Umbri e alli Piceni il morso; 3.35.7 né potendo prestargli aiuto senza 3.35.8 molto tesor, ne chiederà a Fiorenza; 3.36.1 e non avendo gioie o miglior pegni, 3.36.2 per sicurtà daralle il frate in mano. 3.36.3 Spiegherà i suoi vittorïosi segni, 3.36.4 e romperà l' esercito germano; 3.36.5 in seggio riporrà la Chiesa, e degni 3.36.6 darà supplicii ai conti di Celano; 3.36.7 et al servizio del sommo Pastore 3.36.8 finirà gli anni suoi nel più bel fiore. 3.37.1 Et Azzo, il suo fratel, lascierà erede 3.37.2 del dominio d' Ancona e di Pisauro, 3.37.3 d' ogni città che da Troento siede 3.37.4 tra il mare e l' Apenin fin all' Isauro, 3.37.5 e di grandezza d' animo e di fede, 3.37.6 e di virtù, miglior che gemme et auro: 3.37.7 che dona e tolle ogn' altro ben Fortuna; 3.37.8 sol in virtù non ha possanza alcuna. 3.38.1 Vedi Rinaldo, in cui non minor raggio 3.38.2 splenderà di valor, pur che non sia 3.38.3 a tanta essaltazion del bel lignaggio 3.38.4 Morte o Fortuna invidïosa e ria. 3.38.5 Udirne il duol fin qui da Napoli aggio, 3.38.6 dove del padre allor statico fia. 3.38.7 Or Obizzo ne vien, che giovinetto 3.38.8 dopo l' avo sarà principe eletto. 3.39.1 Al bel dominio accrescerà costui 3.39.2 Reggio giocondo e Modona feroce. 3.39.3 Tal sarà il suo valor, che signor lui 3.39.4 domanderanno i populi a una voce. 3.39.5 Vedi Azzo sesto, un de' figliuoli sui, 3.39.6 confalonier de la cristiana croce: 3.39.7 avrà il ducato d' Andria con la figlia 3.39.8 del secondo re Carlo di Siciglia. 3.40.1 Vedi in un bello et amichevol groppo 3.40.2 de li principi illustri l' eccellenza: 3.40.3 Obizzo, Aldrobandin, Nicolò zoppo, 3.40.4 Alberto, d' amor pieno e di clemenza. 3.40.5 Io tacerò, per non tenerti troppo, 3.40.6 come al bel regno aggiungeran Favenza, 3.40.7 e con maggior fermezza Adria, che valse 3.40.8 da sé nomar l' indomite acque salse; 3.41.1 come la terra, il cui produr di rose 3.41.2 le diè piacevol nome in greche voci, 3.41.3 e la città ch' in mezzo alle piscose 3.41.4 paludi, del Po teme ambe le foci, 3.41.5 dove abitan le genti disïose 3.41.6 che 'l mar si turbi e sieno i venti atroci. 3.41.7 Taccio d' Argenta, di Lugo e di mille 3.41.8 altre castella e populose ville. 3.42.1 Ve' Nicolò, che tenero fanciullo 3.42.2 il popul crea signor de la sua terra, 3.42.3 e di Tideo fa il pensier vano e nullo, 3.42.4 che contra lui le civil arme afferra. 3.42.5 Sarà di questo il pueril trastullo 3.42.6 sudar nel ferro e travagliarsi in guerra; 3.42.7 e da lo studio del tempo primiero 3.42.8 il fior riuscirà d' ogni guerriero. 3.43.1 Farà de' suoi ribelli uscire a vòto 3.43.2 ogni disegno, e lor tornare in danno; 3.43.3 et ogni stratagema avrà sì noto, 3.43.4 che sarà duro il poter fargli inganno. 3.43.5 Tardi di questo s' avedrà il Terzo Oto, 3.43.6 e di Reggio e di Parma aspro tiranno, 3.43.7 che da costui spogliato a un tempo fia 3.43.8 e del dominio e de la vita ria. 3.44.1 Avrà il bel regno poi sempre augumento 3.44.2 senza torcer mai piè dal camin dritto; 3.44.3 né ad alcuno farà mai nocumento, 3.44.4 da cui prima non sia d' ingiuria afflitto: 3.44.5 et è per questo il gran Motor contento 3.44.6 che non gli sia alcun termine prescritto; 3.44.7 ma duri prosperando in meglio sempre, 3.44.8 fin che si volga il ciel ne le sue tempre. 3.45.1 Vedi Leonello, e vedi il primo duce, 3.45.2 fama de la sua età, l' inclito Borso, 3.45.3 che siede in pace, e più trionfo adduce 3.45.4 di quanti in altrui terre abbino corso. 3.45.5 Chiuderà Marte ove non veggia luce, 3.45.6 e stringerà al Furor le mani al dorso. 3.45.7 Di questo signor splendido ogni intento 3.45.8 sarà che 'l popul suo viva contento. 3.46.1 Ercole or vien, ch' al suo vicin rinfaccia, 3.46.2 col piè mezzo arso e con quei debol passi, 3.46.3 come a Budrio col petto e con la faccia 3.46.4 il campo volto in fuga gli fermassi; 3.46.5 non perché in premio poi guerra gli faccia, 3.46.6 né, per cacciarlo, fin nel Barco passi. 3.46.7 Questo è il signor, di cui non so esplicarme 3.46.8 se fia maggior la gloria o in pace o in arme. 3.47.1 Terran Pugliesi, Calabri e Lucani 3.47.2 de' gesti di costui lunga memoria, 3.47.3 là dove avrà dal re de' Catalani 3.47.4 di pugna singular la prima gloria; 3.47.5 e nome tra gl' invitti capitani 3.47.6 s' acquisterà con più d' una vittoria: 3.47.7 avrà per sua virtù la signoria 3.47.8 più di trenta anni, a lui debita pria. 3.48.1 E quanto più aver obligo si possa 3.48.2 a principe, sua terra avrà a costui; 3.48.3 non perché fia de le paludi mossa 3.48.4 tra campi fertilissimi da lui; 3.48.5 non perché la farà con muro e fossa 3.48.6 meglio capace a' cittadini sui, 3.48.7 e l' ornarà di templi e di palagi, 3.48.8 di piazze, di teatri e di mille agi; 3.49.1 non perché dagli artigli de l' audace 3.49.2 aligero Leon terrà difesa; 3.49.3 non perché, quando la gallica face 3.49.4 per tutto avrà la bella Italia accesa, 3.49.5 si starà sola col suo stato in pace, 3.49.6 e dal timore e dai tributi illesa; 3.49.7 non sì per questi et altri benefici 3.49.8 saran sue genti ad Ercol debitrici: 3.50.1 quanto che darà lor l' inclita prole, 3.50.2 il giusto Alfonso e Ippolito benigno, 3.50.3 che saran quai l' antiqua fama suole 3.50.4 narrar de' figli del Tindareo cigno, 3.50.5 ch' alternamente si privan del sole 3.50.6 per trar l' un l' altro de l' aer maligno. 3.50.7 Sarà ciascuno d' essi e pronto e forte 3.50.8 l' altro salvar con sua perpetua morte. 3.51.1 Il grande amor di questa bella coppia 3.51.2 renderà il popul suo via più sicuro, 3.51.3 che se, per opra di Vulcan, di doppia 3.51.4 cinta di ferro avesse intorno il muro. 3.51.5 Alfonso è quel che col saper accoppia 3.51.6 sì la bontà, ch' al secolo futuro 3.51.7 la gente crederà che sia dal cielo 3.51.8 tornata Astrea dove può il caldo e il gielo. 3.52.1 A grande uopo gli fia l' esser prudente, 3.52.2 e di valore assimigliarsi al padre; 3.52.3 che si ritroverà, con poca gente, 3.52.4 da un lato aver le veneziane squadre, 3.52.5 colei da l' altro, che più giustamente 3.52.6 non so se devrà dir matrigna o madre; 3.52.7 ma se pur madre, a lui poco più pia, 3.52.8 che Medea ai figli o Progne stata sia. 3.53.1 E quante volte uscirà giorno o notte 3.53.2 col suo popul fedel fuor de la terra, 3.53.3 tante sconfitte e memorabil rotte 3.53.4 darà a' nimici o per acqua o per terra. 3.53.5 Le genti di Romagna mal condotte, 3.53.6 contra i vicini e lor già amici, in guerra, 3.53.7 se n' avedranno, insanguinando il suolo 3.53.8 che serra il Po, Santerno e Zannïolo. 3.54.1 Nei medesmi confini anco saprallo 3.54.2 del gran Pastore il mercenario Ispano, 3.54.3 che gli avrà dopo con poco intervallo 3.54.4 la Bastìa tolta, e morto il castellano, 3.54.5 quando l' avrà già preso; e per tal fallo 3.54.6 non fia, dal minor fante al capitano, 3.54.7 che del racquisto e del presidio ucciso 3.54.8 a Roma riportar possa l' aviso. 3.55.1 Costui sarà, col senno e con la lancia, 3.55.2 ch' avrà l' onor, nei campi di Romagna, 3.55.3 d' aver dato all' esercito di Francia 3.55.4 la gran vittoria contra Iulio e Spagna. 3.55.5 Nuoteranno i destrier fin alla pancia 3.55.6 nel sangue uman per tutta la campagna; 3.55.7 ch' a sepelire il popul verrà manco 3.55.8 tedesco, ispano, greco, italo e franco. 3.56.1 Quel ch' in pontificale abito imprime 3.56.2 del purpureo capel la sacra chioma, 3.56.3 è il liberal, magnanimo, sublime, 3.56.4 gran cardinal de la Chiesa di Roma 3.56.5 Ippolito, ch' a prose, a versi, a rime 3.56.6 darà materia eterna in ogni idioma; 3.56.7 la cui fiorita età vuol il ciel iusto 3.56.8 ch' abbia un Maron, come un altro ebbe Augusto. 3.57.1 Adornerà la sua progenie bella, 3.57.2 come orna il sol la machina del mondo 3.57.3 molto più de la luna e d' ogni stella; 3.57.4 ch' ogn' altro lume a lui sempre è secondo. 3.57.5 Costui con pochi a piedi e meno in sella 3.57.6 veggio uscir mesto, e poi tornar iocondo; 3.57.7 che quindici galee mena captive, 3.57.8 oltra mill' altri legni, alle sue rive. 3.58.1 Vedi poi l' uno e l' altro Sigismondo. 3.58.2 Vedi d' Alfonso i cinque figli cari, 3.58.3 alla cui fama ostar, che di sé il mondo 3.58.4 non empia, i monti non potran né i mari: 3.58.5 gener del re di Francia, Ercol secondo 3.58.6 è l' un; quest' altro (acciò tutti gl' impari) 3.58.7 Ippolito è, che non con minor raggio 3.58.8 che 'l zio, risplenderà nel suo lignaggio; 3.59.1 Francesco, il terzo; Alfonsi gli altri dui 3.59.2 ambi son detti. Or, come io dissi prima, 3.59.3 s' ho da mostrarti ogni tuo ramo, il cui 3.59.4 valor la stirpe sua tanto sublima, 3.59.5 bisognerà che si rischiari e abbui 3.59.6 più volte prima il ciel, ch' io te li esprima: 3.59.7 e sarà tempo ormai, quando ti piaccia, 3.59.8 ch' io dia licenzia all' ombre, e ch' io mi taccia. -- 3.60.1 Così con voluntà de la donzella 3.60.2 la dotta incantatrice il libro chiuse. 3.60.3 Tutti gli spirti allora ne la cella 3.60.4 spariro in fretta, ove eran l' ossa chiuse. 3.60.5 Qui Bradamante, poi che la favella 3.60.6 le fu concessa usar, la bocca schiuse, 3.60.7 e domandò: -- Chi son li dua sì tristi, 3.60.8 che tra Ippolito e Alfonso abbiamo visti? 3.61.1 Veniano sospirando, e gli occhi bassi 3.61.2 parean tener d' ogni baldanza privi; 3.61.3 e gir lontan da loro io vedea i passi 3.61.4 dei frati sì, che ne pareano schivi. -- 3.61.5 Parve ch' a tal domanda si cangiassi 3.61.6 la maga in viso, e fe' degli occhi rivi, 3.61.7 e gridò: -- Ah sfortunati, a quanta pena 3.61.8 lungo instigar d' uomini rei vi mena! 3.62.1 O bona prole, o degna d' Ercol buono, 3.62.2 non vinca il lor fallir vostra bontade: 3.62.3 di vostro sangue i miseri pur sono: 3.62.4 qui ceda la iustizia alla pietade. -- 3.62.5 Indi soggiunse con più basso suono: 3.62.6 -- Di ciò dirti più inanzi non accade. 3.62.7 Statti col dolcie in bocca, e non ti doglia 3.62.8 ch' amareggiare al fin non te la voglia. 3.63.1 Tosto che spunti in ciel la prima luce, 3.63.2 piglierai meco la più dritta via 3.63.3 ch' al lucente castel d' acciai' conduce, 3.63.4 dove Ruggier vive in altrui balìa. 3.63.5 Io tanto ti sarò compagna e duce, 3.63.6 che tu sia fuor de l' aspra selva ria: 3.63.7 t' insegnerò, poi che saren sul mare, 3.63.8 sì ben la via, che non potresti errare. -- 3.64.1 Quivi l' audace giovane rimase 3.64.2 tutta la notte, e gran pezzo ne spese 3.64.3 a parlar con Merlin, che le suase 3.64.4 rendersi tosto al suo Ruggier cortese. 3.64.5 Lasciò di poi le sotterranee case, 3.64.6 che di nuovo splendor l' aria s' accese, 3.64.7 per un camin gran spazio oscuro e cieco, 3.64.8 avendo la spirtal femina seco. 3.65.1 E riusciro in un burrone ascoso 3.65.2 tra monti inaccessibili alle genti; 3.65.3 e tutto 'l dì senza pigliar riposo 3.65.4 saliron balze e traversâr torrenti. 3.65.5 E perché men l' andar fosse noioso, 3.65.6 di piacevoli e bei ragionamenti, 3.65.7 di quel che fu più conferir soave, 3.65.8 l' aspro camin facean parer men grave: 3.66.1 di quali era però la maggior parte, 3.66.2 ch' a Bradamante vien la dotta maga 3.66.3 mostrando con che astuzia e con qual arte 3.66.4 proceder de', se di Ruggiero è vaga. 3.66.5 -- Se tu fossi (dicea) Pallade o Marte, 3.66.6 e conducessi gente alla tua paga 3.66.7 più che non ha il re Carlo e il re Agramante, 3.66.8 non dureresti contra il negromante; 3.67.1 che, oltre che d' acciar murata sia 3.67.2 la ròcca inespugnabile, e tant' alta; 3.67.3 oltre che 'l suo destrier si faccia via 3.67.4 per mezzo l' aria, ove galoppa e salta; 3.67.5 ha lo scudo mortal, che come pria 3.67.6 si scopre, il suo splendor sì gli occhi assalta, 3.67.7 la vista tolle, e tanto occupa i sensi, 3.67.8 che come morto rimaner conviensi. 3.68.1 E se forse ti pensi che ti vaglia 3.68.2 combattendo tener serrati gli occhi, 3.68.3 come potrai saper ne la battaglia 3.68.4 quando ti schivi, o l' aversario tocchi? 3.68.5 Ma per fuggire il lume ch' abbarbaglia, 3.68.6 e gli altri incanti di colui far sciocchi, 3.68.7 ti mostrerò un rimedio, una via presta; 3.68.8 né altra in tutto 'l mondo è se non questa. 3.69.1 Il re Agramante d' Africa uno annello, 3.69.2 che fu rubato in India a una regina, 3.69.3 ha dato a un suo baron detto Brunello, 3.69.4 che poche miglia inanzi ne camina; 3.69.5 di tal virtù, che chi nel dito ha quello, 3.69.6 contra il mal degl' incanti ha medicina. 3.69.7 Sa de furti e d' inganni Brunel, quanto 3.69.8 colui, che tien Ruggier, sappia d' incanto. 3.70.1 Questo Brunel sì pratico e sì astuto, 3.70.2 come io ti dico, è dal suo re mandato 3.70.3 acciò che col suo ingegno e con l' aiuto 3.70.4 di questo annello, in tal cose provato, 3.70.5 di quella ròcca dove è ritenuto, 3.70.6 traggia Ruggier, che così s' è vantato, 3.70.7 et ha così promesso al suo signore, 3.70.8 a cui Ruggiero è più d' ogn' altro a core. 3.71.1 Ma perché il tuo Ruggiero a te sol abbia, 3.71.2 e non al re Agramante, ad obligarsi 3.71.3 che tratto sia de l' incantata gabbia, 3.71.4 t' insegnerò il remedio che de' usarsi. 3.71.5 Tu te n' andrai tre dì lungo la sabbia 3.71.6 del mar, ch' è oramai presso a dimostrarsi; 3.71.7 il terzo giorno in un albergo teco 3.71.8 arriverà costui c' ha l' annel seco. 3.72.1 La sua statura, acciò tu lo conosca, 3.72.2 non è sei palmi; et ha il capo ricciuto; 3.72.3 le chiome ha nere, et ha la pelle fosca; 3.72.4 pallido il viso, oltre il dover barbuto; 3.72.5 gli occhi gonfiati e guardatura losca; 3.72.6 schiacciato il naso, e ne le ciglia irsuto; 3.72.7 l' abito, acciò ch' io lo dipinga intero, 3.72.8 è stretto e corto, e sembra di corriero. 3.73.1 Con esso lui t' accaderà soggetto 3.73.2 di ragionar di quelli incanti strani: 3.73.3 mostra d' aver, come tu avra' in effetto, 3.73.4 disio che 'l mago sia teco alle mani; 3.73.5 ma non monstrar che ti sia stato detto 3.73.6 di quel suo annel che fa gl' incanti vani. 3.73.7 Egli t' offerirà mostrar la via 3.73.8 fin alla ròcca, e farti compagnia. 3.74.1 Tu gli va dietro: e come t' avicini 3.74.2 a quella ròcca sì ch' ella si scopra, 3.74.3 dàgli la morte; né pietà t' inchini 3.74.4 che tu non metta il mio consiglio in opra. 3.74.5 Né far ch' egli il pensier tuo s' indovini, 3.74.6 e ch' abbia tempo che l' annel lo copra; 3.74.7 perché ti spariria dagli occhi, tosto 3.74.8 ch' in bocca il sacro annel s' avesse posto. -- 3.75.1 Così parlando, giunsero sul mare, 3.75.2 dove presso a Bordea mette Garonna. 3.75.3 Quivi, non senza alquanto lagrimare, 3.75.4 si dipartì l' una da l' altra donna. 3.75.5 La figliuola d' Amon, che per slegare 3.75.6 di prigione il suo amante non assonna, 3.75.7 caminò tanto, che venne una sera 3.75.8 ad uno albergo, ove Brunel prim' era. 3.76.1 Conosce ella Brunel come lo vede, 3.76.2 di cui la forma avea sculpita in mente: 3.76.3 onde ne viene, ove ne va, gli chiede; 3.76.4 quel le risponde, e d' ogni cosa mente. 3.76.5 La donna, già prevista, non gli cede 3.76.6 in dir menzogne, e simula ugualmente 3.76.7 e patria e stirpe e setta e nome e sesso; 3.76.8 e gli volta alle man pur gli occhi spesso. 3.77.1 Gli va gli occhi alle man spesso voltando, 3.77.2 in dubbio sempre esser da lui rubata; 3.77.3 né lo lascia venir troppo accostando, 3.77.4 di sua condizïon bene informata. 3.77.5 Stavano insieme in questa guisa, quando 3.77.6 l' orecchia da un rumor lor fu intruonata. 3.77.7 Poi vi dirò, Signor, che ne fu causa, 3.77.8 ch' avrò fatto al cantar debita pausa.
CANTO IV
4.1.1 Quantunque il simular sia le più volte 4.1.2 ripreso, e dia di mala mente indici, 4.1.3 si truova pur in molte cose e molte 4.1.4 aver fatti evidenti benefici, 4.1.5 e danni e biasmi e morti aver già tolte; 4.1.6 che non conversiam sempre con gli amici 4.1.7 in questa assai più oscura che serena 4.1.8 vita mortal, tutta d' invidia piena. 4.2.1 Se, dopo lunga prova, a gran fatica 4.2.2 trovar si può chi ti sia amico vero, 4.2.3 et a chi senza alcun sospetto dica 4.2.4 e discoperto mostri il tuo pensiero; 4.2.5 che de' far di Ruggier la bella amica 4.2.6 con quel Brunel non puro e non sincero, 4.2.7 ma tutto simulato e tutto finto, 4.2.8 come la maga le l' avea dipinto? 4.3.1 Simula anch' ella; e così far conviene 4.3.2 con esso lui di finzïoni padre; 4.3.3 e, come io dissi, spesso ella gli tiene 4.3.4 gli occhi alle man, ch' eran rapaci e ladre. 4.3.5 Ecco all' orecchie un gran rumor lor viene. 4.3.6 Disse la donna: -- O glorïosa Madre, 4.3.7 o Re del ciel, che cosa sarà questa? -- 4.3.8 E dove era il rumor si trovò presta. 4.4.1 E vede l' oste e tutta la famiglia, 4.4.2 e chi a finestre e chi fuor ne la via, 4.4.3 tener levati al ciel gli occhi e le ciglia, 4.4.4 come l' ecclisse o la cometa sia. 4.4.5 Vede la donna un' alta maraviglia, 4.4.6 che di leggier creduta non saria: 4.4.7 vede passar un gran destriero alato, 4.4.8 che porta in aria un cavalliero armato. 4.5.1 Grandi eran l' ale e di color diverso, 4.5.2 e vi sedea nel mezzo un cavalliero, 4.5.3 di ferro armato luminoso e terso; 4.5.4 e vêr ponente avea dritto il sentiero. 4.5.5 Calossi, e fu tra le montagne immerso: 4.5.6 e, come dicea l' oste (e dicea il vero), 4.5.7 quel era un negromante, e facea spesso 4.5.8 quel varco, or più da lungi, or più da presso. 4.6.1 Volando, talor s' alza ne le stelle, 4.6.2 e poi quasi talor la terra rade; 4.6.3 e ne porta con lui tutte le belle 4.6.4 donne che trova per quelle contrade: 4.6.5 talmente che le misere donzelle 4.6.6 ch' abbino o aver si credano beltade 4.6.7 (come affatto costui tutte le invole) 4.6.8 non escon fuor sì che le veggia il sole. 4.7.1 -- Egli sul Pireneo tiene un castello 4.7.2 (narrava l' oste) fatto per incanto, 4.7.3 tutto d' acciaio, e sì lucente e bello, 4.7.4 ch' altro al mondo non è mirabil tanto. 4.7.5 Già molti cavallier sono iti a quello, 4.7.6 e nessun del ritorno si dà vanto: 4.7.7 sì ch' io penso, signore, e temo forte, 4.7.8 o che sian presi, o sian condotti a morte. -- 4.8.1 La donna il tutto ascolta, e le ne giova, 4.8.2 credendo far, come farà per certo, 4.8.3 con l' annello mirabile tal prova, 4.8.4 che ne fia il mago e il suo castel deserto; 4.8.5 e dice a l' oste: -- Or un de' tuoi mi trova, 4.8.6 che più di me sia del vïaggio esperto; 4.8.7 ch' io non posso durar, tanto ho il cor vago 4.8.8 di far battaglia contra a questo mago. -- 4.9.1 -- Non ti mancherà guida (le rispose 4.9.2 Brunello allora), e ne verrò teco io: 4.9.3 meco ho la strada in scritto, et altre cose 4.9.4 che ti faran piacere il venir mio. -- 4.9.5 Vòlse dir de l' annel; ma non l' espose 4.9.6 né chiarì più, per non pagarne il fio. 4.9.7 -- Grato mi fia (disse ella) il venir tuo; -- 4.9.8 volendo dir ch' indi l' annel fia suo. 4.10.1 Quel ch' era utile a dir, disse; e quel tacque, 4.10.2 che nuocer le potea col Saracino. 4.10.3 Avea l' oste un destrier ch' a costei piacque, 4.10.4 ch' era buon da battaglia e da camino: 4.10.5 comperollo, e partissi come nacque 4.10.6 del bel giorno seguente il matutino. 4.10.7 Prese la via per una stretta valle, 4.10.8 con Brunello ora inanzi, ora alle spalle. 4.11.1 Di monte in monte e d' uno in altro bosco 4.11.2 giunseno ove l' altezza di Pirene 4.11.3 può dimostrar, se non è l' aer fosco, 4.11.4 e Francia e Spagna e due diverse arene, 4.11.5 come Apennin scopre il mar schiavo e il tósco 4.11.6 dal giogo onde a Camaldoli si viene. 4.11.7 Quindi per aspro e faticoso calle 4.11.8 si discendea ne la profonda valle. 4.12.1 Vi sorge in mezzo un sasso che la cima 4.12.2 d' un bel muro d' acciar tutta si fascia; 4.12.3 e quella tanto inverso il ciel sublima, 4.12.4 che quanto ha intorno, inferïor si lascia. 4.12.5 Non faccia, chi non vola, andarvi stima; 4.12.6 che spesa indarno vi saria ogni ambascia. 4.12.7 Brunel disse: -- Ecco dove prigionieri 4.12.8 il mago tien le donne e i cavallieri. -- 4.13.1 Da quattro canti era tagliato, e tale 4.13.2 che parea dritto a fil de la sinopia. 4.13.3 Da nessun lato né sentier né scale 4.13.4 v' eran, che di salir facesser copia: 4.13.5 e ben appar che d' animal ch' abbia ale 4.13.6 sia quella stanza nido e tana propia. 4.13.7 Quivi la donna esser conosce l' ora 4.13.8 di tor l' annello e far che Brunel mora. 4.14.1 Ma le par atto vile a insanguinarsi 4.14.2 d' un uom senza arme e di sì ignobil sorte; 4.14.3 che ben potrà posseditrice farsi 4.14.4 del ricco annello, e lui non porre a morte. 4.14.5 Brunel non avea mente a riguardarsi; 4.14.6 sì ch' ella il prese, e lo legò ben forte 4.14.7 ad uno abete ch' alta avea la cima: 4.14.8 ma di dito l' annel gli trasse prima. 4.15.1 Né per lacrime, gemiti o lamenti 4.15.2 che facesse Brunel, lo vòlse sciorre. 4.15.3 Smontò de la montagna a passi lenti, 4.15.4 tanto che fu nel pian sotto la torre. 4.15.5 E perché alla battaglia s' appresenti 4.15.6 il negromante, al corno suo ricorre: 4.15.7 e dopo il suon, con minacciose grida 4.15.8 lo chiama al campo, et alla pugna 'l sfida. 4.16.1 Non stette molto a uscir fuor de la porta 4.16.2 l' incantator, ch' udì 'l suono e la voce. 4.16.3 L' alato corridor per l' aria il porta 4.16.4 contra costei, che sembra uomo feroce. 4.16.5 La donna da principio si conforta, 4.16.6 che vede che colui poco le nuoce: 4.16.7 non porta lancia né spada né mazza, 4.16.8 ch' a forar l' abbia o romper la corazza. 4.17.1 Da la sinistra sol lo scudo avea, 4.17.2 tutto coperto di seta vermiglia; 4.17.3 ne la man destra un libro, onde facea 4.17.4 nascer, leggendo, l' alta maraviglia: 4.17.5 che la lancia talor correr parea, 4.17.6 e fatto avea a più d' un batter le ciglia; 4.17.7 talor parea ferir con mazza o stocco, 4.17.8 e lontano era, e non avea alcun tocco. 4.18.1 Non è finto il destrier, ma naturale, 4.18.2 ch' una giumenta generò d' un grifo: 4.18.3 simile al padre avea la piuma e l' ale, 4.18.4 li piedi anterïori, il capo e il grifo; 4.18.5 in tutte l' altre membra parea quale 4.18.6 era la madre, e chiamasi ippogrifo; 4.18.7 che nei monti Rifei vengon, ma rari, 4.18.8 molto di là dagli aghiacciati mari. 4.19.1 Quivi per forza lo tirò d' incanto; 4.19.2 e poi che l' ebbe, ad altro non attese, 4.19.3 e con studio e fatica operò tanto, 4.19.4 ch' a sella e briglia il cavalcò in un mese: 4.19.5 così ch' in terra e in aria e in ogni canto 4.19.6 lo facea volteggiar senza contese. 4.19.7 Non finzïon d' incanto, come il resto, 4.19.8 ma vero e natural si vedea questo. 4.20.1 Del mago ogn' altra cosa era figmento; 4.20.2 che comparir facea pel rosso il giallo: 4.20.3 ma con la donna non fu di momento; 4.20.4 che per l' annel non può vedere in fallo. 4.20.5 Più colpi tuttavia diserra al vento, 4.20.6 e quinci e quindi spinge il suo cavallo; 4.20.7 e si dibatte e si travaglia tutta, 4.20.8 come era, inanzi che venisse, instrutta. 4.21.1 E poi che esercitata si fu alquanto 4.21.2 sopra il destrier, smontar vòlse anco a piede, 4.21.3 per poter meglio al fin venir di quanto 4.21.4 la cauta maga instruzïon le diede. 4.21.5 Il mago vien per far l' estremo incanto; 4.21.6 che del fatto ripar né sa né crede: 4.21.7 scuopre lo scudo, e certo si prosume 4.21.8 farla cader con l' incantato lume. 4.22.1 Potea così scoprirlo al primo tratto, 4.22.2 senza tenere i cavallieri a bada; 4.22.3 ma gli piacea veder qualche bel tratto 4.22.4 di correr l' asta o di girar la spada: 4.22.5 come si vede ch' all' astuto gatto 4.22.6 scherzar col topo alcuna volta aggrada; 4.22.7 e poi che quel piacer gli viene a noia, 4.22.8 dargli di morso, e al fin voler che muoia. 4.23.1 Dico che 'l mago al gatto, e gli altri al topo 4.23.2 s' assimigliâr ne le battaglie dianzi; 4.23.3 ma non s' assimigliâr già così, dopo 4.23.4 che con l' annel si fe' la donna inanzi. 4.23.5 Attenta e fissa stava a quel ch' era uopo, 4.23.6 acciò che nulla seco il mago avanzi; 4.23.7 e come vide che lo scudo aperse, 4.23.8 chiuse gli occhi, e lasciò quivi caderse. 4.24.1 Non che il fulgor del lucido metallo, 4.24.2 come soleva agli altri, a lei nocesse; 4.24.3 ma così fece acciò che dal cavallo 4.24.4 contra sé il vano incantator scendesse: 4.24.5 né parte andò del suo disegno in fallo; 4.24.6 che tosto ch' ella il capo in terra messe, 4.24.7 accelerando il volator le penne, 4.24.8 con larghe ruote in terra a por si venne. 4.25.1 Lascia all' arcion lo scudo, che già posto 4.25.2 avea ne la coperta, e a piè discende 4.25.3 verso la donna che, come reposto 4.25.4 lupo alla macchia il caprïolo, attende. 4.25.5 Senza più indugio ella si leva tosto 4.25.6 che l' ha vicino, e ben stretto lo prende. 4.25.7 Avea lasciato quel misero in terra 4.25.8 il libro che facea tutta la guerra: 4.26.1 e con una catena ne correa, 4.26.2 che solea portar cinta a simil uso; 4.26.3 perché non men legar colei credea, 4.26.4 che per adietro altri legare era uso. 4.26.5 La donna in terra posto già l' avea: 4.26.6 se quel non si difese, io ben l' escuso; 4.26.7 che troppo era la cosa differente 4.26.8 tra un debol vecchio e lei tanto possente. 4.27.1 Disegnando levargli ella la testa, 4.27.2 alza la man vittorïosa in fretta; 4.27.3 ma poi che 'l viso mira, il colpo arresta, 4.27.4 quasi sdegnando sì bassa vendetta; 4.27.5 un venerabil vecchio in faccia mesta 4.27.6 vede esser quel ch' ella ha giunto alla stretta, 4.27.7 che mostra al viso crespo e al pelo bianco 4.27.8 età di settanta anni o poco manco. 4.28.1 -- Tommi la vita, giovene, per Dio, -- 4.28.2 dicea il vecchio pien d' ira e di dispetto; 4.28.3 ma quella a torla avea sì il cor restio, 4.28.4 come quel di lasciarla avria diletto. 4.28.5 La donna di sapere ebbe disio 4.28.6 chi fosse il negromante, et a che effetto 4.28.7 edificasse in quel luogo selvaggio 4.28.8 la ròcca, e faccia a tutto il mondo oltraggio. 4.29.1 -- Né per maligna intenzïone, ahi lasso! 4.29.2 (disse piangendo il vecchio incantatore) 4.29.3 feci la bella ròcca in cima al sasso, 4.29.4 né per avidità son rubatore; 4.29.5 ma per ritrar sol dall' estremo passo 4.29.6 un cavallier gentil, mi mosse amore, 4.29.7 che, come il ciel mi mostra, in tempo breve 4.29.8 morir cristiano a tradimento deve. 4.30.1 Non vede il sol tra questo e il polo austrino 4.30.2 un giovene sì bello e sì prestante: 4.30.3 Ruggiero ha nome, il qual da piccolino 4.30.4 da me nutrito fu, ch' io sono Atlante. 4.30.5 Disio d' onore e suo fiero destino 4.30.6 l' han tratto in Francia dietro al re Agramante; 4.30.7 et io, che l' amai sempre più che figlio, 4.30.8 lo cerco trar di Francia e di periglio. 4.31.1 La bella ròcca solo edificai 4.31.2 per tenervi Ruggier sicuramente, 4.31.3 che preso fu da me, come sperai 4.31.4 che fossi oggi tu preso similmente; 4.31.5 e donne e cavallier, che tu vedrai, 4.31.6 poi ci ho ridotti, et altra nobil gente, 4.31.7 acciò che quando a voglia sua non esca, 4.31.8 avendo compagnia, men gli rincresca. 4.32.1 Pur ch' uscir di là su non si domande, 4.32.2 d' ogn' altro gaudio lor cura mi tocca; 4.32.3 che quanto averne da tutte le bande 4.32.4 si può del mondo, è tutto in quella ròcca: 4.32.5 suoni, canti, vestir, giuochi, vivande, 4.32.6 quanto può cor pensar, può chieder bocca. 4.32.7 Ben seminato avea, ben cogliea il frutto; 4.32.8 ma tu sei giunto a disturbarmi il tutto. 4.33.1 Deh, se non hai del viso il cor men bello, 4.33.2 non impedir il mio consiglio onesto! 4.33.3 Piglia lo scudo (ch' io tel dono) e quello 4.33.4 destrier che va per l' aria così presto; 4.33.5 e non t' impacciar oltra nel castello, 4.33.6 o tranne uno o duo amici, e lascia il resto; 4.33.7 o tranne tutti gli altri, e più non chero, 4.33.8 se non che tu mi lasci il mio Ruggiero. 4.34.1 E se disposto sei volermel tôrre, 4.34.2 deh, prima almen che tu 'l rimeni in Francia, 4.34.3 piacciati questa afflitta anima sciorre 4.34.4 de la sua scorza, ormai putrida e rancia! -- 4.34.5 Rispose la donzella: -- Lui vo' porre 4.34.6 in libertà: tu, se sai, gracchia e ciancia; 4.34.7 né mi offerir di dar lo scudo in dono, 4.34.8 o quel destrier, che miei, non più tuoi sono: 4.35.1 né s' anco stesse a te di tôrre e darli, 4.35.2 mi parrebbe che 'l cambio convenisse. 4.35.3 Tu di' che Ruggier tieni per vietarli 4.35.4 il male influsso di sue stelle fisse. 4.35.5 O che non puoi saperlo, o non schivarli, 4.35.6 sappiendol, ciò che 'l ciel di lui prescrisse: 4.35.7 ma se 'l mal tuo, c' hai sì vicin, non vedi, 4.35.8 peggio l' altrui c' ha da venir prevedi. 4.36.1 Non pregar ch' io t' uccida, ch' i tuoi preghi 4.36.2 sariano indarno; e se pur vuoi la morte, 4.36.3 ancor che tutto il mondo dar la nieghi, 4.36.4 da sé la può aver sempre animo forte. 4.36.5 Ma pria che l' alma da la carne sleghi, 4.36.6 a tutti i tuoi prigioni apri le porte. -- 4.36.7 Così dice la donna, e tuttavia 4.36.8 il mago preso incontra al sasso invia. 4.37.1 Legato de la sua propria catena 4.37.2 andava Atlante, e la donzella appresso, 4.37.3 che così ancor se ne fidava a pena, 4.37.4 ben che in vista parea tutto rimesso. 4.37.5 Non molti passi dietro se la mena, 4.37.6 ch' a piè del monte han ritrovato il fesso, 4.37.7 e li scaglioni onde si monta in giro, 4.37.8 fin ch' alla porta del castel saliro. 4.38.1 Di su la soglia Atlante un sasso tolle, 4.38.2 di caratteri e strani segni insculto. 4.38.3 Sotto, vasi vi son, che chiamano olle, 4.38.4 che fuman sempre, e dentro han foco occulto. 4.38.5 L' incantator le spezza; e a un tratto il colle 4.38.6 riman deserto, inospite et inculto; 4.38.7 né muro appar né torre in alcun lato, 4.38.8 come se mai castel non vi sia stato. 4.39.1 Sbrigossi dalla donna il mago alora, 4.39.2 come fa spesso il tordo da la ragna; 4.39.3 e con lui sparve il suo castello a un' ora, 4.39.4 e lasciò in libertà quella compagna. 4.39.5 Le donne e i cavallier si trovâr fuora 4.39.6 de le superbe stanze alla campagna: 4.39.7 e furon di lor molte a chi ne dolse; 4.39.8 che tal franchezza un gran piacer lor tolse. 4.40.1 Quivi è Gradasso, quivi è Sacripante, 4.40.2 quivi è Prasildo, il nobil cavalliero 4.40.3 che con Rinaldo venne di Levante, 4.40.4 e seco Iroldo, il par d' amici vero. 4.40.5 Al fin trovò la bella Bradamante 4.40.6 quivi il desiderato suo Ruggiero, 4.40.7 che, poi che n' ebbe certa conoscenza, 4.40.8 le fe' buona e gratissima accoglienza; 4.41.1 come a colei che più che gli occhi sui, 4.41.2 più che 'l suo cor, più che la propria vita 4.41.3 Ruggiero amò dal dì ch' essa per lui 4.41.4 si trasse l' elmo, onde ne fu ferita. 4.41.5 Lungo sarebbe a dir come, e da cui, 4.41.6 e quanto ne la selva aspra e romita 4.41.7 si cercâr poi la notte e il giorno chiaro; 4.41.8 né, se non qui, mai più si ritrovaro. 4.42.1 Or che quivi la vede, e sa ben ch' ella 4.42.2 è stata sola la sua redentrice, 4.42.3 di tanto gaudio ha pieno il cor, che appella 4.42.4 sé fortunato et unico felice. 4.42.5 Scesero il monte, e dismontaro in quella 4.42.6 valle, ove fu la donna vincitrice, 4.42.7 e dove l' ippogrifo trovaro anco, 4.42.8 ch' avea lo scudo, ma coperto, al fianco. 4.43.1 La donna va per prenderlo nel freno: 4.43.2 e quel l' aspetta fin che se gli accosta; 4.43.3 poi spiega l' ale per l' aer sereno, 4.43.4 e si ripon non lungi a mezza costa. 4.43.5 Ella lo segue: e quel né più né meno 4.43.6 si leva in aria, e non troppo si scosta; 4.43.7 come fa la cornacchia in secca arena, 4.43.8 che dietro il cane or qua or là si mena. 4.44.1 Ruggier, Gradasso, Sacripante, e tutti 4.44.2 quei cavallier che scesi erano insieme, 4.44.3 chi di su, chi di giù, si son ridutti 4.44.4 dove che torni il volatore han speme. 4.44.5 Quel, poi che gli altri invano ebbe condutti 4.44.6 più volte e sopra le cime supreme 4.44.7 e negli umidi fondi tra quei sassi, 4.44.8 presso a Ruggiero al fin ritenne i passi. 4.45.1 E questa opera fu del vecchio Atlante, 4.45.2 di cui non cessa la pietosa voglia 4.45.3 di trar Ruggier del gran periglio instante: 4.45.4 di ciò sol pensa e di ciò solo ha doglia. 4.45.5 Però gli manda or l' ippogrifo avante, 4.45.6 perché d' Europa con questa arte il toglia. 4.45.7 Ruggier lo piglia, e seco pensa trarlo; 4.45.8 ma quel s' arretra, e non vuol seguitarlo. 4.46.1 Or di Frontin quel animoso smonta 4.46.2 (Frontino era nomato il suo destriero), 4.46.3 e sopra quel che va per l' aria monta, 4.46.4 e con li spron gli adizza il core altiero. 4.46.5 Quel corre alquanto, et indi i piedi ponta, 4.46.6 e sale inverso il ciel, via più leggiero 4.46.7 che 'l girifalco, a cui lieva il capello 4.46.8 il mastro a tempo, e fa veder l' augello. 4.47.1 La bella donna, che sì in alto vede 4.47.2 e con tanto periglio il suo Ruggiero, 4.47.3 resta attonita in modo, che non riede 4.47.4 per lungo spazio al sentimento vero. 4.47.5 Ciò che già inteso avea di Ganimede 4.47.6 ch' al ciel fu assunto dal paterno impero, 4.47.7 dubita assai che non accada a quello, 4.47.8 non men gentil di Ganimede e bello. 4.48.1 Con gli occhi fissi al ciel lo segue quanto 4.48.2 basta il veder; ma poi che si dilegua 4.48.3 sì, che la vista non può correr tanto, 4.48.4 lascia che sempre l' animo lo segua. 4.48.5 Tuttavia con sospir, gemito e pianto 4.48.6 non ha, né vuol aver pace né triegua. 4.48.7 Poi che Ruggier di vista se le tolse, 4.48.8 al buon destrier Frontin gli occhi rivolse: 4.49.1 e si deliberò di non lasciarlo, 4.49.2 che fosse in preda a chi venisse prima; 4.49.3 ma di condurlo seco, e di poi darlo 4.49.4 al suo signor, ch' anco veder pur stima. 4.49.5 Poggia l' augel, né può Ruggier frenarlo: 4.49.6 di sotto rimaner vede ogni cima 4.49.7 et abbassarsi in guisa, che non scorge 4.49.8 dove è piano il terren né dove sorge. 4.50.1 Poi che sì ad alto vien, ch' un picciol punto 4.50.2 lo può stimar chi da la terra il mira, 4.50.3 prende la via verso ove cade a punto 4.50.4 il sol, quando col Granchio si raggira; 4.50.5 e per l' aria ne va come legno unto 4.50.6 a cui nel mar propizio vento spira. 4.50.7 Lasciànlo andar, che farà buon camino, 4.50.8 e torniamo a Rinaldo paladino. 4.51.1 Rinaldo l' altro e l' altro giorno scórse, 4.51.2 spinto dal vento, un gran spazio di mare, 4.51.3 quando a ponente e quando contra l' Orse, 4.51.4 che notte e dì non cessa mai soffiare. 4.51.5 Sopra la Scozia ultimamente sorse, 4.51.6 dove la selva Calidonia appare, 4.51.7 che spesso fra gli antiqui ombrosi cerri 4.51.8 s' ode sonar di bellicosi ferri. 4.52.1 Vanno per quella i cavallieri erranti, 4.52.2 incliti in arme, di tutta Bretagna, 4.52.3 e de' prossimi luoghi e de' distanti, 4.52.4 di Francia, di Norvegia e de Lamagna. 4.52.5 Chi non ha gran valor, non vada inanti; 4.52.6 che dove cerca onor, morte guadagna. 4.52.7 Gran cose in essa già fece Tristano, 4.52.8 Lancillotto, Galasso, Artù e Galvano, 4.53.1 et altri cavallieri e de la nuova 4.53.2 e de la vecchia Tavola famosi: 4.53.3 restano ancor di più d' una lor pruova 4.53.4 li monumenti e li trofei pomposi. 4.53.5 L' arme Rinaldo e il suo Baiardo truova, 4.53.6 e tosto si fa por nei liti ombrosi, 4.53.7 et al nochier comanda che si spicche 4.53.8 e lo vada aspettar a Beroicche. 4.54.1 Senza scudiero e senza compagnia 4.54.2 va il cavallier per quella selva immensa, 4.54.3 facendo or una et or un' altra via, 4.54.4 dove più aver strane aventure pensa. 4.54.5 Capitò il primo giorno a una badia, 4.54.6 che buona parte del suo aver dispensa 4.54.7 in onorar nel suo cenobio adorno, 4.54.8 le donne e i cavallier che vanno attorno. 4.55.1 Bella accoglienza i monachi e l' abbate 4.55.2 fêro a Rinaldo, il qual domandò loro 4.55.3 (non prima già che con vivande grate 4.55.4 avesse avuto il ventre amplo ristoro) 4.55.5 come dai cavallier sien ritrovate 4.55.6 spesso aventure per quel tenitoro, 4.55.7 dove si possa in qualche fatto eggregio 4.55.8 l' uom dimostrar, se merta biasmo o pregio. 4.56.1 Risposongli ch' errando in quelli boschi, 4.56.2 trovar potria strane aventure e molte: 4.56.3 ma come i luoghi, i fatti ancor son foschi; 4.56.4 che non se n' ha notizia le più volte. 4.56.5 -- Cerca (diceano) andar dove conoschi 4.56.6 che l' opre tue non restino sepolte, 4.56.7 acciò dietro al periglio e alla fatica 4.56.8 segua la fama, e il debito ne dica. 4.57.1 E se del tuo valor cerchi far prova, 4.57.2 t' è preparata la più degna impresa 4.57.3 che ne l' antiqua etade o ne la nova 4.57.4 giamai da cavallier sia stata presa. 4.57.5 La figlia del re nostro or se ritrova 4.57.6 bisognosa d' aiuto e di difesa 4.57.7 contra un baron che Lurcanio si chiama, 4.57.8 che tor le cerca e la vita e la fama. 4.58.1 Questo Lurcanio al padre l' ha accusata 4.58.2 (forse per odio più che per ragione) 4.58.3 averla a mezza notte ritrovata 4.58.4 trarr' un suo amante a sé sopra un verrone. 4.58.5 Per le leggi del regno condannata 4.58.6 al fuoco fia, se non truova campione 4.58.7 che fra un mese, oggimai presso a finire, 4.58.8 l' iniquo accusator faccia mentire. 4.59.1 L' aspra legge di Scozia, empia e severa, 4.59.2 vuol ch' ogni donna, e di ciascuna sorte, 4.59.3 ch' ad uom si giunga, e non gli sia mogliera, 4.59.4 s' accusata ne viene, abbia la morte. 4.59.5 Né riparar si può ch' ella non pèra, 4.59.6 quando per lei non venga un guerrier forte 4.59.7 che tolga la difesa, e che sostegna 4.59.8 che sia innocente e di morire indegna. 4.60.1 Il re, dolente per Ginevra bella 4.60.2 (che così nominata è la sua figlia), 4.60.3 ha publicato per città e castella, 4.60.4 che s' alcun la difesa di lei piglia, 4.60.5 e che l' estingua la calunnia fella 4.60.6 (pur che sia nato di nobil famiglia), 4.60.7 l' avrà per moglie, et uno stato, quale 4.60.8 fia convenevol dote a donna tale. 4.61.1 Ma se fra un mese alcun per lei non viene, 4.61.2 o venendo non vince, sarà uccisa. 4.61.3 Simile impresa meglio ti conviene, 4.61.4 ch' andar pei boschi errando a questa guisa: 4.61.5 oltre ch' onor e fama te n' aviene 4.61.6 ch' in eterno da te non fia divisa, 4.61.7 guadagni il fior di quante belle donne 4.61.8 da l' Indo sono all' Atlantee colonne; 4.62.1 e una ricchezza appresso, et uno stato 4.62.2 che sempre far ti può viver contento; 4.62.3 e la grazia del re, se suscitato 4.62.4 per te gli fia il suo onor, che è quasi spento. 4.62.5 Poi per cavalleria tu se' ubligato 4.62.6 a vendicar di tanto tradimento 4.62.7 costei, che per commune opinïone, 4.62.8 di vera pudicizia è un paragone. -- 4.63.1 Pensò Rinaldo alquanto, e poi rispose: 4.63.2 -- Una donzella dunque de' morire 4.63.3 perché lasciò sfogar ne l' amorose 4.63.4 sue braccia al suo amator tanto desire? 4.63.5 Sia maladetto chi tal legge pose, 4.63.6 e maladetto chi la può patire! 4.63.7 Debitamente muore una crudele, 4.63.8 non chi dà vita al suo amator fedele. 4.64.1 Sia vero o falso che Ginevra tolto 4.64.2 s' abbia il suo amante, io non riguardo a questo: 4.64.3 d' averlo fatto la loderei molto, 4.64.4 quando non fosse stato manifesto. 4.64.5 Ho in sua difesa ogni pensier rivolto: 4.64.6 datemi pur un chi mi guidi presto, 4.64.7 e dove sia l' accusator mi mene; 4.64.8 ch' io spero in Dio Ginevra trar di pene. 4.65.1 Non vo' già dir ch' ella non l' abbia fatto; 4.65.2 che nol sappiendo, il falso dir potrei: 4.65.3 dirò ben che non de' per simil atto 4.65.4 punizïon cadere alcuna in lei; 4.65.5 e dirò che fu ingiusto o che fu matto 4.65.6 chi fece prima li statuti rei; 4.65.7 e come iniqui rivocar si denno, 4.65.8 e nuova legge far con miglior senno. 4.66.1 S' un medesimo ardor, s' un disir pare 4.66.2 inchina e sforza l' uno e l' altro sesso 4.66.3 a quel suave fin d' amor, che pare 4.66.4 all' ignorante vulgo un grave eccesso; 4.66.5 perché si de' punir donna o biasmare, 4.66.6 che con uno o più d' uno abbia commesso 4.66.7 quel che l' uom fa con quante n' ha appetito, 4.66.8 e lodato ne va, non che impunito? 4.67.1 Son fatti in questa legge disuguale 4.67.2 veramente alle donne espressi torti; 4.67.3 e spero in Dio mostrar che gli è gran male 4.67.4 che tanto lungamente si comporti. -- 4.67.5 Rinaldo ebbe il consenso universale, 4.67.6 che fur gli antiqui ingiusti e male accorti, 4.67.7 che consentiro a così iniqua legge, 4.67.8 e mal fa il re, che può, né la corregge. 4.68.1 Poi che la luce candida e vermiglia 4.68.2 de l' altro giorno aperse l' emispero, 4.68.3 Rinaldo l' arme e il suo Baiardo piglia, 4.68.4 e di quella badia tolle un scudiero, 4.68.5 che con lui viene a molte leghe e miglia, 4.68.6 sempre nel bosco orribilmente fiero, 4.68.7 verso la terra ove la lite nuova 4.68.8 de la donzella de' venir in pruova. 4.69.1 Avean, cercando abbrevïar camino, 4.69.2 lasciato pel sentier la maggior via; 4.69.3 quando un gran pianto udîr sonar vicino, 4.69.4 che la foresta d' ogn' intorno empìa. 4.69.5 Baiardo spinse l' un, l' altro il ronzino 4.69.6 verso una valle onde quel grido uscìa: 4.69.7 e fra dui mascalzoni una donzella 4.69.8 vider, che di lontan parea assai bella; 4.70.1 ma lacrimosa e addolorata quanto 4.70.2 donna o donzella o mai persona fosse. 4.70.3 Le sono dui col ferro nudo a canto, 4.70.4 per farle far l' erbe di sangue rosse. 4.70.5 Ella con preghi differendo alquanto 4.70.6 giva il morir, sin che pietà si mosse. 4.70.7 Venne Rinaldo; e come se n' accorse, 4.70.8 con alti gridi e gran minaccie accorse. 4.71.1 Voltaro i malandrin tosto le spalle, 4.71.2 che 'l soccorso lontan vider venire, 4.71.3 e se appiattâr ne la profonda valle. 4.71.4 Il paladin non li curò seguire: 4.71.5 venne a la donna, e qual gran colpa dàlle 4.71.6 tanta punizïon, cerca d' udire; 4.71.7 e per tempo avanzar, fa allo scudiero 4.71.8 levarla in groppa, e torna al suo sentiero. 4.72.1 E cavalcando poi meglio la guata 4.72.2 molto esser bella e di maniere accorte, 4.72.3 ancor che fosse tutta spaventata 4.72.4 per la paura ch' ebbe de la morte. 4.72.5 Poi ch' ella fu di nuovo domandata 4.72.6 chi l' avea tratta a sì infelice sorte, 4.72.7 incominciò con umil voce a dire 4.72.8 quel ch' io vo' all' altro canto differire.
CANTO V
5.1.1 Tutti gli altri animai che sono in terra, 5.1.2 o che vivon quïeti e stanno in pace, 5.1.3 o se vengono a rissa e si fan guerra, 5.1.4 alla femina il maschio non la face: 5.1.5 l' orsa con l' orso al bosco sicura erra, 5.1.6 la leonessa appresso il leon giace; 5.1.7 col lupo vive la lupa sicura, 5.1.8 né la iuvenca ha del torel paura. 5.2.1 Ch' abominevol peste, che Megera 5.2.2 è venuta a turbar gli umani petti? 5.2.3 che si sente il marito e la mogliera 5.2.4 sempre garrir d' ingiurïosi detti, 5.2.5 stracciar la faccia e far livida e nera, 5.2.6 bagnar di pianto i genïali letti; 5.2.7 e non di pianto sol, ma alcuna volta 5.2.8 di sangue gli ha bagnati l' ira stolta. 5.3.1 Parmi non sol gran mal, ma che l' uom faccia 5.3.2 contra natura e sia di Dio ribello, 5.3.3 che s' induce a percuotere la faccia 5.3.4 di bella donna, o romperle un capello: 5.3.5 ma chi le dà veneno, o chi le caccia 5.3.6 l' alma del corpo con laccio o coltello, 5.3.7 ch' uomo sia quel non crederò in eterno, 5.3.8 ma in vista umana un spirto de l' inferno. 5.4.1 Cotali esser doveano i duoi ladroni 5.4.2 che Rinaldo cacciò da la donzella, 5.4.3 da lor condotta in quei scuri valloni 5.4.4 perché non se n' udisse più novella. 5.4.5 Io lasciai ch' ella render le cagioni 5.4.6 s' apparechiava di sua sorte fella 5.4.7 al paladin, che le fu buono amico: 5.4.8 or, seguendo l' istoria, così dico. 5.5.1 La donna incominciò: -- Tu intenderai 5.5.2 la maggior crudeltade e la più espressa, 5.5.3 ch' in Tebe o in Argo o ch' in Micene mai, 5.5.4 o in loco più crudel fosse commessa. 5.5.5 E se rotando il sole i chiari rai, 5.5.6 qui men ch' all' altre regïon s' appressa, 5.5.7 credo ch' a noi malvolentieri arrivi, 5.5.8 perché veder sì crudel gente schivi. 5.6.1 Ch' agli nemici gli uomini sien crudi, 5.6.2 in ogni età se n' è veduto esempio; 5.6.3 ma dar la morte a chi procuri e studi 5.6.4 il tuo ben sempre, è troppo ingiusto et empio. 5.6.5 E acciò che meglio il vero io ti denudi, 5.6.6 perché costor volessero far scempio 5.6.7 degli anni verdi miei contra ragione, 5.6.8 ti dirò da principio ogni cagione. 5.7.1 Voglio che sappi, signor mio, ch' essendo 5.7.2 tenera ancora, alli servigi venni 5.7.3 de la figlia del re, con cui crescendo, 5.7.4 buon luogo in corte et onorato tenni. 5.7.5 Crudele Amore, al mio stato invidendo, 5.7.6 fe' che seguace, ahi lassa! gli divenni: 5.7.7 fe' d' ogni cavallier, d' ogni donzello 5.7.8 parermi il duca d' Albania più bello. 5.8.1 Perché egli mostrò amarmi più che molto, 5.8.2 io ad amar lui con tutto il cor mi mossi. 5.8.3 Ben s' ode il ragionar, si vede il volto, 5.8.4 ma dentro il petto mal giudicar possi. 5.8.5 Credendo, amando, non cessai che tolto 5.8.6 l' ebbi nel letto, e non guardai ch' io fossi 5.8.7 di tutte le real camere in quella 5.8.8 che più secreta avea Ginevra bella; 5.9.1 dove tenea le sue cose più care, 5.9.2 e dove le più volte ella dormia. 5.9.3 Si può di quella in s' un verrone entrare, 5.9.4 che fuor del muro al discoperto uscìa. 5.9.5 Io facea il mio amator quivi montare; 5.9.6 e la scala di corde onde salia, 5.9.7 io stessa dal verron giù gli mandai 5.9.8 qual volta meco aver lo desïai: 5.10.1 che tante volte ve lo fei venire, 5.10.2 quanto Ginevra me ne diede l' agio, 5.10.3 che solea mutar letto, or per fuggire 5.10.4 il tempo ardente, or il brumal malvagio. 5.10.5 Non fu veduto d' alcun mai salire; 5.10.6 però che quella parte del palagio 5.10.7 risponde verso alcune case rotte, 5.10.8 dove nessun mai passa o giorno o notte. 5.11.1 Continuò per molti giorni e mesi 5.11.2 tra noi secreto l' amoroso gioco: 5.11.3 sempre crebbe l' amore; e sì m' accesi, 5.11.4 che tutta dentro io mi sentia di foco: 5.11.5 e cieca ne fui sì, ch' io non compresi 5.11.6 ch' egli fingeva molto, e amava poco; 5.11.7 ancor che li suo' inganni discoperti 5.11.8 esser doveanmi a mille segni certi. 5.12.1 Dopo alcun dì si mostrò nuovo amante 5.12.2 de la bella Ginevra. Io non so appunto 5.12.3 s' allora cominciasse, o pur inante 5.12.4 de l' amor mio, n' avesse il cor già punto. 5.12.5 Vedi s' in me venuto era arrogante, 5.12.6 s' imperio nel mio cor s' aveva assunto; 5.12.7 che mi scoperse, e non ebbe rossore 5.12.8 chiedermi aiuto in questo nuovo amore. 5.13.1 Ben mi dicea ch' uguale al mio non era, 5.13.2 né vero amor quel ch' egli avea a costei; 5.13.3 ma simulando esserne acceso, spera 5.13.4 celebrarne i legitimi imenei. 5.13.5 Dal re ottenerla fia cosa leggiera, 5.13.6 qualor vi sia la volontà di lei; 5.13.7 che di sangue e di stato in tutto il regno 5.13.8 non era, dopo il re, di lu' il più degno. 5.14.1 Mi persuade, se per opra mia 5.14.2 potesse al suo signor genero farsi 5.14.3 (che veder posso che se n' alzeria 5.14.4 a quanto presso al re possa uomo alzarsi), 5.14.5 che me n' avria bon merto, e non saria 5.14.6 mai tanto beneficio per scordarsi; 5.14.7 e ch' alla moglie e ch' ad ogn' altro inante 5.14.8 mi porrebbe egli in sempre essermi amante. 5.15.1 Io, ch' era tutta a satisfargli intenta, 5.15.2 né seppi o vòlsi contradirgli mai, 5.15.3 e sol quei giorni io mi vidi contenta, 5.15.4 ch' averlo compiaciuto mi trovai; 5.15.5 piglio l' occasïon che s' appresenta 5.15.6 di parlar d' esso e di lodarlo assai; 5.15.7 et ogni industria adopro, ogni fatica 5.15.8 per far del mio amator Ginevra amica. 5.16.1 Feci col core e con l' effetto tutto 5.16.2 quel che far si poteva, e sallo Idio; 5.16.3 né con Ginevra mai potei far frutto, 5.16.4 ch' io le ponessi in grazia il duca mio: 5.16.5 e questo, che ad amar ella avea indutto 5.16.6 tutto il pensiero e tutto il suo disio 5.16.7 un gentil cavallier, bello e cortese, 5.16.8 venuto in Scozia di lontan paese; 5.17.1 che con un suo fratel ben giovinetto 5.17.2 venne d' Italia a stare in questa corte; 5.17.3 si fe' ne l' arme poi tanto perfetto, 5.17.4 che la Bretagna non avea il più forte. 5.17.5 Il re l' amava, e ne mostrò l' effetto; 5.17.6 che gli donò di non picciola sorte 5.17.7 castella e ville e iuridizïoni, 5.17.8 e lo fe' grande al par dei gran baroni. 5.18.1 Grato era al re, più grato era alla figlia 5.18.2 quel cavallier chiamato Arïodante, 5.18.3 per esser valoroso a maraviglia; 5.18.4 ma più, ch' ella sapea che l' era amante. 5.18.5 Né Vesuvio, né il monte di Siciglia, 5.18.6 né Troia avampò mai di fiamme tante, 5.18.7 quante ella conoscea che per suo amore 5.18.8 Arïodante ardea per tutto il core. 5.19.1 L' amar che dunque ella facea colui 5.19.2 con cor sincero e con perfetta fede, 5.19.3 fe' che pel duca male udita fui; 5.19.4 né mai risposta da sperar mi diede: 5.19.5 anzi quanto io pregava più per lui 5.19.6 e gli studiava d' impetrar mercede, 5.19.7 ella, biasmandol sempre e dispregiando, 5.19.8 se gli venìa più sempre inimicando. 5.20.1 Io confortai l' amator mio sovente, 5.20.2 che volesse lasciar la vana impresa; 5.20.3 né si sperasse mai volger la mente 5.20.4 di costei, troppo ad altro amore intesa: 5.20.5 e gli feci conoscer chiaramente, 5.20.6 come era sì d' Arïodante accesa, 5.20.7 che quanta acqua è nel mar, piccola dramma 5.20.8 non spegneria de la sua immensa fiamma. 5.21.1 Questo da me più volte Polinesso 5.21.2 (che così nome ha il duca) avendo udito, 5.21.3 e ben compreso e visto per se stesso 5.21.4 che molto male era il suo amor gradito; 5.21.5 non pur di tanto amor si fu rimesso, 5.21.6 ma di vedersi un altro preferito, 5.21.7 come superbo, così mal sofferse, 5.21.8 che tutto in ira e in odio si converse. 5.22.1 E tra Ginevra e l' amator suo pensa 5.22.2 tanta discordia e tanta lite porre, 5.22.3 e farvi inimicizia così intensa, 5.22.4 che mai più non si possino comporre; 5.22.5 e por Ginevra in ignominia immensa 5.22.6 donde non s' abbia o viva o morta a tôrre: 5.22.7 né de l' iniquo suo disegno meco 5.22.8 vòlse, o con altri, ragionar che seco. 5.23.1 Fatto il pensier:" Dalinda mia, mi dice 5.23.2 (che così son nomata), saper déi, 5.23.3 che come suol tornar da la radice 5.23.4 arbor che tronchi e quattro volte e sei; 5.23.5 così la pertinacia mia infelice, 5.23.6 ben che sia tronca dai successi rei, 5.23.7 di germogliar non resta; che venire 5.23.8 pur vorria a fin di questo suo desire. 5.24.1 E non lo bramo tanto per diletto, 5.24.2 quanto perché vorrei vincer la pruova; 5.24.3 e non possendo farlo con effetto, 5.24.4 s' io lo fo imaginando, anco mi giuova. 5.24.5 Voglio, qual volta tu mi dài ricetto, 5.24.6 quando allora Ginevra si ritruova 5.24.7 nuda nel letto, che pigli ogni vesta 5.24.8 ch' ella posta abbia, e tutta te ne vesta. 5.25.1 Come ella s' orna e come il crin dispone 5.25.2 studia imitarla, e cerca il più che sai 5.25.3 di parer dessa, e poi sopra il verrone 5.25.4 a mandar giù la scala ne verrai. 5.25.5 Io verrò a te con imaginazione 5.25.6 che quella sii, di cui tu i panni avrai: 5.25.7 e così spero, me stesso ingannando, 5.25.8 venir in breve il mio desir sciemando". 5.26.1 Così disse egli. Io che divisa e sevra 5.26.2 e lungi era da me, non posi mente 5.26.3 che questo in che pregando egli persevra, 5.26.4 era una fraude pur troppo evidente; 5.26.5 e dal verron, coi panni di Ginevra, 5.26.6 mandai la scala onde salì sovente; 5.26.7 e non m' accorsi prima de l' inganno, 5.26.8 che n' era già tutto accaduto il danno. 5.27.1 Fatto in quel tempo con Arïodante 5.27.2 il duca avea queste parole o tali 5.27.3 (che grandi amici erano stati inante 5.27.4 che per Ginevra si fesson rivali): 5.27.5 " Mi maraviglio (incominciò il mio amante) 5.27.6 ch' avendoti io fra tutti li mie' uguali 5.27.7 sempre avuto il rispetto e sempre amato, 5.27.8 ch' io sia da te sì mal rimunerato. 5.28.1 Io son ben certo che comprendi e sai 5.28.2 di Ginevra e di me l' antiquo amore; 5.28.3 e per sposa legitima oggimai 5.28.4 per impetrarla son dal mio signore. 5.28.5 Perché mi turbi tu? perché pur vai 5.28.6 senza frutto in costei ponendo il core? 5.28.7 Io ben a te rispetto avrei, per Dio, 5.28.8 s' io nel tuo grado fossi, e tu nel mio". 5.29.1 " Et io (rispose Arïodante a lui) 5.29.2 di te mi maraviglio maggiormente; 5.29.3 che di lei prima inamorato fui, 5.29.4 che tu l' avessi vista solamente: 5.29.5 e so che sai quanto è l' amor tra nui, 5.29.6 ch' esser non può, di quel che sia, più ardente; 5.29.7 e sol d' essermi moglie intende e brama: 5.29.8 e so che certo sai ch' ella non t' ama. 5.30.1 Perché non hai tu dunque a me il rispetto 5.30.2 per l' amicizia nostra, che domande 5.30.3 ch' a te aver debba, e ch' io t' avre' in effetto, 5.30.4 se tu fossi con lei di me più grande? 5.30.5 Né men di te per moglie averla aspetto, 5.30.6 se ben tu sei più ricco in queste bande: 5.30.7 io non son meno al re, che tu sia, grato, 5.30.8 ma più di te da la sua figlia amato". 5.31.1 " Oh (disse il duca a lui), grande è cotesto 5.31.2 errore a che t' ha il folle amor condutto! 5.31.3 Tu credi esser più amato; io credo questo 5.31.4 medesmo: ma si può vedere al frutto. 5.31.5 Tu fammi ciò c' hai seco, manifesto, 5.31.6 et io il secreto mio t' aprirò tutto; 5.31.7 e quel di noi che manco aver si veggia, 5.31.8 ceda a chi vince, e d' altro si proveggia. 5.32.1 E sarò pronto se tu vuoi ch' io giuri 5.32.2 di non dir cosa mai che mi riveli: 5.32.3 così voglio ch' ancor tu m' assicuri 5.32.4 che quel ch' io ti dirò, sempre mi celi". 5.32.5 Venner dunque d' accordo alli scongiuri, 5.32.6 e posero le man sugli Evangeli: 5.32.7 e poi che di tacer fede si diero, 5.32.8 Arïodante incominciò primiero. 5.33.1 E disse per lo giusto e per lo dritto 5.33.2 come tra sé e Ginevra era la cosa; 5.33.3 ch' ella gli avea giurato e a bocca e in scritto, 5.33.4 che mai non saria ad altri, ch' a-llui, sposa; 5.33.5 e se dal re le venìa contraditto, 5.33.6 gli promettea di sempre esser ritrosa 5.33.7 da tutti gli altri maritaggi poi, 5.33.8 e viver sola in tutti i giorni suoi: 5.34.1 e ch' esso era in speranza, pel valore 5.34.2 ch' avea mostrato in arme a più d' un segno, 5.34.3 et era per mostrare a laude, a onore, 5.34.4 a beneficio del re e del suo regno, 5.34.5 di crescer tanto in grazia al suo signore, 5.34.6 che sarebbe da lui stimato degno 5.34.7 che la figliuola sua per moglie avesse, 5.34.8 poi che piacer a lei così intendesse. 5.35.1 Poi disse:" A questo termine son io, 5.35.2 né credo già ch' alcun mi venga appresso: 5.35.3 né cerco più di questo, né desio 5.35.4 de l' amor d' essa aver segno più espresso; 5.35.5 né più vorrei, se non quanto da Dio 5.35.6 per connubio legitimo è concesso: 5.35.7 e saria invano il domandar più inanzi; 5.35.8 che di bontà so come ogn' altra avanzi". 5.36.1 Poi ch' ebbe il vero Arïodante esposto 5.36.2 de la mercé ch' aspetta a sua fatica, 5.36.3 Polinesso, che già s' avea proposto 5.36.4 di far Ginevra al suo amator nemica, 5.36.5 cominciò:" Sei da me molto discosto, 5.36.6 e vo' che di tua bocca anco tu 'l dica; 5.36.7 e del mio ben veduta la radice, 5.36.8 che confessi me solo esser felice. 5.37.1 Finge ella teco, né t' ama né prezza; 5.37.2 che ti pasce di speme e di parole: 5.37.3 oltra questo, il tuo amor sempre a sciochezza, 5.37.4 quando meco ragiona, imputar suole. 5.37.5 Io ben d' esserle caro altra certezza 5.37.6 veduta n' ho, che di promesse e fole; 5.37.7 e tel dirò sotto la fé in secreto, 5.37.8 ben che farei più il debito a star cheto. 5.38.1 Non passa mese, che tre, quattro e sei 5.38.2 e talor diece notti, io non mi truovi 5.38.3 nudo abbracciato in quel piacer con lei, 5.38.4 ch' all' amoroso ardor par che sì giovi: 5.38.5 sì che tu puoi veder s' a' piacer miei 5.38.6 son d' aguagliar le ciance che tu pruovi. 5.38.7 Cedimi dunque, e d' altro ti provedi, 5.38.8 poi che sì inferïor di me ti vedi". 5.39.1 " Non ti vo' creder questo (gli rispose 5.39.2 Arïodante), e certo so che menti; 5.39.3 e composto fra te t' hai queste cose 5.39.4 acciò che da l' impresa io mi spaventi: 5.39.5 ma perché a lei son troppo ingiurïose, 5.39.6 questo c' hai detto sostener convienti; 5.39.7 che non bugiardo sol, ma voglio ancora 5.39.8 che tu sei traditor mostrarti or ora". 5.40.1 Suggiunse il duca:" Non sarebbe onesto 5.40.2 che noi volessen la battaglia tôrre 5.40.3 di quel che t' offerisco manifesto, 5.40.4 quando ti piaccia, inanzi agli occhi porre". 5.40.5 Resta smarrito Arïodante a questo, 5.40.6 e per l' ossa un tremor freddo gli scorre; 5.40.7 e se creduto ben gli avesse a pieno, 5.40.8 venìa sua vita allora allora meno. 5.41.1 Con cor trafitto e con pallida faccia, 5.41.2 e con voce tremante e bocca amara 5.41.3 rispose:" Quando sia che tu mi faccia 5.41.4 veder questa aventura tua sì rara, 5.41.5 prometto di costei lasciar la traccia, 5.41.6 a te sì liberale, a me sì avara: 5.41.7 ma ch' io tel voglia creder, non far stima, 5.41.8 s' io non lo veggio con questi occhi prima". 5.42.1 " Quando ne sarà il tempo, avisarotti", 5.42.2 suggiunse Polinesso, e dipartisse. 5.42.3 Non credo che passâr più di due notti, 5.42.4 ch' ordine fu che 'l duca a me venisse. 5.42.5 Per scoccar dunque i lacci che condotti 5.42.6 avea sì cheti, andò al rivale, e disse 5.42.7 che s' ascondesse la notte seguente 5.42.8 tra quelle case ove non sta mai gente: 5.43.1 e dimostrògli un luogo a dirimpetto 5.43.2 di quel verrone ove solea salire. 5.43.3 Arïodante avea preso sospetto 5.43.4 che lo cercasse far quivi venire, 5.43.5 come in un luogo dove avesse eletto 5.43.6 di por gli aguati, e farvelo morire, 5.43.7 sotto questa finzion, che vuol mostrargli 5.43.8 quel di Ginevra, ch' impossibil pargli. 5.44.1 Di volervi venir prese partito, 5.44.2 ma in guisa che di lui non sia men forte; 5.44.3 perché accadendo che fosse assalito, 5.44.4 si truovi sì, che non tema di morte. 5.44.5 Un suo fratello avea saggio et ardito, 5.44.6 il più famoso in arme de la corte, 5.44.7 detto Lurcanio; e avea più cor con esso, 5.44.8 che se dieci altri avesse avuto appresso. 5.45.1 Seco chiamollo, e vòlse che prendesse 5.45.2 l' arme; e la notte lo menò con lui: 5.45.3 non che 'l secreto suo già gli dicesse; 5.45.4 né l' avria detto ad esso né ad altrui. 5.45.5 Da sé lontano un trar di pietra il messe: 5.45.6 " Se mi senti chiamar, vien (disse) a nui; 5.45.7 ma se non senti, prima ch' io ti chiami, 5.45.8 non ti partir di qui, frate, se m' ami". 5.46.1 " Va pur, non dubitar", disse il fratello: 5.46.2 e così venne Arïodante cheto, 5.46.3 e si celò nel solitario ostello 5.46.4 ch' era d' incontro al mio verron secreto. 5.46.5 Vien d' altra parte il fraudolente e fello, 5.46.6 che d' infamar Ginevra era sì lieto; 5.46.7 e fa il segno, tra noi solito inante, 5.46.8 a me che de l' inganno era ignorante. 5.47.1 Et io con veste candida, e fregiata 5.47.2 per mezzo a liste d' oro e d' ogn' intorno, 5.47.3 e con rete pur d' or, tutta adombrata 5.47.4 di bei fiocchi vermigli al capo intorno 5.47.5 (foggia che sol fu da Ginevra usata, 5.47.6 non d' alcun' altra), udito il segno, torno 5.47.7 sopra il verron, ch' in modo era locato, 5.47.8 che mi scopria dinanzi e d' ogni lato. 5.48.1 Lurcanio in questo mezzo dubitando 5.48.2 che 'l fratello a pericolo non vada, 5.48.3 o come è pur commun disio, cercando 5.48.4 di spïar sempre ciò che ad altri accada; 5.48.5 l' era pian pian venuto seguitando, 5.48.6 tenendo l' ombre e la più oscura strada: 5.48.7 e a men di dieci passi a lui discosto, 5.48.8 nel medesimo ostel s' era riposto. 5.49.1 Non sappiendo io di questo cosa alcuna, 5.49.2 venni al verron ne l' abito c' ho detto, 5.49.3 sì come già venuta era più d' una 5.49.4 e più di due fïate a buono effetto. 5.49.5 Le veste si vedean chiare alla luna; 5.49.6 né dissimile essendo anch' io d' aspetto 5.49.7 né di persona da Ginevra molto, 5.49.8 fece parere un per un altro il volto: 5.50.1 e tanto più, ch' era gran spazio in mezzo 5.50.2 fra dove io venni e quelle inculte case, 5.50.3 ai dui fratelli, che stavano al rezzo, 5.50.4 il duca agevolmente persuase 5.50.5 quel ch' era falso. Or pensa in che ribrezzo 5.50.6 Arïodante, in che dolor rimase. 5.50.7 Vien Polinesso, e alla scala s' appoggia 5.50.8 che giù manda'gli, e monta in su la loggia. 5.51.1 A prima giunta io gli getto le braccia 5.51.2 al collo, ch' io non penso esser veduta; 5.51.3 lo bacio in bocca e per tutta la faccia, 5.51.4 come far soglio ad ogni sua venuta. 5.51.5 Egli più de l' usato si procaccia 5.51.6 d' accarezzarmi, e la sua fraude aiuta. 5.51.7 Quell' altro al rio spettacolo condutto, 5.51.8 misero sta lontano, e vede il tutto. 5.52.1 Cade in tanto dolor, che si dispone 5.52.2 allora allora di voler morire: 5.52.3 e il pome de la spada in terra pone; 5.52.4 che su la punta si volea ferire. 5.52.5 Lurcanio che con grande ammirazione 5.52.6 avea veduto il duca a me salire, 5.52.7 ma non già conosciuto chi si fosse, 5.52.8 scorgendo l' atto del fratel, si mosse; 5.53.1 e gli vietò che con la propria mano 5.53.2 non si passasse in quel furore il petto. 5.53.3 S' era più tardo o poco più lontano, 5.53.4 non giugnea a tempo, e non faceva effetto. 5.53.5 " Ah misero fratel, fratello insano 5.53.6 (gridò), perc' hai perduto l' intelletto, 5.53.7 ch' una femina a morte trar ti debbia? 5.53.8 Ch' ir possan tutte come al vento nebbia! 5.54.1 Cerca far morir lei, che morir merta, 5.54.2 e serva a più tuo onor tu la tua morte. 5.54.3 Fu d' amar lei, quando non t' era aperta 5.54.4 la fraude sua: or è da odiar ben forte, 5.54.5 poi che con gli occhi tuoi tu vedi certa, 5.54.6 quanto sia meretrice, e di che sorte. 5.54.7 Serba quest' arme che volti in te stesso, 5.54.8 a far dinanzi al re tal fallo espresso". 5.55.1 Quando si vede Arïodante giunto 5.55.2 sopra il fratel, la dura impresa lascia; 5.55.3 ma la sua intenzïon da quel ch' assunto 5.55.4 avea già di morir, poco s' accascia. 5.55.5 Quindi si leva, e porta non che punto, 5.55.6 ma trapassato il cor d' estrema ambascia; 5.55.7 pur finge col fratel, che quel furore 5.55.8 non abbia più, che dianzi avea nel core. 5.56.1 Il seguente matin, senza far motto 5.56.2 al suo fratello o ad altri, in via si messe 5.56.3 da la mortal disperazion condotto; 5.56.4 né di lui per più dì fu chi sapesse. 5.56.5 Fuor che 'l duca e il fratello, ogn' altro indòtto 5.56.6 era chi mosso al dipartir l' avesse. 5.56.7 Ne la casa del re di lui diversi 5.56.8 ragionamenti e in tutta Scozia fêrsi. 5.57.1 In capo d' otto o di più giorni in corte 5.57.2 venne inanzi a Ginevra un vïandante, 5.57.3 e novelle arrecò di mala sorte: 5.57.4 che s' era in mar summerso Arïodante 5.57.5 di volontaria sua libera morte, 5.57.6 non per colpa di borea o di levante. 5.57.7 D' un sasso che sul mar sporgea molt' alto 5.57.8 avea col capo in giù preso un gran salto. 5.58.1 Colui dicea:" Pria che venisse a questo, 5.58.2 a me che a caso riscontrò per via, 5.58.3 disse:" Vien meco, acciò che manifesto 5.58.4 per te a Ginevra il mio successo sia; 5.58.5 e dille poi, che la cagion del resto 5.58.6 che tu vedrai di me, ch' or ora fia, 5.58.7 è stato sol perc' ho troppo veduto: 5.58.8 felice, se senza occhi io fossi suto!" 5.59.1 Eramo a caso sopra Capobasso, 5.59.2 che verso Irlanda alquanto sporge in mare. 5.59.3 Così dicendo, di cima d' un sasso 5.59.4 lo vidi a capo in giù sott' acqua andare. 5.59.5 Io lo lasciai nel mare, et a gran passo 5.59.6 ti son venuto la nuova a portare". 5.59.7 Ginevra, sbigottita e in viso smorta, 5.59.8 rimase a quello annunzio mezza morta. 5.60.1 Oh Dio, che disse e fece, poi che sola 5.60.2 si ritrovò nel suo fidato letto! 5.60.3 Percosse il seno, e si stracciò la stola, 5.60.4 e fece all' aureo crin danno e dispetto, 5.60.5 ripetendo sovente la parola 5.60.6 ch' Arïodante avea in estremo detto: 5.60.7 che la cagion del suo caso empio e tristo 5.60.8 tutta venìa per aver troppo visto. 5.61.1 Il rumor scorse di costui per tutto, 5.61.2 che per dolor s' avea dato la morte. 5.61.3 Di questo il re non tenne il viso asciutto, 5.61.4 né cavallier né donna de la corte. 5.61.5 Di tutti il suo fratel mostrò più lutto; 5.61.6 e si sommerse nel dolor sì forte, 5.61.7 ch' ad essempio di lui, contra se stesso 5.61.8 voltò quasi la man per irgli appresso. 5.62.1 E molte volte ripetendo seco, 5.62.2 che fu Ginevra che 'l fratel gli estinse, 5.62.3 e che non fu se non quell' atto bieco 5.62.4 che di lei vide, ch' a morir lo spinse; 5.62.5 di voler vendicarsene sì cieco 5.62.6 venne, e sì l' ira e sì il dolor lo vinse, 5.62.7 che di perder la grazia vilipese, 5.62.8 et aver l' odio del re e del paese. 5.63.1 E inanzi al re, quando era più di gente 5.63.2 la sala piena, se ne venne, e disse: 5.63.3 " Sappi, signor, che di levar la mente 5.63.4 al mio fratel, sì ch' a morir ne gisse, 5.63.5 stata è la figlia tua sola nocente; 5.63.6 ch' a lui tanto dolor l' alma traffisse 5.63.7 d' aver veduta lei poco pudica, 5.63.8 che più che vita ebbe la morte amica. 5.64.1 Erane amante, e perché le sue voglie 5.64.2 disoneste non fur, nol vo' coprire: 5.64.3 per virtù meritarla aver per moglie 5.64.4 da te sperava, e per fedel servire; 5.64.5 ma mentre il lasso ad odorar le foglie 5.64.6 stava lontano, altrui vide salire, 5.64.7 salir su l' arbor riserbato, e tutto 5.64.8 essergli tolto il disïato frutto". 5.65.1 E seguitò, come egli avea veduto 5.65.2 venir Ginevra sul verrone, e come 5.65.3 mandò la scala, onde era a lei venuto 5.65.4 un drudo suo, di chi egli non sa il nome, 5.65.5 che s' avea, per non esser conosciuto, 5.65.6 cambiati i panni e nascose le chiome. 5.65.7 Suggiunse che con l' arme egli volea 5.65.8 provar tutto esser ver ciò che dicea. 5.66.1 Tu puoi pensar se 'l padre addolorato 5.66.2 riman, quando accusar sente la figlia; 5.66.3 sì perché ode di lei quel che pensato 5.66.4 mai non avrebbe, e n' ha gran maraviglia; 5.66.5 sì perché sa che fia necessitato 5.66.6 (se la difesa alcun guerrier non piglia, 5.66.7 il qual Lurcanio possa far mentire) 5.66.8 di condannarla e di farla morire. 5.67.1 Io non credo, signor, che ti sia nuova 5.67.2 la legge nostra che condanna a morte 5.67.3 ogni donna e donzella, che si pruova 5.67.4 di sé far copia altrui ch' al suo consorte. 5.67.5 Morta ne vien, s' in un mese non truova 5.67.6 in sua difesa un cavallier sì forte, 5.67.7 che contra il falso accusator sostegna 5.67.8 che sia innocente e di morire indegna. 5.68.1 Ha fatto il re bandir, per liberarla 5.68.2 (che pur gli par ch' a torto sia accusata), 5.68.3 che vuol per moglie e con gran dote darla 5.68.4 a chi torrà l' infamia che l' è data. 5.68.5 Chi per lei comparisca non si parla 5.68.6 guerriero ancora, anzi l' un l' altro guata; 5.68.7 che quel Lurcanio in arme è così fiero, 5.68.8 che par che di lui tema ogni guerriero. 5.69.1 Atteso ha l' empia sorte, che Zerbino, 5.69.2 fratel di lei, nel regno non si truove; 5.69.3 che va già molti mesi peregrino, 5.69.4 mostrando di sé in arme inclite pruove: 5.69.5 che quando si trovasse più vicino 5.69.6 quel cavallier gagliardo, o in luogo dove 5.69.7 potesse avere a tempo la novella, 5.69.8 non mancheria d' aiuto alla sorella. 5.70.1 Il re, ch' intanto cerca di sapere 5.70.2 per altra pruova, che per arme, ancora, 5.70.3 se sono queste accuse o false o vere, 5.70.4 se dritto o torto è che sua figlia mora; 5.70.5 ha fatto prender certe cameriere 5.70.6 che lo dovrian saper, se vero fôra: 5.70.7 ond' io previdi, che se presa era io, 5.70.8 troppo periglio era del duca e mio. 5.71.1 E la notte medesima mi trassi 5.71.2 fuor de la corte, e al duca mi condussi; 5.71.3 e gli feci veder quanto importassi 5.71.4 al capo d' amendua, se presa io fussi. 5.71.5 Lodommi, e disse ch' io non dubitassi: 5.71.6 a' suoi conforti poi venir m' indussi 5.71.7 ad una sua fortezza ch' è qui presso, 5.71.8 in compagnia di dui che mi diede esso. 5.72.1 Hai sentito, signor, con quanti effetti 5.72.2 de l' amor mio fei Polinesso certo; 5.72.3 e s' era debitor per tai rispetti 5.72.4 d' avermi cara o no, tu 'l vedi aperto. 5.72.5 Or senti il guidardon che io ricevetti, 5.72.6 vedi la gran mercé del mio gran merto; 5.72.7 vedi se deve, per amare assai, 5.72.8 donna sperar d' essere amata mai: 5.73.1 che questo ingrato, perfido e crudele, 5.73.2 de la mia fede ha preso dubbio al fine: 5.73.3 venuto è in sospizion ch' io non rivele 5.73.4 al lungo andar le fraudi sue volpine. 5.73.5 Ha finto, acciò che m' allontane e cele 5.73.6 fin che l' ira e il furor del re decline, 5.73.7 voler mandarmi ad un suo luogo forte; 5.73.8 e mi volea mandar dritto alla morte: 5.74.1 che di secreto ha commesso alla guida, 5.74.2 che come m' abbia in queste selve tratta, 5.74.3 per degno premio di mia fé m' uccida. 5.74.4 Così l' intenzïon gli venìa fatta, 5.74.5 se tu non eri appresso alle mie grida. 5.74.6 Ve' come Amor ben chi lui segue, tratta! -- 5.74.7 Così narrò Dalinda al paladino, 5.74.8 seguendo tuttavolta il lor camino. 5.75.1 A cui fu sopra ogn' aventura, grata 5.75.2 questa, d' aver trovata la donzella, 5.75.3 che gli avea tutta l' istoria narrata 5.75.4 de l' innocenzia di Ginevra bella. 5.75.5 E se sperato avea, quando accusata 5.75.6 ancor fosse a ragion, d' aiutar quella, 5.75.7 via con maggior baldanza or viene in prova, 5.75.8 poi che evidente la calunnia truova. 5.76.1 E verso la città di Santo Andrea, 5.76.2 dove era il re con tutta la famiglia, 5.76.3 e la battaglia singular dovea 5.76.4 esser de la querela de la figlia, 5.76.5 andò Rinaldo quanto andar potea, 5.76.6 fin che vicino giunse a poche miglia; 5.76.7 alla città vicino giunse, dove 5.76.8 trovò un scudier ch' avea più fresche nuove: 5.77.1 ch' un cavallier istrano era venuto, 5.77.2 ch' a difender Ginevra s' avea tolto, 5.77.3 con non usate insegne, e sconosciuto, 5.77.4 però che sempre ascoso andava molto; 5.77.5 e che dopo che v' era, ancor veduto 5.77.6 non gli avea alcuno al discoperto il volto; 5.77.7 e che 'l proprio scudier che gli servia 5.77.8 dicea giurando: -- Io non so dir chi sia. -- 5.78.1 Non cavalcaro molto, ch' alle mura 5.78.2 si trovâr de la terra e in su la porta. 5.78.3 Dalinda andar più inanzi avea paura; 5.78.4 pur va, poi che Rinaldo la conforta. 5.78.5 La porta è chiusa, et a chi n' avea cura 5.78.6 Rinaldo domandò: -- Questo ch' importa? -- 5.78.7 E fugli detto: perché 'l popul tutto 5.78.8 a veder la battaglia era ridutto, 5.79.1 che tra Lurcanio e un cavallier istrano 5.79.2 si fa ne l' altro capo de la terra, 5.79.3 ove era un prato spazïoso e piano; 5.79.4 e che già cominciata hanno la guerra. 5.79.5 Aperto fu al signor di Montealbano, 5.79.6 e tosto il portinar dietro gli serra. 5.79.7 Per la vòta città Rinaldo passa; 5.79.8 ma la donzella al primo albergo lassa: 5.80.1 e dice che sicura ivi si stia 5.80.2 fin che ritorni a-llei, che sarà tosto; 5.80.3 e verso il campo poi ratto s' invia, 5.80.4 dove li dui guerrier dato e risposto 5.80.5 molto s' aveano e davan tuttavia. 5.80.6 Stava Lurcanio di mal cor disposto 5.80.7 contra Ginevra; e l' altro in sua difesa 5.80.8 ben sostenea la favorita impresa. 5.81.1 Sei cavallier con lor ne lo steccato 5.81.2 erano a piedi, armati di corazza, 5.81.3 col duca d' Albania, ch' era montato 5.81.4 s' un possente corsier di buona razza. 5.81.5 Come a gran contestabile, a lui dato 5.81.6 la guardia fu del campo e de la piazza: 5.81.7 e di veder Ginevra in gran periglio 5.81.8 avea il cor lieto, et orgoglioso il ciglio. 5.82.1 Rinaldo se ne va tra gente e gente; 5.82.2 fassi far largo il buon destrier Baiardo: 5.82.3 chi la tempesta del suo venir sente, 5.82.4 a dargli via non par zoppo né tardo. 5.82.5 Rinaldo vi compar sopra eminente, 5.82.6 e ben rassembra il fior d' ogni gagliardo; 5.82.7 poi si ferma all' incontro ove il re siede: 5.82.8 ognun s' accosta per udir che chiede. 5.83.1 Rinaldo disse al re: -- Magno signore, 5.83.2 non lasciar la battaglia più seguire; 5.83.3 perché di questi dua qualunche more, 5.83.4 sappi ch' a torto tu 'l lasci morire. 5.83.5 L' un crede aver ragione, et è in errore, 5.83.6 e dice il falso, e non sa di mentire; 5.83.7 ma quel medesmo error che 'l suo germano 5.83.8 a morir trasse, a lui pon l' arme in mano. 5.84.1 L' altro non sa se s' abbia dritto o torto; 5.84.2 ma sol per gentilezza e per bontade 5.84.3 in pericol si è posto d' esser morto, 5.84.4 per non lasciar morir tanta beltade. 5.84.5 Io la salute all' innocenzia porto; 5.84.6 porto il contrario a chi usa falsitade. 5.84.7 Ma, per Dio, questa pugna prima parti, 5.84.8 poi mi dà audienza a quel ch' io vo' narrarti. -- 5.85.1 Fu da l' autorità d' un uom sì degno, 5.85.2 come Rinaldo gli parea al sembiante, 5.85.3 sì mosso il re, che disse e fece segno 5.85.4 che non andasse più la pugna inante; 5.85.5 al quale insieme et ai baron del regno 5.85.6 e ai cavallieri e all' altre turbe tante 5.85.7 Rinaldo fe' l' inganno tutto espresso, 5.85.8 ch' avea ordito a Ginevra Polinesso. 5.86.1 Indi s' offerse di voler provare 5.86.2 coll' arme, ch' era ver quel ch' avea detto. 5.86.3 Chiamasi Polinesso; et ei compare, 5.86.4 ma tutto conturbato ne l' aspetto: 5.86.5 pur con audacia cominciò a negare. 5.86.6 Disse Rinaldo: -- Or noi vedrem l' effetto. -- 5.86.7 L' uno e l' altro era armato, il campo fatto, 5.86.8 sì che senza indugiar vengono al fatto. 5.87.1 Oh quanto ha il re, quanto ha il suo popul caro 5.87.2 che Ginevra aprovar s' abbi innocente! 5.87.3 Tutti han speranza che Dio mostri chiaro 5.87.4 ch' impudica era detta ingiustamente. 5.87.5 Crudel, superbo e riputato avaro 5.87.6 fu Polinesso, iniquo e fraudolente; 5.87.7 sì che ad alcun miracolo non fia, 5.87.8 che l' inganno da lui tramato sia. 5.88.1 Sta Polinesso con la faccia mesta, 5.88.2 col cor tremante e con pallida guancia; 5.88.3 e al terzo suon mette la lancia in resta. 5.88.4 Così Rinaldo inverso lui si lancia, 5.88.5 che disïoso di finir la festa, 5.88.6 mira a passargli il petto con la lancia: 5.88.7 né discorde al disir seguì l' effetto; 5.88.8 che mezza l' asta gli cacciò nel petto. 5.89.1 Fisso nel tronco lo transporta in terra, 5.89.2 lontan dal suo destrier più di sei braccia. 5.89.3 Rinaldo smonta subito, e gli afferra 5.89.4 l' elmo, pria che si levi, e gli lo slaccia: 5.89.5 ma quel, che non può far più troppa guerra, 5.89.6 gli domanda mercé con umil faccia, 5.89.7 e gli confessa, udendo il re e la corte, 5.89.8 la fraude sua che l' ha condutto a morte. 5.90.1 Non finì il tutto, e in mezzo la parola 5.90.2 e la voce e la vita l' abandona. 5.90.3 Il re, che liberata la figliuola 5.90.4 vede da morte e da fama non buona, 5.90.5 più s' allegra, gioisce e raconsola, 5.90.6 che, s' avendo perduta la corona, 5.90.7 ripor se la vedesse allora allora; 5.90.8 sì che Rinaldo unicamente onora. 5.91.1 E poi ch' al trar de l' elmo conosciuto 5.91.2 l' ebbe, perch' altre volte l' avea visto, 5.91.3 levò le mani a Dio, che d' un aiuto 5.91.4 come era quel, gli avea sì ben provisto. 5.91.5 Quell' altro cavallier che, sconosciuto, 5.91.6 soccorso avea Ginevra al caso tristo, 5.91.7 et armato per lei s' era condutto, 5.91.8 stato da parte era a vedere il tutto. 5.92.1 Dal re pregato fu di dire il nome, 5.92.2 o di lasciarsi almen veder scoperto, 5.92.3 acciò da lui fosse premiato, come 5.92.4 di sua buona intenzion chiedeva il merto. 5.92.5 Quel, dopo lunghi preghi, da le chiome 5.92.6 si levò l' elmo, e fe' palese e certo 5.92.7 quel che ne l' altro canto ho da seguire, 5.92.8 se grata vi sarà l' istoria udire.
CANTO VI
6.1.1 Miser chi mal oprando si confida 6.1.2 ch' ognor star debbia il maleficio occulto; 6.1.3 che quando ogn' altro taccia, intorno grida 6.1.4 l' aria e la terra istessa in ch' è sepulto: 6.1.5 e Dio fa spesso che 'l peccato guida 6.1.6 il peccator, poi ch' alcun dì gli ha indulto, 6.1.7 che se medesmo, senza altrui richiesta, 6.1.8 innavedutamente manifesta. 6.2.1 Avea creduto il miser Polinesso 6.2.2 totalmente il delitto suo coprire, 6.2.3 Dalinda consapevole d' appresso 6.2.4 levandosi, che sola il potea dire: 6.2.5 e aggiungendo il secondo al primo eccesso, 6.2.6 affrettò il mal che potea differire, 6.2.7 e potea differire e schivar forse; 6.2.8 ma se stesso spronando, a morir corse: 6.3.1 e perdé amici a un tempo e vita e stato, 6.3.2 e onor, che fu molto più grave danno. 6.3.3 Dissi di sopra, che fu assai pregato 6.3.4 il cavallier, ch' ancor chi sia non sanno. 6.3.5 Al fin si trasse l' elmo, e 'l viso amato 6.3.6 scoperse, che più volte veduto hanno: 6.3.7 e dimostrò come era Arïodante, 6.3.8 per tutta Scozia lacrimato inante; 6.4.1 Arïodante, che Ginevra pianto 6.4.2 avea per morto, e 'l fratel pianto avea, 6.4.3 il re, la corte, il popul tutto quanto: 6.4.4 di tal bontà, di tal valor splendea. 6.4.5 Adunque il peregrin mentir di quanto 6.4.6 dianzi di lui narrò, quivi apparea; 6.4.7 e fu pur ver che dal sasso marino 6.4.8 gittarsi in mar lo vide a capo chino. 6.5.1 Ma (come aviene a un disperato spesso, 6.5.2 che da lontan brama e disia la morte, 6.5.3 e l' odia poi che se la vede appresso, 6.5.4 tanto gli pare il passo acerbo e forte) 6.5.5 Arïodante, poi ch' in mar fu messo, 6.5.6 si pentì di morire; e come forte 6.5.7 e come destro e più d' ogn' altro ardito, 6.5.8 si messe a nuoto e ritornossi al lito; 6.6.1 e dispregiando e nominando folle 6.6.2 il desir ch' ebbe di lasciar la vita, 6.6.3 si messe a caminar bagnato e molle, 6.6.4 e capitò all' ostel d' un eremita. 6.6.5 Quivi secretamente indugiar volle 6.6.6 tanto, che la novella avesse udita, 6.6.7 se del caso Ginevra s' allegrasse, 6.6.8 o pur mesta e pietosa ne restasse. 6.7.1 Intese prima, che per gran dolore 6.7.2 ella era stata a rischio di morire 6.7.3 (la fama andò di questo in modo fuore, 6.7.4 che ne fu in tutta l' isola che dire): 6.7.5 contrario effetto a quel che per errore 6.7.6 credea aver visto con suo gran martìre. 6.7.7 Intese poi, come Lurcanio avea 6.7.8 fatta Ginevra appresso il padre rea. 6.8.1 Contra il fratel d' ira minor non arse, 6.8.2 che per Ginevra già d' amore ardesse; 6.8.3 che troppo empio e crudele atto gli parse, 6.8.4 ancora che per lui fatto l' avesse. 6.8.5 Sentendo poi, che per lei non comparse 6.8.6 cavallier che difender la volesse 6.8.7 (che Lurcanio sì forte era e gagliardo, 6.8.8 ch' ognun d' andargli contra avea riguardo; 6.9.1 e chi n' avea notizia, il riputava 6.9.2 tanto discreto, e sì saggio et accorto, 6.9.3 che se non fosse ver quel che narrava, 6.9.4 non si porrebbe a rischio d' esser morto; 6.9.5 per questo la più parte dubitava 6.9.6 di non pigliar questa difesa a torto); 6.9.7 Arïodante, dopo gran discorsi, 6.9.8 pensò all' accusa del fratello opporsi. 6.10.1 -- Ah lasso! io non potrei (seco dicea) 6.10.2 sentir per mia cagion perir costei: 6.10.3 troppo mia morte fôra acerba e rea, 6.10.4 se inanzi a me morir vedessi lei. 6.10.5 Ella è pur la mia donna e la mia dea, 6.10.6 questa è la luce pur degli occhi miei: 6.10.7 convien ch' a dritto e a torto, per suo scampo 6.10.8 pigli l' impresa, e resti morto in campo. 6.11.1 So ch' io m' appiglio al torto; e al torto sia: 6.11.2 e ne morrò; né questo mi sconforta, 6.11.3 se non ch' io so che per la morte mia 6.11.4 sì bella donna ha da restar poi morta. 6.11.5 Un sol conforto nel morir mi fia, 6.11.6 che, se 'l suo Polinesso amor le porta, 6.11.7 chiaramente veder avrà potuto 6.11.8 che non s' è mosso ancor per darle aiuto; 6.12.1 e me, che tanto espressamente ha offeso, 6.12.2 vedrà, per lei salvare, a morir giunto. 6.12.3 Di mio fratello insieme, il quale acceso 6.12.4 tanto fuoco ha, vendicherommi a un punto; 6.12.5 ch' io lo farò doler, poi che compreso 6.12.6 il fine avrà del suo crudele assunto: 6.12.7 creduto vendicar avrà il germano, 6.12.8 e gli avrà dato morte di sua mano. -- 6.13.1 Concluso ch' ebbe questo nel pensiero, 6.13.2 nuove arme ritrovò, nuovo cavallo; 6.13.3 e sopraveste nere, e scudo nero 6.13.4 portò, fregiato a color verdegiallo. 6.13.5 Per aventura si trovò un scudiero 6.13.6 ignoto in quel paese, e menato hallo; 6.13.7 e sconosciuto (come ho già narrato) 6.13.8 s' appresentò contra il fratello armato. 6.14.1 Narrato v' ho come il fatto successe, 6.14.2 come fu conosciuto Arïodante. 6.14.3 Non minor gaudio n' ebbe il re, ch' avesse 6.14.4 de la figliuola liberata inante. 6.14.5 Seco pensò che mai non si potesse 6.14.6 trovar un più fedele e vero amante; 6.14.7 che dopo tanta ingiuria, la difesa 6.14.8 di lei, contra il fratel proprio, avea presa. 6.15.1 E per sua inclinazion (ch' assai l' amava) 6.15.2 e per li preghi di tutta la corte, 6.15.3 e di Rinaldo, che più d' altri instava, 6.15.4 de la bella figliuola il fa consorte. 6.15.5 La duchea d' Albania ch' al re tornava 6.15.6 dopo che Polinesso ebbe la morte, 6.15.7 in miglior tempo discader non puote, 6.15.8 poi che la dona alla sua figlia in dote. 6.16.1 Rinaldo per Dalinda impetrò grazia, 6.16.2 che se n' andò di tanto errore esente; 6.16.3 la qual per voto, e perché molto sazia 6.16.4 era del mondo, a Dio volse la mente: 6.16.5 monaca s' andò a render fin in Dazia, 6.16.6 e si levò di Scozia immantinente. 6.16.7 Ma tempo è omai di ritrovar Ruggiero, 6.16.8 che scorre il ciel su l' animal leggiero. 6.17.1 Ben che Ruggier sia d' animo constante, 6.17.2 né cangiato abbia il solito colore, 6.17.3 io non gli voglio creder che tremante 6.17.4 non abbia dentro più che foglia il core. 6.17.5 Lasciato avea di gran spazio distante 6.17.6 tutta l' Europa, et era uscito fuore 6.17.7 per molto spazio il segno che prescritto 6.17.8 avea già a' naviganti Ercole invitto. 6.18.1 Quello ippogrifo, grande e strano augello, 6.18.2 lo porta via con tal prestezza d' ale, 6.18.3 che lascieria di lungo tratto quello 6.18.4 celer ministro del fulmineo strale. 6.18.5 Non va per l' aria altro animal sì snello, 6.18.6 che di velocità gli fosse uguale: 6.18.7 credo ch' a pena il tuono e la saetta 6.18.8 venga in terra dal ciel con maggior fretta. 6.19.1 Poi che l' augel trascorso ebbe gran spazio 6.19.2 per linea dritta e senza mai piegarsi, 6.19.3 con larghe ruote, omai de l' aria sazio, 6.19.4 cominciò sopra una isola a calarsi, 6.19.5 pari a quella ove, dopo lungo strazio 6.19.6 far del suo amante e lungo a lui celarsi, 6.19.7 la vergine Aretusa passò invano 6.19.8 di sotto il mar per camin cieco e strano. 6.20.1 Non vide né 'l più bel né 'l più giocondo 6.20.2 da tutta l' aria ove le penne stese; 6.20.3 né se tutto cercato avesse il mondo, 6.20.4 vedria di questo il più gentil paese, 6.20.5 ove, dopo un girarsi di gran tondo, 6.20.6 con Ruggier seco il grande augel discese: 6.20.7 culte pianure e delicati colli, 6.20.8 chiare acque, ombrose ripe e prati molli. 6.21.1 Vaghi boschetti di soavi allori, 6.21.2 di palme e d' amenissime mortelle, 6.21.3 cedri et aranci ch' avean frutti e fiori 6.21.4 contesti in varie forme e tutte belle, 6.21.5 facean riparo ai fervidi calori 6.21.6 de' giorni estivi con lor spesse ombrelle; 6.21.7 e tra quei rami con sicuri voli 6.21.8 cantando se ne gìano i rosignuoli. 6.22.1 Tra le purpuree rose e i bianchi gigli, 6.22.2 che tiepida aura freschi ognora serba, 6.22.3 sicuri si vedean lepri e conigli, 6.22.4 e cervi con la fronte alta e superba, 6.22.5 senza temer ch' alcun gli uccida o pigli, 6.22.6 pascano o stiansi rominando l' erba; 6.22.7 saltano i daini e i capri isnelli e destri, 6.22.8 che sono in copia in quei luoghi campestri. 6.23.1 Come sì presso è l' ippogrifo a terra, 6.23.2 ch' esser ne può men periglioso il salto, 6.23.3 Ruggier con fretta de l' arcion si sferra, 6.23.4 e si ritruova in su l' erboso smalto; 6.23.5 tuttavia in man le redine si serra, 6.23.6 che non vuol che 'l destrier più vada in alto: 6.23.7 poi lo lega nel margine marino 6.23.8 a un verde mirto in mezzo un lauro e un pino. 6.24.1 E quivi appresso ove surgea una fonte 6.24.2 cinta di cedri e di feconde palme, 6.24.3 pose lo scudo, e l' elmo da la fronte 6.24.4 si trasse, e disarmossi ambe le palme; 6.24.5 et ora alla marina et ora al monte 6.24.6 volgea la faccia all' aure fresche et alme, 6.24.7 che l' alte cime con mormorii lieti 6.24.8 fan tremolar dei faggi e degli abeti. 6.25.1 Bagna talor ne la chiara onda e fresca 6.25.2 l' asciutte labra, e con le man diguazza, 6.25.3 acciò che de le vene il calore esca 6.25.4 che gli ha acceso il portar de la corazza. 6.25.5 Né maraviglia è già ch' ella gl' incresca; 6.25.6 che non è stato un far vedersi in piazza: 6.25.7 ma senza mai posar, d' arme guernito, 6.25.8 tre mila miglia ognor correndo era ito. 6.26.1 Quivi stando, il destrier ch' avea lasciato 6.26.2 tra le più dense frasche alla fresca ombra, 6.26.3 per fuggir si rivolta, spaventato 6.26.4 di non so che, che dentro al bosco adombra: 6.26.5 e fa crollar sì il mirto ove è legato, 6.26.6 che de le frondi intorno il piè gli ingombra: 6.26.7 crollar fa il mirto e fa cader la foglia; 6.26.8 né succede però che se ne scioglia. 6.27.1 Come ceppo talor, che le medolle 6.27.2 rare e vòte abbia, e posto al fuoco sia, 6.27.3 poi che per gran calor quell' aria molle 6.27.4 resta consunta ch' in mezzo l' empìa, 6.27.5 dentro risuona, e con strepito bolle 6.27.6 tanto che quel furor truovi la via; 6.27.7 così murmura e stride e si coruccia 6.27.8 quel mirto offeso, e al fine apre la buccia. 6.28.1 Onde con mesta e flebil voce uscìo 6.28.2 espedita e chiarissima favella, 6.28.3 e disse: -- Se tu sei cortese e pio, 6.28.4 come dimostri alla presenza bella, 6.28.5 lieva questo animal da l' arbor mio: 6.28.6 basti che 'l mio mal proprio mi flagella, 6.28.7 senza altra pena, senza altro dolore 6.28.8 ch' a tormentarmi ancor venga di fuore. -- 6.29.1 Al primo suon di quella voce torse 6.29.2 Ruggiero il viso, e subito levosse; 6.29.3 e poi ch' uscir da l' arbore s' accorse, 6.29.4 stupefatto restò più che mai fosse. 6.29.5 A levarne il destrier subito corse; 6.29.6 e con le guancie di vergogna rosse: 6.29.7 -- Qual che tu sii, perdonami (dicea), 6.29.8 o spirto umano, o boschereccia dea. 6.30.1 Il non aver saputo che s' asconda 6.30.2 sotto ruvida scorza umano spirto, 6.30.3 m' ha lasciato turbar la bella fronda 6.30.4 e far ingiuria al tuo vivace mirto: 6.30.5 ma non restar però, che non risponda 6.30.6 chi tu ti sia, ch' in corpo orrido et irto, 6.30.7 con voce e razionale anima vivi; 6.30.8 se da grandine il ciel sempre ti schivi. 6.31.1 E s' ora o mai potrò questo dispetto 6.31.2 con alcun beneficio compensarte, 6.31.3 per quella bella donna ti prometto, 6.31.4 quella che di me tien la miglior parte, 6.31.5 ch' io farò con parole e con effetto, 6.31.6 ch' avrai giusta cagion di me lodarte. -- 6.31.7 Come Ruggiero al suo parlar fin diede, 6.31.8 tremò quel mirto da la cima al piede. 6.32.1 Poi si vide sudar su per la scorza, 6.32.2 come legno dal bosco allora tratto, 6.32.3 che del fuoco venir sente la forza, 6.32.4 poscia ch' invano ogni ripar gli ha fatto; 6.32.5 e cominciò: -- Tua cortesia mi sforza 6.32.6 a discoprirti in un medesmo tratto 6.32.7 ch' io fossi prima, e chi converso m' aggia 6.32.8 in questo mirto in su l' amena spiaggia. 6.33.1 Il nome mio fu Astolfo; e paladino 6.33.2 era di Francia, assai temuto in guerra: 6.33.3 d' Orlando e di Rinaldo era cugino, 6.33.4 la cui fama alcun termine non serra; 6.33.5 e si spettava a me tutto il domìno, 6.33.6 dopo il mio padre Oton, de l' Inghilterra. 6.33.7 Leggiadro e bel fui sì, che di me accesi 6.33.8 più d' una donna; e al fin me solo offesi. 6.34.1 Ritornando io da quelle isole estreme 6.34.2 che da Levante il mar Indico lava, 6.34.3 dove Rinaldo et alcun' altri insieme 6.34.4 meco fur chiusi in parte oscura e cava, 6.34.5 et onde liberate le supreme 6.34.6 forze n' avean del cavallier di Brava; 6.34.7 vêr ponente io venìa lungo la sabbia 6.34.8 che del settentrïon sente la rabbia. 6.35.1 E come la via nostra e il duro e fello 6.35.2 destin ci trasse, uscimmo una matina 6.35.3 sopra la bella spiaggia, ove un castello 6.35.4 siede sul mar, de la possente Alcina. 6.35.5 Trovammo lei ch' uscita era di quello, 6.35.6 e stava sola in ripa alla marina; 6.35.7 e senza rete e senza amo traea 6.35.8 tutti li pesci al lito, che volea. 6.36.1 Veloci vi correvano i delfini, 6.36.2 vi venìa a bocca aperta il grosso tonno; 6.36.3 i capidogli coi vécchi marini 6.36.4 vengon turbati dal lor pigro sonno; 6.36.5 muli, salpe, salmoni e coracini 6.36.6 nuotano a schiere in più fretta che ponno; 6.36.7 pistrici, fisiteri, orche e balene 6.36.8 escon del mar con monstruose schiene. 6.37.1 Veggiamo una balena, la maggiore 6.37.2 che mai per tutto il mar veduta fosse: 6.37.3 undeci passi e più dimostra fuore 6.37.4 de l' onde salse le spallaccie grosse. 6.37.5 Caschiamo tutti insieme in uno errore, 6.37.6 perch' era ferma e che mai non si scosse: 6.37.7 ch' ella sia una isoletta ci credemo, 6.37.8 così distante ha l' un da l' altro estremo. 6.38.1 Alcina i pesci uscir facea de l' acque 6.38.2 con semplici parole e puri incanti. 6.38.3 Con la fata Morgana Alcina nacque, 6.38.4 io non so dir s' a un parto o dopo o inanti. 6.38.5 Guardommi Alcina; e subito le piacque 6.38.6 l' aspetto mio, come mostrò ai sembianti: 6.38.7 e pensò con astuzia e con ingegno 6.38.8 tormi ai compagni; e riuscì il disegno. 6.39.1 Ci venne incontra con allegra faccia, 6.39.2 con modi grazïosi e riverenti, 6.39.3 e disse:" Cavallier, quando vi piaccia 6.39.4 far oggi meco i vostri alloggiamenti, 6.39.5 io vi farò veder, ne la mia caccia, 6.39.6 di tutti i pesci sorti differenti: 6.39.7 chi scaglioso, chi molle e chi col pelo; 6.39.8 e saran più che non ha stelle il cielo. 6.40.1 E volendo vedere una sirena 6.40.2 che col suo dolce canto acheta il mare, 6.40.3 passian di qui fin su quell' altra arena, 6.40.4 dove a quest' ora suol sempre tornare". 6.40.5 E ci mostrò quella maggior balena, 6.40.6 che, come io dissi, una isoletta pare. 6.40.7 Io che sempre fui troppo (e me n' incresce) 6.40.8 volonteroso, andai sopra quel pesce. 6.41.1 Rinaldo m' accennava, e similmente 6.41.2 Dudon, ch' io non v' andassi: e poco valse. 6.41.3 La fata Alcina con faccia ridente, 6.41.4 lasciando gli altri dua, dietro mi salse. 6.41.5 La balena, all' ufficio diligente, 6.41.6 nuotando se n' andò per l' onde salse. 6.41.7 Di mia sciochezza tosto fui pentito; 6.41.8 ma troppo mi trovai lungi dal lito. 6.42.1 Rinaldo si cacciò ne l' acqua a nuoto 6.42.2 per aiutarmi, e quasi si sommerse, 6.42.3 perché levossi un furïoso Noto 6.42.4 che d' ombra il cielo e 'l pelago coperse. 6.42.5 Quel che di lui seguì poi, non m' è noto. 6.42.6 Alcina a confortarmi si converse; 6.42.7 e quel dì tutto e la notte che venne, 6.42.8 sopra quel mostro in mezzo il mar mi tenne. 6.43.1 Fin che venimmo a questa isola bella, 6.43.2 di cui gran parte Alcina ne possiede, 6.43.3 e l' ha usurpata ad una sua sorella 6.43.4 che 'l padre già lasciò del tutto erede, 6.43.5 perché sola legitima avea quella; 6.43.6 e (come alcun notizia me ne diede, 6.43.7 che pienamente instrutto era di questo) 6.43.8 sono quest' altre due nate d' incesto. 6.44.1 E come sono inique e scelerate 6.44.2 e piene d' ogni vizio infame e brutto, 6.44.3 così quella, vivendo in castitate, 6.44.4 posto ha ne le virtuti il suo cor tutto. 6.44.5 Contra lei queste due son congiurate; 6.44.6 e già più d' uno esercito hanno instrutto 6.44.7 per cacciarla de l' isola, e in più volte 6.44.8 più di cento castella l' hanno tolte: 6.45.1 né ci terrebbe ormai spanna di terra 6.45.2 colei, che Logistilla è nominata, 6.45.3 se non che quinci un golfo il passo serra, 6.45.4 e quindi una montagna inabitata, 6.45.5 sì come tien la Scozia e l' inghilterra 6.45.6 il monte e la riviera, separata; 6.45.7 né però Alcina né Morgana resta 6.45.8 che non le voglia tor ciò che le resta. 6.46.1 Perché di vizii è questa coppia rea, 6.46.2 odia colei, perché è pudica e santa. 6.46.3 Ma, per tornare a quel ch' io ti dicea, 6.46.4 e seguir poi com' io divenni pianta, 6.46.5 Alcina in gran delizie mi tenea, 6.46.6 e del mio amore ardeva tutta quanta; 6.46.7 né minor fiamma nel mio core accese 6.46.8 il veder lei sì bella e sì cortese. 6.47.1 Io mi godea le delicate membra: 6.47.2 pareami aver qui tutto il ben raccolto 6.47.3 che fra i mortali in più parti si smembra, 6.47.4 a chi più et a chi meno e a nessun molto; 6.47.5 né di Francia né d' altro mi rimembra: 6.47.6 stavomi sempre a contemplar quel volto: 6.47.7 ogni pensiero, ogni mio bel disegno 6.47.8 in lei finia, né passava oltre il segno. 6.48.1 Io da lei altretanto era o più amato: 6.48.2 Alcina più non si curava d' altri; 6.48.3 ella ogn' altro suo amante avea lasciato, 6.48.4 ch' inanzi a me ben ce ne fur degli altri. 6.48.5 Me consiglier, me avea dì e notte a lato, 6.48.6 e me fe' quel che commandava agli altri: 6.48.7 a me credeva, a me si riportava; 6.48.8 né notte o dì con altri mai parlava. 6.49.1 Deh! perché vo le mie piaghe toccando, 6.49.2 senza speranza poi di medicina? 6.49.3 Perché l' avuto ben vo rimembrando, 6.49.4 quando io patisco estrema disciplina? 6.49.5 Quando credea d' esser felice, e quando 6.49.6 credea ch' amar più mi dovesse Alcina, 6.49.7 il cor che m' avea dato si ritolse, 6.49.8 e ad altro nuovo amor tutta si volse. 6.50.1 Conobbi tardi il suo mobil ingegno, 6.50.2 usato amare e disamare a un punto. 6.50.3 Non era stato oltre a duo mesi in regno, 6.50.4 ch' un novo amante al loco mio fu assunto. 6.50.5 Da sé cacciommi la fata con sdegno, 6.50.6 e da la grazia sua m' ebbe disgiunto: 6.50.7 e seppi poi, che tratti a simil porto 6.50.8 avea mill' altri amanti, e tutti a torto. 6.51.1 E perché essi non vadano pel mondo 6.51.2 di lei narrando la vita lasciva, 6.51.3 chi qua chi là, per lo terren fecondo 6.51.4 li muta, altri in abete, altri in oliva, 6.51.5 altri in palma, altri in cedro, altri secondo 6.51.6 che vedi me su questa verde riva, 6.51.7 altri in liquido fonte, alcuni in fiera, 6.51.8 come più agrada a quella fata altiera. 6.52.1 Or tu che sei per non usata via, 6.52.2 signor, venuto all' isola fatale, 6.52.3 acciò ch' alcuno amante per te sia 6.52.4 converso in pietra o in onda, o fatto tale; 6.52.5 avrai d' Alcina scettro e signoria, 6.52.6 e sarai lieto sopra ogni mortale: 6.52.7 ma certo sii di giunger tosto al passo 6.52.8 d' entrar o in fiera o in fonte o in legno o in sasso. 6.53.1 Io te n' ho dato volentieri aviso; 6.53.2 non ch' io mi creda che debbia giovarte: 6.53.3 pur meglio fia che non vadi improviso, 6.53.4 e de' costumi suoi tu sappia parte; 6.53.5 che forse, come è differente il viso, 6.53.6 è differente ancor l' ingegno e l' arte. 6.53.7 Tu saprai forse riparare al danno, 6.53.8 quel che saputo mill' altri non hanno. -- 6.54.1 Ruggier, che conosciuto avea per fama 6.54.2 ch' Astolfo alla sua donna cugin era, 6.54.3 si dolse assai che in steril pianta e grama 6.54.4 mutato avesse la sembianza vera; 6.54.5 e per amor di quella che tanto ama 6.54.6 (pur che saputo avesse in che maniera) 6.54.7 gli avria fatto servizio: ma aiutarlo 6.54.8 in altro non potea, ch' in confortarlo. 6.55.1 Lo fe' al meglio che seppe; e domandolli 6.55.2 poi se via c' era, ch' al regno guidassi 6.55.3 di Logistilla, o per piano o per colli, 6.55.4 sì che per quel d' Alcina non andassi. 6.55.5 Che ben ve n' era un' altra, ritornolli 6.55.6 l' arbore a dir, ma piena d' aspri sassi, 6.55.7 s' andando un poco inanzi alla man destra, 6.55.8 salisse il poggio invêr la cima alpestra. 6.56.1 Ma che non pensi già che seguir possa 6.56.2 il suo camin per quella strada troppo: 6.56.3 incontro avrà di gente ardita, grossa 6.56.4 e fiera compagnia, con duro intoppo. 6.56.5 Alcina ve li tien per muro e fossa 6.56.6 a chi volesse uscir fuor del suo groppo. 6.56.7 Ruggier quel mirto ringraziò del tutto, 6.56.8 poi da lui si partì dotto et instrutto. 6.57.1 Venne al cavallo, e lo disciolse e prese 6.57.2 per le redine, e dietro se lo trasse; 6.57.3 né, come fece prima, più l' ascese, 6.57.4 perché mal grado suo non lo portasse. 6.57.5 Seco pensava come nel paese 6.57.6 di Logistilla a salvamento andasse. 6.57.7 Era disposto e fermo usar ogni opra, 6.57.8 che non gli avesse imperio Alcina sopra. 6.58.1 Pensò di rimontar sul suo cavallo, 6.58.2 e per l' aria spronarlo a nuovo corso: 6.58.3 ma dubitò di far poi maggior fallo; 6.58.4 che troppo mal quel gli ubidiva al morso. 6.58.5 -- Io passerò per forza, s' io non fallo, -- 6.58.6 dicea tra sé, ma vano era il discorso. 6.58.7 Non fu duo miglia lungi alla marina, 6.58.8 che la bella città vide d' Alcina. 6.59.1 Lontan si vide una muraglia lunga 6.59.2 che gira intorno, e gran paese serra; 6.59.3 e par che la sua altezza al ciel s' aggiunga, 6.59.4 e d' oro sia da l' alta cima a terra. 6.59.5 Alcun dal mio parer qui si dilunga, 6.59.6 e dice ch' ell' è alchimia: e forse ch' erra; 6.59.7 et anco forse meglio di me intende: 6.59.8 a me par oro, poi che sì risplende. 6.60.1 Come fu presso alle sì ricche mura, 6.60.2 che 'l mondo altre non ha de la lor sorte, 6.60.3 lasciò la strada che per la pianura 6.60.4 ampla e diritta andava alle gran porte; 6.60.5 et a man destra, a quella più sicura, 6.60.6 ch' al monte gìa, piegossi il guerrier forte: 6.60.7 ma tosto ritrovò l' iniqua frotta, 6.60.8 dal cui furor gli fu turbata e rotta. 6.61.1 Non fu veduta mai più strana torma, 6.61.2 più monstruosi volti e peggio fatti: 6.61.3 alcun' dal collo in giù d' uomini han forma, 6.61.4 col viso altri di simie, altri di gatti; 6.61.5 stampano alcun' con piè caprigni l' orma; 6.61.6 alcuni son centauri agili et atti; 6.61.7 son gioveni impudenti e vecchi stolti, 6.61.8 chi nudi e chi di strane pelli involti. 6.62.1 Chi senza freno in s' un destrier galoppa, 6.62.2 chi lento va con l' asino o col bue, 6.62.3 altri salisce ad un centauro in groppa, 6.62.4 struzzoli molti han sotto, aquile e grue; 6.62.5 ponsi altri a bocca il corno, altri la coppa; 6.62.6 chi femina è, chi maschio, e chi amendue; 6.62.7 chi porta uncino e chi scala di corda, 6.62.8 chi pal di ferro e chi una lima sorda. 6.63.1 Di questi il capitano si vedea 6.63.2 aver gonfiato il ventre, e 'l viso grasso; 6.63.3 il qual su una testuggine sedea, 6.63.4 che con gran tardità mutava il passo. 6.63.5 Avea di qua e di là chi lo reggea, 6.63.6 perché egli era ebro, e tenea il ciglio basso; 6.63.7 altri la fronte gli asciugava e il mento, 6.63.8 altri i panni scuotea per fargli vento. 6.64.1 Un ch' avea umana forma i piedi e 'l ventre, 6.64.2 e collo avea di cane, orecchie e testa, 6.64.3 contra Ruggiero abaia, acciò ch' egli entre 6.64.4 ne la bella città ch' a dietro resta. 6.64.5 Rispose il cavallier: -- Nol farò, mentre 6.64.6 avrà forza la man di regger questa! -- 6.64.7 e gli mostra la spada, di cui volta 6.64.8 avea l' aguzza punta alla sua volta. 6.65.1 Quel monstro lui ferir vuol d' una lancia, 6.65.2 ma Ruggier presto se gli aventa addosso: 6.65.3 una stoccata gli trasse alla pancia, 6.65.4 e la fe' un palmo riuscir pel dosso. 6.65.5 Lo scudo imbraccia, e qua e là si lancia, 6.65.6 ma l' inimico stuolo è troppo grosso: 6.65.7 l' un quinci il punge, e l' altro quindi afferra: 6.65.8 egli s' arrosta, e fa lor aspra guerra. 6.66.1 L' un sin a' denti, e l' altro sin al petto 6.66.2 partendo va di quella iniqua razza; 6.66.3 ch' alla sua spada non s' oppone elmetto, 6.66.4 né scudo, né panziera, né corazza: 6.66.5 ma da tutte le parti è così astretto, 6.66.6 che bisogno saria, per trovar piazza 6.66.7 e tener da sé largo il popul reo, 6.66.8 d' aver più braccia e man che Brïareo. 6.67.1 Se di scoprire avesse avuto aviso 6.67.2 lo scudo che già fu del negromante 6.67.3 (io dico quel ch' abbarbagliava il viso, 6.67.4 quel ch' all' arcione avea lasciato Atlante), 6.67.5 subito avria quel brutto stuol conquiso 6.67.6 e fattosel cader cieco davante; 6.67.7 e forse ben, che disprezzò quel modo, 6.67.8 perché virtude usar vòlse, e non frodo. 6.68.1 Sia quel che può, più tosto vuol morire, 6.68.2 che rendersi prigione a sì vil gente. 6.68.3 Eccoti intanto da la porta uscire 6.68.4 del muro, ch' io dicea d' oro lucente, 6.68.5 due giovani ch' ai gesti et al vestire 6.68.6 non eran da stimar nate umilmente, 6.68.7 né da pastor nutrite con disagi, 6.68.8 ma fra delizie di real palagi. 6.69.1 L' una e l' altra sedea s' un lïocorno, 6.69.2 candido più che candido armelino; 6.69.3 l' una e l' altra era bella, e di sì adorno 6.69.4 abito, e modo tanto pellegrino, 6.69.5 che a l' uom, guardando e contemplando intorno, 6.69.6 bisognerebbe aver occhio divino 6.69.7 per far di lor giudizio: e tal saria 6.69.8 Beltà, s' avesse corpo, e Leggiadria. 6.70.1 L' una e l' altra n' andò dove nel prato 6.70.2 Ruggiero è oppresso da lo stuol villano. 6.70.3 Tutta la turba si levò da lato; 6.70.4 e quelle al cavallier porser la mano, 6.70.5 che tinto in viso di color rosato, 6.70.6 le donne ringraziò de l' atto umano: 6.70.7 e fu contento, compiacendo loro, 6.70.8 di ritornarsi a quella porta d' oro. 6.71.1 L' adornamento che s' aggira sopra 6.71.2 la bella porta e sporge un poco avante, 6.71.3 parte non ha che tutta non si cuopra 6.71.4 de le più rare gemme di Levante. 6.71.5 Da quattro parti si riposa sopra 6.71.6 grosse colonne d' integro diamante. 6.71.7 O vero o falso ch' all' occhio risponda, 6.71.8 non è cosa più bella o più gioconda. 6.72.1 Su per la soglia e fuor per le colonne 6.72.2 corron scherzando lascive donzelle, 6.72.3 che, se i rispetti debiti alle donne 6.72.4 servasser più, sarian forse più belle. 6.72.5 Tutte vestite eran di verdi gonne, 6.72.6 e coronate di frondi novelle. 6.72.7 Queste, con molte offerte e con buon viso, 6.72.8 Ruggier fecero entrar nel paradiso: 6.73.1 che si può ben così nomar quel loco, 6.73.2 ove mi credo che nascesse Amore. 6.73.3 Non vi si sta se non in danza e in giuoco, 6.73.4 e tutte in festa vi si spendon l' ore: 6.73.5 pensier canuto né molto né poco 6.73.6 si può quivi albergare in alcun core: 6.73.7 non entra quivi disagio né inopia, 6.73.8 ma vi sta ognor col corno pien la Copia. 6.74.1 Qui, dove con serena e lieta fronte 6.74.2 par ch' ognor rida il grazïoso aprile, 6.74.3 gioveni e donne son: qual presso a fonte 6.74.4 canta con dolce e dilettoso stile; 6.74.5 qual d' un arbore all' ombra e qual d' un monte 6.74.6 o giuoca o danza o fa cosa non vile; 6.74.7 e qual, lungi dagli altri, a un suo fedele 6.74.8 discuopre l' amorose sue querele. 6.75.1 Per le cime dei pini e degli allori, 6.75.2 degli alti faggi e degl' irsuti abeti, 6.75.3 volan scherzando i pargoletti Amori: 6.75.4 di lor vittorie altri godendo lieti, 6.75.5 altri pigliando, a saettare i cori, 6.75.6 la mira quindi, altri tendendo reti; 6.75.7 chi tempra dardi ad un ruscel più basso, 6.75.8 e chi gli aguzza ad un volubil sasso. 6.76.1 Quivi a Ruggier un gran corsier fu dato, 6.76.2 forte, gagliardo, e tutto di pel sauro, 6.76.3 ch' avea il bel guernimento ricamato 6.76.4 di prezïose gemme e di fin auro; 6.76.5 e fu lasciato in guardia quello alato, 6.76.6 quel che solea ubidire al vecchio Mauro, 6.76.7 a un giovene che dietro lo menassi 6.76.8 al buon Ruggier, con men frettosi passi. 6.77.1 Quelle due belle giovani amorose 6.77.2 ch' avean Ruggier da l' empio stuol difeso, 6.77.3 da l' empio stuol che dianzi se gli oppose 6.77.4 su quel camin ch' avea a man destra preso, 6.77.5 gli dissero: -- Signor, le virtuose 6.77.6 opere vostre che già abbiamo inteso, 6.77.7 ne fan sì ardite, che l' aiuto vostro 6.77.8 vi chiederemo a beneficio nostro. 6.78.1 Noi troveren tra via tosto una lama, 6.78.2 che fa due parti di questa pianura. 6.78.3 Una crudel, che Erifilla si chiama, 6.78.4 difende il ponte, e sforza e inganna e fura 6.78.5 chiunque andar ne l' altra ripa brama; 6.78.6 et ella è gigantessa di statura, 6.78.7 li denti ha lunghi e velenoso il morso, 6.78.8 acute l' ugne, e graffia come un orso. 6.79.1 Oltre che sempre ci turbi il camino, 6.79.2 che libero saria se non fosse ella, 6.79.3 spesso, correndo per tutto il giardino, 6.79.4 va disturbando or questa cosa or quella. 6.79.5 Sappiate che del populo assassino 6.79.6 che vi assalì fuor de la porta bella, 6.79.7 molti suoi figli son, tutti seguaci, 6.79.8 empii, come ella, inospiti e rapaci. -- 6.80.1 Ruggier rispose: -- Non ch' una battaglia, 6.80.2 ma per voi sarò pronto a farne cento: 6.80.3 di mia persona, in tutto quel che vaglia, 6.80.4 fatene voi secondo il vostro intento; 6.80.5 che la cagion ch' io vesto piastra e maglia, 6.80.6 non è per guadagnar terre né argento, 6.80.7 ma sol per farne beneficio altrui, 6.80.8 tanto più a belle donne come vui. -- 6.81.1 Le donne molte grazie riferiro 6.81.2 degne d' un cavallier, come quell' era: 6.81.3 e così ragionando ne veniro 6.81.4 dove videro il ponte e la riviera; 6.81.5 e di smeraldo ornata e di zafiro 6.81.6 su l' arme d' or, vider la donna altiera. 6.81.7 Ma dir ne l' altro canto differisco, 6.81.8 come Ruggier con lei si pose a risco.
CANTO VII
7.1.1 Chi va lontan da la sua patria, vede 7.1.2 cose, da quel che già credea, lontane; 7.1.3 che narrandole poi, non se gli crede, 7.1.4 e stimato bugiardo ne rimane: 7.1.5 che 'l sciocco vulgo non gli vuol dar fede, 7.1.6 se non le vede e tocca chiare e piane. 7.1.7 Per questo io so che l' inesperïenza 7.1.8 farà al mio canto dar poca credenza. 7.2.1 Poca o molta ch' io ci abbia, non bisogna 7.2.2 ch' io ponga mente al vulgo sciocco e ignaro. 7.2.3 A voi so ben che non parrà menzogna, 7.2.4 che 'l lume del discorso avete chiaro; 7.2.5 et a voi soli ogni mio intento agogna 7.2.6 che 'l frutto sia di mie fatiche caro. 7.2.7 Io vi lasciai che 'l ponte e la riviera 7.2.8 vider, che 'n guardia avea Erifilla altiera. 7.3.1 Quell' era armata del più fin metallo, 7.3.2 ch' avean di più color gemme distinto: 7.3.3 rubin vermiglio, crisolito giallo, 7.3.4 verde smeraldo con flavo iacinto. 7.3.5 Era montata, ma non a cavallo; 7.3.6 invece avea di quello un lupo spinto: 7.3.7 spinto avea un lupo ove si passa il fiume, 7.3.8 con ricca sella fuor d' ogni costume. 7.4.1 Non credo ch' un sì grande Apulia n' abbia: 7.4.2 egli era grosso et alto più d' un bue. 7.4.3 Con fren spumar non gli facea le labbia, 7.4.4 né so come lo regga a voglie sue. 7.4.5 La sopravesta di color di sabbia 7.4.6 su l' arme avea la maledetta lue: 7.4.7 era, fuor che 'l color, di quella sorte 7.4.8 ch' i vescovi e i prelati usano in corte. 7.5.1 Et avea ne lo scudo e sul cimiero 7.5.2 una gonfiata e velenosa botta. 7.5.3 Le donne la mostraro al cavalliero, 7.5.4 di qua dal ponte per giostrar ridotta, 7.5.5 e fargli scorno e rompergli il sentiero, 7.5.6 come ad alcuni usata era talotta. 7.5.7 Ella a Ruggier, che torni a dietro, grida: 7.5.8 quel piglia un' asta, e la minaccia e sfida. 7.6.1 Non men la gigantessa ardita e presta 7.6.2 sprona il gran lupo e ne l' arcion si serra, 7.6.3 e pon la lancia a mezzo il corso in resta, 7.6.4 e fa tremar nel suo venir la terra. 7.6.5 Ma pur sul prato al fiero incontro resta; 7.6.6 che sotto l' elmo il buon Ruggier l' afferra, 7.6.7 e de l' arcion con tal furor la caccia, 7.6.8 che la riporta indietro oltra sei braccia. 7.7.1 E già, tratta la spada ch' avea cinta, 7.7.2 venìa a levarne la testa superba: 7.7.3 e ben lo potea far; che come estinta 7.7.4 Erifilla giacea tra' fiori e l' erba. 7.7.5 Ma le donne gridâr: -- Basti sia vinta, 7.7.6 senza pigliarne altra vendetta acerba. 7.7.7 Ripon, cortese cavallier, la spada; 7.7.8 passiamo il ponte e seguitian la strada. -- 7.8.1 Alquanto malagevole et aspretta 7.8.2 per mezzo un bosco presero la via, 7.8.3 che oltra che sassosa fosse e stretta, 7.8.4 quasi su dritta alla collina gìa. 7.8.5 Ma poi che furo ascesi in su la vetta, 7.8.6 usciro in spazïosa prateria, 7.8.7 dove il più bel palazzo e 'l più giocondo 7.8.8 vider, che mai fosse veduto al mondo. 7.9.1 La bella Alcina venne un pezzo inante 7.9.2 verso Ruggier fuor de le prime porte, 7.9.3 e lo raccolse in signoril sembiante, 7.9.4 in mezzo bella et onorata corte. 7.9.5 Da tutti gli altri tanto onore e tante 7.9.6 riverenzie fur fatte al guerrier forte, 7.9.7 che non ne potrian far più, se tra loro 7.9.8 fosse Dio sceso dal superno coro. 7.10.1 Non tanto il bel palazzo era escellente 7.10.2 perché vincesse ogn' altro di ricchezza, 7.10.3 quanto ch' avea la più piacevol gente 7.10.4 che fosse al mondo e di più gentilezza. 7.10.5 Poco era l' un da l' altro differente 7.10.6 e di fiorita etade e di bellezza: 7.10.7 sola di tutti Alcina era più bella, 7.10.8 sì come è bello il sol più d' ogni stella. 7.11.1 Di persona era tanto ben formata, 7.11.2 quanto me' finger san pittori industri; 7.11.3 con bionda chioma lunga et annodata: 7.11.4 oro non è che più risplenda e lustri. 7.11.5 Spargeasi per la guancia delicata 7.11.6 misto color di rose e di ligustri; 7.11.7 di terso avorio era la fronte lieta, 7.11.8 che lo spazio finia con giusta meta. 7.12.1 Sotto due negri e sottilissimi archi 7.12.2 son duo negri occhi, anzi duo chiari soli, 7.12.3 pietosi a riguardare, a mover parchi; 7.12.4 intorno cui par ch' Amor scherzi e voli, 7.12.5 e ch' indi tutta la faretra scarchi, 7.12.6 e che visibilmente i cori involi: 7.12.7 quindi il naso per mezzo il viso scende, 7.12.8 che non truova l' Invidia ove l' emende. 7.13.1 Sotto quel sta, quasi fra due vallette, 7.13.2 la bocca sparsa di natio cinabro; 7.13.3 quivi due filze son di perle elette, 7.13.4 che chiude et apre un bello e dolce labro: 7.13.5 quindi escon le cortesi parolette 7.13.6 da render molle ogni cor rozzo e scabro; 7.13.7 quivi si forma quel suave riso, 7.13.8 ch' apre a sua posta in terra il paradiso. 7.14.1 Bianca nieve è il bel collo, e 'l petto latte; 7.14.2 il collo è tondo, il petto colmo e largo: 7.14.3 due pome acerbe, e pur d' avorio fatte, 7.14.4 vengono e van come onda al primo margo, 7.14.5 quando piacevole aura il mar combatte. 7.14.6 Non potria l' altre parti veder Argo: 7.14.7 ben si può giudicar che corrisponde 7.14.8 a quel ch' appar di fuor quel che s' asconde. 7.15.1 Mostran le braccia sua misura giusta; 7.15.2 e la candida man spesso si vede 7.15.3 lunghetta alquanto e di larghezza angusta, 7.15.4 dove né nodo appar, né vena escede. 7.15.5 Si vede al fin de la persona augusta 7.15.6 il breve, asciutto e ritondetto piede. 7.15.7 Gli angelici sembianti nati in cielo 7.15.8 non si ponno celar sotto alcun velo. 7.16.1 Avea in ogni sua parte un laccio teso, 7.16.2 o parli o rida o canti o passo muova: 7.16.3 né maraviglia è se Ruggier n' è preso, 7.16.4 poi che tanto benigna se la truova. 7.16.5 Quel che di lei già avea dal mirto inteso, 7.16.6 com' è perfida e ria, poco gli giova; 7.16.7 ch' inganno o tradimento non gli è aviso 7.16.8 che possa star con sì soave riso. 7.17.1 Anzi pur creder vuol che da costei 7.17.2 fosse converso Astolfo in su l' arena 7.17.3 per li suoi portamenti ingrati e rei, 7.17.4 e sia degno di questa e di più pena: 7.17.5 e tutto quel ch' udito avea di lei, 7.17.6 stima esser falso; e che vendetta mena, 7.17.7 e mena astio et invidia quel dolente 7.17.8 a lei biasmare, e che del tutto mente. 7.18.1 La bella donna che cotanto amava, 7.18.2 novellamente gli è dal cor partita; 7.18.3 che per incanto Alcina gli lo lava 7.18.4 d' ogni antica amorosa sua ferita; 7.18.5 e di sé sola e del suo amor lo grava, 7.18.6 e in quello essa riman sola sculpita: 7.18.7 sì che scusar il buon Ruggier si deve, 7.18.8 se si mostrò quivi inconstante e lieve. 7.19.1 A quella mensa cìtare, arpe e lire, 7.19.2 e diversi altri dilettevol suoni 7.19.3 faceano intorno l' aria tintinire 7.19.4 d' armonia dolce e di concenti buoni. 7.19.5 Non vi mancava chi, cantando, dire 7.19.6 d' amor sapesse gaudii e passïoni, 7.19.7 o con invenzïoni e poesie 7.19.8 rappresentasse grate fantasie. 7.20.1 Qual mensa trionfante e suntuosa 7.20.2 di qual si voglia successor di Nino, 7.20.3 o qual mai tanto celebre e famosa 7.20.4 di Cleopatra al vincitor latino, 7.20.5 potria a questa esser par, che l' amorosa 7.20.6 fata avea posta inanzi al paladino? 7.20.7 Tal non cred' io che s' apparecchi dove 7.20.8 ministra Ganimede al sommo Giove. 7.21.1 Tolte che fur le mense e le vivande, 7.21.2 facean, sedendo in cerchio, un giuoco lieto: 7.21.3 che ne l' orecchio l' un l' altro domande, 7.21.4 come più piace lor, qualche secreto; 7.21.5 il che agli amanti fu commodo grande 7.21.6 di scoprir l' amor lor senza divieto: 7.21.7 e furon lor conclusïoni estreme 7.21.8 di ritrovarsi quella notte insieme. 7.22.1 Finîr quel giuoco tosto, e molto inanzi 7.22.2 che non solea là dentro esser costume: 7.22.3 con torchi allora i paggi entrati inanzi, 7.22.4 le tenebre cacciâr con molto lume. 7.22.5 Tra bella compagnia dietro e dinanzi 7.22.6 andò Ruggiero a ritrovar le piume 7.22.7 in una adorna e fresca cameretta, 7.22.8 per la miglior di tutte l' altre eletta. 7.23.1 E poi che di confetti e di buon vini 7.23.2 di nuovo fatti fur debiti inviti, 7.23.3 e partîr gli altri riverenti e chini, 7.23.4 et alle stanze lor tutti sono iti; 7.23.5 Ruggiero entrò ne' profumati lini 7.23.6 che pareano di man d' Aracne usciti, 7.23.7 tenendo tuttavia l' orecchie attente, 7.23.8 s' ancor venir la bella donna sente. 7.24.1 Ad ogni piccol moto ch' egli udiva, 7.24.2 sperando che fosse ella, il capo alzava: 7.24.3 sentir credeasi, e spesso non sentiva; 7.24.4 poi del suo errore accorto sospirava. 7.24.5 Talvolta uscia del letto e l' uscio apriva, 7.24.6 guatava fuori, e nulla vi trovava: 7.24.7 e maledì ben mille volte l' ora 7.24.8 che facea al trapassar tanta dimora. 7.25.1 Tra sé dicea sovente: -- Or si parte ella; -- 7.25.2 e cominciava a noverare i passi 7.25.3 ch' esser potean da la sua stanza a quella 7.25.4 donde aspettando sta che Alcina passi; 7.25.5 e questi et altri, prima che la bella 7.25.6 donna vi sia, vani disegni fassi. 7.25.7 Teme di qualche impedimento spesso, 7.25.8 che tra il frutto e la man non gli sia messo. 7.26.1 Alcina, poi ch' a' prezïosi odori 7.26.2 dopo gran spazio pose alcuna meta, 7.26.3 venuto il tempo che più non dimori, 7.26.4 ormai ch' in casa era ogni cosa cheta, 7.26.5 de la camera sua sola uscì fuori; 7.26.6 e tacita n' andò per via secreta 7.26.7 dove a Ruggiero avean timore e speme 7.26.8 gran pezzo intorno al cor pugnato insieme. 7.27.1 Come si vide il successor d' Astolfo 7.27.2 sopra apparir quelle ridenti stelle, 7.27.3 come abbia ne le vene acceso zolfo, 7.27.4 non par che capir possa ne la pelle. 7.27.5 Or sino agli occhi ben nuota nel golfo 7.27.6 de le delizie e de le cose belle: 7.27.7 salta del letto, e in braccio la raccoglie, 7.27.8 né può tanto aspettar ch' ella si spoglie; 7.28.1 ben che né gonna né faldiglia avesse; 7.28.2 che venne avolta in un leggier zendado 7.28.3 che sopra una camicia ella si messe, 7.28.4 bianca e suttil nel più escellente grado. 7.28.5 Come Ruggiero abbracciò lei, gli cesse 7.28.6 il manto; e restò il vel suttile e rado, 7.28.7 che non copria dinanzi né di dietro, 7.28.8 più che le rose o i gigli un chiaro vetro. 7.29.1 Non così strettamente edera preme 7.29.2 pianta ove intorno abbarbicata s' abbia, 7.29.3 come si stringon li dui amanti insieme, 7.29.4 cogliendo de lo spirto in su le labbia 7.29.5 suave fior, qual non produce seme 7.29.6 indo o sabeo ne l' odorata sabbia. 7.29.7 Del gran piacer ch' avean, lor dicer tocca; 7.29.8 che spesso avean più d' una lingua in bocca. 7.30.1 Queste cose là dentro eran secrete, 7.30.2 o se pur non secrete, almen taciute; 7.30.3 che raro fu tener le labra chete 7.30.4 biasmo ad alcun, ma ben spesso virtute. 7.30.5 Tutte proferte et accoglienze liete 7.30.6 fanno a Ruggier quelle persone astute: 7.30.7 ognun lo reverisce e se gli inchina; 7.30.8 che così vuol l' innamorata Alcina. 7.31.1 Non è diletto alcun che di fuor reste; 7.31.2 che tutti son ne l' amorosa stanza. 7.31.3 E due e tre volte il dì mutano veste, 7.31.4 fatte or ad una, ora ad un' altra usanza. 7.31.5 Spesso in conviti, e sempre stanno in feste, 7.31.6 in giostre, in lotte, in scene, in bagno, in danza. 7.31.7 Or presso ai fonti, all' ombre de' poggietti, 7.31.8 leggon d' antiqui gli amorosi detti; 7.32.1 or per l' ombrose valli e lieti colli 7.32.2 vanno cacciando le paurose lepri; 7.32.3 or con sagaci cani i fagian folli 7.32.4 con strepito uscir fan di stoppie e vepri; 7.32.5 or a' tordi lacciuoli, or veschi molli 7.32.6 tendon tra gli odoriferi ginepri; 7.32.7 or con ami inescati et or con reti 7.32.8 turbano a' pesci i grati lor secreti. 7.33.1 Stava Ruggiero in tanta gioia e festa, 7.33.2 mentre Carlo in travaglio et Agramante, 7.33.3 di cui l' istoria io non vorrei per questa 7.33.4 porre in oblio, né lasciar Bradamante, 7.33.5 che con travaglio e con pena molesta 7.33.6 pianse più giorni il disïato amante, 7.33.7 ch' avea per strade disusate e nuove 7.33.8 veduto portar via, né sapea dove. 7.34.1 Di costei prima che degli altri dico, 7.34.2 che molti giorni andò cercando invano 7.34.3 pei boschi ombrosi e per lo campo aprico, 7.34.4 per ville, per città, per monte e piano; 7.34.5 né mai poté saper del caro amico, 7.34.6 che di tanto intervallo era lontano. 7.34.7 Ne l' oste saracin spesso venìa, 7.34.8 né mai del suo Ruggier ritrovò spia. 7.35.1 Ogni dì ne domanda a più di cento, 7.35.2 né alcun le ne sa mai render ragioni. 7.35.3 D' alloggiamento va in alloggiamento, 7.35.4 cercandone e trabacche e padiglioni: 7.35.5 e lo può far; che senza impedimento 7.35.6 passa tra cavallieri e tra pedoni, 7.35.7 mercé all' annel che fuor d' ogni uman uso 7.35.8 la fa sparir quando l' è in bocca chiuso. 7.36.1 Né può né creder vuol che morto sia; 7.36.2 perché di sì grande uom l' altra ruina 7.36.3 da l' onde idaspe udita si saria 7.36.4 fin dove il sole a riposar declina. 7.36.5 Non sa né dir né imaginar che via 7.36.6 far possa o in cielo o in terra; e pur meschina 7.36.7 lo va cercando, e per compagni mena 7.36.8 sospiri e pianti et ogni acerba pena. 7.37.1 Pensò al fin di tornare alla spelonca 7.37.2 dove eran l' ossa di Merlin profeta, 7.37.3 e gridar tanto intorno a quella conca, 7.37.4 che 'l freddo marmo si movesse a pieta; 7.37.5 che se vivea Ruggiero, o gli avea tronca 7.37.6 l' alta necessità la vita lieta, 7.37.7 si sapria quindi: e poi s' appiglierebbe 7.37.8 a quel miglior consiglio che n' avrebbe. 7.38.1 Con questa intenzïon prese il camino 7.38.2 verso le selve prossime a Pontiero, 7.38.3 dove la vocal tomba di Merlino 7.38.4 era nascosa in loco alpestro e fiero. 7.38.5 Ma quella maga che sempre vicino 7.38.6 tenuto a Bradamante avea il pensiero, 7.38.7 quella, dico io, che nella bella grotta 7.38.8 l' avea de la sua stirpe instrutta e dotta; 7.39.1 quella benigna e saggia incantatrice, 7.39.2 la quale ha sempre cura di costei, 7.39.3 sappiendo ch' esser de' progenitrice 7.39.4 d' uomini invitti, anzi di semidei; 7.39.5 ciascun dì vuol saper che fa, che dice, 7.39.6 e getta ciascun dì sorte per lei. 7.39.7 Di Ruggier liberato e poi perduto, 7.39.8 e dove in India andò, tutto ha saputo. 7.40.1 Ben veduto l' avea su quel cavallo 7.40.2 che reggier non potea, ch' era sfrenato, 7.40.3 scostarsi di lunghissimo intervallo 7.40.4 per sentier periglioso e non usato; 7.40.5 e ben sapea che stava in giuoco e in ballo 7.40.6 e in cibo e in ozio molle e delicato, 7.40.7 né più memoria avea del suo signore, 7.40.8 né de la donna sua, né del suo onore. 7.41.1 E così il fior de li begli anni suoi 7.41.2 in lunga inerzia aver potria consunto 7.41.3 sì gentil cavallier, per dover poi 7.41.4 perdere il corpo e l' anima in un punto; 7.41.5 e quel odor, che sol riman di noi 7.41.6 poscia che 'l resto fragile è defunto, 7.41.7 che tra' l' uom del sepulcro e in vita il serba, 7.41.8 gli saria stato o tronco o svelto in erba. 7.42.1 Ma quella gentil maga, che più cura 7.42.2 n' avea ch' egli medesmo di se stesso, 7.42.3 pensò di trarlo per via alpestre e dura 7.42.4 alla vera virtù, mal grado d' esso: 7.42.5 come escellente medico, che cura 7.42.6 con ferro e fuoco e con veneno spesso, 7.42.7 che se ben molto da principio offende, 7.42.8 poi giova al fine, e grazia se gli rende. 7.43.1 Ella non gli era facile, e talmente 7.43.2 fattane cieca di superchio amore, 7.43.3 che, come facea Atlante, solamente 7.43.4 a darli vita avesse posto il core. 7.43.5 Quel più tosto volea che lungamente 7.43.6 vivesse e senza fama e senza onore, 7.43.7 che, con tutta la laude che sia al mondo, 7.43.8 mancasse un anno al suo viver giocondo. 7.44.1 L' avea mandato all' isola d' Alcina, 7.44.2 perché oblïasse l' arme in quella corte; 7.44.3 e come mago di somma dottrina, 7.44.4 ch' usar sapea gl' incanti d' ogni sorte, 7.44.5 avea il cor stretto di quella regina 7.44.6 ne l' amor d' esso d' un laccio sì forte, 7.44.7 che non se ne era mai per poter sciorre, 7.44.8 s' invechiasse Ruggier più di Nestorre. 7.45.1 Or tornando a colei, ch' era presaga 7.45.2 di quanto de' avvenir, dico che tenne 7.45.3 la dritta via dove l' errante e vaga 7.45.4 figlia d' Amon seco a incontrar si venne. 7.45.5 Bradamante vedendo la sua maga, 7.45.6 muta la pena che prima sostenne, 7.45.7 tutta in speranza; e quella l' apre il vero: 7.45.8 ch' ad Alcina è condotto il suo Ruggiero. 7.46.1 La giovane riman presso che morta, 7.46.2 quando ode che 'l suo amante è così lunge; 7.46.3 e più, che nel suo amor periglio porta, 7.46.4 se gran rimedio e subito non giunge: 7.46.5 ma la benigna maga la conforta, 7.46.6 e presta pon l' impiastro ove il duol punge; 7.46.7 e le promette e giura, in pochi giorni 7.46.8 far che Ruggiero a riveder lei torni. 7.47.1 -- Da che, donna (dicea), l' annello hai teco, 7.47.2 che val contra ogni magica fattura, 7.47.3 io non ho dubbio alcun, che s' io l' arreco 7.47.4 là dove Alcina ogni tuo ben ti fura, 7.47.5 ch' io non le rompa il suo disegno, e meco 7.47.6 non ti rimeni la tua dolce cura. 7.47.7 Me n' andrò questa sera alla prim' ora, 7.47.8 e sarò in India al nascer de l' aurora. -- 7.48.1 E seguitando, del modo narrolle 7.48.2 che disegnato avea d' adoperarlo, 7.48.3 per trar del regno effeminato e molle 7.48.4 il caro amante, e in Francia rimenarlo. 7.48.5 Bradamante l' annel del dito tolle; 7.48.6 né solamente avria voluto darlo, 7.48.7 ma dato il core e dato avria la vita, 7.48.8 pur che n' avesse il suo Ruggiero aita. 7.49.1 Le dà l' annello e se le raccomanda; 7.49.2 e più le raccomanda il suo Ruggiero, 7.49.3 a cui per lei mille saluti manda: 7.49.4 poi prese vêr Provenza altro sentiero. 7.49.5 Andò l' incantatrice a un' altra banda; 7.49.6 e per porre in effetto il suo pensiero, 7.49.7 un palafren fece apparir la sera, 7.49.8 ch' avea un piè rosso, e ogn' altra parte nera. 7.50.1 Credo fusse un Alchino o un Farfarello, 7.50.2 che da l' inferno in quella forma trasse; 7.50.3 e scinta e scalza montò sopra a quello, 7.50.4 a chiome sciolte e orribilmente passe: 7.50.5 ma ben di dito si levò l' annello, 7.50.6 perché gl' incanti suoi non le vietasse. 7.50.7 Poi con tal fretta andò, che la matina 7.50.8 si ritrovò ne l' isola d' Alcina. 7.51.1 Quivi mirabilmente transmutosse: 7.51.2 s' accrebbe più d' un palmo di statura, 7.51.3 e fe' le membra a proporzion più grosse; 7.51.4 e restò a punto di quella misura 7.51.5 che si pensò che 'l negromante fosse, 7.51.6 quel che nutrì Ruggier con sì gran cura. 7.51.7 Vestì di lunga barba le mascelle, 7.51.8 e fe' crespa la fronte e l' altra pelle. 7.52.1 Di faccia, di parole e di sembiante 7.52.2 sì lo seppe imitar, che totalmente 7.52.3 potea parer l' incantatore Atlante. 7.52.4 Poi si nascose, e tanto pose mente, 7.52.5 che da Ruggiero allontanar l' amante 7.52.6 Alcina vide un giorno finalmente: 7.52.7 e fu gran sorte; che di stare o d' ire 7.52.8 senza esso un' ora potea mal patire. 7.53.1 Soletto lo trovò, come lo volle, 7.53.2 che si godea il matin fresco e sereno 7.53.3 lungo un bel rio che discorrea d' un colle 7.53.4 verso un laghetto limpido et ameno. 7.53.5 Il suo vestir delizïoso e molle 7.53.6 tutto era d' ozio e di lascivia pieno, 7.53.7 che de sua man gli avea di seta e d' oro 7.53.8 tessuto Alcina con sottil lavoro. 7.54.1 Di ricche gemme un splendido monile 7.54.2 gli discendea dal collo in mezzo il petto; 7.54.3 e ne l' uno e ne l' altro già virile 7.54.4 braccio girava un lucido cerchietto. 7.54.5 Gli avea forato un fil d' oro sottile 7.54.6 ambe l' orecchie, in forma d' annelletto; 7.54.7 e due gran perle pendevano quindi, 7.54.8 qua' mai non ebbon gli Arabi né gl' Indi. 7.55.1 Umide avea l' innanellate chiome 7.55.2 de' più suavi odor che sieno in prezzo: 7.55.3 tutto ne' gesti era amoroso, come 7.55.4 fosse in Valenza a servir donne avezzo: 7.55.5 non era in lui di sano altro che 'l nome; 7.55.6 corrotto tutto il resto, e più che mézzo. 7.55.7 Così Ruggier fu ritrovato, tanto 7.55.8 da l' esser suo mutato per incanto. 7.56.1 Ne la forma d' Atlante se gli affaccia 7.56.2 colei, che la sembianza ne tenea, 7.56.3 con quella grave e venerabil faccia 7.56.4 che Ruggier sempre riverir solea, 7.56.5 con quello occhio pien d' ira e di minaccia, 7.56.6 che sì temuto già fanciullo avea; 7.56.7 dicendo: -- È questo dunque il frutto ch' io 7.56.8 lungamente atteso ho del sudor mio? 7.57.1 Di medolle già d' orsi e di leoni 7.57.2 ti porsi io dunque li primi alimenti; 7.57.3 t' ho per caverne et orridi burroni 7.57.4 fanciullo avezzo a strangolar serpenti, 7.57.5 pantere e tigri disarmar d' ungioni, 7.57.6 et a vivi cingial trar spesso i denti, 7.57.7 acciò che, dopo tanta disciplina, 7.57.8 tu sii l' Adone o l' Atide d' Alcina? 7.58.1 È questo, quel che l' osservate stelle, 7.58.2 le sacre fibre e gli accoppiati punti, 7.58.3 responsi, augùri, sogni e tutte quelle 7.58.4 sorti, ove ho troppo i miei studi consunti, 7.58.5 di te promesso sin da le mammelle 7.58.6 m' avean, come quest' anni fusser giunti: 7.58.7 ch' in arme l' opre tue così preclare 7.58.8 esser dovean, che sarian senza pare? 7.59.1 Questo è ben veramente alto principio 7.59.2 onde si può sperar che tu sia presto 7.59.3 a farti un Alessandro, un Iulio, un Scipio! 7.59.4 Chi potea, ohimè! di te mai creder questo, 7.59.5 che ti facessi d' Alcina mancipio? 7.59.6 E perché ognun lo veggia manifesto, 7.59.7 al collo et alle braccia hai la catena 7.59.8 con che ella a voglia sua preso ti mena. 7.60.1 Se non ti muovon le tue proprie laudi, 7.60.2 e l' opre escelse a chi t' ha il cielo eletto, 7.60.3 la tua successïon perché defraudi 7.60.4 del ben che mille volte io t' ho predetto? 7.60.5 Deh, perché il ventre eternamente claudi, 7.60.6 dove il ciel vuol che sia per te concetto 7.60.7 la glorïosa e soprumana prole 7.60.8 ch' esser de' al mondo più chiara che 'l sole? 7.61.1 Deh, non vietar che le più nobil alme 7.61.2 che sian formate ne l' eterne idee, 7.61.3 di tempo in tempo abbian corporee salme 7.61.4 dal ceppo che radice in te aver dee! 7.61.5 Deh non vietar mille trionfi e palme, 7.61.6 con che, dopo aspri danni e piaghe ree, 7.61.7 tuoi figli, tuoi nipoti e successori 7.61.8 Italia torneran nei primi onori! 7.62.1 Non ch' a piegarti a questo tante e tante 7.62.2 anime belle aver dovesson pondo, 7.62.3 che chiare, illustri, inclite, invitte e sante 7.62.4 son per fiorir da l' arbor tuo fecondo; 7.62.5 ma ti dovria una coppia esser bastante: 7.62.6 Ippolito e il fratel; che pochi il mondo 7.62.7 ha tali avuti ancor fin al dì d' oggi, 7.62.8 per tutti i gradi onde a virtù si poggi. 7.63.1 Io solea più di questi dui narrarti, 7.63.2 ch' io non facea di tutti gli altri insieme; 7.63.3 sì perché essi terran le maggior parti, 7.63.4 che gli altri tuoi, ne le virtù supreme; 7.63.5 sì perché al dir di lor mi vedea darti 7.63.6 più attenzïon, che d' altri del tuo seme: 7.63.7 vedea goderti che sì chiari eroi 7.63.8 esser dovessen dei nipoti tuoi. 7.64.1 Che ha costei che t' hai fatto regina, 7.64.2 che non abbian mill' altre meretrici? 7.64.3 costei che di tant' altri è concubina, 7.64.4 ch' al fin sai ben s' ella suol far felici. 7.64.5 Ma perché tu conosca chi sia Alcina, 7.64.6 levatone le fraudi e gli artifici, 7.64.7 tien questo annello in dito, e torna ad ella; 7.64.8 ch' aveder ti potrai come sia bella. -- 7.65.1 Ruggier si stava vergognoso e muto 7.65.2 mirando in terra, e mal sapea che dire; 7.65.3 a cui la maga nel dito minuto 7.65.4 pose l' annello, e lo fe' risentire. 7.65.5 Come Ruggiero in sé fu rivenuto, 7.65.6 di tanto scorno si vide assalire, 7.65.7 ch' esser vorria sotterra mille braccia; 7.65.8 ch' alcun veder non lo potesse in faccia. 7.66.1 Ne la sua prima forma in uno instante, 7.66.2 così parlando, la maga rivenne; 7.66.3 né bisognava più quella d' Atlante, 7.66.4 seguitone l' effetto per che venne. 7.66.5 Per dirvi quel ch' io non vi dissi inante, 7.66.6 costei Melissa nominata venne, 7.66.7 ch' or diè a Ruggier di sé notizia vera, 7.66.8 e dissegli a che effetto venuta era; 7.67.1 mandata da colei, che d' amor piena 7.67.2 sempre il disia, né più può starne senza, 7.67.3 per liberarlo da quella catena 7.67.4 di che lo cinse magica violenza: 7.67.5 e preso avea d' Atlante di Carena 7.67.6 la forma, per trovar meglio credenza. 7.67.7 Ma poi ch' a sanità l' ha omai ridutto, 7.67.8 gli vuole aprire e far che veggia il tutto. 7.68.1 -- Quella donna gentil che t' ama tanto, 7.68.2 quella che del tuo amor degna sarebbe, 7.68.3 a cui, se non ti scorda, tu sai quanto 7.68.4 tua libertà, da lei servata, debbe; 7.68.5 questo annel che ripara ad ogni incanto 7.68.6 ti manda: e così il cor mandato avrebbe, 7.68.7 s' avesse avuto il cor così virtute, 7.68.8 come l' annello, atta alla tua salute. -- 7.69.1 E seguitò narrandogli l' amore 7.69.2 che Bradamante gli ha portato e porta; 7.69.3 di quella insieme comendò il valore, 7.69.4 in quanto il vero e l' affezion comporta; 7.69.5 et usò modo e termine migliore 7.69.6 che si convenga a messaggiera accorta: 7.69.7 et in quel odio Alcina a Ruggier pose, 7.69.8 in che soglionsi aver l' orribil cose. 7.70.1 In odio gli la pose, ancor che tanto 7.70.2 l' amasse dianzi: e non vi paia strano, 7.70.3 quando il suo amor per forza era d' incanto, 7.70.4 ch' essendovi l' annel, rimase vano. 7.70.5 Fece l' annel palese ancor, che quanto 7.70.6 di beltà Alcina avea, tutto era estrano: 7.70.7 estrano avea, e non suo, dal piè alla treccia; 7.70.8 il bel ne sparve, e le restò la feccia. 7.71.1 Come fanciullo che maturo frutto 7.71.2 ripone, e poi si scorda ove è riposto, 7.71.3 e dopo molti giorni è ricondutto 7.71.4 là dove truova a caso il suo deposto, 7.71.5 si maraviglia di vederlo tutto 7.71.6 putrido e guasto, e non come fu posto; 7.71.7 e dove amarlo e caro aver solia, 7.71.8 l' odia, sprezza, n' ha schivo, e getta via: 7.72.1 così Ruggier, poi che Melissa fece 7.72.2 ch' a riveder se ne tornò la fata 7.72.3 con quell' annello inanzi a cui non lece, 7.72.4 quando s' ha in dito, usare opra incantata, 7.72.5 ritruova, contra ogni sua stima, invece 7.72.6 de la bella, che dianzi avea lasciata, 7.72.7 donna sì laida, che la terra tutta 7.72.8 né la più vecchia avea né la più brutta. 7.73.1 Pallido, crespo e macilente avea 7.73.2 Alcina il viso, il crin raro e canuto: 7.73.3 sua statura a sei palmi non giungea: 7.73.4 ogni dente di bocca era caduto; 7.73.5 che più d' Ecuba e più de la Cumea, 7.73.6 et avea più d' ogn' altra mai vivuto. 7.73.7 Ma sì l' arti usa al nostro tempo ignote, 7.73.8 che bella e giovanetta parer puote. 7.74.1 Giovane e bella ella si fa con arte, 7.74.2 sì che molti ingannò come Ruggiero; 7.74.3 ma l' annel venne a interpretar le carte, 7.74.4 che già molti anni avean celato il vero. 7.74.5 Miracol non è dunque, se si parte 7.74.6 de l' animo a Ruggiero ogni pensiero 7.74.7 ch' avea d' amare Alcina, or che la truova 7.74.8 in guisa, che sua fraude non le giova. 7.75.1 Ma come l' avisò Melissa, stette 7.75.2 senza mutare il solito sembiante, 7.75.3 fin che de l' arme sue, più dì neglette, 7.75.4 si fu vestito dal capo alle piante; 7.75.5 e per non farle ad Alcina suspette, 7.75.6 finse provar s' in esse era aiutante, 7.75.7 finse provar se gli era fatto grosso, 7.75.8 dopo alcun dì che non l' ha avute indosso. 7.76.1 E Balisarda poi si messe al fianco 7.76.2 (che così nome la sua spada avea); 7.76.3 e lo scudo mirabile tolse anco, 7.76.4 che non pur gli occhi abbarbagliar solea, 7.76.5 ma l' anima facea sì venir manco, 7.76.6 che dal corpo esalata esser parea. 7.76.7 Lo tolse, e col zendado in che trovollo, 7.76.8 che tutto lo copria, sel messe al collo. 7.77.1 Venne alla stalla, e fece briglia e sella 7.77.2 porre a un destrier più che la pece nero: 7.77.3 così Melissa l' avea instrutto; ch' ella 7.77.4 sapea quanto nel corso era leggiero. 7.77.5 Chi lo conosce, Rabican l' appella; 7.77.6 et è quel proprio che col cavalliero 7.77.7 del quale i venti or presso al mar fan gioco, 7.77.8 portò già la balena in questo loco. 7.78.1 Potea aver l' ippogrifo similmente, 7.78.2 che presso a Rabicano era legato; 7.78.3 ma gli avea detto la maga: -- Abbi mente, 7.78.4 ch' egli è (come tu sai) troppo sfrenato. -- 7.78.5 E gli diede intenzion che 'l dì seguente 7.78.6 gli lo trarrebbe fuor di quello stato, 7.78.7 là dove ad agio poi sarebbe instrutto 7.78.8 come frenarlo e farlo gir per tutto. 7.79.1 Né sospetto darà, se non lo tolle, 7.79.2 de la tacita fuga ch' apparecchia. 7.79.3 Fece Ruggier come Melissa volle, 7.79.4 ch' invisibile ognor gli era all' orecchia. 7.79.5 Così fingendo, del lascivo e molle 7.79.6 palazzo uscì de la puttana vecchia; 7.79.7 e si venne accostando ad una porta, 7.79.8 donde è la via ch' a Logistilla il porta. 7.80.1 Assaltò li guardiani all' improviso, 7.80.2 e si cacciò tra lor col ferro in mano, 7.80.3 e qual lasciò ferito, e quale ucciso; 7.80.4 e corse fuor del ponte a mano a mano: 7.80.5 e prima che n' avesse Alcina aviso, 7.80.6 di molto spazio fu Ruggier lontano. 7.80.7 Dirò ne l' altro canto che via tenne; 7.80.8 poi come a Logistilla se ne venne.
CANTO VIII
8.1.1 Oh quante sono incantatrici, oh quanti 8.1.2 incantator tra noi, che non si sanno! 8.1.3 che con lor arti uomini e donne amanti 8.1.4 di sé, cangiando i visi lor, fatto hanno. 8.1.5 Non con spirti constretti tali incanti, 8.1.6 né con osservazion di stelle fanno; 8.1.7 ma con simulazion, menzogne e frodi 8.1.8 legano i cor d' indissolubil nodi. 8.2.1 Chi l' annello d' Angelica, o più tosto 8.2.2 chi avesse quel de la ragion, potria 8.2.3 veder a tutti il viso, che nascosto 8.2.4 da finzïone e d' arte non saria. 8.2.5 Tal ci par bello e buono, che, deposto 8.2.6 il liscio, brutto e rio forse parria. 8.2.7 Fu gran ventura quella di Ruggiero, 8.2.8 ch' ebbe l' annel che gli scoperse il vero. 8.3.1 Ruggier (come io dicea) dissimulando, 8.3.2 su Rabican venne alla porta armato: 8.3.3 trovò le guardie sprovedute, e quando 8.3.4 giunse tra lor, non tenne il brando a lato. 8.3.5 Chi morto e chi a mal termine lasciando, 8.3.6 esce del ponte, e il rastrello ha spezzato: 8.3.7 prende al bosco la via; ma poco corre, 8.3.8 ch' ad un de' servi de la fata occorre. 8.4.1 Il servo in pugno avea un augel grifagno 8.4.2 che volar con piacer facea ogni giorno, 8.4.3 ora a campagna, ora a un vicino stagno, 8.4.4 dove era sempre da far preda intorno: 8.4.5 avea da lato il can fido compagno: 8.4.6 cavalcava un ronzin non troppo adorno. 8.4.7 Ben pensò che Ruggier dovea fuggire, 8.4.8 quando lo vide in tal fretta venire. 8.5.1 Se gli fe' incontra, e con sembiante altiero 8.5.2 gli domandò perché in tal fretta gisse. 8.5.3 Risponder non gli vòlse il buon Ruggiero: 8.5.4 perciò colui, più certo che fuggisse, 8.5.5 di volerlo arrestar fece pensiero; 8.5.6 e distendendo il braccio manco, disse: 8.5.7 -- Che dirai tu, se subito ti fermo? 8.5.8 se contra questo augel non avrai schermo? -- 8.6.1 Spinge l' augello: e quel batte sì l' ale, 8.6.2 che non l' avanza Rabican di corso. 8.6.3 Del palafreno il cacciator giù sale, 8.6.4 e tutto a un tempo gli ha levato il morso. 8.6.5 Quel par da l' arco uno aventato strale, 8.6.6 di calci formidabile e di morso; 8.6.7 e 'l servo dietro sì veloce viene, 8.6.8 che par ch' il vento, anzi che il fuoco il mene. 8.7.1 Non vuol parere il can d' esser più tardo, 8.7.2 ma segue Rabican con quella fretta 8.7.3 con che le lepri suol seguire il pardo. 8.7.4 Vergogna a Ruggier par, se non aspetta. 8.7.5 Voltasi a quel che vien sì a piè gagliardo; 8.7.6 né gli vede arme, fuor ch' una bacchetta, 8.7.7 quella con che ubidire al cane insegna: 8.7.8 Ruggier di trar la spada si disdegna. 8.8.1 Quel se gli appressa, e forte lo percuote; 8.8.2 lo morde a un tempo il can nel piede manco. 8.8.3 Lo sfrenato destrier la groppa scuote 8.8.4 tre volte e più, né falla il destro fianco. 8.8.5 Gira l' augello e gli fa mille ruote, 8.8.6 e con l' ugna sovente il ferisce anco: 8.8.7 sì il destrier collo strido impaurisce, 8.8.8 ch' alla mano e allo spron poco ubidisce. 8.9.1 Ruggiero, al fin constretto, il ferro caccia; 8.9.2 e perché tal molestia se ne vada, 8.9.3 or gli animali, or quel villan minaccia 8.9.4 col taglio e con la punta de la spada. 8.9.5 Quella importuna turba più l' impaccia: 8.9.6 presa ha chi qua chi là tutta la strada. 8.9.7 Vede Ruggiero il disonore e il danno 8.9.8 che gli averrà, se più tardar lo fanno. 8.10.1 Sa ch' ogni poco più ch' ivi rimane, 8.10.2 Alcina avrà col populo alle spalle: 8.10.3 di trombe, di tamburi e di campane 8.10.4 già s' ode alto rumore in ogni valle. 8.10.5 Contra un servo senza arme e contra un cane 8.10.6 gli par ch' a usar la spada troppo falle: 8.10.7 meglio e più breve è dunque che gli scopra 8.10.8 lo scudo che d' Atlante era stato opra. 8.11.1 Levò il drappo vermiglio in che coperto 8.11.2 già molti giorni lo scudo si tenne. 8.11.3 Fece l' effetto mille volte esperto 8.11.4 il lume, ove a ferir negli occhi venne: 8.11.5 resta dai sensi il cacciator deserto, 8.11.6 cade il cane e il ronzin, cadon le penne, 8.11.7 ch' in aria sostener l' augel non ponno. 8.11.8 Lieto Ruggier li lascia in preda al sonno. 8.12.1 Alcina, ch' avea intanto avuto aviso 8.12.2 di Ruggier, che sforzato avea la porta, 8.12.3 e de la guardia buon numero ucciso, 8.12.4 fu, vinta dal dolor, per restar morta. 8.12.5 Squarciossi i panni e si percosse il viso, 8.12.6 e sciocca nominossi e malaccorta; 8.12.7 e fece dar all' arme immantinente, 8.12.8 e intorno a sé raccor tutta sua gente. 8.13.1 E poi ne fa due parti, e manda l' una 8.13.2 per quella strada ove Ruggier camina; 8.13.3 al porto l' altra subito raguna, 8.13.4 imbarca, et uscir fa ne la marina: 8.13.5 sotto le vele aperte il mar s' imbruna. 8.13.6 Con questi va la disperata Alcina, 8.13.7 che 'l desiderio di Ruggier sì rode, 8.13.8 che lascia sua città senza custode. 8.14.1 Non lascia alcuno a guardia del palagio: 8.14.2 il che a Melissa, che stava alla posta 8.14.3 per liberar di quel regno malvagio 8.14.4 la gente ch' in miseria v' era posta, 8.14.5 diede commodità, diede grande agio 8.14.6 di gir cercando ogni cosa a sua posta, 8.14.7 imagini abbruciar, suggelli tôrre, 8.14.8 e nodi e rombi e turbini disciorre. 8.15.1 Indi pei campi accelerando i passi, 8.15.2 gli antiqui amanti ch' erano in gran torma 8.15.3 conversi in fonti, in fere, in legni, in sassi, 8.15.4 fe' ritornar ne la lor prima forma. 8.15.5 E quei, poi ch' allargati furo i passi, 8.15.6 tutti del buon Ruggier seguiron l' orma: 8.15.7 a Logistilla si salvaro; et indi 8.15.8 tornaro a Sciti, a Persi, a Greci, ad Indi. 8.16.1 Li rimandò Melissa in lor paesi, 8.16.2 con obligo di mai non esser sciolto. 8.16.3 Fu inanzi agli altri il duca degl' Inglesi 8.16.4 ad esser ritornato in uman volto; 8.16.5 che 'l parentado in questo e li cortesi 8.16.6 prieghi del bon Ruggier gli giovâr molto: 8.16.7 oltre i prieghi, Ruggier le diè l' annello, 8.16.8 acciò meglio potesse aiutar quello. 8.17.1 A' prieghi dunque di Ruggier, rifatto 8.17.2 fu 'l paladin ne la sua prima faccia. 8.17.3 Nulla pare a Melissa d' aver fatto, 8.17.4 quando ricovrar l' arme non gli faccia, 8.17.5 e quella lancia d' or, ch' al primo tratto 8.17.6 quanti ne tocca de la sella caccia: 8.17.7 de l' Argalia, poi fu d' Astolfo lancia, 8.17.8 e molto onor fe' a l' uno e a l' altro in Francia. 8.18.1 Trovò Melissa questa lancia d' oro, 8.18.2 ch' Alcina avea reposta nel palagio, 8.18.3 e tutte l' arme che del duca fôro, 8.18.4 e gli fur tolte ne l' ostel malvagio. 8.18.5 Montò il destrier del negromante moro, 8.18.6 e fe' montar Astolfo in groppa ad agio; 8.18.7 e quindi a Logistilla si condusse 8.18.8 d' un' ora prima che Ruggier vi fusse. 8.19.1 Tra duri sassi e folte spine gìa 8.19.2 Ruggiero intanto invêr la fata saggia, 8.19.3 di balzo in balzo, e d' una in altra via 8.19.4 aspra, solinga, inospita e selvaggia; 8.19.5 tanto ch' a gran fatica riuscia 8.19.6 su la fervida nona in una spiaggia 8.19.7 tra 'l mare e 'l monte, al mezzodì scoperta, 8.19.8 arsiccia, nuda, sterile e deserta. 8.20.1 Percuote il sole ardente il vicin colle; 8.20.2 e del calor che si riflette a dietro, 8.20.3 in modo l' aria e l' arena ne bolle, 8.20.4 che saria troppo a far liquido il vetro. 8.20.5 Stassi cheto ogni augello all' ombra molle: 8.20.6 sol la cicala col noioso metro 8.20.7 fra i densi rami del fronzuto stelo 8.20.8 le valli e i monti assorda, e il mare e il cielo. 8.21.1 Quivi il caldo, la sete, e la fatica 8.21.2 ch' era di gir per quella via arenosa, 8.21.3 facean, lungo la spiaggia erma et aprica, 8.21.4 a Ruggier compagnia grave e noiosa. 8.21.5 Ma perché non convien che sempre io dica, 8.21.6 né ch' io vi occupi sempre in una cosa, 8.21.7 io lascerò Ruggiero in questo caldo, 8.21.8 e girò in Scozia a ritrovar Rinaldo. 8.22.1 Era Rinaldo molto ben veduto 8.22.2 dal re, da la figliola e dal paese. 8.22.3 Poi la cagion che quivi era venuto, 8.22.4 più ad agio il paladin fece palese: 8.22.5 ch' in nome del suo re chiedeva aiuto 8.22.6 e dal regno di Scozia e da l' inglese; 8.22.7 et ai preghi suggiunse anco di Carlo, 8.22.8 giustissime cagion di dover farlo. 8.23.1 Dal re, senza indugiar, gli fu risposto, 8.23.2 che di quanto sua forza s' estendea, 8.23.3 per utile et onor sempre disposto 8.23.4 di Carlo e de l' Imperio esser volea; 8.23.5 e che fra pochi dì gli avrebbe posto 8.23.6 più cavallieri in punto che potea; 8.23.7 e se non ch' esso era oggimai pur vecchio, 8.23.8 capitano verria del suo apparecchio. 8.24.1 Né tal rispetto ancor gli parria degno 8.24.2 di farlo rimaner, se non avesse 8.24.3 il figlio, che di forza, e più d' ingegno, 8.24.4 dignissimo era a chi 'l governo desse, 8.24.5 ben che non si trovasse allor nel regno; 8.24.6 ma che sperava che venir dovesse 8.24.7 mentre ch' insieme aduneria lo stuolo; 8.24.8 e ch' adunato il troveria il figliuolo. 8.25.1 Così mandò per tutta la sua terra 8.25.2 suoi tesorieri a far cavalli e gente; 8.25.3 navi apparecchia e munizion da guerra, 8.25.4 vettovaglia e danar maturamente. 8.25.5 Venne intanto Rinaldo in Inghilterra, 8.25.6 e 'l re nel suo partir cortesemente 8.25.7 insino a Beroicche accompagnollo; 8.25.8 e visto pianger fu quando lasciollo. 8.26.1 Spirando il vento prospero alla poppa, 8.26.2 monta Rinaldo, et a Dio dice a tutti: 8.26.3 la fune indi al vïaggio il nocchier sgroppa; 8.26.4 tanto che giunge ove nei salsi flutti 8.26.5 il bel Tamigi amareggiando intoppa. 8.26.6 Col gran flusso del mar quindi condutti 8.26.7 i naviganti per camin sicuro 8.26.8 a vela e remi insino a Londra furo. 8.27.1 Rinaldo avea da Carlo e dal re Otone, 8.27.2 che con Carlo in Parigi era assediato, 8.27.3 al principe di Vallia commissione 8.27.4 per contrasegni e lettere portato, 8.27.5 che ciò che potea far la regïone 8.27.6 di fanti e di cavalli in ogni lato, 8.27.7 tutto debba a Calesio traghittarlo, 8.27.8 sì che aiutar si possa Francia e Carlo. 8.28.1 Il principe ch' io dico, ch' era, in vece 8.28.2 d' Oton, rimaso nel seggio reale, 8.28.3 a Rinaldo d' Amon tanto onor fece, 8.28.4 che non l' avrebbe al suo re fatto uguale: 8.28.5 indi alle sue domande satisfece; 8.28.6 perché a tutta la gente marzïale 8.28.7 e di Bretagna e de l' isole intorno 8.28.8 di ritrovarsi al mar prefisse il giorno. 8.29.1 Signor, far mi convien come fa il buono 8.29.2 sonator sopra il suo instrumento arguto, 8.29.3 che spesso muta corda, e varia suono, 8.29.4 ricercando ora il grave, ora l' acuto. 8.29.5 Mentre a dir di Rinaldo attento sono, 8.29.6 d' Angelica gentil m' è sovenuto, 8.29.7 di che lasciai ch' era da lui fuggita, 8.29.8 e ch' avea riscontrato uno eremita. 8.30.1 Alquanto la sua istoria io vo' seguire. 8.30.2 Dissi che domandava con gran cura, 8.30.3 come potesse alla marina gire; 8.30.4 che di Rinaldo avea tanta paura, 8.30.5 che, non passando il mar, credea morire, 8.30.6 né in tutta Europa si tenea sicura: 8.30.7 ma l' eremita a bada la tenea, 8.30.8 perché di star con lei piacere avea. 8.31.1 Quella rara bellezza il cor gli accese, 8.31.2 e gli scaldò le frigide medolle: 8.31.3 ma poi che vide che poco gli attese, 8.31.4 e ch' oltra soggiornar seco non volle, 8.31.5 di cento punte l' asinello offese; 8.31.6 né di sua tardità però lo tolle: 8.31.7 e poco va di passo e men di trotto, 8.31.8 né stender gli si vuol la bestia sotto. 8.32.1 E perché molto dilungata s' era, 8.32.2 e poco più, n' avria perduta l' orma, 8.32.3 ricorse il frate alla spelonca nera, 8.32.4 e di demoni uscir fece una torma: 8.32.5 e ne sceglie uno di tutta la schiera, 8.32.6 e del bisogno suo prima l' informa; 8.32.7 poi lo fa entrare adosso al corridore, 8.32.8 che via gli porta con la donna il core. 8.33.1 E qual sagace can, nel monte usato 8.33.2 a volpi o lepri dar spesso la caccia, 8.33.3 che se la fera andar vede da un lato, 8.33.4 ne va da un altro, e par sprezzi la traccia; 8.33.5 al varco poi lo senteno arrivato, 8.33.6 che l' ha già in bocca, e l' apre il fianco e straccia: 8.33.7 tal l' eremita per diversa strada 8.33.8 aggiugnerà la donna ovunque vada. 8.34.1 Che sia il disegno suo, ben io comprendo: 8.34.2 e dirollo anco a voi, ma in altro loco. 8.34.3 Angelica di ciò nulla temendo, 8.34.4 cavalcava a giornate, or molto or poco. 8.34.5 Nel cavallo il demon si gìa coprendo, 8.34.6 come si cuopre alcuna volta il fuoco, 8.34.7 che con sì grave incendio poscia avampa, 8.34.8 che non si estingue, e a pena se ne scampa. 8.35.1 Poi che la donna preso ebbe il sentiero 8.35.2 dietro il gran mar che li Guasconi lava, 8.35.3 tenendo appresso all' onde il suo destriero, 8.35.4 dove l' umor la via più ferma dava; 8.35.5 quel le fu tratto dal demonio fiero 8.35.6 ne l' acqua sì, che dentro vi nuotava. 8.35.7 Non sa che far la timida donzella, 8.35.8 se non tenersi ferma in su la sella. 8.36.1 Per tirar briglia, non gli può dar volta: 8.36.2 più e più sempre quel si caccia in alto. 8.36.3 Ella tenea la vesta in su raccolta 8.36.4 per non bagnarla, e traea i piedi in alto. 8.36.5 Per le spalle la chioma iva disciolta, 8.36.6 e l' aura le facea lascivo assalto. 8.36.7 Stavano cheti tutti i maggior venti, 8.36.8 forse a tanta beltà, col mare, attenti. 8.37.1 Ella volgea i begli occhi a terra invano, 8.37.2 che bagnavan di pianto il viso e 'l seno, 8.37.3 e vedea il lito andar sempre lontano 8.37.4 e decrescer più sempre e venir meno. 8.37.5 Il destrier, che nuotava a destra mano, 8.37.6 dopo un gran giro la portò al terreno 8.37.7 tra scuri sassi e spaventose grotte, 8.37.8 già cominciando ad oscurar la notte. 8.38.1 Quando si vide sola in quel deserto, 8.38.2 che a riguardarlo sol, mettea paura, 8.38.3 ne l' ora che nel mar Febo coperto 8.38.4 l' aria e la terra avea lasciata oscura, 8.38.5 fermossi in atto ch' avria fatto incerto 8.38.6 chiunque avesse vista sua figura, 8.38.7 s' ella era donna sensitiva e vera, 8.38.8 o sasso colorito in tal maniera. 8.39.1 Stupida e fissa nella incerta sabbia, 8.39.2 coi capelli disciolti e rabuffati, 8.39.3 con le man giunte e con l' immote labbia, 8.39.4 i languidi occhi al ciel tenea levati, 8.39.5 come accusando il gran Motor che l' abbia 8.39.6 tutti inclinati nel suo danno i fati. 8.39.7 Immota e come attonita stè alquanto; 8.39.8 poi sciolse al duol la lingua, e gli occhi al pianto. 8.40.1 Dicea: -- Fortuna, che più a far ti resta 8.40.2 acciò di me ti sazii e ti disfami? 8.40.3 che dar ti posso omai più, se non questa 8.40.4 misera vita? ma tu non la brami; 8.40.5 ch' ora a trarla del mar sei stata presta, 8.40.6 quando potea finir suoi giorni grami: 8.40.7 perché ti parve di voler più ancora 8.40.8 vedermi tormentar prima ch' io muora. 8.41.1 Ma che mi possi nuocere non veggio, 8.41.2 più di quel che sin qui nociuto m' hai. 8.41.3 Per te cacciata son del real seggio, 8.41.4 dove più ritornar non spero mai: 8.41.5 ho perduto l' onor, ch' è stato peggio; 8.41.6 che, se ben con effetto io non peccai, 8.41.7 io do però materia ch' ognun dica 8.41.8 ch' essendo vagabonda io sia impudica. 8.42.1 Ch' aver può donna al mondo più di buono, 8.42.2 a cui la castità levata sia? 8.42.3 Mi nuoce, ahimè! ch' io son giovane, e sono 8.42.4 tenuta bella, o sia vero o bugia. 8.42.5 Già non ringrazio il ciel di questo dono; 8.42.6 che di qui nasce ogni ruina mia: 8.42.7 morto per questo fu Argalia mio frate; 8.42.8 che poco gli giovâr l' arme incantate: 8.43.1 per questo il re di Tartaria Agricane 8.43.2 disfece il genitor mio Galafrone, 8.43.3 ch' in India, del Cataio era gran Cane; 8.43.4 onde io son giunta a tal condizïone, 8.43.5 che muto albergo da sera a dimane. 8.43.6 Se l' aver, se l' onor, se le persone 8.43.7 m' hai tolto, e fatto il mal che far mi puoi, 8.43.8 a che più doglia anco serbar mi vuoi? 8.44.1 Se l' affogarmi in mar morte non era 8.44.2 a tuo senno crudel, pur ch' io ti sazii, 8.44.3 non recuso che mandi alcuna fera 8.44.4 che mi divori, e non mi tenga in strazii. 8.44.5 D' ogni martìr che sia, pur ch' io ne pèra, 8.44.6 esser non può ch' assai non ti ringrazii. -- 8.44.7 Così dicea la donna con gran pianto, 8.44.8 quando le apparve l' eremita accanto. 8.45.1 Avea mirato da l' estrema cima 8.45.2 d' un rilevato sasso l' eremita 8.45.3 Angelica, che giunta alla parte ima 8.45.4 è de lo scoglio, afflitta e sbigottita. 8.45.5 Era sei giorni egli venuto prima; 8.45.6 ch' un demonio il portò per via non trita: 8.45.7 e venne a lei fingendo divozione 8.45.8 quanta avesse mai Paulo o Ilarïone. 8.46.1 Come la donna il cominciò a vedere, 8.46.2 prese, non conoscendolo, conforto; 8.46.3 e cessò a poco a poco il suo temere, 8.46.4 ben che ella avesse ancora il viso smorto. 8.46.5 Come fu presso, disse: -- Miserere, 8.46.6 padre, di me, ch' i' son giunta a mal porto. -- 8.46.7 E con voce interrotta dal singulto 8.46.8 gli disse quel ch' a lui non era occulto. 8.47.1 Comincia l' eremita a confortarla 8.47.2 con alquante ragion belle e divote; 8.47.3 e pon l' audaci man, mentre che parla, 8.47.4 or per lo seno, or per l' umide gote: 8.47.5 poi più sicuro va per abbracciarla; 8.47.6 et ella sdegnosetta lo percuote 8.47.7 con una man nel petto, e lo rispinge, 8.47.8 e d' onesto rossor tutta si tinge. 8.48.1 Egli, ch' allato avea una tasca, aprilla, 8.48.2 e trassene una ampolla di liquore; 8.48.3 e negli occhi possenti, onde sfavilla 8.48.4 la più cocente face ch' abbia Amore, 8.48.5 spruzzò di quel leggiermente una stilla, 8.48.6 che di farla dormire ebbe valore. 8.48.7 Già resupina ne l' arena giace 8.48.8 a tutte voglie del vecchio rapace. 8.49.1 Egli l' abbraccia et a piacer la tocca, 8.49.2 et ella dorme e non può fare ischermo. 8.49.3 Or le bacia il bel petto, ora la bocca; 8.49.4 non è chi 'l veggia in quel loco aspro et ermo. 8.49.5 Ma ne l' incontro il suo destrier trabocca; 8.49.6 ch' al disio non risponde il corpo infermo: 8.49.7 era mal atto, perché avea troppi anni; 8.49.8 e potrà peggio, quanto più l' affanni. 8.50.1 Tutte le vie, tutti li modi tenta, 8.50.2 ma quel pigro rozzon non però salta. 8.50.3 Indarno il fren gli scuote, e lo tormenta; 8.50.4 e non può far che tenga la testa alta. 8.50.5 Al fin presso alla donna s' addormenta; 8.50.6 e nuova altra sciagura anco l' assalta: 8.50.7 non comincia Fortuna mai per poco, 8.50.8 quando un mortal si piglia a scherno e a gioco. 8.51.1 Bisogna, prima ch' io vi narri il caso, 8.51.2 ch' un poco dal sentier dritto mi torca. 8.51.3 Nel mar di tramontana invêr l' occaso, 8.51.4 oltre l' Irlanda una isola si corca, 8.51.5 Ebuda nominata; ove è rimaso 8.51.6 il popul raro, poi che la brutta orca 8.51.7 e l' altro marin gregge la distrusse, 8.51.8 ch' in sua vendetta Proteo vi condusse. 8.52.1 Narran l' antique istorie, o vere o false, 8.52.2 che tenne già quel luogo un re possente, 8.52.3 ch' ebbe una figlia, in cui bellezza valse 8.52.4 e grazia sì, che poté facilmente, 8.52.5 poi che mostrossi in su l' arene salse, 8.52.6 Proteo lasciare in mezzo l' acque ardente; 8.52.7 e quello, un dì che sola ritrovolla, 8.52.8 compresse, e di sé gravida lasciolla. 8.53.1 La cosa fu gravissima e molesta 8.53.2 al padre, più d' ogn' altro empio e severo: 8.53.3 né per iscusa o per pietà, la testa 8.53.4 le perdonò: sì può lo sdegno fiero. 8.53.5 Né per vederla gravida, si resta 8.53.6 di subito esequire il crudo impero: 8.53.7 e 'l nipotin che non avea peccato, 8.53.8 prima fece morir che fosse nato. 8.54.1 Proteo marin, che pasce il fiero armento 8.54.2 di Nettunno che l' onda tutta regge, 8.54.3 sente de la sua donna aspro tormento, 8.54.4 e per grand' ira, rompe ordine e legge; 8.54.5 sì che a mandare in terra non è lento 8.54.6 l' orche e le foche, e tutto il marin gregge, 8.54.7 che distruggon non sol pecore e buoi, 8.54.8 ma ville e borghi e li cultori suoi: 8.55.1 e spesso vanno alle città murate, 8.55.2 e d' ogn' intorno lor mettono assedio. 8.55.3 Notte e dì stanno le persone armate, 8.55.4 con gran timore e dispiacevol tedio: 8.55.5 tutte hanno le campagne abbandonate; 8.55.6 e per trovarvi al fin qualche rimedio, 8.55.7 andârsi a consigliar di queste cose 8.55.8 all' oracol, che lor così rispose: 8.56.1 che trovar bisognava una donzella 8.56.2 che fosse all' altra di bellezza pare, 8.56.3 et a Proteo sdegnato offerir quella, 8.56.4 in cambio de la morta, in lito al mare. 8.56.5 S' a sua satisfazion gli parrà bella, 8.56.6 se la terrà, né li verrà a sturbare: 8.56.7 se per questo non sta, se gli appresenti 8.56.8 una et un' altra, fin che si contenti. 8.57.1 E così cominciò la dura sorte 8.57.2 tra quelle che più grate eran di faccia, 8.57.3 ch' a Proteo ciascun giorno una si porte, 8.57.4 fin che trovino donna che gli piaccia. 8.57.5 La prima e tutte l' altre ebbeno morte; 8.57.6 che tutte giù pel ventre se le caccia 8.57.7 un' orca, che restò presso alla foce, 8.57.8 poi che 'l resto partì del gregge atroce. 8.58.1 O vera o falsa che fosse la cosa 8.58.2 di Proteo (ch' io non so che me ne dica), 8.58.3 servosse in quella terra, con tal chiosa, 8.58.4 contra le donne un' empia lege antica: 8.58.5 che di lor carne l' orca monstruosa 8.58.6 che viene ogni dì al lito, si notrica. 8.58.7 Ben ch' esser donna sia in tutte le bande 8.58.8 danno e sciagura, quivi era pur grande. 8.59.1 Oh misere donzelle che trasporte 8.59.2 fortuna ingiurïosa al lito infausto! 8.59.3 dove le genti stan sul mare accorte 8.59.4 per far de le straniere empio olocausto; 8.59.5 che, come più di fuor ne sono morte, 8.59.6 il numer de le loro è meno esausto: 8.59.7 ma perché il vento ognor preda non mena, 8.59.8 ricercando ne van per ogni arena. 8.60.1 Van discorrendo tutta la marina 8.60.2 con fuste e grippi et altri legni loro, 8.60.3 e da lontana parte e da vicina 8.60.4 portan sollevamento al lor martoro. 8.60.5 Molte donne han per forza e per rapina, 8.60.6 alcune per lusinghe, altre per oro; 8.60.7 e sempre da diverse regïoni 8.60.8 n' hanno piene le torri e le prigioni. 8.61.1 Passando una lor fusta a terra a terra 8.61.2 inanzi a quella solitaria riva 8.61.3 dove fra sterpi in su l' erbosa terra 8.61.4 la sfortunata Angelica dormiva, 8.61.5 smontaro alquanti galeotti in terra 8.61.6 per riportarne e legna et acqua viva; 8.61.7 e di quante mai fur belle e leggiadre 8.61.8 trovaro il fiore in braccio al santo padre. 8.62.1 Oh troppo cara, oh troppo escelsa preda 8.62.2 per sì barbare genti e sì villane! 8.62.3 O Fortuna crudel, chi fia ch' il creda, 8.62.4 che tanta forza hai ne le cose umane, 8.62.5 che per cibo d' un mostro tu conceda 8.62.6 la gran beltà, ch' in India il re Agricane 8.62.7 fece venir da le caucasee porte 8.62.8 con mezza Scizia a guadagnar la morte? 8.63.1 La gran beltà che fu da Sacripante 8.63.2 posta inanzi al suo onore e al suo bel regno; 8.63.3 la gran beltà ch' al gran signor d' Anglante 8.63.4 macchiò la chiara fama e l' alto ingegno; 8.63.5 la gran beltà che fe' tutto Levante 8.63.6 sottosopra voltarsi e stare al segno, 8.63.7 ora non ha (così è rimasa sola) 8.63.8 chi le dia aiuto pur d' una parola. 8.64.1 La bella donna, di gran sonno oppressa, 8.64.2 incatenata fu prima che desta. 8.64.3 Portaro il frate incantator con essa 8.64.4 nel legno pien di turba afflitta e mesta. 8.64.5 La vela, in cima all' arbore rimessa, 8.64.6 rendé la nave all' isola funesta, 8.64.7 dove chiuser la donna in ròcca forte, 8.64.8 fin a quel dì ch' a lei toccò la sorte. 8.65.1 Ma poté sì, per esser tanto bella, 8.65.2 la fiera gente muovere a pietade, 8.65.3 che molti dì le differiron quella 8.65.4 morte, e serbârla a gran necessitade; 8.65.5 e fin ch' ebber di fuore altra donzella, 8.65.6 perdonaro all' angelica beltade. 8.65.7 Al mostro fu condotta finalmente, 8.65.8 piangendo dietro a lei tutta la gente. 8.66.1 Chi narrerà l' angoscie, i pianti, i gridi, 8.66.2 l' alta querela che nel ciel penètra? 8.66.3 Maraviglia ho che non s' apriro i lidi, 8.66.4 quando fu posta in su la fredda pietra, 8.66.5 dove in catena, priva di sussidi, 8.66.6 morte aspettava abominosa e tetra. 8.66.7 Io nol dirò; che sì il dolor mi muove, 8.66.8 che mi sforza voltar le rime altrove, 8.67.1 e trovar versi non tanto lugùbri, 8.67.2 fin che 'l mio spirto stanco si rïabbia; 8.67.3 che non potrian li squalidi colubri, 8.67.4 né l' orba tigre accesa in maggior rabbia, 8.67.5 né ciò che da l' Atlante ai liti rubri 8.67.6 venenoso erra per la calda sabbia, 8.67.7 né veder né pensar senza cordoglio, 8.67.8 Angelica legata al nudo scoglio. 8.68.1 Oh se l' avesse il suo Orlando saputo, 8.68.2 ch' era per ritrovarla ito a Parigi; 8.68.3 o li dui ch' ingannò quel vecchio astuto 8.68.4 col messo che venìa dai luoghi stigi! 8.68.5 fra mille morti, per donarle aiuto, 8.68.6 cercato avrian gli angelici vestigi: 8.68.7 ma che fariano, avendone anco spia, 8.68.8 poi che distanti son di tanta via? 8.69.1 Parigi intanto avea l' assedio intorno 8.69.2 dal famoso figliuol del re Troiano; 8.69.3 e venne a tanta estremitade un giorno, 8.69.4 che n' andò quasi al suo nimico in mano: 8.69.5 e se non che li voti il ciel placorno, 8.69.6 che dilagò di pioggia oscura il piano, 8.69.7 cadea quel dì per l' africana lancia 8.69.8 il santo Imperio e 'l gran nome di Francia. 8.70.1 Il sommo Creator gli occhi rivolse 8.70.2 al giusto lamentar del vecchio Carlo; 8.70.3 e con subita pioggia il fuoco tolse: 8.70.4 né forse uman saper potea smorzarlo. 8.70.5 Savio chiunque a Dio sempre si volse; 8.70.6 ch' altri non poté mai meglio aiutarlo. 8.70.7 Ben dal devoto re fu conosciuto, 8.70.8 che si salvò per lo divino aiuto. 8.71.1 La notte Orlando alle noiose piume 8.71.2 del veloce pensier fa parte assai. 8.71.3 Or quinci or quindi il volta, or lo rassume 8.71.4 tutto in un loco, e non l' afferma mai: 8.71.5 qual d' acqua chiara il tremolante lume, 8.71.6 dal sol percossa o da' notturni rai, 8.71.7 per gli ampli tetti va con lungo salto 8.71.8 a destra et a sinistra, e basso et alto. 8.72.1 La donna sua, che gli ritorna a mente, 8.72.2 anzi che mai non era indi partita, 8.72.3 gli raccende nel core e fa più ardente 8.72.4 la fiamma che nel dì parea sopita. 8.72.5 Costei venuta seco era in Ponente 8.72.6 fin dal Cataio; e qui l' avea smarrita, 8.72.7 né ritrovato poi vestigio d' ella 8.72.8 che Carlo rotto fu presso a Bordella. 8.73.1 Di questo Orlando avea gran doglia, e seco 8.73.2 indarno a sua sciocchezza ripensava. 8.73.3 -- Cor mio (dicea), come vilmente teco 8.73.4 mi son portato! ohimè, quanto mi grava 8.73.5 che potendoti aver notte e dì meco, 8.73.6 quando la tua bontà non mel negava, 8.73.7 t' abbia lasciato in man di Namo porre, 8.73.8 per non sapermi a tanta ingiuria opporre! 8.74.1 Non aveva ragione io di scusarme? 8.74.2 e Carlo non m' avria forse disdetto: 8.74.3 se pur disdetto, e chi potea sforzarme? 8.74.4 chi ti mi volea tôrre al mio dispetto? 8.74.5 non poteva io venir più tosto all' arme? 8.74.6 lasciar più tosto trarmi il cor del petto? 8.74.7 Ma né Carlo né tutta la sua gente 8.74.8 di tormiti per forza era possente. 8.75.1 Almen l' avesse posta in guardia buona 8.75.2 dentro a Parigi o in qualche ròcca forte. 8.75.3 Che l' abbia data a Namo mi consona, 8.75.4 sol perché a perder l' abbia a questa sorte. 8.75.5 Chi la dovea guardar meglio persona 8.75.6 di me? ch' io dovea farlo fino a morte; 8.75.7 guardarla più che 'l cor, che gli occhi miei: 8.75.8 e dovea e potea farlo, e pur nol fei. 8.76.1 Deh, dove senza me, dolce mia vita, 8.76.2 rimasa sei sì giovane e sì bella? 8.76.3 come, poi che la luce è dipartita, 8.76.4 riman tra' boschi la smarrita agnella, 8.76.5 che dal pastor sperando essere udita, 8.76.6 si va lagnando in questa parte e in quella; 8.76.7 tanto che 'l lupo l' ode da lontano, 8.76.8 e 'l misero pastor ne piagne invano. 8.77.1 Dove, speranza mia, dove ora sei? 8.77.2 vai tu soletta forse ancor errando? 8.77.3 o pur t' hanno trovata i lupi rei 8.77.4 senza la guardia del tuo fido Orlando? 8.77.5 e il fior ch' in ciel potea pormi fra i dèi, 8.77.6 il fior ch' intatto io mi venìa serbando 8.77.7 per non turbarti, ohimè! l' animo casto, 8.77.8 ohimè! per forza avranno colto e guasto. 8.78.1 Oh infelice! oh misero! che voglio 8.78.2 se non morir, se 'l mio bel fior colto hanno? 8.78.3 O sommo Dio, fammi sentir cordoglio 8.78.4 prima d' ogn' altro, che di questo danno. 8.78.5 Se questo è ver, con le mie man mi toglio 8.78.6 la vita, e l' alma disperata danno. -- 8.78.7 Così, piangendo forte e sospirando, 8.78.8 seco dicea l' addolorato Orlando. 8.79.1 Già in ogni parte gli animanti lassi 8.79.2 davan riposo ai travagliati spirti, 8.79.3 chi su le piume, e chi sui duri sassi, 8.79.4 e chi su l' erbe, e chi su faggi o mirti: 8.79.5 tu le palpèbre, Orlando, a pena abbassi, 8.79.6 punto da' tuoi pensieri acuti et irti; 8.79.7 né quel sì breve e fuggitivo sonno 8.79.8 godere in pace anco lasciar ti ponno. 8.80.1 Parea ad Orlando, s' una verde riva 8.80.2 d' odoriferi fior tutta dipinta, 8.80.3 mirare il bello avorio, e la nativa 8.80.4 purpura ch' avea Amor di sua man tinta, 8.80.5 e le due chiare stelle onde nutriva 8.80.6 ne le reti d' Amor l' anima avinta: 8.80.7 io parlo de' begli occhi e del bel volto, 8.80.8 che gli hanno il cor di mezzo il petto tolto. 8.81.1 Sentia il maggior piacer, la maggior festa 8.81.2 che sentir possa alcun felice amante; 8.81.3 ma ecco intanto uscire una tempesta 8.81.4 che struggea i fiori, et abbattea le piante: 8.81.5 non se ne suol veder simile a questa, 8.81.6 quando giostra aquilone, austro e levante. 8.81.7 Parea che per trovar qualche coperto, 8.81.8 andasse errando invan per un deserto. 8.82.1 Intanto l' infelice (e non sa come) 8.82.2 perde la donna sua per l' aer fosco; 8.82.3 onde di qua e di là del suo bel nome 8.82.4 fa risonare ogni campagna e bosco. 8.82.5 E mentre dice indarno: -- Misero me! 8.82.6 chi ha cangiata mia dolcezza in tòsco? -- 8.82.7 ode la donna sua che gli domanda, 8.82.8 piangendo, aiuto, e se gli raccomanda. 8.83.1 Onde par ch' esca il grido, va veloce, 8.83.2 e quinci e quindi s' affatica assai. 8.83.3 Oh quanto è il suo dolore aspro et atroce, 8.83.4 che non può rivedere i dolci rai! 8.83.5 Ecco ch' altronde ode da un' altra voce: 8.83.6 -- Non sperar più gioirne in terra mai. -- 8.83.7 A questo orribil grido risvegliossi, 8.83.8 e tutto pien di lacrime trovossi. 8.84.1 Senza pensar che sian l' imagin false 8.84.2 quando per tema o per disio si sogna, 8.84.3 de la donzella per modo gli calse, 8.84.4 che stimò giunta a danno od a vergogna, 8.84.5 che fulminando fuor del letto salse. 8.84.6 Di piastra e maglia, quanto gli bisogna, 8.84.7 tutto guarnissi, e Brigliadoro tolse; 8.84.8 né di scudiero alcun servigio vòlse. 8.85.1 E per potere entrare ogni sentiero, 8.85.2 che la sua dignità macchia non pigli, 8.85.3 non l' onorata insegna del quartiero, 8.85.4 distinta di color bianchi e vermigli, 8.85.5 ma portar vòlse un ornamento nero; 8.85.6 e forse acciò ch' al suo dolor simigli: 8.85.7 e quello avea già tolto a uno amostante, 8.85.8 ch' uccise di sua man pochi anni inante. 8.86.1 Da mezza notte tacito si parte, 8.86.2 e non saluta e non fa motto al zio; 8.86.3 né al fido suo compagno Brandimarte, 8.86.4 che tanto amar solea, pur dice a Dio. 8.86.5 Ma poi che 'l Sol con l' auree chiome sparte 8.86.6 del ricco albergo di Titone uscìo, 8.86.7 e fe' l' ombra fugire umida e nera, 8.86.8 s' avide il re che 'l paladin non v' era. 8.87.1 Con suo gran dispiacer s' avede Carlo 8.87.2 che partito la notte è 'l suo nipote, 8.87.3 quando esser dovea seco e più aiutarlo; 8.87.4 e ritener la còlera non puote, 8.87.5 ch' a lamentarsi d' esso, et a gravarlo 8.87.6 non incominci di biasmevol note; 8.87.7 e minacciar, se non ritorna, e dire 8.87.8 che lo faria di tanto error pentire. 8.88.1 Brandimarte, ch' Orlando amava a pare 8.88.2 di se medesmo, non fece soggiorno; 8.88.3 o che sperasse farlo ritornare, 8.88.4 o sdegno avesse udirne biasmo e scorno: 8.88.5 e vòlse a pena tanto dimorare, 8.88.6 ch' uscisse fuor ne l' oscurar del giorno. 8.88.7 A Fiordiligi sua nulla ne disse, 8.88.8 perché 'l disegno suo non gl' impedisse. 8.89.1 Era questa una donna che fu molto 8.89.2 da lui diletta, e ne fu raro senza; 8.89.3 di costumi, di grazia e di bel volto 8.89.4 dotata e d' accortezza e di prudenza: 8.89.5 e se licenzia or non n' aveva tolto, 8.89.6 fu che sperò tornarle alla presenza 8.89.7 il dì medesmo; ma gli accade poi, 8.89.8 che lo tardò più dei disegni suoi. 8.90.1 E poi ch' ella aspettato quasi un mese 8.90.2 indarno l' ebbe, e che tornar nol vide, 8.90.3 di desiderio sì di lui s' accese, 8.90.4 che si partì senza compagni o guide; 8.90.5 e cercandone andò molto paese, 8.90.6 come l' istoria al luogo suo dicide. 8.90.7 Di questi dua non vi dico or più inante; 8.90.8 che più m' importa il cavallier d' Anglante. 8.91.1 Il qual, poi che mutato ebbe d' Almonte 8.91.2 le glorïose insegne, andò alla porta, 8.91.3 e disse ne l' orecchio: -- Io sono il conte -- 8.91.4 a un capitan che vi facea la scorta; 8.91.5 e fattosi abassar subito il ponte, 8.91.6 per quella strada che più breve porta 8.91.7 agl' inimici, se n' andò diritto. 8.91.8 Quel che seguì, ne l' altro canto è scritto.
CANTO IX
9.1.1 Che non può far d' un cor ch' abbia suggetto 9.1.2 questo crudele e traditore Amore, 9.1.3 poi ch' ad Orlando può levar del petto 9.1.4 la tanta fé che debbe al suo signore? 9.1.5 Già savio e pieno fu d' ogni rispetto, 9.1.6 e de la santa Chiesa difensore: 9.1.7 or per un vano amor, poco del zio, 9.1.8 e di sé poco, e men cura di Dio. 9.2.1 Ma l' escuso io pur troppo, e mi rallegro 9.2.2 nel mio difetto aver compagno tale; 9.2.3 ch' anch' io sono al mio ben languido et egro, 9.2.4 sano e gagliardo a seguitare il male. 9.2.5 Quel se ne va tutto vestito a negro, 9.2.6 né tanti amici abandonar gli cale; 9.2.7 e passa dove d' Africa e di Spagna 9.2.8 la gente era attendata alla campagna: 9.3.1 anzi non attendata, perché sotto 9.3.2 alberi e tetti l' ha sparsa la pioggia 9.3.3 a dieci, a venti, a quattro, a sette, ad otto; 9.3.4 chi più distante e chi più presso alloggia. 9.3.5 Ognuno dorme travagliato e rotto: 9.3.6 chi steso in terra, e chi alla man s' appoggia. 9.3.7 Dormono; e il conte uccider ne può assai: 9.3.8 né però stringe Durindana mai. 9.4.1 Di tanto core è il generoso Orlando, 9.4.2 che non degna ferir gente che dorma. 9.4.3 Or questo, e quando quel luogo cercando 9.4.4 va, per trovar de la sua donna l' orma. 9.4.5 Se truova alcun che veggi, sospirando 9.4.6 gli ne dipinge l' abito e la forma; 9.4.7 e poi lo priega che per cortesia 9.4.8 gl' insegni andar in parte ove ella sia. 9.5.1 E poi che venne il dì chiaro e lucente, 9.5.2 tutto cercò l' esercito moresco: 9.5.3 e ben lo potea far sicuramente, 9.5.4 avendo indosso l' abito arabesco; 9.5.5 et aiutollo in questo parimente, 9.5.6 che sapeva altro idioma che francesco, 9.5.7 e l' africano tanto avea espedito, 9.5.8 che parea nato a Tripoli e nutrito. 9.6.1 Quivi il tutto cercò, dove dimora 9.6.2 fece tre giorni, e non per altro effetto; 9.6.3 poi dentro alle cittadi e a' borghi fuora 9.6.4 non spiò sol per Francia e suo distretto, 9.6.5 ma per Uvernia e per Guascogna ancora 9.6.6 rivide sin all' ultimo borghetto; 9.6.7 e cercò da Provenza alla Bretagna, 9.6.8 e dai Picardi ai termini di Spagna. 9.7.1 Tra il fin d' ottobre e il capo di novembre, 9.7.2 ne la stagion che la frondosa vesta 9.7.3 vede levarsi e discoprir le membre 9.7.4 trepida pianta, fin che nuda resta, 9.7.5 e van gli augelli a strette schiere insembre, 9.7.6 Orlando entrò ne l' amorosa inchiesta; 9.7.7 né tutto il verno appresso lasciò quella, 9.7.8 né la lasciò ne la stagion novella. 9.8.1 Passando un giorno, come avea costume, 9.8.2 d' un paese in un altro, arrivò dove 9.8.3 parte i Normandi dai Britoni un fiume, 9.8.4 e verso il vicin mar cheto si muove; 9.8.5 ch' allora gonfio e bianco gìa di spume 9.8.6 per nieve sciolta e per montane piove: 9.8.7 e l' impeto de l' acqua avea disciolto 9.8.8 e tratto seco il ponte, e il passo tolto. 9.9.1 Con gli occhi cerca or questo lato or quello, 9.9.2 lungo le ripe il paladin, se vede 9.9.3 (quando né pesce egli non è, né augello) 9.9.4 come abbia a por ne l' altra ripa il piede: 9.9.5 et ecco a sé venir vede un battello, 9.9.6 ne la cui poppe una donzella siede, 9.9.7 che di volere a lui venir fa segno; 9.9.8 né lascia poi ch' arrivi in terra il legno. 9.10.1 Prora in terra non pon; che d' esser carca 9.10.2 contra sua volontà forse sospetta. 9.10.3 Orlando priega lei che ne la barca 9.10.4 seco lo tolga, et oltre il fiume il metta. 9.10.5 Et ella lui: -- Qui cavallier non varca, 9.10.6 il qual su la sua fé non mi prometta 9.10.7 di fare una battaglia a mia richiesta, 9.10.8 la più giusta del mondo e la più onesta. 9.11.1 Sì che s' avete, cavallier, desire 9.11.2 di por per me ne l' altra ripa i passi, 9.11.3 promettetemi, prima che finire 9.11.4 quest' altro mese prossimo si lassi, 9.11.5 ch' al re d' Ibernia v' anderete a unire, 9.11.6 appresso al qual la bella armata fassi 9.11.7 per distrugger quell' isola d' Ebuda, 9.11.8 che, di quante il mar cinge, è la più cruda. 9.12.1 Voi dovete saper ch' oltre l' Irlanda, 9.12.2 fra molte che vi son, l' isola giace 9.12.3 nomata Ebuda, che per legge manda 9.12.4 rubando intorno il suo popul rapace; 9.12.5 e quante donne può pigliar, vivanda 9.12.6 tutte destina a un animal vorace 9.12.7 che viene ogni dì al lito, e sempre nuova 9.12.8 donna o donzella, onde si pasca, truova; 9.13.1 che mercanti e corsar che vanno attorno, 9.13.2 ve ne fan copia, e più delle più belle. 9.13.3 Ben potete contare, una per giorno, 9.13.4 quante morte vi sian donne e donzelle. 9.13.5 Ma se pietade in voi truova soggiorno, 9.13.6 se non sète d' Amor tutto ribelle, 9.13.7 siate contento esser tra questi eletto, 9.13.8 che van per far sì fruttuoso effetto. -- 9.14.1 Orlando vòlse a pena udire il tutto, 9.14.2 che giurò d' esser primo a quella impresa, 9.14.3 come quel ch' alcun atto iniquo e brutto 9.14.4 non può sentire, e d' ascoltar gli pesa: 9.14.5 e fu a pensare, indi a temere indutto, 9.14.6 che quella gente Angelica abbia presa; 9.14.7 poi che cercata l' ha per tanta via, 9.14.8 né potutone ancor ritrovar spia. 9.15.1 Questa imaginazion sì gli confuse 9.15.2 e sì gli tolse ogni primier disegno, 9.15.3 che, quanto in fretta più potea, conchiuse 9.15.4 di navigare a quello iniquo regno. 9.15.5 Né prima l' altro sol nel mar si chiuse, 9.15.6 che presso a San Malò ritrovò un legno, 9.15.7 nel qual si pose; e fatto alzar le vele, 9.15.8 passò la notte il monte San Michele. 9.16.1 Breaco e Landriglier lascia a man manca, 9.16.2 e va radendo il gran lito britone; 9.16.3 e poi si drizza invêr l' arena bianca, 9.16.4 onde Ingleterra si nomò Albïone; 9.16.5 ma il vento, ch' era da meriggie, manca, 9.16.6 e soffia tra il ponente e l' aquilone 9.16.7 con tanta forza, che fa al basso porre 9.16.8 tutte le vele, e sé per poppa tôrre. 9.17.1 Quanto il navilio inanzi era venuto 9.17.2 in quattro giorni, in un ritornò indietro, 9.17.3 ne l' alto mar dal buon nochier tenuto, 9.17.4 che non dia in terra e sembri un fragil vetro. 9.17.5 Il vento, poi che furïoso suto 9.17.6 fu quattro giorni, il quinto cangiò metro: 9.17.7 lasciò senza contrasto il legno entrare 9.17.8 dove il fiume d' Anversa ha foce in mare. 9.18.1 Tosto che ne la foce entrò lo stanco 9.18.2 nochier col legno afflitto, e il lito prese, 9.18.3 fuor d' una terra che sul destro fianco 9.18.4 di quel fiume sedeva, un vecchio scese, 9.18.5 di molta età, per quanto il crine bianco 9.18.6 ne dava indicio; il qual tutto cortese, 9.18.7 dopo i saluti, al conte rivoltosse, 9.18.8 che capo giudicò che di lor fosse. 9.19.1 E da parte il pregò d' una donzella, 9.19.2 ch' a lei venir non gli paresse grave, 9.19.3 la qual ritroverebbe, oltre che bella, 9.19.4 più ch' altra al mondo affabile e soave; 9.19.5 over fosse contento aspettar, ch' ella 9.19.6 verrebbe a trovar lui fin alla nave: 9.19.7 né più restio volesse esser di quanti 9.19.8 quivi eran giunti cavallieri erranti; 9.20.1 che nessun altro cavallier, ch' arriva 9.20.2 o per terra o per mare a questa foce, 9.20.3 di ragionar con la donzella schiva, 9.20.4 per consigliarla in un suo caso atroce. 9.20.5 Udito questo, Orlando in su la riva 9.20.6 senza punto indugiarsi uscì veloce; 9.20.7 e come umano e pien di cortesia, 9.20.8 dove il vecchio il menò, prese la via. 9.21.1 Fu ne la terra il paladin condutto 9.21.2 dentro un palazzo, ove al salir le scale, 9.21.3 una donna trovò piena di lutto, 9.21.4 per quanto il viso ne facea segnale, 9.21.5 e i negri panni che coprian per tutto 9.21.6 e le loggie e le camere e le sale; 9.21.7 la qual, dopo accoglienza grata e onesta 9.21.8 fattol seder, gli disse in voce mesta: 9.22.1 -- Io voglio che sappiate che figliuola 9.22.2 fui del conte d' Olanda, a lui sì grata 9.22.3 (quantunque prole io non gli fossi sola; 9.22.4 ch' era da dui fratelli accompagnata), 9.22.5 ch' a quanto io gli chiedea, da lui parola 9.22.6 contraria non mi fu mai replicata. 9.22.7 Standomi lieta in questo stato, avenne 9.22.8 che ne la nostra terra un duca venne. 9.23.1 Duca era di Selandia, e se ne giva 9.23.2 verso Biscaglia a guerreggiar coi Mori. 9.23.3 La bellezza e l' età ch' in lui fioriva, 9.23.4 e li non più da me sentiti amori 9.23.5 con poca guerra me gli fêr captiva; 9.23.6 tanto più che, per quel ch' apparea fuori, 9.23.7 io credea e credo, e creder credo il vero, 9.23.8 ch' amassi et ami me con cor sincero. 9.24.1 Quei giorni che con noi contrario vento, 9.24.2 contrario agli altri, a me propizio, il tenne 9.24.3 (ch' agli altri fur quaranta, a me un momento: 9.24.4 così al fuggire ebbon veloci penne), 9.24.5 fummo più volte insieme a parlamento, 9.24.6 dove, che 'l matrimonio con solenne 9.24.7 rito al ritorno suo saria tra nui, 9.24.8 mi promise egli, et io 'l promisi a lui. 9.25.1 Bireno a pena era da noi partito 9.25.2 (che così ha nome il mio fedele amante), 9.25.3 che 'l re di Frisa (la qual, quanto il lito 9.25.4 del mar divide il fiume, è a noi distante), 9.25.5 disegnando il figliuol farmi marito, 9.25.6 ch' unico al mondo avea, nomato Arbante, 9.25.7 per li più degni del suo stato manda 9.25.8 a domandarmi al mio padre in Olanda. 9.26.1 Io ch' all' amante mio di quella fede 9.26.2 mancar non posso, che gli aveva data, 9.26.3 e ancor ch' io possa, Amor non mi conciede 9.26.4 che poter voglia, e ch' io sia tanto ingrata; 9.26.5 per ruinar la pratica ch' in piede 9.26.6 era gagliarda, e presso al fin guidata, 9.26.7 dico a mio padre, che prima ch' in Frisa 9.26.8 mi dia marito, io voglio essere uccisa. 9.27.1 Il mio buon padre, al qual sol piacea quanto 9.27.2 a me piacea, né mai turbar mi vòlse, 9.27.3 per consolarmi e far cessare il pianto 9.27.4 ch' io ne facea, la pratica disciolse: 9.27.5 di che il superbo re di Frisa tanto 9.27.6 isdegno prese e a tanto odio si volse, 9.27.7 ch' entrò in Olanda, e cominciò la guerra 9.27.8 che tutto il sangue mio cacciò sotterra. 9.28.1 Oltre che sia robusto, e sì possente, 9.28.2 che pochi pari a nostra età ritruova, 9.28.3 e sì astuto in mal far, ch' altrui nïente 9.28.4 la possanza, l' ardir, l' ingegno giova; 9.28.5 porta alcun' arme che l' antica gente 9.28.6 non vide mai, né, fuor ch' a lui, la nuova: 9.28.7 un ferro bugio, lungo da dua braccia, 9.28.8 dentro a cui polve et una palla caccia. 9.29.1 Col fuoco dietro ove la canna è chiusa, 9.29.2 tocca un spiraglio che si vede a pena; 9.29.3 a guisa che toccare il medico usa 9.29.4 dove è bisogno d' allacciar la vena: 9.29.5 onde vien con tal suon la palla esclusa, 9.29.6 che si può dir che tuona e che balena; 9.29.7 né men che soglia il fulmine ove passa, 9.29.8 ciò che tocca arde, abatte, apre e fracassa. 9.30.1 Pose due volte il nostro campo in rotta 9.30.2 con questo inganno, e i miei fratelli uccise: 9.30.3 nel primo assalto il primo; che la botta, 9.30.4 rotto l' usbergo, in mezzo il cor gli mise; 9.30.5 ne l' altra zuffa a l' altro, il quale in frotta 9.30.6 fuggìa, dal corpo l' anima divise; 9.30.7 e lo ferì lontan dietro la spalla, 9.30.8 e fuor del petto uscir fece la palla. 9.31.1 Difendendosi poi mio padre un giorno 9.31.2 dentro un castel che sol gli era rimaso, 9.31.3 che tutto il resto avea perduto intorno, 9.31.4 lo fe' con simil colpo ire all' occaso; 9.31.5 che mentre andava e che facea ritorno, 9.31.6 provedendo or a questo or a quel caso, 9.31.7 dal traditor fu in mezzo gli occhi còlto, 9.31.8 che l' avea di lontan di mira tolto. 9.32.1 Morto i fratelli e il padre, e rimasa io 9.32.2 de l' isola d' Olanda unica erede, 9.32.3 il re di Frisa, perché avea disio 9.32.4 di ben fermare in quello stato il piede, 9.32.5 mi fa sapere, e così al popul mio, 9.32.6 che pace e che riposo mi conciede, 9.32.7 quando io vogli or, quel che non vòlsi inante, 9.32.8 tor per marito il suo figliuolo Arbante. 9.33.1 Io per l' odio non sì, che grave porto 9.33.2 a lui e a tutta la sua iniqua schiatta, 9.33.3 il qual m' ha dui fratelli e 'l padre morto, 9.33.4 saccheggiata la patria, arsa e disfatta; 9.33.5 come perché a colui non vo' far torto, 9.33.6 a cui già la promessa aveva fatta, 9.33.7 ch' altr' uomo non saria che mi sposasse, 9.33.8 fin che di Spagna a me non ritornasse: 9.34.1 " Per un mal ch' io patisco, ne vo' cento 9.34.2 patir (rispondo), e far di tutto il resto; 9.34.3 esser morta, arsa viva, e che sia al vento 9.34.4 la cener sparsa, inanzi che far questo". 9.34.5 Studia la gente mia di questo intento 9.34.6 tormi: chi priega, e chi mi fa protesto 9.34.7 di dargli in mano me e la terra, prima 9.34.8 che la mia ostinazion tutti ci opprima. 9.35.1 Così, poi che i protesti e i prieghi invano 9.35.2 vider gittarsi, e che pur stava dura, 9.35.3 presero accordo col Frisone, e in mano, 9.35.4 come avean detto, gli dier me e le mura. 9.35.5 Quel, senza farmi alcuno atto villano, 9.35.6 de la vita e del regno m' assicura, 9.35.7 pur ch' io indolcisca l' indurate voglie, 9.35.8 e che d' Arbante suo mi faccia moglie. 9.36.1 Io che sforzar così mi veggio, voglio, 9.36.2 per uscirgli di man, perder la vita; 9.36.3 ma se pria non mi vendico, mi doglio 9.36.4 più che di quanta ingiuria abbia patita. 9.36.5 Fo pensier molti; e veggio al mio cordoglio 9.36.6 che solo il simular può dare aita: 9.36.7 fingo ch' io brami, non che non mi piaccia, 9.36.8 che mi perdoni e sua nuora mi faccia. 9.37.1 Fra molti ch' al servizio erano stati 9.37.2 già di mio padre, io scelgo dui fratelli, 9.37.3 di grande ingegno e di gran cor dotati, 9.37.4 ma più di vera fede, come quelli 9.37.5 che cresciutici in corte et allevati 9.37.6 si son con noi da teneri citelli; 9.37.7 e tanto miei, che poco lor parria 9.37.8 la vita por per la salute mia. 9.38.1 Communico con loro il mio disegno: 9.38.2 essi prometton d' essermi in aiuto. 9.38.3 L' un viene in Fiandra, e v' apparecchia un legno; 9.38.4 l' altro meco in Olanda ho ritenuto. 9.38.5 Or mentre i forestieri e quei del regno 9.38.6 s' invitano alle nozze, fu saputo 9.38.7 che Bireno in Biscaglia avea una armata, 9.38.8 per venire in Olanda, apparecchiata. 9.39.1 Però che, fatta la prima battaglia 9.39.2 dove fu rotto un mio fratello e ucciso, 9.39.3 spacciar tosto un corrier feci in Biscaglia, 9.39.4 che portassi a Bireno il tristo aviso; 9.39.5 il qual mentre che s' arma e si travaglia, 9.39.6 dal re di Frisa il resto fu conquiso. 9.39.7 Bireno, che di ciò nulla sapea, 9.39.8 per darci aiuto i legni sciolti avea. 9.40.1 Di questo avuto aviso il re frisone, 9.40.2 de le nozze al figliuol la cura lassa; 9.40.3 e con l' armata sua nel mar si pone: 9.40.4 truova il duca, lo rompe, arde e fracassa, 9.40.5 e, come vuol Fortuna, il fa prigione; 9.40.6 ma di ciò ancor la nuova a noi non passa. 9.40.7 Mi sposa intanto il giovene, e si vuole 9.40.8 meco corcar come si corchi il sole. 9.41.1 Io dietro alle cortine avea nascoso 9.41.2 quel mio fedele; il qual nulla si mosse 9.41.3 prima che a me venir vide lo sposo; 9.41.4 e non l' attese che corcato fosse, 9.41.5 ch' alzò un' accetta, e con sì valoroso 9.41.6 braccio dietro nel capo lo percosse, 9.41.7 che gli levò la vita e la parola: 9.41.8 io saltai presta, e gli segai la gola. 9.42.1 Come cadere il bue suole al macello, 9.42.2 cade il mal nato giovene, in dispetto 9.42.3 del re Cimosco, il più d' ogn' altro fello; 9.42.4 che l' empio re di Frisa è così detto, 9.42.5 che morto l' uno e l' altro mio fratello 9.42.6 m' avea col padre, e per meglio suggetto 9.42.7 farsi il mio stato, mi volea per nuora; 9.42.8 e forse un giorno uccisa avria me ancora. 9.43.1 Prima ch' altro disturbo vi si metta, 9.43.2 tolto quel che più vale e meno pesa, 9.43.3 il mio compagno al mar mi cala in fretta 9.43.4 da la finestra a un canape sospesa, 9.43.5 là dove attento il suo fratello aspetta 9.43.6 sopra la barca ch' avea in Fiandra presa. 9.43.7 Demmo le vele ai venti e i remi all' acque, 9.43.8 e tutti ci salvian, come a Dio piacque. 9.44.1 Non so se 'l re di Frisa più dolente 9.44.2 del figliol morto, o se più d' ira acceso 9.44.3 fosse contra di me, che 'l dì seguente 9.44.4 giunse là dove si trovò sì offeso. 9.44.5 Superbo ritornava egli e sua gente 9.44.6 de la vittoria e di Bireno preso; 9.44.7 e credendo venire a nozze e a festa, 9.44.8 ogni cosa trovò scura e funesta. 9.45.1 La pietà del figliuol, l' odio ch' aveva 9.45.2 a me, né dì né notte il lascia mai. 9.45.3 Ma perché il pianger morti non rileva, 9.45.4 e la vendetta sfoga l' odio assai, 9.45.5 la parte del pensier, ch' esser doveva 9.45.6 de la pietade in sospirare e in guai, 9.45.7 vuol che con l' odio a investigar s' unisca, 9.45.8 come egli m' abbia in mano e mi punisca. 9.46.1 Quei tutti che sapeva e gli era detto 9.46.2 che mi fossino amici, o di quei miei 9.46.3 che m' aveano aiutata a far l' effetto, 9.46.4 uccise, o lor beni arse, o li fe' rei. 9.46.5 Vòlse uccider Bireno in mio dispetto; 9.46.6 che d' altro sì doler non mi potrei: 9.46.7 gli parve poi, se vivo lo tenesse, 9.46.8 che, per pigliarmi, in man la rete avesse. 9.47.1 Ma gli propone una crudele e dura 9.47.2 condizïon: gli fa termine un anno, 9.47.3 al fin del qual gli darà morte oscura, 9.47.4 se prima egli per forza o per inganno, 9.47.5 con amici e parenti non procura, 9.47.6 con tutto ciò che ponno e ciò che sanno, 9.47.7 di darmigli in prigion: sì che la via 9.47.8 di lui salvare è sol la morte mia. 9.48.1 Ciò che si possa far per sua salute, 9.48.2 fuor che perder me stessa, il tutto ho fatto. 9.48.3 Sei castella ebbi in Fiandra, e l' ho vendute: 9.48.4 e 'l poco o 'l molto prezzo ch' io n' ho tratto, 9.48.5 parte, tentando per persone astute 9.48.6 i guardiani corrumpere, ho distratto; 9.48.7 e parte, per far muovere alli danni 9.48.8 di quell' empio or gl' Inglesi, or gli Alamanni. 9.49.1 I mezzi, o che non abbiano potuto, 9.49.2 o che non abbian fatto il dover loro, 9.49.3 m' hanno dato parole e non aiuto; 9.49.4 e sprezzano or che n' han cavato l' oro: 9.49.5 e presso al fine il termine è venuto, 9.49.6 dopo il qual né la forza né il tesoro 9.49.7 potrà giunger più a tempo, sì che morte 9.49.8 e strazio schivi al mio caro consorte. 9.50.1 Mio padre e' miei fratelli mi son stati 9.50.2 morti per lui; per lui toltomi il regno; 9.50.3 per lui quei pochi beni che restati 9.50.4 m' eran, del viver mio soli sostegno, 9.50.5 per trarlo di prigione ho disipati: 9.50.6 né mi resta ora in che più far disegno, 9.50.7 se non d' andarmi io stessa in mano a porre 9.50.8 di sì crudel nimico, e lui disciorre. 9.51.1 Se dunque da far altro non mi resta, 9.51.2 né si truova al suo scampo altro riparo 9.51.3 che per lui por questa mia vita, questa 9.51.4 mia vita per lui por mi sarà caro. 9.51.5 Ma sola una paura mi molesta, 9.51.6 che non saprò far patto così chiaro, 9.51.7 che m' assicuri che non sia il tiranno, 9.51.8 poi ch' avuta m' avrà, per fare inganno. 9.52.1 Io dubito che poi che m' avrà in gabbia, 9.52.2 e fatto avrà di me tutti li strazii, 9.52.3 né Bireno per questo a lasciare abbia, 9.52.4 sì ch' esser per me sciolto mi ringrazii; 9.52.5 come periuro, e pien di tanta rabbia, 9.52.6 che di me sola uccider non si sazii: 9.52.7 e quel ch' avrà di me, né più né meno 9.52.8 faccia di poi del misero Bireno. 9.53.1 Or la cagion che conferir con voi 9.53.2 mi fa i miei casi, e ch' io li dico a quanti 9.53.3 signori e cavallier vengono a noi, 9.53.4 è solo acciò, parlandone con tanti, 9.53.5 m' insegni alcun d' assicurar che, poi 9.53.6 ch' a quel crudel mi sia condotta avanti, 9.53.7 non abbia a ritener Bireno ancora, 9.53.8 né voglia, morta me, ch' esso poi mora. 9.54.1 Pregato ho alcun guerrier, che meco sia 9.54.2 quando io mi darò in mano al re di Frisa; 9.54.3 ma mi prometta, e la sua fé mi dia, 9.54.4 che questo cambio sarà fatto in guisa, 9.54.5 ch' a un tempo io data, e liberato fia 9.54.6 Bireno: sì che quando io sarò uccisa, 9.54.7 morrò contenta, poi che la mia morte 9.54.8 avrà dato la vita al mio consorte. 9.55.1 Né fino a questo dì truovo chi toglia 9.55.2 sopra la fede sua d' assicurarmi, 9.55.3 che quando io sia condotta, e che mi voglia 9.55.4 aver quel re, senza Bireno darmi, 9.55.5 egli non lascierà contra mia voglia 9.55.6 che presa io sia: sì teme ognun quell' armi; 9.55.7 teme quell' armi, a cui par che non possa 9.55.8 star piastra incontra, e sia quanto vuol grossa. 9.56.1 Or, s' in voi la virtù non è diforme 9.56.2 dal fier sembiante e da l' erculeo aspetto, 9.56.3 e credete poter darmegli, e tôrme 9.56.4 anco da lui, quando non vada retto; 9.56.5 siate contento d' esser meco a porme 9.56.6 ne le man sue: ch' io non avrò sospetto, 9.56.7 quando voi siate meco, se ben io 9.56.8 poi ne morrò, che muora il signor mio. -- 9.57.1 Qui la donzella il suo parlar conchiuse, 9.57.2 che con pianto e sospir spesso interroppe. 9.57.3 Orlando, poi ch' ella la bocca chiuse, 9.57.4 le cui voglie al ben far mai non fur zoppe, 9.57.5 in parole con lei non si diffuse; 9.57.6 che di natura non usava troppe: 9.57.7 ma le promise, e la sua fé le diede, 9.57.8 che faria più di quel ch' ella gli chiede. 9.58.1 Non è sua intenzïon ch' ella in man vada 9.58.2 del suo nimico per salvar Bireno: 9.58.3 ben salverà amendui, se la sua spada 9.58.4 e l' usato valor non gli vien meno. 9.58.5 Il medesimo dì piglian la strada, 9.58.6 poi c' hanno il vento prospero e sereno. 9.58.7 Il paladin s' affretta; che di gire 9.58.8 all' isola del mostro avea desire. 9.59.1 Or volta all' una, or volta all' altra banda 9.59.2 per gli alti stagni il buon nochier la vela: 9.59.3 scuopre un' isola e un' altra di Zilanda; 9.59.4 scuopre una inanzi, e un' altra a dietro cela. 9.59.5 Orlando smonta il terzo dì in Olanda; 9.59.6 ma non smonta colei che si querela 9.59.7 del re di Frisa: Orlando vuol che intenda 9.59.8 la morte di quel rio, prima che scenda. 9.60.1 Nel lito armato il paladino varca 9.60.2 sopra un corsier di pel tra bigio e nero, 9.60.3 nutrito in Fiandra e nato in Danismarca, 9.60.4 grande e possente assai più che leggiero; 9.60.5 però ch' avea, quando si messe in barca, 9.60.6 in Bretagna lasciato il suo destriero, 9.60.7 quel Brigliador sì bello e sì gagliardo, 9.60.8 che non ha paragon, fuor che Baiardo. 9.61.1 Giunge Orlando a Dordreche, e quivi truova 9.61.2 di molta gente armata in su la porta; 9.61.3 sì perché sempre, ma più quando è nuova, 9.61.4 seco ogni signoria sospetto porta; 9.61.5 sì perché dianzi giunta era una nuova, 9.61.6 che di Selandia con armata scorta 9.61.7 di navilii e di gente un cugin viene 9.61.8 di quel signor che qui prigion si tiene. 9.62.1 Orlando prega uno di lor, che vada 9.62.2 e dica al re, ch' un cavalliero errante 9.62.3 disia con lui provarsi a lancia e a spada; 9.62.4 ma che vuol che tra lor sia patto inante: 9.62.5 che se 'l re fa che, chi lo sfida, cada, 9.62.6 la donna abbia d' aver, ch' uccise Arbante, 9.62.7 che 'l cavallier l' ha in loco non lontano 9.62.8 da poter sempremai darglila in mano; 9.63.1 et all' incontro vuol che 'l re prometta, 9.63.2 ch' ove egli vinto ne la pugna sia, 9.63.3 Bireno in libertà subito metta, 9.63.4 e che lo lasci andare alla sua via. 9.63.5 Il fante al re fa l' imbasciata in fretta: 9.63.6 ma quel, che né virtù né cortesia 9.63.7 conobbe mai, drizzò tutto il suo intento 9.63.8 alla fraude, all' inganno, al tradimento. 9.64.1 Gli par ch' avendo in mano il cavalliero, 9.64.2 avrà la donna ancor, che sì l' ha offeso, 9.64.3 s' in possanza di lui la donna è vero 9.64.4 che se ritruovi, e il fante ha ben inteso. 9.64.5 Trenta uomini pigliar fece sentiero 9.64.6 diverso da la porta ov' era atteso, 9.64.7 che dopo occulto et assai lungo giro, 9.64.8 dietro alle spalle al paladino usciro. 9.65.1 Il traditore intanto dar parole 9.65.2 fatto gli avea, sin che i cavalli e i fanti 9.65.3 vede esser giunti al loco ove gli vuole; 9.65.4 da la porta esce poi con altretanti. 9.65.5 Come le fere e il bosco cinger suole 9.65.6 perito cacciator da tutti i canti; 9.65.7 come appresso a Volana i pesci e l' onda 9.65.8 con lunga rete il pescator circonda: 9.66.1 così per ogni via dal re di Frisa, 9.66.2 che quel guerrier non fugga, si provede. 9.66.3 Vivo lo vuole, e non in altra guisa: 9.66.4 e questo far sì facilmente crede, 9.66.5 che 'l fulmine terrestre, con che uccisa 9.66.6 ha tanta e tanta gente, ora non chiede; 9.66.7 che quivi non gli par che si convegna, 9.66.8 dove pigliar, non far morir, disegna. 9.67.1 Qual cauto ucellator che serba vivi, 9.67.2 intento a maggior preda, i primi augelli, 9.67.3 acciò in più quantitade altri captivi 9.67.4 faccia col giuoco e col zimbel di quelli; 9.67.5 tal esser vòlse il re Cimosco quivi: 9.67.6 ma già non vòlse Orlando esser di quelli 9.67.7 che si lascin pigliare al primo tratto; 9.67.8 e tosto roppe il cerchio ch' avean fatto. 9.68.1 Il cavallier d' Anglante, ove più spesse 9.68.2 vide le genti e l' arme, abbassò l' asta; 9.68.3 et uno in quella e poscia un altro messe, 9.68.4 e un altro e un altro, che sembrâr di pasta; 9.68.5 e fin a sei ve n' infilzò, e li resse 9.68.6 tutti una lancia: e perch' ella non basta 9.68.7 a più capir, lasciò il settimo fuore 9.68.8 ferito sì, che di quel colpo muore. 9.69.1 Non altrimente ne l' estrema arena 9.69.2 veggiàn le rane de canali e fosse 9.69.3 dal cauto arcier nei fianchi e ne la schiena, 9.69.4 l' una vicina all' altra, esser percosse; 9.69.5 né da la freccia, fin che tutta piena 9.69.6 non sia da un capo all' altro, esser rimosse. 9.69.7 La grave lancia Orlando da sé scaglia, 9.69.8 e con la spada entrò ne la battaglia. 9.70.1 Rotta la lancia, quella spada strinse, 9.70.2 quella che mai non fu menata in fallo; 9.70.3 e ad ogni colpo, o taglio o punta, estinse 9.70.4 quando uomo a piedi, e quando uomo a cavallo: 9.70.5 dove toccò, sempre in vermiglio tinse 9.70.6 l' azzurro, il verde, il bianco, il nero, il giallo. 9.70.7 Duolsi Cimosco che la canna e il fuoco 9.70.8 seco or non ha, quando v' avrian più loco. 9.71.1 E con gran voce e con minaccie chiede 9.71.2 che portati gli sian, ma poco è udito; 9.71.3 che chi ha ritratto a salvamento il piede 9.71.4 ne la città, non è d' uscir più ardito. 9.71.5 Il re frison, che fuggir gli altri vede, 9.71.6 d' esser salvo egli ancor piglia partito: 9.71.7 corre alla porta, e vuole alzare il ponte; 9.71.8 ma troppo è presto ad arrivare il conte. 9.72.1 Il re volta le spalle, e signor lassa 9.72.2 del ponte Orlando e d' amendue le porte; 9.72.3 e fugge, e inanzi a tutti gli altri passa, 9.72.4 mercé che 'l suo destrier corre più forte. 9.72.5 Non mira Orlando a quella plebe bassa: 9.72.6 vuole il fellon, non gli altri, porre a morte; 9.72.7 ma il suo destrier sì al corso poco vale, 9.72.8 che restio sembra, e chi fugge, abbia l' ale. 9.73.1 D' una in un' altra via si leva ratto 9.73.2 di vista al paladin; ma indugia poco, 9.73.3 che torna con nuove armi; che s' ha fatto 9.73.4 portare intanto il cavo ferro e il fuoco: 9.73.5 e dietro un canto postosi di piatto, 9.73.6 l' attende, come il cacciatore al loco, 9.73.7 coi cani armati e con lo spiedo, attende 9.73.8 il fier cingial che ruinoso scende; 9.74.1 che spezza i rami e fa cadere i sassi, 9.74.2 e ovunque drizzi l' orgogliosa fronte, 9.74.3 sembra a tanto rumor che si fracassi 9.74.4 la selva intorno, e che si svella il monte. 9.74.5 Sta Cimosco alla posta, acciò non passi 9.74.6 senza pagargli il fio l' audace conte: 9.74.7 tosto ch' appare, allo spiraglio tocca 9.74.8 col fuoco il ferro, e quel subito scocca. 9.75.1 Dietro lampeggia a guisa di baleno, 9.75.2 dinanzi scoppia, e manda in aria il tuono. 9.75.3 Trieman le mura, e sotto i piè il terreno; 9.75.4 il ciel ribomba al paventoso suono. 9.75.5 L' ardente stral, che spezza e venir meno 9.75.6 fa ciò ch' incontra, e dà a nessun perdono, 9.75.7 sibila e stride; ma, come è il desire 9.75.8 di quel brutto assassin, non va a ferire. 9.76.1 O sia la fretta, o sia la troppa voglia 9.76.2 d' uccider quel baron, ch' errar lo faccia; 9.76.3 o sia che il cor, tremando come foglia, 9.76.4 faccia insieme tremare e mani e braccia; 9.76.5 o la bontà divina che non voglia 9.76.6 che 'l suo fedel campion sì tosto giaccia: 9.76.7 quel colpo al ventre del destrier si torse; 9.76.8 lo cacciò in terra, onde mai più non sorse. 9.77.1 Cade a terra il cavallo e il cavalliero: 9.77.2 la preme l' un, la tocca l' altro a pena; 9.77.3 che si leva sì destro e sì leggiero, 9.77.4 come cresciuto gli sia possa e lena. 9.77.5 Quale il libico Anteo sempre più fiero 9.77.6 surger solea da la percossa arena, 9.77.7 tal surger parve, e che la forza, quando 9.77.8 toccò il terren, si radoppiasse a Orlando. 9.78.1 Chi vide mai dal ciel cadere il foco 9.78.2 che con sì orrendo suon Giove disserra, 9.78.3 e penetrare ove un richiuso loco 9.78.4 carbon con zolfo e con salnitro serra; 9.78.5 ch' a pena arriva, a pena tocca un poco, 9.78.6 che par ch' avampi il ciel, non che la terra; 9.78.7 spezza le mura, e i gravi marmi svelle, 9.78.8 e fa i sassi volar sin alle stelle; 9.79.1 s' imagini che tal, poi che cadendo 9.79.2 toccò la terra, il paladino fosse: 9.79.3 con sì fiero sembiante aspro et orrendo, 9.79.4 da far tremar nel ciel Marte, si mosse. 9.79.5 Di che smarrito il re frison, torcendo 9.79.6 la briglia indietro, per fuggir voltosse; 9.79.7 ma gli fu dietro Orlando con più fretta 9.79.8 che non esce da l' arco una saetta: 9.80.1 e quel che non avea potuto prima 9.80.2 fare a cavallo, or farà essendo a piede. 9.80.3 Lo séguita sì ratto, ch' ogni stima 9.80.4 di chi nol vide, ogni credenza eccede. 9.80.5 Lo giunse in poca strada; et alla cima 9.80.6 de l' elmo alza la spada, e sì lo fiede, 9.80.7 che gli parte la testa fin al collo, 9.80.8 e in terra il manda a dar l' ultimo crollo. 9.81.1 Ecco levar ne la città si sente 9.81.2 nuovo rumor, nuovo menar di spade; 9.81.3 che 'l cugin di Bireno con la gente 9.81.4 ch' avea condutta da le sue contrade, 9.81.5 poi che la porta ritrovò patente, 9.81.6 era venuto dentro alla cittade, 9.81.7 dal paladino in tal timor ridutta, 9.81.8 che senza intoppo la può scorrer tutta. 9.82.1 Fugge il populo in rotta, che non scorge 9.82.2 chi questa gente sia, né che domandi; 9.82.3 ma poi ch' uno et un altro pur s' accorge 9.82.4 all' abito e al parlar, che son Selandi, 9.82.5 chiede lor pace, e il foglio bianco porge; 9.82.6 e dice al capitan che gli comandi, 9.82.7 e dar gli vuol contra i Frisoni aiuto, 9.82.8 che 'l suo duca in prigion gli ha ritenuto. 9.83.1 Quel popul sempre stato era nimico 9.83.2 del re di Frisa e d' ogni suo seguace, 9.83.3 perché morto gli avea il signore antico, 9.83.4 ma più perch' era ingiusto, empio e rapace. 9.83.5 Orlando s' interpose come amico 9.83.6 d' ambe le parti, e fece lor far pace; 9.83.7 le quali unite, non lasciâr Frisone 9.83.8 che non morisse o non fosse prigione. 9.84.1 Le porte de le carcere gittate 9.84.2 a terra sono, e non si cerca chiave. 9.84.3 Bireno al conte con parole grate 9.84.4 mostra conoscer l' obligo che gli have. 9.84.5 Indi insieme e con molte altre brigate 9.84.6 se ne vanno ove attende Olimpia in nave: 9.84.7 così la donna, a cui di ragion spetta 9.84.8 il dominio de l' isola, era detta; 9.85.1 quella che quivi Orlando avea condutto 9.85.2 non con pensier che far dovesse tanto; 9.85.3 che le parea bastar che posta in lutto 9.85.4 sol lei, lo sposo avesse a trar di pianto. 9.85.5 Lei riverisce e onora il popul tutto. 9.85.6 Lungo sarebbe a ricontarvi quanto 9.85.7 lei Bireno accarezzi, et ella lui; 9.85.8 quai grazie al conte rendano ambidui. 9.86.1 Il popul la donzella nel paterno 9.86.2 seggio rimette, e fedeltà le giura. 9.86.3 Ella a Bireno, a cui con nodo eterno 9.86.4 la legò Amor d' una catena dura, 9.86.5 de lo stato e di sé dona il governo. 9.86.6 Et egli, tratto poi da un' altra cura, 9.86.7 de le fortezze e di tutto il domìno 9.86.8 de l' isola guardian lascia il cugino; 9.87.1 che tornare in Selandia avea disegno, 9.87.2 e menar seco la fedel consorte: 9.87.3 e dicea voler fare indi nel regno 9.87.4 di Frisa esperïenzia di sua sorte; 9.87.5 perché di ciò l' assicurava un pegno 9.87.6 ch' egli avea in mano, e lo stimava forte: 9.87.7 la figliuola del re, che fra i captivi, 9.87.8 che vi fur molti, avea trovata quivi. 9.88.1 E dice ch' egli vuol ch' un suo germano, 9.88.2 ch' era minor d' età, l' abbia per moglie. 9.88.3 Quindi si parte il senator romano 9.88.4 il dì medesmo che Bireno scioglie. 9.88.5 Non vòlse porre ad altra cosa mano, 9.88.6 fra tante e tante guadagnate spoglie, 9.88.7 se non a quel tormento ch' abbiàn detto 9.88.8 ch' al fulmine assimiglia in ogni effetto. 9.89.1 L' intenzïon non già, perché lo tolle, 9.89.2 fu per voglia d' usarlo in sua difesa; 9.89.3 che sempre atto stimò d' animo molle 9.89.4 gir con vantaggio in qualsivoglia impresa: 9.89.5 ma per gittarlo in parte, onde non volle 9.89.6 che mai potesse ad uom più fare offesa: 9.89.7 e la polve e le palle e tutto il resto 9.89.8 seco portò, ch' apperteneva a questo. 9.90.1 E così, poi che fuor de la marea 9.90.2 nel più profondo mar si vide uscito, 9.90.3 sì che segno lontan non si vedea 9.90.4 del destro più né del sinistro lito; 9.90.5 lo tolse, e disse: -- Acciò più non istea 9.90.6 mai cavallier per te d' essere ardito, 9.90.7 né quanto il buono val, mai più si vanti 9.90.8 il rio per te valer, qui giù rimanti. 9.91.1 O maladetto, o abominoso ordigno, 9.91.2 che fabricato nel tartareo fondo 9.91.3 fosti per man di Belzebù maligno 9.91.4 che ruinar per te disegnò il mondo, 9.91.5 all' inferno, onde uscisti, ti rasigno. -- 9.91.6 Così dicendo, lo gittò in profondo. 9.91.7 Il vento intanto le gonfiate vele 9.91.8 spinge alla via de l' isola crudele. 9.92.1 Tanto desire il paladino preme 9.92.2 di saper se la donna ivi si truova, 9.92.3 ch' ama assai più che tutto il mondo insieme, 9.92.4 né un' ora senza lei viver gli giova; 9.92.5 che s' in Ibernia mette il piede, teme 9.92.6 di non dar tempo a qualche cosa nuova, 9.92.7 sì ch' abbia poi da dir invano: -- Ahi lasso! 9.92.8 ch' al venir mio non affrettai più il passo. -- 9.93.1 Né scala in Inghelterra né in Irlanda 9.93.2 mai lasciò far, né sul contrario lito. 9.93.3 Ma lasciamolo andar dove lo manda 9.93.4 il nudo arcier che l' ha nel cor ferito. 9.93.5 Prima che più io ne parli, io vo' in Olanda 9.93.6 tornare, e voi meco a tornarvi invito; 9.93.7 che, come a me, so spiacerebbe a voi, 9.93.8 che quelle nozze fosson senza noi. 9.94.1 Le nozze belle e sontuose fanno; 9.94.2 ma non sì sontuose né si belle, 9.94.3 come in Selandia dicon che faranno. 9.94.4 Pur non disegno che vegnate a quelle; 9.94.5 perché nuovi accidenti a nascere hanno 9.94.6 per disturbarle, de' quai le novelle 9.94.7 all' altro canto vi farò sentire, 9.94.8 s' all' altro canto mi verrete a udire.
CANTO X
10.1.1 Fra quanti amor, fra quante fede al mondo 10.1.2 mai si trovâr, fra quanti cor constanti, 10.1.3 fra quante, o per dolente o per iocondo 10.1.4 stato, fêr prove mai famosi amanti; 10.1.5 più tosto il primo loco ch' il secondo 10.1.6 darò ad Olimpia: e se pur non va inanti, 10.1.7 ben voglio dir che fra gli antiqui e nuovi 10.1.8 maggior de l' amor suo non si ritruovi; 10.2.1 e che con tante e con sì chiare note 10.2.2 di questo ha fatto il suo Bireno certo, 10.2.3 che donna più far certo uomo non puote, 10.2.4 quando anco il petto e 'l cor mostrasse aperto. 10.2.5 E s' anime sì fide e sì devote 10.2.6 d' un reciproco amor denno aver merto, 10.2.7 dico ch' Olimpia è degna che non meno, 10.2.8 anzi più che sé ancor, l' ami Bireno: 10.3.1 e che non pur non l' abandoni mai 10.3.2 per altra donna, se ben fosse quella 10.3.3 ch' Europa et Asia messe in tanti guai, 10.3.4 o s' altra ha maggior titolo di bella; 10.3.5 mai più tosto che lei, lasci coi rai 10.3.6 del sol l' udita e il gusto e la favella 10.3.7 e la vita e la fama, e s' altra cosa 10.3.8 dire o pensar si può più precïosa. 10.4.1 Se Bireno amò lei come ella amato 10.4.2 Bireno avea, se fu sì a lei fedele 10.4.3 come ella a lui, se mai non ha voltato 10.4.4 ad altra via, che a seguir lei, le vele; 10.4.5 o pur s' a tanta servitù fu ingrato, 10.4.6 a tanta fede e a tanto amor crudele, 10.4.7 io vi vo' dire, e far di maraviglia 10.4.8 stringer le labra et inarcar le ciglia. 10.5.1 E poi che nota l' impietà vi fia, 10.5.2 che di tanta bontà fu a lei mercede, 10.5.3 donne, alcuna di voi mai più non sia, 10.5.4 ch' a parole d' amante abbia a dar fede. 10.5.5 L' amante, per aver quel che desia, 10.5.6 senza guardar che Dio tutto ode e vede, 10.5.7 aviluppa promesse e giuramenti, 10.5.8 che tutti spargon poi per l' aria i venti. 10.6.1 I giuramenti e le promesse vanno 10.6.2 dai venti in aria disipate e sparse, 10.6.3 tosto che tratta questi amanti s' hanno 10.6.4 l' avida sete che gli accese et arse. 10.6.5 Siate a' prieghi et a' pianti che vi fanno, 10.6.6 per questo esempio, a credere più scarse. 10.6.7 Bene è felice quel, donne mie care, 10.6.8 ch' essere accorto all' altrui spese impare. 10.7.1 Guardatevi da questi che sul fiore 10.7.2 de' lor begli anni il viso han sì polito; 10.7.3 che presto nasce in loro e presto muore, 10.7.4 quasi un foco di paglia, ogni appetito. 10.7.5 Come segue la lepre il cacciatore 10.7.6 al freddo, al caldo, alla montagna, al lito, 10.7.7 né più l' estima poi che presa vede; 10.7.8 e sol dietro a chi fugge affretta il piede: 10.8.1 così fan questi gioveni, che tanto 10.8.2 che vi mostrate lor dure e proterve, 10.8.3 v' amano e riveriscono con quanto 10.8.4 studio de' far chi fedelmente serve; 10.8.5 ma non sì tosto si potran dar vanto 10.8.6 de la vittoria, che, di donne, serve 10.8.7 vi dorrete esser fatte; e da voi tolto 10.8.8 vedrete il falso amore, e altrove volto. 10.9.1 Non vi vieto per questo (ch' avrei torto) 10.9.2 che vi lasciate amar; che senza amante 10.9.3 sareste come inculta vite in orto, 10.9.4 che non ha palo ove s' appoggi o piante. 10.9.5 Sol la prima lanugine vi esorto 10.9.6 tutta a fuggir, volubile e inconstante, 10.9.7 e côrre i frutti non acerbi e duri, 10.9.8 ma che non sien però troppo maturi. 10.10.1 Di sopra io vi dicea ch' una figliuola 10.10.2 del re di Frisa quivi hanno trovata, 10.10.3 che fia, per quanto n' han mosso parola, 10.10.4 da Bireno al fratel per moglie data. 10.10.5 Ma, a dire il vero, esso v' avea la gola; 10.10.6 che vivanda era troppo delicata: 10.10.7 e riputato avria cortesia sciocca, 10.10.8 per darla altrui, levarsela di bocca. 10.11.1 La damigella non passava ancora 10.11.2 quattordici anni, et era bella e fresca, 10.11.3 come rosa che spunti alora alora 10.11.4 fuor de la buccia e col sol nuovo cresca. 10.11.5 Non pur di lei Bireno s' inamora, 10.11.6 ma fuoco mai così non accese esca, 10.11.7 né se lo pongan l' invide e nimiche 10.11.8 mani talor ne le mature spiche; 10.12.1 come egli se n' accese immantinente, 10.12.2 come egli n' arse fin ne le medolle, 10.12.3 che sopra il padre morto lei dolente 10.12.4 vide di pianto il bel viso far molle. 10.12.5 E come suol, se l' acqua fredda sente, 10.12.6 quella restar che prima al fuoco bolle; 10.12.7 così l' ardor ch' accese Olimpia, vinto 10.12.8 dal nuovo successore, in lui fu estinto. 10.13.1 Non pur sazio di lei, ma fastidito 10.13.2 n' è già così, che può vederla a pena; 10.13.3 e sì de l' altra acceso ha l' appetito, 10.13.4 che ne morrà, se troppo in lungo il mena: 10.13.5 pur fin che giunga il dì c' ha statuito 10.13.6 a dar fine al disio, tanto l' affrena, 10.13.7 che par ch' adori Olimpia, non che l' ami, 10.13.8 e quel che piace a lei, sol voglia e brami. 10.14.1 E se accarezza l' altra (che non puote 10.14.2 far che non l' accarezzi più del dritto), 10.14.3 non è chi questo in mala parte note; 10.14.4 anzi a pietade, anzi a bontà gli è ascritto: 10.14.5 che rilevare un che Fortuna ruote 10.14.6 talora al fondo, e consolar l' afflitto, 10.14.7 mai non fu biasmo, ma gloria sovente; 10.14.8 tanto più una fanciulla, una innocente. 10.15.1 Oh sommo Dio, come i giudicii umani 10.15.2 spesso offuscati son da un nembo oscuro! 10.15.3 I modi di Bireno empii e profani, 10.15.4 pietosi e santi riputati furo. 10.15.5 I marinari, già messo le mani 10.15.6 ai remi, e sciolti dal lito sicuro, 10.15.7 portavan lieti pei salati stagni 10.15.8 verso Selandia il duca e i suoi compagni. 10.16.1 Già dietro rimasi erano e perduti 10.16.2 tutti di vista i termini d' Olanda 10.16.3 (che per non toccar Frisa, più tenuti 10.16.4 s' eran vêr Scozia alla sinistra banda), 10.16.5 quando da un vento fur sopravenuti, 10.16.6 ch' errando in alto mar tre dì li manda. 10.16.7 Sursero il terzo, già presso alla sera, 10.16.8 dove inculta e deserta un' isola era. 10.17.1 Tratti che si fur dentro un picciol seno, 10.17.2 Olimpia venne in terra; e con diletto 10.17.3 in compagnia de l' infedel Bireno 10.17.4 cenò contenta e fuor d' ogni sospetto: 10.17.5 indi con lui, là dove in loco ameno 10.17.6 teso era un padiglione, entrò nel letto. 10.17.7 Tutti gli altri compagni ritornaro, 10.17.8 e sopra i legni lor si riposaro. 10.18.1 Il travaglio del mare e la paura 10.18.2 che tenuta alcun dì l' aveano desta, 10.18.3 il ritrovarsi al lito ora sicura, 10.18.4 lontana da rumor ne la foresta, 10.18.5 e che nessun pensier, nessuna cura, 10.18.6 poi che 'l suo amante ha seco, la molesta; 10.18.7 fu cagion ch' ebbe Olimpia sì gran sonno, 10.18.8 che gli orsi e i ghiri aver maggior nol ponno. 10.19.1 Il falso amante che i pensati inganni 10.19.2 veggiar facean, come dormir lei sente, 10.19.3 pian piano esce del letto, e de' suoi panni 10.19.4 fatto un fastel, non si veste altrimente; 10.19.5 e lascia il padiglione; e come i vanni 10.19.6 nati gli sian, rivola alla sua gente, 10.19.7 e li risveglia; e senza udirsi un grido, 10.19.8 fa entrar ne l' alto e abandonare il lido. 10.20.1 Rimase a dietro il lido e la meschina 10.20.2 Olimpia, che dormì senza destarse, 10.20.3 fin che l' Aurora la gelata brina 10.20.4 da le dorate ruote in terra sparse, 10.20.5 e s' udîr le Alcïone alla marina 10.20.6 de l' antico infortunio lamentarse. 10.20.7 Né desta né dormendo, ella la mano 10.20.8 per Bireno abbracciar stese, ma invano. 10.21.1 Nessuno truova: a sé la man ritira: 10.21.2 di nuovo tenta, e pur nessuno truova. 10.21.3 Di qua l' un braccio, e di là l' altro gira; 10.21.4 or l' una, or l' altra gamba; e nulla giova. 10.21.5 Caccia il sonno il timor: gli occhi apre, e mira: 10.21.6 non vede alcuno. Or già non scalda e cova 10.21.7 più le vedove piume, ma si getta 10.21.8 del letto e fuor del padiglione in fretta: 10.22.1 e corre al mar, graffiandosi le gote, 10.22.2 presaga e certa ormai di sua fortuna. 10.22.3 Si straccia i crini, e il petto si percuote, 10.22.4 e va guardando (che splendea la luna) 10.22.5 se veder cosa, fuor che 'l lito, puote; 10.22.6 né, fuor che 'l lito, vede cosa alcuna. 10.22.7 Bireno chiama: e al nome di Bireno 10.22.8 rispondean gli Antri che pietà n' avieno. 10.23.1 Quivi surgea nel lito estremo un sasso, 10.23.2 ch' aveano l' onde, col picchiar frequente, 10.23.3 cavo e ridutto a guisa d' arco al basso; 10.23.4 e stava sopra il mar curvo e pendente. 10.23.5 Olimpia in cima vi salì a gran passo 10.23.6 (così la facea l' animo possente), 10.23.7 e di lontano le gonfiate vele 10.23.8 vide fuggir del suo signor crudele: 10.24.1 vide lontano, o le parve vedere; 10.24.2 che l' aria chiara ancor non era molto. 10.24.3 Tutta tremante si lasciò cadere, 10.24.4 più bianca e più che nieve fredda in volto; 10.24.5 ma poi che di levarsi ebbe potere, 10.24.6 al camin de le navi il grido volto, 10.24.7 chiamò, quanto potea chiamar più forte, 10.24.8 più volte il nome del crudel consorte: 10.25.1 e dove non potea la debil voce, 10.25.2 supliva il pianto e 'l batter palma a palma. 10.25.3 -- Dove fuggi, crudel, così veloce? 10.25.4 Non ha il tuo legno la debita salma. 10.25.5 Fa che lievi me ancor: poco gli nuoce 10.25.6 che porti il corpo, poi che porta l' alma. -- 10.25.7 E con le braccia e con le vesti segno 10.25.8 fa tuttavia, perché ritorni il legno. 10.26.1 Ma i venti che portavano le vele 10.26.2 per l' alto mar di quel giovene infido, 10.26.3 portavano anco i prieghi e le querele 10.26.4 de l' infelice Olimpia, e 'l pianto e 'l grido; 10.26.5 la qual tre volte, a se stessa crudele, 10.26.6 per affogarsi si spiccò dal lido: 10.26.7 pur al fin si levò da mirar l' acque, 10.26.8 e ritornò dove la notte giacque. 10.27.1 E con la faccia in giù stesa sul letto, 10.27.2 bagnandolo di pianto, dicea lui: 10.27.3 -- Iersera desti insieme a dui ricetto; 10.27.4 perché insieme al levar non siamo dui? 10.27.5 O perfido Bireno, o maladetto 10.27.6 giorno ch' al mondo generata fui! 10.27.7 Che debbo far? che poss' io far qui sola? 10.27.8 chi mi dà aiuto? ohimè, chi mi consola? 10.28.1 Uomo non veggio qui, non ci veggio opra 10.28.2 donde io possa stimar ch' uomo qui sia; 10.28.3 nave non veggio, a cui salendo sopra, 10.28.4 speri allo scampo mio ritrovar via. 10.28.5 Di disagio morrò; né che mi cuopra 10.28.6 gli occhi sarà, né chi sepolcro dia, 10.28.7 se forse in ventre lor non me lo dànno 10.28.8 i lupi, ohimè, ch' in queste selve stanno. 10.29.1 Io sto in sospetto, e già di veder parmi 10.29.2 di questi boschi orsi o leoni uscire, 10.29.3 o tigri o fiere tal, che natura armi 10.29.4 d' aguzzi denti e d' ugne da ferire. 10.29.5 Ma quai fere crudel potriano farmi, 10.29.6 fera crudel, peggio di te morire? 10.29.7 darmi una morte, so, lor parrà assai; 10.29.8 e tu di mille, ohimè, morir mi fai. 10.30.1 Ma presupongo ancor ch' or ora arrivi 10.30.2 nochier che per pietà di qui mi porti; 10.30.3 e così lupi, orsi, leoni schivi, 10.30.4 strazi, disagi et altre orribil morti: 10.30.5 mi porterà forse in Olanda, s' ivi 10.30.6 per te si guardan le fortezze e i porti? 10.30.7 mi porterà alla terra ove son nata, 10.30.8 se tu con fraude già me l' hai levata? 10.31.1 Tu m' hai lo stato mio, sotto pretesto 10.31.2 di parentado e d' amicizia, tolto. 10.31.3 Ben fosti a porvi le tue genti presto, 10.31.4 per aver il dominio a te rivolto. 10.31.5 Tornerò in Fiandra? ove ho venduto il resto 10.31.6 di che io vivea, ben che non fossi molto, 10.31.7 per sovenirti e di prigione trarte. 10.31.8 Mischina! dove andrò? non so in qual parte. 10.32.1 Debbo forse ire in Frisa, ove io potei, 10.32.2 e per te non vi vòlsi esser regina? 10.32.3 il che del padre e dei fratelli miei 10.32.4 e d' ogn' altro mio ben fu la ruina. 10.32.5 Quel c' ho fatto per te, non ti vorrei, 10.32.6 ingrato, improverar, né disciplina 10.32.7 dartene; che non men di me lo sai: 10.32.8 or ecco il guiderdon che me ne dai. 10.33.1 Deh, pur che da color che vanno in corso 10.33.2 io non sia presa, e poi venduta schiava! 10.33.3 Prima che questo, il lupo, il leon, l' orso 10.33.4 venga, e la tigre e ogn' altra fera brava, 10.33.5 di cui l' ugna mi stracci, e franga il morso; 10.33.6 e morta mi strascini alla sua cava. -- 10.33.7 Così dicendo, le mani si caccia 10.33.8 ne' capei d' oro, e a chiocca a chiocca straccia. 10.34.1 Corre di nuovo in su l' estrema sabbia, 10.34.2 e ruota il capo e sparge all' aria il crine; 10.34.3 e sembra forsennata, e ch' adosso abbia 10.34.4 non un demonio sol, ma le decine; 10.34.5 o, qual Ecuba, sia conversa in rabbia, 10.34.6 vistosi morto Polidoro al fine. 10.34.7 Or si ferma s' un sasso, e guarda il mare; 10.34.8 né men d' un vero sasso, un sasso pare. 10.35.1 Ma lasciànla doler fin ch' io ritorno, 10.35.2 per voler di Ruggier dirvi pur anco, 10.35.3 che nel più intenso ardor del mezzo giorno 10.35.4 cavalca il lito, affaticato e stanco. 10.35.5 Percuote il sol nel colle e fa ritorno: 10.35.6 di sotto bolle il sabbion trito e bianco. 10.35.7 Mancava all' arme ch' avea indosso, poco 10.35.8 ad esser, come già, tutte di fuoco. 10.36.1 Mentre la sete, e de l' andar fatica 10.36.2 per l' alta sabbia, e la solinga via 10.36.3 gli facean, lungo quella spiaggia aprica, 10.36.4 noiosa e dispiacevol compagnia; 10.36.5 trovò ch' all' ombra d' una torre antica 10.36.6 che fuor de l' onde appresso il lito uscia, 10.36.7 de la corte d' Alcina eran tre donne, 10.36.8 che le conobbe ai gesti et alle gonne. 10.37.1 Corcate su tapeti allessandrini 10.37.2 godeansi il fresco rezzo in gran diletto, 10.37.3 fra molti vasi di diversi vini 10.37.4 e d' ogni buona sorte di confetto. 10.37.5 Presso alla spiaggia, coi flutti marini 10.37.6 scherzando, le aspettava un lor legnetto 10.37.7 fin che la vela empiesse agevol òra; 10.37.8 ch' un fiato pur non ne spirava allora. 10.38.1 Queste, ch' andar per la non ferma sabbia 10.38.2 vider Ruggiero al suo vïaggio dritto, 10.38.3 che sculta avea la sete in su le labbia, 10.38.4 tutto pien di sudore il viso afflitto, 10.38.5 gli cominciaro a dir che sì non abbia 10.38.6 il cor voluntaroso al camin fitto, 10.38.7 ch' alla fresca e dolce ombra non si pieghi, 10.38.8 e ristorar lo stanco corpo nieghi. 10.39.1 E di lor una s' accostò al cavallo 10.39.2 per la staffa tener, che ne scendesse; 10.39.3 l' altra con una coppa di cristallo 10.39.4 di vin spumante, più sete gli messe: 10.39.5 ma Ruggiero a quel suon non entrò in ballo; 10.39.6 perché d' ogni tardar che fatto avesse, 10.39.7 tempo di giunger dato avria ad Alcina, 10.39.8 che venìa dietro et era omai vicina. 10.40.1 Non così fin salnitro e zolfo puro, 10.40.2 tocco dal fuoco, subito s' avampa; 10.40.3 né così freme il mar quando l' oscuro 10.40.4 turbo discende e in mezzo se gli accampa: 10.40.5 come, vedendo che Ruggier sicuro 10.40.6 al suo dritto camin l' arena stampa, 10.40.7 e che le sprezza (e pur si tenean belle), 10.40.8 d' ira arse e di furor la terza d' elle. 10.41.1 -- Tu non sei né gentil né cavalliero 10.41.2 (dice gridando quanto può più forte), 10.41.3 et hai rubate l' arme; e quel destriero 10.41.4 non saria tuo per veruna altra sorte: 10.41.5 e così, come ben m' appongo al vero, 10.41.6 ti vedessi punir di degna morte; 10.41.7 che fossi fatto in quarti, arso o impiccato, 10.41.8 brutto ladron, villan, superbo, ingrato. -- 10.42.1 Oltr' a queste e molt' altre ingiurïose 10.42.2 parole che gli usò la donna altiera, 10.42.3 ancor che mai Ruggier non le rispose, 10.42.4 che de sì vil tenzon poco onor spera; 10.42.5 con le sorelle tosto ella si pose 10.42.6 sul legno in mar, che al lor servigio v' era: 10.42.7 et affrettando i remi, lo seguiva, 10.42.8 vedendol tuttavia dietro alla riva. 10.43.1 Minaccia sempre, maledice e incarca; 10.43.2 che l' onte sa trovar per ogni punto. 10.43.3 Intanto a quello stretto, onde si varca 10.43.4 alla fata più bella, è Ruggier giunto; 10.43.5 dove un vecchio nochiero una sua barca 10.43.6 scioglier da l' altra ripa vede, a punto 10.43.7 come, avisato e già provisto, quivi 10.43.8 si stia aspettando che Ruggiero arrivi. 10.44.1 Scioglie il nochier, come venir lo vede, 10.44.2 di trasportarlo a miglior ripa lieto; 10.44.3 che, se la faccia può del cor dar fede, 10.44.4 tutto benigno e tutto era discreto. 10.44.5 Pose Ruggier sopra il navilio il piede, 10.44.6 Dio ringraziando; e per lo mar quïeto 10.44.7 ragionando venìa col galeotto, 10.44.8 saggio e di lunga esperïenzia dotto. 10.45.1 Quel lodava Ruggier, che sì se avesse 10.45.2 saputo a tempo tor da Alcina, e inanti 10.45.3 che 'l calice incantato ella gli desse, 10.45.4 ch' avea al fin dato a tutti gli altri amanti; 10.45.5 e poi, che a Logistilla si traesse, 10.45.6 dove veder potria costumi santi, 10.45.7 bellezza eterna et infinita grazia 10.45.8 che 'l cor notrisce e pasce, e mai non sazia. 10.46.1 -- Costei (dicea) stupore e riverenza 10.46.2 induce all' alma, ove si scuopre prima. 10.46.3 Contempla meglio poi l' alta presenza: 10.46.4 ogn' altro ben ti par di poca stima. 10.46.5 Il suo amore ha dagli altri differenza: 10.46.6 speme o timor negli altri il cor ti lima; 10.46.7 in questo il desiderio più non chiede, 10.46.8 e contento riman come la vede. 10.47.1 Ella t' insegnerà studii più grati, 10.47.2 che suoni, danze, odori, bagni e cibi; 10.47.3 ma come i pensier tuoi meglio formati 10.47.4 poggin più ad alto che per l' aria i nibi, 10.47.5 e come de la gloria de' beati 10.47.6 nel mortal corpo parte si delibi. -- 10.47.7 Così parlando il marinar veniva, 10.47.8 lontano ancora alla sicura riva; 10.48.1 quando vide scoprire alla marina 10.48.2 molti navili, e tutti alla sua volta. 10.48.3 Con quei ne vien l' ingiurïata Alcina; 10.48.4 e molta di sua gente have raccolta 10.48.5 per por lo stato e se stessa in ruina, 10.48.6 o racquistar la cara cosa tolta. 10.48.7 E bene è amor di ciò cagion non lieve, 10.48.8 ma l' ingiuria non men che ne riceve. 10.49.1 Ella non ebbe sdegno, da che nacque, 10.49.2 di questo il maggior mai, ch' ora la rode; 10.49.3 onde fa i remi sì affrettar per l' acque, 10.49.4 che la spuma ne sparge ambe le prode. 10.49.5 Al gran rumor né mar né ripa tacque, 10.49.6 et Ecco risonar per tutto s' ode. 10.49.7 -- Scuopre, Ruggier, lo scudo, che bisogna; 10.49.8 se non, sei morto, o preso con vergogna. -- 10.50.1 Così disse il nocchier di Logistilla; 10.50.2 et oltre il detto, egli medesmo prese 10.50.3 la tasca e da lo scudo dipartilla, 10.50.4 e fe' il lume di quel chiaro e palese. 10.50.5 L' incantato splendor che ne sfavilla, 10.50.6 gli occhi degli aversari così offese, 10.50.7 che li fe' restar ciechi allora allora, 10.50.8 e cader chi da poppa e chi da prora. 10.51.1 Un ch' era alla veletta in su la ròcca, 10.51.2 de l' armata d' Alcina si fu accorto; 10.51.3 e la campana martellando tocca, 10.51.4 onde il soccorso vien subito al porto. 10.51.5 L' artegliaria, come tempesta, fiocca 10.51.6 contra chi vuole al buon Ruggier far torto: 10.51.7 sì che gli venne d' ogni parte aita, 10.51.8 tal che salvò la libertà e la vita. 10.52.1 Giunte son quattro donne in su la spiaggia, 10.52.2 che subito ha mandate Logistilla: 10.52.3 la valorosa Andronica e la saggia 10.52.4 Fronesia e l' onestissima Dicilla 10.52.5 e Sofrosina casta, che, come aggia 10.52.6 quivi a far più che l' altre, arde e sfavilla. 10.52.7 L' esercito ch' al mondo è senza pare, 10.52.8 del castello esce, e si distende al mare. 10.53.1 Sotto il castel ne la tranquilla foce 10.53.2 di molti e grossi legni era una armata, 10.53.3 ad un botto di squilla, ad una voce 10.53.4 giorno e notte a battaglia apparecchiata. 10.53.5 E così fu la pugna aspra et atroce, 10.53.6 e per acqua e per terra, incominciata; 10.53.7 per cui fu il regno sottosopra volto, 10.53.8 ch' avea già Alcina alla sorella tolto. 10.54.1 Oh di quante battaglie il fin successe 10.54.2 diverso a quel che si credette inante! 10.54.3 Non sol ch' Alcina alor non rïavesse, 10.54.4 come stimossi, il fugitivo amante; 10.54.5 ma de le navi che pur dianzi spesse 10.54.6 fur sì, ch' a pena il mar ne capia tante, 10.54.7 fuor de la fiamma che tutt' altre avampa, 10.54.8 con un legnetto sol misera scampa. 10.55.1 Fuggesi Alcina, e sua misera gente 10.55.2 arsa e presa riman, rotta e sommersa. 10.55.3 D' aver Ruggier perduto ella si sente 10.55.4 via più doler che d' altra cosa aversa: 10.55.5 notte e dì per lui geme amaramente, 10.55.6 e lacrime per lui dagli occhi versa; 10.55.7 e per dar fine a tanto aspro martìre, 10.55.8 spesso si duol di non poter morire. 10.56.1 Morir non puote alcuna fata mai, 10.56.2 fin che 'l sol gira, o il ciel non muta stilo. 10.56.3 Se ciò non fosse, era il dolore assai 10.56.4 per muover Cloto ad inasparle il filo; 10.56.5 o, qual Didon, finia col ferro i guai; 10.56.6 o la regina splendida del Nilo 10.56.7 avria imitata con mortifer sonno: 10.56.8 ma le fate morir sempre non ponno. 10.57.1 Torniamo a quel di eterna gloria degno 10.57.2 Ruggiero; e Alcina stia ne la sua pena. 10.57.3 Dico di lui, che poi che fuor del legno 10.57.4 si fu condutto in più sicura arena, 10.57.5 Dio ringraziando che tutto il disegno 10.57.6 gli era successo, al mar voltò la schena; 10.57.7 et affrettando per l' asciutto il piede, 10.57.8 alla ròcca ne va che quivi siede. 10.58.1 Né la più forte ancor né la più bella 10.58.2 mai vide occhio mortal prima né dopo. 10.58.3 Son di più prezzo le mura di quella, 10.58.4 che se diamante fossino o piropo. 10.58.5 Di tai gemme qua giù non si favella: 10.58.6 et a chi vuol notizia averne, è d' uopo 10.58.7 che vada quivi; che non credo altrove, 10.58.8 se non forse su in ciel, se ne ritruove. 10.59.1 Quel che più fa che lor si inchina e cede 10.59.2 ogn' altra gemma, è che, mirando in esse, 10.59.3 l' uom sin in mezzo all' anima si vede; 10.59.4 vede suoi vizii e sue virtudi espresse, 10.59.5 sì che a lusinghe poi di sé non crede, 10.59.6 né a chi dar biasmo a torto gli volesse: 10.59.7 fassi, mirando allo specchio lucente 10.59.8 se stesso, conoscendosi, prudente. 10.60.1 Il chiaro lume lor, ch' imita il sole, 10.60.2 manda splendore in tanta copia intorno, 10.60.3 che chi l' ha, ovunque sia, sempre che vuole, 10.60.4 Febo, mal grado tuo, si può far giorno. 10.60.5 Né mirabil vi son le pietre sole; 10.60.6 ma la materia e l' artificio adorno 10.60.7 contendon sì, che mal giudicar puossi 10.60.8 qual de le due eccellenze maggior fossi. 10.61.1 Sopra gli altissimi archi, che puntelli 10.61.2 parean che del ciel fossino a vederli, 10.61.3 eran giardin sì spazïosi e belli, 10.61.4 che saria al piano anco fatica averli. 10.61.5 Verdeggiar gli odoriferi arbuscelli 10.61.6 si puon veder fra i luminosi merli, 10.61.7 ch' adorni son l' estate e il verno tutti 10.61.8 di vaghi fiori e di maturi frutti. 10.62.1 Di così nobili arbori non suole 10.62.2 prodursi fuor di questi bei giardini, 10.62.3 né di tai rose o di simil vïole, 10.62.4 di gigli, di amaranti o di gesmini. 10.62.5 Altrove appar come a un medesmo sole 10.62.6 e nasca, e viva, e morto il capo inchini, 10.62.7 e come lasci vedovo il suo stelo 10.62.8 il fior suggetto al varïar del cielo: 10.63.1 ma quivi era perpetua la verdura, 10.63.2 perpetua la beltà de' fiori eterni: 10.63.3 non che benignità de la Natura 10.63.4 sì temperatamente li governi; 10.63.5 ma Logistilla con suo studio e cura, 10.63.6 senza bisogno de' moti superni 10.63.7 (quel che agli altri impossibile parea), 10.63.8 sua primavera ognor ferma tenea. 10.64.1 Logistilla mostrò molto aver grato 10.64.2 ch' a lei venisse un sì gentil signore; 10.64.3 e comandò che fosse accarezzato, 10.64.4 e che studiasse ognun di fargli onore. 10.64.5 Gran pezzo inanzi Astolfo era arrivato, 10.64.6 che visto da Ruggier fu di buon core. 10.64.7 Fra pochi giorni venner gli altri tutti, 10.64.8 ch' a l' esser lor Melissa avea ridutti. 10.65.1 Poi che si fur posati un giorno e dui, 10.65.2 venne Ruggiero alla fata prudente 10.65.3 col duca Astolfo, che non men di lui 10.65.4 avea desir di riveder Ponente. 10.65.5 Melissa le parlò per amendui; 10.65.6 e supplica la fata umilemente, 10.65.7 che li consigli, favorisca e aiuti, 10.65.8 sì che ritornin donde eran venuti. 10.66.1 Disse la fata: -- Io ci porrò il pensiero, 10.66.2 e fra dui dì te li darò espediti. -- 10.66.3 Discorre poi tra sé, come Ruggiero, 10.66.4 e dopo lui, come quel duca aiti: 10.66.5 conchiude infin che 'l volator destriero 10.66.6 ritorni il primo agli aquitani liti; 10.66.7 ma prima vuol che se gli faccia un morso, 10.66.8 con che lo volga, e gli raffreni il corso. 10.67.1 Gli mostra come egli abbia a far, se vuole 10.67.2 che poggi in alto, e come a far che cali; 10.67.3 e come, se vorrà che in giro vole, 10.67.4 o vada ratto, o che si stia su l' ali: 10.67.5 e quali effetti il cavallier far suole 10.67.6 di buon destriero in piana terra, tali 10.67.7 facea Ruggier che mastro ne divenne, 10.67.8 per l' aria, del destrier ch' avea le penne. 10.68.1 Poi che Ruggier fu d' ogni cosa in punto, 10.68.2 da la fata gentil comiato prese, 10.68.3 alla qual restò poi sempre congiunto 10.68.4 di grande amore; e uscì di quel paese. 10.68.5 Prima di lui che se n' andò in buon punto, 10.68.6 e poi dirò come il guerriero inglese 10.68.7 tornasse con più tempo e più fatica 10.68.8 al magno Carlo et alla corte amica. 10.69.1 Quindi partì Ruggier, ma non rivenne 10.69.2 per quella via che fe' già suo mal grado, 10.69.3 allor che sempre l' ippogrifo il tenne 10.69.4 sopra il mare, e terren vide di rado: 10.69.5 ma potendogli or far batter le penne 10.69.6 di qua di là, dove più gli era a grado, 10.69.7 vòlse al ritorno far nuovo sentiero, 10.69.8 come, schivando Erode, i Magi fêro. 10.70.1 Al venir quivi, era, lasciando Spagna, 10.70.2 venuto India a trovar per dritta riga, 10.70.3 là dove il mare orïental la bagna; 10.70.4 dove una fata avea con l' altra briga. 10.70.5 Or veder si dispose altra campagna, 10.70.6 che quella dove i venti Eolo instiga, 10.70.7 e finir tutto il cominciato tondo, 10.70.8 per aver, come il sol, girato il mondo. 10.71.1 Quinci il Cataio, e quindi Mangïana 10.71.2 sopra il gran Quinsaì vide passando: 10.71.3 volò sopra l' Imavo, e Sericana 10.71.4 lasciò a man destra; e sempre declinando 10.71.5 da l' iperborei Sciti a l' onda ircana, 10.71.6 giunse alle parti di Sarmazia: e quando 10.71.7 fu dove Asia da Europa si divide, 10.71.8 Russi e Pruteni e la Pomeria vide. 10.72.1 Ben che di Ruggier fosse ogni desire 10.72.2 di ritornare a Bradamante presto; 10.72.3 pur, gustato il piacer ch' avea di gire 10.72.4 cercando il mondo, non restò per questo, 10.72.5 ch' alli Pollacchi, agli Ungari venire 10.72.6 non volesse anco, alli Germani, e al resto 10.72.7 di quella boreale orrida terra: 10.72.8 e venne al fin ne l' ultima Inghilterra. 10.73.1 Non crediate, Signor, che però stia 10.73.2 per sì lungo camin sempre su l' ale: 10.73.3 ogni sera all' albergo se ne gìa, 10.73.4 schivando a suo poter d' alloggiar male. 10.73.5 E spese giorni e mesi in questa via, 10.73.6 sì di veder la terra e il mar gli cale. 10.73.7 Or presso a Londra giunto una matina, 10.73.8 sopra Tamigi il volator declina. 10.74.1 Dove ne' prati alla città vicini 10.74.2 vide adunati uomini d' arme e fanti, 10.74.3 ch' a suon di trombe e a suon di tamburini 10.74.4 venian, partiti a belle schiere, avanti 10.74.5 il buon Rinaldo, onor de' paladini; 10.74.6 del qual, se vi ricorda, io dissi inanti, 10.74.7 che mandato da Carlo, era venuto 10.74.8 in queste parti a ricercare aiuto. 10.75.1 Giunse a punto Ruggier, che si facea 10.75.2 la bella mostra fuor di quella terra; 10.75.3 e per sapere il tutto, ne chiedea 10.75.4 un cavallier, ma scese prima in terra: 10.75.5 e quel, ch' affabil era, gli dicea 10.75.6 che di Scozia e d' Irlanda e d' Inghilterra 10.75.7 e de l' isole intorno eran le schiere 10.75.8 che quivi alzate avean tante bandiere: 10.76.1 e finita la mostra che faceano, 10.76.2 alla marina se distenderanno, 10.76.3 dove aspettati per solcar l' Oceano 10.76.4 son dai navili che nel porto stanno. 10.76.5 I Franceschi assediati si ricreano, 10.76.6 sperando in questi che a salvar li vanno. 10.76.7 -- Ma acciò tu te n' informi pienamente, 10.76.8 io ti distinguerò tutta la gente. 10.77.1 Tu vedi ben quella bandiera grande, 10.77.2 ch' insieme pon la fiordaligi e i pardi: 10.77.3 quella il gran capitano all' aria spande, 10.77.4 e quella han da seguir gli altri stendardi. 10.77.5 Il suo nome, famoso in queste bande, 10.77.6 è Leonetto, il fior de li gagliardi, 10.77.7 di consiglio e d' ardire in guerra mastro, 10.77.8 del re nipote, e duca di Lincastro. 10.78.1 La prima, appresso il gonfalon reale, 10.78.2 che 'l vento tremolar fa verso il monte, 10.78.3 e tien nel campo verde tre bianche ale, 10.78.4 porta Ricardo, di Varvecia conte. 10.78.5 Del duca di Glocestra è quel segnale, 10.78.6 c' ha duo corna di cervio e mezza fronte. 10.78.7 Del duca di Chiarenza è quella face; 10.78.8 quel arbore è del duca d' Eborace. 10.79.1 Vedi in tre pezzi una spezzata lancia: 10.79.2 gli è 'l gonfalon del duca di Nortfozia. 10.79.3 La fulgure è del buon conte di Cancia; 10.79.4 il grifone è del conte di Pembrozia. 10.79.5 Il duca di Sufolcia ha la bilancia. 10.79.6 Vedi quel giogo che due serpi assozia: 10.79.7 è del conte d' Esenia; e la ghirlanda 10.79.8 in campo azzurro ha quel di Norbelanda. 10.80.1 Il conte d' Arindelia è quel c' ha messo 10.80.2 in mar quella barchetta che s' affonda. 10.80.3 Vedi il marchese di Barclei; e appresso 10.80.4 di Marchia il conte e il conte di Ritmonda: 10.80.5 il primo porta in bianco un monte fesso, 10.80.6 l' altro la palma, il terzo un pin ne l' onda. 10.80.7 Quel di Dorsezia è conte, e quel d' Antona, 10.80.8 che l' uno ha il carro, e l' altro la corona. 10.81.1 Il falcon che sul nido i vanni inchina, 10.81.2 porta Raimondo, il conte di Devonia. 10.81.3 Il giallo e negro ha quel di Vigorina; 10.81.4 il can quel d' Erbia; un orso quel d' Osonia. 10.81.5 La croce che là vedi cristallina, 10.81.6 è del ricco prelato di Battonia. 10.81.7 Vedi nel bigio una spezzata sedia: 10.81.8 è del duca Ariman di Sormosedia. 10.82.1 Gli uomini d' arme e gli arcieri a cavallo 10.82.2 di quarantaduo mila numer fanno. 10.82.3 Sono duo tanti, o di cento non fallo, 10.82.4 quelli ch' a piè ne la battaglia vanno. 10.82.5 Mira quei segni, un bigio, un verde, un giallo, 10.82.6 e di nero e d' azzur listato un panno: 10.82.7 Gofredo, Enrigo, Ermante et Odoardo 10.82.8 guidan pedoni, ognun col suo stendardo. 10.83.1 Duca di Bocchingamia è quel dinante; 10.83.2 Enrigo ha la contea di Sarisberia; 10.83.3 signoreggia Burgenia il vecchio Ermante; 10.83.4 quello Odoardo è conte di Croisberia. 10.83.5 Questi alloggiati più verso levante 10.83.6 sono gl' Inglesi. Or volgeti all' Esperia, 10.83.7 dove si veggion trenta mila Scotti, 10.83.8 da Zerbin, figlio del lor re, condotti. 10.84.1 Vedi tra duo unicorni il gran leone, 10.84.2 che la spada d' argento ha ne la zampa: 10.84.3 quell' è del re di Scozia il gonfalone; 10.84.4 il suo figliol Zerbino ivi s' accampa. 10.84.5 Non è un sì bello in tante altre persone: 10.84.6 Natura il fece, e poi roppe la stampa. 10.84.7 Non è in cui tal virtù, tal grazia luca, 10.84.8 o tal possanza: et è di Roscia duca. 10.85.1 Porta in azzurro una dorata sbarra 10.85.2 il conte d' Ottonlei ne lo stendardo. 10.85.3 L' altra bandiera è del duca di Marra, 10.85.4 che nel travaglio porta il leopardo. 10.85.5 Di più colori e di più augei bizzarra 10.85.6 mira l' insegna d' Alcabrun gagliardo, 10.85.7 che non è duca, conte, né marchese, 10.85.8 ma primo nel salvatico paese. 10.86.1 Del duca di Trasfordia è quella insegna, 10.86.2 dove è l' augel ch' al sol tien gli occhi franchi. 10.86.3 Lurcanio conte, ch' in Angoscia regna, 10.86.4 porta quel tauro, c' ha duo veltri ai fianchi. 10.86.5 Vedi là il duca d' Albania, che segna 10.86.6 il campo di colori azzurri e bianchi. 10.86.7 Quel avoltor, ch' un drago verde lania, 10.86.8 è l' insegna del conte di Boccania. 10.87.1 Signoreggia Forbesse il forte Armano, 10.87.2 che di bianco e di nero ha la bandiera; 10.87.3 et ha il conte d' Erelia a destra mano, 10.87.4 che porta in campo verde una lumiera. 10.87.5 Or guarda gl' Ibernesi appresso il piano: 10.87.6 sono duo squadre; e il conte di Childera 10.87.7 mena la prima, e il conte di Desmonda 10.87.8 da fieri monti ha tratta la seconda. 10.88.1 Ne lo stendardo il primo ha un pino ardente; 10.88.2 l' altro nel bianco una vermiglia banda. 10.88.3 Non dà soccorso a Carlo solamente 10.88.4 la terra inglese e la Scozia e l' Irlanda; 10.88.5 ma vien di Svezia e di Norvegia gente, 10.88.6 da Tile, e fin da la remota Islanda: 10.88.7 da ogni terra, insomma, che là giace, 10.88.8 nimica naturalmente di pace. 10.89.1 Sedici mila sono, o poco manco, 10.89.2 de le spelonche usciti e de le selve; 10.89.3 hanno piloso il viso, il petto, il fianco, 10.89.4 e dossi e braccia e gambe, come belve. 10.89.5 Intorno allo stendardo tutto bianco 10.89.6 par che quel pian di lor lance s' inselve: 10.89.7 così Moratto il porta, il capo loro, 10.89.8 per dipingerlo poi di sangue Moro. -- 10.90.1 Mentre Ruggier di quella gente bella, 10.90.2 che per soccorrer Francia si prepara, 10.90.3 mira le varie insegne, e ne favella, 10.90.4 e dei signor britanni i nomi impara; 10.90.5 uno et un altro a lui, per mirar quella 10.90.6 bestia sopra cui siede, unica o rara, 10.90.7 maraviglioso corre e stupefatto; 10.90.8 e tosto il cerchio intorno gli fu fatto. 10.91.1 Sì che per dare ancor più maraviglia, 10.91.2 e per pigliarne il buon Ruggier più gioco, 10.91.3 al volante corsier scuote la briglia, 10.91.4 e con gli sproni ai fianchi il tocca un poco: 10.91.5 quel verso il ciel per l' aria il camin piglia, 10.91.6 e lascia ognuno attonito in quel loco. 10.91.7 Quindi Ruggier, poi che di banda in banda 10.91.8 vide gl' Inglesi, andò verso l' Irlanda. 10.92.1 E vide Ibernia fabulosa, dove 10.92.2 il santo vecchiarel fece la cava, 10.92.3 in che tanta mercé par che si truove, 10.92.4 che l' uom vi purga ogni sua colpa prava. 10.92.5 Quindi poi sopra il mare il destrier muove 10.92.6 là dove la minor Bretagna lava: 10.92.7 e nel passar vide, mirando a basso, 10.92.8 Angelica legata al nudo sasso. 10.93.1 Al nudo sasso, all' Isola del pianto; 10.93.2 che l' Isola del pianto era nomata 10.93.3 quella che da crudele e fiera tanto 10.93.4 et inumana gente era abitata, 10.93.5 che (come io vi dicea sopra nel canto) 10.93.6 per varii liti sparsa iva in armata 10.93.7 tutte le belle donne depredando, 10.93.8 per farne a un mostro poi cibo nefando. 10.94.1 Vi fu legata pur quella matina, 10.94.2 dove venìa per trangugiarla viva 10.94.3 quel smisurato mostro, orca marina, 10.94.4 che di aborrevole esca si nutriva. 10.94.5 Dissi di sopra, come fu rapina 10.94.6 di quei che la trovaro in su la riva 10.94.7 dormire al vecchio incantatore a canto, 10.94.8 ch' ivi l' avea tirata per incanto. 10.95.1 La fiera gente inospitale e cruda 10.95.2 alla bestia crudel nel lito espose 10.95.3 la bellissima donna, così ignuda 10.95.4 come Natura prima la compose. 10.95.5 Un velo non ha pure, in che richiuda 10.95.6 i bianchi gigli e le vermiglie rose, 10.95.7 da non cader per luglio o per dicembre, 10.95.8 di che son sparse le polite membre. 10.96.1 Creduto avria che fosse statua finta 10.96.2 o d' alabastro o d' altri marmi illustri 10.96.3 Ruggiero, e su lo scoglio così avinta 10.96.4 per artificio di scultori industri; 10.96.5 se non vedea la lacrima distinta 10.96.6 tra fresche rose e candidi ligustri 10.96.7 far rugiadose le crudette pome, 10.96.8 e l' aura sventolar l' aurate chiome. 10.97.1 E come ne' begli occhi gli occhi affisse, 10.97.2 de la sua Bradamante gli sovenne. 10.97.3 Pietade e amore a un tempo lo traffisse, 10.97.4 e di piangere a pena si ritenne; 10.97.5 e dolcemente alla donzella disse, 10.97.6 poi che del suo destrier frenò le penne: 10.97.7 -- O donna, degna sol de la catena 10.97.8 con chi i suoi servi Amor legati mena, 10.98.1 e ben di questo e d' ogni male indegna, 10.98.2 chi è quel crudel che con voler perverso 10.98.3 d' importuno livor stringendo segna 10.98.4 di queste belle man l' avorio terso? -- 10.98.5 Forza è ch' a quel parlare ella divegna 10.98.6 quale è di grana un bianco avorio asperso, 10.98.7 di sé vedendo quelle parte ignude, 10.98.8 ch' ancor che belle sian, vergogna chiude. 10.99.1 E coperto con man s' avrebbe il volto, 10.99.2 se non eran legate al duro sasso; 10.99.3 ma del pianto, ch' almen non l' era tolto, 10.99.4 lo sparse, e si sforzò di tener basso. 10.99.5 E dopo alcun' signozzi il parlar sciolto, 10.99.6 incominciò con fioco suono e lasso: 10.99.7 ma non seguì; che dentro il fe' restare 10.99.8 il gran rumor che si sentì nel mare. 10.100.1 Ecco apparir lo smisurato mostro 10.100.2 mezzo ascoso ne l' onda e mezzo sorto. 10.100.3 Come sospinto suol da borea o d' ostro 10.100.4 venir lungo navilio a pigliar porto, 10.100.5 così ne viene al cibo che l' è mostro 10.100.6 la bestia orrenda; e l' intervallo è corto. 10.100.7 La donna è mezza morta di paura; 10.100.8 né per conforto altrui si rassicura. 10.101.1 Tenea Ruggier la lancia non in resta, 10.101.2 ma sopra mano, e percoteva l' orca. 10.101.3 Altro non so che s' assimigli a questa, 10.101.4 ch' una gran massa che s' aggiri e torca; 10.101.5 né forma ha d' animal, se non la testa, 10.101.6 c' ha gli occhi e i denti fuor, come di porca. 10.101.7 Ruggier in fronte la ferìa tra gli occhi; 10.101.8 ma par che un ferro o un duro sasso tocchi. 10.102.1 Poi che la prima botta poco vale, 10.102.2 ritorna per far meglio la seconda. 10.102.3 L' orca, che vede sotto le grandi ale 10.102.4 l' ombra di qua e di là correr su l' onda, 10.102.5 lascia la preda certa litorale, 10.102.6 e quella vana segue furibonda: 10.102.7 dietro quella si volve e si raggira. 10.102.8 Ruggier giù cala, e spessi colpi tira. 10.103.1 Come d' alto venendo aquila suole, 10.103.2 ch' errar fra l' erbe visto abbia la biscia, 10.103.3 o che stia sopra un nudo sasso al sole, 10.103.4 dove le spoglie d' oro abbella e liscia; 10.103.5 non assalir da quel lato la vuole 10.103.6 onde la velenosa e soffia e striscia, 10.103.7 ma da tergo la adugna, e batte i vanni, 10.103.8 acciò non se le volga e non la azzanni: 10.104.1 così Ruggier con l' asta e con la spada, 10.104.2 non dove era de' denti armato il muso, 10.104.3 ma vuol che 'l colpo tra l' orecchie cada, 10.104.4 or su le schene, or ne la coda giuso. 10.104.5 Se la fera si volta, ei muta strada, 10.104.6 et a tempo giù cala, e poggia in suso: 10.104.7 ma come sempre giunga in un dïaspro, 10.104.8 non può tagliar lo scoglio duro et aspro. 10.105.1 Simil battaglia fa la mosca audace 10.105.2 contra il mastin nel polveroso agosto, 10.105.3 o nel mese dinanzi o nel seguace, 10.105.4 l' uno di spiche e l' altro pien di mosto: 10.105.5 negli occhi il punge e nel grifo mordace, 10.105.6 volagli intorno e gli sta sempre accosto; 10.105.7 e quel suonar fa spesso il dente asciutto: 10.105.8 ma un tratto che gli arrivi, appaga il tutto. 10.106.1 Sì forte ella nel mar batte la coda, 10.106.2 che fa vicino al ciel l' acqua inalzare; 10.106.3 tal che non sa se l' ale in aria snoda, 10.106.4 o pur se 'l suo destrier nuota nel mare. 10.106.5 Gli è spesso che disia trovarsi a proda; 10.106.6 che se lo sprazzo in tal modo ha a durare, 10.106.7 teme sì l' ale inaffi all' ippogrifo, 10.106.8 che brami invano avere o zucca o schifo. 10.107.1 Prese nuovo consiglio, e fu il migliore, 10.107.2 di vincer con altre arme il mostro crudo: 10.107.3 abbarbagliar lo vuol con lo splendore 10.107.4 ch' era incantato nel coperto scudo. 10.107.5 Vola nel lito; e per non fare errore, 10.107.6 alla donna legata al sasso nudo 10.107.7 lascia nel minor dito de la mano 10.107.8 l' annel, che potea far l' incanto vano: 10.108.1 dico l' annel che Bradamante avea, 10.108.2 per liberar Ruggier, tolto a Brunello, 10.108.3 poi per trarlo di man d' Alcina rea, 10.108.4 mandato in India per Melissa a quello. 10.108.5 Melissa (come dianzi io vi dicea) 10.108.6 in ben di molti adoperò l' annello; 10.108.7 indi l' avea a Ruggier restituito, 10.108.8 dal qual poi sempre fu portato in dito. 10.109.1 Lo dà ad Angelica ora, perché teme 10.109.2 che del suo scudo il fulgurar non viete, 10.109.3 e perché a lei ne sien difesi insieme 10.109.4 gli occhi che già l' avean preso alla rete. 10.109.5 Or viene al lito, e sotto il ventre preme 10.109.6 ben mezzo il mar la smisurata cete. 10.109.7 Sta Ruggiero alla posta, e lieva il velo; 10.109.8 e par ch' aggiunga un altro sole al cielo. 10.110.1 Ferì negli occhi l' incantato lume 10.110.2 di quella fera, e fece al modo usato. 10.110.3 Quale o trota o scaglion va giù pel fiume 10.110.4 c' ha con calcina il montanar turbato, 10.110.5 tal si vedea ne le marine schiume 10.110.6 il mostro orribilmente riversciato. 10.110.7 Di qua di là Ruggier percuote assai, 10.110.8 ma di ferirlo via non truova mai. 10.111.1 La bella donna tuttavolta priega 10.111.2 ch' invan la dura squama oltre non pesti. 10.111.3 -- Torna, per Dio, signor: prima mi slega 10.111.4 (dicea piangendo), che l' orca si desti: 10.111.5 portami teco e in mezzo il mar mi anniega: 10.111.6 non far ch' in ventre al brutto pesce io resti. -- 10.111.7 Ruggier, commosso dunque al giusto grido, 10.111.8 slegò la donna, e la levò dal lido. 10.112.1 Il destrier punto, ponta i piè all' arena 10.112.2 e sbalza in aria e per lo ciel galoppa; 10.112.3 e porta il cavalliero in su la schena, 10.112.4 e la donzella dietro in su la groppa. 10.112.5 Così privò la fera de la cena 10.112.6 per lei soave e delicata troppa. 10.112.7 Ruggier si va volgendo, e mille baci 10.112.8 figge nel petto e negli occhi vivaci. 10.113.1 Non più tenne la via, come propose 10.113.2 prima, di circundar tutta la Spagna; 10.113.3 ma nel propinquo lito il destrier pose, 10.113.4 dove entra in mar più la minor Bretagna. 10.113.5 Sul lito un bosco era di querce ombrose, 10.113.6 dove ognor par che Filomena piagna; 10.113.7 ch' in mezzo avea un pratel con una fonte, 10.113.8 e quinci e quindi un solitario monte. 10.114.1 Quivi il bramoso cavallier ritenne 10.114.2 l' audace corso, e nel pratel discese; 10.114.3 e fe' raccorre al suo destrier le penne, 10.114.4 ma non a tal che più le avea distese. 10.114.5 Del destrier sceso, a pena si ritenne 10.114.6 di salir altri; ma tennel l' arnese: 10.114.7 l' arnese il tenne, che bisognò trarre, 10.114.8 e contra il suo disir messe le sbarre. 10.115.1 Frettoloso, or da questo or da quel canto 10.115.2 confusamente l' arme si levava. 10.115.3 Non gli parve altra volta mai star tanto; 10.115.4 che s' un laccio sciogliea, dui n' annodava. 10.115.5 Ma troppo è lungo ormai, Signor, il canto, 10.115.6 e forse ch' anco l' ascoltar vi grava: 10.115.7 sì ch' io differirò l' istoria mia 10.115.8 in altro tempo che più grata sia.
CANTO XI
11.1.1 Quantunque debil freno a mezzo il corso 11.1.2 animoso destrier spesso raccolga, 11.1.3 raro è però che di ragione il morso 11.1.4 libidinosa furia a dietro volga, 11.1.5 quando il piacere ha in pronto; a guisa d' orso 11.1.6 che dal mel non sì tosto si distolga, 11.1.7 poi che gli n' è venuto odore al naso, 11.1.8 o qualche stilla ne gustò sul vaso. 11.2.1 Qual raggion fia che 'l buon Ruggier raffrene, 11.2.2 sì che non voglia ora pigliar diletto 11.2.3 d' Angelica gentil che nuda tiene 11.2.4 nel solitario e commodo boschetto? 11.2.5 Di Bradamante più non gli soviene, 11.2.6 che tanto aver solea fissa nel petto: 11.2.7 e se gli ne sovien pur come prima, 11.2.8 pazzo è se questa ancor non prezza e stima; 11.3.1 con la qual non saria stato quel crudo 11.3.2 Zenocrate di lui più continente. 11.3.3 Gittato avea Ruggier l' asta e lo scudo, 11.3.4 e si traea l' altre arme impazïente; 11.3.5 quando abbassando pel bel corpo ignudo 11.3.6 la donna gli occhi vergognosamente, 11.3.7 si vide in dito il prezïoso annello 11.3.8 che già le tolse ad Albracca Brunello. 11.4.1 Questo è l' annel ch' ella portò già in Francia 11.4.2 la prima volta che fe' quel camino 11.4.3 col fratel suo, che v' arrecò la lancia, 11.4.4 la qual fu poi d' Astolfo paladino. 11.4.5 Con questo fe' gl' incanti uscire in ciancia 11.4.6 di Malagigi al petron di Merlino; 11.4.7 con questo Orlando et altri una matina 11.4.8 tolse di servitù di Dragontina; 11.5.1 con questo uscì invisibil de la torre 11.5.2 dove l' avea richiusa un vecchio rio. 11.5.3 A che voglio io tutte sue prove accôrre, 11.5.4 se le sapete voi così come io? 11.5.5 Brunel sin nel giron lel venne a tôrre; 11.5.6 ch' Agramante d' averlo ebbe disio. 11.5.7 Da indi in qua sempre Fortuna a sdegno 11.5.8 ebbe costei, fin che le tolse il regno. 11.6.1 Or che sel vede, come ho detto, in mano, 11.6.2 sì di stupore e d' allegrezza è piena, 11.6.3 che quasi dubbia di sognarsi invano, 11.6.4 agli occhi, alla man sua dà fede a pena. 11.6.5 Del dito se lo leva, e a mano a mano 11.6.6 sel chiude in bocca: e in men che non balena, 11.6.7 così dagli occhi di Ruggier si cela, 11.6.8 come fa il sol quando la nube il vela. 11.7.1 Ruggier pur d' ogn' intorno riguardava, 11.7.2 e s' aggirava a cerco come un matto; 11.7.3 ma poi che de l' annel si ricordava, 11.7.4 scornato vi rimase e stupefatto: 11.7.5 e la sua inavvertenza bestemiava, 11.7.6 e la donna accusava di quello atto 11.7.7 ingrato e discortese, che renduto 11.7.8 in ricompensa gli era del suo aiuto. 11.8.1 -- Ingrata damigella, è questo quello 11.8.2 guiderdone (dicea), che tu mi rendi? 11.8.3 che più tosto involar vogli l' annello, 11.8.4 ch' averlo in don. Perché da me nol prendi? 11.8.5 Non pur quel, ma lo scudo e il destrier snello 11.8.6 e me ti dono, e come vuoi mi spendi; 11.8.7 sol che 'l bel viso tuo non mi nascondi. 11.8.8 Io so, crudel, che m' odi, e non rispondi. -- 11.9.1 Così dicendo, intorno alla fontana 11.9.2 brancolando n' andava come cieco. 11.9.3 Oh quante volte abbracciò l' aria vana, 11.9.4 sperando la donzella abbracciar seco! 11.9.5 Quella, che s' era già fatta lontana, 11.9.6 mai non cessò d' andar, che giunse a un speco 11.9.7 che sotto un monte era capace e grande, 11.9.8 dove al bisogno suo trovò vivande. 11.10.1 Quivi un vecchio pastor, che di cavalle 11.10.2 un grande armento avea, facea soggiorno. 11.10.3 Le iumente pascean giù per la valle 11.10.4 le tenere erbe ai freschi rivi intorno. 11.10.5 Di qua di là da l' antro erano stalle, 11.10.6 dove fuggìano il sol del mezzo giorno. 11.10.7 Angelica quel dì lunga dimora 11.10.8 là dentro fece, e non fu vista ancora. 11.11.1 E circa il vespro, poi che rifrescossi, 11.11.2 e le fu aviso esser posata assai, 11.11.3 in certi drappi rozzi aviluppossi, 11.11.4 dissimil troppo ai portamenti gai, 11.11.5 che verdi, gialli, persi, azzurri e rossi 11.11.6 ebbe, e di quante foggie furon mai. 11.11.7 Non le può tor però tanto umil gonna, 11.11.8 che bella non rassembri e nobil donna. 11.12.1 Taccia chi loda Fillide, o Neera, 11.12.2 o Amarilli, o Galatea fugace; 11.12.3 che d' esse alcuna sì bella non era, 11.12.4 Titiro e Melibeo, con vostra pace. 11.12.5 La bella donna tra' fuor de la schiera 11.12.6 de le iumente una che più le piace. 11.12.7 Allora allora se le fece inante 11.12.8 un pensier di tornarsene in Levante. 11.13.1 Ruggiero intanto, poi ch' ebbe gran pezzo 11.13.2 indarno atteso s' ella si scopriva, 11.13.3 e che s' avide del suo error da sezzo; 11.13.4 che non era vicina e non l' udiva; 11.13.5 dove lasciato avea il cavallo, avezzo 11.13.6 in cielo e in terra, a rimontar veniva: 11.13.7 e ritrovò che s' avea tratto il morso, 11.13.8 e salia in aria a più libero corso. 11.14.1 Fu grave e mala aggiunta all' altro danno 11.14.2 vedersi anco restar senza l' augello. 11.14.3 Questo, non men che 'l feminile inganno, 11.14.4 gli preme al cor; ma più che questo e quello, 11.14.5 gli preme e fa sentir noioso affanno 11.14.6 l' aver perduto il prezïoso annello; 11.14.7 per le virtù non tanto ch' in lui sono, 11.14.8 quanto che fu de la sua donna dono. 11.15.1 Oltremodo dolente si ripose 11.15.2 indosso l' arme, e lo scudo alle spalle; 11.15.3 dal mar slungossi, e per le piaggie erbose 11.15.4 prese il camin verso una larga valle, 11.15.5 dove per mezzo all' alte selve ombrose 11.15.6 vide il più largo e 'l più segnato calle. 11.15.7 Non molto va, ch' a destra, ove più folta 11.15.8 è quella selva, un gran strepito ascolta. 11.16.1 Strepito ascolta e spaventevol suono 11.16.2 d' arme percosse insieme; onde s' affretta 11.16.3 tra pianta e pianta: e truova dui, che sono 11.16.4 a gran battaglia in poca piazza e stretta. 11.16.5 Non s' hanno alcun riguardo né perdono, 11.16.6 per far, non so di che, dura vendetta. 11.16.7 L' uno è gigante, alla sembianza fiero; 11.16.8 ardito l' altro e franco cavalliero. 11.17.1 E questo con lo scudo e con la spada, 11.17.2 di qua di là saltando, si difende, 11.17.3 perché la mazza sopra non gli cada, 11.17.4 con che il gigante a due man sempre offende. 11.17.5 Giace morto il cavallo in su la strada. 11.17.6 Ruggier si ferma, e alla battaglia attende; 11.17.7 e tosto inchina l' animo, e disia 11.17.8 che vincitore il cavallier ne sia. 11.18.1 Non che per questo gli dia alcuno aiuto; 11.18.2 ma si tira da parte, e sta a vedere. 11.18.3 Ecco col baston grave il più membruto 11.18.4 sopra l' elmo a due man del minor fere. 11.18.5 De la percossa è il cavallier caduto: 11.18.6 l' altro, che 'l vide attonito giacere, 11.18.7 per dargli morte l' elmo gli dislaccia; 11.18.8 e fa sì che Ruggier lo vede in faccia. 11.19.1 Vede Ruggier de la sua dolce e bella 11.19.2 e carissima donna Bradamante 11.19.3 scoperto il viso; e lei vede esser quella 11.19.4 a cui dar morte vuol l' empio gigante: 11.19.5 sì che a battaglia subito l' appella, 11.19.6 e con la spada nuda si fa inante: 11.19.7 ma quel, che nuova pugna non attende, 11.19.8 la donna tramortita in braccio prende; 11.20.1 e se l' arreca in spalla, e via la porta, 11.20.2 come lupo talor piccolo agnello, 11.20.3 o l' aquila portar ne l' ugna torta 11.20.4 suole o colombo o simile altro augello. 11.20.5 Vede Ruggier quanto il suo aiuto importa, 11.20.6 e vien correndo a più poter; ma quello 11.20.7 con tanta fretta i lunghi passi mena, 11.20.8 che con gli occhi Ruggier lo segue a pena. 11.21.1 Così correndo l' uno, e seguitando 11.21.2 l' altro, per un sentiero ombroso e fosco, 11.21.3 che sempre si venìa più dilatando, 11.21.4 in un gran prato uscîr fuor di quel bosco. 11.21.5 Non più di questo; ch' io ritorno a Orlando, 11.21.6 che 'l fulgur che portò già il re Cimosco, 11.21.7 avea gittato in mar nel maggior fondo, 11.21.8 acciò mai più non si trovasse al mondo. 11.22.1 Ma poco ci giovò: che 'l nimico empio 11.22.2 de l' umana natura, il qual del telo 11.22.3 fu l' inventor, ch' ebbe da quel l' esempio, 11.22.4 ch' apre le nubi e in terra vien dal cielo; 11.22.5 con quasi non minor di quello scempio 11.22.6 che ci diè quando Eva ingannò col melo, 11.22.7 lo fece ritrovar da un negromante, 11.22.8 al tempo de' nostri avi, o poco inante. 11.23.1 La machina infernal, di più di cento 11.23.2 passi d' acqua ove stè ascosa molt' anni, 11.23.3 al sommo tratta per incantamento, 11.23.4 prima portata fu tra gli Alamanni; 11.23.5 li quali uno et un altro esperimento 11.23.6 facendone, e il demonio a' nostri danni 11.23.7 assuttigliando lor via più la mente, 11.23.8 ne ritrovaro l' uso finalmente. 11.24.1 Italia e Francia e tutte l' altre bande 11.24.2 del mondo han poi la crudele arte appresa. 11.24.3 Alcuno il bronzo in cave forme spande, 11.24.4 che liquefatto ha la fornace accesa; 11.24.5 bùgia altri il ferro; e chi picciol, chi grande 11.24.6 il vaso forma, che più e meno pesa: 11.24.7 e qual bombarda e qual nomina scoppio, 11.24.8 qual semplice cannon, qual cannon doppio; 11.25.1 qual sagra, qual falcon, qual colubrina 11.25.2 sento nomar, come al suo autor più agrada; 11.25.3 che 'l ferro spezza, e i marmi apre e ruina, 11.25.4 e ovunque passa si fa dar la strada. 11.25.5 Rendi, miser soldato, alla fucina 11.25.6 pur tutte l' arme c' hai, fin alla spada; 11.25.7 e in spalla un scoppio o un arcobugio prendi; 11.25.8 che senza, io so, non toccherai stipendi. 11.26.1 Come trovasti, o scelerata e brutta 11.26.2 invenzïon, mai loco in uman core? 11.26.3 Per te la militar gloria è distrutta, 11.26.4 per te il mestier de l' arme è senza onore; 11.26.5 per te è il valore e la virtù ridutta, 11.26.6 che spesso par del buono il rio migliore: 11.26.7 non più la gagliardia, non più l' ardire 11.26.8 per te può in campo al paragon venire. 11.27.1 Per te son giti et anderan sotterra 11.27.2 tanti signori e cavallieri tanti, 11.27.3 prima che sia finita questa guerra, 11.27.4 che 'l mondo, ma più Italia, ha messo in pianti; 11.27.5 che s' io v' ho detto, il detto mio non erra, 11.27.6 che ben fu il più crudele e il più di quanti 11.27.7 mai furo al mondo ingegni empii e maligni, 11.27.8 ch' imaginò sì abominosi ordigni. 11.28.1 E crederò che Dio, perché vendetta 11.28.2 ne sia in eterno, nel profondo chiuda 11.28.3 del cieco abisso quella maladetta 11.28.4 anima, appresso al maladetto Giuda. 11.28.5 Ma seguitiamo il cavallier ch' in fretta 11.28.6 brama trovarsi all' isola d' Ebuda, 11.28.7 dove le belle donne e delicate 11.28.8 son per vivanda a un marin mostro date. 11.29.1 Ma quanto avea più fretta il paladino, 11.29.2 tanto parea che men l' avesse il vento. 11.29.3 Spiri o dal lato destro o dal mancino, 11.29.4 o ne le poppe, sempre è così lento, 11.29.5 che si può far con lui poco camino; 11.29.6 e rimanea talvolta in tutto spento: 11.29.7 soffia talor sì averso, che gli è forza 11.29.8 o di tornare, o d' ir girando all' orza. 11.30.1 Fu volontà di Dio che non venisse 11.30.2 prima che 'l re d' Ibernia in quella parte, 11.30.3 acciò con più facilità seguisse 11.30.4 quel ch' udir vi farò fra poche carte. 11.30.5 Sopra l' isola sorti, Orlando disse 11.30.6 al suo nochiero: -- Or qui potrai fermarte, 11.30.7 e 'l battel darmi; che portar mi voglio 11.30.8 senz' altra compagnia sopra lo scoglio. 11.31.1 E voglio la maggior gomona meco, 11.31.2 e l' àncora maggior ch' abbi sul legno: 11.31.3 io ti farò veder perché l' arreco, 11.31.4 se con quel mostro ad affrontar mi vegno. -- 11.31.5 Gittar fe' in mare il palischermo seco, 11.31.6 con tutto quel ch' era atto al suo disegno. 11.31.7 Tutte l' arme lasciò, fuor che la spada; 11.31.8 e vêr lo scoglio, sol, prese la strada. 11.32.1 Si tira i remi al petto, e tien le spalle 11.32.2 volte alla parte ove discender vuole; 11.32.3 a guisa che del mare o de la valle 11.32.4 uscendo al lito, il salso granchio suole. 11.32.5 Era ne l' ora che le chiome gialle 11.32.6 la bella Aurora avea spiegate al Sole, 11.32.7 mezzo scoperto ancora e mezzo ascoso, 11.32.8 non senza sdegno di Titon geloso. 11.33.1 Fattosi appresso al nudo scoglio, quanto 11.33.2 potria gagliarda man gittare un sasso, 11.33.3 gli pare udire e non udire un pianto; 11.33.4 sì all' orecchie gli vien debole e lasso. 11.33.5 Tutto si volta sul sinistro canto; 11.33.6 e posto gli occhi appresso all' onde al basso, 11.33.7 vede una donna, nuda come nacque, 11.33.8 legata a un tronco; e i piè le bagnan l' acque. 11.34.1 Perché gli è ancor lontana, e perché china 11.34.2 la faccia tien, non ben chi sia discerne. 11.34.3 Tira in fretta ambi i remi, e s' avicina 11.34.4 con gran disio di più notizia averne. 11.34.5 Ma muggiar sente in questo la marina, 11.34.6 e rimbombar le selve e le caverne: 11.34.7 gonfiansi l' onde; et ecco il mostro appare, 11.34.8 che sotto il petto ha quasi ascoso il mare. 11.35.1 Come d' oscura valle umida ascende 11.35.2 nube di pioggia e di tempesta pregna, 11.35.3 che più che cieca notte si distende 11.35.4 per tutto 'l mondo, e par che 'l giorno spegna; 11.35.5 così nuota la fera, e del mar prende 11.35.6 tanto, che si può dir che tutto il tegna: 11.35.7 fremono l' onde. Orlando in sé raccolto, 11.35.8 la mira altier, né cangia cor né volto. 11.36.1 E come quel ch' avea il pensier ben fermo 11.36.2 di quanto volea far, si mosse ratto; 11.36.3 e perché alla donzella essere schermo, 11.36.4 e la fera assalir potesse a un tratto, 11.36.5 entrò fra l' orca e lei col palischermo, 11.36.6 nel fodero lasciando il brando piatto: 11.36.7 l' àncora con la gomona in man prese; 11.36.8 poi con gran cor l' orribil mostro attese. 11.37.1 Tosto che l' orca s' accostò, e scoperse 11.37.2 nel schifo Orlando con poco intervallo, 11.37.3 per ingiottirlo tanta bocca aperse, 11.37.4 ch' entrato un uomo vi saria a cavallo. 11.37.5 Si spinse Orlando inanzi, e se gl' immerse 11.37.6 con quella àncora in gola, e s' io non fallo, 11.37.7 col battello anco; e l' àncora attaccolle 11.37.8 e nel palato e ne la lingua molle: 11.38.1 sì che né più si puon calar di sopra, 11.38.2 né alzar di sotto le mascelle orrende. 11.38.3 Così chi ne le mine il ferro adopra, 11.38.4 la terra, ovunque si fa via, suspende, 11.38.5 che subita ruina non lo cuopra, 11.38.6 mentre mal cauto al suo lavoro intende. 11.38.7 Da un amo all' altro l' àncora è tanto alta, 11.38.8 che non v' arriva Orlando, se non salta. 11.39.1 Messo il puntello, e fattosi sicuro 11.39.2 che 'l mostro più serrar non può la bocca, 11.39.3 stringe la spada, e per quel antro oscuro 11.39.4 di qua e di là con tagli e punte tocca. 11.39.5 Come si può, poi che son dentro al muro 11.39.6 giunti i nimici, ben difender ròcca; 11.39.7 così difender l' orca si potea 11.39.8 dal paladin che ne la gola avea. 11.40.1 Dal dolor vinta, or sopra il mar si lancia, 11.40.2 e mostra i fianchi e le scagliose schene; 11.40.3 or dentro vi s' attuffa, e con la pancia 11.40.4 muove dal fondo e fa salir l' arene. 11.40.5 Sentendo l' acqua il cavallier di Francia, 11.40.6 che troppo abonda, a nuoto fuor ne viene: 11.40.7 lascia l' àncora fitta, e in mano prende 11.40.8 la fune che da l' àncora depende. 11.41.1 E con quella ne vien nuotando in fretta 11.41.2 verso lo scoglio; ove fermato il piede, 11.41.3 tira l' àncora a sé, ch' in bocca stretta 11.41.4 con le due punte il brutto mostro fiede. 11.41.5 L' orca a seguire il canape è constretta 11.41.6 da quella forza ch' ogni forza eccede, 11.41.7 da quella forza che più in una scossa 11.41.8 tira, ch' in dieci un argano far possa. 11.42.1 Come toro salvatico ch' al corno 11.42.2 gittar si senta un improviso laccio, 11.42.3 salta di qua di là, s' aggira intorno, 11.42.4 si colca e lieva, e non può uscir d' impaccio; 11.42.5 così fuor del suo antico almo soggiorno 11.42.6 l' orca tratta per forza di quel braccio, 11.42.7 con mille guizzi e mille strane ruote 11.42.8 segue la fune, e scior non se ne puote. 11.43.1 Di bocca il sangue in tanta copia fonde, 11.43.2 che questo oggi il mar Rosso si può dire, 11.43.3 dove in tal guisa ella percuote l' onde, 11.43.4 ch' insino al fondo le vedreste aprire; 11.43.5 et or ne bagna il cielo, e il lume asconde 11.43.6 del chiaro sol: tanto le fa salire. 11.43.7 Rimbombano al rumor ch' intorno s' ode 11.43.8 le selve, i monti e le lontane prode. 11.44.1 Fuor de la grotta il vecchio Proteo, quando 11.44.2 ode tanto rumor, sopra il mare esce; 11.44.3 e visto entrare e uscir de l' orca Orlando, 11.44.4 e al lito trar sì smisurato pesce, 11.44.5 fugge per l' alto occeano, oblïando 11.44.6 lo sparso gregge: e sì il tumulto cresce, 11.44.7 che fatto al carro i suoi delfini porre, 11.44.8 quel di Nettunno in Etïopia corre. 11.45.1 Con Melicerta in collo Ino piangendo, 11.45.2 e le Nereide coi capelli sparsi, 11.45.3 Glauci e Tritoni e gli altri, non sappiendo 11.45.4 dove, chi qua chi là van per salvarsi. 11.45.5 Orlando al lito trasse il pesce orrendo, 11.45.6 col qual non bisognò più affaticarsi; 11.45.7 che pel travaglio e per l' avuta pena, 11.45.8 prima morì, che fosse in su l' arena. 11.46.1 De l' isola non pochi erano corsi 11.46.2 a riguardar quella battaglia strana; 11.46.3 i quai da vana religion rimorsi, 11.46.4 così sant' opra riputâr profana: 11.46.5 e dicean che sarebbe un nuovo tôrsi 11.46.6 Proteo nimico, e attizzar l' ira insana, 11.46.7 da farli porre il marin gregge in terra, 11.46.8 e tutta rinovar l' antica guerra; 11.47.1 e che meglio sarà di chieder pace 11.47.2 prima all' offeso dio, che peggio accada; 11.47.3 e questo si farà, quando l' audace 11.47.4 gittato in mare a placar Proteo vada. 11.47.5 Come dà fuoco l' una a l' altra face, 11.47.6 e tosto alluma tutta una contrada, 11.47.7 così d' un cor ne l' altro si difonde 11.47.8 l' ira ch' Orlando vuol gittar ne l' onde. 11.48.1 Chi d' una fromba e chi d' un arco armato, 11.48.2 chi d' asta, chi di spada, al lito scende; 11.48.3 e dinanzi e di dietro e d' ogni lato, 11.48.4 lontano e appresso, a più poter l' offende. 11.48.5 Di sì bestiale insulto e troppo ingrato 11.48.6 gran meraviglia il paladin si prende: 11.48.7 pel mostro ucciso ingiuria far si vede, 11.48.8 dove aver ne sperò gloria e mercede. 11.49.1 Ma come l' orso suol, che per le fiere 11.49.2 menato sia da Rusci o da Lituani, 11.49.3 passando per la via, poco temere 11.49.4 l' importuno abbaiar di picciol cani, 11.49.5 che pur non se li degna di vedere; 11.49.6 così poco temea di quei villani 11.49.7 il paladin, che con un soffio solo 11.49.8 ne potrà fracassar tutto lo stuolo. 11.50.1 E ben si fece far subito piazza 11.50.2 che lor si volse, e Durindana prese. 11.50.3 S' avea creduto quella gente pazza 11.50.4 che le dovesse far poche contese, 11.50.5 quando né indosso gli vedea corazza, 11.50.6 né scudo in braccio, né alcun altro arnese; 11.50.7 ma non sapea che dal capo alle piante 11.50.8 dura la pelle avea più che diamante. 11.51.1 Quel che d' Orlando agli altri far non lece, 11.51.2 di far degli altri a lui già non è tolto. 11.51.3 Trenta n' uccise, e furo in tutto diece 11.51.4 botte, o se più, non le passò di molto. 11.51.5 Tosto intorno sgombrar l' arena fece; 11.51.6 e per slegar la donna era già volto, 11.51.7 quando nuovo tumulto e nuovo grido 11.51.8 fe' risuonar da un' altra parte il lido. 11.52.1 Mentre avea il paladin da questa banda 11.52.2 così tenuto i barbari impediti, 11.52.3 eran senza contrasto quei d' Irlanda 11.52.4 da più parte ne l' isola saliti; 11.52.5 e spenta ogni pietà, strage nefanda 11.52.6 di quel popul facean per tutti i liti: 11.52.7 fosse iustizia, o fosse crudeltade, 11.52.8 né sesso riguardavano né etade. 11.53.1 Nessun ripar fan gl' isolani, o poco; 11.53.2 parte, ch' accolti son troppo improviso, 11.53.3 parte, che poca gente ha il picciol loco, 11.53.4 e quella poca è di nessuno aviso. 11.53.5 L' aver fu messo a sacco; messo fuoco 11.53.6 fu ne le case: il populo fu ucciso: 11.53.7 le mura fur tutte adeguate al suolo: 11.53.8 non fu lasciato vivo un capo solo. 11.54.1 Orlando, come gli appertenga nulla 11.54.2 l' alto rumor, le stride e la ruina, 11.54.3 viene a colei che su la pietra brulla 11.54.4 avea da divorar l' orca marina. 11.54.5 Guarda, e gli par conoscer la fanciulla; 11.54.6 e più gli pare, e più che s' avicina: 11.54.7 gli pare Olimpia; et era Olimpia certo, 11.54.8 che di sua fede ebbe sì iniquo merto. 11.55.1 Misera Olimpia! a cui dopo lo scorno 11.55.2 che gli fe' Amore, anco Fortuna cruda 11.55.3 mandò i corsari (e fu il medesmo giorno), 11.55.4 che la portaro all' isola d' Ebuda. 11.55.5 Riconosce ella Orlando nel ritorno 11.55.6 che fa allo scoglio: ma perch' ella è nuda, 11.55.7 tien basso il capo; e non che non gli parli, 11.55.8 ma gli occhi non ardisce al viso alzarli. 11.56.1 Orlando domandò ch' iniqua sorte 11.56.2 l' avesse fatta all' isola venire 11.56.3 di là dove lasciata col consorte 11.56.4 lieta l' avea quanto si può più dire. 11.56.5 -- Non so (disse ella) s' io v' ho, che la morte 11.56.6 voi mi schivaste, grazie a riferire, 11.56.7 o da dolermi che per voi non sia 11.56.8 oggi finita la miseria mia. 11.57.1 Io v' ho da ringraziar ch' una maniera 11.57.2 di morir mi schivaste troppo enorme; 11.57.3 che troppo saria enorme, se la fera 11.57.4 nel brutto ventre avesse avuto a porme. 11.57.5 Ma già non vi ringrazio ch' io non pèra; 11.57.6 che morte sol può di miseria tôrme: 11.57.7 ben vi ringrazierò, se da voi darmi 11.57.8 quella vedrò, che d' ogni duol può trarmi. -- 11.58.1 Poi con gran pianto seguitò, dicendo 11.58.2 come lo sposo suo l' avea tradita; 11.58.3 che la lasciò su l' isola dormendo, 11.58.4 donde ella poi fu dai corsar rapita. 11.58.5 E mentre ella parlava, rivolgendo 11.58.6 s' andava in quella guisa che scolpita 11.58.7 o dipinta è Dïana ne la fonte, 11.58.8 che getta l' acqua ad Ateone in fronte; 11.59.1 che, quanto può, nasconde il petto e 'l ventre, 11.59.2 più liberal dei fianchi e de le rene. 11.59.3 Brama Orlando ch' in porto il suo legno entre; 11.59.4 che lei, che sciolta avea da le catene, 11.59.5 vorria coprir d' alcuna veste. Or mentre 11.59.6 ch' a questo è intento, Oberto sopraviene, 11.59.7 Oberto il re d' Ibernia, ch' avea inteso 11.59.8 che 'l marin mostro era sul lito steso; 11.60.1 e che nuotando un cavallier era ito 11.60.2 a porgli in gola un' àncora assai grave; 11.60.3 e che l' avea così tirato al lito, 11.60.4 come si suol tirar contr' acqua nave. 11.60.5 Oberto, per veder se riferito 11.60.6 colui da chi l' ha inteso, il vero gli have, 11.60.7 se ne vien quivi; e la sua gente intanto 11.60.8 arde e distrugge Ebuda in ogni canto. 11.61.1 Il re d' Ibernia, ancor che fosse Orlando 11.61.2 di sangue tinto, e d' acqua molle e brutto, 11.61.3 brutto del sangue che si trasse quando 11.61.4 uscì de l' orca in ch' era entrato tutto, 11.61.5 pel conte l' andò pur raffigurando; 11.61.6 tanto più che ne l' animo avea indutto, 11.61.7 tosto che del valor sentì la nuova, 11.61.8 ch' altri ch' Orlando non faria tal pruova. 11.62.1 Lo conoscea, perch' era stato infante 11.62.2 d' onore in Francia, e se n' era partito 11.62.3 per pigliar la corona, l' anno inante, 11.62.4 del padre suo ch' era di vita uscito. 11.62.5 Tante volte veduto, e tante e tante 11.62.6 gli avea parlato, ch' era in infinito. 11.62.7 Lo corse ad abbracciare e a fargli festa, 11.62.8 trattasi la celata ch' avea in testa. 11.63.1 Non meno Orlando di veder contento 11.63.2 si mostrò il re, che 'l re di veder lui. 11.63.3 Poi che furo a iterar l' abbracciamento 11.63.4 una o due volte tornati amendui, 11.63.5 narrò ad Oberto Orlando il tradimento 11.63.6 che fu fatto alla giovane, e da cui 11.63.7 fatto le fu; dal perfido Bireno, 11.63.8 che via d' ogn' altro lo dovea far meno. 11.64.1 Le pruove gli narrò, che tante volte 11.64.2 ella d' amarlo dimostrato avea: 11.64.3 come i parenti e le sustanzie tolte 11.64.4 le furo, e al fin per lui morir volea; 11.64.5 e ch' esso testimonio era di molte, 11.64.6 e renderne buon conto ne potea. 11.64.7 Mentre parlava, i begli occhi sereni 11.64.8 de la donna di lagrime eran pieni. 11.65.1 Era il bel viso suo, quale esser suole 11.65.2 da primavera alcuna volta il cielo, 11.65.3 quando la pioggia cade, e a un tempo il sole 11.65.4 si sgombra intorno il nubiloso velo. 11.65.5 E come il rosignuol dolci carole 11.65.6 mena nei rami alor del verde stelo, 11.65.7 così alle belle lagrime le piume 11.65.8 si bagna Amore, e gode al chiaro lume. 11.66.1 E ne la face de' begli occhi accende 11.66.2 l' aurato strale, e nel ruscello amorza, 11.66.3 che tra vermigli e bianchi fiori scende: 11.66.4 e temprato che l' ha, tira di forza 11.66.5 contra il garzon, che né scudo difende 11.66.6 né maglia doppia né ferigna scorza; 11.66.7 che mentre sta a mirar gli occhi e le chiome, 11.66.8 si sente il cor ferito, e non sa come. 11.67.1 Le bellezze d' Olimpia eran di quelle 11.67.2 che son più rare: e non la fronte sola, 11.67.3 gli occhi e le guancie e le chiome avea belle, 11.67.4 la bocca, il naso, gli omeri e la gola; 11.67.5 ma discendendo giù da le mammelle, 11.67.6 le parti che solea coprir la stola, 11.67.7 fur di tanta escellenzia, ch' anteporse 11.67.8 a quante n' avea il mondo potean forse. 11.68.1 Vinceano di candor le nievi intatte, 11.68.2 et eran più ch' avorio a toccar molli: 11.68.3 le poppe ritondette parean latte 11.68.4 che fuor dei giunchi allora allora tolli. 11.68.5 Spazio fra lor tal discendea, qual fatte 11.68.6 esser veggiàn fra piccolini colli 11.68.7 l' ombrose valli, in sua stagione amene, 11.68.8 che 'l verno abbia di nieve allora piene. 11.69.1 I rilevati fianchi e le belle anche, 11.69.2 e netto più che specchio il ventre piano, 11.69.3 pareano fatti, e quelle coscie bianche, 11.69.4 da Fidia a torno, o da più dotta mano. 11.69.5 Di quelle parti debbovi dir anche, 11.69.6 che pur celare ella bramava invano? 11.69.7 Dirò insomma ch' in lei dal capo al piede, 11.69.8 quant' esser può beltà, tutta si vede. 11.70.1 Se fosse stata ne le valli Idee 11.70.2 vista dal pastor frigio, io non so quanto 11.70.3 Vener, se ben vincea quelle tre dee, 11.70.4 portato avesse di bellezza il vanto; 11.70.5 né forse ito saria ne le Amiclee 11.70.6 contrade esso a violar l' ospizio santo; 11.70.7 ma detto avria: -- Con Menelao ti resta, 11.70.8 Elena, pur; ch' altra io non vo' che questa. -- 11.71.1 E se fosse costei stata a Crotone, 11.71.2 quando Zeusi l' imagine far vòlse, 11.71.3 che por dovea nel tempio di Iunone, 11.71.4 e tante belle nude insieme accolse; 11.71.5 e che, per una farne in perfezione, 11.71.6 da chi una parte e da chi un' altra tolse: 11.71.7 non avea da tôrre altra che costei; 11.71.8 che tutte le bellezze erano in lei. 11.72.1 Io non credo che mai Bireno, nudo 11.72.2 vedesse quel bel corpo; ch' io son certo 11.72.3 che stato non saria mai così crudo, 11.72.4 che l' avesse lasciata in quel deserto. 11.72.5 Ch' Oberto se n' accende, io vi concludo, 11.72.6 tanto che 'l fuoco non può star coperto. 11.72.7 Si studia consolarla, e darle speme 11.72.8 ch' uscirà in bene il mal ch' ora la preme: 11.73.1 e le promette andar seco in Olanda; 11.73.2 né fin che ne lo stato la rimetta, 11.73.3 e ch' abbia fatto iusta e memoranda 11.73.4 di quel periuro e traditor vendetta, 11.73.5 non cessarà con ciò che possa Irlanda, 11.73.6 e lo farà quanto potrà più in fretta. 11.73.7 Cercare intanto in quelle case e in queste 11.73.8 facea di gonne e di feminee veste. 11.74.1 Bisogno non sarà, per trovar gonne, 11.74.2 ch' a cercar fuor de l' isola si mande; 11.74.3 ch' ogni dì se n' avea da quelle donne 11.74.4 che de l' avido mostro eran vivande. 11.74.5 Non fe' molto cercar, che ritrovonne 11.74.6 di varie foggie Oberto copia grande; 11.74.7 e fe' vestir Olimpia, e ben gl' increbbe 11.74.8 non la poter vestir come vorrebbe. 11.75.1 Ma né sì bella seta o sì fin' oro 11.75.2 mai Fiorentini industri tesser fenno; 11.75.3 né chi ricama fece mai lavoro, 11.75.4 postovi tempo, diligenzia e senno, 11.75.5 che potesse a costui parer decoro, 11.75.6 se lo fêsse Minerva o il dio di Lenno, 11.75.7 e degno di coprir sì belle membre, 11.75.8 che forza è ad or ad or se ne rimembre. 11.76.1 Per più rispetti il paladino molto 11.76.2 si dimostrò di questo amor contento: 11.76.3 ch' oltre che 'l re non lasciarebbe asciolto 11.76.4 Bireno andar di tanto tradimento, 11.76.5 sarebbe anch' esso per tal mezzo tolto 11.76.6 di grave e di noioso impedimento, 11.76.7 quivi non per Olimpia, ma venuto 11.76.8 per dar, se v' era, alla sua donna aiuto. 11.77.1 Ch' ella non v' era si chiarì di corto, 11.77.2 ma già non si chiarì se v' era stata; 11.77.3 perché ogn' uomo ne l' isola era morto, 11.77.4 né un sol rimaso di sì gran brigata. 11.77.5 Il dì seguente si partîr del porto, 11.77.6 e tutti insieme andaro in una armata. 11.77.7 Con loro andò in Irlanda il paladino; 11.77.8 che fu per gire in Francia il suo camino. 11.78.1 A pena un giorno si fermò in Irlanda; 11.78.2 non valser preghi a far che più vi stesse: 11.78.3 Amor, che dietro alla sua donna il manda, 11.78.4 di fermarvisi più non gli concesse. 11.78.5 Quindi si parte; e prima raccomanda 11.78.6 Olimpia al re, che servi le promesse: 11.78.7 ben che non bisognassi; che gli attenne 11.78.8 molto più che di far non si convenne. 11.79.1 Così fra pochi dì gente raccolse; 11.79.2 e fatto lega col re d' Inghilterra 11.79.3 e con l' altro di Scozia, gli ritolse 11.79.4 Olanda, e in Frisa non gli lasciò terra; 11.79.5 et a ribellïone anco gli volse 11.79.6 la sua Selandia: e non finì la guerra, 11.79.7 che gli diè morte; né però fu tale 11.79.8 la pena, ch' al delitto andasse eguale. 11.80.1 Olimpia Oberto si pigliò per moglie, 11.80.2 e di contessa la fe' gran regina. 11.80.3 Ma ritorniamo al paladin che scioglie 11.80.4 nel mar le vele, e notte e dì camina; 11.80.5 poi nel medesmo porto le raccoglie, 11.80.6 donde pria le spiegò ne la marina: 11.80.7 e sul suo Brigliadoro armato salse, 11.80.8 e lasciò dietro i venti e l' onde salse. 11.81.1 Credo che 'l resto di quel verno cose 11.81.2 facesse degne di tenerne conto; 11.81.3 ma fur sin a quel tempo sì nascose, 11.81.4 che non è colpa mia s' or non le conto; 11.81.5 perché Orlando a far l' opre virtuose, 11.81.6 più che a narrarle poi, sempre era pronto: 11.81.7 né mai fu alcun de li suoi fatti espresso, 11.81.8 se non quando ebbe i testimonii appresso. 11.82.1 Passò il resto del verno così cheto, 11.82.2 che di lui non si seppe cosa vera: 11.82.3 ma poi che 'l sol ne l' animal discreto 11.82.4 che portò Friso, illuminò la sfera, 11.82.5 e Zefiro tornò soave e lieto 11.82.6 a rimenar la dolce primavera; 11.82.7 d' Orlando usciron le mirabil pruove 11.82.8 coi vaghi fiori e con l' erbette nuove. 11.83.1 Di piano in monte, e di campagna in lido, 11.83.2 pien di travaglio e di dolor ne gìa; 11.83.3 quando all' entrar d' un bosco, un lungo grido, 11.83.4 un alto duol l' orecchie gli ferìa. 11.83.5 Spinge il cavallo, e piglia il brando fido, 11.83.6 e donde viene il suon, ratto s' invia: 11.83.7 ma diferisco un' altra volta a dire 11.83.8 quel che seguì, se mi vorrete udire.
CANTO XII
12.1.1 Cerere, poi che da la madre Idea 12.1.2 tornando in fretta alla solinga valle, 12.1.3 là dove calca la montagna Etnea 12.1.4 al fulminato Encelado le spalle, 12.1.5 la figlia non trovò dove l' avea 12.1.6 lasciata fuor d' ogni segnato calle; 12.1.7 fatto ch' ebbe alle guancie, al petto, ai crini 12.1.8 e agli occhi danno, al fin svelse duo pini; 12.2.1 e nel fuoco gli accese di Vulcano, 12.2.2 e diè lor non potere esser mai spenti: 12.2.3 e portandosi questi uno per mano 12.2.4 sul carro che tiravan dui serpenti, 12.2.5 cercò le selve, i campi, il monte, il piano, 12.2.6 le valli, i fiumi, li stagni, i torrenti, 12.2.7 la terra e 'l mare; e poi che tutto il mondo 12.2.8 cercò di sopra, andò al tartareo fondo. 12.3.1 S' in poter fosse stato Orlando pare 12.3.2 all' Eleusina dea, come in disio, 12.3.3 non avria, per Angelica cercare, 12.3.4 lasciato o selva o campo o stagno o rio 12.3.5 o valle o monte o piano o terra o mare, 12.3.6 il cielo, e 'l fondo de l' eterno oblio; 12.3.7 ma poi che 'l carro e i draghi non avea, 12.3.8 la gìa cercando al meglio che potea. 12.4.1 L' ha cercata per Francia: or s' apparecchia 12.4.2 per Italia cercarla e per Lamagna, 12.4.3 per la nuova Castiglia e per la vecchia, 12.4.4 e poi passare in Libia il mar di Spagna. 12.4.5 Mentre pensa così, sente all' orecchia 12.4.6 una voce venir, che par che piagna: 12.4.7 si spinge inanzi; e sopra un gran destriero 12.4.8 trottar si vede inanzi un cavalliero, 12.5.1 che porta in braccio e su l' arcion davante 12.5.2 per forza una mestissima donzella. 12.5.3 Piange ella, e si dibatte, e fa sembiante 12.5.4 di gran dolore; et in soccorso appella 12.5.5 il valoroso principe d' Anglante; 12.5.6 che come mira alla giovane bella, 12.5.7 gli par colei, per cui la notte e il giorno 12.5.8 cercato Francia avea dentro e d' intorno. 12.6.1 Non dico ch' ella fosse, ma parea 12.6.2 Angelica gentil ch' egli tant' ama. 12.6.3 Egli, che la sua donna e la sua dea 12.6.4 vede portar sì addolorata e grama, 12.6.5 spinto da l' ira e da la furia rea, 12.6.6 con voce orrenda il cavallier richiama; 12.6.7 richiama il cavalliero e gli minaccia, 12.6.8 e Brigliadoro a tutta briglia caccia. 12.7.1 Non resta quel fellon, né gli risponde, 12.7.2 all' alta preda, al gran guadagno intento; 12.7.3 e sì ratto ne va per quelle fronde, 12.7.4 che saria tardo a seguitarlo il vento. 12.7.5 L' un fugge, e l' altro caccia; e le profonde 12.7.6 selve s' odon sonar d' alto lamento. 12.7.7 Correndo, usciro in un gran prato; e quello 12.7.8 avea nel mezzo un grande e ricco ostello. 12.8.1 Di vari marmi con suttil lavoro 12.8.2 edificato era il palazzo altiero. 12.8.3 Corse dentro alla porta messa d' oro 12.8.4 con la donzella in braccio il cavalliero. 12.8.5 Dopo non molto giunse Brigliadoro, 12.8.6 che porta Orlando disdegnoso e fiero. 12.8.7 Orlando, come è dentro, gli occhi gira; 12.8.8 né più il guerrier, né la donzella mira. 12.9.1 Subito smonta, e fulminando passa 12.9.2 dove più dentro il bel tetto s' alloggia: 12.9.3 corre di qua, corre di là, né lassa 12.9.4 che non vegga ogni camera, ogni loggia. 12.9.5 Poi che i segreti d' ogni stanza bassa 12.9.6 ha cerco invan, su per le scale poggia; 12.9.7 e non men perde anco a cercar di sopra, 12.9.8 che perdessi di sotto, il tempo e l' opra. 12.10.1 D' oro e di seta i letti ornati vede: 12.10.2 nulla de muri appar né de pareti; 12.10.3 che quelle, e il suolo ove si mette il piede, 12.10.4 son da cortine ascose e da tapeti. 12.10.5 Di su di giù va il conte Orlando e riede; 12.10.6 né per questo può far gli occhi mai lieti 12.10.7 che riveggiano Angelica, o quel ladro 12.10.8 che n' ha portato il bel viso leggiadro. 12.11.1 E mentre or quinci or quindi invano il passo 12.11.2 movea, pien di travaglio e di pensieri, 12.11.3 Ferraù, Brandimarte e il re Gradasso, 12.11.4 re Sacripante et altri cavallieri 12.11.5 vi ritrovò, ch' andavano alto e basso, 12.11.6 né men facean di lui vani sentieri; 12.11.7 e si ramaricavan del malvagio 12.11.8 invisibil signor di quel palagio. 12.12.1 Tutti cercando il van, tutti gli dànno 12.12.2 colpa di furto alcun che lor fatt' abbia: 12.12.3 del destrier che gli ha tolto, altri è in affanno; 12.12.4 ch' abbia perduta altri la donna, arrabbia; 12.12.5 altri d' altro l' accusa: e così stanno, 12.12.6 che non si san partir di quella gabbia; 12.12.7 e vi son molti, a questo inganno presi, 12.12.8 stati le settimane intiere e i mesi. 12.13.1 Orlando, poi che quattro volte e sei 12.13.2 tutto cercato ebbe il palazzo strano, 12.13.3 disse fra sé: -- Qui dimorar potrei, 12.13.4 gittare il tempo e la fatica invano: 12.13.5 e potria il ladro aver tratta costei 12.13.6 da un' altra uscita, e molto esser lontano. -- 12.13.7 Con tal pensiero uscì nel verde prato 12.13.8 dal qual tutto il palazzo era aggirato. 12.14.1 Mentre circonda la casa silvestra, 12.14.2 tenendo pur a terra il viso chino 12.14.3 per veder s' orma appare, o da man destra 12.14.4 o da sinistra, di nuovo camino; 12.14.5 si sente richiamar da una finestra: 12.14.6 e leva gli occhi; e quel parlar divino 12.14.7 gli pare udire, e par che miri il viso, 12.14.8 che l' ha, da quel che fu, tanto diviso. 12.15.1 Pargli Angelica udir, che supplicando 12.15.2 e piangendo gli dica: -- Aita, aita! 12.15.3 la mia virginità ti raccomando 12.15.4 più che l' anima mia, più che la vita. 12.15.5 Dunque in presenzia del mio caro Orlando 12.15.6 da questo ladro mi sarà rapita? 12.15.7 Più tosto di tua man dammi la morte, 12.15.8 che venir lasci a sì infelice sorte. -- 12.16.1 Queste parole una et un' altra volta 12.16.2 fanno Orlando tornar per ogni stanza, 12.16.3 con passïone e con fatica molta, 12.16.4 ma temperata pur d' alta speranza. 12.16.5 Talor si ferma, et una voce ascolta, 12.16.6 che di quella d' Angelica ha sembianza 12.16.7 (e s' egli è da una parte, suona altronde), 12.16.8 che chieggia aiuto; e non sa trovar donde. 12.17.1 Ma tornando a Ruggier, ch' io lasciai quando 12.17.2 dissi che per sentiero ombroso e fosco 12.17.3 il gigante e la donna seguitando, 12.17.4 in un gran prato uscito era del bosco; 12.17.5 io dico ch' arrivò qui dove Orlando 12.17.6 dianzi arrivò, se 'l loco riconosco. 12.17.7 Dentro la porta il gran gigante passa: 12.17.8 Ruggier gli è appresso, e di seguir non lassa. 12.18.1 Tosto che pon dentro alla soglia il piede, 12.18.2 per la gran corte e per le loggie mira; 12.18.3 né più il gigante né la donna vede, 12.18.4 e gli occhi indarno or quinci or quindi aggira. 12.18.5 Di su di giù va molte volte e riede; 12.18.6 né gli succede mai quel che desira: 12.18.7 né si sa imaginar dove sì tosto 12.18.8 con la donna il fellon si sia nascosto. 12.19.1 Poi che revisto ha quattro volte e cinque 12.19.2 di su di giù camere e loggie e sale, 12.19.3 pur di nuovo ritorna, e non relinque 12.19.4 che non ne cerchi fin sotto le scale. 12.19.5 Con speme al fin che sian ne le propinque 12.19.6 selve, si parte: ma una voce, quale 12.19.7 richiamò Orlando, lui chiamò non manco; 12.19.8 e nel palazzo il fe' ritornar anco. 12.20.1 Una voce medesma, una persona 12.20.2 che paruta era Angelica ad Orlando, 12.20.3 parve a Ruggier la donna di Dordona, 12.20.4 che lo tenea di se medesmo in bando. 12.20.5 Se con Gradasso o con alcun ragiona 12.20.6 di quei ch' andavan nel palazzo errando, 12.20.7 a tutti par che quella cosa sia, 12.20.8 che più ciascun per sé brama e desia. 12.21.1 Questo era un nuovo e disusato incanto 12.21.2 ch' avea composto Atlante di Carena, 12.21.3 perché Ruggier fosse occupato tanto 12.21.4 in quel travaglio, in quella dolce pena, 12.21.5 che 'l mal' influsso n' andasse da canto, 12.21.6 l' influsso ch' a morir giovene il mena. 12.21.7 Dopo il castel d' acciar, che nulla giova, 12.21.8 e dopo Alcina, Atlante ancor fa pruova. 12.22.1 Non pur costui, ma tutti gli altri ancora, 12.22.2 che di valore in Francia han maggior fama, 12.22.3 acciò che di lor man Ruggier non mora, 12.22.4 condurre Atlante in questo incanto trama. 12.22.5 E mentre fa lor far quivi dimora, 12.22.6 perché di cibo non patischin brama, 12.22.7 sì ben fornito avea tutto il palagio, 12.22.8 che donne e cavallier vi stanno ad agio. 12.23.1 Ma torniamo ad Angelica, che seco 12.23.2 avendo quell' annel mirabil tanto, 12.23.3 ch' in bocca a veder lei fa l' occhio cieco, 12.23.4 nel dito, l' assicura da l' incanto; 12.23.5 e ritrovato nel montano speco 12.23.6 cibo avendo e cavalla e veste e quanto 12.23.7 le fu bisogno, avea fatto disegno 12.23.8 di ritornare in India al suo bel regno. 12.24.1 Orlando volentieri o Sacripante 12.24.2 voluto avrebbe in compagnia: non ch' ella 12.24.3 più caro avesse l' un che l' altro amante; 12.24.4 anzi di par fu a' lor disii ribella: 12.24.5 ma dovendo, per girsene in Levante, 12.24.6 passar tante città, tante castella, 12.24.7 di compagnia bisogno avea e di guida, 12.24.8 né potea aver con altri la più fida. 12.25.1 Or l' uno or l' altro andò molto cercando, 12.25.2 prima ch' indizio ne trovasse o spia, 12.25.3 quando in cittade, e quando in ville, e quando 12.25.4 in alti boschi, e quando in altra via. 12.25.5 Fortuna al fin là dove il conte Orlando, 12.25.6 Ferraù e Sacripante era, la invia, 12.25.7 con Ruggier, con Gradasso et altri molti 12.25.8 che v' avea Atlante in strano intrico avolti. 12.26.1 Quivi entra, che veder non la può il mago, 12.26.2 e cerca il tutto, ascosa dal suo annello; 12.26.3 e truova Orlando e Sacripante vago 12.26.4 di lei cercare invan per quello ostello. 12.26.5 Vede come, fingendo la sua imago, 12.26.6 Atlante usa gran fraude a questo e a quello. 12.26.7 Chi tor debba di lor, molto rivolve 12.26.8 nel suo pensier, né ben se ne risolve. 12.27.1 Non sa stimar chi sia per lei migliore, 12.27.2 il conte Orlando o il re dei fier Circassi. 12.27.3 Orlando la potrà con più valore 12.27.4 meglio salvar nei perigliosi passi: 12.27.5 ma se sua guida il fa, sel fa signore; 12.27.6 ch' ella non vede come poi l' abbassi, 12.27.7 qualunque volta, di lui sazia, farlo 12.27.8 voglia minore, o in Francia rimandarlo. 12.28.1 Ma il Circasso depor, quando le piaccia, 12.28.2 potrà, se ben l' avesse posto in cielo. 12.28.3 Questa sola cagion vuol ch' ella il faccia 12.28.4 sua scorta, e mostri avergli fede e zelo. 12.28.5 L' annel trasse di bocca, e di sua faccia 12.28.6 levò dagli occhi a Sacripante il velo. 12.28.7 Credette a lui sol dimostrarsi, e avenne 12.28.8 ch' Orlando e Ferraù le sopravenne. 12.29.1 Le sopravenne Ferraù et Orlando; 12.29.2 che l' uno e l' altro parimente giva 12.29.3 di su di giù, dentro e di fuor cercando 12.29.4 del gran palazzo lei, ch' era lor diva. 12.29.5 Corser di par tutti alla donna, quando 12.29.6 nessuno incantamento gli impediva: 12.29.7 perché l' annel ch' ella si pose in mano, 12.29.8 fece d' Atlante ogni disegno vano. 12.30.1 L' usbergo indosso aveano e l' elmo in testa 12.30.2 dui di questi guerrier, dei quali io canto; 12.30.3 né notte o dì, dopo ch' entraro in questa 12.30.4 stanza, l' aveano mai messo da canto; 12.30.5 che facile a portar, come la vesta, 12.30.6 era lor, perché in uso l' avean tanto. 12.30.7 Ferraù il terzo era anco armato, eccetto 12.30.8 che non avea, né volea avere elmetto, 12.31.1 fin che quel non avea, che 'l paladino 12.31.2 tolse Orlando al fratel del re Troiano; 12.31.3 ch' allora lo giurò, che l' elmo fino 12.31.4 cercò de l' Argalia nel fiume invano: 12.31.5 e se ben quivi Orlando ebbe vicino, 12.31.6 né però Ferraù pose in lui mano; 12.31.7 avenne che conoscersi tra loro 12.31.8 non si potêr, mentre là dentro fôro. 12.32.1 Era così incantato quello albergo, 12.32.2 ch' insieme riconoscer non poteansi. 12.32.3 Né notte mai né dì, spada né usbergo 12.32.4 né scudo pur dal braccio rimoveansi. 12.32.5 I lor cavalli con la sella al tergo, 12.32.6 pendendo i morsi da l' arcion, pasceansi 12.32.7 in una stanza, che presso all' uscita, 12.32.8 d' orzo e di paglia sempre era fornita. 12.33.1 Atlante riparar non sa né puote, 12.33.2 ch' in sella non rimontino i guerrieri 12.33.3 per correr dietro alle vermiglie gote, 12.33.4 all' auree chiome et a' begli occhi neri 12.33.5 de la donzella, ch' in fuga percuote 12.33.6 la sua iumenta, perché volentieri 12.33.7 non vede li tre amanti in compagnia, 12.33.8 che forse tolti un dopo l' altro avria. 12.34.1 E poi che dilungati dal palagio 12.34.2 gli ebbe sì, che temer più non dovea 12.34.3 che contra lor l' incantator malvagio 12.34.4 potesse oprar la sua fallacia rea; 12.34.5 l' annel, che le schivò più d' un disagio, 12.34.6 tra le rosate labra si chiudea: 12.34.7 donde lor sparve subito dagli occhi, 12.34.8 e gli lasciò come insensati e sciocchi. 12.35.1 Come che fosse il suo primier disegno 12.35.2 di voler seco Orlando o Sacripante, 12.35.3 ch' a ritornar l' avessero nel regno 12.35.4 di Galafron ne l' ultimo Levante; 12.35.5 le vennero amendua subito a sdegno, 12.35.6 e si mutò di voglia in uno instante: 12.35.7 e senza più obligarsi o a questo o a quello, 12.35.8 pensò bastar per amendua il suo annello. 12.36.1 Volgon pel bosco or quinci or quindi in fretta 12.36.2 quelli scherniti la stupida faccia; 12.36.3 come il cane talor, se gli è intercetta 12.36.4 o lepre o volpe a cui dava la caccia, 12.36.5 che d' improviso in qualche tana stretta 12.36.6 o in folta macchia o in un fosso si caccia. 12.36.7 Di lor si ride Angelica proterva, 12.36.8 che non è vista, e i lor progressi osserva. 12.37.1 Per mezzo il bosco appar sol una strada: 12.37.2 credono i cavallier che la donzella 12.37.3 inanzi a lor per quella se ne vada; 12.37.4 che non se ne può andar, se non per quella. 12.37.5 Orlando corre, e Ferraù non bada, 12.37.6 né Sacripante men sprona e puntella. 12.37.7 Angelica la briglia più ritiene, 12.37.8 e dietro lor con minor fretta viene. 12.38.1 Giunti che fur, correndo, ove i sentieri 12.38.2 a perder si venian ne la foresta, 12.38.3 e cominciâr per l' erba i cavallieri 12.38.4 a riguardar se vi trovavan pesta; 12.38.5 Ferraù, che potea fra quanti altieri 12.38.6 mai fosser, gir con la corona in testa, 12.38.7 si volse con mal viso agli altri dui, 12.38.8 e gridò lor: -- Dove venite vui? 12.39.1 Tornate a dietro, o pigliate altra via, 12.39.2 se non volete rimaner qui morti: 12.39.3 né in amar né in seguir la donna mia 12.39.4 si creda alcun, che compagnia comporti. -- 12.39.5 Disse Orlando al Circasso: -- Che potria 12.39.6 più dir costui, s' ambi ci avesse scorti 12.39.7 per le più vili e timide puttane 12.39.8 che da conocchie mai traesser lane? -- 12.40.1 Poi volto a Ferraù, disse: -- Uom bestiale, 12.40.2 s' io non guardassi che senza elmo sei, 12.40.3 di quel c' hai detto, s' hai ben detto o male, 12.40.4 senz' altra indugia accorger ti farei. -- 12.40.5 Disse il Spagnuol: -- Di quel ch' a me non cale, 12.40.6 perché pigliarne tu cura ti déi? 12.40.7 Io sol contra ambidui per far son buono 12.40.8 quel che detto ho, senza elmo come sono. -- 12.41.1 -- Deh (disse Orlando al re di Circassia), 12.41.2 in mio servigio a costui l' elmo presta, 12.41.3 tanto ch' io gli abbia tratta la pazzia; 12.41.4 ch' altra non vidi mai simile a questa. -- 12.41.5 Rispose il re: -- Chi più pazzo saria? 12.41.6 Ma se ti par pur la domanda onesta, 12.41.7 prestagli il tuo; ch' io non sarò men atto, 12.41.8 che tu sia forse, a castigare un matto. -- 12.42.1 Suggiunse Ferraù: -- Sciocchi voi, quasi 12.42.2 che, se mi fosse il portar elmo a grado, 12.42.3 voi senza non ne fosse già rimasi; 12.42.4 che tolti i vostri avrei, vostro mal grado. 12.42.5 Ma per narrarvi in parte li miei casi, 12.42.6 per voto così senza me ne vado, 12.42.7 et anderò, fin ch' io non ho quel fino 12.42.8 che porta in capo Orlando paladino. -- 12.43.1 -- Dunque (rispose sorridendo il conte) 12.43.2 ti pensi a capo nudo esser bastante 12.43.3 far ad Orlando quel che in Aspramonte 12.43.4 egli già fece al figlio d' Agolante? 12.43.5 Anzi credo io, se tel vedessi a fronte, 12.43.6 ne tremeresti dal capo alle piante; 12.43.7 non che volessi l' elmo, ma daresti 12.43.8 l' altre arme a lui di patto, che tu vesti. -- 12.44.1 Il vantator Spagnuol disse: -- Già molte 12.44.2 fïate e molte ho così Orlando astretto, 12.44.3 che facilmente l' arme gli avrei tolte, 12.44.4 quante indosso n' avea, non che l' elmetto; 12.44.5 e s' io nol feci, occorrono alle volte 12.44.6 pensier che prima non s' aveano in petto: 12.44.7 non n' ebbi, già fu, voglia; or l' aggio, e spero 12.44.8 che mi potrà succeder di leggiero. -- 12.45.1 Non poté aver più pazïenzia Orlando, 12.45.2 e gridò: -- Mentitor, brutto marrano, 12.45.3 in che paese ti trovasti, e quando, 12.45.4 a poter più di me con l' arme in mano? 12.45.5 Quel paladin, di che ti vai vantando, 12.45.6 son io, che ti pensavi esser lontano. 12.45.7 Or vedi se tu puoi l' elmo levarme, 12.45.8 o s' io son buon per tôrre a te l' altre arme. 12.46.1 Né da te voglio un minimo vantaggio. -- 12.46.2 Così dicendo, l' elmo si disciolse, 12.46.3 e lo suspese a un ramuscel di faggio; 12.46.4 e quasi a un tempo Durindana tolse. 12.46.5 Ferraù non perdé di ciò il coraggio: 12.46.6 trasse la spada, e in atto si raccolse, 12.46.7 onde con essa e col levato scudo 12.46.8 potesse ricoprirsi il capo nudo. 12.47.1 Così li duo guerrieri incominciaro, 12.47.2 lor cavalli aggirando, a volteggiarsi; 12.47.3 e dove l' arme si giungeano, e raro 12.47.4 era più il ferro, col ferro a tentarsi. 12.47.5 Non era in tutto 'l mondo un altro paro 12.47.6 che più di questo avessi ad accoppiarsi: 12.47.7 pari eran di vigor, pari d' ardire; 12.47.8 né l' un né l' altro si potea ferire. 12.48.1 Ch' abbiate, Signor mio, già inteso estimo, 12.48.2 che Ferraù per tutto era fatato, 12.48.3 fuor che là dove l' alimento primo 12.48.4 piglia il bambin nel ventre ancor serrato: 12.48.5 e fin che del sepolcro il tetro limo 12.48.6 la faccia gli coperse, il luogo armato 12.48.7 usò portar, dove era il dubbio, sempre 12.48.8 di sette piastre fatte a buone tempre. 12.49.1 Era ugualmente il principe d' Anglante 12.49.2 tutto fatato, fuor che in una parte: 12.49.3 ferito esser potea sotto le piante; 12.49.4 ma le guardò con ogni studio et arte. 12.49.5 Duro era il resto lor più che diamante 12.49.6 (se la fama dal ver non si diparte); 12.49.7 e l' uno e l' altro andò, più per ornato 12.49.8 che per bisogno, alle sue imprese armato. 12.50.1 S' incrudelisce e inaspra la battaglia, 12.50.2 d' orrore in vista e di spavento piena. 12.50.3 Ferraù, quando punge e quando taglia, 12.50.4 né mena botta che non vada piena: 12.50.5 ogni colpo d' Orlando o piastra o maglia 12.50.6 e schioda e rompe et apre e a straccio mena. 12.50.7 Angelica invisibil lor pon mente, 12.50.8 sola a tanto spettacolo presente. 12.51.1 Intanto il re di Circassia, stimando 12.51.2 che poco inanzi Angelica corresse, 12.51.3 poi ch' attaccati Ferraù et Orlando 12.51.4 vide restar, per quella via si messe, 12.51.5 che si credea che la donzella, quando 12.51.6 da lor disparve, seguitata avesse: 12.51.7 sì che a quella battaglia la figliuola 12.51.8 di Galafron fu testimonia sola. 12.52.1 Poi che, orribil come era e spaventosa, 12.52.2 l' ebbe da parte ella mirata alquanto, 12.52.3 e che le parve assai pericolosa 12.52.4 così da l' un come da l' altro canto; 12.52.5 di veder novità voluntarosa, 12.52.6 disegnò l' elmo tor, per mirar quanto 12.52.7 fariano i duo guerrier, vistosel tolto; 12.52.8 ben con pensier di non tenerlo molto. 12.53.1 Ha ben di darlo al conte intenzïone; 12.53.2 ma se ne vuole in prima pigliar gioco. 12.53.3 L' elmo dispicca, e in grembio se lo pone, 12.53.4 e sta a mirare i cavallieri un poco. 12.53.5 Di poi si parte, e non fa lor sermone; 12.53.6 e lontana era un pezzo da quel loco, 12.53.7 prima ch' alcun di lor v' avesse mente: 12.53.8 sì l' uno e l' altro era ne l' ira ardente. 12.54.1 Ma Ferraù, che prima v' ebbe gli occhi, 12.54.2 si dispiccò da Orlando, e disse a lui: 12.54.3 -- Deh come n' ha da male accorti e sciocchi 12.54.4 trattati il cavallier ch' era con nui! 12.54.5 Che premio fia ch' al vincitor più tocchi, 12.54.6 se 'l bel elmo involato n' ha costui? -- 12.54.7 Ritrassi Orlando, e gli occhi al ramo gira: 12.54.8 non vede l' elmo, e tutto avampa d' ira. 12.55.1 E nel parer di Ferraù concorse, 12.55.2 che 'l cavallier che dianzi era con loro 12.55.3 se lo portasse; onde la briglia torse, 12.55.4 e fe' sentir gli sproni a Brigliadoro. 12.55.5 Ferraù che del campo il vide tôrse, 12.55.6 gli venne dietro; e poi che giunti fôro 12.55.7 dove ne l' erba appar l' orma novella 12.55.8 ch' avea fatto il Circasso e la donzella, 12.56.1 prese la strada alla sinistra il conte 12.56.2 verso una valle, ove il Circasso era ito: 12.56.3 si tenne Ferraù più presso al monte, 12.56.4 dove il sentiero Angelica avea trito. 12.56.5 Angelica in quel mezzo ad una fonte 12.56.6 giunta era, ombrosa e di giocondo sito, 12.56.7 ch' ognun che passa, alle fresche ombre invita, 12.56.8 né, senza ber, mai lascia far partita. 12.57.1 Angelica si ferma alle chiare onde, 12.57.2 non pensando ch' alcun le sopravegna; 12.57.3 e per lo sacro annel che la nasconde, 12.57.4 non può temer che caso rio le avegna. 12.57.5 A prima giunta in su l' erbose sponde 12.57.6 del rivo l' elmo a un ramuscel consegna; 12.57.7 poi cerca, ove nel bosco è miglior frasca, 12.57.8 la iumenta legar, perché si pasca. 12.58.1 Il cavallier di Spagna, che venuto 12.58.2 era per l' orme, alla fontana giunge. 12.58.3 Non l' ha sì tosto Angelica veduto, 12.58.4 che gli dispare, e la cavalla punge. 12.58.5 L' elmo, che sopra l' erba era caduto, 12.58.6 ritor non può, che troppo resta lunge. 12.58.7 Come il pagan d' Angelica s' accorse, 12.58.8 tosto vêr lei pien di letizia corse. 12.59.1 Gli sparve, come io dico, ella davante, 12.59.2 come fantasma al dipartir del sonno. 12.59.3 Cercando egli la va per quelle piante, 12.59.4 né i miseri occhi più veder la ponno. 12.59.5 Bestemiando Macone e Trivigante, 12.59.6 e di sua legge ogni maestro e donno, 12.59.7 ritornò Ferraù verso la fonte, 12.59.8 u' ne l' erba giacea l' elmo del conte. 12.60.1 Lo riconobbe, tosto che mirollo, 12.60.2 per lettere ch' avea scritte ne l' orlo; 12.60.3 che dicean dove Orlando guadagnollo, 12.60.4 e come e quando, et a chi fe' deporlo. 12.60.5 Armossene il pagano il capo e il collo; 12.60.6 che non lasciò, pel duol ch' avea, di tôrlo; 12.60.7 pel duol ch' avea di quella che gli sparve, 12.60.8 come sparir soglion notturne larve. 12.61.1 Poi ch' allacciato s' ha il buon elmo in testa, 12.61.2 aviso gli è, che a contentarsi a pieno, 12.61.3 sol ritrovare Angelica gli resta, 12.61.4 che gli appar e dispar come baleno. 12.61.5 Per lei tutta cercò l' alta foresta: 12.61.6 e poi ch' ogni speranza venne meno 12.61.7 di più poterne ritrovar vestigi, 12.61.8 tornò al campo spagnuol verso Parigi; 12.62.1 temperando il dolor che gli ardea il petto, 12.62.2 di non aver sì gran disir sfogato, 12.62.3 col refrigerio di portar l' elmetto 12.62.4 che fu d' Orlando, come avea giurato. 12.62.5 Dal conte, poi che 'l certo gli fu detto, 12.62.6 fu lungamente Ferraù cercato; 12.62.7 né fin quel dì dal capo gli lo sciolse, 12.62.8 che fra duo ponti la vita gli tolse. 12.63.1 Angelica invisibile e soletta 12.63.2 via se ne va, ma con turbata fronte; 12.63.3 che de l' elmo le duol, che troppa fretta 12.63.4 le avea fatto lasciar presso alla fonte. 12.63.5 -- Per voler far quel ch' a me far non spetta 12.63.6 (tra sé dicea), levato ho l' elmo al conte: 12.63.7 questo, pel primo merito, è assai buono 12.63.8 di quanto a lui pur ubligata sono. 12.64.1 Con buona intenzïone (e sallo Idio), 12.64.2 ben che diverso e tristo effetto segua, 12.64.3 io levai l' elmo: e solo il pensier mio 12.64.4 fu di ridur quella battaglia a triegua; 12.64.5 e non che per mio mezzo il suo disio 12.64.6 questo brutto Spagnuol oggi consegua. -- 12.64.7 Così di sé s' andava lamentando 12.64.8 d' aver de l' elmo suo privato Orlando. 12.65.1 Sdegnata e malcontenta la via prese, 12.65.2 che le parea miglior, verso Orïente. 12.65.3 Più volte ascosa andò, talor palese, 12.65.4 secondo era oportuno, infra la gente. 12.65.5 Dopo molto veder molto paese, 12.65.6 giunse in un bosco, dove iniquamente 12.65.7 fra duo compagni morti un giovinetto 12.65.8 trovò, ch' era ferito in mezzo il petto. 12.66.1 Ma non dirò d' Angelica or più inante; 12.66.2 che molte cose ho da narrarvi prima: 12.66.3 né sono a Ferraù né a Sacripante, 12.66.4 sin a gran pezzo per donar più rima. 12.66.5 Da lor mi leva il principe d' Anglante, 12.66.6 che di sé vuol che inanzi agli altri esprima 12.66.7 le fatiche e gli affanni che sostenne 12.66.8 nel gran disio, di che a fin mai non venne. 12.67.1 Alla prima città ch' egli ritruova 12.67.2 (perché d' andare occulto avea gran cura) 12.67.3 si pone in capo una barbuta nuova 12.67.4 senza mirar s' ha debil tempra o dura: 12.67.5 sia qual si vuol, poco gli nuoce o giova; 12.67.6 sì ne la fatagion si rassicura. 12.67.7 Così coperto, séguita l' inchiesta; 12.67.8 né notte, o giorno, o pioggia, o sol l' arresta. 12.68.1 Era ne l' ora, che traea i cavalli 12.68.2 Febo del mar con rugiadoso pelo, 12.68.3 e l' Aurora di fior vermigli e gialli 12.68.4 venìa spargendo d' ogn' intorno il cielo; 12.68.5 e lasciato le stelle aveano i balli, 12.68.6 e per partirsi postosi già il velo; 12.68.7 quando appresso a Parigi un dì passando, 12.68.8 mostrò di sua virtù gran segno Orlando. 12.69.1 In dua squadre incontrossi: e Manilardo 12.69.2 ne reggea l' una, il Saracin canuto, 12.69.3 re di Norizia, già fiero e gagliardo, 12.69.4 or miglior di consiglio che d' aiuto; 12.69.5 guidava l' altra sotto il suo stendardo 12.69.6 il re di Tremisen, ch' era tenuto 12.69.7 tra gli Africani cavallier perfetto: 12.69.8 Alzirdo fu, da chi 'l conobbe, detto. 12.70.1 Questi con l' altro esercito pagano 12.70.2 quella invernata avean fatto soggiorno, 12.70.3 chi presso alla città, chi più lontano, 12.70.4 tutti alle ville o alle castella intorno: 12.70.5 ch' avendo speso il re Agramante invano, 12.70.6 per espugnar Parigi, più d' un giorno, 12.70.7 vòlse tentar l' assedio finalmente, 12.70.8 poi che pigliar non lo potea altrimente. 12.71.1 E per far questo avea gente infinita; 12.71.2 che oltre a quella che con lui giunt' era, 12.71.3 e quella che di Spagna avea seguita 12.71.4 del re Marsilio la real bandiera, 12.71.5 molta di Francia n' avea al soldo unita; 12.71.6 che da Parigi insino alla riviera 12.71.7 d' Arli, con parte di Guascogna (eccetto 12.71.8 alcune ròcche) avea tutto suggetto. 12.72.1 Or cominciando i trepidi ruscelli 12.72.2 a sciorre il freddo giaccio in tiepide onde, 12.72.3 e i prati di nuove erbe, e gli arbuscelli 12.72.4 a rivestirsi di tenera fronde; 12.72.5 ragunò il re Agramante tutti quelli 12.72.6 che seguian le fortune sue seconde, 12.72.7 per farsi rassegnar l' armata torma; 12.72.8 indi alle cose sue dar miglior forma. 12.73.1 A questo effetto il re di Tremisenne 12.73.2 con quel de la Norizia ne venìa, 12.73.3 per là giungere a tempo, ove si tenne 12.73.4 poi conto d' ogni squadra o buona o ria. 12.73.5 Orlando a caso ad incontrar si venne 12.73.6 (come io v' ho detto) in questa compagnia, 12.73.7 cercando pur colei, come egli era uso, 12.73.8 che nel carcer d' Amor lo tenea chiuso. 12.74.1 Come Alzirdo appressar vide quel conte 12.74.2 che di valor non avea pari al mondo, 12.74.3 in tal sembiante, in sì superba fronte, 12.74.4 che 'l dio de l' arme a lui parea secondo, 12.74.5 restò stupito alle fattezze conte, 12.74.6 al fiero sguardo, al viso furibondo; 12.74.7 e lo stimò guerrier d' alta prodezza: 12.74.8 ma ebbe del provar troppa vaghezza. 12.75.1 Era giovane Alzirdo, et arrogante 12.75.2 per molta forza, e per gran cor pregiato. 12.75.3 Per giostrar spinse il suo cavallo inante: 12.75.4 meglio per lui, se fosse in schiera stato; 12.75.5 che ne lo scontro il principe d' Anglante 12.75.6 lo fe' cader per mezzo il cor passato. 12.75.7 Giva in fuga il destrier di timor pieno; 12.75.8 che su non v' era chi reggesse il freno. 12.76.1 Levasi un grido subito et orrendo, 12.76.2 che d' ogn' intorno n' ha l' aria ripiena, 12.76.3 come si vede, il giovene cadendo, 12.76.4 spicciar il sangue di sì larga vena. 12.76.5 La turba verso il conte vien fremendo 12.76.6 disordinata, e tagli e punte mena; 12.76.7 ma quella è più, che con pennuti dardi 12.76.8 tempesta il fior dei cavallier gagliardi. 12.77.1 Con qual rumor la setolosa frotta 12.77.2 correr da monti suole o da campagne, 12.77.3 se 'l lupo uscito di nascosa grotta, 12.77.4 o l' orso sceso alle minor montagne, 12.77.5 un tener porco preso abbia talotta, 12.77.6 che con grugnito e gran stridor si lagne; 12.77.7 con tal lo stuol barbarico era mosso 12.77.8 verso il conte, gridando: -- Adosso, adosso! -- 12.78.1 Lance, saette e spade ebbe l' usbergo 12.78.2 a un tempo mille, e lo scudo altretante: 12.78.3 chi gli percuote con la mazza il tergo, 12.78.4 chi minaccia da lato, e chi davante. 12.78.5 Ma quel, ch' al timor mai non diede albergo, 12.78.6 estima la vil turba e l' arme tante, 12.78.7 quel che dentro alla mandra, all' aer cupo, 12.78.8 il numer de l' agnelle estimi il lupo. 12.79.1 Nuda avea in man quella fulminea spada 12.79.2 che posti ha tanti Saracini a morte: 12.79.3 dunque chi vuol di quanta turba cada 12.79.4 tenere il conto, ha impresa dura e forte. 12.79.5 Rossa di sangue già correa la strada, 12.79.6 capace a pena a tante genti morte; 12.79.7 perché né targa né capel difende 12.79.8 la fatal Durindana, ove discende, 12.80.1 né vesta piena di cotone, o tele 12.80.2 che circondino il capo in mille vòlti. 12.80.3 Non pur per l' aria gemiti e querele, 12.80.4 ma volan braccia e spalle e capi sciolti. 12.80.5 Pel campo errando va Morte crudele 12.80.6 in molti, varii, e tutti orribil volti; 12.80.7 e tra sé dice: -- In man d' Orlando valci 12.80.8 Durindana per cento de mie falci. -- 12.81.1 Una percossa a pena l' altra aspetta. 12.81.2 Ben tosto cominciâr tutti a fuggire; 12.81.3 e quando prima ne veniano in fretta 12.81.4 (perch' era sol, credeanselo inghiottire), 12.81.5 non è chi per levarsi de la stretta 12.81.6 l' amico aspetti, e cerchi insieme gire: 12.81.7 chi fugge a piedi in qua, chi colà sprona; 12.81.8 nessun domanda se la strada è buona. 12.82.1 Virtude andava intorno con lo speglio 12.82.2 che fa veder ne l' anima ogni ruga: 12.82.3 nessun vi si mirò, se non un veglio 12.82.4 a cui il sangue l' età, non l' ardir, sciuga. 12.82.5 Vide costui quanto il morir sia meglio, 12.82.6 che con suo disonor mettersi in fuga: 12.82.7 dico il re di Norizia; onde la lancia 12.82.8 arrestò contra il paladin di Francia. 12.83.1 E la roppe alla penna de lo scudo 12.83.2 del fiero conte, che nulla si mosse. 12.83.3 Egli ch' avea alla posta il brando nudo, 12.83.4 re Manilardo al trapassar percosse. 12.83.5 Fortuna l' aiutò; che 'l ferro crudo 12.83.6 in man d' Orlando al venir giù voltosse: 12.83.7 tirare i colpi a filo ognor non lece; 12.83.8 ma pur di sella stramazzar lo fece. 12.84.1 Stordito de l' arcion quel re stramazza: 12.84.2 non si rivolge Orlando a rivederlo; 12.84.3 che gli altri taglia, tronca, fende, amazza: 12.84.4 a tutti pare in su le spalle averlo. 12.84.5 Come per l' aria, ove han sì larga piazza, 12.84.6 fuggon li storni da l' audace smerlo, 12.84.7 così di quella squadra ormai disfatta 12.84.8 altri cade, altri fugge, altri s' appiatta. 12.85.1 Non cessò pria la sanguinosa spada, 12.85.2 che fu di viva gente il campo vòto. 12.85.3 Orlando è in dubbio a ripigliar la strada, 12.85.4 ben che gli sia tutto il paese noto. 12.85.5 O da man destra o da sinistra vada, 12.85.6 il pensier da l' andar sempre è remoto: 12.85.7 d' Angelica cercar, fuor ch' ove sia, 12.85.8 teme, e di far sempre contraria via. 12.86.1 Il suo camin (di lei chiedendo spesso) 12.86.2 or per li campi or per le selve tenne: 12.86.3 e sì come era uscito di se stesso, 12.86.4 uscì di strada; e a piè d' un monte venne, 12.86.5 dove la notte fuor d' un sasso fesso 12.86.6 lontan vide un splendor batter le penne. 12.86.7 Orlando al sasso per veder s' accosta, 12.86.8 se quivi fosse Angelica reposta. 12.87.1 Come nel bosco de l' umil ginepre, 12.87.2 o ne la stoppia alla campagna aperta, 12.87.3 quando si cerca la paurosa lepre 12.87.4 per traversati solchi e per via incerta, 12.87.5 si va ad ogni cespuglio, ad ogni vepre, 12.87.6 se per ventura vi fosse coperta; 12.87.7 così cercava Orlando con gran pena 12.87.8 la donna sua, dove speranza il mena. 12.88.1 Verso quel raggio andando in fretta il conte, 12.88.2 giunse ove ne la selva si diffonde 12.88.3 da l' angusto spiraglio di quel monte, 12.88.4 ch' una capace grotta in sé nasconde; 12.88.5 e truova inanzi ne la prima fronte 12.88.6 spine e virgulti, come mura e sponde, 12.88.7 per celar quei che ne la grotta stanno, 12.88.8 da chi far lor cercasse oltraggio e danno. 12.89.1 Di giorno ritrovata non sarebbe, 12.89.2 ma la facea di notte il lume aperta. 12.89.3 Orlando pensa ben quel ch' esser debbe; 12.89.4 pur vuol saper la cosa anco più certa. 12.89.5 Poi che legato fuor Brigliadoro ebbe, 12.89.6 tacito viene alla grotta coperta; 12.89.7 e fra li spessi rami ne la buca 12.89.8 entra, senza chiamar chi l' introduca. 12.90.1 Scende la tomba molti gradi al basso, 12.90.2 dove la viva gente sta sepolta. 12.90.3 Era non poco spazïoso il sasso 12.90.4 tagliato a punte di scarpelli in volta; 12.90.5 né di luce dïurna in tutto casso, 12.90.6 ben che l' entrata non ne dava molta; 12.90.7 ma ve ne venìa assai da una finestra 12.90.8 che sporgea in un pertugio da man destra. 12.91.1 In mezzo la spelonca, appresso a un fuoco 12.91.2 era una donna di giocondo viso; 12.91.3 quindici anni passar dovea di poco, 12.91.4 quanto fu al conte, al primo sguardo, aviso: 12.91.5 et era bella sì, che facea il loco 12.91.6 salvatico parere un paradiso; 12.91.7 ben ch' avea gli occhi di lacrime pregni, 12.91.8 del cor dolente manifesti segni. 12.92.1 V' era una vecchia; e facean gran contese 12.92.2 (come uso feminil spesso esser suole), 12.92.3 ma come il conte ne la grotta scese, 12.92.4 finiron le dispùte e le parole. 12.92.5 Orlando a salutarle fu cortese 12.92.6 (come con donne sempre esser si vuole), 12.92.7 et elle si levaro immantinente, 12.92.8 e lui risalutâr benignamente. 12.93.1 Gli è ver che si smarriro in faccia alquanto, 12.93.2 come improviso udiron quella voce, 12.93.3 e insieme entrare armato tutto quanto 12.93.4 vider là dentro un uom tanto feroce. 12.93.5 Orlando domandò qual fosse tanto 12.93.6 scortese, ingiusto, barbaro et atroce, 12.93.7 che ne la grotta tenesse sepolto 12.93.8 un sì gentile et amoroso volto. 12.94.1 La vergine a fatica gli rispose, 12.94.2 interrotta da fervidi signiozzi, 12.94.3 che dai coralli e da le prezïose 12.94.4 perle uscir fanno i dolci accenti mozzi. 12.94.5 Le lacrime scendean tra gigli e rose, 12.94.6 là dove avien ch' alcuna se n' inghiozzi. 12.94.7 Piacciavi udir ne l' altro canto il resto, 12.94.8 Signor, che tempo è omai di finir questo.
CANTO XIII
13.1.1 Ben furo aventurosi i cavallieri 13.1.2 ch' erano a quella età, che nei valloni, 13.1.3 ne le scure spelonche e boschi fieri, 13.1.4 tane di serpi, d' orsi e di leoni, 13.1.5 trovavan quel che nei palazzi altieri 13.1.6 a pena or trovar puon giudici buoni: 13.1.7 donne, che ne la lor più fresca etade 13.1.8 sien degne d' aver titol di beltade. 13.2.1 Di sopra vi narrai che ne la grotta 13.2.2 avea trovato Orlando una donzella, 13.2.3 e che le dimandò ch' ivi condotta 13.2.4 l' avesse: or seguitando, dico ch' ella, 13.2.5 poi che più d' un signiozzo l' ha interrotta, 13.2.6 con dolce e suavissima favella 13.2.7 al conte fa le sue sciagure note, 13.2.8 con quella brevità che meglio puote. 13.3.1 -- Ben che io sia certa (dice), o cavalliero, 13.3.2 ch' io porterò del mio parlar supplizio, 13.3.3 perché a colui che qui m' ha chiusa, spero 13.3.4 che costei ne darà subito indizio; 13.3.5 pur son disposta non celarti il vero, 13.3.6 e vada la mia vita in precipizio. 13.3.7 E ch' aspettar poss' io da lui più gioia, 13.3.8 che 'l si disponga un dì voler ch' io muoia? 13.4.1 Isabella sono io, che figlia fui 13.4.2 del re mal fortunato di Gallizia. 13.4.3 Ben dissi fui; ch' or non son più di lui, 13.4.4 ma di dolor, d' affanno e di mestizia. 13.4.5 Colpa d' Amor: ch' io non saprei di cui 13.4.6 dolermi più che de la sua nequizia; 13.4.7 che dolcemente nei principii applaude, 13.4.8 e tesse di nascosto inganno e fraude. 13.5.1 Già mi vivea di mia sorte felice, 13.5.2 gentil, giovane, ricca, onesta e bella: 13.5.3 vile e povera or sono, or infelice; 13.5.4 e s' altra è peggior sorte, io sono in quella. 13.5.5 Ma voglio sappi la prima radice 13.5.6 che produsse quel mal che mi flagella; 13.5.7 e ben ch' aiuto poi da te non esca, 13.5.8 poco non mi parrà, che te n' incresca. 13.6.1 Mio patre fe' in Baiona alcune giostre, 13.6.2 esser denno oggimai dodici mesi. 13.6.3 Trasse la fama ne le terre nostre 13.6.4 cavallieri a giostrar di più paesi. 13.6.5 Fra gli altri (o sia ch' Amor così mi mostre, 13.6.6 o che virtù pur se stessa palesi) 13.6.7 mi parve da lodar Zerbino solo, 13.6.8 che del gran re di Scozia era figliuolo. 13.7.1 Il qual poi che far pruove in campo vidi 13.7.2 miracolose di cavalleria, 13.7.3 fui presa del suo amore; e non m' avidi, 13.7.4 ch' io mi conobbi più non esser mia. 13.7.5 E pur, ben che 'l suo amor così mi guidi, 13.7.6 mi giova sempre avere in fantasia 13.7.7 ch' io non misi il mio core in luogo immondo, 13.7.8 ma nel più degno e bel ch' oggi sia al mondo. 13.8.1 Zerbino di bellezza e di valore 13.8.2 sopra tutti i signori era eminente. 13.8.3 Mostrommi, e credo mi portasse amore, 13.8.4 e che di me non fosse meno ardente. 13.8.5 Non ci mancò chi del commune ardore 13.8.6 interprete fra noi fosse sovente, 13.8.7 poi che di vista ancor fummo disgiunti; 13.8.8 che gli animi restâr sempre congiunti. 13.9.1 Però che dato fine alla gran festa, 13.9.2 il mio Zerbino in Scozia fe' ritorno. 13.9.3 Se sai che cosa è amor, ben sai che mesta 13.9.4 restai, di lui pensando notte e giorno; 13.9.5 et era certa che non men molesta 13.9.6 fiamma intorno il suo cor facea soggiorno. 13.9.7 Egli non fece al suo disio più schermi, 13.9.8 se non che cercò via di seco avermi. 13.10.1 E perché vieta la diversa fede 13.10.2 (essendo egli cristiano, io saracina) 13.10.3 ch' al mio padre per moglie non mi chiede, 13.10.4 per furto indi levarmi si destina. 13.10.5 Fuor de la ricca mia patria, che siede 13.10.6 tra verdi campi allato alla marina, 13.10.7 aveva un bel giardin sopra una riva, 13.10.8 che colli intorno e tutto il mar scopriva. 13.11.1 Gli parve il luogo a fornir ciò disposto, 13.11.2 che la diversa religion ci vieta; 13.11.3 e mi fa saper l' ordine che posto 13.11.4 avea di far la nostra vita lieta. 13.11.5 Appresso a Santa Marta avea nascosto 13.11.6 con gente armata una galea secreta, 13.11.7 in guardia d' Odorico di Biscaglia, 13.11.8 in mare e in terra mastro di battaglia. 13.12.1 Né potendo in persona far l' effetto 13.12.2 perch' egli allora era dal padre antico 13.12.3 a dar soccorso al re di Francia astretto, 13.12.4 manderia in vece sua questo Odorico, 13.12.5 che fra tutti i fedeli amici eletto 13.12.6 s' avea pel più fedele e pel più amico: 13.12.7 e bene esser dovea, se i benefici 13.12.8 sempre hanno forza d' acquistar gli amici. 13.13.1 Verria costui sopra un navilio armato, 13.13.2 al terminato tempo indi a levarmi. 13.13.3 E così venne il giorno disïato, 13.13.4 che dentro il mio giardin lasciai trovarmi. 13.13.5 Odorico la notte, accompagnato 13.13.6 di gente valorosa all' acqua e all' armi, 13.13.7 smontò ad un fiume alla città vicino, 13.13.8 e venne chetamente al mio giardino. 13.14.1 Quindi fui tratta alla galea spalmata 13.14.2 prima che la città n' avesse avisi. 13.14.3 De la famiglia ignuda e disarmata 13.14.4 altri fuggiro, altri restaro uccisi, 13.14.5 parte captiva meco fu menata. 13.14.6 Così da la mia terra io mi divisi, 13.14.7 con quanto gaudio non ti potrei dire, 13.14.8 sperando in breve il mio Zerbin fruire. 13.15.1 Voltati sopra Mongia eramo a pena 13.15.2 quando ci assalse alla sinistra sponda 13.15.3 un vento che turbò l' aria serena, 13.15.4 e turbò il mare, e al ciel gli levò l' onda. 13.15.5 Salta un maestro ch' a traverso mena, 13.15.6 e cresce ad ora ad ora, e soprabonda; 13.15.7 e cresce e soprabonda con tal forza, 13.15.8 che val poco alternar poggia con orza. 13.16.1 Non giova calar vele, e l' arbor sopra 13.16.2 corsia legar, né ruinar castella; 13.16.3 che ci veggiàn mal grado portar sopra 13.16.4 acuti scogli, appresso alla Rocella. 13.16.5 Se non ci aiuta quel che sta di sopra, 13.16.6 ci spinge in terra la crudel procella. 13.16.7 Il vento rio ne caccia in maggior fretta, 13.16.8 che d' arco mai non si aventò saetta. 13.17.1 Vide il periglio il Biscaglino, e a quello 13.17.2 usò un rimedio che fallir suol spesso: 13.17.3 ebbe ricorso subito al battello; 13.17.4 calossi, e me calar fece con esso. 13.17.5 Sceser dui altri, e ne scendea un drapello, 13.17.6 se i primi scesi l' avesser concesso; 13.17.7 ma con le spade li tenner discosto, 13.17.8 tagliâr la fune, e ci allargamo tosto. 13.18.1 Fummo gittati a salvamento al lito 13.18.2 noi che nel palischermo eramo scesi; 13.18.3 periron gli altri col legno sdrucito; 13.18.4 in preda al mare andâr tutti gli arnesi. 13.18.5 All' eterna Bontade, all' infinito 13.18.6 Amor, rendendo grazie, le man stesi, 13.18.7 che non m' avessi dal furor marino 13.18.8 lasciato tor di riveder Zerbino. 13.19.1 Come ch' io avessi sopra il legno e vesti 13.19.2 lasciato e gioie e l' altre cose care, 13.19.3 pur che la speme di Zerbin mi resti, 13.19.4 contenta son che s' abbi il resto il mare. 13.19.5 Non sono, ove scendemo, i liti pesti 13.19.6 d' alcun sentier, né intorno albergo appare; 13.19.7 ma solo il monte, al qual mai sempre fiede 13.19.8 l' ombroso capo il vento, e 'l mare il piede. 13.20.1 Quivi il crudo tiranno Amor, che sempre 13.20.2 d' ogni promessa sua fu disleale, 13.20.3 e sempre guarda come involva e stempre 13.20.4 ogni nostro disegno razionale, 13.20.5 mutò con triste e disoneste tempre 13.20.6 mio conforto in dolor, mio bene in male; 13.20.7 che quell' amico, in chi Zerbin si crede, 13.20.8 di desire arse, et agghiacciò di fede. 13.21.1 O che m' avesse in mar bramata ancora, 13.21.2 né fosse stato a dimostrarlo ardito, 13.21.3 o cominciassi il desiderio allora 13.21.4 che l' agio v' ebbe dal solingo lito; 13.21.5 disegnò quivi senza più dimora 13.21.6 condurre a fin l' ingordo suo appetito; 13.21.7 ma prima da sé tôrre un de li dui 13.21.8 che nel battel campati eran con nui. 13.22.1 Quell' era omo di Scozia, Almonio detto, 13.22.2 che mostrava a Zerbin portar gran fede; 13.22.3 e commendato per guerrier perfetto 13.22.4 da lui fu, quando ad Odorico il diede. 13.22.5 Disse a costui che biasmo era e difetto, 13.22.6 se mi traeano alla Rocella a piede; 13.22.7 e lo pregò ch' inanti volesse ire 13.22.8 a farmi incontra alcun ronzin venire. 13.23.1 Almonio, che di ciò nulla temea, 13.23.2 immantinente inanzi il camin piglia 13.23.3 alla città che 'l bosco ci ascondea, 13.23.4 e non era lontana oltra sei miglia. 13.23.5 Odorico scoprir sua voglia rea 13.23.6 all' altro finalmente si consiglia; 13.23.7 sì perché tor non se lo sa d' appresso, 13.23.8 sì perché avea gran confidenzia in esso. 13.24.1 Era Corebo di Bilbao nomato 13.24.2 quel di ch' io parlo, che con noi rimase; 13.24.3 che da fanciullo picciolo allevato 13.24.4 s' era con lui ne le medesme case. 13.24.5 Poter con lui communicar l' ingrato 13.24.6 pensiero il traditor si persuase, 13.24.7 sperando ch' ad amar saria più presto 13.24.8 il piacer de l' amico, che l' onesto. 13.25.1 Corebo, che gentile era e cortese, 13.25.2 non lo poté ascoltar senza gran sdegno: 13.25.3 lo chiamò traditore, e gli contese 13.25.4 con parole e con fatti il rio disegno. 13.25.5 Grande ira all' uno e all' altro il core accese, 13.25.6 e con le spade nude ne fêr segno. 13.25.7 Al trar de' ferri, io fui da la paura 13.25.8 volta a fuggir per l' alta selva oscura. 13.26.1 Odorico, che mastro era di guerra, 13.26.2 in pochi colpi a tal vantaggio venne, 13.26.3 che per morto lasciò Corebo in terra, 13.26.4 e per le mie vestigie il camin tenne. 13.26.5 Prestògli Amor (se 'l mio creder non erra), 13.26.6 acciò potesse giungermi, le penne; 13.26.7 e gl' insegnò molte lusinghe e prieghi, 13.26.8 con che ad amarlo e compiacer mi pieghi. 13.27.1 Ma tutto è indarno; che fermata e certa 13.27.2 più tosto era a morir, ch' a satisfarli. 13.27.3 Poi ch' ogni priego, ogni lusinga esperta 13.27.4 ebbe e minaccie, e non potean giovarli, 13.27.5 si ridusse alla forza a faccia aperta. 13.27.6 Nulla mi val che supplicando parli 13.27.7 de la fé ch' avea in lui Zerbino avuta, 13.27.8 e ch' io ne le sue man m' era creduta. 13.28.1 Poi che gittar mi vidi i prieghi invano, 13.28.2 né mi sperare altronde altro soccorso, 13.28.3 e che più sempre cupido e villano 13.28.4 a me venìa, come famelico orso; 13.28.5 io mi difesi con piedi e con mano, 13.28.6 et adopra'vi sin a l' ugne e il morso: 13.28.7 pela'gli il mento, e gli graffiai la pelle, 13.28.8 con stridi che n' andavano alle stelle. 13.29.1 Non so se fosse caso, o li miei gridi 13.29.2 che si doveano udir lungi una lega, 13.29.3 o pur ch' usati sian correre ai lidi 13.29.4 quando navilio alcun si rompe o anniega; 13.29.5 sopra il monte una turba apparir vidi, 13.29.6 e questa al mare e verso noi si piega. 13.29.7 Come la vede il Biscaglin venire, 13.29.8 lascia l' impresa, e voltasi a fuggire. 13.30.1 Contra quel disleal mi fu adiutrice 13.30.2 questa turba, signor; ma a quella image 13.30.3 che sovente in proverbio il vulgo dice: 13.30.4 cader de la padella ne la brage. 13.30.5 Gli è ver ch' io non son stata sì infelice, 13.30.6 né le lor menti ancor tanto malvage, 13.30.7 ch' abbino vïolata mia persona: 13.30.8 non che sia in lor virtù, né cosa buona; 13.31.1 ma perché se mi serban, come io sono, 13.31.2 vergine, speran vendermi più molto. 13.31.3 Finito è il mese ottavo e viene il nono, 13.31.4 che fu il mio vivo corpo qui sepolto. 13.31.5 Del mio Zerbino ogni speme abbandono; 13.31.6 che già, per quanto ho da lor detti accolto, 13.31.7 m' han promessa e venduta a un mercadante, 13.31.8 che portare al soldan mi de' in Levante. -- 13.32.1 Così parlava la gentil donzella; 13.32.2 e spesso con signozzi e con sospiri 13.32.3 interrompea l' angelica favella, 13.32.4 da muovere a pietade aspidi e tiri. 13.32.5 Mentre sua doglia così rinovella, 13.32.6 o forse disacerba i suoi martìri, 13.32.7 da venti uomini entrâr ne la spelonca, 13.32.8 armati chi di spiedo e chi di ronca. 13.33.1 Il primo d' essi, uom di spietato viso, 13.33.2 ha solo un occhio, e sguardo scuro e bieco; 13.33.3 l' altro, d' un colpo che gli avea reciso 13.33.4 il naso e la mascella, è fatto cieco. 13.33.5 Costui vedendo il cavalliero assiso 13.33.6 con la vergine bella entro allo speco, 13.33.7 volto a' compagni, disse: -- Ecco augel nuovo, 13.33.8 a cui non tesi, e ne la rete il truovo. -- 13.34.1 Poi disse al conte: -- Uomo non vidi mai 13.34.2 più commodo di te, né più oportuno. 13.34.3 Non so se ti se' apposto, o se lo sai 13.34.4 perché te l' abbia forse detto alcuno, 13.34.5 che sì bell' arme io desïava assai, 13.34.6 e questo tuo leggiadro abito bruno. 13.34.7 Venuto a tempo veramente sei, 13.34.8 per riparare agli bisogni miei. -- 13.35.1 Sorrise amaramente, in piè salito, 13.35.2 Orlando, e fe' risposta al mascalzone: 13.35.3 -- Io ti venderò l' arme ad un partito 13.35.4 che non ha mercadante in sua ragione. -- 13.35.5 Del fuoco, ch' avea appresso, indi rapito 13.35.6 pien di fuoco e di fumo uno stizzone, 13.35.7 trasse, e percosse il malandrino a caso, 13.35.8 dove confina con le ciglia il naso. 13.36.1 Lo stizzone ambe le palpèbre colse, 13.36.2 ma maggior danno fe' ne la sinistra; 13.36.3 che quella parte misera gli tolse, 13.36.4 che de la luce, sola, era ministra. 13.36.5 Né d' acciecarlo contentar si vòlse 13.36.6 il colpo fier, s' ancor non lo registra 13.36.7 tra quelli spirti che con suoi compagni 13.36.8 fa star Chiron dentro ai bollenti stagni. 13.37.1 Ne la spelonca una gran mensa siede 13.37.2 grossa duo palmi, e spazïosa in quadro, 13.37.3 che sopra un mal pulito e grosso piede, 13.37.4 cape con tutta la famiglia il ladro. 13.37.5 Con quell' agevolezza che si vede 13.37.6 gittar la canna lo Spagnuol leggiadro, 13.37.7 Orlando il grave desco da sé scaglia 13.37.8 dove ristretta insieme è la canaglia. 13.38.1 A chi 'l petto, a chi 'l ventre, a chi la testa, 13.38.2 a chi rompe le gambe, a chi le braccia; 13.38.3 di ch' altri muore, altri storpiato resta: 13.38.4 chi meno è offeso, di fuggir procaccia. 13.38.5 Così talvolta un grave sasso pesta 13.38.6 e fianchi e lombi, e spezza capi e schiaccia, 13.38.7 gittato sopra un gran drapel di biscie, 13.38.8 che dopo il verno al sol si goda e liscie. 13.39.1 Nascono casi, e non saprei dir quanti: 13.39.2 una muore, una parte senza coda, 13.39.3 un' altra non si può muover davanti, 13.39.4 e 'l deretano indarno aggira e snoda; 13.39.5 un' altra, ch' ebbe più propizii i santi, 13.39.6 striscia fra l' erbe, e va serpendo a proda. 13.39.7 Il colpo orribil fu, ma non mirando, 13.39.8 poi che lo fece il valoroso Orlando. 13.40.1 Quei che la mensa o nulla o poco offese 13.40.2 (e Turpin scrive a punto che fur sette), 13.40.3 ai piedi raccomandan sue difese: 13.40.4 ma ne l' uscita il paladin si mette; 13.40.5 e poi che presi gli ha senza contese, 13.40.6 le man lor lega con la fune istrette, 13.40.7 con una fune al suo bisogno destra, 13.40.8 che ritrovò ne la casa silvestra. 13.41.1 Poi li strascina fuor de la spelonca, 13.41.2 dove facea grande ombra un vecchio sorbo. 13.41.3 Orlando con la spada i rami tronca, 13.41.4 e quelli attacca per vivanda al corbo. 13.41.5 Non bisognò catena in capo adonca; 13.41.6 che per purgare il mondo di quel morbo, 13.41.7 l' arbor medesmo gli uncini prestolli, 13.41.8 con che pel mento Orlando ivi attaccolli. 13.42.1 La donna vecchia, amica a' malandrini, 13.42.2 poi che restar tutti li vide estinti, 13.42.3 fuggì piangendo e con le mani ai crini, 13.42.4 per selve e boscherecci labirinti. 13.42.5 Dopo aspri e malagevoli camini, 13.42.6 a gravi passi e dal timor sospinti, 13.42.7 in ripa un fiume in un guerrier scontrosse; 13.42.8 ma diferisco a ricontar chi fosse: 13.43.1 e torno all' altra, che si raccomanda 13.43.2 al paladin che non la lasci sola; 13.43.3 e dice di seguirlo in ogni banda. 13.43.4 Cortesemente Orlando la consola; 13.43.5 e quindi, poi ch' uscì con la ghirlanda 13.43.6 di rose adorna e di purpurea stola 13.43.7 la bianca Aurora al solito camino, 13.43.8 partì con Isabella il paladino. 13.44.1 Senza trovar cosa che degna sia 13.44.2 d' istoria, molti giorni insieme andaro; 13.44.3 e finalmente un cavallier per via, 13.44.4 che prigione era tratto, riscontraro. 13.44.5 Chi fosse, dirò poi; ch' or me ne svia 13.44.6 tal, di chi udir non vi sarà men caro: 13.44.7 la figliuola d' Amon, la qual lasciai 13.44.8 languida dianzi in amorosi guai. 13.45.1 La bella donna, disïando invano 13.45.2 ch' a lei facesse il suo Ruggier ritorno, 13.45.3 stava a Marsilia, ove allo stuol pagano 13.45.4 dava da travagliar quasi ogni giorno; 13.45.5 il qual scorrea, rubando in monte e in piano, 13.45.6 per Linguadoca e per Provenza intorno: 13.45.7 et ella ben facea l' ufficio vero 13.45.8 di savio duca e d' ottimo guerriero. 13.46.1 Standosi quivi, e di gran spazio essendo 13.46.2 passato il tempo che tornare a lei 13.46.3 il suo Ruggier dovea, né lo vedendo, 13.46.4 vivea in timor di mille casi rei. 13.46.5 Un dì fra gli altri, che di ciò piangendo 13.46.6 stava solinga, le arrivò colei 13.46.7 che portò ne l' annel la medicina 13.46.8 che sanò il cor ch' avea ferito Alcina. 13.47.1 Come a sé ritornar senza il suo amante, 13.47.2 dopo sì lungo termine, la vede, 13.47.3 resta pallida e smorta, e sì tremante, 13.47.4 che non ha forza di tenersi in piede: 13.47.5 ma la maga gentil le va davante 13.47.6 ridendo, poi che del timor s' avede; 13.47.7 e con viso giocondo la conforta, 13.47.8 qual aver suol chi buone nuove apporta. 13.48.1 -- Non temer (disse) di Ruggier, donzella, 13.48.2 ch' è vivo e sano, e come suol, t' adora; 13.48.3 ma non è già in sua libertà, che quella 13.48.4 pur gli ha levata il tuo nemico ancora: 13.48.5 et è bisogno che tu monti in sella, 13.48.6 se brami averlo, e che mi segui or ora; 13.48.7 che se mi segui, io t' aprirò la via 13.48.8 donde per te Ruggier libero fia. -- 13.49.1 E seguitò, narrandole di quello 13.49.2 magico error che gli avea ordito Atlante: 13.49.3 che simulando d' essa il viso bello, 13.49.4 che captiva parea del rio gigante, 13.49.5 tratto l' avea ne l' incantato ostello, 13.49.6 dove sparito poi gli era davante; 13.49.7 e come tarda con simile inganno 13.49.8 le donne e i cavallier che di là vanno. 13.50.1 A tutti par, l' incantator mirando, 13.50.2 mirar quel che per sé brama ciascuno: 13.50.3 donna, scudier, compagno, amico; quando 13.50.4 il desiderio uman non è tutto uno. 13.50.5 Quindi il palagio van tutti cercando 13.50.6 con lungo affanno, e senza frutto alcuno; 13.50.7 e tanta è la speranza e il gran disire 13.50.8 del ritrovar, che non ne san partire. 13.51.1 -- Come tu giungi (disse) in quella parte 13.51.2 che giace presso all' incantata stanza, 13.51.3 verrà l' incantatore a ritrovarte, 13.51.4 che terrà di Ruggiero ogni sembianza; 13.51.5 e ti farà parer con sua mal' arte, 13.51.6 ch' ivi lo vinca alcun di più possanza, 13.51.7 acciò che tu per aiutarlo vada 13.51.8 dove con gli altri poi ti tenga a bada. 13.52.1 Acciò l' inganni, in che son tanti e tanti 13.52.2 caduti, non ti colgan, sie avertita, 13.52.3 che se ben di Ruggier viso e sembianti 13.52.4 ti parrà di veder, che chieggia aita, 13.52.5 non gli dar fede tu; ma, come avanti 13.52.6 ti vien, fagli lasciar l' indegna vita: 13.52.7 né dubitar perciò che Ruggier muoia, 13.52.8 ma ben colui che ti dà tanta noia. 13.53.1 Ti parrà duro assai, ben lo conosco, 13.53.2 uccidere un che sembri il tuo Ruggiero: 13.53.3 pur non dar fede all' occhio tuo, che losco 13.53.4 farà l' incanto, e celeragli il vero. 13.53.5 Férmati, pria ch' io ti conduca al bosco, 13.53.6 sì che poi non si cangi il tuo pensiero; 13.53.7 che sempre di Ruggier rimarrai priva, 13.53.8 se lasci per viltà che 'l mago viva. -- 13.54.1 La valorosa giovane, con questa 13.54.2 intenzïon che 'l fraudolente uccida, 13.54.3 a pigliar l' arme, et a seguire è presta 13.54.4 Melissa; che sa ben quanto l' è fida. 13.54.5 Quella, or per terren culto, or per foresta, 13.54.6 a gran giornate e in gran fretta la guida, 13.54.7 cercando allevïarle tuttavia 13.54.8 con parlar grato la noiosa via. 13.55.1 E più di tutti i bei ragionamenti, 13.55.2 spesso le repetea ch' uscir di lei 13.55.3 e di Ruggier doveano gli eccellenti 13.55.4 principi e glorïosi semidei. 13.55.5 Come a Melissa fossino presenti 13.55.6 tutti i secreti degli eterni dèi, 13.55.7 tutte le cose ella sapea predire, 13.55.8 ch' avean per molti seculi a venire. 13.56.1 -- Deh, come, o prudentissima mia scorta 13.56.2 (dicea alla maga l' inclita donzella), 13.56.3 molti anni prima tu m' hai fatto accorta 13.56.4 di tanta mia viril progenie bella; 13.56.5 così d' alcuna donna mi conforta, 13.56.6 che di mia stirpe sia, s' alcuna in quella 13.56.7 metter si può tra belle e virtuose. -- 13.56.8 E la cortese maga le rispose: 13.57.1 -- Da te uscir veggio le pudiche donne, 13.57.2 madri d' imperatori e di gran regi, 13.57.3 reparatrici e solide colonne 13.57.4 de case illustri e di domìni egregi; 13.57.5 che men degne non son ne le lor gonne, 13.57.6 ch' in arme i cavallier, di sommi pregi, 13.57.7 di pietà, di gran cor, di gran prudenza, 13.57.8 di somma e incomparabil continenza. 13.58.1 E s' io avrò da narrarti di ciascuna 13.58.2 che ne la stirpe tua sia d' onor degna, 13.58.3 troppo sarà; ch' io non ne veggio alcuna 13.58.4 che passar con silenzio mi convegna. 13.58.5 Ma ti farò, tra mille, scelta d' una 13.58.6 o di due coppie, acciò ch' a fin ne vegna. 13.58.7 Ne la spelonca perché nol dicesti? 13.58.8 che l' imagini ancor vedute avresti. 13.59.1 De la tua chiara stirpe uscirà quella 13.59.2 d' opere illustri e di bei studii amica, 13.59.3 ch' io non so ben se più leggiadra e bella 13.59.4 mi debba dire, o più saggia e pudica, 13.59.5 liberale e magnanima Isabella, 13.59.6 che del bel lume suo dì e notte aprica 13.59.7 farà la terra che sul Menzo siede, 13.59.8 a cui la madre d' Ocno il nome diede: 13.60.1 dove onorato e splendido certame 13.60.2 avrà col suo dignissimo consorte, 13.60.3 chi di lor più le virtù prezzi et ame, 13.60.4 e chi meglio apra a cortesia le porte. 13.60.5 S' un narrerà ch' al Taro e nel Reame 13.60.6 fu a liberar da' Galli Italia forte; 13.60.7 l' altra dirà:" Sol perché casta visse, 13.60.8 Penelope non fu minor d' Ulisse". 13.61.1 Gran cose e molte in brevi detti accolgo 13.61.2 di questa donna, e più dietro ne lasso, 13.61.3 che in quelli dì ch' io mi levai dal volgo, 13.61.4 mi fe' chiare Merlin dal cavo sasso. 13.61.5 E s' in questo gran mar la vela sciolgo, 13.61.6 di lunga Tifi in navigar trapasso. 13.61.7 Conchiudo in somma ch' ella avrà, per dono 13.61.8 de la virtù e del ciel, ciò ch' è di buono. 13.62.1 Seco avrà la sorella Beatrice, 13.62.2 a cui si converrà tal nome a punto: 13.62.3 ch' essa non sol del ben che qua giù lice, 13.62.4 per quel che viverà, toccherà il punto; 13.62.5 ma avrà forza di far seco felice 13.62.6 fra tutti i ricchi duci, il suo congiunto, 13.62.7 il qual, come ella poi lascierà il mondo, 13.62.8 così de l' infelici andrà nel fondo. 13.63.1 E Moro e Sforza e Viscontei colubri, 13.63.2 lei viva, formidabili saranno 13.63.3 da l' iperboree nievi ai lidi rubri, 13.63.4 da l' Indo ai monti ch' al tuo mar via dànno: 13.63.5 lei morta, andran col regno degl' Insubri, 13.63.6 e con grave di tutta Italia danno, 13.63.7 in servitute; e fia stimata, senza 13.63.8 costei, ventura la somma prudenza. 13.64.1 Vi saranno altre ancor, ch' avranno il nome 13.64.2 medesmo, e nasceran molt' anni prima: 13.64.3 di ch' una s' ornerà le sacre chiome 13.64.4 de la corona di Pannonia opima; 13.64.5 un' altra, poi che le terrene some 13.64.6 lasciate avrà, fia ne l' ausonio clima 13.64.7 collocata nel numer de le dive, 13.64.8 et avrà incensi e imagini votive. 13.65.1 De l' altre tacerò; che, come ho detto, 13.65.2 lungo sarebbe a ragionar di tante; 13.65.3 ben che per sé ciascuna abbia suggetto 13.65.4 degno, ch' eroica e chiara tuba cante. 13.65.5 Le Bianche, le Lucrezie io terrò in petto, 13.65.6 e le Costanze e l' altre, che di quante 13.65.7 splendide case Italia reggeranno, 13.65.8 reparatrici e madri ad esser hanno. 13.66.1 Più ch' altre fosser mai, le tue famiglie 13.66.2 saran ne le lor donne aventurose; 13.66.3 non dico in quella più de le lor figlie, 13.66.4 che ne l' alta onestà de le lor spose. 13.66.5 E acciò da te notizia anco si piglie 13.66.6 di questa parte che Merlin mi espose, 13.66.7 forse perch' io 'l dovessi a te ridire, 13.66.8 ho di parlarne non poco desire. 13.67.1 E dirò prima di Ricciarda, degno 13.67.2 esempio di fortezza e d' onestade: 13.67.3 vedova rimarrà, giovane, a sdegno 13.67.4 di Fortuna; il che spesso ai buoni accade. 13.67.5 I figli, privi del paterno regno, 13.67.6 esuli andar vedrà in strane contrade, 13.67.7 fanciulli in man degli aversari loro; 13.67.8 ma infine avrà il suo male amplo ristoro. 13.68.1 De l' alta stirpe d' Aragone antica 13.68.2 non tacerò la splendida regina, 13.68.3 di cui né saggia sì, né sì pudica 13.68.4 veggio istoria lodar greca o latina, 13.68.5 né a cui Fortuna più si mostri amica: 13.68.6 poi che sarà da la Bontà divina 13.68.7 elletta madre a parturir la bella 13.68.8 progenie, Alfonso, Ippolito e Isabella. 13.69.1 Costei sarà la saggia Leonora, 13.69.2 che nel tuo felice arbore s' inesta. 13.69.3 Che ti dirò de la seconda nuora, 13.69.4 succeditrice prossima di questa? 13.69.5 Lucrezia Borgia, di cui d' ora in ora 13.69.6 la beltà, la virtù, la fama onesta 13.69.7 e la fortuna crescerà, non meno 13.69.8 che giovin pianta in morbido terreno. 13.70.1 Qual lo stagno all' argento, il rame all' oro, 13.70.2 il campestre papavere alla rosa, 13.70.3 pallido salce al sempre verde alloro, 13.70.4 dipinto vetro a gemma prezïosa; 13.70.5 tal a costei, ch' ancor non nata onoro, 13.70.6 sarà ciascuna insino a qui famosa 13.70.7 di singular beltà, di gran prudenzia, 13.70.8 e d' ogni altra lodevole eccellenzia. 13.71.1 E sopra tutti gli altri incliti pregi 13.71.2 che le saranno e a viva e a morta dati, 13.71.3 si loderà che di costumi regi 13.71.4 Ercole e gli altri figli avrà dotati, 13.71.5 e dato gran principio ai ricchi fregi 13.71.6 di che poi s' orneranno in toga e armati; 13.71.7 perché l' odor non se ne va sì in fretta, 13.71.8 ch' in nuovo vaso, o buono o rio, si metta. 13.72.1 Non voglio ch' in silenzio anco Renata 13.72.2 di Francia, nuora di costei, rimagna, 13.72.3 di Luigi il duodecimo Re nata, 13.72.4 e de l' eterna gloria di Bretagna. 13.72.5 Ogni virtù ch' in donna mai sia stata, 13.72.6 di poi che 'l fuoco scalda e l' acqua bagna, 13.72.7 e gira intorno il cielo, insieme tutta 13.72.8 per Renata adornar veggio ridutta. 13.73.1 Lungo sarà che d' Alda di Sansogna 13.73.2 narri, o de la contessa di Celano, 13.73.3 o di Bianca Maria di Catalogna, 13.73.4 o de la figlia del re sicigliano, 13.73.5 o de la bella Lippa da Bologna, 13.73.6 e d' altre; che s' io vo' di mano in mano 13.73.7 venirtene dicendo le gran lode, 13.73.8 entro in un alto mar che non ha prode. -- 13.74.1 Poi che le racontò la maggior parte 13.74.2 de la futura stirpe a suo grand' agio, 13.74.3 più volte e più le replicò de l' arte 13.74.4 ch' avea tratto Ruggier dentro al palagio. 13.74.5 Melissa si fermò, poi che fu in parte 13.74.6 vicina al luogo del vecchio malvagio; 13.74.7 e non le parve di venir più inante, 13.74.8 acciò veduta non fosse da Atlante. 13.75.1 E la donzella di nuovo consiglia 13.75.2 di quel che mille volte ormai l' ha detto. 13.75.3 La lascia sola; e quella oltre a dua miglia 13.75.4 non cavalcò per un sentiero istretto, 13.75.5 che vide quel ch' al suo Ruggier simiglia; 13.75.6 e dui giganti di crudele aspetto 13.75.7 intorno avea, che lo stringean sì forte, 13.75.8 ch' era vicino esser condotto a morte. 13.76.1 Come la donna in tal periglio vede 13.76.2 colui che di Ruggiero ha tutti i segni, 13.76.3 subito cangia in sospizion la fede, 13.76.4 subito oblia tutti i suoi bei disegni. 13.76.5 Che sia in odio a Melissa Ruggier crede, 13.76.6 per nuova ingiuria e non intesi sdegni, 13.76.7 e cerchi far con disusata trama 13.76.8 che sia morto da lei che così l' ama. 13.77.1 Seco dicea: -- Non è Ruggier costui, 13.77.2 che col cor sempre, et or con gli occhi veggio? 13.77.3 E s' or non veggio e non conosco lui, 13.77.4 che mai veder o mai conoscer deggio? 13.77.5 Perché voglio io de la credenza altrui 13.77.6 che la veduta mia giudichi peggio? 13.77.7 che senza gli occhi ancor, sol per se stesso 13.77.8 può il cor sentir se gli è lontano o appresso. -- 13.78.1 Mentre che così pensa, ode la voce 13.78.2 che le par di Ruggier, chieder soccorso; 13.78.3 e vede quello a un tempo, che veloce 13.78.4 sprona il cavallo e gli ralenta il morso, 13.78.5 e l' un nemico e l' altro suo feroce, 13.78.6 che lo segue e lo caccia a tutto corso. 13.78.7 Di lor seguir la donna non rimase, 13.78.8 che si condusse all' incantate case. 13.79.1 De le quai non più tosto entrò le porte, 13.79.2 che fu sommersa nel commune errore. 13.79.3 Lo cercò tutto per vie dritte e torte 13.79.4 invan di su e di giù, dentro e di fuore; 13.79.5 né cessa notte o dì, tanto era forte 13.79.6 l' incanto: e fatto avea l' incantatore, 13.79.7 che Ruggier vede sempre, e gli favella, 13.79.8 né Ruggier lei, né lui riconosce ella. 13.80.1 Ma lasciàn Bradamante, e non v' incresca 13.80.2 udir che così resti in quello incanto; 13.80.3 che quando sarà il tempo ch' ella n' esca, 13.80.4 la farò uscire, e Ruggiero altretanto. 13.80.5 Come raccende il gusto il mutar esca, 13.80.6 così mi par che la mia istoria, quanto 13.80.7 or qua or là più varïata sia, 13.80.8 meno a chi l' udirà noiosa fia. 13.81.1 Di molte fila esser bisogno parme 13.81.2 a condur la gran tela ch' io lavoro. 13.81.3 E però non vi spiaccia d' ascoltarme, 13.81.4 come fuor de le stanze il popul Moro 13.81.5 davanti al re Agramante ha preso l' arme, 13.81.6 che, molto minacciando ai Gigli d' oro, 13.81.7 lo fa assembrare ad una mostra nuova, 13.81.8 per saper quanta gente si ritruova. 13.82.1 Perch' oltre i cavallieri, oltre i pedoni 13.82.2 ch' al numero sottratti erano in copia, 13.82.3 mancavan capitani, e pur de' buoni, 13.82.4 e di Spagna e di Libia e d' Etïopia, 13.82.5 e le diverse squadre e le nazioni 13.82.6 givano errando senza guida propia; 13.82.7 per dare e capo et ordine a ciascuna, 13.82.8 tutto il campo alla mostra si raguna. 13.83.1 In supplimento de le turbe uccise 13.83.2 ne le battaglie e ne' fieri conflitti, 13.83.3 l' un signore in Ispagna, e l' altro mise 13.83.4 in Africa, ove molti n' eran scritti; 13.83.5 e tutti alli lor ordini divise, 13.83.6 e sotto i duci lor gli ebbe diritti. 13.83.7 Differirò, Signor, con grazia vostra, 13.83.8 ne l' altro canto l' ordine e la mostra.
CANTO XIV
14.1.1 Nei molti assalti e nei crudel conflitti, 14.1.2 ch' avuti avea con Francia, Africa e Spagna, 14.1.3 morti erano infiniti, e derelitti 14.1.4 al lupo, al corvo, all' aquila griffagna; 14.1.5 e ben che i Franchi fossero più afflitti, 14.1.6 che tutta avean perduta la campagna, 14.1.7 più si doleano i Saracin, per molti 14.1.8 principi e gran baron ch' eran lor tolti. 14.2.1 Ebbon vittorie così sanguinose, 14.2.2 che lor poco avanzò di che allegrarsi. 14.2.3 E se alle antique le moderne cose, 14.2.4 invitto Alfonso, denno assimigliarsi; 14.2.5 la gran vittoria, onde alle virtuose 14.2.6 opere vostre può la gloria darsi, 14.2.7 di ch' aver sempre lacrimose ciglia 14.2.8 Ravenna debbe, a queste s' assimiglia: 14.3.1 quando, cedendo Morini e Picardi, 14.3.2 l' esercito normando e l' aquitano, 14.3.3 voi nel mezzo assaliste li stendardi 14.3.4 del quasi vincitor nimico ispano, 14.3.5 seguendo voi quei gioveni gagliardi, 14.3.6 che meritâr con valorosa mano 14.3.7 quel dì da voi, per onorati doni, 14.3.8 l' else indorate e gl' indorati sproni. 14.4.1 Con sì animosi petti che vi fôro 14.4.2 vicini o poco lungi al gran periglio, 14.4.3 crollaste sì le ricche Giande d' oro, 14.4.4 sì rompeste il baston giallo e vermiglio, 14.4.5 ch' a voi si deve il trionfale alloro, 14.4.6 che non fu guasto né sfiorato il Giglio. 14.4.7 D' un' altra fronde v' orna anco la chioma 14.4.8 l' aver servato il suo Fabrizio a Roma. 14.5.1 La gran Colonna del nome romano, 14.5.2 che voi prendeste, e che servaste intera, 14.5.3 vi dà più onor che se di vostra mano 14.5.4 fosse caduta la milizia fiera, 14.5.5 quanta n' ingrassa il campo ravegnano, 14.5.6 e quanta se n' andò senza bandiera 14.5.7 d' Aragon, di Castiglia e di Navarra, 14.5.8 veduto non giovar spiedi né carra. 14.6.1 Quella vittoria fu più di conforto 14.6.2 che d' allegrezza; perché troppo pesa 14.6.3 contra la gioia nostra il veder morto 14.6.4 il capitan di Francia e de l' impresa; 14.6.5 e seco avere una procella absorto 14.6.6 tanti principi illustri, ch' a difesa 14.6.7 dei regni lor, dei lor confederati, 14.6.8 di qua da le fredd' Alpi eran passati. 14.7.1 Nostra salute, nostra vita in questa 14.7.2 vittoria suscitata si conosce, 14.7.3 che difende che 'l verno e la tempesta 14.7.4 di Giove irato sopra noi non crosce: 14.7.5 ma né goder potiam, né farne festa, 14.7.6 sentendo i gran ramarichi e l' angosce, 14.7.7 ch' in veste bruna e lacrimosa guancia 14.7.8 le vedovelle fan per tutta Francia. 14.8.1 Bisogna che proveggia il re Luigi 14.8.2 di nuovi capitani alle sue squadre, 14.8.3 che per onor de l' aurea Fiordaligi 14.8.4 castighino le man rapaci e ladre, 14.8.5 che suore, e frati e bianchi e neri e bigi 14.8.6 vïolato hanno, e sposa e figlia e madre; 14.8.7 gittato in terra Cristo in sacramento, 14.8.8 per torgli un tabernaculo d' argento. 14.9.1 O misera Ravenna, t' era meglio 14.9.2 ch' al vincitor non fêssi resistenza; 14.9.3 far ch' a te fosse inanzi Brescia speglio, 14.9.4 che tu lo fossi a Arimino e a Faenza. 14.9.5 Manda, Luigi, il buon Traulcio veglio, 14.9.6 ch' insegni a questi tuoi più continenza, 14.9.7 e conti lor quanti per simil torti 14.9.8 stati ne sian per tutta Italia morti. 14.10.1 Come di capitani bisogna ora 14.10.2 che 'l re di Francia al campo suo proveggia, 14.10.3 così Marsilio et Agramante allora, 14.10.4 per dar buon reggimento alla sua greggia, 14.10.5 dai lochi dove il verno fe' dimora 14.10.6 vuol ch' in campagna all' ordine si veggia; 14.10.7 perché vedendo ove bisogno sia, 14.10.8 guida e governo ad ogni schiera dia. 14.11.1 Marsilio prima, e poi fece Agramante 14.11.2 passar la gente sua schiera per schiera. 14.11.3 I Catalani a tutti gli altri inante 14.11.4 di Dorifebo van con la bandiera. 14.11.5 Dopo vien, senza il suo re Folvirante, 14.11.6 che per man di Rinaldo già morto era, 14.11.7 la gente di Navarra; e lo re ispano 14.11.8 halle dato Isolier per capitano. 14.12.1 Balugante del popul di Leone, 14.12.2 Grandonio cura degli Algarbi piglia; 14.12.3 il fratel di Marsilio, Falsirone, 14.12.4 ha seco armata la minor Castiglia. 14.12.5 Seguon di Madarasso il gonfalone 14.12.6 quei che lasciato han Malaga e Siviglia, 14.12.7 dal mar di Gade a Cordova feconda 14.12.8 le verdi ripe ovunque il Beti inonda. 14.13.1 Stordilano e Tesira e Baricondo, 14.13.2 l' un dopo l' altro, mostra la sua gente: 14.13.3 Granata al primo, Ulisbona al secondo, 14.13.4 e Maiorica al terzo è ubidïente. 14.13.5 Fu d' Ulisbona re (tolto dal mondo 14.13.6 Larbin) Tesira, di Larbin parente. 14.13.7 Poi vien Gallizia, che sua guida, in vece 14.13.8 di Maricoldo, Serpentino fece. 14.14.1 Quei di Tolledo e quei di Calatrava, 14.14.2 di ch' ebbe Sinagon già la bandiera, 14.14.3 con tutta quella gente che si lava 14.14.4 in Guadïana e bee della riviera, 14.14.5 l' audace Matalista governava; 14.14.6 Bianzardin quei d' Asturga in una schiera 14.14.7 con quei di Salamanca e di Piagenza, 14.14.8 d' Avila, di Zamora e di Palenza. 14.15.1 Di quei di Saragosa e de la corte 14.15.2 del re Marsilio ha Ferraù il governo: 14.15.3 tutta la gente è ben armata e forte. 14.15.4 In questi è Malgarino, Balinverno, 14.15.5 Malzarise e Morgante, ch' una sorte 14.15.6 avea fatto abitar paese esterno; 14.15.7 che, poi che i regni lor lor furon tolti, 14.15.8 gli avea Marsilio in corte sua raccolti. 14.16.1 In questa è di Marsilio il gran bastardo, 14.16.2 Follicon d' Almeria, con Doriconte, 14.16.3 Bavarte e Largalifa et Analardo, 14.16.4 et Archidante il sagontino conte, 14.16.5 e Lamirante e Langhiran gagliardo, 14.16.6 e Malagur ch' avea l' astuzie pronte, 14.16.7 et altri et altri, di quai penso, dove 14.16.8 tempo sarà, di far veder le pruove. 14.17.1 Poi che passò l' esercito di Spagna 14.17.2 con bella mostra inanzi al re Agramante, 14.17.3 con la sua squadra apparve alla campagna 14.17.4 il re d' Oran, che quasi era gigante. 14.17.5 L' altra che vien, per Martasin si lagna, 14.17.6 il qual morto le fu da Bradamante; 14.17.7 e si duol ch' una femina si vanti 14.17.8 d' aver ucciso il re de' Garamanti. 14.18.1 Segue la terza schiera di Marmonda, 14.18.2 ch' Argosto morto abbandonò in Guascogna: 14.18.3 a questa un capo, come alla seconda 14.18.4 e come anco alla quarta, dar bisogna. 14.18.5 Quantunque il re Agramante non abonda 14.18.6 di capitani, pur ne finge e sogna: 14.18.7 dunque Buraldo, Ormida, Arganio elesse, 14.18.8 e dove uopo ne fu, guida li messe. 14.19.1 Diede ad Arganio quei di Libicana, 14.19.2 che piangean morto il negro Dudrinasso. 14.19.3 Guida Brunello i suoi di Tingitana, 14.19.4 con viso nubiloso e ciglio basso; 14.19.5 che, poi che ne la selva non lontana 14.19.6 dal castel ch' ebbe Atlante in cima al sasso, 14.19.7 gli fu tolto l' annel da Bradamante, 14.19.8 caduto era in disgrazia al re Agramante: 14.20.1 e se 'l fratel di Ferraù, Isoliero, 14.20.2 ch' a l' arbore legato ritrovollo, 14.20.3 non facea fede inanzi al re del vero, 14.20.4 avrebbe dato in su le forche un crollo. 14.20.5 Mutò, a' prieghi di molti, il re pensiero, 14.20.6 già avendo fatto porgli il laccio al collo: 14.20.7 gli lo fece levar, ma riserbarlo 14.20.8 pel primo error; che poi giurò impiccarlo: 14.21.1 sì ch' avea causa di venir Brunello 14.21.2 col viso mesto e con la testa china. 14.21.3 Seguia poi Farurante, e dietro a quello 14.21.4 eran cavalli e fanti di Maurina. 14.21.5 Venìa Libanio appresso, il re novello: 14.21.6 la gente era con lui di Constantina; 14.21.7 però che la corona e il baston d' oro 14.21.8 gli ha dato il re, che fu di Pinadoro. 14.22.1 Con la gente d' Esperia Soridano, 14.22.2 e Dorilon ne vien con quei di Setta; 14.22.3 ne vien coi Nasamoni Pulïano. 14.22.4 Quelli d' Amonia il re Agricalte affretta; 14.22.5 Malabuferso quelli di Fizano. 14.22.6 Da Finadurro è l' altra squadra retta, 14.22.7 che di Canaria viene e di Marocco; 14.22.8 Balastro ha quei che fur del re Tardocco. 14.23.1 Due squadre, una di Mulga, una d' Arzilla, 14.23.2 seguono: e questa ha 'l suo signore antico; 14.23.3 quella n' è priva; e però il re sortilla, 14.23.4 e diella a Corineo suo fido amico. 14.23.5 E così de la gente d' Almansilla, 14.23.6 ch' ebbe Tanfirïon, fe' re Caico; 14.23.7 diè quella di Getulia a Rimedonte. 14.23.8 Poi vien con quei di Cosca Balinfronte. 14.24.1 Quell' altra schiera è la gente di Bolga: 14.24.2 suo re è Clarindo, e già fu Mirabaldo. 14.24.3 Vien Baliverzo, il qual vuo' che tu tolga 14.24.4 di tutto il gregge pel maggior ribaldo. 14.24.5 Non credo in tutto il campo si disciolga 14.24.6 bandiera ch' abbia esercito più saldo 14.24.7 de l' altra, con che segue il re Sobrino, 14.24.8 né più di lui prudente Saracino. 14.25.1 Quei di Bellamarina, che Gualciotto 14.25.2 solea guidare, or guida il re d' Algieri 14.25.3 Rodomonte, e di Sarza, che condotto 14.25.4 di nuovo avea pedoni e cavallieri; 14.25.5 che mentre il sol fu nubiloso sotto 14.25.6 il gran centauro e i corni orridi e fieri, 14.25.7 fu in Africa mandato da Agramante, 14.25.8 onde venuto era tre giorni inante. 14.26.1 Non avea il campo d' Africa più forte, 14.26.2 né Saracin più audace di costui; 14.26.3 e più temean le parigine porte, 14.26.4 et avean più cagion di temer lui, 14.26.5 che Marsilio, Agramante, e la gran corte 14.26.6 ch' avea seguito in Francia questi dui: 14.26.7 e più d' ogni altro che facesse mostra, 14.26.8 era nimico de la fede nostra. 14.27.1 Vien Prusïone, il re de l' Alvaracchie; 14.27.2 poi quel de la Zumara, Dardinello. 14.27.3 Non so s' abbiano o nottole o cornacchie, 14.27.4 o altro manco et importuno augello, 14.27.5 il qual dai tetti e da le fronde gracchie 14.27.6 futuro mal, predetto a questo e a quello, 14.27.7 che fissa in ciel nel dì seguente è l' ora 14.27.8 che l' uno e l' altro in quella pugna muora. 14.28.1 In campo non aveano altri a venire, 14.28.2 che quei di Tremisenne e di Norizia; 14.28.3 né si vedea alla mostra comparire 14.28.4 il segno lor, né dar di sé notizia. 14.28.5 Non sapendo Agramante che si dire, 14.28.6 né che pensar di questa lor pigrizia, 14.28.7 uno scudiero al fin gli fu condutto 14.28.8 del re di Tremisen, che narrò il tutto. 14.29.1 E gli narrò ch' Alzirdo e Manilardo 14.29.2 con molti altri de' suoi giaceano al campo. 14.29.3 -- Signor (diss' egli), il cavallier gagliardo 14.29.4 ch' ucciso ha i nostri, ucciso avria il tuo campo, 14.29.5 se fosse stato a tôrsi via più tardo 14.29.6 di me, ch' a pena ancor così ne scampo. 14.29.7 Fa quel de' cavallieri e de' pedoni, 14.29.8 che 'l lupo fa di capre e di montoni. -- 14.30.1 Era venuto pochi giorni avante 14.30.2 nel campo del re d' Africa un signore; 14.30.3 né in Ponente era, né in tutto Levante, 14.30.4 di più forza di lui, né di più core. 14.30.5 Gli facea grande onore il re Agramante, 14.30.6 per esser costui figlio e successore 14.30.7 in Tartaria del re Agrican gagliardo: 14.30.8 suo nome era il feroce Mandricardo. 14.31.1 Per molti chiari gesti era famoso, 14.31.2 e di sua fama tutto il mondo empìa; 14.31.3 ma lo facea più d' altro glorïoso, 14.31.4 ch' al castel de la fata di Soria 14.31.5 l' usbergo avea acquistato luminoso 14.31.6 ch' Ettor troian portò mille anni pria, 14.31.7 per strana e formidabile aventura, 14.31.8 che 'l ragionarne pur mette paura. 14.32.1 Trovandosi costui dunque presente 14.32.2 a quel parlar, alzò l' ardita faccia; 14.32.3 e si dispose andare immantinente, 14.32.4 per trovar quel guerrier, dietro alla traccia. 14.32.5 Ritenne occulto il suo pensiero in mente, 14.32.6 o sia perché d' alcun stima non faccia, 14.32.7 o perché tema, se 'l pensier palesa, 14.32.8 ch' un altro inanzi a lui pigli l' impresa. 14.33.1 Allo scudier fe' dimandar come era 14.33.2 la sopravesta di quel cavalliero. 14.33.3 Colui rispose: -- Quella è tutta nera, 14.33.4 lo scudo nero, e non ha alcun cimiero. -- 14.33.5 E fu, Signor, la sua risposta vera, 14.33.6 perché lasciato Orlando avea il quartiero; 14.33.7 che come dentro l' animo era in doglia, 14.33.8 così imbrunir di fuor vòlse la spoglia. 14.34.1 Marsilio a Mandricardo avea donato 14.34.2 un destrier baio a scorza di castagna, 14.34.3 con gambe e chiome nere; et era nato 14.34.4 di frisa madre e d' un villan di Spagna. 14.34.5 Sopra vi salta Mandricardo armato, 14.34.6 e galoppando va per la campagna; 14.34.7 e giura non tornare a quelle schiere, 14.34.8 se non truova il campion da l' arme nere. 14.35.1 Molta incontrò de la paurosa gente 14.35.2 che da le man d' Orlando era fuggita, 14.35.3 chi del figliuol, chi del fratel dolente, 14.35.4 ch' inanzi agli occhi suoi perdé la vita. 14.35.5 Ancora la codarda e trista mente 14.35.6 ne la pallida faccia era sculpita; 14.35.7 ancor, per la paura che avuta hanno, 14.35.8 pallidi, muti et insensati vanno. 14.36.1 Non fe' lungo camin, che venne dove 14.36.2 crudel spettaculo ebbe et inumano, 14.36.3 ma testimonio alle mirabil pruove 14.36.4 che fur raconte inanzi al re africano. 14.36.5 Or mira questi, or quelli morti, e muove, 14.36.6 e vuol le piaghe misurar con mano, 14.36.7 mosso da strana invidia ch' egli porta 14.36.8 al cavallier ch' avea la gente morta. 14.37.1 Come lupo o mastin ch' ultimo giugne 14.37.2 al bue lasciato morto da' villani, 14.37.3 che truova sol le corna, l' ossa e l' ugne, 14.37.4 del resto son sfamati augelli e cani; 14.37.5 riguarda invano il teschio che non ugne: 14.37.6 così fa il crudel barbaro in que' piani. 14.37.7 Per duol bestemmia, e mostra invidia immensa 14.37.8 che venne tardi a così ricca mensa. 14.38.1 Quel giorno e mezzo l' altro segue incerto 14.38.2 il cavallier dal negro, e ne domanda. 14.38.3 Ecco vede un pratel d' ombre coperto, 14.38.4 che sì d' un alto fiume si ghirlanda, 14.38.5 che lascia a pena un breve spazio aperto, 14.38.6 dove l' acqua si torce ad altra banda. 14.38.7 Un simil luogo con girevol onda 14.38.8 sotto Ocricoli il Tevere circonda. 14.39.1 Dove entrar si potea, con l' arme indosso 14.39.2 stavano molti cavallieri armati. 14.39.3 Chiede il pagan, chi gli avea in stuol sì grosso, 14.39.4 et a che effetto insieme ivi adunati. 14.39.5 Gli fe' risposta il capitano, mosso 14.39.6 dal signoril sembiante e da' fregiati 14.39.7 d' oro e di gemme arnesi di gran pregio, 14.39.8 che lo mostravan cavalliero egregio. 14.40.1 -- Dal nostro re siàn (disse) di Granata 14.40.2 chiamati in compagnia de la figliuola, 14.40.3 la quale al re di Sarza ha maritata, 14.40.4 ben che di ciò la fama ancor non vola. 14.40.5 Come appresso la sera racchetata 14.40.6 la cicaletta sia, ch' or s' ode sola, 14.40.7 avanti al padre fra l' ispane torme 14.40.8 la condurremo: intanto ella si dorme. -- 14.41.1 Colui, che tutto il mondo vilipende, 14.41.2 disegna di veder tosto la pruova, 14.41.3 se quella gente o bene o mal difende 14.41.4 la donna, alla cui guardia si ritruova. 14.41.5 Disse: -- Costei, per quanto se n' intende, 14.41.6 è bella; e di saperlo ora mi giova. 14.41.7 A-llei mi mena, o falla qui venire; 14.41.8 ch' altrove mi convien subito gire. -- 14.42.1 -- Esser per certo déi pazzo solenne, -- 14.42.2 rispose il Granatin, né più gli disse. 14.42.3 Ma il Tartaro a ferir tosto lo venne 14.42.4 con l' asta bassa, e il petto gli trafisse; 14.42.5 che la corazza il colpo non sostenne, 14.42.6 e forza fu che morto in terra gisse. 14.42.7 L' asta ricovra il figlio d' Agricane, 14.42.8 perché altro da ferir non gli rimane. 14.43.1 Non porta spada né baston; che quando 14.43.2 l' arme acquistò, che fur d' Ettor troiano, 14.43.3 perché trovò che lor mancava il brando, 14.43.4 gli convenne giurar (né giurò invano) 14.43.5 che fin che non togliea quella d' Orlando, 14.43.6 mai non porrebbe ad altra spada mano: 14.43.7 Durindana ch' Almonte ebbe in gran stima, 14.43.8 e Orlando or porta, Ettor portava prima. 14.44.1 Grande è l' ardir del Tartaro, che vada 14.44.2 con disvantaggio tal contra coloro, 14.44.3 gridando: -- Chi mi vuol vietar la strada? -- 14.44.4 E con la lancia si cacciò tra loro. 14.44.5 Chi l' asta abbassa, e chi tra' fuor la spada; 14.44.6 e d' ogn' intorno subito gli fôro. 14.44.7 Egli ne fece morire una frotta, 14.44.8 prima che quella lancia fosse rotta. 14.45.1 Rotta che se la vede, il gran troncone, 14.45.2 che resta intero, ad ambe mani afferra; 14.45.3 e fa morir con quel tante persone, 14.45.4 che non fu vista mai più crudel guerra. 14.45.5 Come tra' Filistei l' ebreo Sansone 14.45.6 con la mascella che levò di terra, 14.45.7 scudi spezza, elmi schiaccia, e un colpo spesso 14.45.8 spenge i cavalli ai cavallieri appresso. 14.46.1 Correno a morte que' miseri a gara, 14.46.2 né perché cada l' un, l' altro andar cessa; 14.46.3 che la maniera del morire, amara 14.46.4 lor par più assai che non è morte istessa. 14.46.5 Patir non ponno che la vita cara 14.46.6 tolta lor sia da un pezzo d' asta fessa, 14.46.7 e sieno sotto alle picchiate strane 14.46.8 a morir giunti, come biscie o rane. 14.47.1 Ma poi ch' a spese lor si furo accorti 14.47.2 che male in ogni guisa era morire, 14.47.3 sendo già presso alli duo terzi morti, 14.47.4 tutto l' avanzo cominciò a fuggire. 14.47.5 Come del proprio aver via se gli porti, 14.47.6 il Saracin crudel non può patire 14.47.7 ch' alcun di quella turba sbigottita 14.47.8 da lui partir si debba con la vita. 14.48.1 Come in palude asciutta dura poco 14.48.2 stridula canna, o in campo àrrida stoppia 14.48.3 contra il soffio di borea e contra il fuoco 14.48.4 che 'l cauto agricultore insieme accoppia, 14.48.5 quando la vaga fiamma occupa il loco, 14.48.6 e scorre per li solchi, e stride e scoppia; 14.48.7 così costor contra la furia accesa 14.48.8 di Mandricardo fan poca difesa. 14.49.1 Poscia ch' egli restar vede l' entrata, 14.49.2 che mal guardata fu, senza custode; 14.49.3 per la via che di nuovo era segnata 14.49.4 ne l' erba, e al suono dei ramarchi ch' ode, 14.49.5 viene a veder la donna di Granata, 14.49.6 se di bellezze è pari alle sue lode: 14.49.7 passa tra i corpi de la gente morta, 14.49.8 dove gli dà, torcendo, il fiume porta. 14.50.1 E Doralice in mezzo il prato vede 14.50.2 (che così nome la donzella avea), 14.50.3 la qual, suffolta da l' antico piede 14.50.4 d' un frassino silvestre, si dolea. 14.50.5 Il pianto, come un rivo che succede 14.50.6 di viva vena, nel bel sen cadea; 14.50.7 e nel bel viso si vedea che insieme 14.50.8 de l' altrui mal si duole, e del suo teme. 14.51.1 Crebbe il timor, come venir lo vide 14.51.2 di sangue brutto e con faccia empia e oscura, 14.51.3 e 'l grido sin al ciel l' aria divide, 14.51.4 di sé e de la sua gente per paura; 14.51.5 che, oltre i cavallier, v' erano guide 14.51.6 che de la bella infante aveano cura, 14.51.7 maturi vecchi, e assai donne e donzelle 14.51.8 del regno di Granata, e le più belle. 14.52.1 Come il Tartaro vede quel bel viso 14.52.2 che non ha paragone in tutta Spagna, 14.52.3 e c' ha nel pianto (or ch' esser de' nel riso?) 14.52.4 tesa d' Amor l' inestricabil ragna; 14.52.5 non sa se vive o in terra o in paradiso: 14.52.6 né de la sua vittoria altro guadagna, 14.52.7 se non che in man de la sua prigioniera 14.52.8 si dà prigione, e non sa in qual maniera. 14.53.1 A-llei però non si concede tanto, 14.53.2 che del travaglio suo le doni il frutto; 14.53.3 ben che piangendo ella dimostri, quanto 14.53.4 possa donna mostrar, dolore e lutto. 14.53.5 Egli, sperando volgerle quel pianto 14.53.6 in sommo gaudio, era disposto al tutto 14.53.7 menarla seco; e sopra un bianco ubino 14.53.8 montar la fece, e tornò al suo camino. 14.54.1 Donne e donzelle e vecchi et altra gente, 14.54.2 ch' eran con lei venuti di Granata, 14.54.3 tutti licenzïò benignamente, 14.54.4 dicendo: -- Assai da me fia accompagnata; 14.54.5 io mastro, io balia, io le sarò sergente 14.54.6 in tutti i suoi bisogni: a Dio, brigata. -- 14.54.7 Così, non gli possendo far riparo, 14.54.8 piangendo e sospirando se n' andaro; 14.55.1 tra lor dicendo: -- Quanto doloroso 14.55.2 ne sarà il padre, come il caso intenda! 14.55.3 quanta ira, quanto duol ne avrà il suo sposo! 14.55.4 oh come ne farà vendetta orrenda! 14.55.5 Deh, perché a tempo tanto bisognoso 14.55.6 non è qui presso a far che costui renda 14.55.7 il sangue illustre del re Stordilano, 14.55.8 prima che se lo porti più lontano? -- 14.56.1 De la gran preda il Tartaro contento, 14.56.2 che fortuna e valor gli ha posta inanzi, 14.56.3 di trovar quel dal negro vestimento 14.56.4 non par ch' abbia la fretta ch' avea dianzi. 14.56.5 Correva dianzi: or viene adagio e lento; 14.56.6 e pensa tuttavia dove si stanzi, 14.56.7 dove ritruovi alcun commodo loco, 14.56.8 per esalar tanto amoroso foco. 14.57.1 Tuttavolta conforta Doralice, 14.57.2 ch' avea di pianto e gli occhi e 'l viso molle: 14.57.3 compone e finge molte cose, e dice 14.57.4 che per fama gran tempo ben le volle; 14.57.5 e che la patria, e il suo regno felice 14.57.6 che 'l nome di grandezza agli altri tolle, 14.57.7 lasciò, non per vedere o Spagna o Francia, 14.57.8 ma sol per contemplar sua bella guancia. 14.58.1 -- Se per amar, l' uom debbe essere amato, 14.58.2 merito il vostro amor; che v' ho amat' io: 14.58.3 se per stirpe, di me chi è meglio nato? 14.58.4 che 'l possente Agrican fu il padre mio: 14.58.5 se per richezza, chi ha di me più stato? 14.58.6 che di dominio io cedo solo a Dio: 14.58.7 se per valor, credo oggi aver esperto 14.58.8 ch' essere amato per valore io merto. -- 14.59.1 Queste parole et altre assai, ch' Amore 14.59.2 a Mandricardo di sua bocca ditta, 14.59.3 van dolcemente a consolare il core 14.59.4 de la donzella di paura afflitta. 14.59.5 Il timor cessa, e poi cessa il dolore 14.59.6 che le avea quasi l' anima trafitta. 14.59.7 Ella comincia con più pazïenza 14.59.8 a dar più grata al nuovo amante udienza; 14.60.1 poi con risposte più benigne molto 14.60.2 a mostrarsegli affabile e cortese, 14.60.3 e non negargli di fermar nel volto 14.60.4 talor le luci di pietade accese: 14.60.5 onde il pagan, che da lo stral fu colto 14.60.6 altre volte d' Amor, certezza prese, 14.60.7 non che speranza, che la donna bella 14.60.8 non saria a' suo' desir sempre ribella. 14.61.1 Con questa compagnia lieto e gioioso, 14.61.2 che sì gli satisfà, sì gli diletta, 14.61.3 essendo presso all' ora ch' a riposo 14.61.4 la fredda notte ogni animale alletta, 14.61.5 vedendo il sol già basso e mezzo ascoso, 14.61.6 comminciò a cavalcar con maggior fretta; 14.61.7 tanto ch' udì sonar zuffoli e canne, 14.61.8 e vide poi fumar ville e capanne. 14.62.1 Erano pastorali alloggiamenti, 14.62.2 miglior stanza e più commoda, che bella. 14.62.3 Quivi il guardian cortese degli armenti 14.62.4 onorò il cavalliero e la donzella, 14.62.5 tanto che si chiamâr da lui contenti; 14.62.6 che non pur per cittadi e per castella, 14.62.7 ma per tugurii ancora e per fenili 14.62.8 spesso si trovan gli uomini gentili. 14.63.1 Quel che fosse dipoi fatto all' oscuro 14.63.2 tra Doralice e il figlio d' Agricane, 14.63.3 a punto racontar non m' assicuro; 14.63.4 sì ch' al giudicio di ciascun rimane. 14.63.5 Creder si può che ben d' accordo furo; 14.63.6 che si levâr più allegri la dimane, 14.63.7 e Doralice ringraziò il pastore, 14.63.8 che nel suo albergo l' avea fatto onore. 14.64.1 Indi d' uno in un altro luogo errando, 14.64.2 si ritrovaro al fin sopra un bel fiume 14.64.3 che con silenzio al mar va declinando, 14.64.4 e se vada o se stia, mal si prosume; 14.64.5 limpido e chiaro sì, ch' in lui mirando, 14.64.6 senza contesa al fondo porta il lume. 14.64.7 In ripa a quello, a una fresca ombra e bella, 14.64.8 trovâr dui cavallieri e una donzella. 14.65.1 Or l' alta fantasia, ch' un sentier solo 14.65.2 non vuol ch' i' segua ognor, quindi mi guida, 14.65.3 e mi ritorna ove il moresco stuolo 14.65.4 assorda di rumor Francia e di grida, 14.65.5 d' intorno il padiglione ove il figliuolo 14.65.6 del re Troiano il santo Imperio sfida, 14.65.7 e Rodomonte audace se gli vanta 14.65.8 arder Parigi e spianar Roma santa. 14.66.1 Venuto ad Agramante era all' orecchio, 14.66.2 che già l' Inglesi avean passato il mare: 14.66.3 però Marsilio e il re del Garbo vecchio 14.66.4 e gli altri capitan fece chiamare. 14.66.5 Consiglian tutti a far grande apparecchio, 14.66.6 sì che Parigi possino espugnare. 14.66.7 Ponno esser certi che più non s' espugna, 14.66.8 se nol fan prima che l' aiuto giugna. 14.67.1 Già scale innumerabili per questo 14.67.2 da' luoghi intorno avea fatto raccorre, 14.67.3 et asse e travi, e vimine contesto, 14.67.4 che lo poteano a diversi usi porre; 14.67.5 e navi e ponti: e più facea che 'l resto, 14.67.6 il primo e il secondo ordine disporre 14.67.7 a dar l' assalto; et egli vuol venire 14.67.8 tra quei che la città denno assalire. 14.68.1 L' imperatore il dì che 'l dì precesse 14.68.2 de la battaglia, fe' dentro a Parigi 14.68.3 per tutto celebrare uffici e messe 14.68.4 a preti, a frati bianchi, neri e bigi; 14.68.5 e le gente che dianzi eran confesse, 14.68.6 e di man tolte agl' inimici stigi, 14.68.7 tutti communicâr, non altramente 14.68.8 ch' avessino a morire il dì seguente. 14.69.1 Et egli tra baroni e paladini, 14.69.2 principi et oratori, al maggior tempio 14.69.3 con molta religione a quei divini 14.69.4 atti intervenne, e ne diè agli altri esempio. 14.69.5 Con le man giunte e gli occhi al ciel supini, 14.69.6 disse: -- Signor, ben ch' io sia iniquo et empio, 14.69.7 non voglia tua bontà, pel mio fallire, 14.69.8 che 'l tuo popul fedele abbia a patire. 14.70.1 E se gli è tuo voler ch' egli patisca, 14.70.2 e ch' abbia il nostro error degni supplìci, 14.70.3 almen la punizion si differisca 14.70.4 sì, che per man non sia de' tuoi nemici; 14.70.5 che quando lor d' uccider noi sortisca, 14.70.6 che nome avemo pur d' esser tuo' amici, 14.70.7 i pagani diran che nulla puoi, 14.70.8 che perir lasci i partigiani tuoi. 14.71.1 E per un che ti sia fatto ribelle, 14.71.2 cento ti si faran per tutto il mondo; 14.71.3 tal che la legge falsa di Babelle 14.71.4 caccierà la tua fede e porrà al fondo. 14.71.5 Difendi queste genti, che son quelle 14.71.6 che 'l tuo sepulcro hanno purgato e mondo 14.71.7 da' brutti cani, e la tua santa Chiesa 14.71.8 con li vicarii suoi spesso difesa. 14.72.1 So che i meriti nostri atti non sono 14.72.2 a satisfare al debito d' un' oncia; 14.72.3 né devemo sperar da te perdono, 14.72.4 se riguardiamo a nostra vita sconcia: 14.72.5 ma se vi aggiugni di tua grazia il dono, 14.72.6 nostra ragion fia ragguagliata e concia; 14.72.7 né del tuo aiuto disperar possiamo, 14.72.8 qualor di tua pietà ci ricordiamo. -- 14.73.1 Così dicea l' imperator devoto, 14.73.2 con umiltade e contrizion di core. 14.73.3 Giunse altri prieghi e convenevol voto 14.73.4 al gran bisogno e all' alto suo splendore. 14.73.5 Non fu il caldo pregar d' effetto vòto; 14.73.6 però che 'l genio suo, l' angel migliore, 14.73.7 i prieghi tolse, e spiegò al ciel le penne, 14.73.8 et a narrare al Salvator li venne. 14.74.1 E furo altri infiniti in quello instante 14.74.2 da tali messaggier portati a Dio; 14.74.3 che come gli ascoltâr l' anime sante, 14.74.4 dipinte di pietade il viso pio, 14.74.5 tutte miraro il sempiterno Amante, 14.74.6 e gli mostraro il commun lor disio, 14.74.7 che la giusta orazion fosse esaudita 14.74.8 del populo cristian che chiedea aita. 14.75.1 E la Bontà ineffabile, ch' invano 14.75.2 non fu pregata mai da cor fedele, 14.75.3 leva gli occhi pietosi, e fa con mano 14.75.4 cenno che venga a sé l' angel Michele. 14.75.5 -- Va (gli disse) all' esercito cristiano 14.75.6 che dianzi in Picardia calò le vele, 14.75.7 e al muro di Parigi l' appresenta 14.75.8 sì, che 'l campo nimico non lo senta. 14.76.1 Truova prima il Silenzio, e da mia parte 14.76.2 gli di' che teco a questa impresa venga; 14.76.3 ch' egli ben proveder con ottima arte 14.76.4 saprà di quanto proveder convenga. 14.76.5 Fornito questo, subito va in parte 14.76.6 dove il suo seggio la Discordia tenga: 14.76.7 dille che l' esca e il fucil seco prenda, 14.76.8 e nel campo de' Mori il fuoco accenda; 14.77.1 e tra quei che vi son detti più forti 14.77.2 sparga tante zizzanie e tante liti, 14.77.3 che combattano insieme; et altri morti, 14.77.4 altri ne sieno presi, altri feriti, 14.77.5 e fuor del campo altri lo sdegno porti, 14.77.6 sì che il lor re poco di lor s' aiti. -- 14.77.7 Non replica a tal detto altra parola 14.77.8 il benedetto augel, ma dal ciel vola. 14.78.1 Dovunque drizza Michel angel l' ale, 14.78.2 fuggon le nubi, e torna il ciel sereno. 14.78.3 Gli gira intorno un aureo cerchio, quale 14.78.4 veggiàn di notte lampeggiar baleno. 14.78.5 Seco pensa tra via, dove si cale 14.78.6 il celeste corrier per fallir meno 14.78.7 a trovar quel nimico di parole, 14.78.8 a cui la prima commission far vuole. 14.79.1 Vien scorrendo ov' egli abiti, ov' egli usi; 14.79.2 e se accordaro infin tutti i pensieri, 14.79.3 che de frati e de monachi rinchiusi 14.79.4 lo può trovare in chiese e in monasteri, 14.79.5 dove sono i parlari in modo esclusi, 14.79.6 che 'l Silenzio, ove cantano i salteri, 14.79.7 ove dormeno, ove hanno la piatanza, 14.79.8 e finalmente è scritto in ogni stanza. 14.80.1 Credendo quivi ritrovarlo, mosse 14.80.2 con maggior fretta le dorate penne; 14.80.3 e di veder ch' ancor Pace vi fosse, 14.80.4 Quïete e Carità, sicuro tenne. 14.80.5 Ma da la opinïon sua ritrovosse 14.80.6 tosto ingannato, che nel chiostro venne: 14.80.7 non è Silenzio quivi; e gli fu ditto 14.80.8 che non v' abita più, fuor che in iscritto. 14.81.1 Né Pietà, né Quïete, né Umiltade, 14.81.2 né quivi Amor, né quivi Pace mira. 14.81.3 Ben vi fur già, ma ne l' antiqua etade; 14.81.4 che le cacciâr Gola, Avarizia et Ira, 14.81.5 Superbia, Invidia, Inerzia e Crudeltade. 14.81.6 Di tanta novità l' angel si ammira: 14.81.7 andò guardando quella brutta schiera, 14.81.8 e vide ch' anco la Discordia v' era. 14.82.1 Quella che gli avea detto il Padre eterno, 14.82.2 dopo il Silenzio, che trovar dovesse. 14.82.3 Pensato avea di far la via d' Averno, 14.82.4 che si credea che tra' dannati stesse; 14.82.5 e ritrovolla in questo nuovo inferno 14.82.6 (chi 'l crederia?) tra santi ufficii e messe. 14.82.7 Par di strano a Michel ch' ella vi sia, 14.82.8 che per trovar credea di far gran via. 14.83.1 La conobbe al vestir di color cento, 14.83.2 fatto a liste inequali et infinite, 14.83.3 ch' or la cuoprono or no; che i passi e 'l vento 14.83.4 le gíano aprendo, ch' erano sdrucite. 14.83.5 I crini avea qual d' oro e qual d' argento, 14.83.6 e neri e bigi, e aver pareano lite; 14.83.7 altri in treccia, altri in nastro eran raccolti, 14.83.8 molti alle spalle, alcuni al petto sciolti. 14.84.1 Di citatorie piene e di libelli, 14.84.2 d' essamine e di carte di procure 14.84.3 avea le mani e il seno, e gran fastelli 14.84.4 di chiose, di consigli e di letture; 14.84.5 per cui le facultà de' poverelli 14.84.6 non sono mai ne le città sicure. 14.84.7 Avea dietro e dinanzi e d' ambi i lati, 14.84.8 notai, procuratori et avocati. 14.85.1 La chiama a sé Michele, e le commanda 14.85.2 che tra i più forti Saracini scenda, 14.85.3 e cagion truovi, che con memoranda 14.85.4 ruina insieme a guerreggiar gli accenda. 14.85.5 Poi del Silenzio nuova le domanda: 14.85.6 facilmente esser può ch' essa n' intenda, 14.85.7 sì come quella ch' accendendo fochi 14.85.8 di qua e di là, va per diversi lochi. 14.86.1 Rispose la Discordia: -- Io non ho a mente 14.86.2 in alcun loco averlo mai veduto: 14.86.3 udito l' ho ben nominar sovente, 14.86.4 e molto commendarlo per astuto. 14.86.5 Ma la Fraude, una qui di nostra gente, 14.86.6 che compagnia talvolta gli ha tenuto, 14.86.7 penso che dir te ne saprà novella; -- 14.86.8 e verso una alzò il dito, e disse: -- È quella. -- 14.87.1 Avea piacevol viso, abito onesto, 14.87.2 un umil volger d' occhi, un andar grave, 14.87.3 un parlar sì benigno e sì modesto, 14.87.4 che parea Gabriel che dicesse: Ave. 14.87.5 Era brutta e deforme in tutto il resto: 14.87.6 ma nascondea queste fattezze prave 14.87.7 con lungo abito e largo; e sotto quello, 14.87.8 attosicato avea sempre il coltello. 14.88.1 Domanda a costei l' angelo, che via 14.88.2 debba tener, sì che 'l Silenzio truove. 14.88.3 Disse la Fraude: -- Già costui solia 14.88.4 fra virtudi abitare, e non altrove, 14.88.5 con Benedetto e con quelli d' Elia 14.88.6 ne le badie, quando erano ancor nuove: 14.88.7 fe' ne le scuole assai de la sua vita 14.88.8 al tempo di Pitagora e d' Archita. 14.89.1 Mancati quei filosofi e quei santi 14.89.2 che lo solean tener pel camin ritto, 14.89.3 dagli onesti costumi ch' avea inanti, 14.89.4 fece alle sceleraggini tragitto. 14.89.5 Comminciò andar la notte con gli amanti, 14.89.6 indi coi ladri, e fare ogni delitto. 14.89.7 Molto col Tradimento egli dimora: 14.89.8 veduto l' ho con l' Omicidio ancora. 14.90.1 Con quei che falsan le monete ha usanza 14.90.2 di ripararsi in qualche buca scura. 14.90.3 Così spesso compagni muta e stanza, 14.90.4 che 'l ritrovarlo ti saria ventura; 14.90.5 ma pur ho d' insegnartelo speranza: 14.90.6 se d' arrivare a mezza notte hai cura 14.90.7 alla casa del Sonno, senza fallo 14.90.8 potrai (che quivi dorme) ritrovallo. -- 14.91.1 Ben che soglia la Fraude esser bugiarda, 14.91.2 pur è tanto il suo dir simile al vero, 14.91.3 che l' angelo le crede; indi non tarda 14.91.4 a volarsene fuor del monastero. 14.91.5 Tempra il batter de l' ale, e studia e guarda 14.91.6 giungere in tempo al fin del suo sentiero, 14.91.7 ch' alla casa del Sonno (che ben dove 14.91.8 era sapea) questo Silenzio truove. 14.92.1 Giace in Arabia una valletta amena, 14.92.2 lontana da cittadi e da villaggi, 14.92.3 ch' all' ombra di duo monti è tutta piena 14.92.4 d' antiqui abeti e di robusti faggi. 14.92.5 Il sole indarno il chiaro dì vi mena; 14.92.6 che non vi può mai penetrar coi raggi, 14.92.7 sì gli è la via da folti rami tronca: 14.92.8 e quivi entra sotterra una spelonca. 14.93.1 Sotto la negra selva una capace 14.93.2 e spazïosa grotta entra nel sasso, 14.93.3 di cui la fronte l' edera seguace 14.93.4 tutta aggirando va con storto passo. 14.93.5 In questo albergo il grave Sonno giace; 14.93.6 l' Ozio da un canto corpulento e grasso, 14.93.7 da l' altro la Pigrizia in terra siede, 14.93.8 che non può andare, e mal reggersi in piede. 14.94.1 Lo smemorato Oblio sta su la porta: 14.94.2 non lascia entrar, né riconosce alcuno; 14.94.3 non ascolta imbasciata, né riporta; 14.94.4 e parimente tien cacciato ognuno. 14.94.5 Il Silenzio va intorno, e fa la scorta: 14.94.6 ha le scarpe di feltro, e 'l mantel bruno; 14.94.7 et a quanti n' incontra, di lontano, 14.94.8 che non debban venir, cenna con mano. 14.95.1 Se gli accosta all' orecchio, e pianamente 14.95.2 l' angel gli dice: -- Dio vuol che tu guidi 14.95.3 a Parigi Rinaldo con la gente 14.95.4 che per dar, mena, al suo signor sussidi: 14.95.5 ma che lo facci tanto chetamente, 14.95.6 ch' alcun de' Saracin non oda i gridi; 14.95.7 sì che più tosto che ritruovi il calle 14.95.8 la Fama d' avisar, gli abbia alle spalle. -- 14.96.1 Altrimente il Silenzio non rispose, 14.96.2 che col capo accennando che faria; 14.96.3 e dietro ubidïente se gli pose; 14.96.4 e furo al primo volo in Picardia. 14.96.5 Michel mosse le squadre coraggiose, 14.96.6 e fe' lor breve un gran tratto di via; 14.96.7 sì che in un dì a Parigi le condusse, 14.96.8 né alcun s' avide che miracol fusse. 14.97.1 Discorreva il Silenzio, e tuttavolta, 14.97.2 e dinanzi alle squadre e d' ogn' intorno, 14.97.3 facea girare un' alta nebbia in volta, 14.97.4 et avea chiaro ogn' altra parte il giorno; 14.97.5 e non lasciava questa nebbia folta, 14.97.6 che s' udisse di fuor tromba né corno: 14.97.7 poi n' andò tra' pagani, e menò seco 14.97.8 un non so che, ch' ognun fe' sordo e cieco. 14.98.1 Mentre Rinaldo in tal fretta venìa, 14.98.2 che ben parea da l' angelo condotto, 14.98.3 e con silenzio tal, che non s' udia 14.98.4 nel campo saracin farsene motto; 14.98.5 il re Agramante avea la fanteria 14.98.6 messo ne' borghi di Parigi, e sotto 14.98.7 le minacciate mura in su la fossa, 14.98.8 per far quel dì l' estremo di sua possa. 14.99.1 Chi può contar l' esercito che mosso 14.99.2 questo dì contra Carlo ha 'l re Agramante, 14.99.3 conterà ancora in su l' ombroso dosso 14.99.4 del silvoso Apennin tutte le piante; 14.99.5 dirà quante onde, quando è il mar più grosso, 14.99.6 bagnano i piedi al mauritano Atlante; 14.99.7 e per quanti occhi il ciel le furtive opre 14.99.8 degli amatori a mezza notte scuopre. 14.100.1 Le campane si sentono a martello 14.100.2 di spessi colpi e spaventosi tocche; 14.100.3 si vede molto, in questo tempio e in quello, 14.100.4 alzar di mano e dimenar di bocche. 14.100.5 Se 'l tesoro paresse a Dio sì bello, 14.100.6 come alle nostre openïoni sciocche, 14.100.7 questo era il dì che 'l santo consistoro 14.100.8 fatto avria in terra ogni sua statua d' oro. 14.101.1 S' odon ramaricare i vecchi giusti, 14.101.2 che s' erano serbati in quelli affanni, 14.101.3 e nominar felici i sacri busti 14.101.4 composti in terra già molti e molt' anni. 14.101.5 Ma gli animosi gioveni robusti 14.101.6 che miran poco i lor propinqui danni, 14.101.7 sprezzando le ragion de' più maturi, 14.101.8 di qua di là vanno correndo a' muri. 14.102.1 Quivi erano baroni e paladini, 14.102.2 re, duci, cavallier, marchesi e conti, 14.102.3 soldati forestieri e cittadini, 14.102.4 per Cristo e pel suo onore a morir pronti; 14.102.5 che per uscire adosso ai Saracini, 14.102.6 pregan l' imperator ch' abbassi i ponti. 14.102.7 Gode egli di veder l' animo audace, 14.102.8 ma di lasciarli uscir non li compiace. 14.103.1 E li dispone in oportuni lochi, 14.103.2 per impedire ai barbari la via: 14.103.3 là si contenta che ne vadan pochi, 14.103.4 qua non basta una grossa compagnia; 14.103.5 alcuni han cura maneggiare i fuochi, 14.103.6 le machine altri, ove bisogno sia. 14.103.7 Carlo di qua di là non sta mai fermo: 14.103.8 va soccorrendo, e fa per tutto schermo. 14.104.1 Siede Parigi in una gran pianura, 14.104.2 ne l' ombilico a Francia, anzi nel core; 14.104.3 gli passa la riviera entro le mura, 14.104.4 e corre, et esce in altra parte fuore. 14.104.5 Ma fa un' isola prima, e v' assicura 14.104.6 de la città una parte, e la migliore; 14.104.7 l' altre due (ch' in tre parti è la gran terra) 14.104.8 di fuor la fossa, e dentro il fiume serra. 14.105.1 Alla città, che molte miglia gira, 14.105.2 da molte parti si può dar battaglia: 14.105.3 ma perché sol da un canto assalir mira, 14.105.4 né volentier l' esercito sbarraglia, 14.105.5 oltre il fiume Agramante si ritira 14.105.6 verso ponente, acciò che quindi assaglia; 14.105.7 però che né cittade né campagna 14.105.8 ha dietro, se non sua, fin alla Spagna. 14.106.1 Dovunque intorno il gran muro circonda, 14.106.2 gran munizioni avea già Carlo fatte, 14.106.3 fortificando d' argine ogni sponda 14.106.4 con scannafossi dentro e case matte; 14.106.5 onde entra ne la terra, onde esce l' onda, 14.106.6 grossissime catene aveva tratte: 14.106.7 ma fece, più ch' altrove, provedere 14.106.8 là dove avea più causa di temere. 14.107.1 Con occhi d' Argo il figlio di Pipino 14.107.2 previde ove assalir dovea Agramante; 14.107.3 e non fece disegno il Saracino, 14.107.4 a cui non fosse riparato inante. 14.107.5 Con Ferraù, Isoliero, Serpentino, 14.107.6 Grandonio, Falsirone e Balugante, 14.107.7 e con ciò che di Spagna avea menato, 14.107.8 restò Marsilio alla campagna armato. 14.108.1 Sobrin gli era a man manca in ripa a Senna, 14.108.2 con Pulïan, con Dardinel d' Almonte, 14.108.3 col re d' Oran, ch' esser gigante accenna, 14.108.4 lungo sei braccia dai piedi alla fronte. 14.108.5 Deh perché a muover men son io la penna, 14.108.6 che quelle genti a muover l' arme pronte? 14.108.7 che 'l re di Sarza, pien d' ira e di sdegno, 14.108.8 grida e bestemmia, e non può star più a segno. 14.109.1 Come assalire o vasi pastorali, 14.109.2 o le dolci reliquie de' convivi 14.109.3 soglion con rauco suon di stridule ali 14.109.4 le impronte mosche a' caldi giorni estivi; 14.109.5 come li storni a' rosseggianti pali 14.109.6 vanno de mature uve: così quivi, 14.109.7 empiendo il ciel di grida e di rumori, 14.109.8 veniano a dare il fiero assalto i Mori. 14.110.1 L' esercito cristian sopra le mura 14.110.2 con lancie, spade e scure e pietre e fuoco 14.110.3 difende la città senza paura, 14.110.4 e il barbarico orgoglio estima poco; 14.110.5 e dove Morte uno et un altro fura, 14.110.6 non è chi per viltà ricusi il loco. 14.110.7 Tornano i Saracin giù ne le fosse 14.110.8 a furia di ferite e di percosse. 14.111.1 Non ferro solamente vi s' adopra, 14.111.2 ma grossi massi, e merli integri e saldi, 14.111.3 e muri dispiccati con molt' opra, 14.111.4 tetti di torri, e gran pezzi di spaldi. 14.111.5 L' acque bollenti che vengon di sopra, 14.111.6 portano a' Mori insupportabil caldi; 14.111.7 e male a questa pioggia si resiste, 14.111.8 ch' entra per gli elmi, e fa acciecar le viste. 14.112.1 E questa più nocea che 'l ferro quasi: 14.112.2 or che de' far la nebbia di calcine? 14.112.3 or che doveano far li ardenti vasi 14.112.4 con olio e zolfo e peci e trementine? 14.112.5 I cerchii in munizion non son rimasi, 14.112.6 che d' ogn' intorno hanno di fiamma il crine: 14.112.7 questi, scagliati per diverse bande, 14.112.8 mettono a' Saracini aspre ghirlande. 14.113.1 Intanto il re di Sarza avea cacciato 14.113.2 sotto le mura la schiera seconda, 14.113.3 da Buraldo, da Ormida accompagnato, 14.113.4 quel Garamante, e questo di Marmonda. 14.113.5 Clarindo e Soridan gli sono allato, 14.113.6 né par che 'l re di Setta si nasconda; 14.113.7 segue il re di Marocco e quel di Cosca, 14.113.8 ciascun perché il valor suo si conosca. 14.114.1 Ne la bandiera, ch' è tutta vermiglia, 14.114.2 Rodomonte di Sarza il leon spiega, 14.114.3 che la feroce bocca ad una briglia 14.114.4 che gli pon la sua donna, aprir non niega. 14.114.5 Al leon se medesimo assimiglia; 14.114.6 e per la donna che lo frena e lega, 14.114.7 la bella Doralice ha figurata, 14.114.8 figlia di Stordilan re di Granata: 14.115.1 quella che tolto avea, come io narrava, 14.115.2 re Mandricardo, e dissi dove e a cui. 14.115.3 Era costei che Rodomonte amava 14.115.4 più che 'l suo regno e più che gli occhi sui; 14.115.5 e cortesia e valor per lei mostrava, 14.115.6 non già sapendo ch' era in forza altrui: 14.115.7 se saputo l' avesse, allora allora 14.115.8 fatto avria quel che fe' quel giorno ancora. 14.116.1 Sono appoggiate a un tempo mille scale, 14.116.2 che non han men di dua per ogni grado. 14.116.3 Spinge il secondo quel ch' inanzi sale; 14.116.4 che 'l terzo lui montar fa suo mal grado. 14.116.5 Chi per virtù, chi per paura vale: 14.116.6 convien ch' ognun per forza entri nel guado; 14.116.7 che qualunche s' adagia, il re d' Algiere, 14.116.8 Rodomonte crudele, uccide o fere. 14.117.1 Ognun dunque si sforza di salire 14.117.2 tra il fuoco e le ruine in su le mura. 14.117.3 Ma tutti gli altri guardano, se aprire 14.117.4 veggiano passo ove sia poca cura: 14.117.5 sol Rodomonte sprezza di venire, 14.117.6 se non dove la via meno è sicura. 14.117.7 Dove nel caso disperato e rio 14.117.8 gli altri fan voti, egli bestemmia Dio. 14.118.1 Armato era d' un forte e duro usbergo, 14.118.2 che fu di drago una scagliosa pelle. 14.118.3 Di questo già si cinse il petto e 'l tergo 14.118.4 quello avol suo ch' edificò Babelle, 14.118.5 e si pensò cacciar de l' aureo albergo, 14.118.6 e tôrre a Dio il governo de le stelle: 14.118.7 l' elmo e lo scudo fece far perfetto, 14.118.8 e il brando insieme; e solo a questo effetto. 14.119.1 Rodomonte non già men di Nembrotte 14.119.2 indomito, superbo e furibondo, 14.119.3 che d' ire al ciel non tarderebbe a notte, 14.119.4 quando la strada si trovasse al mondo, 14.119.5 quivi non sta a mirar s' intere o rotte 14.119.6 sieno le mura, o s' abbia l' acqua fondo: 14.119.7 passa la fossa, anzi la corre e vola, 14.119.8 ne l' acqua e nel pantan fin alla gola. 14.120.1 Di fango brutto, e molle d' acqua vanne 14.120.2 tra il foco e i sassi e gli archi e le balestre, 14.120.3 come andar suol tra le palustri canne 14.120.4 de la nostra Mallea porco silvestre, 14.120.5 che col petto, col grifo e con le zanne 14.120.6 fa, dovunque si volge, ample finestre. 14.120.7 Con lo scudo alto il Saracin sicuro 14.120.8 ne vien sprezzando il ciel, non che quel muro. 14.121.1 Non sì tosto all' asciutto è Rodomonte, 14.121.2 che giunto si sentì su le bertresche 14.121.3 che dentro alla muraglia facean ponte 14.121.4 capace e largo alle squadre francesche. 14.121.5 Or si vede spezzar più d' una fronte, 14.121.6 far chieriche maggior de le fratesche, 14.121.7 braccia e capi volare; e ne la fossa 14.121.8 cader da' muri una fiumana rossa. 14.122.1 Getta il pagan lo scudo, e a duo man prende 14.122.2 la crudel spada, e giunge il duca Arnolfo. 14.122.3 Costui venìa di là dove discende 14.122.4 l' acqua del Reno nel salato golfo. 14.122.5 Quel miser contra lui non si difende 14.122.6 meglio che faccia contra il fuoco il zolfo; 14.122.7 e cade in terra, e dà l' ultimo crollo, 14.122.8 dal capo fesso un palmo sotto il collo. 14.123.1 Uccise di rovescio in una volta 14.123.2 Anselmo, Oldrado, Spineloccio e Prando: 14.123.3 il luogo stretto e la gran turba folta 14.123.4 fece girar sì pienamente il brando. 14.123.5 Fu la prima metade a Fiandra tolta, 14.123.6 l' altra scemata al populo normando. 14.123.7 Divise appresso da la fronte al petto, 14.123.8 et indi al ventre, il maganzese Orghetto. 14.124.1 Getta da' merli Andropono e Moschino 14.124.2 giù ne la fossa: il primo è sacerdote; 14.124.3 non adora il secondo altro che 'l vino, 14.124.4 e le bigonce a un sorso n' ha già vuote. 14.124.5 Come veneno e sangue viperino 14.124.6 l' acque fuggia quanto fuggir si puote: 14.124.7 or quivi muore; e quel che più l' annoia, 14.124.8 è 'l sentir che ne l' acqua se ne muoia. 14.125.1 Tagliò in due parti il provenzal Luigi, 14.125.2 e passò il petto al tolosano Arnaldo. 14.125.3 Di Torse Oberto, Claudio, Ugo e Dionigi 14.125.4 mandâr lo spirto fuor col sangue caldo; 14.125.5 e presso a questi, quattro da Parigi, 14.125.6 Gualtiero, Satallone, Odo et Ambaldo, 14.125.7 et altri molti: et io non saprei come 14.125.8 di tutti nominar la patria e il nome. 14.126.1 La turba dietro a Rodomonte presta 14.126.2 le scale appoggia, e monta in più d' un loco. 14.126.3 Quivi non fanno i Parigin più testa; 14.126.4 che la prima difesa lor val poco. 14.126.5 San ben ch' agli nemici assai più resta 14.126.6 dentro da fare, e non l' avran da gioco; 14.126.7 perché tra il muro e l' argine secondo 14.126.8 discende il fosso orribile e profondo. 14.127.1 Oltra che i nostri facciano difesa 14.127.2 dal basso all' alto, e mostrino valore; 14.127.3 nuova gente succede alla contesa 14.127.4 sopra l' erta pendice interïore, 14.127.5 che fa con lancie e con saette offesa 14.127.6 alla gran moltitudine di fuore, 14.127.7 che credo ben, che saria stata meno, 14.127.8 se non v' era il figliuol del re Ulïeno. 14.128.1 Egli questi conforta, e quei riprende, 14.128.2 e lor mal grado inanzi se gli caccia: 14.128.3 ad altri il petto, ad altri il capo fende, 14.128.4 che per fuggir veggia voltar la faccia. 14.128.5 Molti ne spinge et urta; alcuni prende 14.128.6 pei capelli, pel collo e per le braccia: 14.128.7 e sozzopra là giù tanti ne getta, 14.128.8 che quella fossa a capir tutti è stretta. 14.129.1 Mentre lo stuol de' barbari si cala, 14.129.2 anzi trabocca al periglioso fondo, 14.129.3 et indi cerca per diversa scala 14.129.4 di salir sopra l' argine secondo; 14.129.5 il re di Sarza (come avesse un' ala 14.129.6 per ciascun de' suoi membri) levò il pondo 14.129.7 di sì gran corpo e con tant' arme indosso, 14.129.8 e netto si lanciò di là dal fosso. 14.130.1 Poco era men di trenta piedi, o tanto, 14.130.2 et egli il passò destro come un veltro, 14.130.3 e fece nel cader strepito, quanto 14.130.4 avesse avuto sotto i piedi il feltro: 14.130.5 et a questo et a quello affrappa il manto, 14.130.6 come sien l' arme di tenero peltro, 14.130.7 e non di ferro, anzi pur sien di scorza: 14.130.8 tal la sua spada, e tanta è la sua forza! 14.131.1 In questo tempo i nostri, da chi tese 14.131.2 l' insidie son ne la cava profonda, 14.131.3 che v' han scope e fascine in copia stese, 14.131.4 intorno a quai di molta pece abonda 14.131.5 (né però alcuna si vede palese, 14.131.6 ben che n' è piena l' una e l' altra sponda 14.131.7 dal fondo cupo insino all' orlo quasi), 14.131.8 e senza fin v' hanno appiattati vasi, 14.132.1 qual con salnitro, qual con oglio, quale 14.132.2 con zolfo, qual con altra simil esca; 14.132.3 i nostri in questo tempo, perché male 14.132.4 ai Saracini il folle ardir riesca, 14.132.5 ch' eran nel fosso, e per diverse scale 14.132.6 credean montar su l' ultima bertresca; 14.132.7 udito il segno da oportuni lochi, 14.132.8 di qua e di là fenno avampare i fochi. 14.133.1 Tornò la fiamma sparsa, tutta in una, 14.133.2 che tra una ripa e l' altra ha 'l tutto pieno; 14.133.3 e tanto ascende in alto, ch' alla luna 14.133.4 può d' appresso asciugar l' umido seno. 14.133.5 Sopra si volve oscura nebbia e bruna, 14.133.6 che 'l sole adombra, e spegne ogni sereno. 14.133.7 Sentesi un scoppio in un perpetuo suono, 14.133.8 simile a un grande e spaventoso tuono. 14.134.1 Aspro concento, orribile armonia 14.134.2 d' alte querele, d' ululi e di strida 14.134.3 de la misera gente che peria 14.134.4 nel fondo per cagion de la sua guida, 14.134.5 istranamente concordar s' udia 14.134.6 col fiero suon de la fiamma omicida. 14.134.7 Non più, Signor, non più di questo canto; 14.134.8 ch' io son già rauco, e vo' posarmi alquanto.
CANTO XV
15.1.1 Fu il vincer sempremai laudabil cosa, 15.1.2 vincasi o per fortuna o per ingegno: 15.1.3 gli è ver che la vittoria sanguinosa 15.1.4 spesso far suole il capitan men degno; 15.1.5 e quella eternamente è glorïosa, 15.1.6 e dei divini onori arriva al segno, 15.1.7 quando, servando i suoi senza alcun danno, 15.1.8 si fa che gl' inimici in rotta vanno. 15.2.1 La vostra, Signor mio, fu degna loda, 15.2.2 quando al Leone, in mar tanto feroce, 15.2.3 ch' avea occupata l' una e l' altra proda 15.2.4 del Po, da Francolin sin alla foce, 15.2.5 faceste sì, ch' ancor che ruggir l' oda, 15.2.6 s' io vedrò voi, non tremerò alla voce. 15.2.7 Come vincer si de', ne dimostraste; 15.2.8 ch' uccideste i nemici, e noi salvaste. 15.3.1 Questo il pagan, troppo in suo danno audace, 15.3.2 non seppe far; che i suoi nel fosso spinse, 15.3.3 dove la fiamma subita e vorace 15.3.4 non perdonò ad alcun, ma tutti estinse. 15.3.5 A tanti non saria stato capace 15.3.6 tutto il gran fosso, ma il fuoco restrinse, 15.3.7 restrinse i corpi e in polve li ridusse, 15.3.8 acciò ch' abile a tutti il luogo fusse. 15.4.1 Undici mila et otto sopra venti 15.4.2 si ritrovâr ne l' affocata buca, 15.4.3 che v' erano discesi mal contenti; 15.4.4 ma così volle il poco saggio duca. 15.4.5 Quivi fra tanto lume or sono spenti, 15.4.6 e la vorace fiamma li manuca: 15.4.7 e Rodomonte, causa del mal loro, 15.4.8 se ne va esente da tanto martoro; 15.5.1 che tra' nemici alla ripa più interna 15.5.2 era passato d' un mirabil salto. 15.5.3 Se con gli altri scendea ne la caverna, 15.5.4 questo era ben il fin d' ogni suo assalto. 15.5.5 Rivolge gli occhi a quella valle inferna; 15.5.6 e quando vede il fuoco andar tant' alto, 15.5.7 e di sua gente il pianto ode e lo strido, 15.5.8 bestemmia il ciel con spaventoso grido. 15.6.1 Intanto il re Agramante mosso avea 15.6.2 impetuoso assalto ad una porta; 15.6.3 che, mentre la crudel battaglia ardea 15.6.4 quivi ove è tanta gente afflitta e morta, 15.6.5 quella sprovista forse esser credea 15.6.6 di guardia, che bastasse alla sua scorta. 15.6.7 Seco era il re d' Arzilla Bambirago, 15.6.8 e Baliverzo, d' ogni vizio vago; 15.7.1 e Corineo di Mulga, e Prusïone, 15.7.2 il ricco re de l' Isole beate; 15.7.3 Malabuferso che la regïone 15.7.4 tien di Fizan, sotto continua estate; 15.7.5 altri signori et altre assai persone 15.7.6 esperte ne la guerra e bene armate; 15.7.7 e molti ancor senza valore e nudi, 15.7.8 che 'l cor non s' armerian con mille scudi. 15.8.1 Trovò tutto il contrario al suo pensiero 15.8.2 in questa parte il re de' Saracini: 15.8.3 perché in persona il capo de l' Impero 15.8.4 v' era, re Carlo, e de' suoi paladini, 15.8.5 re Salamone et il danese Ugiero, 15.8.6 et ambo i Guidi et ambo gli Angelini, 15.8.7 e 'l duca di Bavera e Ganelone, 15.8.8 e Berlengier e Avolio e Avino e Otone; 15.9.1 gente infinita poi di minor conto, 15.9.2 de' Franchi, de' Tedeschi e de' Lombardi, 15.9.3 presente il suo signor, ciascuno pronto 15.9.4 a farsi riputar fra i più gagliardi. 15.9.5 Di questo altrove io vo' rendervi conto; 15.9.6 ch' ad un gran duca è forza ch' io riguardi, 15.9.7 il qual mi grida, e di lontano accenna, 15.9.8 e priega ch' io nol lasci ne la penna. 15.10.1 Gli è tempo ch' io ritorni ove lasciai 15.10.2 l' aventuroso Astolfo d' Inghilterra, 15.10.3 che 'l lungo esilio avendo in odio ormai, 15.10.4 di desiderio ardea de la sua terra; 15.10.5 come gli n' avea data pur assai 15.10.6 speme colei ch' Alcina vinse in guerra. 15.10.7 Ella di rimandarvilo avea cura 15.10.8 per la via più espedita e più sicura. 15.11.1 E così una galea fu apparechiata, 15.11.2 di che miglior mai non solcò marina; 15.11.3 e perché ha dubbio pur tutta fïata, 15.11.4 che non gli turbi il suo vïaggio Alcina, 15.11.5 vuol Logistilla che con forte armata 15.11.6 Andronica ne vada e Sofrosina, 15.11.7 tanto che nel mar d' Arabi, o nel golfo 15.11.8 de' Persi, giunga a salvamento Astolfo. 15.12.1 Più tosto vuol che volteggiando rada 15.12.2 gli Sciti e gl' Indi e i regni nabatei, 15.12.3 e torni poi per così lunga strada 15.12.4 a ritrovare i Persi e gli Eritrei; 15.12.5 che per quel boreal pelago vada, 15.12.6 che turban sempre iniqui venti e rei, 15.12.7 e sì, qualche stagion, pover di sole, 15.12.8 che starne senza alcuni mesi suole. 15.13.1 La fata, poi che vide acconcio il tutto, 15.13.2 diede licenzia al duca di partire, 15.13.3 avendol prima ammaestrato e instrutto 15.13.4 di cose assai, che fôra lungo a dire; 15.13.5 e per schivar che non sia più ridutto 15.13.6 per arte maga, onde non possa uscire, 15.13.7 un bello et util libro gli avea dato, 15.13.8 che per suo amore avesse ognora allato. 15.14.1 Come l' uom riparar debba agl' incanti 15.14.2 mostra il libretto che costei gli diede: 15.14.3 dove ne tratta o più dietro o più inanti, 15.14.4 per rubrica e per indice si vede. 15.14.5 Un altro don gli fece ancor, che quanti 15.14.6 doni fur mai, di gran vantaggio eccede: 15.14.7 e questo fu d' orribil suono un corno, 15.14.8 che fa fugire ognun che l' ode intorno. 15.15.1 Dico che 'l corno è di sì orribil suono, 15.15.2 ch' ovunque s' oda, fa fuggir la gente: 15.15.3 non può trovarsi al mondo un cor sì buono, 15.15.4 che possa non fuggir come lo sente: 15.15.5 rumor di vento e di termuoto, e 'l tuono, 15.15.6 a par del suon di questo, era nïente. 15.15.7 Con molto riferir di grazie, prese 15.15.8 da la fata licenzia il buono Inglese. 15.16.1 Lasciando il porto e l' onde più tranquille, 15.16.2 con felice aura ch' alla poppa spira, 15.16.3 sopra le ricche e populose ville 15.16.4 de l' odorifera India il duca gira, 15.16.5 scoprendo a destra et a sinistra mille 15.16.6 isole sparse; e tanto va, che mira 15.16.7 la terra di Tomaso, onde il nocchiero 15.16.8 più a tramontana poi volge il sentiero. 15.17.1 Quasi radendo l' aurea Chersonesso, 15.17.2 la bella armata il gran pelago frange: 15.17.3 e costeggiando i ricchi liti, spesso 15.17.4 vede come nel mar biancheggi il Gange; 15.17.5 e Traprobane vede, e Cori appresso; 15.17.6 e vede il mar che fra i duo liti s' ange. 15.17.7 Dopo gran via furo a Cochino, e quindi 15.17.8 usciro fuor dei termini degl' Indi. 15.18.1 Scorrendo il duca il mar con sì fedele 15.18.2 e sì sicura scorta, intender vuole, 15.18.3 e ne domanda Andronica, se de le 15.18.4 parti c' han nome dal cader del sole, 15.18.5 mai legno alcun che vada a remi e a vele, 15.18.6 nel mare orïentale apparir suole; 15.18.7 e s' andar può senza toccar mai terra, 15.18.8 chi d' India scioglia, in Francia o in Inghilterra. 15.19.1 -- Tu déi sapere (Andronica risponde) 15.19.2 che d' ogn' intorno il mar la terra abbraccia; 15.19.3 e van l' una ne l' altra tutte l' onde, 15.19.4 sia dove bolle o dove il mar s' aggiaccia; 15.19.5 ma perché qui davante si difonde, 15.19.6 e sotto il mezzodì molto si caccia 15.19.7 la terra d' Etïopia, alcuno ha detto 15.19.8 ch' a Nettunno ir più inanzi ivi è interdetto. 15.20.1 Per questo dal nostro indico levante 15.20.2 nave non è che per Europa scioglia; 15.20.3 né si muove d' Europa navigante 15.20.4 ch' in queste nostre parti arrivar voglia. 15.20.5 Il ritrovarsi questa terra avante, 15.20.6 e questi e quelli al ritornare invoglia; 15.20.7 che credeno, veggendola sì lunga, 15.20.8 che con l' altro emisperio si congiunga. 15.21.1 Ma volgendosi gli anni, io veggio uscire 15.21.2 da l' estreme contrade di ponente 15.21.3 nuovi Argonauti e nuovi Tifi, e aprire 15.21.4 la strada ignota infin al dì presente: 15.21.5 altri volteggiar l' Africa, e seguire 15.21.6 tanto la costa de la negra gente, 15.21.7 che passino quel segno onde ritorno 15.21.8 fa il sole a noi, lasciando il Capricorno; 15.22.1 e ritrovar del lungo tratto il fine, 15.22.2 che questo fa parer dui mar diversi; 15.22.3 e scorrer tutti i liti e le vicine 15.22.4 isole d' Indi, d' Arabi e di Persi: 15.22.5 altri lasciar le destre e le mancine 15.22.6 rive che due per opra Erculea fêrsi; 15.22.7 e del sole imitando il camin tondo, 15.22.8 ritrovar nuove terre e nuovo mondo. 15.23.1 Veggio la santa croce, e veggio i segni 15.23.2 imperïal nel verde lito eretti: 15.23.3 veggio altri a guardia dei battuti legni, 15.23.4 altri all' acquisto del paese eletti: 15.23.5 veggio da dieci cacciar mille, e i regni 15.23.6 di là da l' India ad Aragon suggetti; 15.23.7 e veggio i capitan di Carlo quinto, 15.23.8 dovunque vanno, aver per tutto vinto. 15.24.1 Dio vuol ch' ascosa antiquamente questa 15.24.2 strada sia stata, e ancor gran tempo stia; 15.24.3 né che prima si sappia, che la sesta 15.24.4 e la settima età passata sia: 15.24.5 e serba a farla al tempo manifesta, 15.24.6 che vorrà porre il mondo a monarchia, 15.24.7 sotto il più saggio imperatore e giusto, 15.24.8 che sia stato o sarà mai dopo Augusto. 15.25.1 Del sangue d' Austria e d' Aragon io veggio 15.25.2 nascer sul Reno alla sinistra riva 15.25.3 un principe, al valor del qual pareggio 15.25.4 nessun valor, di cui si parli o scriva. 15.25.5 Astrea veggio per lui riposta in seggio, 15.25.6 anzi di morta ritornata viva; 15.25.7 e le virtù che cacciò il mondo, quando 15.25.8 lei cacciò ancora, uscir per lui di bando. 15.26.1 Per questi merti la Bontà suprema 15.26.2 non solamente di quel grande impero 15.26.3 ha disegnato ch' abbia dïadema 15.26.4 ch' ebbe Augusto, Traian, Marco e Severo; 15.26.5 ma d' ogni terra e quinci e quindi estrema, 15.26.6 che mai né al sol né all' anno apre il sentiero: 15.26.7 e vuol che sotto a questo imperatore 15.26.8 solo un ovile sia, solo un pastore. 15.27.1 E perch' abbian più facile successo 15.27.2 gli ordini in cielo eternamente scritti, 15.27.3 gli pon la somma Providenzia appresso 15.27.4 in mare e in terra capitani invitti. 15.27.5 Veggio Hernando Cortese, il quale ha messo 15.27.6 nuove città sotto i cesarei editti, 15.27.7 e regni in Orïente sì remoti, 15.27.8 ch' a noi, che siamo in India, non son noti. 15.28.1 Veggio Prosper Colonna, e di Pescara 15.28.2 veggio un marchese, e veggio dopo loro 15.28.3 un giovene del Vasto, che fan cara 15.28.4 parer la bella Italia ai Gigli d' oro: 15.28.5 veggio ch' entrare inanzi si prepara 15.28.6 quel terzo agli altri a guadagnar l' alloro; 15.28.7 come buon corridor ch' ultimo lassa 15.28.8 le mosse, e giunge, e inanzi a tutti passa. 15.29.1 Veggio tanto il valor, veggio la fede 15.29.2 tanta d' Alfonso (che 'l suo nome è questo), 15.29.3 ch' in così acerba età, che non eccede 15.29.4 dopo il vigesimo anno ancora il sesto, 15.29.5 l' imperator l' esercito gli crede, 15.29.6 il qual salvando, salvar non che 'l resto, 15.29.7 ma farsi tutto il mondo ubidïente 15.29.8 con questo capitan sarà possente. 15.30.1 Come con questi, ovunque andar per terra 15.30.2 si possa, accrescerà l' imperio antico; 15.30.3 così per tutto il mar, ch' in mezzo serra 15.30.4 di là l' Europa, e di qua l' Afro aprico, 15.30.5 sarà vittorïoso in ogni guerra, 15.30.6 poi ch' Andrea Doria s' avrà fatto amico. 15.30.7 Questo è quel Doria che fa dai pirati 15.30.8 sicuro il vostro mar per tutti i lati. 15.31.1 Non fu Pompeio a par di costui degno, 15.31.2 se ben vinse e cacciò tutti i corsari; 15.31.3 però che quelli al più possente regno 15.31.4 che fosse mai, non poteano esser pari: 15.31.5 ma questo Doria, sol col proprio ingegno 15.31.6 e proprie forze, purgherà quei mari; 15.31.7 sì che da Calpe al Nilo, ovunque s' oda 15.31.8 il nome suo, tremar veggio ogni proda. 15.32.1 Sotto la fede entrar, sotto la scorta 15.32.2 di questo capitan di ch' io ti parlo, 15.32.3 veggio in Italia, ove da lui la porta 15.32.4 gli sarà aperta, alla corona Carlo. 15.32.5 Veggio che 'l premio che di ciò riporta, 15.32.6 non tien per sé, ma fa alla patria darlo: 15.32.7 con prieghi ottien ch' in libertà la metta, 15.32.8 dove altri a sé l' avria forse suggetta. 15.33.1 Questa pietà ch' egli alla patria mostra, 15.33.2 è degna di più onor d' ogni battaglia 15.33.3 ch' in Francia o in Spagna o ne la terra vostra 15.33.4 vincesse Iulio, o in Africa o in Tessaglia. 15.33.5 Né il grande Ottavio, né chi seco giostra 15.33.6 di par, Antonio, in più onoranza saglia 15.33.7 pei gesti suoi; ch' ogni lor laude amorza 15.33.8 l' avere usato alla lor patria forza. 15.34.1 Questi et ogn' altro che la patria tenta 15.34.2 di libera far serva, si arrosisca; 15.34.3 né dove il nome d' Andrea Doria senta, 15.34.4 di levar gli occhi in viso d' uomo ardisca. 15.34.5 Veggio Carlo che 'l premio gli augumenta; 15.34.6 ch' oltre quel ch' in commun vuol che fruisca, 15.34.7 gli dà la ricca terra ch' ai Normandi 15.34.8 sarà principio a farli in Puglia grandi. 15.35.1 A questo capitan non pur cortese 15.35.2 il magnanimo Carlo ha da mostrarsi, 15.35.3 ma a quanti avrà ne le cesaree imprese 15.35.4 del sangue lor non ritrovati scarsi. 15.35.5 D' aver città, d' aver tutto un paese 15.35.6 donato a un suo fedel, più ralegrarsi 15.35.7 lo veggio, e a tutti quei che ne son degni, 15.35.8 che d' acquistar nuov' altri imperii e regni. -- 15.36.1 Così de le vittorie le qual, poi 15.36.2 ch' un gran numero d' anni sarà corso, 15.36.3 daranno a Carlo i capitani suoi, 15.36.4 facea col duca Andronica discorso: 15.36.5 e la compagna intanto ai venti eoi 15.36.6 viene allentando e raccogliendo il morso; 15.36.7 e fa ch' or questo or quel propizio l' esce; 15.36.8 e come vuol li minuisce e cresce. 15.37.1 Veduto aveano intanto il mar de' Persi 15.37.2 come in sì largo spazio si dilaghi; 15.37.3 onde vicini in pochi giorni fêrsi 15.37.4 al golfo che nomâr gli antiqui Maghi. 15.37.5 Quivi pigliaro il porto, e fur conversi 15.37.6 con la poppa alla ripa i legni vaghi; 15.37.7 quindi, sicur d' Alcina e di sua guerra, 15.37.8 Astolfo il suo camin prese per terra. 15.38.1 Passò per più d' un campo e più d' un bosco, 15.38.2 per più d' un monte e per più d' una valle; 15.38.3 ove ebbe spesso, all' aer chiaro e al fosco, 15.38.4 i ladroni or inanzi or alle spalle. 15.38.5 Vide leoni, e draghi pien di tòsco, 15.38.6 et altre fere attraversarsi il calle; 15.38.7 ma non sì tosto avea la bocca al corno, 15.38.8 che spaventati gli fuggian d' intorno. 15.39.1 Vien per l' Arabia ch' è detta Felice, 15.39.2 ricca di mirra e d' odorato incenso, 15.39.3 che per suo albergo l' unica fenice 15.39.4 eletto s' ha di tutto il mondo immenso; 15.39.5 fin che l' onda trovò vendicatrice 15.39.6 già d' Israel, che per divin consenso 15.39.7 Faraone sommerse e tutti i suoi: 15.39.8 e poi venne alla terra degli Eroi. 15.40.1 Lungo il fiume Traiano egli cavalca 15.40.2 su quel destrier ch' al mondo è senza pare, 15.40.3 che tanto leggiermente e corre e valca, 15.40.4 che ne l' arena l' orma non n' appare: 15.40.5 l' erba non pur, non pur la nieve calca; 15.40.6 coi piedi asciutti andar potria sul mare; 15.40.7 e sì si stende al corso, e sì s' affretta, 15.40.8 che passa e vento e folgore e saetta. 15.41.1 Questo è il destrier che fu de l' Argalia, 15.41.2 che di fiamma e di vento era concetto; 15.41.3 e senza fieno e biada, si nutria 15.41.4 de l' aria pura, e Rabican fu detto. 15.41.5 Venne, seguendo il duca la sua via, 15.41.6 dove dà il Nilo a quel fiume ricetto; 15.41.7 e prima che giugnesse in su la foce, 15.41.8 vide un legno venire a sé veloce. 15.42.1 Naviga in su la poppa uno eremita 15.42.2 con bianca barba, a mezzo il petto lunga, 15.42.3 che sopra il legno il paladino invita, 15.42.4 e: -- Figliuol mio (gli grida da la lunga), 15.42.5 se non t' è in odio la tua propria vita, 15.42.6 se non brami che morte oggi ti giunga, 15.42.7 venir ti piaccia su quest' altra arena; 15.42.8 ch' a morir quella via dritto ti mena. 15.43.1 Tu non andrai più che sei miglia inante, 15.43.2 che troverai la sanguinosa stanza 15.43.3 dove s' alberga un orribil gigante 15.43.4 che d' otto piedi ogni statura avanza. 15.43.5 Non abbia cavallier né vïandante 15.43.6 di partirsi da lui, vivo, speranza: 15.43.7 ch' altri il crudel ne scanna, altri ne scuoia, 15.43.8 molti ne squarta, e vivo alcun ne 'ngoia. 15.44.1 Piacer, fra tanta crudeltà, si prende 15.44.2 d' una rete ch' egli ha, molto ben fatta: 15.44.3 poco lontana al tetto suo la tende, 15.44.4 e ne la trita polve in modo appiatta, 15.44.5 che chi prima nol sa, non la comprende, 15.44.6 tanto è sottil, tanto egli ben l' adatta: 15.44.7 e con tai gridi i peregrin minaccia, 15.44.8 che spaventati dentro ve li caccia. 15.45.1 E con gran risa, aviluppati in quella 15.45.2 se li strascina sotto il suo coperto; 15.45.3 né cavallier riguarda né donzella, 15.45.4 o sia di grande o sia di picciol merto: 15.45.5 e mangiata la carne, e le cervella 15.45.6 succhiate e 'l sangue, dà l' ossa al deserto; 15.45.7 e de l' umane pelli intorno intorno 15.45.8 fa il suo palazzo orribilmente adorno. 15.46.1 Prendi quest' altra via, prendila, figlio, 15.46.2 che fin al mar ti fia tutta sicura. -- 15.46.3 -- Io ti ringrazio, padre, del consiglio 15.46.4 (rispose il cavallier senza paura), 15.46.5 ma non istimo per l' onor periglio, 15.46.6 di ch' assai più che de la vita ho cura. 15.46.7 Per far ch' io passi, invan tu parli meco; 15.46.8 anzi vo al dritto a ritrovar lo speco. 15.47.1 Fuggendo, posso con disnor salvarmi; 15.47.2 ma tal salute ho più che morte a schivo. 15.47.3 S' io vi vo, al peggio che potrà incontrarmi, 15.47.4 fra molti resterò di vita privo; 15.47.5 ma quando Dio così mi drizzi l' armi, 15.47.6 che colui morto, et io rimanga vivo, 15.47.7 sicura a mille renderò la via: 15.47.8 sì che l' util maggior che 'l danno fia. 15.48.1 Metto all' incontro la morte d' un solo 15.48.2 alla salute di gente infinita. -- 15.48.3 -- Vattene in pace (rispose), figliuolo; 15.48.4 Dio mandi in difension de la tua vita 15.48.5 l' arcangelo Michel dal sommo polo: -- 15.48.6 e benedillo il semplice eremita. 15.48.7 Astolfo lungo il Nil tenne la strada, 15.48.8 sperando più nel suon che ne la spada. 15.49.1 Giace tra l' alto fiume e la palude 15.49.2 picciol sentier ne l' arenosa riva: 15.49.3 la solitaria casa lo richiude, 15.49.4 d' umanitade e di commercio priva. 15.49.5 Son fisse intorno teste e membra nude 15.49.6 de l' infelice gente che v' arriva. 15.49.7 Non v' è finestra, non v' è merlo alcuno, 15.49.8 onde penderne almen non si veggia uno. 15.50.1 Qual ne le alpine ville o ne' castelli 15.50.2 suol cacciator che gran perigli ha scorsi, 15.50.3 su le porte attaccar l' irsute pelli, 15.50.4 l' orride zampe e i grossi capi d' orsi; 15.50.5 tal dimostrava il fier gigante quelli 15.50.6 che di maggior virtù gli erano occorsi. 15.50.7 D' altri infiniti sparse appaion l' ossa; 15.50.8 et è di sangue uman piena ogni fossa. 15.51.1 Stassi Caligorante in su la porta; 15.51.2 che così ha nome il dispietato mostro 15.51.3 ch' orna la sua magion di gente morta, 15.51.4 come alcun suol de panni d' oro o d' ostro. 15.51.5 Costui per gaudio a pena si comporta, 15.51.6 come il duca lontan se gli è dimostro; 15.51.7 ch' eran duo mesi, e il terzo ne venìa, 15.51.8 che non fu cavallier per quella via. 15.52.1 Vêr la palude, ch' era scura e folta 15.52.2 di verdi canne, in gran fretta ne viene; 15.52.3 che disegnato avea correre in volta, 15.52.4 e uscire al paladin dietro alle schene; 15.52.5 che ne la rete, che tenea sepolta 15.52.6 sotto la polve, di cacciarlo ha spene, 15.52.7 come avea fatto gli altri peregrini 15.52.8 che quivi tratto avean lor rei destini. 15.53.1 Come venire il paladin lo vede, 15.53.2 ferma il destrier, non senza gran sospetto 15.53.3 che vada in quelli lacci a dar del piede, 15.53.4 di che il buon vecchiarel gli avea predetto. 15.53.5 Quivi il soccorso del suo corno chiede, 15.53.6 e quel sonando fa l' usato effetto: 15.53.7 nel cor fere il gigante che l' ascolta, 15.53.8 di tal timor, ch' a dietro i passi volta. 15.54.1 Astolfo suona, e tuttavolta bada; 15.54.2 che gli par sempre che la rete scocchi. 15.54.3 Fugge il fellon, né vede ove si vada; 15.54.4 che, come il core, avea perduti gli occhi. 15.54.5 Tanta è la tema, che non sa far strada, 15.54.6 che ne li proprii aguati non trabocchi: 15.54.7 va ne la rete; e quella si disserra, 15.54.8 tutto l' annoda, e lo distende in terra. 15.55.1 Astolfo, ch' andar giù vede il gran peso, 15.55.2 già sicuro per sé, v' accorre in fretta; 15.55.3 e con la spada in man, d' arcion disceso, 15.55.4 va per far di mill' anime vendetta. 15.55.5 Poi gli par che s' uccide un che sia preso, 15.55.6 viltà, più che virtù, ne sarà detta; 15.55.7 che legate le braccia, i piedi e il collo 15.55.8 gli vede sì, che non può dare un crollo. 15.56.1 Avea la rete già fatta Vulcano 15.56.2 di sottil fil d' acciar, ma con tal arte, 15.56.3 che saria stata ogni fatica invano 15.56.4 per ismagliarne la più debol parte; 15.56.5 et era quella che già piedi e mano 15.56.6 avea legate a Venere et a Marte: 15.56.7 la fe' il geloso, e non ad altro effetto, 15.56.8 che per pigliarli insieme ambi nel letto. 15.57.1 Mercurio al fabbro poi la rete invola; 15.57.2 che Cloride pigliar con essa vuole, 15.57.3 Cloride bella che per l' aria vola 15.57.4 dietro all' Aurora, all' apparir del sole, 15.57.5 e dal raccolto lembo de la stola 15.57.6 gigli spargendo va, rose e vïole. 15.57.7 Mercurio tanto questa ninfa attese, 15.57.8 che con la rete in aria un dì la prese. 15.58.1 Dove entra in mare il gran fiume etïopo, 15.58.2 par che la dea presa volando fosse. 15.58.3 Poi nel tempio d' Anubide a Canopo 15.58.4 la rete molti seculi serbosse. 15.58.5 Caligorante tre mila anni dopo, 15.58.6 di là, dove era sacra, la rimosse: 15.58.7 se ne portò la rete il ladrone empio, 15.58.8 et arse la cittade, e rubò il tempio. 15.59.1 Quivi adattolla in modo in su l' arena, 15.59.2 che tutti quei ch' avean da lui la caccia 15.59.3 vi davan dentro; et era tocca a pena, 15.59.4 che lor legava e collo e piedi e braccia. 15.59.5 Di questa levò Astolfo una catena, 15.59.6 e le man dietro a quel fellon n' allaccia; 15.59.7 le braccia e 'l petto in guisa gli ne fascia, 15.59.8 che non può sciorsi: indi levar lo lascia, 15.60.1 dagli altri nodi avendol sciolto prima, 15.60.2 ch' era tornato uman più che donzella. 15.60.3 Di trarlo seco e di mostrarlo stima 15.60.4 per ville, per cittadi e per castella. 15.60.5 Vuol la rete anco aver, di che né lima 15.60.6 né martel fece mai cosa più bella: 15.60.7 ne fa somier colui ch' alla catena 15.60.8 con pompa trionfal dietro si mena. 15.61.1 L' elmo e lo scudo anche a portar gli diede, 15.61.2 come a valletto, e seguitò il camino, 15.61.3 di gaudio empiendo, ovunque metta il piede, 15.61.4 ch' ir possa ormai sicuro il peregrino. 15.61.5 Astolfo se ne va tanto, che vede 15.61.6 ch' ai sepolcri di Memfi è già vicino, 15.61.7 Memfi per le piramidi famoso: 15.61.8 vede all' incontro il Cairo populoso. 15.62.1 Tutto il popul correndo si traea 15.62.2 per vedere il gigante smisurato. 15.62.3 -- Come è possibil (l' un l' altro dicea) 15.62.4 che quel piccolo il grande abbia legato? -- 15.62.5 Astolfo a pena inanzi andar potea, 15.62.6 tanto la calca il preme da ogni lato; 15.62.7 e come cavallier d' alto valore 15.62.8 ognun l' ammira, e gli fa grande onore. 15.63.1 Non era grande il Cairo così allora, 15.63.2 come se ne ragiona a nostra etade: 15.63.3 che 'l populo capir, che vi dimora, 15.63.4 non puon diciotto mila gran contrade; 15.63.5 e che le case hanno tre palchi, e ancora 15.63.6 ne dormono infiniti in su le strade; 15.63.7 e che 'l soldano v' abita un castello 15.63.8 mirabil di grandezza, e ricco e bello; 15.64.1 e che quindici mila suoi vasalli, 15.64.2 che son cristiani rinegati tutti, 15.64.3 con mogli, con famiglie e con cavalli 15.64.4 ha sotto un tetto sol quivi ridutti. 15.64.5 Astolfo veder vuole ove s' avalli, 15.64.6 e quanto il Nilo entri nei salsi flutti 15.64.7 a Damïata; ch' avea quivi inteso, 15.64.8 qualunque passa restar morto o preso. 15.65.1 Però ch' in ripa al Nilo in su la foce 15.65.2 si ripara un ladron dentro una torre, 15.65.3 ch' a paesani e a peregrini nuoce, 15.65.4 e fin al Cairo, ognun rubando, scorre. 15.65.5 Non gli può alcun resistere; et ha voce 15.65.6 che l' uom gli cerca invan la vita tôrre: 15.65.7 cento mila ferite egli ha già avuto, 15.65.8 né ucciderlo però mai s' è potuto. 15.66.1 Per veder se può far rompere il filo 15.66.2 alla Parca di lui, sì che non viva, 15.66.3 Astolfo viene a ritrovare Orrilo 15.66.4 (così avea nome), e a Damïata arriva; 15.66.5 et indi passa ove entra in mare il Nilo, 15.66.6 e vede la gran torre in su la riva, 15.66.7 dove s' alberga l' anima incantata 15.66.8 che d' un folletto nacque e d' una fata. 15.67.1 Quivi ritruova che crudel battaglia 15.67.2 era tra Orrilo e dui guerrieri accesa. 15.67.3 Orrilo è solo; e sì que' dui travaglia, 15.67.4 ch' a gran fatica gli puon far difesa: 15.67.5 e quanto in arme l' uno e l' altro vaglia, 15.67.6 a tutto il mondo la fama palesa. 15.67.7 Questi erano i dui figli d' Oliviero, 15.67.8 Grifone il bianco et Aquilante il nero. 15.68.1 Gli è ver che 'l negromante venuto era 15.68.2 alla battaglia con vantaggio grande; 15.68.3 che seco tratto in campo avea una fera, 15.68.4 la qual si truova solo in quelle bande: 15.68.5 vive sul lito e dentro alla rivera; 15.68.6 e i corpi umani son le sue vivande, 15.68.7 de le persone misere et incaute 15.68.8 de vïandanti e d' infelici naute. 15.69.1 La bestia ne l' arena appresso al porto 15.69.2 per man dei duo fratei morta giacea; 15.69.3 e per questo ad Orril non si fa torto, 15.69.4 s' a un tempo l' uno e l' altro gli nocea. 15.69.5 Più volte l' han smembrato, e non mai morto, 15.69.6 né, per smembrarlo, uccider si potea; 15.69.7 che se tagliato o mano o gamba gli era, 15.69.8 la rapiccava, che parea di cera. 15.70.1 Or fin a' denti il capo gli divide 15.70.2 Grifone, or Aquilante fin al petto. 15.70.3 Egli dei colpi lor sempre si ride: 15.70.4 s' adiran essi, che non hanno effetto. 15.70.5 Chi mai d' alto cader l' argento vide, 15.70.6 che gli alchimisti hanno mercurio detto, 15.70.7 e spargere e raccor tutti i suo' membri, 15.70.8 sentendo di costui, se ne rimembri. 15.71.1 Se gli spiccano il capo, Orrilo scende, 15.71.2 né cessa brancolar fin che lo truovi; 15.71.3 et or pel crine et or pel naso il prende, 15.71.4 lo salda al collo, e non so con che chiovi. 15.71.5 Piglial talor Grifone, e 'l braccio stende, 15.71.6 nel fiume il getta, e non par ch' anco giovi; 15.71.7 che nuota Orrilo al fondo come un pesce, 15.71.8 e col suo capo salvo alla ripa esce. 15.72.1 Due belle donne onestamente ornate, 15.72.2 l' una vestita a bianco e l' altra a nero, 15.72.3 che de la pugna causa erano state, 15.72.4 stavano a riguardar l' assalto fiero. 15.72.5 Queste eran quelle due benigne fate 15.72.6 ch' avean notriti i figli d' Oliviero, 15.72.7 poi che li trasson teneri citelli 15.72.8 dai curvi artigli di duo grandi augelli, 15.73.1 che rapiti gli avevano a Gismonda, 15.73.2 e portati lontan dal suo paese. 15.73.3 Ma non bisogna in ciò ch' io mi diffonda, 15.73.4 ch' a tutto il mondo è l' istoria palese; 15.73.5 ben che l' autor nel padre si confonda, 15.73.6 ch' un per un altro (io non so come) prese. 15.73.7 Or la battaglia i duo gioveni fanno, 15.73.8 che le due donne ambi pregati n' hanno. 15.74.1 Era in quel clima già sparito il giorno, 15.74.2 all' isole ancor alto di Fortuna; 15.74.3 l' ombre avean tolto ogni vedere a torno 15.74.4 sotto l' incerta e mal compresa luna; 15.74.5 quando alla ròcca Orril fece ritorno, 15.74.6 poi ch' alla bianca e alla sorella bruna 15.74.7 piacque di differir l' aspra battaglia 15.74.8 fin che 'l sol nuovo all' orizzonte saglia. 15.75.1 Astolfo, che Grifone et Aquilante, 15.75.2 et all' insegne e più al ferir gagliardo, 15.75.3 riconosciuto avea gran pezzo inante, 15.75.4 lor non fu altiero a salutar né tardo. 15.75.5 Essi vedendo che quel che 'l gigante 15.75.6 traea legato, era il baron dal pardo 15.75.7 (che così in corte era quel duca detto), 15.75.8 raccolser lui con non minore affetto. 15.76.1 Le donne a riposare i cavallieri 15.76.2 menaro a un lor palagio indi vicino. 15.76.3 Donzelle incontra vennero e scudieri 15.76.4 con torchi accesi, a mezzo del camino. 15.76.5 Diero a chi n' ebbe cura, i lor destrieri, 15.76.6 trassonsi l' arme; e dentro un bel giardino 15.76.7 trovâr ch' apparechiata era la cena 15.76.8 ad una fonte limpida et amena. 15.77.1 Fan legare il gigante alla verdura 15.77.2 con un' altra catena molto grossa 15.77.3 ad una quercia di molt' anni dura, 15.77.4 che non si romperà per una scossa; 15.77.5 e da dieci sergenti averne cura, 15.77.6 che la notte discior non se ne possa, 15.77.7 et assalirli, e forse far lor danno, 15.77.8 mentre sicuri e senza guardia stanno. 15.78.1 All' abondante e sontuosa mensa, 15.78.2 dove il manco piacer fur le vivande, 15.78.3 del ragionar gran parte si dispensa 15.78.4 sopra d' Orrilo e del miracol grande, 15.78.5 che quasi par un sogno a chi vi pensa, 15.78.6 ch' or capo or braccio a terra se gli mande, 15.78.7 et egli lo raccolga e lo raggiugna, 15.78.8 e più feroce ognor torni alla pugna. 15.79.1 Astolfo nel suo libro avea già letto 15.79.2 (quel ch' agl' incanti riparare insegna) 15.79.3 ch' ad Orril non trarrà l' alma del petto 15.79.4 fin ch' un crine fatal nel capo tegna; 15.79.5 ma, se lo svelle o tronca, fia constretto 15.79.6 che suo mal grado fuor l' alma ne vegna. 15.79.7 Questo ne dice il libro; ma non come 15.79.8 conosca il crine in così folte chiome. 15.80.1 Non men de la vittoria si godea, 15.80.2 che se n' avesse Astolfo già la palma; 15.80.3 come chi speme in pochi colpi avea 15.80.4 svellere il crine al negromante e l' alma. 15.80.5 Però di quella impresa promettea 15.80.6 tor sugli omeri suoi tutta la salma: 15.80.7 Orril farà morir, quando non spiaccia 15.80.8 ai duo fratei, ch' egli la pugna faccia. 15.81.1 Ma quei gli dànno volentier l' impresa, 15.81.2 certi che debbia affaticarsi invano. 15.81.3 Era già l' altra aurora in cielo ascesa, 15.81.4 quando calò dai muri Orrilo al piano. 15.81.5 Tra il duca e lui fu la battaglia accesa: 15.81.6 la mazza l' un, l' altro ha la spada in mano. 15.81.7 Di mille attende Astolfo un colpo trarne, 15.81.8 che lo spirto gli sciolga da la carne. 15.82.1 Or cader gli fa il pugno con la mazza, 15.82.2 or l' uno or l' altro braccio con la mano; 15.82.3 quando taglia a traverso la corazza, 15.82.4 e quando il va troncando a brano a brano: 15.82.5 ma ricogliendo sempre de la piazza 15.82.6 va le sue membra Orrilo, e si fa sano. 15.82.7 S' in cento pezzi ben l' avesse fatto, 15.82.8 redintegrarsi il vedea Astolfo a un tratto. 15.83.1 Al fin di mille colpi un gli ne colse 15.83.2 sopra le spalle ai termini del mento: 15.83.3 la testa e l' elmo dal capo gli tolse, 15.83.4 né fu d' Orrilo a dismontar più lento. 15.83.5 La sanguinosa chioma in man s' avolse, 15.83.6 e risalse a cavallo in un momento; 15.83.7 e la portò correndo incontra 'l Nilo, 15.83.8 che rïaver non la potesse Orrilo. 15.84.1 Quel sciocco, che del fatto non s' accorse, 15.84.2 per la polve cercando iva la testa: 15.84.3 ma come intese il corridor via tôrse, 15.84.4 portare il capo suo per la foresta; 15.84.5 immantinente al suo destrier ricorse, 15.84.6 sopra vi sale, e di seguir non resta. 15.84.7 Volea gridare: -- Aspetta, volta, volta! -- 15.84.8 ma gli avea il duca già la bocca tolta. 15.85.1 Pur, che non gli ha tolto anco le calcagna 15.85.2 si riconforta, e segue a tutta briglia. 15.85.3 Dietro il lascia gran spazio di campagna 15.85.4 quel Rabican che corre a maraviglia. 15.85.5 Astolfo intanto per la cuticagna 15.85.6 va da la nuca fin sopra le ciglia 15.85.7 cercando in fretta, se 'l crine fatale 15.85.8 conoscer può, ch' Orril tiene immortale. 15.86.1 Fra tanti e innumerabili capelli, 15.86.2 un più de l' altro non si stende o torce: 15.86.3 qual dunque Astolfo sceglierà di quelli, 15.86.4 che per dar morte al rio ladron raccorce? 15.86.5 -- Meglio è (disse) che tutti io tagli o svelli: -- 15.86.6 né si trovando aver rasoi né force, 15.86.7 ricorse immantinente alla sua spada, 15.86.8 che taglia sì, che si può dir che rada. 15.87.1 E tenendo quel capo per lo naso, 15.87.2 dietro e dinanzi lo dischioma tutto. 15.87.3 Trovò fra gli altri quel fatale a caso: 15.87.4 si fece il viso allor pallido e brutto, 15.87.5 travolse gli occhi, e dimostrò all' occaso, 15.87.6 per manifesti segni, esser condutto; 15.87.7 e 'l busto che seguia troncato al collo, 15.87.8 di sella cadde, e diè l' ultimo crollo. 15.88.1 Astolfo, ove le donne e i cavallieri 15.88.2 lasciato avea, tornò col capo in mano, 15.88.3 che tutti avea di morte i segni veri, 15.88.4 e mostrò il tronco ove giacea lontano. 15.88.5 Non so ben se lo vider volentieri, 15.88.6 ancor che gli mostrasser viso umano; 15.88.7 che la intercetta lor vittoria forse 15.88.8 d' invidia ai duo germani il petto morse. 15.89.1 Né che tal fin quella battaglia avesse, 15.89.2 credo più fosse alle due donne grato. 15.89.3 Queste, perché più in lungo si traesse 15.89.4 de' duo fratelli il doloroso fato 15.89.5 ch' in Francia par ch' in breve esser dovesse, 15.89.6 con loro Orrilo avean quivi azzuffato, 15.89.7 con speme di tenerli tanto a bada, 15.89.8 che la trista influenzia se ne vada. 15.90.1 Tosto che 'l castellan di Damïata 15.90.2 certificossi ch' era morto Orrilo, 15.90.3 la columba lasciò, ch' avea legata 15.90.4 sotto l' ala la lettera col filo. 15.90.5 Quella andò al Cairo; et indi fu lasciata 15.90.6 un' altra altrove, come quivi è stilo: 15.90.7 sì che in pochissime ore andò l' aviso 15.90.8 per tutto Egitto, ch' era Orrilo ucciso. 15.91.1 Il duca, come al fin trasse l' impresa, 15.91.2 confortò molto i nobili garzoni, 15.91.3 ben che da sé v' avean la voglia intesa, 15.91.4 né bisognavan stimuli né sproni, 15.91.5 che per difender de la santa Chiesa 15.91.6 e del romano Imperio le ragioni, 15.91.7 lasciasser le battaglie d' Orïente, 15.91.8 e cercassino onor ne la lor gente. 15.92.1 Così Grifone et Aquilante tolse 15.92.2 ciascuno da la sua donna licenzia; 15.92.3 le quali, ancor che lor ne 'ncrebbe e dolse, 15.92.4 non vi seppon però far resistenzia. 15.92.5 Con essi Astolfo a man destra si volse; 15.92.6 che si deliberâr far riverenzia 15.92.7 ai santi luoghi ove Dio in carne visse, 15.92.8 prima che verso Francia si venisse. 15.93.1 Potuto avrian pigliar la via mancina, 15.93.2 ch' era più dilettevole e più piana, 15.93.3 e mai non si scostar da la marina; 15.93.4 ma per la destra andaro orrida e strana, 15.93.5 perché l' alta città di Palestina 15.93.6 per questa sei giornate è men lontana. 15.93.7 Acqua si truova et erba in questa via: 15.93.8 di tutti gli altri ben v' è carestia. 15.94.1 Sì che prima ch' entrassero in vïaggio, 15.94.2 ciò che lor bisognò, fecion raccorre, 15.94.3 e carcar sul gigante il carrïaggio, 15.94.4 ch' avria portato in collo anco una torre. 15.94.5 Al finir del camino aspro e selvaggio, 15.94.6 da l' alto monte alla lor vista occorre 15.94.7 la santa terra, ove il superno Amore 15.94.8 lavò col proprio sangue il nostro errore. 15.95.1 Trovano in su l' entrar de la cittade 15.95.2 un giovene gentil, lor conoscente, 15.95.3 Sansonetto da Meca, oltre l' etade, 15.95.4 ch' era nel primo fior, molto prudente; 15.95.5 d' alta cavalleria, d' alta bontade 15.95.6 famoso, e riverito fra la gente. 15.95.7 Orlando lo converse a nostra fede, 15.95.8 e di sua man battesmo anco gli diede. 15.96.1 Quivi lo trovan che disegna a fronte 15.96.2 del calife d' Egitto una fortezza; 15.96.3 e circondar vuole il Calvario monte 15.96.4 di muro di duo miglia di lunghezza. 15.96.5 Da lui raccolti fur con quella fronte 15.96.6 che può d' interno amor dar più chiarezza, 15.96.7 e dentro accompagnati, e con grande agio 15.96.8 fatti alloggiar nel suo real palagio. 15.97.1 Avea in governo egli la terra, e in vece 15.97.2 di Carlo vi reggea l' imperio giusto. 15.97.3 Il duca Astolfo a costui dono fece 15.97.4 di quel sì grande e smisurato busto, 15.97.5 ch' a portar pesi gli varrà per diece 15.97.6 bestie da soma, tanto era robusto. 15.97.7 Diegli Astolfo il gigante, e diegli appresso 15.97.8 la rete ch' in sua forza l' avea messo. 15.98.1 Sansonetto all' incontro al duca diede 15.98.2 per la spada una cinta ricca e bella; 15.98.3 e diede spron per l' uno e l' altro piede, 15.98.4 che d' oro avean la fibbia e la girella; 15.98.5 ch' esser del cavallier stati si crede, 15.98.6 che liberò dal drago la donzella: 15.98.7 al Zaffo avuti con molt' altro arnese 15.98.8 Sansonetto gli avea, quando lo prese. 15.99.1 Purgati de lor colpe a un monasterio 15.99.2 che dava di sé odor di buoni esempii, 15.99.3 de la passion di Cristo ogni misterio 15.99.4 contemplando n' andâr per tutti i tempii 15.99.5 ch' or con eterno obbrobrio e vituperio 15.99.6 agli cristiani usurpano i Mori empii. 15.99.7 L' Europa è in arme, e di far guerra agogna 15.99.8 in ogni parte, fuor ch' ove bisogna. 15.100.1 Mentre avean quivi l' animo divoto, 15.100.2 a perdonanze e a cerimonie intenti, 15.100.3 un peregrin di Grecia, a Grifon noto, 15.100.4 novelle gli arrecò gravi e pungenti, 15.100.5 dal suo primo disegno e lungo voto 15.100.6 troppo diverse e troppo differenti; 15.100.7 e quelle il petto gl' infiammaron tanto, 15.100.8 che gli scacciâr l' orazïon da canto. 15.101.1 Amava il cavallier, per sua sciagura, 15.101.2 una donna ch' avea nome Orrigille: 15.101.3 di più bel volto e di miglior statura 15.101.4 non se ne sceglierebbe una fra mille; 15.101.5 ma disleale e di sì rea natura, 15.101.6 che potresti cercar cittadi e ville, 15.101.7 la terra ferma e l' isole del mare, 15.101.8 né credo ch' una le trovassi pare. 15.102.1 Ne la città di Constantin lasciata 15.102.2 grave l' avea di febbre acuta e fiera. 15.102.3 Or quando rivederla alla tornata 15.102.4 più che mai bella, e di goderla spera, 15.102.5 ode il meschin, ch' in Antïochia andata 15.102.6 dietro un suo nuovo amante ella se n' era, 15.102.7 non le parendo ormai di più patire 15.102.8 ch' abbia in sì fresca età sola a dormire. 15.103.1 Da indi in qua ch' ebbe la trista nuova, 15.103.2 sospirava Grifon notte e dì sempre. 15.103.3 Ogni piacer ch' agli altri aggrada e giova, 15.103.4 par ch' a costui più l' animo distempre: 15.103.5 pensilo ognun, ne li cui danni pruova 15.103.6 Amor, se li suoi strali han buone tempre. 15.103.7 Et era grave sopra ogni martìre, 15.103.8 che 'l mal ch' avea si vergognava a dire. 15.104.1 Questo, perché mille fïate inante 15.104.2 già ripreso l' avea di quello amore, 15.104.3 di lui più saggio, il fratello Aquilante, 15.104.4 e cercato colei trargli del core, 15.104.5 colei ch' al suo giudicio era di quante 15.104.6 femine rie si trovin la peggiore. 15.104.7 Grifon l' escusa, se 'l fratel la danna; 15.104.8 e le più volte il parer proprio inganna. 15.105.1 Però fece pensier, senza parlarne 15.105.2 con Aquilante, girsene soletto 15.105.3 sin dentro d' Antïochia, e quindi trarne 15.105.4 colei che tratto il cor gli avea del petto; 15.105.5 trovar colui che gli l' ha tolta, e farne 15.105.6 vendetta tal, che ne sia sempre detto. 15.105.7 Dirò, come ad effetto il pensier messe, 15.105.8 nell' altro canto, e ciò che ne successe.
CANTO XVI
16.1.1 Gravi pene in amor si provan molte, 16.1.2 di che patito io n' ho la maggior parte, 16.1.3 e quelle in danno mio sì ben raccolte, 16.1.4 ch' io ne posso parlar come per arte. 16.1.5 Però s' io dico e s' ho detto altre volte, 16.1.6 e quando in voce e quando in vive carte, 16.1.7 ch' un mal sia lieve, un altro acerbo e fiero, 16.1.8 date credenza al mio giudicio vero. 16.2.1 Io dico e dissi, e dirò fin ch' io viva, 16.2.2 che chi si truova in degno laccio preso, 16.2.3 se ben di sé vede sua donna schiva, 16.2.4 se in tutto aversa al suo desire acceso; 16.2.5 se bene Amor d' ogni mercede il priva, 16.2.6 poscia che 'l tempo e la fatica ha speso; 16.2.7 pur ch' altamente abbia locato il core, 16.2.8 pianger non de', se ben languisce e muore. 16.3.1 Pianger de' quel che già sia fatto servo 16.3.2 di duo vaghi occhi e d' una bella treccia, 16.3.3 sotto cui si nasconda un cor protervo, 16.3.4 che poco puro abbia con molta feccia. 16.3.5 Vorria il miser fuggire; e come cervo 16.3.6 ferito, ovunque va, porta la freccia: 16.3.7 ha di se stesso e del suo amor vergogna, 16.3.8 né l' osa dire, e invan sanarsi agogna. 16.4.1 In questo caso è il giovene Grifone, 16.4.2 che non si può emendare, e il suo error vede, 16.4.3 vede quanto vilmente il suo cor pone 16.4.4 in Orrigille iniqua e senza fede; 16.4.5 pur dal mal uso è vinta la ragione, 16.4.6 e pur l' arbitrio all' appetito cede: 16.4.7 perfida sia quantunque, ingrata e ria, 16.4.8 sforzato è di cercar dove ella sia. 16.5.1 Dico, la bella istoria ripigliando, 16.5.2 ch' uscì de la città secretamente, 16.5.3 né parlarne s' ardì col fratel, quando 16.5.4 ripreso invan da lui ne fu sovente. 16.5.5 Verso Rama, a sinistra declinando, 16.5.6 prese la via più piana e più corrente. 16.5.7 Fu in sei giorni a Damasco di Soria; 16.5.8 indi verso Antïochia se ne gìa. 16.6.1 Scontrò presso a Damasco il cavalliero 16.6.2 a cui donato avea Orrigille il core: 16.6.3 e convenian di rei costumi in vero, 16.6.4 come ben si convien l' erba col fiore; 16.6.5 che l' uno e l' altro era di cor leggiero, 16.6.6 perfido l' uno e l' altro e traditore; 16.6.7 e copria l' uno e l' altro il suo difetto, 16.6.8 con danno altrui, sotto cortese aspetto. 16.7.1 Come io vi dico, il cavallier venìa 16.7.2 s' un gran destrier con molta pompa armato: 16.7.3 la perfida Orrigille in compagnia, 16.7.4 in un vestire azzur d' oro fregiato, 16.7.5 e duo valletti, donde si servia 16.7.6 a portar elmo e scudo, aveva allato; 16.7.7 come quel che volea con bella mostra 16.7.8 comparire in Damasco ad una giostra. 16.8.1 Una splendida festa che bandire 16.8.2 fece il re di Damasco in quelli giorni, 16.8.3 era cagion di far quivi venire 16.8.4 i cavallier quanto potean più adorni. 16.8.5 Tosto che la puttana comparire 16.8.6 vede Grifon, ne teme oltraggi e scorni: 16.8.7 sa che l' amante suo non è sì forte, 16.8.8 che contra lui l' abbia a campar da morte. 16.9.1 Ma sì come audacissima e scaltrita, 16.9.2 ancor che tutta di paura trema, 16.9.3 s' acconcia il viso, e sì la voce aita, 16.9.4 che non appar in lei segno di tema. 16.9.5 Col drudo avendo già l' astuzia ordita, 16.9.6 corre, e fingendo una letizia estrema, 16.9.7 verso Grifon l' aperte braccia tende, 16.9.8 lo stringe al collo, e gran pezzo ne pende. 16.10.1 Dopo, accordando affettuosi gesti 16.10.2 alla suavità delle parole, 16.10.3 dicea piangendo: -- Signor mio, son questi 16.10.4 debiti premii a chi t' adora e cole? 16.10.5 che sola senza te già un anno resti, 16.10.6 e va per l' altro, e ancor non te ne duole? 16.10.7 E s' io stava aspettare il tuo ritorno, 16.10.8 non so se mai veduto avrei quel giorno! 16.11.1 Quando aspettava che di Nicosia, 16.11.2 dove tu te n' andasti alla gran corte, 16.11.3 tornassi a me che con la febbre ria 16.11.4 lasciata avevi in dubbio de la morte, 16.11.5 intesi che passato eri in Soria: 16.11.6 il che a patir mi fu sì duro e forte, 16.11.7 che non sapendo come io ti seguissi, 16.11.8 quasi il cor di man propria mi traffissi. 16.12.1 Ma Fortuna di me con doppio dono 16.12.2 mostra d' aver, quel che non hai tu, cura: 16.12.3 mandommi il fratel mio, col quale io sono 16.12.4 sin qui venuta del mio onor sicura; 16.12.5 et or mi manda questo incontro buono 16.12.6 di te, ch' io stimo sopra ogni aventura: 16.12.7 e bene a tempo il fa; che più tardando, 16.12.8 morta sarei, te, signor mio, bramando. -- 16.13.1 E seguitò la donna fraudolente, 16.13.2 di cui l' opere fur più che di volpe, 16.13.3 la sua querela così astutamente, 16.13.4 che riversò in Grifon tutte le colpe. 16.13.5 Gli fa stimar colui, non che parente, 16.13.6 ma che d' un padre seco abbia ossa e polpe: 16.13.7 e con tal modo sa tesser gl' inganni, 16.13.8 che men verace par Luca e Giovanni. 16.14.1 Non pur di sua perfidia non riprende 16.14.2 Grifon la donna iniqua più che bella; 16.14.3 non pur vendetta di colui non prende, 16.14.4 che fatto s' era adultero di quella: 16.14.5 ma gli par far assai, se si difende 16.14.6 che tutto il biasmo in lui non riversi ella; 16.14.7 e come fosse suo cognato vero, 16.14.8 d' accarezzar non cessa il cavalliero. 16.15.1 E con lui se ne vien verso le porte 16.15.2 di Damasco, e da lui sente tra via, 16.15.3 che là dentro dovea splendida corte 16.15.4 tenere il ricco re de la Soria; 16.15.5 e ch' ognun quivi, di qualunque sorte, 16.15.6 o sia cristiano, o d' altra legge sia, 16.15.7 dentro e di fuori ha la città sicura 16.15.8 per tutto il tempo che la festa dura. 16.16.1 Non però son di seguitar sì intento 16.16.2 l' istoria de la perfida Orrigille, 16.16.3 ch' a' giorni suoi non pur un tradimento 16.16.4 fatto agli amanti avea, ma mille e mille; 16.16.5 ch' io non ritorni a riveder dugento 16.16.6 mila persone, o più de le scintille 16.16.7 del fuoco stuzzicato, ove alle mura 16.16.8 di Parigi facean danno e paura. 16.17.1 Io vi lasciai, come assaltato avea 16.17.2 Agramante una porta de la terra, 16.17.3 che trovar senza guardia si credea: 16.17.4 né più riparo altrove il passo serra; 16.17.5 perché in persona Carlo la tenea, 16.17.6 et avea seco i mastri de la guerra, 16.17.7 duo Guidi, duo Angelini, uno Angeliero, 16.17.8 Avino, Avolio, Otone e Berlingiero. 16.18.1 Inanzi a Carlo, inanzi al re Agramante 16.18.2 l' un stuolo e l' altro si vuol far vedere, 16.18.3 ove gran loda, ove mercé abondante 16.18.4 si può acquistar, facendo il suo dovere. 16.18.5 I Mori non però fêr pruove tante, 16.18.6 che par ristoro al danno abbiano avere; 16.18.7 perché ve ne restâr morti parecchi, 16.18.8 ch' agli altri fur di folle audacia specchi. 16.19.1 Grandine sembran le spesse saette 16.19.2 dal muro sopra gli nimici sparte. 16.19.3 Il grido insin al ciel paura mette, 16.19.4 che fa la nostra e la contraria parte. 16.19.5 Ma Carlo un poco et Agramante aspette; 16.19.6 ch' io vo' cantar de l' africano Marte, 16.19.7 Rodomonte terribile et orrendo, 16.19.8 che va per mezzo la città correndo. 16.20.1 Non so, Signor, se più vi ricordiate 16.20.2 di questo Saracin tanto sicuro, 16.20.3 che morte le sue genti avea lasciate 16.20.4 tra il secondo riparo e 'l primo muro, 16.20.5 da la rapace fiamma devorate, 16.20.6 che non fu mai spettacolo più oscuro. 16.20.7 Dissi ch' entrò d' un salto ne la terra 16.20.8 sopra la fossa che la cinge e serra. 16.21.1 Quando fu noto il Saracino atroce 16.21.2 all' arme istrane, alla scagliosa pelle, 16.21.3 là dove i vecchi e 'l popul men feroce 16.21.4 tendean l' orecchie a tutte le novelle, 16.21.5 levossi un pianto, un grido, un' alta voce, 16.21.6 con un batter di man ch' andò alle stelle; 16.21.7 e chi poté fuggir non vi rimase, 16.21.8 per serrarsi ne' templi e ne le case. 16.22.1 Ma questo a pochi il brando rio conciede, 16.22.2 ch' intorno ruota il Saracin robusto. 16.22.3 Qui fa restar con mezza gamba un piede, 16.22.4 là fa un capo sbalzar lungi dal busto; 16.22.5 l' un tagliare a traverso se gli vede, 16.22.6 dal capo all' anche un altro fender giusto: 16.22.7 e di tanti ch' uccide, fere e caccia, 16.22.8 non se gli vede alcun segnare in faccia. 16.23.1 Quel che la tigre de l' armento imbelle 16.23.2 ne' campi ircani o là vicino al Gange, 16.23.3 o 'l lupo de le capre e de l' agnelle 16.23.4 nel monte che Tifeo sotto si frange; 16.23.5 quivi il crudel pagan facea di quelle 16.23.6 non dirò squadre, non dirò falange, 16.23.7 ma vulgo e populazzo voglio dire, 16.23.8 degno, prima che nasca, di morire. 16.24.1 Non ne trova un che veder possa in fronte, 16.24.2 fra tanti che ne taglia, fora e svena. 16.24.3 Per quella strada che vien dritto al ponte 16.24.4 di San Michel, sì popolata e piena, 16.24.5 corre il fiero e terribil Rodomonte, 16.24.6 e la sanguigna spada a cerco mena: 16.24.7 non riguarda né al servo né al signore, 16.24.8 né al giusto ha più pietà ch' al peccatore. 16.25.1 Religïon non giova al sacerdote, 16.25.2 né la innocenzia al pargoletto giova: 16.25.3 per sereni occhi o per vermiglie gote 16.25.4 mercé né donna né donzella truova: 16.25.5 la vecchiezza si caccia e si percuote; 16.25.6 né quivi il Saracin fa maggior pruova 16.25.7 di gran valor, che di gran crudeltade; 16.25.8 che non discerne sesso, ordine, etade. 16.26.1 Non pur nel sangue uman l' ira si stende 16.26.2 de l' empio re, capo e signor degli empi, 16.26.3 ma contra i tetti ancor, sì che n' incende 16.26.4 le belle case e i profanati tempî. 16.26.5 Le case eran, per quel che se n' intende, 16.26.6 quasi tutte di legno in quelli tempi: 16.26.7 e ben creder si può; ch' in Parigi ora 16.26.8 de le diece le sei son così ancora. 16.27.1 Non par, quantunque il fuoco ogni cosa arda, 16.27.2 che sì grande odio ancor saziar si possa. 16.27.3 Dove s' aggrappi con le mani, guarda, 16.27.4 sì che ruini un tetto ad ogni scossa. 16.27.5 Signor, avete a creder che bombarda 16.27.6 mai non vedeste a Padova sì grossa, 16.27.7 che tanto muro possa far cadere, 16.27.8 quanto fa in una scossa il re d' Algiere. 16.28.1 Mentre quivi col ferro il maledetto 16.28.2 e con le fiamme facea tanta guerra, 16.28.3 se di fuor Agramante avesse astretto, 16.28.4 perduta era quel dì tutta la terra: 16.28.5 ma non v' ebbe agio; che gli fu interdetto 16.28.6 dal paladin che venìa d' Inghilterra 16.28.7 col populo alle spalle inglese e scotto, 16.28.8 dal Silenzio e da l' angelo condotto. 16.29.1 Dio vòlse che all' entrar che Rodomonte 16.29.2 fe' ne la terra, e tanto fuoco accese, 16.29.3 che presso ai muri il fior di Chiaramonte, 16.29.4 Rinaldo, giunse, e seco il campo inglese. 16.29.5 Tre leghe sopra avea gittato il ponte, 16.29.6 e torte vie da man sinistra prese; 16.29.7 che disegnando i barbari assalire, 16.29.8 il fiume non l' avesse ad impedire. 16.30.1 Mandato avea sei mila fanti arcieri 16.30.2 sotto l' altiera insegna d' Odoardo, 16.30.3 e duo mila cavalli, e più, leggieri 16.30.4 dietro alla guida d' Ariman gagliardo; 16.30.5 e mandati gli avea per li sentieri 16.30.6 che vanno e vengon dritto al mar picardo, 16.30.7 ch' a porta San Martino e San Dionigi 16.30.8 entrassero a soccorso di Parigi. 16.31.1 I carïaggi e gli altri impedimenti 16.31.2 con lor fece drizzar per questa strada. 16.31.3 Egli con tutto il resto de le genti 16.31.4 più sopra andò girando la contrada. 16.31.5 Seco avean navi e ponti et argumenti 16.31.6 da passar Senna che non ben si guada. 16.31.7 Passato ognuno, e dietro i ponti rotti, 16.31.8 ne le lor schiere ordinò Inglesi e Scotti. 16.32.1 Ma prima quei baroni e capitani 16.32.2 Rinaldo intorno avendosi ridutti, 16.32.3 sopra la riva ch' alta era dai piani 16.32.4 sì, che poteano udirlo e veder tutti, 16.32.5 disse: -- Signor, ben a levar le mani 16.32.6 avete a Dio, che qui v' abbia condutti, 16.32.7 acciò, dopo un brevissimo sudore, 16.32.8 sopra ogni nazïon vi doni onore. 16.33.1 Per voi saran dui principi salvati, 16.33.2 se levate l' assedio a quelle porte: 16.33.3 il vostro re, che voi sète ubligati 16.33.4 da servitù difendere e da morte; 16.33.5 et uno imperator de' più lodati 16.33.6 che mai tenuto al mondo abbiano corte; 16.33.7 e con loro altri re, duci e marchesi, 16.33.8 signori e cavallier di più paesi. 16.34.1 Sì che, salvando una città, non soli 16.34.2 Parigini ubligati vi saranno, 16.34.3 che molto più che per li proprii duoli, 16.34.4 timidi, afflitti e sbigottiti stanno 16.34.5 per le lor mogli e per li lor figliuoli 16.34.6 ch' a un medesmo pericolo seco hanno, 16.34.7 e per le sante vergini richiuse, 16.34.8 ch' oggi non sien dei voti lor deluse: 16.35.1 dico, salvando voi questa cittade, 16.35.2 v' ubligate non solo i Parigini, 16.35.3 ma d' ogn' intorno tutte le contrade. 16.35.4 Non parlo sol dei populi vicini; 16.35.5 ma non è terra per Cristianitade, 16.35.6 che non abbia qua dentro cittadini: 16.35.7 sì che, vincendo, avete da tenere 16.35.8 che più che Francia v' abbia obligo avere. 16.36.1 Se donavan gli antiqui una corona 16.36.2 a chi salvasse a un cittadin la vita, 16.36.3 or che degna mercede a voi si dona, 16.36.4 salvando multitudine infinita? 16.36.5 Ma se da invidia o da viltà sì buona 16.36.6 e sì santa opra rimarrà impedita, 16.36.7 credetemi che prese quelle mura, 16.36.8 né Italia né Lamagna anco è sicura; 16.37.1 né qualunque altra parte ove s' adori 16.37.2 quel che vòlse per noi pender sul legno. 16.37.3 Né voi crediate aver lontani i Mori, 16.37.4 né che pel mar sia forte il vostro regno: 16.37.5 che s' altre volte quelli, uscendo fuori 16.37.6 di Zibeltaro e de l' Erculeo segno, 16.37.7 riportâr prede da l' isole vostre, 16.37.8 che faranno or, s' avran le terre nostre? 16.38.1 Ma quando ancor nessuno onor, nessuno 16.38.2 util v' inanimasse a questa impresa, 16.38.3 commun debito è ben soccorrer l' uno 16.38.4 l' altro, che militiàn sotto una Chiesa. 16.38.5 Ch' io non vi dia rotti i nemici, alcuno 16.38.6 non sia chi tema, e con poca contesa; 16.38.7 che gente male esperta tutta parmi, 16.38.8 senza possanza, senza cor, senz' armi. -- 16.39.1 Poté con queste e con miglior ragioni, 16.39.2 con parlare espedito e chiara voce 16.39.3 eccitar quei magnanimi baroni 16.39.4 Rinaldo, e quello esercito feroce: 16.39.5 e fu, com' è in proverbio, aggiunger sproni 16.39.6 al buon corsier che già ne va veloce. 16.39.7 Finito il ragionar, fece le schiere 16.39.8 muover pian pian sotto le lor bandiere. 16.40.1 Senza strepito alcun, senza rumore 16.40.2 fa il tripartito esercito venire: 16.40.3 lungo il fiume a Zerbin dona l' onore 16.40.4 di dover prima i barbari assalire; 16.40.5 e fa quelli d' Irlanda con maggiore 16.40.6 volger di via più tra campagna gire; 16.40.7 e i cavallieri e i fanti d' Inghilterra 16.40.8 col duca di Lincastro in mezzo serra. 16.41.1 Drizzati che gli ha tutti al lor camino, 16.41.2 cavalca il paladin lungo la riva, 16.41.3 e passa inanzi al buon duca Zerbino 16.41.4 e a tutto il campo che con lui veniva; 16.41.5 tanto ch' al re d' Orano e al re Sobrino 16.41.6 e agli altri lor compagni soprarriva, 16.41.7 che mezzo miglio appresso a quei di Spagna 16.41.8 guardavan da quel canto la campagna. 16.42.1 L' esercito cristian che con sì fida 16.42.2 e sì sicura scorta era venuto, 16.42.3 ch' ebbe il Silenzio e l' angelo per guida, 16.42.4 non poté ormai patir più di star muto. 16.42.5 Sentiti gli nimici, alzò le grida, 16.42.6 e de le trombe udir fe' il suono arguto: 16.42.7 e con l' alto rumor ch' arrivò al cielo, 16.42.8 mandò ne l' ossa a' Saracini il gelo. 16.43.1 Rinaldo inanzi agli altri il destrier punge, 16.43.2 e con la lancia per cacciarla in resta 16.43.3 lascia gli Scotti un tratto d' arco lunge; 16.43.4 ch' ogni indugio a ferir sì lo molesta. 16.43.5 Come groppo di vento talor giunge, 16.43.6 che si tra' dietro un' orrida tempesta, 16.43.7 tal fuor di squadra il cavallier gagliardo 16.43.8 venìa spronando il corridor Baiardo. 16.44.1 Al comparir del paladin di Francia, 16.44.2 dan segno i Mori alle future angosce: 16.44.3 tremare a tutti in man vedi la lancia, 16.44.4 i piedi in staffa, e ne l' arcion le cosce. 16.44.5 Re Pulïano sol non muta guancia, 16.44.6 che questo esser Rinaldo non conosce; 16.44.7 né pensando trovar sì duro intoppo, 16.44.8 gli muove il destrier contra di galoppo: 16.45.1 e su la lancia nel partir si stringe, 16.45.2 e tutta in sé raccoglie la persona; 16.45.3 poi con ambo gli sproni il destrier spinge, 16.45.4 e le redine inanzi gli abandona. 16.45.5 Da l' altra parte il suo valor non finge, 16.45.6 e mostra in fatti quel ch' in nome suona, 16.45.7 quanto abbia nel giostrare e grazia et arte, 16.45.8 il figliuolo d' Amone, anzi di Marte. 16.46.1 Furo al segnar degli aspri colpi, pari; 16.46.2 che si posero i ferri ambi alla testa: 16.46.3 ma furo in arme et in virtù dispàri; 16.46.4 che l' un via passa, e l' altro morto resta. 16.46.5 Bisognan di valor segni più chiari, 16.46.6 che por con leggiadria la lancia in resta: 16.46.7 ma fortuna anco più bisogna assai; 16.46.8 che senza, val virtù raro o non mai. 16.47.1 La buona lancia il paladin racquista, 16.47.2 e verso il re d' Oran ratto si spicca, 16.47.3 che la persona avea povera e trista 16.47.4 di cor, ma d' ossa e di gran polpe ricca. 16.47.5 Questo por tra bei colpi si può in lista, 16.47.6 ben ch' in fondo allo scudo gli l' appicca: 16.47.7 e chi non vuol lodarlo, abbialo escuso, 16.47.8 perché non si potea giunger più in suso. 16.48.1 Non lo ritien lo scudo, che non entre, 16.48.2 ben che fuor sia d' acciar, dentro di palma; 16.48.3 e che da quel gran corpo uscir pel ventre 16.48.4 non faccia l' inequale e piccola alma. 16.48.5 Il destrier che portar si credea, mentre 16.48.6 durasse il lungo dì, sì grave salma, 16.48.7 riferì in mente sua grazie a Rinaldo, 16.48.8 ch' a quello incontro gli schivò un gran caldo. 16.49.1 Rotta l' asta, Rinaldo il destrier volta 16.49.2 tanto leggier, che fa sembrar ch' abbia ale; 16.49.3 e dove la più stretta e maggior folta 16.49.4 stiparsi vede, impetuoso assale. 16.49.5 Mena Fusberta sanguinosa in volta, 16.49.6 che fa l' arme parer di vetro frale: 16.49.7 tempra di ferro il suo tagliar non schiva, 16.49.8 che non vada a trovar la carne viva. 16.50.1 Ritrovar poche tempre e pochi ferri 16.50.2 può la tagliente spada, ove s' incappi; 16.50.3 ma targhe, altre di cuoio, altre di cerri, 16.50.4 giupe trapunte e attorcigliati drappi. 16.50.5 Giusto è ben dunque che Rinaldo atterri 16.50.6 qualunque assale, e fori e squarci e affrappi; 16.50.7 che non più si difende da sua spada, 16.50.8 ch' erba da falce, o da tempesta biada. 16.51.1 La prima schiera era già messa in rotta, 16.51.2 quando Zerbin con l' antiguardia arriva. 16.51.3 Il cavallier inanzi alla gran frotta 16.51.4 con la lancia arrestata ne veniva. 16.51.5 La gente sotto il suo pennon condotta, 16.51.6 con non minor fierezza lo seguiva: 16.51.7 tanti lupi parean, tanti leoni 16.51.8 ch' andassero assalir capre o montoni. 16.52.1 Spinse a un tempo ciascuno il suo cavallo, 16.52.2 poi che fur presso; e sparì immantinente 16.52.3 quel breve spazio, quel poco intervallo 16.52.4 che si vedea fra l' una e l' altra gente. 16.52.5 Non fu sentito mai più strano ballo; 16.52.6 che ferian gli Scozzesi solamente: 16.52.7 solamente i pagani eran distrutti, 16.52.8 come sol per morir fosser condutti. 16.53.1 Parve più freddo ogni pagan che ghiaccio; 16.53.2 parve ogni Scotto più che fiamma caldo. 16.53.3 I Mori si credean ch' avere il braccio 16.53.4 dovesse ogni cristian, ch' ebbe Rinaldo. 16.53.5 Mosse Sobrino i suoi schierati avaccio, 16.53.6 senza aspettar che lo 'nvitasse araldo: 16.53.7 de l' altra squadra questa era migliore 16.53.8 di capitano, d' arme e di valore. 16.54.1 D' Africa v' era la men trista gente; 16.54.2 ben che né questa ancor gran prezzo vaglia. 16.54.3 Dardinel la sua mosse incontinente, 16.54.4 e male armata, e peggio usa in battaglia; 16.54.5 ben ch' egli in capo avea l' elmo lucente, 16.54.6 e tutto era coperto a piastra e a maglia. 16.54.7 Io credo che la quarta miglior sia, 16.54.8 con la qual Isolier dietro venìa. 16.55.1 Trasone intanto, il buon duca di Marra, 16.55.2 che ritrovarsi all' alta impresa gode, 16.55.3 ai cavallieri suoi leva la sbarra, 16.55.4 e seco invita alle famose lode, 16.55.5 poi ch' Isolier con quelli di Navarra 16.55.6 entrar ne la battaglia vede et ode. 16.55.7 Poi mosse Arïodante la sua schiera, 16.55.8 che nuovo duca d' Albania fatt' era. 16.56.1 L' alto rumor de le sonore trombe, 16.56.2 de' timpani e de' barbari stromenti, 16.56.3 giunti al continuo suon d' archi, di frombe, 16.56.4 di machine, di ruote e di tormenti; 16.56.5 e quel di che più par che 'l ciel ribombe, 16.56.6 gridi, tumulti, gemiti e lamenti; 16.56.7 rendeno un alto suon ch' a quel s' accorda, 16.56.8 con che i vicin, cadendo, il Nilo assorda. 16.57.1 Grande ombra d' ogn' intorno il cielo involve, 16.57.2 nata dal saettar de li duo campi; 16.57.3 l' alito, il fumo del sudor, la polve 16.57.4 par che ne l' aria oscura nebbia stampi. 16.57.5 Or qua l' un campo, or l' altro là si volve: 16.57.6 vedresti or come un segua, or come scampi; 16.57.7 et ivi alcuno, o non troppo diviso, 16.57.8 rimaner morto ove ha il nimico ucciso. 16.58.1 Dove una squadra per stanchezza è mossa, 16.58.2 un' altra si fa tosto andare inanti. 16.58.3 Di qua di là la gente d' arme ingrossa: 16.58.4 là cavallieri, e qua si metton fanti. 16.58.5 La terra che sostien l' assalto, è rossa: 16.58.6 mutato ha il verde ne' sanguigni manti; 16.58.7 e dov' erano i fiori azzurri e gialli, 16.58.8 giaceno uccisi or gli uomini e i cavalli. 16.59.1 Zerbin facea le più mirabil pruove 16.59.2 che mai facesse di sua età garzone: 16.59.3 l' esercito pagan che 'ntorno piove, 16.59.4 taglia et uccide e mena a destruzione. 16.59.5 Arïodante alle sue genti nuove 16.59.6 mostra di sua virtù gran paragone; 16.59.7 e dà di sé timore e meraviglia 16.59.8 a quelli di Navarra e di Castiglia. 16.60.1 Chelindo e Mosco, i duo figli bastardi 16.60.2 del morto Calabrun re d' Aragona, 16.60.3 et un che reputato fra' gagliardi 16.60.4 era, Calamidor da Barcelona, 16.60.5 s' avean lasciato a dietro gli stendardi; 16.60.6 e credendo acquistar gloria e corona 16.60.7 per uccider Zerbin, gli furo adosso; 16.60.8 e ne' fianchi il destrier gli hanno percosso. 16.61.1 Passato da tre lance il destrier morto 16.61.2 cade; ma il buon Zerbin subito è in piede; 16.61.3 ch' a quei ch' al suo cavallo han fatto torto, 16.61.4 per vendicarlo va dove gli vede: 16.61.5 e prima a Mosco, al giovene inaccorto, 16.61.6 che gli sta sopra, e di pigliar sel crede, 16.61.7 mena di punta, e lo passa nel fianco, 16.61.8 e fuor di sella il caccia freddo e bianco. 16.62.1 Poi che si vide tor, come di furto, 16.62.2 Chelindo il fratel suo, di furor pieno 16.62.3 venne a Zerbino, e pensò dargli d' urto; 16.62.4 ma gli prese egli il corridor pel freno: 16.62.5 trasselo in terra, onde non è mai surto, 16.62.6 e non mangiò mai più biada né fieno; 16.62.7 che Zerbin sì gran forza a un colpo mise, 16.62.8 che lui col suo signor d' un taglio uccise. 16.63.1 Come Calamidor quel colpo mira, 16.63.2 volta la briglia per levarsi in fretta; 16.63.3 ma Zerbin dietro un gran fendente tira, 16.63.4 dicendo: -- Traditore, aspetta! aspetta! -- 16.63.5 Non va la botta ove n' andò la mira, 16.63.6 non che però lontana vi si metta; 16.63.7 lui non poté arrivar, ma il destrier prese 16.63.8 sopra la groppa, e in terra lo distese. 16.64.1 Colui lascia il cavallo, e via carpone 16.64.2 va per campar, ma poco gli successe; 16.64.3 che venne caso che 'l duca Trasone 16.64.4 gli passò sopra, e col peso l' oppresse. 16.64.5 Arïodante e Lurcanio si pone 16.64.6 dove Zerbino è fra le genti spesse; 16.64.7 e seco hanno altri e cavallieri e conti, 16.64.8 che fanno ogn' opra che Zerbin rimonti. 16.65.1 Menava Arïodante il brando in giro, 16.65.2 e ben lo seppe Artalico e Margano; 16.65.3 ma molto più Etearco e Casimiro 16.65.4 la possanza sentîr di quella mano: 16.65.5 i primi duo feriti se ne giro, 16.65.6 rimaser gli altri duo morti sul piano. 16.65.7 Lurcanio fa veder quanto sia forte; 16.65.8 che fere, urta, riversa e mette a morte. 16.66.1 Non crediate, Signor, che fra campagna 16.66.2 pugna minor che presso al fiume sia, 16.66.3 né ch' a dietro l' esercito rimagna, 16.66.4 che di Lincastro il buon duca seguia. 16.66.5 Le bandiere assalì questo di Spagna, 16.66.6 e molto ben di par la cosa gìa; 16.66.7 che fanti, cavallieri e capitani 16.66.8 di qua e di là sapean menar le mani. 16.67.1 Dinanzi vien Oldrado e Fieramonte, 16.67.2 un duca di Glocestra, un d' Eborace; 16.67.3 con lor Ricardo, di Varvecia conte, 16.67.4 e di Chiarenza il duca, Enrigo audace. 16.67.5 Han Matalista e Follicone a fronte, 16.67.6 e Baricondo et ogni lor seguace. 16.67.7 Tiene il primo Almeria, tiene il secondo 16.67.8 Granata, tien Maiorca Baricondo. 16.68.1 La fiera pugna un pezzo andò di pare; 16.68.2 che vi si discernea poco vantaggio. 16.68.3 Vedeasi or l' uno or l' altro ire e tornare, 16.68.4 come le biade al ventolin di maggio, 16.68.5 o come sopra 'l lito un mobil mare 16.68.6 or viene or va, né mai tiene un vïaggio. 16.68.7 Poi che Fortuna ebbe scherzato un pezzo, 16.68.8 dannosa ai Mori ritornò da sezzo. 16.69.1 Tutto in un tempo il duca di Glocestra 16.69.2 a Matalista fa votar l' arcione; 16.69.3 ferito a un tempo ne la spalla destra 16.69.4 Fieramonte riversa Follicone: 16.69.5 e l' un pagano e l' altro si sequestra, 16.69.6 e tra gl' Inglesi se ne va prigione. 16.69.7 E Baricondo a un tempo riman senza 16.69.8 vita per man del duca di Chiarenza. 16.70.1 Indi i pagani tanto a spaventarsi, 16.70.2 indi i fedeli a pigliar tanto ardire, 16.70.3 che quei non facean altro che ritrarsi 16.70.4 e partirsi da l' ordine e fuggire, 16.70.5 e questi andar inanzi et avanzarsi 16.70.6 sempre terreno, e spingere e seguire: 16.70.7 e se non vi giungea chi lor diè aiuto, 16.70.8 il campo da quel lato era perduto. 16.71.1 Ma Ferraù, che sin qui mai non s' era 16.71.2 dal re Marsilio suo troppo disgiunto, 16.71.3 quando vide fuggir quella bandiera, 16.71.4 e l' esercito suo mezzo consunto, 16.71.5 spronò il cavallo, e dove ardea più fiera 16.71.6 la battaglia, lo spinse; e arrivò a punto 16.71.7 che vide dal destrier cadere in terra 16.71.8 col capo fesso Olimpo da la Serra; 16.72.1 un giovinetto che col dolce canto, 16.72.2 concorde al suon de la cornuta cetra, 16.72.3 d' intenerire un cor si dava vanto, 16.72.4 ancor che fosse più duro che pietra. 16.72.5 Felice lui, se contentar di tanto 16.72.6 onor sapeasi, e scudo, arco e faretra 16.72.7 aver in odio, e scimitarra e lancia, 16.72.8 che lo fecer morir giovine in Francia! 16.73.1 Quando lo vide Ferraù cadere, 16.73.2 che solea amarlo e avere in molta estima, 16.73.3 si sente di lui sol via più dolere, 16.73.4 che di mill' altri che periron prima: 16.73.5 e sopra chi l' uccise in modo fere, 16.73.6 che gli divide l' elmo da la cima 16.73.7 per la fronte, per gli occhi e per la faccia, 16.73.8 per mezzo il petto, e morto a terra il caccia. 16.74.1 Né qui s' indugia; e il brando intorno ruota, 16.74.2 ch' ogni elmo rompe, ogni lorica smaglia; 16.74.3 a chi segna la fronte, a chi la gota, 16.74.4 ad altri il capo, ad altri il braccio taglia; 16.74.5 or questo or quel di sangue e d' alma vòta: 16.74.6 e ferma da quel canto la battaglia, 16.74.7 onde la spaventata ignobil frotta 16.74.8 senza ordine fuggia spezzata e rotta. 16.75.1 Entrò ne la battaglia il re Agramante, 16.75.2 d' uccider gente e di far pruove vago; 16.75.3 e seco ha Baliverzo, Farurante, 16.75.4 Prusïon, Soridano e Bambirago. 16.75.5 Poi son le genti senza nome tante, 16.75.6 che del lor sangue oggi faranno un lago, 16.75.7 che meglio conterei ciascuna foglia, 16.75.8 quando l' autunno gli arbori ne spoglia. 16.76.1 Agramante dal muro una gran banda 16.76.2 di fanti avendo e di cavalli tolta, 16.76.3 col re di Feza subito li manda, 16.76.4 che dietro ai padiglion piglin la volta, 16.76.5 e vadano ad opporsi a quei d' Irlanda, 16.76.6 le cui squadre vedea con fretta molta, 16.76.7 dopo gran giri e larghi avolgimenti, 16.76.8 venir per occupar gli alloggiamenti. 16.77.1 Fu 'l re di Feza ad esequir ben presto; 16.77.2 ch' ogni tardar troppo nociuto avria. 16.77.3 Raguna intanto il re Agramante il resto; 16.77.4 parte le squadre, e alla battaglia invia. 16.77.5 Egli va al fiume; che gli par ch' in questo 16.77.6 luogo del suo venir bisogno sia; 16.77.7 e da quel canto un messo era venuto 16.77.8 del re Sobrino a domandare aiuto. 16.78.1 Menava in una squadra più di mezzo 16.78.2 il campo dietro; e sol del gran rumore 16.78.3 tremâr gli Scotti, e tanto fu il ribrezzo, 16.78.4 ch' abbandonavan l' ordine e l' onore. 16.78.5 Zerbin, Lurcanio e Arïodante in mezzo 16.78.6 vi restâr soli incontra a quel furore; 16.78.7 e Zerbin, ch' era a piè, vi peria forse, 16.78.8 ma 'l buon Rinaldo a tempo se n' accorse. 16.79.1 Altrove intanto il paladin s' avea 16.79.2 fatto inanzi fuggir cento bandiere. 16.79.3 Or che l' orecchie la novella rea 16.79.4 del gran periglio di Zerbin gli fere, 16.79.5 ch' a piedi fra la gente cirenea 16.79.6 lasciato solo aveano le sue schiere, 16.79.7 volta il cavallo, e dove il campo scotto 16.79.8 vede fuggir, prende la via di botto. 16.80.1 Dove gli Scotti ritornar fuggendo 16.80.2 vede, s' appara, e grida: -- Or dove andate? 16.80.3 perché tanta viltade in voi comprendo, 16.80.4 che a sì vil gente il campo abbandonate? 16.80.5 Ecco le spoglie, de le quali intendo 16.80.6 ch' esser dovean le vostre chiese ornate. 16.80.7 Oh che laude, oh che gloria, che 'l figliuolo 16.80.8 del vostro re si lasci a piedi e solo! -- 16.81.1 D' un suo scudier una grossa asta afferra, 16.81.2 e vede Prusïon poco lontano, 16.81.3 re d' Alvaracchie, e adosso se gli serra, 16.81.4 e de l' arcion lo porta morto al piano. 16.81.5 Morto Agricalte e Bambirago atterra: 16.81.6 dopo fere aspramente Soridano; 16.81.7 e come gli altri l' avria messo a morte, 16.81.8 se nel ferir la lancia era più forte. 16.82.1 Stringe Fusberta, poi che l' asta è rotta, 16.82.2 e tocca Serpentin, quel da la Stella. 16.82.3 Fatate l' arme avea, ma quella botta 16.82.4 pur tramortito il manda fuor di sella. 16.82.5 E così al duca de la gente scotta 16.82.6 fa piazza intorno spazïosa e bella; 16.82.7 sì che senza contesa un destrier puote 16.82.8 salir di quei che vanno a selle vòte. 16.83.1 E ben si ritrovò salito a tempo, 16.83.2 che forse nol facea, se più tardava; 16.83.3 perché Agramante e Dardinello a un tempo, 16.83.4 Sobrin col re Balastro v' arrivava. 16.83.5 Ma egli, che montato era per tempo, 16.83.6 di qua e di là col brando s' aggirava, 16.83.7 mandando or questo or quel giù ne l' inferno 16.83.8 a dar notizia del viver moderno. 16.84.1 Il buon Rinaldo, il quale a porre in terra 16.84.2 i più dannosi avea sempre riguardo, 16.84.3 la spada contra il re Agramante afferra, 16.84.4 che troppo gli parea fiero e gagliardo 16.84.5 (facea egli sol più che mille altri guerra); 16.84.6 e se gli spinse adosso con Baiardo: 16.84.7 lo fere a un tempo et urta di traverso, 16.84.8 sì che lui col destrier manda riverso. 16.85.1 Mentre di fuor con sì crudel battaglia, 16.85.2 odio, rabbia, furor l' un l' altro offende, 16.85.3 Rodomonte in Parigi il popul taglia, 16.85.4 le belle case e i sacri templi accende. 16.85.5 Carlo, ch' in altra parte si travaglia, 16.85.6 questo non vede, e nulla ancor ne 'ntende: 16.85.7 Odoardo raccoglie et Arimanno 16.85.8 ne la città, col lor popul britanno. 16.86.1 A-llui venne un scudier pallido in volto, 16.86.2 che potea a pena trar del petto il fiato. 16.86.3 -- Ahimè! signor, ahimè! -- replica molto, 16.86.4 prima ch' abbia a dir altro incominciato: 16.86.5 -- Oggi il romano Imperio, oggi è sepolto; 16.86.6 oggi ha il suo popul Cristo abandonato: 16.86.7 il demonio dal cielo è piovuto oggi, 16.86.8 perché in questa città più non s' alloggi. 16.87.1 Satanasso (perch' altri esser non puote) 16.87.2 strugge e ruina la città infelice. 16.87.3 Volgiti e mira le fumose ruote 16.87.4 de la rovente fiamma predatrice; 16.87.5 ascolta il pianto che nel ciel percuote; 16.87.6 e faccian fede a quel che 'l servo dice. 16.87.7 Un solo è quel ch' a ferro e a fuoco strugge 16.87.8 la bella terra, e inanzi ognun gli fugge. -- 16.88.1 Quale è colui che prima oda il tumulto, 16.88.2 e de le sacre squille il batter spesso, 16.88.3 che vegga il fuoco a nessun altro occulto, 16.88.4 ch' a sé, che più gli tocca, e gli è più presso; 16.88.5 tal è il re Carlo, udendo il nuovo insulto, 16.88.6 e conoscendol poi con l' occhio istesso: 16.88.7 onde lo sforzo di sua miglior gente 16.88.8 al grido drizza e al gran rumor che sente. 16.89.1 Dei paladini e dei guerrier più degni 16.89.2 Carlo si chiama dietro una gran parte, 16.89.3 e vêr la piazza fa drizzare i segni; 16.89.4 che 'l pagan s' era tratto in quella parte. 16.89.5 Ode il rumor, vede gli orribil segni 16.89.6 di crudeltà, l' umane membra sparte. 16.89.7 Ora non più: ritorni un' altra volta 16.89.8 chi voluntier la bella istoria ascolta.
CANTO XVII
17.1.1 Il giusto Dio, quando i peccati nostri 17.1.2 hanno di remission passato il segno, 17.1.3 acciò che la giustizia sua dimostri 17.1.4 uguale alla pietà, spesso dà regno 17.1.5 a tiranni atrocissimi et a mostri, 17.1.6 e dà lor forza e di mal fare ingegno. 17.1.7 Per questo Mario e Silla pose al mondo, 17.1.8 e duo Neroni e Caio furibondo, 17.2.1 Domizïano e l' ultimo Antonino; 17.2.2 e tolse da la immonda e bassa plebe, 17.2.3 et esaltò all' imperio Massimino; 17.2.4 e nascer prima fe' Creonte a Tebe; 17.2.5 e diè Mezenzio al populo Agilino, 17.2.6 che fe' di sangue uman grasse le glebe; 17.2.7 e diede Italia a tempi men remoti 17.2.8 in preda agli Unni, ai Longobardi, ai Goti. 17.3.1 Che d' Atila dirò? che de l' iniquo 17.3.2 Ezzellin da Roman? che d' altri cento? 17.3.3 che dopo un lungo andar sempre in obliquo, 17.3.4 ne manda Dio per pena e per tormento. 17.3.5 Di questo abbiàn non pur al tempo antiquo, 17.3.6 ma ancora al nostro, chiaro esperimento, 17.3.7 quando a noi, greggi inutili e mal nati, 17.3.8 ha dato per guardian lupi arrabbiati: 17.4.1 a cui non par ch' abbi a bastar lor fame, 17.4.2 ch' abbi il lor ventre a capir tanta carne; 17.4.3 e chiaman lupi di più ingorde brame 17.4.4 da boschi oltramontani a divorarne. 17.4.5 Di Trasimeno l' insepulto ossame 17.4.6 e di Canne e di Trebia poco parne 17.4.7 verso quel che le ripe e i campi ingrassa, 17.4.8 dov' Ada e Mella e Ronco e Tarro passa. 17.5.1 Or Dio consente che noi siàn puniti 17.5.2 da populi di noi forse peggiori, 17.5.3 per li multiplicati et infiniti 17.5.4 nostri nefandi, obbrobrïosi errori. 17.5.5 Tempo verrà ch' a depredar lor liti 17.5.6 andremo noi, se mai saren migliori, 17.5.7 e che i peccati lor giungano al segno, 17.5.8 che l' eterna Bontà muovano a sdegno. 17.6.1 Doveano allora aver gli eccessi loro 17.6.2 di Dio turbata la serena fronte, 17.6.3 che scórse ogni lor luogo il Turco e 'l Moro 17.6.4 con stupri, uccisïon, rapine et onte: 17.6.5 ma più di tutti gli altri danni, fôro 17.6.6 gravati dal furor di Rodomonte. 17.6.7 Dissi ch' ebbe di lui la nuova Carlo, 17.6.8 e che 'n piazza venìa per ritrovarlo. 17.7.1 Vede tra via la gente sua troncata, 17.7.2 arsi i palazzi, e ruinati i templi, 17.7.3 gran parte de la terra desolata: 17.7.4 mai non si vider sì crudeli esempli. 17.7.5 -- Dove fuggite, turba spaventata? 17.7.6 Non è tra voi chi 'l danno suo contempli? 17.7.7 Che città, che refugio più vi resta, 17.7.8 quando si perda sì vilmente questa? 17.8.1 Dunque un uom solo in vostra terra preso, 17.8.2 cinto di mura onde non può fuggire, 17.8.3 si partirà che non l' avrete offeso, 17.8.4 quando tutti v' avrà fatto morire? -- 17.8.5 Così Carlo dicea, che d' ira acceso 17.8.6 tanta vergogna non potea patire. 17.8.7 E giunse dove inanti alla gran corte 17.8.8 vide il pagan por la sua gente a morte. 17.9.1 Quivi gran parte era del populazzo, 17.9.2 sperandovi trovare aiuto, ascesa; 17.9.3 perché forte di mura era il palazzo, 17.9.4 con munizion da far lunga difesa. 17.9.5 Rodomonte, d' orgoglio e d' ira pazzo, 17.9.6 solo s' avea tutta la piazza presa: 17.9.7 e l' una man, che prezza il mondo poco, 17.9.8 ruota la spada, e l' altra getta il fuoco. 17.10.1 E de la regal casa, alta e sublime, 17.10.2 percuote e risuonar fa le gran porte. 17.10.3 Gettan le turbe da le eccelse cime 17.10.4 e merli e torri, e si metton per morte. 17.10.5 Guastare i tetti non è alcun che stime; 17.10.6 e legne e pietre vanno ad una sorte, 17.10.7 lastre e colonne, e le dorate travi 17.10.8 che furo in prezzo agli lor padri e agli avi. 17.11.1 Sta su la porta il re d' Algier, lucente 17.11.2 di chiaro acciar che 'l capo gli arma e 'l busto, 17.11.3 come uscito di tenebre serpente, 17.11.4 poi c' ha lasciato ogni squalor vetusto, 17.11.5 del nuovo scoglio altiero, e che si sente 17.11.6 ringiovenito e più che mai robusto; 17.11.7 tre lingue vibra, et ha negli occhi foco: 17.11.8 dovunque passa, ogn' animal dà loco. 17.12.1 Non sasso, merlo, trave, arco o balestra, 17.12.2 né ciò che sopra il Saracin percuote, 17.12.3 ponno allentar la sanguinosa destra 17.12.4 che la gran porta taglia, spezza e scuote; 17.12.5 e dentro fatto v' ha tanta finestra, 17.12.6 che ben vedere e veduto esser puote 17.12.7 dai visi impressi di color di morte, 17.12.8 che tutta piena quivi hanno la corte. 17.13.1 Suonar per gli alti e spazïosi tetti 17.13.2 s' odono gridi e feminil lamenti: 17.13.3 l' afflitte donne, percotendo i petti, 17.13.4 corron per casa pallide e dolenti; 17.13.5 e abbraccian gli usci e i genïali letti 17.13.6 che tosto hanno a lasciare a strane genti. 17.13.7 Tratta la cosa era in periglio tanto, 17.13.8 quando 'l re giunse, e suoi baroni accanto. 17.14.1 Carlo si volse a quelle man robuste 17.14.2 ch' ebbe altre volte a gran bisogni pronte. 17.14.3 -- Non sète quelli voi, che meco fuste 17.14.4 contra Agolante (disse) in Aspramonte? 17.14.5 Sono le forze vostre ora sì fruste, 17.14.6 che, s' uccideste lui, Troiano e Almonte 17.14.7 con cento mila, or ne temete un solo 17.14.8 pur di quel sangue e pur di quello stuolo? 17.15.1 Perché debbo vedere in voi fortezza 17.15.2 ora minor ch' io la vedessi allora? 17.15.3 Mostrate a questo can vostra prodezza, 17.15.4 a questo can che gli uomini devora. 17.15.5 Un magnanimo cor morte non prezza, 17.15.6 presta o tarda che sia, pur che ben muora. 17.15.7 Ma dubitar non posso ove voi sète, 17.15.8 che fatto sempre vincitor m' avete. -- 17.16.1 Al fin de le parole urta il destriero, 17.16.2 con l' asta bassa, al Saracino adosso. 17.16.3 Mossesi a un tratto il paladino Ugiero, 17.16.4 a un tempo Namo et Ulivier si è mosso, 17.16.5 Avino, Avolio, Otone e Berlingiero, 17.16.6 ch' un senza l' altro mai veder non posso: 17.16.7 e ferîr tutti sopra a Rodomonte 17.16.8 e nel petto e nei fianchi e ne la fronte. 17.17.1 Ma lasciamo, per Dio, Signore, ormai 17.17.2 di parlar d' ira e di cantar di morte; 17.17.3 e sia per questa volta detto assai 17.17.4 del Saracin non men crudel che forte: 17.17.5 che tempo è ritornar dov' io lasciai 17.17.6 Grifon, giunto a Damasco in su le porte 17.17.7 con Orrigille perfida, e con quello 17.17.8 ch' adulter era, e non di lei fratello. 17.18.1 De le più ricche terre di Levante, 17.18.2 de le più populose e meglio ornate 17.18.3 si dice esser Damasco, che distante 17.18.4 siede a Ierusalem sette giornate, 17.18.5 in un piano fruttifero e abondante, 17.18.6 non men giocondo il verno, che l' estate. 17.18.7 A questa terra il primo raggio tolle 17.18.8 de la nascente aurora un vicin colle. 17.19.1 Per la città duo fiumi cristallini 17.19.2 vanno inaffiando per diversi rivi 17.19.3 un numero infinito di giardini, 17.19.4 non mai di fior, non mai di fronde privi. 17.19.5 Dicesi ancor, che macinar molini 17.19.6 potrian far l' acque lanfe che son quivi; 17.19.7 e chi va per le vie vi sente, fuore 17.19.8 di tutte quelle case, uscire odore. 17.20.1 Tutta coperta è la strada maestra 17.20.2 di panni di diversi color lieti; 17.20.3 e d' odorifera erba, e di silvestra 17.20.4 fronda la terra e tutte le pareti. 17.20.5 Adorna era ogni porta, ogni finestra 17.20.6 di finissimi drappi e di tapeti, 17.20.7 ma più di belle e ben ornate donne 17.20.8 di ricche gemme e di superbe gonne. 17.21.1 Vedeasi celebrar dentr' alle porte, 17.21.2 in molti lochi, solazzevol balli; 17.21.3 il popul, per le vie, di miglior sorte 17.21.4 maneggiar ben guarniti e bei cavalli: 17.21.5 facea più bel veder la ricca corte 17.21.6 de' signor, de' baroni e de' vasalli, 17.21.7 con ciò che d' India e d' eritree maremme 17.21.8 di perle aver si può, d' oro e di gemme. 17.22.1 Venìa Grifone e la sua compagnia 17.22.2 mirando e quinci e quindi il tutto ad agio, 17.22.3 quando fermolli un cavalliero in via, 17.22.4 e gli fece smontare a un suo palagio; 17.22.5 e per l' usanza e per sua cortesia 17.22.6 di nulla lasciò lor patir disagio. 17.22.7 Li fe' nel bagno entrar, poi con serena 17.22.8 fronte gli accolse a sontuosa cena. 17.23.1 E narrò lor come il re Norandino, 17.23.2 re di Damasco e di tutta Soria, 17.23.3 fatto avea il paesano e 'l peregrino 17.23.4 ch' ordine avesse di cavalleria, 17.23.5 alla giostra invitar, ch' al matutino 17.23.6 del dì sequente in piazza si faria; 17.23.7 e che s' avean valor pari al sembiante, 17.23.8 potrian mostrarlo senza andar più inante. 17.24.1 Ancor che quivi non venne Grifone 17.24.2 a questo effetto, pur lo 'nvito tenne; 17.24.3 che qual volta se n' abbia occasïone, 17.24.4 mostrar virtude mai non disconvenne. 17.24.5 Interrogollo poi de la cagione 17.24.6 di quella festa, e s' ella era solenne 17.24.7 usata ogn' anno, o pure impresa nuova 17.24.8 del re ch' i suoi veder volesse in pruova. 17.25.1 Rispose il cavallier: -- La bella festa 17.25.2 s' ha da far sempre ad ogni quarta luna: 17.25.3 de l' altre che verran, la prima è questa: 17.25.4 ancora non se n' è fatta più alcuna. 17.25.5 Sarà in memoria che salvò la testa 17.25.6 il re in tal giorno da una gran fortuna, 17.25.7 dopo che quattro mesi in doglie e 'n pianti 17.25.8 sempre era stato, e con la morte inanti. 17.26.1 Ma per dirvi la cosa pienamente, 17.26.2 il nostro re, che Norandin s' appella, 17.26.3 molti e molt' anni ha avuto il core ardente 17.26.4 de la leggiadra e sopra ogn' altra bella 17.26.5 figlia del re di Cipro: e finalmente 17.26.6 avutala per moglie, iva con quella, 17.26.7 con cavallieri e donne in compagnia; 17.26.8 e dritto avea il camin verso Soria. 17.27.1 Ma poi che fummo tratti a piene vele 17.27.2 lungi dal porto nel Carpazio iniquo, 17.27.3 la tempesta saltò tanto crudele, 17.27.4 che sbigottì sin al padrone antiquo. 17.27.5 Tre dì e tre notti andammo errando ne le 17.27.6 minacciose onde per camino obliquo. 17.27.7 Uscimo al fin nel lito stanchi e molli, 17.27.8 tra freschi rivi, ombrosi e verdi colli. 17.28.1 Piantare i padiglioni, e le cortine 17.28.2 fra gli arbori tirar facemo lieti. 17.28.3 S' apparechiano i fuochi e le cucine; 17.28.4 le mense d' altra parte in su tapeti. 17.28.5 Intanto il re cercando alle vicine 17.28.6 valli era andato e a' boschi più secreti, 17.28.7 se ritrovasse capre o daini o cervi; 17.28.8 e l' arco gli portâr dietro duo servi. 17.29.1 Mentre aspettamo, in gran piacer sedendo, 17.29.2 che da cacciar ritorni il signor nostro, 17.29.3 vedemo l' Orco a noi venir correndo 17.29.4 lungo il lito del mar, terribil mostro. 17.29.5 Dio vi guardi, signor, che 'l viso orrendo 17.29.6 de l' Orco agli occhi mai vi sia dimostro: 17.29.7 meglio è per fama aver notizia d' esso, 17.29.8 ch' andargli, sì che lo veggiate, appresso. 17.30.1 Non gli può comparir quanto sia lungo, 17.30.2 sì smisuratamente è tutto grosso. 17.30.3 In luogo d' occhi, di color di fungo 17.30.4 sotto la fronte ha duo coccole d' osso. 17.30.5 Verso noi vien (come vi dico) lungo 17.30.6 il lito, e par ch' un monticel sia mosso. 17.30.7 Mostra le zanne fuor, come fa il porco; 17.30.8 ha lungo il naso, il sen bavoso e sporco. 17.31.1 Correndo viene, e 'l muso a guisa porta 17.31.2 che 'l bracco suol, quando entra in su la traccia. 17.31.3 Tutti che lo veggiam, con faccia smorta 17.31.4 in fuga andamo ove il timor ne caccia. 17.31.5 Poco il veder lui cieco ne conforta, 17.31.6 quando, fiutando sol, par che più faccia, 17.31.7 ch' altri non fa, ch' abbia odorato e lume: 17.31.8 e bisogno al fuggire eran le piume. 17.32.1 Corron chi qua chi là; ma poco lece 17.32.2 da lui fuggir, veloce più che 'l Noto. 17.32.3 Di quaranta persone, a pena diece 17.32.4 sopra il navilio si salvaro a nuoto. 17.32.5 Sotto il braccio un fastel d' alcuni fece, 17.32.6 né il grembio si lasciò né il seno vòto; 17.32.7 un suo capace zaino empissene anco, 17.32.8 che gli pendea, come a pastor, dal fianco. 17.33.1 Portòci alla sua tana il mostro cieco, 17.33.2 cavata in lito al mar dentr' uno scoglio. 17.33.3 Di marmo così bianco è quello speco, 17.33.4 come esser soglia ancor non scritto foglio. 17.33.5 Quivi abitava una matrona seco, 17.33.6 di dolor piena in vista e di cordoglio; 17.33.7 et avea in compagnia donne e donzelle 17.33.8 d' ogni età, d' ogni sorte, e brutte e belle. 17.34.1 Era presso alla grotta in ch' egli stava, 17.34.2 quasi alla cima del giogo superno, 17.34.3 un' altra non minor di quella cava, 17.34.4 dove del gregge sua facea governo. 17.34.5 Tanto n' avea, che non si numerava; 17.34.6 e n' era egli il pastor l' estate e 'l verno. 17.34.7 Ai tempi suoi gli apriva e tenea chiuso, 17.34.8 per spasso che n' avea, più che per uso. 17.35.1 L' umana carne meglio gli sapeva: 17.35.2 e prima il fa veder ch' all' antro arrivi; 17.35.3 che tre de' nostri giovini ch' aveva, 17.35.4 tutti li mangia, anzi trangugia vivi. 17.35.5 Viene alla stalla, e un gran sasso ne leva: 17.35.6 ne caccia il gregge, e noi riserra quivi. 17.35.7 Con quel sen va dove il suol far satollo, 17.35.8 sonando una zampogna ch' avea in collo. 17.36.1 Il signor nostro intanto ritornato 17.36.2 alla marina, il suo danno comprende; 17.36.3 che truova gran silenzio in ogni lato, 17.36.4 vòti frascati, padiglioni e tende. 17.36.5 Né sa pensar chi sì l' abbia rubato; 17.36.6 e pien di gran timore al lito scende, 17.36.7 onde i nocchieri suoi vede in disparte 17.36.8 sarpar lor ferri e in opra por le sarte. 17.37.1 Tosto ch' essi lui veggiono sul lito, 17.37.2 il palischermo mandano a levarlo: 17.37.3 ma non sì tosto ha Norandino udito 17.37.4 de l' Orco che venuto era a rubarlo, 17.37.5 che, senza più pensar, piglia partito, 17.37.6 dovunque andato sia, di seguitarlo. 17.37.7 Vedersi tor Lucina sì gli duole, 17.37.8 ch' o racquistarla, o non più viver vuole. 17.38.1 Dove vede apparir lungo la sabbia 17.38.2 la fresca orma, ne va con quella fretta 17.38.3 con che lo spinge l' amorosa rabbia, 17.38.4 fin che giunge alla tana ch' io v' ho detta; 17.38.5 ove con tema la maggior che s' abbia 17.38.6 a patir mai, l' Orco da noi s' aspetta: 17.38.7 ad ogni suono di sentirlo parci, 17.38.8 ch' affamato ritorni a divorarci. 17.39.1 Quivi Fortuna il re da tempo guida; 17.39.2 che senza l' Orco in casa era la moglie. 17.39.3 Come ella 'l vede:" Fuggine! (gli grida) 17.39.4 misero te, se l' Orco ti ci coglie!" 17.39.5 " Coglia (disse) o non coglia, o salvi o uccida, 17.39.6 che miserrimo i' sia non mi si toglie. 17.39.7 Disir mi mena, e non error di via, 17.39.8 c' ho di morir presso alla moglie mia". 17.40.1 Poi seguì, dimandandole novella 17.40.2 di quei che prese l' Orco in su la riva; 17.40.3 prima degli altri, di Lucina bella, 17.40.4 se l' avea morta, o la tenea captiva. 17.40.5 La donna umanamente gli favella, 17.40.6 e lo conforta, che Lucina è viva, 17.40.7 e che non è alcun dubbio ch' ella muora; 17.40.8 che mai femina l' Orco non divora. 17.41.1 " Esser di ciò argumento ti poss' io, 17.41.2 e tutte queste donne che son meco: 17.41.3 né a me né a lor mai l' Orco è stato rio, 17.41.4 pur che non ci scostian da questo speco. 17.41.5 A chi cerca fuggir, pon grave fio; 17.41.6 né pace mai puon ritrovar più seco: 17.41.7 o le sotterra vive, o l' incatena, 17.41.8 o fa star nude al sol sopra l' arena. 17.42.1 Quando oggi egli portò qui la tua gente, 17.42.2 le femine dai maschi non divise; 17.42.3 ma, sì come gli avea, confusamente 17.42.4 dentro a quella spelonca tutti mise. 17.42.5 Sentirà a naso il sesso differente. 17.42.6 Le donne non temer che sieno uccise: 17.42.7 gli uomini, siene certo; et empieranne 17.42.8 di quattro, il giorno, o sei, l' avide canne. 17.43.1 Di levar lei di qui non ho consiglio 17.43.2 che dar ti possa; e contentar ti puoi 17.43.3 che ne la vita sua non è periglio: 17.43.4 starà qui al ben e al mal ch' avremo noi. 17.43.5 Ma vattene, per Dio, vattene, figlio, 17.43.6 che l' Orco non ti senta e non t' ingoi. 17.43.7 Tosto che giunge, d' ogn' intorno annasa, 17.43.8 e sente sin a un topo che sia in casa". 17.44.1 Rispose il re, non si voler partire, 17.44.2 se non vedea la sua Lucina prima; 17.44.3 e che più tosto appresso a lei morire, 17.44.4 che viverne lontan, faceva stima. 17.44.5 Quando vede ella non potergli dire 17.44.6 cosa che 'l muova da la voglia prima, 17.44.7 per aiutarlo fa nuovo disegno, 17.44.8 e ponvi ogni sua industria, ogni suo ingegno. 17.45.1 Morte avea in casa, e d' ogni tempo appese, 17.45.2 con lor mariti, assai capre et agnelle, 17.45.3 onde a sé et alle sue facea le spese; 17.45.4 e dal tetto pendea più d' una pelle. 17.45.5 La donna fe' che 'l re del grasso prese, 17.45.6 ch' avea un gran becco intorno alle budelle, 17.45.7 e che se n' unse dal capo alle piante, 17.45.8 fin che l' odor cacciò ch' egli ebbe inante. 17.46.1 E poi che 'l tristo puzzo aver le parve, 17.46.2 di che il fetido becco ognora sape, 17.46.3 piglia l' irsuta pelle, e tutto entrarve 17.46.4 lo fe'; ch' ella è sì grande che lo cape. 17.46.5 Coperto sotto a così strane larve, 17.46.6 facendol gir carpon, seco lo rape 17.46.7 là dove chiuso era d' un sasso grave 17.46.8 de la sua donna il bel viso soave. 17.47.1 Norandino ubidisce; et alla buca 17.47.2 de la spelonca ad aspettar si mette, 17.47.3 acciò col gregge dentro si conduca; 17.47.4 e fin a sera disïando stette. 17.47.5 Ode la sera il suon de la sambuca, 17.47.6 con che 'nvita a lassar l' umide erbette, 17.47.7 e ritornar le pecore all' albergo 17.47.8 il fier pastor che lor venìa da tergo. 17.48.1 Pensate voi se gli tremava il core, 17.48.2 quando l' Orco sentì che ritornava, 17.48.3 e che 'l viso crudel pieno d' orrore 17.48.4 vide appressare all' uscio de la cava; 17.48.5 ma poté la pietà più che 'l timore: 17.48.6 s' ardea, vedete, o se fingendo amava. 17.48.7 Vien l' Orco inanzi, e leva il sasso, et apre: 17.48.8 Norandino entra fra pecore e capre. 17.49.1 Entrato il gregge, l' Orco a noi descende; 17.49.2 ma prima sopra sé l' uscio si chiude. 17.49.3 Tutti ne va fiutando: al fin duo prende; 17.49.4 che vuol cenar de le lor carni crude. 17.49.5 Al rimembrar di quelle zanne orrende, 17.49.6 non posso far ch' ancor non trieme e sude. 17.49.7 Partito l' Orco, il re getta la gonna 17.49.8 ch' avea di becco, e abbraccia la sua donna. 17.50.1 Dove averne piacer deve e conforto, 17.50.2 vedendol quivi, ella n' ha affanno e noia: 17.50.3 lo vede giunto ov' ha da restar morto; 17.50.4 e non può far però ch' essa non muoia. 17.50.5 " Con tutto 'l mal (diceagli) ch' io supporto, 17.50.6 signor, sentia non medïocre gioia, 17.50.7 che ritrovato non t' eri con nui 17.50.8 quando da l' Orco oggi qui tratta fui. 17.51.1 Che se ben il trovarmi ora in procinto 17.51.2 d' uscir di vita m' era acerbo e forte; 17.51.3 pur mi sarei, come è commune instinto, 17.51.4 dogliuta sol de la mia trista sorte: 17.51.5 ma ora, o prima o poi che tu sia estinto, 17.51.6 più mi dorrà la tua che la mia morte". 17.51.7 E seguitò, mostrando assai più affanno 17.51.8 di quel di Norandin, che del suo danno. 17.52.1 " La speme (disse il re) mi fa venire, 17.52.2 c' ho di salvarti, e tutti questi teco: 17.52.3 e s' io nol posso far, meglio è morire, 17.52.4 che senza te, mio sol, viver poi cieco. 17.52.5 Come io ci venni, mi potrò partire; 17.52.6 e voi tutt' altri ne verrete meco, 17.52.7 se non avrete, come io non ho avuto, 17.52.8 schivo a pigliare odor d' animal bruto". 17.53.1 La fraude insegnò a noi, che contra il naso 17.53.2 de l' Orco insegnò a-llui la moglie d' esso; 17.53.3 di vestirci le pelli, in ogni caso 17.53.4 ch' egli ne palpi ne l' uscir del fesso. 17.53.5 Poi che di questo ognun fu persuaso; 17.53.6 quanti de l' un, quanti de l' altro sesso 17.53.7 ci ritroviamo, uccidian tanti becchi, 17.53.8 quelli che più fetean, ch' eran più vecchi. 17.54.1 Ci ungemo i corpi di quel grasso opimo 17.54.2 che ritroviamo all' intestina intorno, 17.54.3 e de l' orride pelli ci vestimo. 17.54.4 Intanto uscì da l' aureo albergo il giorno. 17.54.5 Alla spelonca, come apparve il primo 17.54.6 raggio del sol, fece il pastor ritorno; 17.54.7 e dando spirto alle sonore canne, 17.54.8 chiamò il suo gregge fuor de le capanne. 17.55.1 Tenea la mano al buco de la tana, 17.55.2 acciò col gregge non uscissin noi: 17.55.3 ci prendea al varco; e quando pelo o lana 17.55.4 sentia sul dosso, ne lasciava poi. 17.55.5 Uomini e donne uscimmo per sì strana 17.55.6 strada, coperti dagl' irsuti cuoi: 17.55.7 e l' Orco alcun di noi mai non ritenne, 17.55.8 fin che con gran timor Lucina venne. 17.56.1 Lucina, o fosse perch' ella non volle 17.56.2 ungersi come noi, che schivo n' ebbe; 17.56.3 o ch' avesse l' andar più lento e molle, 17.56.4 che l' imitata bestia non avrebbe; 17.56.5 o quando l' Orco la groppa toccolle, 17.56.6 gridasse per la tema che le accrebbe; 17.56.7 o che se le sciogliessero le chiome; 17.56.8 sentita fu, né ben so dirvi come. 17.57.1 Tutti eravam sì intenti al caso nostro, 17.57.2 che non avemmo gli occhi agli altrui fatti. 17.57.3 Io mi rivolsi al grido; e vidi il mostro 17.57.4 che già gl' irsuti spogli le avea tratti, 17.57.5 e fattola tornar nel cavo chiostro. 17.57.6 Noi altri dentro a nostre gonne piatti 17.57.7 col gregge andamo ove 'l pastor ci mena, 17.57.8 tra verdi colli in una piaggia amena. 17.58.1 Quivi attendiamo infin che steso all' ombra 17.58.2 d' un bosco opaco il nasuto Orco dorma. 17.58.3 Chi lungo il mar, chi verso 'l monte sgombra: 17.58.4 sol Norandin non vuol seguir nostr' orma. 17.58.5 L' amor de la sua donna sì lo 'ngombra, 17.58.6 ch' alla grotta tornar vuol fra la torma, 17.58.7 né partirsene mai sin alla morte, 17.58.8 se non racquista la fedel consorte: 17.59.1 che quando dianzi avea all' uscir del chiuso 17.59.2 vedutala restar captiva sola, 17.59.3 fu per gittarsi, dal dolor confuso, 17.59.4 spontaneamente al vorace Orco in gola; 17.59.5 e si mosse, e gli corse infino al muso, 17.59.6 né fu lontano a gir sotto la mola: 17.59.7 ma pur lo tenne in mandra la speranza 17.59.8 ch' avea di trarla ancor di quella stanza. 17.60.1 La sera, quando alla spelonca mena 17.60.2 il gregge l' Orco, e noi fuggiti sente, 17.60.3 e c' ha da rimaner privo di cena, 17.60.4 chiama Lucina d' ogni mal nocente, 17.60.5 e la condanna a star sempre in catena 17.60.6 allo scoperto in sul sasso eminente. 17.60.7 Vedela il re per sua cagion patire, 17.60.8 e si distrugge, e sol non può morire. 17.61.1 Matina e sera l' infelice amante 17.61.2 la può veder come s' affliga e piagna; 17.61.3 che le va misto fra le capre avante, 17.61.4 torni alla stalla o torni alla campagna. 17.61.5 Ella con viso mesto e supplicante 17.61.6 gli accenna che per Dio non vi rimagna, 17.61.7 perché vi sta a gran rischio de la vita, 17.61.8 né però a-llei può dare alcuna aita. 17.62.1 Così la moglie ancor de l' Orco priega 17.62.2 il re che se ne vada, ma non giova; 17.62.3 che d' andar mai senza Lucina niega, 17.62.4 e sempre più constante si ritruova. 17.62.5 In questa servitude, in che lo lega 17.62.6 Pietate e Amor, stette con lunga pruova 17.62.7 tanto, ch' a capitar venne a quel sasso 17.62.8 il figlio d' Agricane e 'l re Gradasso. 17.63.1 Dove con loro audacia tanto fenno, 17.63.2 che liberaron la bella Lucina; 17.63.3 ben che vi fu aventura più che senno: 17.63.4 e la portâr correndo alla marina; 17.63.5 e al padre suo, che quivi era, la denno: 17.63.6 e questo fu ne l' ora matutina, 17.63.7 che Norandin con l' altro gregge stava 17.63.8 a ruminar ne la montana cava. 17.64.1 Ma poi che 'l giorno aperta fu la sbarra, 17.64.2 e seppe il re la donna esser partita 17.64.3 (che la moglie de l' Orco gli lo narra), 17.64.4 e come a punto era la cosa gita; 17.64.5 grazie a Dio rende, e con voto n' inarra, 17.64.6 ch' essendo fuor di tal miseria uscita, 17.64.7 faccia che giunga onde per arme possa, 17.64.8 per prieghi o per tesoro, esser riscossa. 17.65.1 Pien di letizia va con l' altra schiera 17.65.2 del simo gregge, e viene ai verdi paschi; 17.65.3 e quivi aspetta fin ch' all' ombra nera 17.65.4 il mostro per dormir ne l' erba caschi. 17.65.5 Poi ne vien tutto il giorno e tutta sera; 17.65.6 e al fin sicur che l' Orco non lo 'ntaschi, 17.65.7 sopra un navilio monta in Satalia; 17.65.8 e son tre mesi ch' arrivò in Soria. 17.66.1 In Rodi, in Cipro, e per città e castella 17.66.2 e d' Africa e d' Egitto e di Turchia, 17.66.3 il re cercar fe' di Lucina bella; 17.66.4 né fin l' altr' ieri aver ne poté spia. 17.66.5 L' altr' ier n' ebbe dal suocero novella, 17.66.6 che seco l' avea salva in Nicosia, 17.66.7 dopo che molti dì vento crudele 17.66.8 era stato contrario alle sue vele. 17.67.1 Per allegrezza de la buona nuova 17.67.2 prepara il nostro re la ricca festa; 17.67.3 e vuol ch' ad ogni quarta luna nuova, 17.67.4 una se n' abbia a far simile a questa: 17.67.5 che la memoria rifrescar gli giova 17.67.6 dei quattro mesi che 'n irsuta vesta 17.67.7 fu tra il gregge de l' Orco; e un giorno, quale 17.67.8 sarà dimane, uscì di tanto male. 17.68.1 Questo ch' io v' ho narrato, in parte vidi, 17.68.2 in parte udi' da chi trovossi al tutto; 17.68.3 dal re, vi dico, che calende et idi 17.68.4 vi stette, fin che volse in riso il lutto: 17.68.5 e se n' udite mai far altri gridi, 17.68.6 direte a chi gli fa, che mal n' è instrutto. -- 17.68.7 Il gentiluomo in tal modo a Grifone 17.68.8 de la festa narrò l' alta cagione. 17.69.1 Un gran pezzo di notte si dispensa 17.69.2 dai cavallieri in tal ragionamento; 17.69.3 e conchiudon ch' amore e pietà immensa 17.69.4 mostrò quel re con grande esperimento. 17.69.5 Andaron, poi che si levâr da mensa, 17.69.6 ove ebbon grato e buono alloggiamento. 17.69.7 Nel seguente matin sereno e chiaro, 17.69.8 al suon de l' allegrezze si destaro. 17.70.1 Vanno scorrendo timpani e trombette, 17.70.2 e ragunando in piazza la cittade. 17.70.3 Or, poi che de cavalli e de carrette 17.70.4 e ribombar de gridi odon le strade, 17.70.5 Grifon le lucide arme si rimette, 17.70.6 che son di quelle che si trovan rade; 17.70.7 che l' avea impenetrabili e incantate 17.70.8 la Fata bianca di sua man temprate. 17.71.1 Quel d' Antïochia, più d' ogn' altro vile, 17.71.2 armossi seco, e compagnia gli tenne. 17.71.3 Preparate avea lor l' oste gentile 17.71.4 nerbose lance, e salde e grosse antenne, 17.71.5 e del suo parentado non umìle 17.71.6 compagnia tolta; e seco in piazza venne; 17.71.7 e scudieri a cavallo, e alcuni a piede, 17.71.8 a tal servigi attissimi, lor diede. 17.72.1 Giunsero in piazza, e trassonsi in disparte, 17.72.2 né pel campo curâr far di sé mostra, 17.72.3 per veder meglio il bel popul di Marte, 17.72.4 ch' ad uno, o a dua, o a tre, veniano in giostra. 17.72.5 Chi con colori accompagnati ad arte 17.72.6 letizia o doglia alla sua donna mostra; 17.72.7 chi nel cimier, chi nel dipinto scudo 17.72.8 disegna Amor, se l' ha benigno o crudo. 17.73.1 Sorïani in quel tempo aveano usanza 17.73.2 d' armarsi a questa guisa di Ponente. 17.73.3 Forse ve gli inducea la vicinanza 17.73.4 che de' Franceschi avean continuamente, 17.73.5 che quivi allor reggean la sacra stanza 17.73.6 dove in carne abitò Dio onnipotente; 17.73.7 ch' ora i superbi e miseri cristiani, 17.73.8 con biasmi lor, lasciano in man de' cani. 17.74.1 Dove abbassar dovrebbono la lancia 17.74.2 in augumento de la santa fede, 17.74.3 tra lor si dan nel petto e ne la pancia 17.74.4 a destruzion del poco che si crede. 17.74.5 Voi, gente ispana, e voi, gente di Francia, 17.74.6 volgete altrove, e voi, Svizzeri, il piede, 17.74.7 e voi, Tedeschi, a far più degno acquisto; 17.74.8 che quanto qui cercate è già di Cristo. 17.75.1 Se Cristianissimi esser voi volete, 17.75.2 e voi altri Catolici nomati, 17.75.3 perché di Cristo gli uomini uccidete? 17.75.4 perché de' beni lor son dispogliati? 17.75.5 Perché Ierusalem non rïavete, 17.75.6 che tolto è stato a voi da' rinegati? 17.75.7 Perché Constantinopoli e del mondo 17.75.8 la miglior parte occupa il Turco immondo? 17.76.1 Non hai tu, Spagna, l' Africa vicina, 17.76.2 che t' ha via più di questa Italia offesa? 17.76.3 E pur, per dar travaglio alla meschina, 17.76.4 lasci la prima tua sì bella impresa. 17.76.5 O d' ogni vizio fetida sentina, 17.76.6 dormi, Italia imbrïaca, e non ti pesa 17.76.7 ch' ora di questa gente, ora di quella 17.76.8 che già serva ti fu, sei fatta ancella? 17.77.1 Se 'l dubbio di morir ne le tue tane, 17.77.2 Svizzer, di fame, in Lombardia ti guida, 17.77.3 e tra noi cerchi o chi ti dia del pane, 17.77.4 o, per uscir d' inopia, chi t' uccida; 17.77.5 le richezze del Turco hai non lontane: 17.77.6 caccial d' Europa, o almen di Grecia snida: 17.77.7 così potrai o del digiuno trarti, 17.77.8 o cader con più merto in quelle parti. 17.78.1 Quel ch' a te dico, io dico al tuo vicino 17.78.2 tedesco ancor: là le richezze sono, 17.78.3 che vi portò da Roma Constantino: 17.78.4 portonne il meglio, e fe' del resto dono. 17.78.5 Pattolo et Ermo, onde si tra' l' or fino, 17.78.6 Migdonia e Lidia, e quel paese buono 17.78.7 per tante laudi in tante istorie noto, 17.78.8 non è, s' andar vi vuoi, troppo remoto. 17.79.1 Tu, gran Leone, a cui premon le terga 17.79.2 de le chiavi del ciel le gravi some, 17.79.3 non lasciar che nel sonno si sommerga 17.79.4 Italia, se la man l' hai ne le chiome. 17.79.5 Tu sei Pastore; e Dio t' ha quella verga 17.79.6 data a portare, e scelto il fiero nome, 17.79.7 perché tu ruggi, e che le braccia stenda, 17.79.8 sì che dai lupi il grege tuo difenda. 17.80.1 Ma d' un parlar ne l' altro, ove sono ito 17.80.2 sì lungi dal camin ch' io faceva ora? 17.80.3 Non lo credo però sì aver smarrito, 17.80.4 ch' io non lo sappia ritrovare ancora. 17.80.5 Io dicea ch' in Soria si tenea il rito 17.80.6 d' armarsi, che i Franceschi aveano allora: 17.80.7 sì che bella in Damasco era la piazza 17.80.8 di gente armata d' elmo e di corazza. 17.81.1 Le vaghe donne gettano dai palchi 17.81.2 sopra i giostranti fior vermigli e gialli, 17.81.3 mentre essi fanno a suon degli oricalchi 17.81.4 levare a salti et aggirar cavalli. 17.81.5 Ciascuno, o bene o mal ch' egli cavalchi, 17.81.6 vuol far quivi vedersi, e sprona e dàlli: 17.81.7 di ch' altri ne riporta pregio e lode; 17.81.8 muove altri a riso, e gridar dietro s' ode. 17.82.1 De la giostra era il prezzo un' armatura 17.82.2 che fu donata al re pochi dì inante, 17.82.3 che su la strada ritrovò a ventura, 17.82.4 ritornando d' Armenia, un mercatante. 17.82.5 Il re di nobilissima testura 17.82.6 le sopraveste all' arme aggiunse, e tante 17.82.7 perle vi pose intorno e gemme et oro, 17.82.8 che la fece valer molto tesoro. 17.83.1 Se conosciute il re quell' arme avesse, 17.83.2 care avute l' avria sopra ogni arnese; 17.83.3 né in premio de la giostra l' avria messe, 17.83.4 come che liberal fosse e cortese. 17.83.5 Lungo saria chi raccontar volesse 17.83.6 chi l' avea sì sprezzate e vilipese, 17.83.7 che 'n mezzo de la strada le lasciasse, 17.83.8 preda a chiunque o inanzi o indietro andasse. 17.84.1 Di questo ho da contarvi più di sotto: 17.84.2 or dirò di Grifon, ch' alla sua giunta 17.84.3 un paio e più di lancie trovò rotto, 17.84.4 menato più d' un taglio e d' una punta. 17.84.5 Dei più cari e più fidi al re fur otto 17.84.6 che quivi insieme avean lega congiunta; 17.84.7 gioveni, in arme pratichi et industri, 17.84.8 tutti o signori o di famiglie illustri. 17.85.1 Quei rispondean ne la sbarrata piazza 17.85.2 per un dì, ad uno ad uno, a tutto 'l mondo, 17.85.3 prima con lancia, e poi con spada o mazza, 17.85.4 fin ch' al re di guardarli era giocondo; 17.85.5 e si foravan spesso la corazza: 17.85.6 per giuoco in somma qui facean, secondo 17.85.7 fan gli nimici capitali, eccetto 17.85.8 che potea il re partirli a suo diletto. 17.86.1 Quel d' Antïochia, un uom senza ragione, 17.86.2 che Martano il codardo nominosse, 17.86.3 come se de la forza di Grifone, 17.86.4 poi ch' era seco, participe fosse, 17.86.5 audace entrò nel marzïale agone; 17.86.6 e poi da canto ad aspettar fermosse, 17.86.7 sin che finisce una battaglia fiera 17.86.8 che tra duo cavallier cominciata era. 17.87.1 Il signor di Seleucia, di quell' uno, 17.87.2 ch' a sostener l' impresa aveano tolto, 17.87.3 combattendo in quel tempo con Ombruno, 17.87.4 lo ferì d' una punta in mezzo 'l volto, 17.87.5 sì che l' uccise: e pietà n' ebbe ognuno, 17.87.6 perché buon cavallier lo tenean molto; 17.87.7 et oltra la bontade, il più cortese 17.87.8 non era stato in tutto quel paese. 17.88.1 Veduto ciò, Martano ebbe paura 17.88.2 che parimente a sé non avvenisse; 17.88.3 e ritornando ne la sua natura, 17.88.4 a pensar cominciò come fugisse. 17.88.5 Grifon, che gli era appresso e n' avea cura, 17.88.6 lo spinse pur, poi ch' assai fece e disse, 17.88.7 contra un gentil guerrier che s' era mosso, 17.88.8 come si spinge il cane al lupo adosso; 17.89.1 che dieci passi gli va dietro o venti, 17.89.2 e poi si ferma, et abbaiando guarda 17.89.3 come digrigni i minacciosi denti, 17.89.4 come negli occhi orribil fuoco gli arda. 17.89.5 Quivi ov' erano e principi presenti 17.89.6 e tanta gente nobile e gagliarda, 17.89.7 fuggì lo 'ncontro il timido Martano, 17.89.8 e torse 'l freno e 'l capo a destra mano. 17.90.1 Pur la colpa potea dar al cavallo, 17.90.2 chi di scusarlo avesse tolto il peso; 17.90.3 ma con la spada poi fe' sì gran fallo, 17.90.4 che non l' avria Demostene difeso. 17.90.5 Di carta armato par, non di metallo; 17.90.6 sì teme da ogni colpo essere offeso. 17.90.7 Fuggesi al fine, e gli ordini disturba, 17.90.8 ridendo intorno a-llui tutta la turba. 17.91.1 Il batter de le mani, il grido intorno 17.91.2 se gli levò del populazzo tutto. 17.91.3 Come lupo cacciato, fe' ritorno 17.91.4 Martano in molta fretta al suo ridutto. 17.91.5 Resta Grifone; e gli par de lo scorno 17.91.6 del suo compagno esser macchiato e brutto: 17.91.7 esser vorrebbe stato in mezzo il foco, 17.91.8 più tosto che trovarsi in questo loco. 17.92.1 Arde nel core, e fuor nel viso avampa, 17.92.2 come sia tutta sua quella vergogna; 17.92.3 perché l' opere sue di quella stampa 17.92.4 vedere aspetta il populo et agogna: 17.92.5 sì che rifulga chiara più che lampa 17.92.6 sua virtù, questa volta gli bisogna; 17.92.7 ch' un' oncia, un dito sol d' error che faccia, 17.92.8 per la mala impression parrà sei braccia. 17.93.1 Già la lancia avea tolta su la coscia 17.93.2 Grifon, ch' errare in arme era poco uso: 17.93.3 spinse il cavallo a tutta briglia, e poscia 17.93.4 ch' alquanto andato fu, la messe suso, 17.93.5 e portò nel ferire estrema angoscia 17.93.6 al baron di Sidonia, ch' andò giuso. 17.93.7 Ognun maravigliando in piè si leva; 17.93.8 che 'l contrario di ciò tutto attendeva. 17.94.1 Tornò Grifon con la medesma antenna, 17.94.2 che 'ntiera e ferma ricovrata avea, 17.94.3 et in tre pezzi la roppe alla penna 17.94.4 de lo scudo al signor di Lodicea. 17.94.5 Quel per cader tre volte e quattro accenna, 17.94.6 che tutto steso alla groppa giacea: 17.94.7 pur rilevato al fin la spada strinse, 17.94.8 voltò il cavallo, e vêr Grifon si spinse. 17.95.1 Grifon, che 'l vede in sella, e che non basta 17.95.2 sì fiero incontro perché a terra vada, 17.95.3 dice fra sé: -- Quel che non poté l' asta, 17.95.4 in cinque colpi o 'n sei farà la spada. -- 17.95.5 E su la tempia subito l' attasta 17.95.6 d' un dritto tal, che par che dal ciel cada; 17.95.7 e un altro gli accompagna e un altro appresso, 17.95.8 tanto che l' ha stordito e in terra messo. 17.96.1 Quivi erano d' Apamia duo germani, 17.96.2 soliti in giostra rimaner di sopra, 17.96.3 Tirse e Corimbo; et ambo per le mani 17.96.4 del figlio d' Uliver cadêr sozzopra. 17.96.5 L' uno gli arcion lascia allo scontro vani; 17.96.6 con l' altro messa fu la spada in opra. 17.96.7 Già per commun giudicio si tien certo 17.96.8 che di costui fia de la giostra il merto. 17.97.1 Ne la lizza era entrato Salinterno, 17.97.2 gran dïodarro e maliscalco regio, 17.97.3 e che di tutto 'l regno avea il governo, 17.97.4 e di sua mano era guerriero egregio. 17.97.5 Costui, sdegnoso ch' un guerriero esterno 17.97.6 debba portar di quella giostra il pregio, 17.97.7 piglia una lancia, e verso Grifon grida, 17.97.8 e molto minacciandolo lo sfida. 17.98.1 Ma quel con un lancion gli fa risposta, 17.98.2 ch' avea per lo miglior fra dieci eletto, 17.98.3 e per non far error, lo scudo apposta, 17.98.4 e via lo passa e la corazza e 'l petto: 17.98.5 passa il ferro crudel tra costa e costa, 17.98.6 e fuor pel tergo un palmo esce di netto. 17.98.7 Il colpo, eccetto al re, fu a tutti caro; 17.98.8 ch' ognuno odiava Salinterno avaro. 17.99.1 Grifone, appresso a questi, in terra getta 17.99.2 duo di Damasco, Ermofilo e Carmondo. 17.99.3 La milizia del re dal primo è retta; 17.99.4 del mar grande almiraglio è quel secondo. 17.99.5 Lascia allo scontro l' un la sella in fretta: 17.99.6 adosso all' altro si riversa il pondo 17.99.7 del rio destrier, che sostener non puote 17.99.8 l' alto valor con che Grifon percuote. 17.100.1 Il signor di Seleucia ancor restava, 17.100.2 miglior guerrier di tutti gli altri sette; 17.100.3 e ben la sua possanza accompagnava 17.100.4 con destrier buono e con arme perfette. 17.100.5 Dove de l' elmo la vista si chiava, 17.100.6 l' asta allo scontro l' uno e l' altro mette: 17.100.7 pur Grifon maggior colpo al pagan diede, 17.100.8 che lo fe' staffeggiar dal manco piede. 17.101.1 Gittaro i tronchi, e si tornaro adosso 17.101.2 pieni di molto ardir coi brandi nudi. 17.101.3 Fu il pagan prima da Grifon percosso 17.101.4 d' un colpo che spezzato avria gl' incudi. 17.101.5 Con quel fender si vide e ferro et osso 17.101.6 d' un ch' eletto s' avea tra mille scudi; 17.101.7 e se non era doppio e fin l' arnese, 17.101.8 ferìa la coscia ove cadendo scese. 17.102.1 Ferì quel di Seleucia alla visera 17.102.2 Grifone a un tempo; e fu quel colpo tanto, 17.102.3 che l' avria aperta e rotta, se non era 17.102.4 fatta, come l' altr' arme, per incanto. 17.102.5 Gli è un perder tempo che 'l pagan più fera: 17.102.6 così son l' arme dure in ogni canto; 17.102.7 e 'n più parti Grifon già fessa e rotta 17.102.8 ha l' armatura a lui, né perde botta. 17.103.1 Ognun potea veder quanto di sotto 17.103.2 il signor di Seleucia era a Grifone; 17.103.3 e se partir non li fa il re di botto, 17.103.4 quel che sta peggio, la vita vi pone. 17.103.5 Fe' Norandino alla sua guardia motto 17.103.6 ch' entrasse a distaccar l' aspra tenzone. 17.103.7 Quindi fu l' uno, e quindi l' altro tratto; 17.103.8 e fu lodato il re di sì buon atto. 17.104.1 Gli otto che dianzi avean col mondo impresa, 17.104.2 e non potuto durar poi contra uno, 17.104.3 avendo mal la parte lor difesa, 17.104.4 usciti eran del campo ad uno ad uno. 17.104.5 Gli altri ch' eran venuti a-llor contesa, 17.104.6 quivi restâr senza contrasto alcuno, 17.104.7 avendo lor Grifon, solo, interrotto 17.104.8 quel che tutti essi avean da far contra otto. 17.105.1 E durò quella festa così poco, 17.105.2 ch' in men d' un' ora il tutto fatto s' era: 17.105.3 ma Norandin, per far più lungo il giuoco 17.105.4 e per continuarlo infino a sera, 17.105.5 dal palco scese, e fe' sgombrare il loco; 17.105.6 e poi divise in due la grossa schiera; 17.105.7 indi, secondo il sangue e la lor prova, 17.105.8 gli andò accoppiando, e fe' una giostra nova. 17.106.1 Grifone intanto avea fatto ritorno 17.106.2 alla sua stanza, pien d' ira e di rabbia: 17.106.3 e più gli preme di Martan lo scorno, 17.106.4 che non giova l' onor ch' esso vinto abbia. 17.106.5 Quivi, per tor l' obbrobrio ch' avea intorno, 17.106.6 Martano adopra le mendaci labbia; 17.106.7 e l' astuta e bugiarda meretrice, 17.106.8 come meglio sapea, gli era adiutrice. 17.107.1 O sì o no che 'l giovin gli credesse, 17.107.2 pur la scusa accettò, come discreto; 17.107.3 e pel suo meglio allora allora elesse 17.107.4 quindi levarsi tacito e secreto, 17.107.5 per tema che, se 'l populo vedesse 17.107.6 Martano comparir, non stesse cheto. 17.107.7 Così per una via nascosa e corta 17.107.8 usciro al camin lor fuor de la porta. 17.108.1 Grifone, o ch' egli o che 'l cavallo fosse 17.108.2 stanco, o gravasse il sonno pur le ciglia, 17.108.3 al primo albergo che trovâr, fermosse, 17.108.4 che non erano andati oltre a dua miglia. 17.108.5 Si trasse l' elmo, e tutto disarmosse, 17.108.6 e trar fece a' cavalli e sella e briglia; 17.108.7 e poi serrossi in camera soletto, 17.108.8 e nudo per dormire entrò nel letto. 17.109.1 Non ebbe così tosto il capo basso, 17.109.2 che chiuse gli occhi, e fu dal sonno oppresso 17.109.3 così profundamente, che mai tasso 17.109.4 né ghiro mai s' addormentò quanto esso. 17.109.5 Martano intanto et Orrigille a spasso 17.109.6 entraro in un giardin ch' era lì appresso; 17.109.7 et un inganno ordîr, che fu il più strano 17.109.8 che mai cadesse in sentimento umano. 17.110.1 Martano disegnò tôrre il destriero, 17.110.2 i panni e l' arme che Grifon s' ha tratte; 17.110.3 e andare inanzi al re pel cavalliero 17.110.4 che tante pruove avea giostrando fatte. 17.110.5 L' effetto ne seguì, fatto il pensiero: 17.110.6 tolle il destrier più candido che latte, 17.110.7 scudo e cimiero et arme e sopraveste, 17.110.8 e tutte di Grifon l' insegne veste. 17.111.1 Con gli scudieri e con la donna, dove 17.111.2 era il popolo ancora, in piazza venne; 17.111.3 e giunse a tempo che finian le pruove 17.111.4 di girar spade e d' arrestare antenne. 17.111.5 Commanda il re che 'l cavallier si truove, 17.111.6 che per cimier avea le bianche penne, 17.111.7 bianche le vesti e bianco il corridore; 17.111.8 che 'l nome non sapea del vincitore. 17.112.1 Colui ch' indosso il non suo cuoio aveva, 17.112.2 come l' asino già quel del leone, 17.112.3 chiamato, se n' andò, come attendeva, 17.112.4 a Norandino, in loco di Grifone. 17.112.5 Quel re cortese incontro se gli leva, 17.112.6 l' abbraccia e bacia, e allato se lo pone: 17.112.7 né gli basta onorarlo e dargli loda, 17.112.8 che vuol che 'l suo valor per tutto s' oda. 17.113.1 E fa gridarlo al suon degli oricalchi 17.113.2 vincitor de la giostra di quel giorno. 17.113.3 L' alta voce ne va per tutti i palchi, 17.113.4 che 'l nome indegno udir fa d' ogn' intorno. 17.113.5 Seco il re vuol ch' a par a par cavalchi, 17.113.6 quando al palazzo suo poi fa ritorno; 17.113.7 e di sua grazia tanto gli comparte, 17.113.8 che basteria, se fosse Ercole o Marte. 17.114.1 Bello et ornato alloggiamento dielli 17.114.2 in corte, et onorar fece con lui 17.114.3 Orrigille anco; e nobili donzelli 17.114.4 mandò con essa, e cavallieri sui. 17.114.5 Ma tempo è ch' anco di Grifon favelli, 17.114.6 in qual né dal compagno né d' altrui 17.114.7 temendo inganno, addormentato s' era, 17.114.8 né mai si risvegliò fin alla sera. 17.115.1 Poi che fu desto, e che de l' ora tarda 17.115.2 s' accorse, uscì di camera con fretta, 17.115.3 dove il falso cognato e la bugiarda 17.115.4 Orrigille lasciò con l' altra setta; 17.115.5 e quando non gli truova, e che riguarda 17.115.6 non v' esser l' arme né i panni, sospetta; 17.115.7 ma il veder poi più sospettoso il fece 17.115.8 l' insegne del compagno in quella vece. 17.116.1 Sopravien l' oste, e di colui l' informa 17.116.2 che già gran pezzo, di bianch' arme adorno, 17.116.3 con la donna e col resto de la torma 17.116.4 avea ne la città fatto ritorno. 17.116.5 Truova Grifone a poco a poco l' orma 17.116.6 ch' ascosa gli avea Amor fin a quel giorno; 17.116.7 e con suo gran dolor vede esser quello 17.116.8 adulter d' Orrigille, e non fratello. 17.117.1 Di sua sciochezza indarno ora si duole, 17.117.2 ch' avendo il ver dal peregrino udito, 17.117.3 lasciato mutar s' abbia alle parole 17.117.4 di chi l' avea più volte già tradito. 17.117.5 Vendicar si potea, né seppe: or vuole 17.117.6 l' inimico punir, che gli è fuggito; 17.117.7 et è constretto con troppo gran fallo 17.117.8 a tor di quel vil uom l' arme e 'l cavallo. 17.118.1 Eragli meglio andar senz' arme e nudo, 17.118.2 che porsi indosso la corazza indegna, 17.118.3 o ch' imbracciar l' abominato scudo, 17.118.4 o por su l' elmo la beffata insegna; 17.118.5 ma per seguir la meretrice e 'l drudo, 17.118.6 ragione in lui pari al disio non regna. 17.118.7 A tempo venne alla città, ch' ancora 17.118.8 il giorno avea quasi di vivo un' ora. 17.119.1 Presso alla porta ove Grifon venìa, 17.119.2 siede a sinistra un splendido castello, 17.119.3 che, più che forte e ch' a guerre atto sia, 17.119.4 di ricche stanze è accommodato e bello. 17.119.5 I re, i signori, i primi di Soria 17.119.6 con alte donne in un gentil drappello 17.119.7 celebravano quivi in loggia amena 17.119.8 la real sontuosa e lieta cena. 17.120.1 La bella loggia sopra 'l muro usciva 17.120.2 con l' alta ròcca fuor de la cittade; 17.120.3 e lungo tratto di lontan scopriva 17.120.4 i larghi campi e le diverse strade. 17.120.5 Or che Grifon verso la porta arriva 17.120.6 con quell' arme d' obbrobrio e di viltade, 17.120.7 fu con non troppa aventurosa sorte 17.120.8 dal re veduto e da tutta la corte: 17.121.1 e riputato quel di ch' avea insegna, 17.121.2 mosse le donne e i cavallieri a riso. 17.121.3 Il vil Martano, come quel che regna 17.121.4 in gran favor, dopo 'l re è 'l primo assiso, 17.121.5 e presso a-llui la donna di sé degna; 17.121.6 dai quali Norandin con lieto viso 17.121.7 vòlse saper chi fosse quel codardo 17.121.8 che così avea al suo onor poco riguardo; 17.122.1 che dopo una sì trista e brutta pruova, 17.122.2 con tanta fronte or gli tornava inante. 17.122.3 Dicea: -- Questa mi par cosa assai nuova, 17.122.4 ch' essendo voi guerrier degno e prestante, 17.122.5 costui compagno abbiate, che non truova, 17.122.6 di viltà, pari in terra di Levante. 17.122.7 Il fate forse per mostrar maggiore, 17.122.8 per tal contrario, il vostro alto valore. 17.123.1 Ma ben vi giuro per gli eterni dèi, 17.123.2 che se non fosse ch' io riguardo a vui, 17.123.3 la publica ignominia gli farei, 17.123.4 ch' io soglio fare agli altri pari a lui. 17.123.5 Perpetua ricordanza gli darei, 17.123.6 come ognor di viltà nimico fui. 17.123.7 Ma sappia, s' impunito se ne parte, 17.123.8 grado a voi che 'l menaste in questa parte. -- 17.124.1 Colui che fu de tutti i vizii il vaso, 17.124.2 rispose: -- Alto signor, dir non sapria 17.124.3 chi sia costui; ch' io l' ho trovato a caso, 17.124.4 venendo d' Antïochia, in su la via. 17.124.5 Il suo sembiante m' avea persuaso 17.124.6 che fosse degno di mia compagnia; 17.124.7 ch' intesa non n' avea pruova né vista, 17.124.8 se non quella che fece oggi assai trista. 17.125.1 La qual mi spiacque sì, che restò poco, 17.125.2 che per punir l' estrema sua viltade, 17.125.3 non gli facessi allora allora un gioco, 17.125.4 che non toccasse più lance né spade: 17.125.5 ma ebbi, più ch' a-llui, rispetto al loco, 17.125.6 e riverenzia a vostra maestade. 17.125.7 Né per me voglio che gli sia guadagno 17.125.8 l' essermi stato un giorno o dua compagno: 17.126.1 di che contaminato anco esser parme; 17.126.2 e sopra il cor mi sarà eterno peso, 17.126.3 se, con vergogna del mestier de l' arme, 17.126.4 io lo vedrò da noi partire illeso: 17.126.5 e meglio che lasciarlo, satisfarme 17.126.6 potrete, se sarà d' un merlo impeso; 17.126.7 e fia lodevol opra e signorile, 17.126.8 perch' el sia esempio e specchio ad ogni vile. -- 17.127.1 Al detto suo Martano Orrigille have, 17.127.2 senza accennar, confermatrice presta. 17.127.3 -- Non son (rispose il re) l' opre sì prave, 17.127.4 ch' al mio parer v' abbia d' andar la testa. 17.127.5 Voglio per pena del peccato grave, 17.127.6 che sol rinuovi al populo la festa. -- 17.127.7 E tosto a un suo baron, che fe' venire, 17.127.8 impose quanto avesse ad esequire. 17.128.1 Quel baron molti armati seco tolse, 17.128.2 et alla porta della terra scese; 17.128.3 e quivi con silenzio li raccolse, 17.128.4 e la venuta di Grifone attese: 17.128.5 e ne l' entrar sì d' improviso il colse, 17.128.6 che fra i duo ponti a salvamento il prese; 17.128.7 e lo ritenne con beffe e con scorno 17.128.8 in una oscura stanza insin al giorno. 17.129.1 Il Sole a pena avea il dorato crine 17.129.2 tolto di grembio alla nutrice antica, 17.129.3 e cominciava da le piagge alpine 17.129.4 a cacciar l' ombre e far la cima aprica; 17.129.5 quando temendo il vil Martan ch' al fine 17.129.6 Grifone ardito la sua causa dica, 17.129.7 e ritorni la colpa ond' era uscita, 17.129.8 tolse licenzia, e fece indi partita, 17.130.1 trovando idonia scusa al priego regio, 17.130.2 che non stia allo spettacolo ordinato. 17.130.3 Altri doni gli avea fatto, col pregio 17.130.4 de la non sua vittoria, il signor grato; 17.130.5 e sopra tutto un amplo privilegio, 17.130.6 dov' era d' alti onori al sommo ornato. 17.130.7 Lasciànlo andar; ch' io vi prometto certo, 17.130.8 che la mercede avrà secondo il merto. 17.131.1 Fu Grifon tratto a gran vergogna in piazza, 17.131.2 quando più si trovò piena di gente. 17.131.3 Gli avean levato l' elmo e la corazza, 17.131.4 e lasciato in farsetto assai vilmente; 17.131.5 e come il conducessero alla mazza, 17.131.6 posto l' avean sopra un carro eminente, 17.131.7 che lento lento tiravan due vacche 17.131.8 da lunga fame attenuate e fiacche. 17.132.1 Venian d' intorno alla ignobil quadriga 17.132.2 vecchie sfacciate e disoneste putte, 17.132.3 di che n' era una et or un' altra auriga, 17.132.4 e con gran biasmo lo mordeano tutte. 17.132.5 Lo poneano i fanciulli in maggior briga, 17.132.6 che, oltre le parole infami e brutte, 17.132.7 l' avrian coi sassi insino a morte offeso, 17.132.8 se dai più saggi non era difeso. 17.133.1 L' arme che del suo male erano state 17.133.2 cagion, che di lui fêr non vero indicio, 17.133.3 da la coda del carro strascinate 17.133.4 patian nel fango debito supplicio. 17.133.5 Le ruote inanzi a un tribunal fermate 17.133.6 gli fêro udir de l' altrui maleficio 17.133.7 la sua ignominia, che 'n sugli occhi detta 17.133.8 gli fu, gridando un publico trombetta. 17.134.1 Lo levâr quindi, e lo mostrâr per tutto 17.134.2 dinanzi a templi, ad officine e a case, 17.134.3 dove alcun nome scelerato e brutto, 17.134.4 che non gli fosse detto non rimase. 17.134.5 Fuor de la terra all' ultimo condutto 17.134.6 fu da la turba, che si persuase 17.134.7 bandirlo e cacciare indi a suon di busse, 17.134.8 non conoscendo ben ch' egli si fusse. 17.135.1 Sì tosto a pena gli sferraro i piedi 17.135.2 e liberâgli l' una e l' altra mano, 17.135.3 che tor lo scudo et impugnar gli vedi 17.135.4 la spada, che rigò gran pezzo il piano. 17.135.5 Non ebbe contra sé lance né spiedi; 17.135.6 che senz' arme venìa il populo insano. 17.135.7 Ne l' altro canto diferisco il resto; 17.135.8 che tempo è omai, Signor, di finir questo.
CANTO XVIII
18.1.1 Magnanimo Signore, ogni vostro atto 18.1.2 ho sempre con ragion laudato e laudo; 18.1.3 ben che col rozzo stil duro e mal atto 18.1.4 gran parte de la gloria vi defraudo. 18.1.5 Ma più de l' altre, una virtù m' ha tratto, 18.1.6 a cui col core e con la lingua applaudo; 18.1.7 che s' ognun truova in voi ben grata udienza, 18.1.8 non vi truova però facil credenza. 18.2.1 Spesso in difesa del biasmato absente 18.2.2 indur vi sento una et un' altra scusa, 18.2.3 o riserbargli almen, fin che presente 18.2.4 sua causa dica, l' altra orecchia chiusa; 18.2.5 e sempre, prima che dannar la gente, 18.2.6 vederla in faccia, e udir la ragion ch' usa; 18.2.7 differir anco e giorni e mesi et anni, 18.2.8 prima che giudicar negli altrui danni. 18.3.1 Se Norandino il simil fatto avesse, 18.3.2 fatto a Grifon non avria quel che fece. 18.3.3 A voi utile e onor sempre successe: 18.3.4 denigrò sua fama egli più che pece. 18.3.5 Per lui sue genti a morte furon messe; 18.3.6 che fe' Grifone in dieci tagli, e in diece 18.3.7 punte che trasse pien d' ira e bizzarro, 18.3.8 che trenta ne cascaro appresso al carro. 18.4.1 Van gli altri in rotta ove il timor li caccia, 18.4.2 chi qua chi là, pei campi e per le strade; 18.4.3 e chi d' entrar ne la città procaccia, 18.4.4 e l' un su l' altro ne la porta cade. 18.4.5 Grifon non fa parole e non minaccia; 18.4.6 ma lasciando lontana ogni pietade, 18.4.7 mena tra il vulgo inerte il ferro intorno, 18.4.8 e gran vendetta fa d' ogni suo scorno. 18.5.1 Di quei che primi giunsero alla porta, 18.5.2 che le piante a levarsi ebbeno pronte, 18.5.3 parte, al bisogno suo molto più accorta 18.5.4 che degli amici, alzò subito il ponte; 18.5.5 piangendo parte, o con la faccia smorta 18.5.6 fuggendo andò senza mai volger fronte, 18.5.7 e ne la terra per tutte le bande 18.5.8 levò grido e tumulto e rumor grande. 18.6.1 Grifon gagliardo duo ne piglia in quella 18.6.2 che 'l ponte si levò per lor sciagura. 18.6.3 Sparge de l' uno al campo le cervella; 18.6.4 che lo percuote ad una cote dura: 18.6.5 prende l' altro nel petto, e l' arrandella 18.6.6 in mezzo alla città sopra le mura. 18.6.7 Scórse per l' ossa ai terrazzani il gelo, 18.6.8 quando vider colui venir dal cielo. 18.7.1 Fur molti che temêr che 'l fier Grifone 18.7.2 sopra le mura avesse preso un salto. 18.7.3 Non vi sarebbe più confusïone, 18.7.4 s' a Damasco il soldan desse l' assalto. 18.7.5 Un muover d' arme, un correr di persone, 18.7.6 e di talacimanni un gridar d' alto, 18.7.7 e di tamburi un suon misto e di trombe 18.7.8 il mondo assorda, e 'l ciel par ne ribombe. 18.8.1 Ma voglio a un' altra volta differire 18.8.2 a ricontar ciò che di questo avenne. 18.8.3 Del buon re Carlo mi convien seguire, 18.8.4 che contra Rodomonte in fretta venne, 18.8.5 il qual le genti gli facea morire. 18.8.6 Io vi dissi ch' al re compagnia tenne 18.8.7 il gran Danese e Namo et Oliviero 18.8.8 e Avino e Avolio e Otone e Berlingiero. 18.9.1 Otto scontri di lance, che da forza 18.9.2 di tali otto guerrier cacciati fôro, 18.9.3 sostenne a un tempo la scagliosa scorza 18.9.4 di ch' avea armato il petto il crudo Moro. 18.9.5 Come legno si drizza, poi che l' orza 18.9.6 lenta il nochier che crescer sente il Coro, 18.9.7 così presto rizzossi Rodomonte 18.9.8 dai colpi che gittar doveano un monte. 18.10.1 Guido, Ranier, Ricardo, Salamone, 18.10.2 Ganelon traditor, Turpin fedele, 18.10.3 Angioliero, Angiolino, Ughetto, Ivone, 18.10.4 Marco e Matteo dal pian di San Michele, 18.10.5 e gli otto di che dianzi fei menzione, 18.10.6 son tutti intorno al Saracin crudele, 18.10.7 Arimanno e Odoardo d' Inghilterra, 18.10.8 ch' entrati eran pur dianzi ne la terra. 18.11.1 Non così freme in su lo scoglio alpino 18.11.2 di ben fondata ròcca alta parete, 18.11.3 quando il furor di borea o di garbino 18.11.4 svelle dai monti il frassino e l' abete; 18.11.5 come freme d' orgoglio il Saracino, 18.11.6 di sdegno acceso e di sanguigna sete: 18.11.7 e com' a un tempo è il tuono e la saetta, 18.11.8 così l' ira de l' empio e la vendetta. 18.12.1 Mena alla testa a quel che gli è più presso, 18.12.2 che gli è il misero Ughetto di Dordona: 18.12.3 lo pone in terra insino ai denti fesso, 18.12.4 come che l' elmo era di tempra buona. 18.12.5 Percosso fu tutto in un tempo anch' esso 18.12.6 da molti colpi in tutta la persona; 18.12.7 ma non gli fan più ch' all' incude l' ago: 18.12.8 sì duro intorno ha lo scaglioso drago. 18.13.1 Furo tutti i ripar, fu la cittade 18.13.2 d' intorno intorno abandonata tutta; 18.13.3 che la gente alla piazza, dove accade 18.13.4 maggior bisogno, Carlo avea ridutta. 18.13.5 Corre alla piazza da tutte le strade 18.13.6 la turba, a chi il fuggir sì poco frutta. 18.13.7 La persona del re sì i cori accende, 18.13.8 ch' ognun prend' arme, ognuno animo prende. 18.14.1 Come se dentro a ben rinchiusa gabbia 18.14.2 d' antiqua leonessa usata in guerra, 18.14.3 perch' averne piacere il popul abbia, 18.14.4 talvolta il tauro indomito si serra; 18.14.5 i leoncin che veggion per la sabbia 18.14.6 come altiero e mugliando animoso erra, 18.14.7 e veder sì gran corna non son usi, 18.14.8 stanno da parte timidi e confusi: 18.15.1 ma se la fiera madre a quel si lancia, 18.15.2 e ne l' orecchio attacca il crudel dente, 18.15.3 vogliono anch' essi insanguinar la guancia, 18.15.4 e vengono in soccorso arditamente; 18.15.5 chi morde al tauro il dosso e chi la pancia: 18.15.6 così contra il pagan fa quella gente. 18.15.7 Da tetti e da finestre e più d' appresso 18.15.8 sopra gli piove un nembo d' arme e spesso. 18.16.1 Dei cavallieri e de la fanteria 18.16.2 tanta è la calca, ch' a pena vi cape. 18.16.3 La turba che vi vien per ogni via, 18.16.4 v' abbonda ad or ad or spessa come ape; 18.16.5 che quando, disarmata e nuda, sia 18.16.6 più facile a tagliar che torsi o rape, 18.16.7 non la potria, legata a monte a monte, 18.16.8 in venti giorni spenger Rodomonte. 18.17.1 Al pagan, che non sa come ne possa 18.17.2 venir a capo, omai quel gioco incresce. 18.17.3 Poco, per far di mille, o di più, rossa 18.17.4 la terra intorno, il populo discresce. 18.17.5 Il fiato tuttavia più se gl' ingrossa, 18.17.6 sì che comprende al fin che, se non esce 18.17.7 or c' ha vigore e in tutto il corpo è sano, 18.17.8 vorrà da tempo uscir, che sarà invano. 18.18.1 Rivolge gli occhi orribili, e pon mente 18.18.2 che d' ogn' intorno sta chiusa l' uscita; 18.18.3 ma con ruina d' infinita gente 18.18.4 l' aprirà tosto, e la farà espedita. 18.18.5 Ecco, vibrando la spada tagliente, 18.18.6 che vien quel empio, ove il furor lo 'nvita, 18.18.7 ad assalire il nuovo stuol britanno 18.18.8 che vi trasse Odoardo et Arimanno. 18.19.1 Chi ha visto in piazza rompere steccato, 18.19.2 a cui la folta turba ondeggi intorno, 18.19.3 immansueto tauro accaneggiato, 18.19.4 stimulato e percosso tutto 'l giorno; 18.19.5 che 'l popul se ne fugge ispaventato, 18.19.6 et egli or questo or quel leva sul corno: 18.19.7 pensi che tale o più terribil fosse 18.19.8 il crudele African quando si mosse. 18.20.1 Quindici o venti ne tagliò a traverso, 18.20.2 altritanti lasciò del capo tronchi, 18.20.3 ciascun d' un colpo sol dritto o riverso; 18.20.4 che viti o salci par che poti e tronchi. 18.20.5 Tutto di sangue il fier pagano asperso, 18.20.6 lasciando capi fessi e bracci monchi, 18.20.7 e spalle e gambe et altre membra sparte, 18.20.8 ovunque il passo volga, al fin si parte. 18.21.1 De la piazza si vede in guisa tôrre, 18.21.2 che non si può notar ch' abbia paura; 18.21.3 ma tuttavolta col pensier discorre, 18.21.4 dove sia per uscir via più sicura. 18.21.5 Capita al fin dove la Senna corre 18.21.6 sotto all' isola, e va fuor de le mura. 18.21.7 La gente d' arme e il popul fatto audace 18.21.8 lo stringe e incalza, e gir nol lascia in pace. 18.22.1 Qual per le selve nomade o massile 18.22.2 cacciata va la generosa belva, 18.22.3 ch' ancor fuggendo mostra il cor gentile, 18.22.4 e minacciosa e lenta si rinselva; 18.22.5 tal Rodomonte, in nessun atto vile, 18.22.6 da strana circondato e fiera selva 18.22.7 d' aste e di spade e di volanti dardi, 18.22.8 si tira al fiume a passi lunghi e tardi. 18.23.1 E sì tre volte e più l' ira il sospinse, 18.23.2 ch' essendone già fuor, vi tornò in mezzo, 18.23.3 ove di sangue la spada ritinse, 18.23.4 e più di cento ne levò di mezzo. 18.23.5 Ma la ragione al fin la rabbia vinse 18.23.6 di non far sì, ch' a Dio n' andasse il lezzo; 18.23.7 e da la ripa, per miglior consiglio, 18.23.8 si gittò all' acqua, e uscì di gran periglio. 18.24.1 Con tutte l' arme andò per mezzo l' acque, 18.24.2 come s' intorno avesse tante galle. 18.24.3 Africa, in te pare a costui non nacque, 18.24.4 ben che d' Anteo ti vanti e d' Anniballe. 18.24.5 Poi che fu giunto a proda, gli dispiacque, 18.24.6 che si vide restar dopo le spalle 18.24.7 quella città ch' avea trascorsa tutta, 18.24.8 e non l' avea tutta arsa né distrutta. 18.25.1 E sì lo rode la superbia e l' ira, 18.25.2 che, per tornarvi un' altra volta, guarda, 18.25.3 e di profondo cor geme e sospira, 18.25.4 né vuolne uscir, che non la spiani et arda. 18.25.5 Ma lungo il fiume, in questa furia, mira 18.25.6 venir chi l' odio estingue e l' ira tarda. 18.25.7 Chi fosse io vi farò ben tosto udire; 18.25.8 ma prima un' altra cosa v' ho da dire. 18.26.1 Io v' ho da dir de la Discordia altiera, 18.26.2 a cui l' angel Michele avea commesso 18.26.3 ch' a battaglia accendesse e a lite fiera 18.26.4 quei che più forti avea Agramante appresso. 18.26.5 Uscì de' frati la medesma sera, 18.26.6 avendo altrui l' ufficio suo commesso: 18.26.7 lasciò la Fraude a guerreggiare il loco, 18.26.8 fin che tornasse, e a mantenervi il fuoco. 18.27.1 E le parve ch' andria con più possanza, 18.27.2 se la Superbia ancor seco menasse; 18.27.3 e perché stavan tutte in una stanza, 18.27.4 non fu bisogno ch' a cercar l' andasse. 18.27.5 La Superbia v' andò, ma non che sanza 18.27.6 la sua vicaria il monaster lasciasse: 18.27.7 per pochi dì che credea starne absente, 18.27.8 lasciò l' Ipocrisia locotenente. 18.28.1 L' implacabil Discordia in compagnia 18.28.2 de la Superbia si messe in camino, 18.28.3 e ritrovò che la medesma via 18.28.4 facea, per gire al campo saracino, 18.28.5 l' afflitta e sconsolata Gelosia; 18.28.6 e venìa seco un nano piccolino, 18.28.7 il qual mandava Doralice bella 18.28.8 al re di Sarza a dar di sé novella. 18.29.1 Quando ella venne a Mandricardo in mano 18.29.2 (ch' io v' ho già raccontato e come e dove), 18.29.3 tacitamente avea commesso al nano 18.29.4 che ne portasse a questo re le nuove. 18.29.5 Ella sperò che nol saprebbe invano, 18.29.6 ma che far si vedria mirabil pruove, 18.29.7 per rïaverla con crudel vendetta 18.29.8 da quel ladron che gli l' avea intercetta. 18.30.1 La Gelosia quel nano avea trovato; 18.30.2 e la cagion del suo venir compresa, 18.30.3 a caminar se gli era messa allato, 18.30.4 parendo d' aver luogo a questa impresa. 18.30.5 Alla Discordia ritrovar fu grato 18.30.6 la Gelosia; ma più quando ebbe intesa 18.30.7 la cagion del venir, che le potea 18.30.8 molto valere in quel che far volea. 18.31.1 D' inimicar con Rodomonte il figlio 18.31.2 del re Agrican le pare aver suggetto: 18.31.3 troverà a sdegnar gli altri altro consiglio; 18.31.4 a sdegnar questi duo questo è perfetto. 18.31.5 Col nano se ne vien dove l' artiglio 18.31.6 del fier pagano avea Parigi astretto; 18.31.7 e capitaro a punto in su la riva, 18.31.8 quando il crudel del fiume a nuoto usciva. 18.32.1 Tosto che riconobbe Rodomonte 18.32.2 costui de la sua donna esser messaggio, 18.32.3 estinse ogn' ira, e serenò la fronte, 18.32.4 e si sentì brillar dentro il coraggio. 18.32.5 Ogn' altra cosa aspetta che gli conte, 18.32.6 prima ch' alcuno abbia a lei fatto oltraggio. 18.32.7 Va contra il nano, e lieto gli domanda: 18.32.8 -- Ch' è de la donna nostra? ove ti manda? -- 18.33.1 Rispose il nano: -- Né più tua né mia 18.33.2 donna dirò quella ch' è serva altrui. 18.33.3 Ieri scontrammo un cavallier per via, 18.33.4 che ne la tolse, e la menò con lui. -- 18.33.5 A quello annunzio entrò la Gelosia, 18.33.6 fredda come aspe, et abbracciò costui. 18.33.7 Séguita il nano, e narragli in che guisa 18.33.8 un sol l' ha presa, e la sua gente uccisa. 18.34.1 L' acciaio allora la Discordia prese, 18.34.2 e la pietra focaia, e picchiò un poco, 18.34.3 e l' esca sotto la Superbia stese, 18.34.4 e fu attaccato in un momento il fuoco; 18.34.5 e sì di questo l' anima s' accese 18.34.6 del Saracin, che non trovava loco: 18.34.7 sospira e freme con sì orribil faccia, 18.34.8 che gli elementi e tutto il ciel minaccia. 18.35.1 Come la tigre, poi ch' invan discende 18.35.2 nel vòto albergo, e per tutto s' aggira, 18.35.3 e i cari figli all' ultimo comprende 18.35.4 essergli tolti, avampa di tant' ira, 18.35.5 a tanta rabbia, a tal furor s' estende, 18.35.6 che né a monte né a rio né a notte mira; 18.35.7 né lunga via, né grandine raffrena 18.35.8 l' odio che dietro al predator la mena: 18.36.1 così furendo il Saracin bizzarro 18.36.2 si volge al nano, e dice: -- Or là t' invia; -- 18.36.3 e non aspetta né destrier né carro, 18.36.4 e non fa motto alla sua compagnia. 18.36.5 Va con più fretta che non va il ramarro, 18.36.6 quando il ciel arde, a traversar la via. 18.36.7 Destrier non ha, ma il primo tor disegna, 18.36.8 sia di chi vuol, ch' ad incontrar lo vegna. 18.37.1 La Discordia ch' udì questo pensiero, 18.37.2 guardò, ridendo, la Superbia, e disse 18.37.3 che volea gire a trovare un destriero 18.37.4 che gli apportasse altre contese e risse; 18.37.5 e far volea sgombrar tutto il sentiero, 18.37.6 ch' altro che quello in man non gli venisse: 18.37.7 e già pensato avea dove trovarlo. 18.37.8 Ma costei lascio, e torno a dir di Carlo. 18.38.1 Poi ch' al partir del Saracin si estinse 18.38.2 Carlo d' intorno il periglioso fuoco, 18.38.3 tutte le genti all' ordine ristrinse. 18.38.4 Lascionne parte in qualche debol loco: 18.38.5 adosso il resto ai Saracini spinse, 18.38.6 per dar lor scacco, e guadagnarsi il giuoco; 18.38.7 e gli mandò per ogni porta fuore, 18.38.8 da San Germano infin a San Vittore. 18.39.1 E commandò ch' a porta San Marcello, 18.39.2 dov' era gran spianata di campagna, 18.39.3 aspettasse l' un l' altro, e in un drappello 18.39.4 si ragunasse tutta la compagna. 18.39.5 Quindi animando ognuno a far macello 18.39.6 tal, che sempre ricordo ne rimagna, 18.39.7 ai lor ordini andar fe' le bandiere, 18.39.8 e di battaglia dar segno alle schiere. 18.40.1 Il re Agramante in questo mezzo in sella, 18.40.2 mal grado dei cristian, rimesso s' era; 18.40.3 e con l' inamorato d' Isabella 18.40.4 facea battaglia perigliosa e fiera: 18.40.5 col re Sobrin Lurcanio si martella: 18.40.6 Rinaldo incontra avea tutta una schiera; 18.40.7 e con virtude e con fortuna molta 18.40.8 l' urta, l' apre, ruina e mette in volta. 18.41.1 Essendo la battaglia in questo stato, 18.41.2 l' imperatore assalse il retroguardo 18.41.3 dal canto ove Marsilio avea fermato 18.41.4 il fior di Spagna intorno al suo stendardo. 18.41.5 Con fanti in mezzo e cavallieri allato, 18.41.6 re Carlo spinse il suo popul gagliardo 18.41.7 con tal rumor di timpani e di trombe, 18.41.8 che tutto 'l mondo par che ne rimbombe. 18.42.1 Cominciavan le schiere a ritirarse 18.42.2 de' Saracini, e si sarebbon volte 18.42.3 tutte a fuggir, spezzate, rotte e sparse, 18.42.4 per mai più non potere esser raccolte; 18.42.5 ma 'l re Grandonio e Falsiron comparse, 18.42.6 che stati in maggior briga eran più volte, 18.42.7 e Balugante e Serpentin feroce, 18.42.8 e Ferraù che lor dicea a gran voce: 18.43.1 -- Ah (dicea) valentuomini, ah compagni, 18.43.2 ah fratelli, tenete il luogo vostro. 18.43.3 I nimici faranno opra di ragni, 18.43.4 se non manchiamo noi del dover nostro. 18.43.5 Guardate l' alto onor, gli ampli guadagni 18.43.6 che Fortuna, vincendo, oggi ci ha mostro: 18.43.7 guardate la vergogna e il danno estremo, 18.43.8 ch' essendo vinti, a patir sempre avremo. -- 18.44.1 Tolto in quel tempo una gran lancia avea, 18.44.2 e contra Berlingier venne di botto, 18.44.3 che sopra Largaliffa combattea, 18.44.4 e l' elmo ne la fronte gli avea rotto: 18.44.5 gittollo in terra, e con la spada rea 18.44.6 appresso a lui ne fe' cader forse otto. 18.44.7 Per ogni botta almanco, che disserra, 18.44.8 cader fa sempre un cavalliero in terra. 18.45.1 In altra parte ucciso avea Rinaldo 18.45.2 tanti pagan, ch' io non potrei contarli. 18.45.3 Dinanzi a lui non stava ordine saldo: 18.45.4 vedreste piazza in tutto 'l campo darli. 18.45.5 Non men Zerbin, non men Lurcanio è caldo: 18.45.6 per modo fan, ch' ognun sempre ne parli: 18.45.7 questo di punta avea Balastro ucciso, 18.45.8 e quello a Finadur l' elmo diviso. 18.46.1 L' esercito d' Alzerbe avea il primiero, 18.46.2 che poco inanzi aver solea Tardocco; 18.46.3 l' altro tenea sopra le squadre impero 18.46.4 di Zamor e di Saffi e di Marocco. 18.46.5 -- Non è tra gli Africani un cavalliero 18.46.6 che di lancia ferir sappia o di stocco? -- 18.46.7 mi si potrebbe dir; ma passo passo 18.46.8 nessun di gloria degno a dietro lasso. 18.47.1 Del re de la Zumara non si scorda 18.47.2 il nobil Dardinel figlio d' Almonte, 18.47.3 che con la lancia Uberto da Mirforda, 18.47.4 Claudio dal Bosco, Elio e Dulfin dal Monte, 18.47.5 e con la spada Anselmo da Stanforda, 18.47.6 e da Londra Raimondo e Pinamonte 18.47.7 getta per terra (et erano pur forti), 18.47.8 dui storditi, un piagato, e quattro morti. 18.48.1 Ma con tutto 'l valor che di sé mostra, 18.48.2 non può tener sì ferma la sua gente, 18.48.3 sì ferma, ch' aspettar voglia la nostra 18.48.4 di numero minor, ma più valente. 18.48.5 Ha più ragion di spada e più di giostra 18.48.6 e d' ogni cosa a guerra appertinente. 18.48.7 Fugge la gente maura, di Zumara, 18.48.8 di Setta, di Marocco e di Canara. 18.49.1 Ma più degli altri fuggon quei d' Alzerbe, 18.49.2 a cui s' oppose il nobil giovinetto; 18.49.3 et or con prieghi, or con parole acerbe 18.49.4 ripor lor cerca l' animo nel petto. 18.49.5 -- S' Almonte meritò ch' in voi si serbe 18.49.6 di lui memoria, or ne vedrò l' effetto: 18.49.7 io vedrò (dicea lor) se me, suo figlio, 18.49.8 lasciar vorrete in così gran periglio. 18.50.1 State, vi priego per mia verde etade, 18.50.2 in cui solete aver sì larga speme: 18.50.3 deh non vogliate andar per fil di spade, 18.50.4 ch' in Africa non torni di noi seme. 18.50.5 Per tutto ne saran chiuse le strade, 18.50.6 se non andiam raccolti e stretti insieme: 18.50.7 troppo alto muro e troppo larga fossa 18.50.8 è il monte e il mar, pria che tornar si possa. 18.51.1 Molto è meglio morir qui, ch' ai supplìci 18.51.2 darsi e alla discrezion di questi cani. 18.51.3 State saldi, per Dio, fedeli amici; 18.51.4 che tutti son gli altri rimedii vani. 18.51.5 Non han di noi più vita gli nimici; 18.51.6 più d' un' alma non han, più di due mani. -- 18.51.7 Così dicendo, il giovinetto forte 18.51.8 al conte d' Otonlei diede la morte. 18.52.1 Il rimembrare Almonte così accese 18.52.2 l' esercito african che fuggia prima, 18.52.3 che le braccia e le mani in sue difese 18.52.4 meglio, che rivoltar le spalle, estima. 18.52.5 Guglielmo da Burnich era uno Inglese 18.52.6 maggior di tutti, e Dardinello il cima, 18.52.7 e lo pareggia agli altri; e apresso taglia 18.52.8 il capo ad Aramon di Cornovaglia. 18.53.1 Morto cadea questo Aramone a valle; 18.53.2 e v' accorse il fratel per dargli aiuto: 18.53.3 ma Dardinel l' aperse per le spalle 18.53.4 fin giù dove lo stomaco è forcuto. 18.53.5 Poi forò il ventre a Bogio da Vergalle, 18.53.6 e lo mandò del debito assoluto: 18.53.7 avea promesso alla moglier fra sei 18.53.8 mesi, vivendo, di tornare a lei. 18.54.1 Vide non lungi Dardinel gagliardo 18.54.2 venir Lurcanio, ch' avea in terra messo 18.54.3 Dorchin, passato ne la gola, e Gardo, 18.54.4 per mezzo il capo e insin ai denti fesso; 18.54.5 e ch' Alteo fuggir vòlse, ma fu tardo, 18.54.6 Alteo ch' amò quanto il suo core istesso; 18.54.7 che dietro alla collottola gli mise 18.54.8 il fier Lurcanio un colpo che l' uccise. 18.55.1 Piglia una lancia, e va per far vendetta, 18.55.2 dicendo al suo Macon (s' udir lo puote), 18.55.3 che se morto Lurcanio in terra getta, 18.55.4 ne la moschea ne porrà l' arme vòte. 18.55.5 Poi traversando la campagna in fretta, 18.55.6 con tanta forza il fianco gli percuote, 18.55.7 che tutto il passa sin all' altra banda; 18.55.8 et ai suoi, che lo spoglino, commanda. 18.56.1 Non è da domandarmi, se dolere 18.56.2 se ne dovesse Arïodante il frate; 18.56.3 se desïasse di sua man potere 18.56.4 por Dardinel fra l' anime dannate: 18.56.5 ma nol lascian le genti adito avere, 18.56.6 non men de le 'nfedel le battezzate. 18.56.7 Vorria pur vendicarsi, e con la spada 18.56.8 di qua di là spianando va la strada. 18.57.1 Urta, apre, caccia, atterra, taglia e fende 18.57.2 qualunque lo 'mpedisce o gli contrasta. 18.57.3 E Dardinel che quel disire intende, 18.57.4 a volerlo saziar già non sovrasta: 18.57.5 ma la gran moltitudine contende 18.57.6 con questo ancora, e i suoi disegni guasta. 18.57.7 Se' Mori uccide l' un, l' altro non manco 18.57.8 gli Scotti uccide e il campo inglese e 'l franco. 18.58.1 Fortuna sempremai la via lor tolse, 18.58.2 che per tutto quel dì non s' accozzaro. 18.58.3 A più famosa man serbar l' un vòlse; 18.58.4 che l' uomo il suo destin fugge di raro. 18.58.5 Ecco Rinaldo a questa strada volse, 18.58.6 perch' alla vita d' un non sia riparo: 18.58.7 ecco Rinaldo vien: Fortuna il guida 18.58.8 per dargli onor che Dardinello uccida. 18.59.1 Ma sia per questa volta detto assai 18.59.2 dei glorïosi fatti di Ponente. 18.59.3 Tempo è ch' io torni ove Grifon lasciai, 18.59.4 che tutto d' ira e di disdegno ardente 18.59.5 facea, con più timor ch' avesse mai, 18.59.6 tumultuar la sbigottita gente. 18.59.7 Re Norandino a quel rumor corso era 18.59.8 con più di mille armati in una schiera. 18.60.1 Re Norandin con la sua corte armata, 18.60.2 vedendo tutto 'l populo fuggire, 18.60.3 venne alla porta in battaglia ordinata, 18.60.4 e quella fece alla sua giunta aprire. 18.60.5 Grifone intanto avendo già cacciata 18.60.6 da sé la turba sciocca e senza ardire, 18.60.7 la sprezzata armatura in sua difesa 18.60.8 (qual la si fosse) avea di nuovo presa; 18.61.1 e presso a un tempio ben murato e forte, 18.61.2 che circondato era d' un' alta fossa, 18.61.3 in capo un ponticel si fece forte, 18.61.4 perché chiuderlo in mezzo alcun non possa. 18.61.5 Ecco, gridando e minacciando forte, 18.61.6 fuor de la porta esce una squadra grossa. 18.61.7 L' animoso Grifon non muta loco, 18.61.8 e fa sembiante che ne tema poco. 18.62.1 E poi ch' avicinar questo drappello 18.62.2 si vide, andò a trovarlo in su la strada; 18.62.3 e molta strage fattane e macello 18.62.4 (che menava a due man sempre la spada), 18.62.5 ricorso avea allo stretto ponticello, 18.62.6 e quindi li tenea non troppo a bada: 18.62.7 di nuovo usciva e di nuovo tornava; 18.62.8 e sempre orribil segno vi lasciava. 18.63.1 Quando di dritto e quando di riverso 18.63.2 getta or pedoni or cavallieri in terra. 18.63.3 Il popul contra lui tutto converso 18.63.4 più e più sempre inaspera la guerra. 18.63.5 Teme Grifone al fin restar sommerso: 18.63.6 sì cresce il mar che d' ogn' intorno il serra; 18.63.7 e ne la spalla e ne la coscia manca 18.63.8 è già ferito, e pur la lena manca. 18.64.1 Ma la virtù, ch' ai suoi spesso soccorre, 18.64.2 gli fa appo Norandin trovar perdono. 18.64.3 Il re, mentre al tumulto in dubbio corre, 18.64.4 vede che morti già tanti ne sono; 18.64.5 vede le piaghe che di man d' Ettorre 18.64.6 pareano uscite: un testimonio buono, 18.64.7 che dianzi esso avea fatto indegnamente 18.64.8 vergogna a un cavallier molto eccellente. 18.65.1 Poi, come gli è più presso, e vede in fronte 18.65.2 quel che la gente a morte gli ha condutta, 18.65.3 e fattosene avanti orribil monte, 18.65.4 e di quel sangue il fosso e l' acqua brutta; 18.65.5 gli è aviso di veder proprio sul ponte 18.65.6 Orazio sol contra Toscana tutta: 18.65.7 e per suo onore, e perché gli ne 'ncrebbe, 18.65.8 ritrasse i suoi, né gran fatica v' ebbe. 18.66.1 Et alzando la man nuda e senz' arme, 18.66.2 antico segno di tregua o di pace, 18.66.3 disse a Grifon: -- Non so, se non chiamarme 18.66.4 d' avere il torto, e dir che mi dispiace: 18.66.5 ma il mio poco giudicio, e lo instigarme 18.66.6 altrui, cadere in tanto error mi face. 18.66.7 Quel che di fare io mi credea al più vile 18.66.8 guerrier del mondo, ho fatto al più gentile. 18.67.1 E se bene alla ingiuria et a quell' onta 18.67.2 ch' oggi fatta ti fu per ignoranza, 18.67.3 l' onor che ti fai qui s' adegua e sconta, 18.67.4 o (per più vero dir) supera e avanza; 18.67.5 la satisfazïon ci serà pronta 18.67.6 a tutto mio sapere e mia possanza, 18.67.7 quando io conosca di poter far quella 18.67.8 per oro o per cittadi o per castella. 18.68.1 Chiedimi la metà di questo regno, 18.68.2 ch' io son per fartene oggi possessore; 18.68.3 che l' alta tua virtù non ti fa degno 18.68.4 di questo sol, ma ch' io ti doni il core: 18.68.5 e la tua mano in questo mezzo, pegno 18.68.6 di fé mi dona e di perpetuo amore. -- 18.68.7 Così dicendo, da cavallo scese, 18.68.8 e vêr Grifon la destra mano stese. 18.69.1 Grifon, vedendo il re fatto benigno 18.69.2 venirgli per gittar le braccia al collo, 18.69.3 lasciò la spada e l' animo maligno, 18.69.4 e sotto l' anche et umile abbracciollo. 18.69.5 Lo vide il re di due piaghe sanguigno, 18.69.6 e tosto fe' venir chi medicollo; 18.69.7 indi portar ne la cittade adagio, 18.69.8 e riposar nel suo real palagio. 18.70.1 Dove, ferito, alquanti giorni, inante 18.70.2 che si potesse armar, fece soggiorno. 18.70.3 Ma lascio lui, ch' al suo frate Aquilante 18.70.4 et ad Astolfo in Palestina torno, 18.70.5 che di Grifon, poi che lasciò le sante 18.70.6 mura, cercare han fatto più d' un giorno 18.70.7 in tutti i lochi in Solima devoti, 18.70.8 e in molti ancor da la città remoti. 18.71.1 Or né l' uno né l' altro è sì indovino, 18.71.2 che di Grifon possa saper che sia: 18.71.3 ma venne lor quel Greco peregrino, 18.71.4 nel ragionare, a caso a darne spia, 18.71.5 dicendo ch' Orrigille avea il camino 18.71.6 verso Antïochia preso di Soria, 18.71.7 d' un nuovo drudo, ch' era di quel loco, 18.71.8 di subito arsa e d' improviso fuoco. 18.72.1 Dimandògli Aquilante, se di questo 18.72.2 così notizia avea data a Grifone; 18.72.3 e come l' affermò, s' avisò il resto, 18.72.4 perché fosse partito, e la cagione. 18.72.5 Ch' Orrigille ha seguito è manifesto 18.72.6 in Antïochia con intenzïone 18.72.7 di levarla di man del suo rivale 18.72.8 con gran vendetta e memorabil male. 18.73.1 Non tolerò Aquilante che 'l fratello 18.73.2 solo e senz' esso a quell' impresa andasse; 18.73.3 e prese l' arme, e venne dietro a quello: 18.73.4 ma prima pregò il duca che tardasse 18.73.5 l' andata in Francia et al paterno ostello, 18.73.6 fin ch' esso d' Antïochia ritornasse. 18.73.7 Scende al Zaffo e s' imbarca; che gli pare 18.73.8 e più breve e miglior la via del mare. 18.74.1 Ebbe un ostro--silocco allor possente 18.74.2 tanto nel mare, e sì per lui disposto, 18.74.3 che la terra del Surro il dì seguente 18.74.4 vide e Saffetto, un dopo l' altro tosto. 18.74.5 Passa Barutti e il Zibeletto, e sente 18.74.6 che da man manca gli è Cipro discosto. 18.74.7 A Tortosa da Tripoli, e alla Lizza 18.74.8 e al golfo di Laiazzo il camin drizza. 18.75.1 Quindi a levante fe' il nocchier la fronte 18.75.2 del navilio voltar snello e veloce; 18.75.3 et a sorger n' andò sopra l' Oronte, 18.75.4 e colse il tempo, e ne pigliò la foce. 18.75.5 Gittar fece Aquilante in terra il ponte, 18.75.6 e n' uscì armato sul destrier feroce; 18.75.7 e contra il fiume il camin dritto tenne, 18.75.8 tanto ch' in Antïochia se ne venne. 18.76.1 Di quel Martano ivi ebbe ad informarse; 18.76.2 et udì ch' a Damasco se n' era ito 18.76.3 con Orrigille, ove una giostra farse 18.76.4 dovea solenne per reale invito. 18.76.5 Tanto d' andargli dietro il desir l' arse, 18.76.6 certo che 'l suo german l' abbia seguito, 18.76.7 che d' Antïochia anco quel dì si tolle; 18.76.8 ma già per mar più ritornar non volle. 18.77.1 Verso Lidia e Larissa il camin piega: 18.77.2 resta più sopra Aleppe ricca e piena. 18.77.3 Dio, per mostrar ch' ancor di qua non niega 18.77.4 mercede al bene, et al contrario pena, 18.77.5 Martano appresso a Mamuga una lega 18.77.6 ad incontrarsi in Aquilante mena. 18.77.7 Martano si facea con bella mostra 18.77.8 portare inanzi il pregio de la giostra. 18.78.1 Pensò Aquilante al primo comparire, 18.78.2 che 'l vil Martano il suo fratello fosse; 18.78.3 che l' ingannaron l' arme, e quel vestire 18.78.4 candido più che nievi ancor non mosse: 18.78.5 e con quell' oh! che d' allegrezza dire 18.78.6 si suole, incominciò; ma poi cangiosse 18.78.7 tosto di faccia e di parlar, ch' appresso 18.78.8 s' avide meglio, che non era desso. 18.79.1 Dubitò che per fraude di colei 18.79.2 ch' era con lui, Grifon gli avesse ucciso; 18.79.3 e: -- Dimmi (gli gridò) tu ch' esser déi 18.79.4 un ladro e un traditor, come n' hai viso, 18.79.5 onde hai quest' arme avute? onde ti sei 18.79.6 sul buon destrier del mio fratello assiso? 18.79.7 Dimmi se 'l mio fratello è morto o vivo; 18.79.8 come de l' arme e del destrier l' hai privo. -- 18.80.1 Quando Orrigille udì l' irata voce, 18.80.2 a dietro il palafren per fuggir volse; 18.80.3 ma di lei fu Aquilante più veloce, 18.80.4 e fecela fermar, vòlse o non vòlse. 18.80.5 Martano al minacciar tanto feroce 18.80.6 del cavallier, che sì improviso il colse, 18.80.7 pallido triema, come al vento fronda, 18.80.8 né sa quel che si faccia o che risponda. 18.81.1 Grida Aquilante, e fulminar non resta, 18.81.2 e la spada gli pon dritto alla strozza; 18.81.3 e giurando minaccia che la testa 18.81.4 ad Orrigille e a lui rimarrà mozza, 18.81.5 se tutto il fatto non gli manifesta. 18.81.6 Il mal giunto Martano alquanto ingozza, 18.81.7 e tra sé volve se può sminuire 18.81.8 sua grave colpa, e poi comincia a dire: 18.82.1 -- Sappi, signor, che mia sorella è questa, 18.82.2 nata di buona e virtuosa gente, 18.82.3 ben che tenuta in vita disonesta 18.82.4 l' abbia Grifone obbrobrïosamente: 18.82.5 e tale infamia essendomi molesta, 18.82.6 né per forza sentendomi possente 18.82.7 di torla a sì grande uom, feci disegno 18.82.8 d' averla per astuzia e per ingegno. 18.83.1 Tenni modo con lei, ch' avea desire 18.83.2 di ritornare a più lodata vita, 18.83.3 ch' essendosi Grifon messo a dormire, 18.83.4 chetamente da lui fêsse partita. 18.83.5 Così fece ella; e perché egli a seguire 18.83.6 non n' abbia, et a turbar la tela ordita, 18.83.7 noi lo lasciammo disarmato e a piedi; 18.83.8 e qua venuti siàn, come tu vedi. -- 18.84.1 Poteasi dar di somma astuzia vanto, 18.84.2 che colui facilmente gli credea; 18.84.3 e, fuor che 'n torgli arme e destrier e quanto 18.84.4 tenesse di Grifon, non gli nocea; 18.84.5 se non volea pulir sua scusa tanto, 18.84.6 che la facesse di menzogna rea: 18.84.7 buona era ogn' altra parte, se non quella 18.84.8 che la femina a-llui fosse sorella. 18.85.1 Avea Aquilante in Antïochia inteso 18.85.2 essergli concubina, da più genti; 18.85.3 onde gridando, di furore acceso: 18.85.4 -- Falsissimo ladron, tu te ne menti! -- 18.85.5 un pugno gli tirò di tanto peso, 18.85.6 che ne la gola gli cacciò duo denti: 18.85.7 e senza più contesa, ambe le braccia 18.85.8 gli volge dietro, e d' una fune allaccia; 18.86.1 e parimente fece ad Orrigille, 18.86.2 ben che in sua scusa ella dicesse assai. 18.86.3 Quindi li trasse per casali e ville, 18.86.4 né li lasciò fin a Damasco mai; 18.86.5 e de le miglia mille volte mille 18.86.6 tratti gli avrebbe con pene e con guai, 18.86.7 fin ch' avesse trovato il suo fratello, 18.86.8 per farne poi come piacesse a quello. 18.87.1 Fece Aquilante lor scudieri e some 18.87.2 seco tornare, et in Damasco venne, 18.87.3 e trovò di Grifon celebre il nome 18.87.4 per tutta la città batter le penne: 18.87.5 piccoli e grandi, ognun sapea già come 18.87.6 egli era, che sì ben corse l' antenne, 18.87.7 et a cui tolto fu con falsa mostra 18.87.8 dal compagno la gloria de la giostra. 18.88.1 Il popul tutto al vil Martano infesto, 18.88.2 l' uno all' altro additandolo, lo scuopre. 18.88.3 -- Non è (dicean), non è il ribaldo questo, 18.88.4 che si fa laude con l' altrui buone opre? 18.88.5 e la virtù di chi non è ben desto, 18.88.6 con la sua infamia e col suo obbrobrio copre? 18.88.7 Non è l' ingrata femina costei, 18.88.8 la qual tradisce i buoni e aiuta i rei? -- 18.89.1 Altri dicean: -- Come stan bene insieme 18.89.2 segnati ambi d' un marchio e d' una razza! -- 18.89.3 Chi li bestemmia, chi lor dietro freme, 18.89.4 chi grida: -- Impicca, abrucia, squarta, amazza! -- 18.89.5 La turba per veder s' urta, si preme, 18.89.6 e corre inanzi alle strade, alla piazza. 18.89.7 Venne la nuova al re, che mostrò segno 18.89.8 d' averla cara più ch' un altro regno. 18.90.1 Senza molti scudier dietro o davante, 18.90.2 come si ritrovò, si mosse in fretta, 18.90.3 e venne ad incontrarsi in Aquilante, 18.90.4 ch' avea del suo Grifon fatto vendetta; 18.90.5 e quello onora con gentil sembiante, 18.90.6 seco lo 'nvita, e seco lo ricetta; 18.90.7 di suo consenso avendo fatto porre 18.90.8 i duo prigioni in fondo d' una torre. 18.91.1 Andaro insieme ove del letto mosso 18.91.2 Grifon non s' era, poi che fu ferito, 18.91.3 che vedendo il fratel, divenne rosso; 18.91.4 che ben stimò ch' avea il suo caso udito. 18.91.5 E poi che motteggiando un poco adosso 18.91.6 gli andò Aquilante, messero a partito 18.91.7 di dare a quelli duo iusto martoro, 18.91.8 venuti in man degli avversari loro. 18.92.1 Vuole Aquilante, vuole il re che mille 18.92.2 strazii ne sieno fatti; ma Grifone 18.92.3 (perché non osa dir sol d' Orrigille) 18.92.4 all' uno e all' altro vuol che si perdone. 18.92.5 Disse assai cose, e molto ben ordille; 18.92.6 fugli risposto; or per conclusïone 18.92.7 Martano è disegnato in mano al boia, 18.92.8 ch' abbia a scoparlo, e non però che moia. 18.93.1 Legar lo fanno, e non tra' fiori e l' erba, 18.93.2 e per tutto scopar l' altra matina. 18.93.3 Orrigille captiva si riserba 18.93.4 fin che ritorni la bella Lucina, 18.93.5 al cui saggio parere, o lieve o acerba, 18.93.6 rimetton quei signor la disciplina. 18.93.7 Quivi stette Aquilante a ricrearsi 18.93.8 fin che 'l fratel fu sano e poté armarsi. 18.94.1 Re Norandin, che temperato e saggio 18.94.2 divenuto era dopo un tanto errore, 18.94.3 non potea non aver sempre il coraggio 18.94.4 di penitenzia pieno e di dolore, 18.94.5 d' aver fatto a colui danno et oltraggio, 18.94.6 che degno di mercede era e d' onore: 18.94.7 sì che dì e notte avea il pensiero intento 18.94.8 per farlo rimaner di sé contento. 18.95.1 E statuì nel publico conspetto 18.95.2 de la città, di tanta ingiuria rea, 18.95.3 con quella maggior gloria ch' a perfetto 18.95.4 cavallier per un re dar si potea, 18.95.5 di rendergli quel premio ch' intercetto 18.95.6 con tanto inganno il traditor gli avea: 18.95.7 e perciò fe' bandir per quel paese, 18.95.8 che faria un' altra giostra indi ad un mese. 18.96.1 Di ch' apparecchio fa tanto solenne, 18.96.2 quanto a pompa real possibil sia: 18.96.3 onde la Fama con veloci penne 18.96.4 portò la nuova per tutta Soria; 18.96.5 et in Fenicia e in Palestina venne, 18.96.6 e tanto, ch' ad Astolfo ne diè spia, 18.96.7 il qual col viceré deliberosse 18.96.8 che quella giostra senza lor non fosse. 18.97.1 Per guerrier valoroso e di gran nome 18.97.2 la vera istoria Sansonetto vanta. 18.97.3 Gli diè battesmo Orlando, e Carlo (come 18.97.4 v' ho detto) a governar la Terra Santa. 18.97.5 Astolfo con costui levò le some, 18.97.6 per ritrovarsi ove la Fama canta 18.97.7 sì, che d' intorno n' ha piena ogni orecchia, 18.97.8 ch' in Damasco la giostra s' apparecchia. 18.98.1 Or cavalcando per quelle contrade 18.98.2 con non lunghi vïaggi, agiati e lenti, 18.98.3 per ritrovarsi freschi alla cittade 18.98.4 poi di Damasco il dì de' torniamenti, 18.98.5 scontraro in una croce di due strade 18.98.6 persona ch' al vestire e a' movimenti 18.98.7 avea sembianza d' uomo, e femin' era, 18.98.8 ne le battaglie a maraviglia fiera. 18.99.1 La vergine Marfisa si nomava, 18.99.2 di tal valor, che con la spada in mano 18.99.3 fece più volte al gran signor di Brava 18.99.4 sudar la fronte e a quel di Montalbano; 18.99.5 e 'l dì e la notte armata sempre andava 18.99.6 di qua di là cercando in monte e in piano 18.99.7 con cavallieri erranti riscontrarsi, 18.99.8 et immortale e glorïosa farsi. 18.100.1 Com' ella vide Astolfo e Sansonetto, 18.100.2 ch' appresso le venian con l' arme indosso, 18.100.3 prodi guerrier le parvero all' aspetto; 18.100.4 ch' erano ambeduo grandi e di buono osso: 18.100.5 e perché di provarsi avria diletto, 18.100.6 per isfidarli avea il destrier già mosso; 18.100.7 quando, affissando l' occhio più vicino, 18.100.8 conosciuto ebbe il duca paladino. 18.101.1 De la piacevolezza le sovenne 18.101.2 del cavallier, quando al Catai seco era: 18.101.3 e lo chiamò per nome, e non si tenne 18.101.4 la man nel guanto, e alzossi la visiera; 18.101.5 e con gran festa ad abbracciarlo venne, 18.101.6 come che sopra ogn' altra fosse altiera. 18.101.7 Non men da l' altra parte riverente 18.101.8 fu il paladino alla donna eccellente. 18.102.1 Tra lor si domandaron di lor via: 18.102.2 e poi ch' Astolfo, che prima rispose, 18.102.3 narrò come a Damasco se ne gìa, 18.102.4 dove le genti in arme valorose 18.102.5 avea invitato il re de la Soria 18.102.6 a dimostrar lor opre virtuose; 18.102.7 Marfisa, sempre a far gran pruove accesa, 18.102.8 -- Voglio esser con voi (disse) a questa impresa. -- 18.103.1 Sommamente ebbe Astolfo grata questa 18.103.2 compagna d' arme, e così Sansonetto. 18.103.3 Furo a Damasco il dì inanzi la festa, 18.103.4 e di fuora nel borgo ebbon ricetto: 18.103.5 e sin all' ora che dal sonno desta 18.103.6 l' Aurora il vecchiarel già suo diletto, 18.103.7 quivi si riposâr con maggior agio, 18.103.8 che se smontati fossero al palagio. 18.104.1 E poi che 'l nuovo sol lucido e chiaro 18.104.2 per tutto sparsi ebbe i fulgenti raggi, 18.104.3 la bella donna e i duo guerrier s' armaro, 18.104.4 mandato avendo alla città messaggi; 18.104.5 che, come tempo fu, lor rapportaro 18.104.6 che per veder spezzar frassini e faggi 18.104.7 re Norandino era venuto al loco 18.104.8 ch' avea constituito al fiero gioco. 18.105.1 Senza più indugio alla città ne vanno, 18.105.2 e per la via maestra alla gran piazza, 18.105.3 dove aspettando il real segno stanno 18.105.4 quinci e quindi i guerrier di buona razza. 18.105.5 I premii che quel giorno si daranno 18.105.6 a chi vince, è uno stocco et una mazza 18.105.7 guerniti riccamente, e un destrier, quale 18.105.8 sia convenevol dono a un signor tale. 18.106.1 Avendo Norandin fermo nel core 18.106.2 che, come il primo pregio, il secondo anco, 18.106.3 e d' ambedue le giostre il sommo onore 18.106.4 si debba guadagnar Grifone il bianco; 18.106.5 per dargli tutto quel ch' uom di valore 18.106.6 dovrebbe aver, né debbe far con manco, 18.106.7 posto con l' arme in questo ultimo pregio 18.106.8 ha stocco e mazza e destrier molto egregio. 18.107.1 L' arme che ne la giostra fatta dianzi 18.107.2 si doveano a Grifon che 'l tutto vinse, 18.107.3 e che usurpate avea con tristi avanzi 18.107.4 Martano che Grifone esser si finse, 18.107.5 quivi si fece il re pendere inanzi, 18.107.6 e il ben guernito stocco a quelle cinse, 18.107.7 e la mazza all' arcion del destrier messe, 18.107.8 perché Grifon l' un pregio e l' altro avesse. 18.108.1 Ma che sua intenzïone avesse effetto 18.108.2 vietò quella magnanima guerriera, 18.108.3 che con Astolfo e col buon Sansonetto 18.108.4 in piazza nuovamente venuta era. 18.108.5 Costei, vedendo l' arme ch' io v' ho detto, 18.108.6 subito n' ebbe conoscenza vera: 18.108.7 però che già sue furo, e l' ebbe care 18.108.8 quanto si suol le cose ottime e rare; 18.109.1 ben che l' avea lasciate in su la strada 18.109.2 a quella volta che le fur d' impaccio, 18.109.3 quando per rïaver sua buona spada 18.109.4 correa dietro a Brunel degno di laccio. 18.109.5 Questa istoria non credo che m' accada 18.109.6 altrimenti narrar; però la taccio. 18.109.7 Da me vi basti intendere a che guisa 18.109.8 quivi trovasse l' arme sue Marfisa. 18.110.1 Intenderete ancor, che come l' ebbe 18.110.2 riconosciute a manifeste note, 18.110.3 per altro che sia al mondo, non le avrebbe 18.110.4 lasciate un dì di sua persona vòte. 18.110.5 Se più tenere un modo o un altro debbe 18.110.6 per racquistarle, ella pensar non puote: 18.110.7 ma se gli accosta a un tratto, e la man stende, 18.110.8 e senz' altro rispetto se le prende; 18.111.1 e per la fretta ch' ella n' ebbe, avenne 18.111.2 ch' altre ne prese, altre mandonne in terra. 18.111.3 Il re, che troppo offeso se ne tenne, 18.111.4 con uno sguardo sol le mosse guerra; 18.111.5 che 'l popul, che l' ingiuria non sostenne, 18.111.6 per vendicarlo e lance e spade afferra, 18.111.7 non rammentando ciò ch' i giorni inanti 18.111.8 nocque il dar noia ai cavallieri erranti. 18.112.1 Né fra vermigli fiori, azzurri e gialli 18.112.2 vago fanciullo alla stagion novella, 18.112.3 né mai si ritrovò fra suoni e balli 18.112.4 più volentieri ornata donna e bella; 18.112.5 che fra strepito d' arme e di cavalli, 18.112.6 e fra punte di lance e di quadrella, 18.112.7 dove si sparga sangue e si dia morte, 18.112.8 costei si truovi, oltre ogni creder forte. 18.113.1 Spinge il cavallo, e ne la turba sciocca 18.113.2 con l' asta bassa impetuosa fere; 18.113.3 e chi nel collo e chi nel petto imbrocca, 18.113.4 e fa con l' urto or questo or quel cadere: 18.113.5 poi con la spada uno et un altro tocca, 18.113.6 e fa qual senza capo rimanere, 18.113.7 e qual con rotto, e qual passato al fianco, 18.113.8 e qual del braccio privo o destro o manco. 18.114.1 L' ardito Astolfo e il forte Sansonetto, 18.114.2 ch' avean con lei vestita e piastra e maglia, 18.114.3 ben che non venner già per tale effetto, 18.114.4 pur, vedendo attaccata la battaglia, 18.114.5 abbassan la visiera de l' elmetto, 18.114.6 e poi la lancia per quella canaglia; 18.114.7 et indi van con la tagliente spada 18.114.8 di qua di là facendosi far strada. 18.115.1 I cavallieri di nazion diverse, 18.115.2 ch' erano per giostrar quivi ridutti, 18.115.3 vedendo l' arme in tal furor converse, 18.115.4 e gli aspettati giuochi in gravi lutti 18.115.5 (che la cagion ch' avesse di dolerse 18.115.6 la plebe irata non sapeano tutti, 18.115.7 né ch' al re tanta ingiuria fosse fatta), 18.115.8 stavan con dubbia mente e stupefatta. 18.116.1 Di ch' altri a favorir la turba venne, 18.116.2 che tardi poi non se ne fu a pentire; 18.116.3 altri, a cui la città più non attenne 18.116.4 che gli stranieri, accorse a dipartire; 18.116.5 altri, più saggio, in man la briglia tenne, 18.116.6 mirando dove questo avesse a uscire. 18.116.7 Di quelli fu Grifone et Aquilante, 18.116.8 che per vendicar l' arme andaro inante. 18.117.1 Essi, vedendo il re che di veneno 18.117.2 avea le luci inebrïate e rosse, 18.117.3 et essendo da molti instrutti a pieno 18.117.4 de la cagion che la discordia mosse, 18.117.5 e parendo a Grifon che sua, non meno 18.117.6 che del re Norandin, l' ingiuria fosse; 18.117.7 s' avean le lance fatte dar con fretta, 18.117.8 e venian fulminando alla vendetta. 18.118.1 Astolfo d' altra parte Rabicano 18.118.2 venìa spronando a tutti gli altri inante, 18.118.3 con l' incantata lancia d' oro in mano, 18.118.4 ch' al fiero scontro abbatte ogni giostrante. 18.118.5 Ferì con essa e lasciò steso al piano 18.118.6 prima Grifone, e poi trovò Aquilante; 18.118.7 e de lo scudo toccò l' orlo a pena, 18.118.8 che lo gittò riverso in su l' arena. 18.119.1 I cavallier di pregio e di gran pruova 18.119.2 vòtan le selle inanzi a Sansonetto. 18.119.3 L' uscita de la piazza il popul truova: 18.119.4 il re n' arrabbia d' ira e di dispetto. 18.119.5 Con la prima corazza e con la nuova 18.119.6 Marfisa intanto, e l' uno e l' altro elmetto, 18.119.7 poi che si vide a tutti dare il tergo, 18.119.8 vincitrice venìa verso l' albergo. 18.120.1 Astolfo e Sansonetto non fur lenti 18.120.2 a seguitarla, e seco a ritornarsi 18.120.3 verso la porta (che tutte le genti 18.120.4 gli davan loco), et al rastrel fermârsi. 18.120.5 Aquilante e Grifon, troppo dolenti 18.120.6 di vedersi a uno incontro riversarsi, 18.120.7 tenean per gran vergogna il capo chino, 18.120.8 né ardian venire inanzi a Norandino. 18.121.1 Presi e montati c' hanno i lor cavalli, 18.121.2 spronano dietro agli nimici in fretta. 18.121.3 Li segue il re con molti suoi vasalli, 18.121.4 tutti pronti o alla morte o alla vendetta. 18.121.5 La sciocca turba grida: -- Dàlli dàlli! -- 18.121.6 e sta lontana, e le novelle aspetta. 18.121.7 Grifone arriva ove volgean la fronte 18.121.8 i tre compagni, et avean preso il ponte. 18.122.1 A prima giunta Astolfo raffigura, 18.122.2 ch' avea quelle medesime divise, 18.122.3 avea il cavallo, avea quella armatura 18.122.4 ch' ebbe dal dì ch' Orril fatale uccise. 18.122.5 Né miratol, né posto gli avea cura, 18.122.6 quando in piazza a giostrar seco si mise: 18.122.7 quivi il conobbe e salutollo; e poi 18.122.8 gli domandò de li compagni suoi; 18.123.1 e perché tratto avean quell' arme a terra, 18.123.2 portando al re sì poca riverenza. 18.123.3 Di suoi compagni il duca d' Inghilterra 18.123.4 diede a Grifon non falsa conoscenza: 18.123.5 de l' arme ch' attaccate avean la guerra, 18.123.6 disse che non n' avea troppa scïenza; 18.123.7 ma perché con Marfisa era venuto, 18.123.8 dar le volea con Sansonetto aiuto. 18.124.1 Quivi con Grifon stando il paladino, 18.124.2 viene Aquilante, e lo conosce tosto 18.124.3 che parlar col fratel l' ode vicino, 18.124.4 e il voler cangia, ch' era mal disposto. 18.124.5 Giungean molti di quei di Norandino, 18.124.6 ma troppo non ardian venire accosto; 18.124.7 e tanto più, vedendo i parlamenti, 18.124.8 stavano cheti, e per udire intenti. 18.125.1 Alcun ch' intende quivi esser Marfisa, 18.125.2 che tiene al mondo il vanto in esser forte, 18.125.3 volta il cavallo, e Norandino avisa 18.125.4 che s' oggi non vuol perder la sua corte, 18.125.5 proveggia, prima che sia tutta uccisa, 18.125.6 di man trarla a Tesifone e alla Morte; 18.125.7 perché Marfisa veramente è stata, 18.125.8 che l' armatura in piazza gli ha levata. 18.126.1 Come re Norandino ode quel nome 18.126.2 così temuto per tutto Levante, 18.126.3 che facea a molti anco arricciar le chiome, 18.126.4 ben che spesso da lor fosse distante, 18.126.5 è certo che ne debbia venir come 18.126.6 dice quel suo, se non provede inante; 18.126.7 però gli suoi, che già mutata l' ira 18.126.8 hanno in timore, a sé richiama e tira. 18.127.1 Da l' altra parte i figli d' Oliviero 18.127.2 con Sansonetto e col figliuol d' Otone, 18.127.3 supplicando a Marfisa, tanto fêro, 18.127.4 che si diè fine alla crudel tenzone. 18.127.5 Marfisa, giunta al re, con viso altiero 18.127.6 disse: -- Io non so, signor, con che ragione 18.127.7 vogli quest' arme dar, che tue non sono, 18.127.8 al vincitor de le tue giostre in dono. 18.128.1 Mie sono l' arme, e 'n mezzo de la via 18.128.2 che vien d' Armenia, un giorno le lasciai, 18.128.3 perché seguire a piè mi convenia 18.128.4 un rubator che m' avea offesa assai: 18.128.5 e la mia insegna testimon ne fia, 18.128.6 che qui si vede, se notizia n' hai. -- 18.128.7 E la mostrò ne la corazza impressa, 18.128.8 ch' era in tre parti una corona fessa. 18.129.1 -- Gli è ver (rispose il re) che mi fur date, 18.129.2 son pochi dì, da un mercatante armeno; 18.129.3 e se voi me l' avesse domandate, 18.129.4 l' avreste avute, o vostre o no che sièno; 18.129.5 ch' avenga ch' a Grifon già l' ho donate, 18.129.6 ho tanta fede in lui, che nondimeno, 18.129.7 acciò a voi darle avessi anche potuto, 18.129.8 volentieri il mio don m' avria renduto. 18.130.1 Non bisogna allegar, per farmi fede 18.130.2 che vostre sien, che tengan vostra insegna: 18.130.3 basti il dirmelo voi; che vi si crede 18.130.4 più ch' a qual altro testimonio vegna. 18.130.5 Che vostre sian vostr' arme si conciede 18.130.6 alla virtù di maggior premio degna. 18.130.7 Or ve l' abbiate, e più non si contenda; 18.130.8 e Grifon maggior premio da me prenda. -- 18.131.1 Grifon che poco a cor avea quell' arme, 18.131.2 ma gran disio che 'l re si satisfaccia, 18.131.3 gli disse: -- Assai potete compensarme, 18.131.4 se mi fate saper ch' io vi compiaccia. -- 18.131.5 Tra sé disse Marfisa: -- Esser qui parme 18.131.6 l' onor mio in tutto: -- e con benigna faccia 18.131.7 volle a Grifon de l' arme esser cortese; 18.131.8 e finalmente in don da lui le prese. 18.132.1 Ne la città con pace e con amore 18.132.2 tornaro, ove le feste raddoppiârsi. 18.132.3 Poi la giostra si fe', di che l' onore 18.132.4 e 'l pregio Sansonetto fece darsi; 18.132.5 ch' Astolfo e i duo fratelli e la migliore 18.132.6 di lor, Marfisa, non volson provarsi, 18.132.7 cercando, com' amici e buon compagni, 18.132.8 che Sansonetto il pregio ne guadagni. 18.133.1 Stati che sono in gran piacere e in festa 18.133.2 con Norandino otto giornate o diece, 18.133.3 perché l' amor di Francia gli molesta, 18.133.4 che lasciar senza lor tanto non lece, 18.133.5 tolgon licenzia; e Marfisa, che questa 18.133.6 via disïava, compagnia lor fece. 18.133.7 Marfisa avuto avea lungo disire 18.133.8 al paragon dei paladin venire; 18.134.1 e far esperïenzia se l' effetto 18.134.2 si pareggiava a tanta nominanza. 18.134.3 Lascia un altro in suo loco Sansonetto, 18.134.4 che di Ierusalem regga la stanza. 18.134.5 Or questi cinque in un drappello eletto, 18.134.6 che pochi pari al mondo han di possanza, 18.134.7 licenzïati dal re Norandino, 18.134.8 vanno a Tripoli e al mar che v' è vicino. 18.135.1 E quivi una caracca ritrovaro, 18.135.2 che per Ponente mercantie raguna. 18.135.3 Per loro e pei cavalli s' accordaro 18.135.4 con un vecchio patron ch' era da Luna. 18.135.5 Mostrava d' ogn' intorno il tempo chiaro, 18.135.6 ch' avrian per molti dì buona fortuna. 18.135.7 Sciolser dal lito, avendo aria serena, 18.135.8 e di buon vento ogni lor vela piena. 18.136.1 L' isola sacra all' amorosa dea 18.136.2 diede lor sotto un' aria il primo porto, 18.136.3 che non ch' a offender gli uomini sia rea, 18.136.4 ma stempra il ferro, e quivi è 'l viver corto. 18.136.5 Cagion n' è un stagno: e certo non dovea 18.136.6 Natura a Famagosta far quel torto 18.136.7 d' appressarvi Costanza acre e maligna, 18.136.8 quando al resto di Cipro è sì benigna. 18.137.1 Il grave odor che la palude esala 18.137.2 non lascia al legno far troppo soggiorno. 18.137.3 Quindi a un greco--levante spiegò ogni ala, 18.137.4 volando da man destra a Cipro intorno, 18.137.5 e surse a Pafo, e pose in terra scala; 18.137.6 e i naviganti uscîr nel lito adorno, 18.137.7 chi per merce levar, chi per vedere 18.137.8 la terra d' amor piena e di piacere. 18.138.1 Dal mar sei miglia o sette, a poco a poco 18.138.2 si va salendo inverso il colle ameno. 18.138.3 Mirti e cedri e naranci e lauri il loco, 18.138.4 e mille altri soavi arbori han pieno. 18.138.5 Serpillo e persa e rose e gigli e croco 18.138.6 spargon da l' odorifero terreno 18.138.7 tanta suavità, ch' in mar sentire 18.138.8 la fa ogni vento che da terra spire. 18.139.1 Da limpida fontana tutta quella 18.139.2 piaggia rigando va un ruscel fecondo. 18.139.3 Ben si può dir che sia di Vener bella 18.139.4 il luogo dilettevole e giocondo; 18.139.5 che v' è ogni donna affatto, ogni donzella 18.139.6 piacevol più ch' altrove sia nel mondo: 18.139.7 e fa la dea che tutte ardon d' amore, 18.139.8 giovani e vecchie, infino all' ultime ore. 18.140.1 Quivi odono il medesimo ch' udito 18.140.2 di Lucina e de l' Orco hanno in Soria, 18.140.3 e come di tornare ella a marito 18.140.4 facea nuovo apparecchio in Nicosia. 18.140.5 Quindi il padrone (essendosi espedito, 18.140.6 e spirando buon vento alla sua via) 18.140.7 l' ancore sarpa, e fa girar la proda 18.140.8 verso ponente, et ogni vela snoda. 18.141.1 Al vento di maestro alzò la nave 18.141.2 le vele all' orza, et allargossi in alto. 18.141.3 Un ponente--libeccio, che soave 18.141.4 parve a principio e fin che 'l sol stette alto, 18.141.5 e poi si fe' verso la sera grave, 18.141.6 le leva incontra il mar con fiero assalto, 18.141.7 con tanti tuoni e tanto ardor di lampi, 18.141.8 che par che 'l ciel si spezzi e tutto avampi. 18.142.1 Stendon le nubi un tenebroso velo 18.142.2 che né sole apparir lascia né stella. 18.142.3 Di sotto il mar, di sopra mugge il cielo, 18.142.4 il vento d' ogn' intorno, e la procella 18.142.5 che di pioggia oscurissima e di gelo 18.142.6 i naviganti miseri flagella: 18.142.7 e la notte più sempre si diffonde 18.142.8 sopra l' irate e formidabil onde. 18.143.1 I naviganti a dimostrare effetto 18.143.2 vanno de l' arte in che lodati sono: 18.143.3 chi discorre fischiando col fraschetto, 18.143.4 e quanto han gli altri a far, mostra col suono; 18.143.5 chi l' ancore apparechia da rispetto, 18.143.6 e chi al mainare e chi alla scotta è buono; 18.143.7 chi 'l timone, chi l' arbore assicura, 18.143.8 chi la coperta di sgombrare ha cura. 18.144.1 Crebbe il tempo crudel tutta la notte, 18.144.2 caliginosa e più scura ch' inferno. 18.144.3 Tien per l' alto il padrone, ove men rotte 18.144.4 crede l' onde trovar, dritto il governo; 18.144.5 e volta ad or ad or contra le botte 18.144.6 del mar la proda, e de l' orribil verno, 18.144.7 non senza speme mai che, come aggiorni, 18.144.8 cessi fortuna, o più placabil torni. 18.145.1 Non cessa e non si placa, e più furore 18.145.2 mostra nel giorno, se pur giorno è questo, 18.145.3 che si conosce al numerar de l' ore, 18.145.4 non che per lume già sia manifesto. 18.145.5 Or con minor speranza e più timore 18.145.6 si dà in poter del vento il padron mesto: 18.145.7 volta la poppa all' onde, e il mar crudele 18.145.8 scorrendo se ne va con umil vele. 18.146.1 Mentre Fortuna in mar questi travaglia, 18.146.2 non lascia anco posar quegli altri in terra, 18.146.3 che sono in Francia, ove s' uccide e taglia 18.146.4 coi Saracini il popul d' Inghilterra. 18.146.5 Quivi Rinaldo assale, apre e sbaraglia 18.146.6 le schiere avverse, e le bandiere atterra. 18.146.7 Dissi di lui, che 'l suo destrier Baiardo 18.146.8 mosso avea contra a Dardinel gagliardo. 18.147.1 Vide Rinaldo il segno del quartiero, 18.147.2 di che superbo era il figliuol d' Almonte; 18.147.3 e lo stimò gagliardo e buon guerriero, 18.147.4 che concorrer d' insegna ardia col conte. 18.147.5 Venne più appresso, e gli parea più vero; 18.147.6 ch' avea d' intorno uomini uccisi a monte. 18.147.7 -- Meglio è (gridò) che prima io svella e spenga 18.147.8 questo mal germe, che maggior divenga. -- 18.148.1 Dovunque il viso drizza il paladino, 18.148.2 levasi ognuno, e gli dà larga strada; 18.148.3 né men sgombra il fedel, che 'l Saracino, 18.148.4 sì reverita è la famosa spada. 18.148.5 Rinaldo, fuor che Dardinel meschino, 18.148.6 non vede alcuno, e lui seguir non bada. 18.148.7 Grida: -- Fanciullo, gran briga ti diede 18.148.8 chi ti lasciò di questo scudo erede. 18.149.1 Vengo a te per provar, se tu m' attendi, 18.149.2 come ben guardi il quartier rosso e bianco; 18.149.3 che s' ora contra me non lo difendi, 18.149.4 difender contra Orlando il potrai manco. -- 18.149.5 Rispose Dardinello: -- Or chiaro apprendi 18.149.6 che s' io lo porto, il so difender anco; 18.149.7 e guadagnar più onor, che briga, posso 18.149.8 del paterno quartier candido e rosso. 18.150.1 Perché fanciullo io sia, non creder farme 18.150.2 però fuggire, o che 'l quartier ti dia: 18.150.3 la vita mi torrai, se mi toi l' arme; 18.150.4 ma spero in Dio ch' anzi il contrario fia. 18.150.5 Sia quel che vuol, non potrà alcun biasmarme 18.150.6 che mai traligni alla progenie mia. -- 18.150.7 Così dicendo, con la spada in mano 18.150.8 assalse il cavallier da Montalbano. 18.151.1 Un timor freddo tutto 'l sangue oppresse, 18.151.2 che gli Africani aveano intorno al core, 18.151.3 come vider Rinaldo che si messe 18.151.4 con tanta rabbia incontra a quel signore, 18.151.5 con quanta andria un leon ch' al prato avesse 18.151.6 visto un torel ch' ancor non senta amore. 18.151.7 Il primo che ferì, fu 'l Saracino; 18.151.8 ma picchiò invan su l' elmo di Mambrino. 18.152.1 Rise Rinaldo, e disse: -- Io vo' tu senta, 18.152.2 s' io so meglio di te trovar la vena. -- 18.152.3 Sprona, e a un tempo al destrier la briglia allenta, 18.152.4 e d' una punta con tal forza mena, 18.152.5 d' una punta ch' al petto gli appresenta, 18.152.6 che gli la fa apparir dietro alla schena. 18.152.7 Quella trasse, al tornar, l' alma col sangue: 18.152.8 di sella il corpo uscì freddo et esangue. 18.153.1 Come purpureo fior languendo muore, 18.153.2 che 'l vomere al passar tagliato lassa; 18.153.3 o come carco di superchio umore 18.153.4 il papaver ne l' orto il capo abbassa: 18.153.5 così, giù de la faccia ogni colore 18.153.6 cadendo, Dardinel di vita passa; 18.153.7 passa di vita, e fa passar con lui 18.153.8 l' ardire e la virtù de tutti i sui. 18.154.1 Qual soglion l' acque per umano ingegno 18.154.2 stare ingorgate alcuna volta e chiuse, 18.154.3 che quando lor vien poi rotto il sostegno, 18.154.4 cascano, e van con gran rumor difuse; 18.154.5 tal gli African, ch' avean qualche ritegno 18.154.6 mentre virtù lor Dardinello infuse, 18.154.7 ne vanno or sparti in questa parte e in quella, 18.154.8 che l' han veduto uscir morto di sella. 18.155.1 Chi vuol fuggir, Rinaldo fuggir lassa, 18.155.2 et attende a cacciar chi vuol star saldo. 18.155.3 Si cade ovunque Arïodante passa, 18.155.4 che molto va quel dì presso a Rinaldo. 18.155.5 Altri Lionetto, altri Zerbin fracassa, 18.155.6 a gara ognuno a far gran prove caldo. 18.155.7 Carlo fa il suo dover, lo fa Oliviero, 18.155.8 Turpino e Guido e Salamone e Ugiero. 18.156.1 I Mori fur quel giorno in gran periglio 18.156.2 che 'n Pagania non ne tornasse testa; 18.156.3 ma 'l saggio re di Spagna dà di piglio, 18.156.4 e se ne va con quel che in man gli resta. 18.156.5 Restar in danno tien miglior consiglio, 18.156.6 che tutti i denar perdere e la vesta: 18.156.7 meglio è ritrarsi e salvar qualche schiera, 18.156.8 che, stando, esser cagion che 'l tutto pèra. 18.157.1 Verso gli alloggiamenti i segni invia, 18.157.2 ch' eron serrati d' argine e di fossa, 18.157.3 con Stordilan, col re d' Andologia, 18.157.4 col Portughese in una squadra grossa. 18.157.5 Manda a pregar il re di Barbaria, 18.157.6 che si cerchi ritrar meglio che possa; 18.157.7 e se quel giorno la persona e 'l loco 18.157.8 potrà salvar, non avrà fatto poco. 18.158.1 Quel re che si tenea spacciato al tutto, 18.158.2 né mai credea più riveder Biserta, 18.158.3 che con viso sì orribile e sì brutto 18.158.4 unquanco non avea Fortuna esperta, 18.158.5 s' allegrò che Marsilio avea ridutto 18.158.6 parte del campo in sicurezza certa: 18.158.7 et a ritrarsi cominciò, e a dar volta 18.158.8 alle bandiere, e fe' sonar raccolta. 18.159.1 Ma la più parte de la gente rotta 18.159.2 né tromba né tambur né segno ascolta: 18.159.3 tanta fu la viltà, tanta la dotta, 18.159.4 ch' in Senna se ne vide affogar molta. 18.159.5 Il re Agramante vuol ridur la frotta: 18.159.6 seco ha Sobrino, e van scorrendo in volta; 18.159.7 e con lor s' affatica ogni buon duca, 18.159.8 che nei ripari il campo si riduca. 18.160.1 Ma né il re, né Sobrin, né duca alcuno 18.160.2 con prieghi, con minaccie, con affanno 18.160.3 ritrar può il terzo, non ch' io dica ognuno, 18.160.4 dove l' insegne mal seguite vanno. 18.160.5 Morti o fuggiti ne son dua, per uno 18.160.6 che ne rimane, e quel non senza danno: 18.160.7 ferito è chi di dietro e chi davanti; 18.160.8 ma travagliati e lassi tutti quanti. 18.161.1 E con gran tema fin dentro alle porte 18.161.2 dei forti alloggiamenti ebbon la caccia: 18.161.3 et era lor quel luogo anco mal forte, 18.161.4 con ogni proveder che vi si faccia 18.161.5 (che ben pigliar nel crin la buona sorte 18.161.6 Carlo sapea, quando volgea la faccia), 18.161.7 se non venìa la notte tenebrosa, 18.161.8 che staccò il fatto, et acquetò ogni cosa; 18.162.1 dal Creator accelerata forse, 18.162.2 che de la sua fattura ebbe pietade. 18.162.3 Ondeggiò il sangue per campagna, e corse 18.162.4 come un gran fiume, e dilagò le strade. 18.162.5 Ottanta mila corpi numerorse, 18.162.6 che fur quel dì messi per fil di spade. 18.162.7 Villani e lupi uscîr poi de le grotte 18.162.8 a dispogliargli e a devorar la notte. 18.163.1 Carlo non torna più dentro alla terra, 18.163.2 ma contra gli nimici fuor s' accampa, 18.163.3 et in assedio le lor tende serra, 18.163.4 et alti e spessi fuochi intorno avampa. 18.163.5 Il pagan si provede, e cava terra, 18.163.6 fossi e ripari e bastïoni stampa; 18.163.7 va rivedendo, e tien le guardie deste, 18.163.8 né tutta notte mai l' arme si sveste. 18.164.1 Tutta la notte per gli alloggiamenti 18.164.2 dei mal sicuri Saracini oppressi 18.164.3 si versan pianti, gemiti e lamenti, 18.164.4 ma quanto più si può, cheti e soppressi. 18.164.5 Altri, perché gli amici hanno e i parenti 18.164.6 lasciati morti, et altri per se stessi, 18.164.7 che son feriti, e con disagio stanno: 18.164.8 ma più è la tema del futuro danno. 18.165.1 Duo Mori ivi fra gli altri si trovaro, 18.165.2 d' oscura stirpe nati in Tolomitta; 18.165.3 de' quai l' istoria, per esempio raro 18.165.4 di vero amore, è degna esser descritta. 18.165.5 Cloridano e Medor si nominaro, 18.165.6 ch' alla fortuna prospera e alla afflitta 18.165.7 aveano sempre amato Dardinello, 18.165.8 et or passato in Francia il mar con quello. 18.166.1 Cloridan, cacciator tutta sua vita, 18.166.2 di robusta persona era et isnella: 18.166.3 Medoro avea la guancia colorita 18.166.4 e bianca e grata ne la età novella; 18.166.5 e fra la gente a quella impresa uscita 18.166.6 non era faccia più gioconda e bella: 18.166.7 occhi avea neri, e chioma crespa d' oro: 18.166.8 angel parea di quei del sommo coro. 18.167.1 Erano questi duo sopra i ripari 18.167.2 con molti altri a guardar gli alloggiamenti, 18.167.3 quando la Notte fra distanzie pari 18.167.4 mirava il ciel con gli occhi sonnolenti. 18.167.5 Medoro quivi in tutti i suoi parlari 18.167.6 non può far che 'l signor suo non rammenti, 18.167.7 Dardinello d' Almonte, e che non piagna 18.167.8 che resti senza onor ne la campagna. 18.168.1 Vòlto al compagno, disse: -- O Cloridano, 18.168.2 io non ti posso dir quanto m' incresca 18.168.3 del mio signor, che sia rimaso al piano, 18.168.4 per lupi e corbi, ohimè! troppo degna esca. 18.168.5 Pensando come sempre mi fu umano, 18.168.6 mi par che quando ancor questa anima esca 18.168.7 in onor di sua fama, io non compensi 18.168.8 né sciolga verso lui gli oblighi immensi. 18.169.1 Io voglio andar, perché non stia insepulto 18.169.2 in mezzo alla campagna, a ritrovarlo: 18.169.3 e forse Dio vorrà ch' io vada occulto 18.169.4 là dove tace il campo del re Carlo. 18.169.5 Tu rimarrai; che quando in ciel sia sculto 18.169.6 ch' io vi debba morir, potrai narrarlo; 18.169.7 che se Fortuna vieta sì bell' opra, 18.169.8 per fama almeno il mio buon cor si scuopra. -- 18.170.1 Stupisce Cloridan, che tanto core, 18.170.2 tanto amor, tanta fede abbia un fanciullo: 18.170.3 e cerca assai, perché gli porta amore, 18.170.4 di fargli quel pensiero irrito e nullo; 18.170.5 ma non gli val, perch' un sì gran dolore 18.170.6 non riceve conforto né trastullo. 18.170.7 Medoro era disposto o di morire, 18.170.8 o ne la tomba il suo signor coprire. 18.171.1 Veduto che nol piega e che nol muove, 18.171.2 Cloridan gli risponde: -- E verrò anch' io, 18.171.3 anch' io vuo' pormi a sì lodevol pruove, 18.171.4 anch' io famosa morte amo e disio. 18.171.5 Qual cosa sarà mai che più mi giove, 18.171.6 s' io resto senza te, Medoro mio? 18.171.7 Morir teco con l' arme è meglio molto, 18.171.8 che poi di duol, s' avvien che mi sii tolto. -- 18.172.1 Così disposti, messero in quel loco 18.172.2 le successive guardie, e se ne vanno. 18.172.3 Lascian fosse e steccati, e dopo poco 18.172.4 tra' nostri son, che senza cura stanno. 18.172.5 Il campo dorme, e tutto è spento il fuoco, 18.172.6 perché dei Saracin poca tema hanno. 18.172.7 Tra l' arme e' carrïaggi stan roversi, 18.172.8 nel vin, nel sonno insino agli occhi immersi. 18.173.1 Fermossi alquanto Cloridano, e disse: 18.173.2 -- Non son mai da lasciar l' occasïoni. 18.173.3 Di questo stuol che 'l mio signor trafisse, 18.173.4 non debbo far, Medoro, occisïoni? 18.173.5 Tu, perché sopra alcun non ci venisse, 18.173.6 gli occhi e l' orecchi in ogni parte poni; 18.173.7 ch' io m' offerisco farti con la spada 18.173.8 tra gli nimici spazïosa strada. -- 18.174.1 Così disse egli, e tosto il parlar tenne, 18.174.2 et entrò dove il dotto Alfeo dormia, 18.174.3 che l' anno inanzi in corte a Carlo venne, 18.174.4 medico e mago e pien d' astrologia: 18.174.5 ma poco a questa volta gli sovenne; 18.174.6 anzi gli disse in tutto la bugia. 18.174.7 Predetto egli s' avea, che d' anni pieno 18.174.8 dovea morire alla sua moglie in seno: 18.175.1 et or gli ha messo il cauto Saracino 18.175.2 la punta de la spada ne la gola. 18.175.3 Quattro altri uccide appresso all' indovino, 18.175.4 che non han tempo a dire una parola: 18.175.5 menzion dei nomi lor non fa Turpino, 18.175.6 e 'l lungo andar le lor notizie invola: 18.175.7 dopo essi Palidon da Moncalieri, 18.175.8 che sicuro dormia fra duo destrieri. 18.176.1 Poi se ne vien dove col capo giace 18.176.2 appoggiato al barile il miser Grillo: 18.176.3 avealo vòto, e avea creduto in pace 18.176.4 godersi un sonno placido e tranquillo. 18.176.5 Troncògli il capo il Saracino audace: 18.176.6 esce col sangue il vin per uno spillo, 18.176.7 di che n' ha in corpo più d' una bigoncia; 18.176.8 e di ber sogna, e Cloridan lo sconcia. 18.177.1 E presso a Grillo, un Greco et un Tedesco 18.177.2 spenge in dui colpi, Andropono e Conrado, 18.177.3 che de la notte avean goduto al fresco 18.177.4 gran parte, or con la tazza, ora col dado: 18.177.5 felici, se vegghiar sapeano a desco 18.177.6 fin che de l' Indo il sol passassi il guado. 18.177.7 Ma non potria negli uomini il destino, 18.177.8 se del futuro ognun fosse indovino. 18.178.1 Come impasto leone in stalla piena, 18.178.2 che lunga fame abbia smacrato e asciutto, 18.178.3 uccide, scanna, mangia, a strazio mena 18.178.4 l' infermo gregge in sua balìa condutto; 18.178.5 così il crudel pagan nel sonno svena 18.178.6 la nostra gente, e fa macel per tutto. 18.178.7 La spada di Medoro anco non ebe; 18.178.8 ma si sdegna ferir l' ignobil plebe. 18.179.1 Venuto era ove il duca di Labretto 18.179.2 con una dama sua dormia abbracciato; 18.179.3 e l' un con l' altro si tenea sì stretto, 18.179.4 che non saria tra lor l' aere entrato. 18.179.5 Medoro ad ambi taglia il capo netto. 18.179.6 Oh felice morire! oh dolce fato! 18.179.7 che come erano i corpi, ho così fede 18.179.8 ch' andâr l' alme abbracciate alla lor sede. 18.180.1 Malindo uccise e Ardalico il fratello, 18.180.2 che del conte di Fiandra erano figli; 18.180.3 e l' uno e l' altro cavallier novello 18.180.4 fatto avea Carlo, e aggiunto all' arme i gigli, 18.180.5 perché il giorno amendui d' ostil macello 18.180.6 con gli stocchi tornar vide vermigli: 18.180.7 e terre in Frisa avea promesso loro, 18.180.8 e date avria; ma lo vietò Medoro. 18.181.1 Gl' insidïosi ferri eran vicini 18.181.2 ai padiglioni che tiraro in volta 18.181.3 al padiglion di Carlo i paladini, 18.181.4 facendo ognun la guardia la sua volta; 18.181.5 quando da l' empia strage i Saracini 18.181.6 trasson le spade, e diero a tempo volta; 18.181.7 ch' impossibil lor par, tra sì gran torma, 18.181.8 che non s' abbia a trovar un che non dorma. 18.182.1 E ben che possan gir di preda carchi, 18.182.2 salvin pur sé, che fanno assai guadagno. 18.182.3 Ove più creda aver sicuri i varchi 18.182.4 va Cloridano, e dietro ha il suo compagno. 18.182.5 Vengon nel campo, ove fra spade et archi 18.182.6 e scudi e lance in un vermiglio stagno 18.182.7 giaccion poveri e ricchi, e re e vassalli, 18.182.8 e sozzopra con gli uomini i cavalli. 18.183.1 Quivi dei corpi l' orrida mistura, 18.183.2 che piena avea la gran campagna intorno, 18.183.3 potea far vaneggiar la fedel cura 18.183.4 dei duo compagni insino al far del giorno, 18.183.5 se non traea fuor d' una nube oscura, 18.183.6 a' prieghi di Medor, la Luna il corno. 18.183.7 Medoro in ciel divotamente fisse 18.183.8 verso la Luna gli occhi, e così disse: 18.184.1 -- O santa dea, che dagli antiqui nostri 18.184.2 debitamente sei detta triforme; 18.184.3 ch' in cielo, in terra e ne l' inferno mostri 18.184.4 l' alta bellezza tua sotto più forme, 18.184.5 e ne le selve, di fere e di mostri 18.184.6 vai cacciatrice seguitando l' orme; 18.184.7 mostrami ove 'l mio re giaccia fra tanti, 18.184.8 che vivendo imitò tuoi studi santi. -- 18.185.1 La Luna a quel pregar la nube aperse 18.185.2 (o fosse caso o pur la tanta fede), 18.185.3 bella come fu allor ch' ella s' offerse, 18.185.4 e nuda in braccio a Endimïon si diede. 18.185.5 Con Parigi a quel lume si scoperse 18.185.6 l' un campo e l' altro; e 'l monte e 'l pian si vede: 18.185.7 si videro i duo colli di lontano, 18.185.8 Martire a destra, e Lerì all' altra mano. 18.186.1 Rifulse lo splendor molto più chiaro 18.186.2 ove d' Almonte giacea morto il figlio. 18.186.3 Medoro andò, piangendo, al signor caro; 18.186.4 che conobbe il quartier bianco e vermiglio: 18.186.5 e tutto 'l viso gli bagnò d' amaro 18.186.6 pianto, che n' avea un rio sotto ogni ciglio, 18.186.7 in sì dolci atti, in sì dolci lamenti, 18.186.8 che potea ad ascoltar fermare i venti. 18.187.1 Ma con sommessa voce e a pena udita; 18.187.2 non che riguardi a non si far sentire, 18.187.3 perch' abbia alcun pensier de la sua vita, 18.187.4 più tosto l' odia, e ne vorrebbe uscire: 18.187.5 ma per timor che non gli sia impedita 18.187.6 l' opera pia che quivi il fe' venire. 18.187.7 Fu il morto re sugli omeri sospeso 18.187.8 di tramendui, tra lor partendo il peso. 18.188.1 Vanno affrettando i passi quanto ponno, 18.188.2 sotto l' amata soma che gl' ingombra. 18.188.3 E già venìa chi de la luce è donno 18.188.4 le stelle a tor del ciel, di terra l' ombra; 18.188.5 quando Zerbino, a cui del petto il sonno 18.188.6 l' alta virtude, ove è bisogno, sgombra, 18.188.7 cacciato avendo tutta notte i Mori, 18.188.8 al campo si traea nei primi albori. 18.189.1 E seco alquanti cavallieri avea, 18.189.2 che videro da lunge i dui compagni. 18.189.3 Ciascuno a quella parte si traea, 18.189.4 sperandovi trovar prede e guadagni. 18.189.5 -- Frate, bisogna (Cloridan dicea) 18.189.6 gittar la soma, e dare opra ai calcagni; 18.189.7 che sarebbe pensier non troppo accorto, 18.189.8 perder duo vivi per salvar un morto. -- 18.190.1 E gittò il carco, perché si pensava 18.190.2 che 'l suo Medoro il simil far dovesse: 18.190.3 ma quel meschin, che 'l suo signor più amava, 18.190.4 sopra le spalle sue tutto lo resse. 18.190.5 L' altro con molta fretta se n' andava, 18.190.6 come l' amico a paro o dietro avesse: 18.190.7 se sapea di lasciarlo a quella sorte, 18.190.8 mille aspettate avria, non ch' una morte. 18.191.1 Quei cavallier, con animo disposto 18.191.2 che questi a render s' abbino o a morire, 18.191.3 chi qua chi là si spargono, et han tosto 18.191.4 preso ogni passo onde si possa uscire. 18.191.5 Da loro il capitan poco discosto, 18.191.6 più degli altri è sollicito a seguire; 18.191.7 ch' in tal guisa vedendoli temere, 18.191.8 certo è che sian de le nimiche schiere. 18.192.1 Era a quel tempo ivi una selva antica, 18.192.2 d' ombrose piante spessa e di virgulti, 18.192.3 che, come labirinto, entro s' intrica 18.192.4 di stretti calli e sol da bestie culti. 18.192.5 Speran d' averla i duo pagan sì amica, 18.192.6 ch' abbi a tenerli entro a' suoi rami occulti. 18.192.7 Ma chi del canto mio piglia diletto, 18.192.8 un' altra volta ad ascoltarlo aspetto.
CANTO XIX
19.1.1 Alcun non può saper da chi sia amato, 19.1.2 quando felice in su la ruota siede; 19.1.3 però c' ha i veri e i finti amici a lato, 19.1.4 che mostran tutti una medesma fede. 19.1.5 Se poi si cangia in tristo il lieto stato, 19.1.6 volta la turba adulatrice il piede; 19.1.7 e quel che di cor ama riman forte, 19.1.8 et ama il suo signor dopo la morte. 19.2.1 Se, come il viso, si mostrasse il core, 19.2.2 tal ne la corte è grande e gli altri preme, 19.2.3 e tal è in poca grazia al suo signore, 19.2.4 che la lor sorte muteriano insieme. 19.2.5 Questo umil diverria tosto il maggiore: 19.2.6 staria quel grande infra le turbe estreme. 19.2.7 Ma torniamo a Medor fedele e grato, 19.2.8 che 'n vita e in morte ha il suo signore amato. 19.3.1 Cercando gìa nel più intricato calle 19.3.2 il giovine infelice di salvarsi; 19.3.3 ma il grave peso ch' avea su le spalle, 19.3.4 gli facea uscir tutti i partiti scarsi. 19.3.5 Non conosce il paese, e la via falle, 19.3.6 e torna fra le spine a invilupparsi. 19.3.7 Lungi da lui tratto al sicuro s' era 19.3.8 l' altro, ch' avea la spalla più leggiera. 19.4.1 Cloridan s' è ridutto ove non sente 19.4.2 di chi segue lo strepito e il rumore: 19.4.3 ma quando da Medor si vede absente, 19.4.4 gli pare aver lasciato a dietro il core. 19.4.5 -- Deh, come fui (dicea) sì negligente, 19.4.6 deh, come fui sì di me stesso fuore, 19.4.7 che senza te, Medor, qui mi ritrassi, 19.4.8 né sappia quando o dove io ti lasciassi! -- 19.5.1 Così dicendo, ne la torta via 19.5.2 de l' intricata selva si ricaccia; 19.5.3 et onde era venuto si ravvia, 19.5.4 e torna di sua morte in su la traccia. 19.5.5 Ode i cavalli e i gridi tuttavia, 19.5.6 e la nimica voce che minaccia: 19.5.7 all' ultimo ode il suo Medoro, e vede 19.5.8 che tra molti a cavallo è solo a piede. 19.6.1 Cento a cavallo, e gli son tutti intorno: 19.6.2 Zerbin commanda e grida che sia preso. 19.6.3 L' infelice s' aggira com' un torno, 19.6.4 e quanto può si tien da lor difeso, 19.6.5 or dietro quercia, or olmo, or faggio, or orno, 19.6.6 né si discosta mai dal caro peso. 19.6.7 L' ha riposato al fin su l' erba, quando 19.6.8 regger nol puote, e gli va intorno errando: 19.7.1 come orsa, che l' alpestre cacciatore 19.7.2 ne la pietrosa tana assalita abbia, 19.7.3 sta sopra i figli con incerto core, 19.7.4 e freme in suono di pietà e di rabbia: 19.7.5 ira la 'nvita e natural furore 19.7.6 a spiegar l' ugne e a insanguinar le labbia; 19.7.7 amor la 'ntenerisce, e la ritira 19.7.8 a riguardare ai figli in mezzo l' ira. 19.8.1 Cloridan, che non sa come l' aiuti, 19.8.2 e ch' esser vuole a morir seco ancora, 19.8.3 ma non ch' in morte prima il viver muti, 19.8.4 che via non truovi ove più d' un ne mora; 19.8.5 mette su l' arco un de' suoi strali acuti, 19.8.6 e nascoso con quel sì ben lavora, 19.8.7 che fora ad uno Scotto le cervella, 19.8.8 e senza vita il fa cader di sella. 19.9.1 Volgonsi tutti gli altri a quella banda 19.9.2 ond' era uscito il calamo omicida. 19.9.3 Intanto un altro il Saracin ne manda, 19.9.4 perché 'l secondo a lato al primo uccida; 19.9.5 che mentre in fretta a questo e a quel domanda 19.9.6 chi tirato abbia l' arco, e forte grida, 19.9.7 lo strale arriva e gli passa la gola, 19.9.8 e gli taglia pel mezzo la parola. 19.10.1 Or Zerbin, ch' era il capitano loro, 19.10.2 non poté a questo aver più pazïenza. 19.10.3 Con ira e con furor venne a Medoro, 19.10.4 dicendo: -- Ne farai tu penitenza. -- 19.10.5 Stese la mano in quella chioma d' oro, 19.10.6 e strascinollo a sé con vïolenza: 19.10.7 ma come gli occhi a quel bel volto mise 19.10.8 gli ne venne pietade, e non l' uccise. 19.11.1 Il giovinetto si rivolse a' prieghi, 19.11.2 e disse: -- Cavallier, per lo tuo Dio, 19.11.3 non esser sì crudel, che tu mi nieghi 19.11.4 ch' io sepelisca il corpo del re mio. 19.11.5 Non vo' ch' altra pietà per me ti pieghi, 19.11.6 né pensi che di vita abbi disio: 19.11.7 ho tanta di mia vita, e non più, cura, 19.11.8 quanta ch' al mio signor dia sepultura. 19.12.1 E se pur pascer vòi fiere et augelli, 19.12.2 che 'n te il furor sia del teban Creonte, 19.12.3 fa lor convito di miei membri, e quelli 19.12.4 sepelir lascia del figliuol d' Almonte. -- 19.12.5 Così dicea Medor con modi belli, 19.12.6 e con parole atte a voltare un monte; 19.12.7 e sì commosso già Zerbino avea, 19.12.8 che d' amor tutto e di pietade ardea. 19.13.1 In questo mezzo un cavallier villano, 19.13.2 avendo al suo signor poco rispetto, 19.13.3 ferì con una lancia sopra mano 19.13.4 al supplicante il delicato petto. 19.13.5 Spiacque a Zerbin l' atto crudele e strano; 19.13.6 tanto più, che del colpo il giovinetto 19.13.7 vide cader sì sbigottito e smorto, 19.13.8 che 'n tutto giudicò che fosse morto. 19.14.1 E se ne sdegnò in guisa e se ne dolse, 19.14.2 che disse: -- Invendicato già non fia! -- 19.14.3 e pien di mal talento si rivolse 19.14.4 al cavallier che fe' l' impresa ria: 19.14.5 ma quel prese vantaggio, e se gli tolse 19.14.6 dinanzi in un momento, e fuggì via. 19.14.7 Cloridan, che Medor vede per terra, 19.14.8 salta del bosco a discoperta guerra. 19.15.1 E getta l' arco, e tutto pien di rabbia 19.15.2 tra gli nimici il ferro intorno gira, 19.15.3 più per morir, che per pensier ch' egli abbia 19.15.4 di far vendetta che pareggi l' ira. 19.15.5 Del proprio sangue rosseggiar la sabbia 19.15.6 fra tante spade, e al fin venir si mira; 19.15.7 e tolto che si sente ogni potere, 19.15.8 si lascia a canto al suo Medor cadere. 19.16.1 Seguon gli Scotti ove la guida loro 19.16.2 per l' alta selva alto disdegno mena, 19.16.3 poi che lasciato ha l' uno e l' altro Moro, 19.16.4 l' un morto in tutto, e l' altro vivo a pena. 19.16.5 Giacque gran pezzo il giovine Medoro, 19.16.6 spicciando il sangue da sì larga vena, 19.16.7 che di sua vita al fin saria venuto, 19.16.8 se non sopravenia chi gli diè aiuto. 19.17.1 Gli sopravenne a caso una donzella, 19.17.2 avolta in pastorale et umil veste, 19.17.3 ma di real presenzia e in viso bella, 19.17.4 d' alte maniere e accortamente oneste. 19.17.5 Tanto è ch' io non ne dissi più novella, 19.17.6 ch' a pena riconoscer la dovreste: 19.17.7 questa, se non sapete, Angelica era, 19.17.8 del gran Can del Catai la figlia altiera. 19.18.1 Poi che 'l suo annello Angelica rïebbe, 19.18.2 di che Brunel l' avea tenuta priva, 19.18.3 in tanto fasto, in tanto orgoglio crebbe, 19.18.4 ch' esser parea di tutto 'l mondo schiva. 19.18.5 Se ne va sola, e non si degnerebbe 19.18.6 compagno aver qual più famoso viva: 19.18.7 si sdegna a rimembrar che già suo amante 19.18.8 abbia Orlando nomato, o Sacripante. 19.19.1 E sopra ogn' altro error via più pentita 19.19.2 era del ben che già a Rinaldo vòlse, 19.19.3 troppo parendole essersi avilita, 19.19.4 ch' a riguardar sì basso gli occhi volse. 19.19.5 Tant' arroganzia avendo Amor sentita, 19.19.6 più lungamente comportar non vòlse: 19.19.7 dove giacea Medor, si pose al varco, 19.19.8 e l' aspettò, posto lo strale all' arco. 19.20.1 Quando Angelica vide il giovinetto 19.20.2 languir ferito, assai vicino a morte, 19.20.3 che del suo re che giacea senza tetto, 19.20.4 più che del proprio mal si dolea forte; 19.20.5 insolita pietade in mezzo al petto 19.20.6 si sentì entrar per disusate porte, 19.20.7 che le fe' il duro cor tenero e molle, 19.20.8 e più, quando il suo caso egli narrolle. 19.21.1 E rivocando alla memoria l' arte 19.21.2 ch' in India imparò già di chirugia 19.21.3 (che par che questo studio in quella parte 19.21.4 nobile e degno e di gran laude sia; 19.21.5 e senza molto rivoltar di carte, 19.21.6 che 'l patre ai figli ereditario il dia), 19.21.7 si dispose operar con succo d' erbe, 19.21.8 ch' a più matura vita lo riserbe. 19.22.1 E ricordossi che passando avea 19.22.2 veduta un' erba in una piaggia amena; 19.22.3 fosse dittamo, o fosse panacea, 19.22.4 o non so qual, di tal effetto piena, 19.22.5 che stagna il sangue, e de la piaga rea 19.22.6 leva ogni spasmo e perigliosa pena. 19.22.7 La trovò non lontana, e quella còlta, 19.22.8 dove lasciato avea Medor, diè volta. 19.23.1 Nel ritornar s' incontra in un pastore 19.23.2 ch' a cavallo pel bosco ne veniva, 19.23.3 cercando una iuvenca, che già fuore 19.23.4 duo dì di mandra e senza guardia giva. 19.23.5 Seco lo trasse ove perdea il vigore 19.23.6 Medor col sangue che del petto usciva; 19.23.7 e già n' avea di tanto il terren tinto, 19.23.8 ch' era omai presso a rimanere estinto. 19.24.1 Del palafreno Angelica giù scese, 19.24.2 e scendere il pastor seco fece anche. 19.24.3 Pestò con sassi l' erba, indi la prese, 19.24.4 e succo ne cavò fra le man bianche; 19.24.5 ne la piaga n' infuse, e ne distese 19.24.6 e pel petto e pel ventre e fin a l' anche: 19.24.7 e fu di tal virtù questo liquore, 19.24.8 che stagnò il sangue, e gli tornò il vigore; 19.25.1 e gli diè forza, che poté salire 19.25.2 sopra il cavallo che 'l pastor condusse. 19.25.3 Non però vòlse indi Medor partire 19.25.4 prima ch' in terra il suo signor non fusse. 19.25.5 E Cloridan col re fe' sepelire; 19.25.6 e poi dove a lei piacque si ridusse. 19.25.7 Et ella per pietà ne l' umil case 19.25.8 del cortese pastor seco rimase. 19.26.1 Né fin che nol tornasse in sanitade, 19.26.2 volea partir: così di lui fe' stima, 19.26.3 tanto se intenerì de la pietade 19.26.4 che n' ebbe, come in terra il vide prima. 19.26.5 Poi vistone i costumi e la beltade, 19.26.6 roder si sentì il cor d' ascosa lima; 19.26.7 roder si sentì il core, e a poco a poco 19.26.8 tutto infiammato d' amoroso fuoco. 19.27.1 Stava il pastore in assai buona e bella 19.27.2 stanza, nel bosco infra duo monti piatta, 19.27.3 con la moglie e coi figli; et avea quella 19.27.4 tutta di nuovo e poco inanzi fatta. 19.27.5 Quivi a Medoro fu per la donzella 19.27.6 la piaga in breve a sanità ritratta: 19.27.7 ma in minor tempo si sentì maggiore 19.27.8 piaga di questa avere ella nel core. 19.28.1 Assai più larga piaga e più profonda 19.28.2 nel cor sentì da non veduto strale, 19.28.3 che da' begli occhi e da la testa bionda 19.28.4 di Medoro aventò l' Arcier c' ha l' ale. 19.28.5 Arder si sente, e sempre il fuoco abonda; 19.28.6 e più cura l' altrui che 'l proprio male: 19.28.7 di sé non cura, e non è ad altro intenta, 19.28.8 ch' a risanar chi lei fere e tormenta. 19.29.1 La sua piaga più s' apre e più incrudisce, 19.29.2 quanto più l' altra si ristringe e salda. 19.29.3 Il giovine si sana: ella languisce 19.29.4 di nuova febbre, or agghiacciata, or calda. 19.29.5 Di giorno in giorno in lui beltà fiorisce: 19.29.6 la misera si strugge, come falda 19.29.7 strugger di nieve intempestiva suole, 19.29.8 ch' in loco aprico abbia scoperta il sole. 19.30.1 Se di disio non vuol morir, bisogna 19.30.2 che senza indugio ella se stessa aiti: 19.30.3 e ben le par che di quel ch' essa agogna, 19.30.4 non sia tempo aspettar ch' altri la 'nviti. 19.30.5 Dunque, rotto ogni freno di vergogna, 19.30.6 la lingua ebbe non men che gli occhi arditi: 19.30.7 e di quel colpo domandò mercede, 19.30.8 che, forse non sapendo, esso le diede. 19.31.1 O conte Orlando, o re di Circassia, 19.31.2 vostra inclita virtù, dite, che giova? 19.31.3 Vostro alto onor dite in che prezzo sia, 19.31.4 o che mercé vostro servir ritruova. 19.31.5 Mostratemi una sola cortesia 19.31.6 che mai costei v' usasse, o vecchia o nuova, 19.31.7 per ricompensa e guidardone e merto 19.31.8 di quanto avete già per lei sofferto. 19.32.1 Oh se potessi ritornar mai vivo, 19.32.2 quanto ti parria duro, o re Agricane! 19.32.3 che già mostrò costei sì averti a schivo 19.32.4 con repulse crudeli et inumane. 19.32.5 O Ferraù, o mille altri ch' io non scrivo, 19.32.6 ch' avete fatto mille pruove vane 19.32.7 per questa ingrata, quanto aspro vi fôra, 19.32.8 s' a costu' in braccio voi la vedesse ora! 19.33.1 Angelica a Medor la prima rosa 19.33.2 coglier lasciò, non ancor tocca inante: 19.33.3 né persona fu mai sì aventurosa, 19.33.4 ch' in quel giardin potesse por le piante. 19.33.5 Per adombrar, per onestar la cosa, 19.33.6 si celebrò con cerimonie sante 19.33.7 il matrimonio, ch' auspice ebbe Amore, 19.33.8 e pronuba la moglie del pastore. 19.34.1 Fêrsi le nozze sotto all' umil tetto 19.34.2 le più solenni che vi potean farsi; 19.34.3 e più d' un mese poi stêro a diletto 19.34.4 i duo tranquilli amanti a ricrearsi. 19.34.5 Più lunge non vedea del giovinetto 19.34.6 la donna, né di lui potea saziarsi; 19.34.7 né per mai sempre pendergli dal collo, 19.34.8 il suo disir sentia di lui satollo. 19.35.1 Se stava all' ombra o se del tetto usciva, 19.35.2 avea dì e notte il bel giovine a lato: 19.35.3 matino e sera or questa or quella riva 19.35.4 cercando andava, o qualche verde prato: 19.35.5 nel mezzo giorno un antro li copriva, 19.35.6 forse non men di quel commodo e grato, 19.35.7 ch' ebber, fuggendo l' acque, Enea e Dido, 19.35.8 de' lor secreti testimonio fido. 19.36.1 Fra piacer tanti, ovunque un arbor dritto 19.36.2 vedesse ombrare o fonte o rivo puro, 19.36.3 v' avea spillo o coltel subito fitto; 19.36.4 così, se v' era alcun sasso men duro: 19.36.5 et era fuori in mille luoghi scritto, 19.36.6 e così in casa in altritanti il muro, 19.36.7 Angelica e Medoro, in varii modi 19.36.8 legati insieme di diversi nodi. 19.37.1 Poi che le parve aver fatto soggiorno 19.37.2 quivi più ch' a bastanza, fe' disegno 19.37.3 di fare in India del Catai ritorno, 19.37.4 e Medor coronar del suo bel regno. 19.37.5 Portava al braccio un cerchio d' oro, adorno 19.37.6 di ricche gemme, in testimonio e segno 19.37.7 del ben che 'l conte Orlando le volea; 19.37.8 e portato gran tempo ve l' avea. 19.38.1 Quel donò già Morgana a Zilïante, 19.38.2 nel tempo che nel lago ascoso il tenne; 19.38.3 et esso, poi ch' al padre Monodante 19.38.4 per opra e per virtù d' Orlando venne, 19.38.5 lo diede a Orlando: Orlando ch' era amante, 19.38.6 di porsi al braccio il cerchio d' or sostenne, 19.38.7 avendo disegnato di donarlo 19.38.8 alla regina sua di ch' io vi parlo. 19.39.1 Non per amor del paladino, quanto 19.39.2 perch' era ricco e d' artificio egregio, 19.39.3 caro avuto l' avea la donna tanto, 19.39.4 che più non si può aver cosa di pregio. 19.39.5 Se lo serbò ne l' Isola del pianto, 19.39.6 non so già dirvi con che privilegio, 19.39.7 là dove esposta al marin mostro nuda 19.39.8 fu da la gente inospitale e cruda. 19.40.1 Quivi non si trovando altra mercede 19.40.2 ch' al buon pastore et alla moglie dessi, 19.40.3 che serviti gli avea con sì gran fede 19.40.4 dal dì che nel suo albergo si fur messi, 19.40.5 levò dal braccio il cerchio e gli lo diede, 19.40.6 e vòlse per suo amor che lo tenessi. 19.40.7 Indi saliron verso la montagna 19.40.8 che divide la Francia da la Spagna. 19.41.1 Dentro a Valenza o dentro a Barcellona 19.41.2 per qualche giorno avean pensato porsi, 19.41.3 fin che accadesse alcuna nave buona 19.41.4 che per Levante apparecchiasse a sciorsi. 19.41.5 Videro il mar scoprir sotto a Girona 19.41.6 ne lo smontar giù dei montani dorsi; 19.41.7 e costeggiando a man sinistra il lito, 19.41.8 a Barcellona andâr pel camin trito. 19.42.1 Ma non vi giunser prima, ch' un uom pazzo 19.42.2 giacer trovaro in su l' estreme arene, 19.42.3 che, come porco, di loto e di guazzo 19.42.4 tutto era brutto e volto e petto e schene. 19.42.5 Costui si scagliò lor come cagnazzo 19.42.6 ch' assalir forestier subito viene; 19.42.7 e diè lor noia, e fu per far lor scorno. 19.42.8 Ma di Marfisa a ricontarvi torno. 19.43.1 Di Marfisa, d' Astolfo, d' Aquilante, 19.43.2 di Grifone e degli altri io vi vuo' dire, 19.43.3 che travagliati, e con la morte inante, 19.43.4 mal si poteano incontra il mar schermire: 19.43.5 che sempre più superba e più arrogante 19.43.6 crescea fortuna le minaccie e l' ire; 19.43.7 e già durato era tre dì lo sdegno, 19.43.8 né di placarsi ancor mostrava segno. 19.44.1 Castello e ballador spezza e fraccassa 19.44.2 l' onda nimica e 'l vento ognor più fiero: 19.44.3 se parte ritta il verno pur ne lassa, 19.44.4 la taglia e dona al mar tutta il nocchiero. 19.44.5 Chi sta col capo chino in una cassa 19.44.6 su la carta appuntando il suo sentiero 19.44.7 a lume di lanterna piccolina, 19.44.8 e chi col torchio giù ne la sentina. 19.45.1 Un sotto poppe, un altro sotto prora 19.45.2 si tiene inanzi l' oriuol da polve; 19.45.3 e torna a rivedere ogni mezz' ora 19.45.4 quanto è già corso, et a che via si volve: 19.45.5 indi ciascun con la sua carta fuora 19.45.6 a mezza nave il suo parer risolve, 19.45.7 là dove a un tempo i marinari tutti 19.45.8 sono a consiglio dal padron ridutti. 19.46.1 Chi dice: -- Sopra Limissò venuti 19.46.2 siamo, per quel ch' io trovo, alle seccagne; -- 19.46.3 chi: -- Di Tripoli appresso i sassi acuti, 19.46.4 dove il mar le più volte i legni fragne; -- 19.46.5 chi dice: -- Siamo in Satalia perduti, 19.46.6 per cui più d' un nocchier sospira e piagne. -- 19.46.7 Ciascun secondo il parer suo argomenta, 19.46.8 ma tutti ugual timor preme e sgomenta. 19.47.1 Il terzo giorno con maggior dispetto 19.47.2 gli assale il vento, e il mar più irato freme; 19.47.3 e l' un ne spezza e portane il trinchetto, 19.47.4 e 'l timon l' altro, e chi lo volge insieme. 19.47.5 Ben è di forte e di marmoreo petto 19.47.6 e più duro ch' acciar, ch' ora non teme. 19.47.7 Marfisa, che già fu tanto sicura, 19.47.8 non negò che quel giorno ebbe paura. 19.48.1 Al monte Sinaì fu peregrino, 19.48.2 a Gallizia promesso, a Cipro, a Roma, 19.48.3 al Sepolcro, alla Vergine d' Ettino, 19.48.4 e se celebre luogo altro si noma. 19.48.5 Sul mare intanto, e spesso al ciel vicino 19.48.6 l' afflitto e conquassato legno toma, 19.48.7 di cui per men travaglio avea il padrone 19.48.8 fatto l' arbor tagliar de l' artimone. 19.49.1 E colli e casse e ciò che v' è di grave 19.49.2 gitta da prora e da poppe e da sponde; 19.49.3 e fa tutte sgombrar camere e giave, 19.49.4 e dar le ricche merci all' avide onde. 19.49.5 Altri attende alle trombe, e a tor di nave 19.49.6 l' acque importune, e il mar nel mar rifonde; 19.49.7 soccorre altri in sentina, ovunque appare 19.49.8 legno da legno aver sdrucito il mare. 19.50.1 Stero in questo travaglio, in questa pena 19.50.2 ben quattro giorni, e non avean più schermo; 19.50.3 e n' avria avuto il mar vittoria piena, 19.50.4 poco più che 'l furor tenesse fermo: 19.50.5 ma diede speme lor d' aria serena 19.50.6 la disïata luce di santo Ermo, 19.50.7 ch' in prua s' una cocchina a por si venne; 19.50.8 che più non v' erano arbori né antenne. 19.51.1 Veduto fiammeggiar la bella face, 19.51.2 s' inginocchiaro tutti i naviganti, 19.51.3 e domandaro il mar tranquillo e pace 19.51.4 con umidi occhi e con voci tremanti. 19.51.5 La tempesta crudel, che pertinace 19.51.6 fu sin allora, non andò più inanti: 19.51.7 Maestro e Traversia più non molesta, 19.51.8 e sol del mar tiràn Libecchio resta. 19.52.1 Questo resta sul mar tanto possente, 19.52.2 e da la negra bocca in modo esala, 19.52.3 et è con lui sì il rapido corrente 19.52.4 de l' agitato mar ch' in fretta cala, 19.52.5 che porta il legno più velocemente, 19.52.6 che pelegrin falcon mai facesse ala, 19.52.7 con timor del nocchier ch' al fin del mondo 19.52.8 non lo trasporti, o rompa, o cacci al fondo. 19.53.1 Rimedio a questo il buon nocchier ritruova, 19.53.2 che commanda gittar per poppa spere; 19.53.3 e caluma la gomona, e fa pruova 19.53.4 di duo terzi del corso ritenere. 19.53.5 Questo consiglio, e più l' augurio giova 19.53.6 di chi avea acceso in proda le lumiere: 19.53.7 questo il legno salvò, che peria forse, 19.53.8 e fe' ch' in alto mar sicuro corse. 19.54.1 Nel golfo di Laiazzo invêr Soria 19.54.2 sopra una gran città si trovò sorto, 19.54.3 e sì vicino al lito, che scopria 19.54.4 l' uno e l' altro castel che serra il porto. 19.54.5 Come il padron s' accorse de la via 19.54.6 che fatto avea, ritornò in viso smorto; 19.54.7 che né porto pigliar quivi volea, 19.54.8 né stare in alto, né fuggir potea. 19.55.1 Né potea stare in alto, né fuggire; 19.55.2 che gli arbori e l' antenne avea perdute: 19.55.3 eran tavole e travi pel ferire 19.55.4 del mar, sdrucite, macere e sbattute. 19.55.5 E 'l pigliar porto era un voler morire, 19.55.6 o perpetuo legarsi in servitute; 19.55.7 che riman serva ogni persona, o morta, 19.55.8 che quivi errore o ria fortuna porta. 19.56.1 E 'l stare in dubbio era con gran periglio 19.56.2 che non salisser genti de la terra 19.56.3 con legni armati, e al suo desson di piglio, 19.56.4 mal atto a star sul mar, non ch' a far guerra. 19.56.5 Mentre il padron non sa pigliar consiglio, 19.56.6 fu domandato da quel d' Inghilterra, 19.56.7 chi gli tenea sì l' animo suspeso, 19.56.8 e perché già non avea il porto preso. 19.57.1 Il padron narrò lui che quella riva 19.57.2 tutta tenean le femine omicide, 19.57.3 di quai l' antiqua legge ognun ch' arriva 19.57.4 in perpetuo tien servo, o che l' uccide; 19.57.5 e questa sorte solamente schiva 19.57.6 chi nel campo dieci uomini conquide, 19.57.7 e poi la notte può assaggiar nel letto 19.57.8 diece donzelle con carnal diletto. 19.58.1 E se la prima pruova gli vien fatta, 19.58.2 e non fornisca la seconda poi, 19.58.3 egli vien morto, e chi è con lui si tratta 19.58.4 da zappatore o da guardian di buoi. 19.58.5 Se di far l' uno e l' altro è persona atta, 19.58.6 impetra libertade a tutti i suoi; 19.58.7 a sé non già, c' ha da restar marito 19.58.8 di diece donne, elette a suo appetito. 19.59.1 Non poté udire Astolfo senza risa 19.59.2 de la vicina terra il rito strano. 19.59.3 Sopravien Sansonetto, e poi Marfisa, 19.59.4 indi Aquilante, e seco il suo germano. 19.59.5 Il padron parimente lor divisa 19.59.6 la causa che dal porto il tien lontano: 19.59.7 -- Voglio (dicea) che inanzi il mar m' affoghi, 19.59.8 ch' io senta mai di servitude i gioghi. -- 19.60.1 Del parer del padrone i marinari 19.60.2 e tutti gli altri naviganti furo; 19.60.3 ma Marfisa e' compagni eran contrari, 19.60.4 che, più che l' acque, il lito avean sicuro. 19.60.5 Via più il vedersi intorno irati i mari, 19.60.6 che cento mila spade, era lor duro. 19.60.7 Parea lor questo e ciascun altro loco 19.60.8 dov' arme usar potean, da temer poco. 19.61.1 Bramavano i guerrier venire a proda, 19.61.2 ma con maggior baldanza il duca inglese; 19.61.3 che sa, come del corno il rumor s' oda, 19.61.4 sgombrar d' intorno si farà il paese. 19.61.5 Pigliare il porto l' una parte loda, 19.61.6 e l' altra il biasma, e sono alle contese; 19.61.7 ma la più forte in guisa il padron stringe, 19.61.8 ch' al porto, suo malgrado, il legno spinge. 19.62.1 Già, quando prima s' erano alla vista 19.62.2 de la città crudel sul mar scoperti, 19.62.3 veduto aveano una galea provista 19.62.4 di molta ciurma e di nochieri esperti 19.62.5 venire al dritto a ritrovar la trista 19.62.6 nave, confusa di consigli incerti; 19.62.7 che, l' alta prora alle sua poppe basse 19.62.8 legando, fuor de l' empio mar la trasse. 19.63.1 Entrâr nel porto remorchiando, e a forza 19.63.2 di remi più che per favor di vele; 19.63.3 però che l' alternar di poggia e d' orza 19.63.4 avea levato il vento lor crudele. 19.63.5 Intanto ripigliâr la dura scorza 19.63.6 i cavallieri e il brando lor fedele; 19.63.7 et al padrone et a ciascun che teme 19.63.8 non cessan dar con lor conforti speme. 19.64.1 Fatto è 'l porto a sembianza d' una luna, 19.64.2 e gira più di quattro miglia intorno: 19.64.3 seicento passi è in bocca, et in ciascuna 19.64.4 parte una ròcca ha nel finir del corno. 19.64.5 Non teme alcuno assalto di fortuna, 19.64.6 se non quando gli vien dal mezzogiorno. 19.64.7 A guisa di teatro se gli stende 19.64.8 la città a cerco, e verso il poggio ascende. 19.65.1 Non fu quivi sì tosto il legno sorto 19.65.2 (già l' aviso era per tutta la terra), 19.65.3 che fur sei mila femine sul porto, 19.65.4 con gli archi in mano, in abito di guerra; 19.65.5 e per tor de la fuga ogni conforto, 19.65.6 tra l' una ròcca e l' altra il mar si serra: 19.65.7 da navi e da catene fu rinchiuso, 19.65.8 che tenean sempre instrutte a cotal uso. 19.66.1 Una che d' anni alla Cumea d' Apollo 19.66.2 poté uguagliarsi e alla madre d' Ettorre, 19.66.3 fe' chiamare il padrone, e domandollo 19.66.4 se si volean lasciar la vita tôrre, 19.66.5 o se voleano pur al giogo il collo, 19.66.6 secondo la costuma, sottoporre. 19.66.7 Degli dua l' uno aveano a tôrre: o quivi 19.66.8 tutti morire, o rimaner captivi. 19.67.1 -- Gli è ver (dicea) che s' uom si ritrovasse 19.67.2 tra voi così animoso e così forte, 19.67.3 che contra dieci nostri uomini osasse 19.67.4 prender battaglia, e desse lor la morte, 19.67.5 e far con diece femine bastasse 19.67.6 per una notte ufficio di consorte; 19.67.7 egli si rimarria principe nostro, 19.67.8 e gir voi ne potreste al camin vostro. 19.68.1 E sarà in vostro arbitrio il restar anco, 19.68.2 vogliate o tutti o parte; ma con patto, 19.68.3 che chi vorrà restare, e restar franco, 19.68.4 marito sia per diece femine atto. 19.68.5 Ma quando il guerrier vostro possa manco 19.68.6 dei dieci che gli fian nimici a un tratto, 19.68.7 o la seconda pruova non fornisca, 19.68.8 vogliàn voi siate schiavi, egli perisca. -- 19.69.1 Dove la vecchia ritrovar timore 19.69.2 credea nei cavallier, trovò baldanza; 19.69.3 che ciascun si tenea tal feritore, 19.69.4 che fornir l' uno e l' altro avea speranza: 19.69.5 et a Marfisa non mancava il core, 19.69.6 ben che mal atta alla seconda danza; 19.69.7 ma dove non l' aitasse la natura, 19.69.8 con la spada supplir stava sicura. 19.70.1 Al padron fu commessa la risposta, 19.70.2 prima conchiusa per commun consiglio: 19.70.3 ch' avean chi lor potria di sé a lor posta 19.70.4 ne la piazza e nel letto far periglio. 19.70.5 Levan l' offese, et il nocchier s' accosta, 19.70.6 getta la fune e le fa dar di piglio; 19.70.7 e fa acconciare il ponte, onde i guerrieri 19.70.8 escono armati, e tranno i lor destrieri. 19.71.1 E quindi van per mezzo la cittade, 19.71.2 e vi ritruovan le donzelle altiere, 19.71.3 succinte cavalcar per le contrade, 19.71.4 et in piazza armeggiar come guerriere. 19.71.5 Né calciar quivi spron, né cinger spade, 19.71.6 né cosa d' arme puon gli uomini avere, 19.71.7 se non dieci alla volta, per rispetto 19.71.8 de l' antiqua costuma ch' io v' ho detto. 19.72.1 Tutti gli altri alla spola, all' aco, al fuso, 19.72.2 al pettine et all' aspo sono intenti, 19.72.3 con vesti feminil che vanno giuso 19.72.4 insin al piè, che gli fa molli e lenti. 19.72.5 Si tengono in catena alcuni ad uso 19.72.6 d' arar la terra o di guardar gli armenti. 19.72.7 Son pochi i maschi, e non son ben, per mille 19.72.8 femine, cento, fra cittadi e ville. 19.73.1 Volendo tôrre i cavallieri a sorte 19.73.2 chi di lor debba per commune scampo 19.73.3 l' una decina in piazza porre a morte, 19.73.4 e poi l' altra ferir ne l' altro campo; 19.73.5 non disegnavan di Marfisa forte, 19.73.6 stimando che trovar dovesse inciampo 19.73.7 ne la seconda giostra de la sera; 19.73.8 ch' ad averne vittoria abil non era. 19.74.1 Ma con gli altri esser vòlse ella sortita: 19.74.2 or sopra lei la sorte in somma cade. 19.74.3 Ella dicea: -- Prima v' ho a por la vita, 19.74.4 che v' abbiate a por voi la libertade: 19.74.5 ma questa spada (e lor la spada addita, 19.74.6 che cinta avea) vi do per securtade 19.74.7 ch' io vi sciorrò tutti gl' intrichi al modo 19.74.8 che fe' Alessandro il gordïano nodo. 19.75.1 Non vuo' mai più che forestier si lagni 19.75.2 di questa terra, fin che 'l mondo dura. -- 19.75.3 Così disse; e non potero i compagni 19.75.4 torle quel che le dava sua aventura. 19.75.5 Dunque, o ch' in tutto perda, o lor guadagni 19.75.6 la libertà, le lasciano la cura. 19.75.7 Ella di piastre già guernita e maglia, 19.75.8 s' appresentò nel campo alla battaglia. 19.76.1 Gira una piazza al sommo de la terra, 19.76.2 di gradi a seder atti intorno chiusa; 19.76.3 che solamente a giostre, a simil guerra, 19.76.4 a caccie, a lotte, e non ad altro s' usa: 19.76.5 quattro porte ha di bronzo, onde si serra. 19.76.6 Quivi la moltitudine confusa 19.76.7 de l' armigere femine si trasse; 19.76.8 e poi fu detto a Marfisa ch' entrasse. 19.77.1 Entrò Marfisa s' un destrier leardo, 19.77.2 tutto sparso di macchie e di rotelle, 19.77.3 di piccol capo e d' animoso sguardo, 19.77.4 d' andar superbo e di fattezze belle. 19.77.5 Pel maggiore e più vago e più gagliardo, 19.77.6 di mille che n' avea con briglie e selle, 19.77.7 scelse in Damasco, e realmente ornollo, 19.77.8 et a Marfisa Norandin donollo. 19.78.1 Da mezzogiorno e da la porta d' austro 19.78.2 entrò Marfisa; e non vi stette guari, 19.78.3 ch' appropinquare e risonar pel claustro 19.78.4 udì di trombe acuti suoni e chiari: 19.78.5 e vide poi di verso il freddo plaustro 19.78.6 entrar nel campo i dieci suoi contrari. 19.78.7 Il primo cavallier ch' apparve inante, 19.78.8 di valer tutto il resto avea sembiante. 19.79.1 Quel venne in piazza sopra un gran destriero, 19.79.2 che, fuor ch' in fronte e nel piè dietro manco, 19.79.3 era, più che mai corbo, oscuro e nero: 19.79.4 nel piè e nel capo avea alcun pelo bianco. 19.79.5 Del color del cavallo il cavalliero 19.79.6 vestito, volea dir che, come manco 19.79.7 del chiaro era l' oscuro, era altretanto 19.79.8 il riso in lui verso l' oscuro pianto. 19.80.1 Dato che fu de la battaglia il segno, 19.80.2 nove guerrier l' aste chinaro a un tratto; 19.80.3 ma quel dal nero ebbe il vantaggio a sdegno: 19.80.4 si ritirò, né di giostrar fece atto. 19.80.5 Vuol ch' alle leggi inanzi di quel regno, 19.80.6 ch' alla sua cortesia, sia contrafatto. 19.80.7 Si tra' da parte e sta a veder le pruove 19.80.8 ch' una sola asta farà contra a nove. 19.81.1 Il destrier, ch' avea andar trito e soave, 19.81.2 portò all' incontro la donzella in fretta, 19.81.3 che nel corso arrestò lancia sì grave, 19.81.4 che quattro uomini avriano a pena retta. 19.81.5 L' avea pur dianzi al dismontar di nave 19.81.6 per la più salda in molte antenne eletta. 19.81.7 Il fier sembiante con ch' ella si mosse, 19.81.8 mille faccie imbiancò, mille cor scosse. 19.82.1 Aperse al primo che trovò, sì il petto, 19.82.2 che fôra assai che fosse stato nudo: 19.82.3 gli passò la corazza e il soprapetto, 19.82.4 ma prima un ben ferrato e grosso scudo. 19.82.5 Dietro le spalle un braccio il ferro netto 19.82.6 si vide uscir: tanto fu il colpo crudo. 19.82.7 Quel fitto ne la lancia a dietro lassa, 19.82.8 e sopra gli altri a tutta briglia passa. 19.83.1 E diede d' urto a chi venìa secondo, 19.83.2 et a chi terzo sì terribil botta, 19.83.3 che rotto ne la schena uscir del mondo 19.83.4 fe' l' uno e l' altro, e de la sella a un' otta: 19.83.5 sí duro fu l' incontro e di tal pondo, 19.83.6 sì stretta insieme ne venìa la frotta. 19.83.7 Ho veduto bombarde a quella guisa 19.83.8 le squadre aprir, che fe' lo stuol Marfisa. 19.84.1 Sopra di lei più lance rotte furo; 19.84.2 ma tanto a quelli colpi ella si mosse, 19.84.3 quanto nel giuoco de le caccie un muro 19.84.4 si muova a' colpi de le palle grosse. 19.84.5 L' usbergo suo di tempra era sì duro, 19.84.6 che non gli potean contra le percosse; 19.84.7 e per incanto al fuoco de l' Inferno 19.84.8 cotto, e temprato all' acque fu d' Averno. 19.85.1 Al fin del campo il destrier tenne e volse, 19.85.2 e fermò alquanto: e in fretta poi lo spinse 19.85.3 incontra gli altri, e sbarragliolli e sciolse, 19.85.4 e di lor sangue insin all' elsa tinse. 19.85.5 All' uno il capo, all' altro il braccio tolse; 19.85.6 e un altro in guisa con la spada cinse, 19.85.7 che 'l petto in terra andò col capo et ambe 19.85.8 le braccia, e in sella il ventre era e le gambe. 19.86.1 Lo partì, dico, per dritta misura, 19.86.2 de le coste e de l' anche alle confine, 19.86.3 e lo fe' rimaner mezza figura, 19.86.4 qual dinanzi all' imagini divine, 19.86.5 posto d' argento, e più di cera pura 19.86.6 son da genti lontane e da vicine, 19.86.7 ch' a ringraziarle e sciorre il voto vanno 19.86.8 de le domande pie ch' ottenute hanno. 19.87.1 Ad uno che fuggia, dietro si mise, 19.87.2 né fu a mezzo la piazza, che lo giunse; 19.87.3 e 'l capo e 'l collo in modo gli divise, 19.87.4 che medico mai più non lo raggiunse. 19.87.5 In somma tutti un dopo l' altro uccise, 19.87.6 o ferì sì ch' ogni vigor n' emunse; 19.87.7 e fu sicura che levar di terra 19.87.8 mai più non si potrian per farle guerra. 19.88.1 Stato era il cavallier sempre in un canto, 19.88.2 che la decina in piazza avea condutta; 19.88.3 però che contra un solo andar con tanto 19.88.4 vantaggio opra gli parve iniqua e brutta. 19.88.5 Or che per una man tôrsi da canto 19.88.6 vide sì tosto la compagna tutta, 19.88.7 per dimostrar che la tardanza fosse 19.88.8 cortesia stata e non timor, si mosse. 19.89.1 Con man fe' cenno di volere, inanti 19.89.2 che facesse altro, alcuna cosa dire; 19.89.3 e non pensando in sì viril sembianti 19.89.4 che s' avesse una vergine a coprire, 19.89.5 le disse: -- Cavalliero, omai di tanti 19.89.6 esser déi stanco, c' hai fatto morire; 19.89.7 e s' io volessi, più di quel che sei, 19.89.8 stancarti ancor, discortesia farei. 19.90.1 Che ti riposi insino al giorno nuovo, 19.90.2 e doman torni in campo, ti concedo. 19.90.3 Non mi fia onor se teco oggi mi pruovo, 19.90.4 che travagliato e lasso esser ti credo. -- 19.90.5 -- Il travagliare in arme non m' è nuovo, 19.90.6 né per sì poco alla fatica cedo 19.90.7 (disse Marfisa); e spero ch' a tuo costo 19.90.8 io ti farò di questo aveder tosto. 19.91.1 De la cortese offerta ti ringrazio, 19.91.2 ma riposare ancor non mi bisogna; 19.91.3 e ci avanza del giorno tanto spazio, 19.91.4 ch' a porlo tutto in ozio è pur vergogna. -- 19.91.5 Rispose il cavallier: -- Fuss' io sì sazio 19.91.6 d' ogn' altra cosa che 'l mio core agogna, 19.91.7 come t' ho in questo da saziar; ma vedi 19.91.8 che non ti manchi il dì più che non credi. -- 19.92.1 Così disse egli, e fe' portare in fretta 19.92.2 due grosse lance, anzi due gravi antenne; 19.92.3 et a Marfisa dar ne fe' l' eletta: 19.92.4 tolse l' altra per sé, ch' indietro venne. 19.92.5 Già sono in punto, et altro non s' aspetta 19.92.6 ch' un alto suon che lor la giostra accenne. 19.92.7 Ecco la terra e l' aria e il mar rimbomba 19.92.8 nel mover loro al primo suon di tromba. 19.93.1 Trar fiato, bocca aprir o battere occhi 19.93.2 non si vedea de' riguardanti alcuno: 19.93.3 tanto a mirare a chi la palma tocchi 19.93.4 dei duo campioni, intento era ciascuno. 19.93.5 Marfisa, acciò che de l' arcion trabocchi, 19.93.6 sì che mai non si levi, il guerrier bruno, 19.93.7 drizza la lancia; e il guerrier bruno forte 19.93.8 studia non men di por Marfisa a morte. 19.94.1 Le lancie ambe di secco e suttil salce, 19.94.2 non di cerro sembrâr grosso et acerbo, 19.94.3 così n' andaro in tronchi fin al calce; 19.94.4 e l' incontro ai destrier fu sì superbo, 19.94.5 che parimente parve da una falce 19.94.6 de le gambe esser lor tronco ogni nerbo. 19.94.7 Cadero ambi ugualmente; ma i campioni 19.94.8 fur presti a disbrigarsi dagli arcioni. 19.95.1 A mille cavallieri alla sua vita 19.95.2 al primo incontro avea la sella tolta 19.95.3 Marfisa, et ella mai non n' era uscita; 19.95.4 e n' uscì, come udite, a questa volta. 19.95.5 Del caso strano non pur sbigottita, 19.95.6 ma quasi fu per rimanerne stolta. 19.95.7 Parve anco strano al cavallier dal nero, 19.95.8 che non solea cader già di leggiero. 19.96.1 Tocca avean nel cader la terra a pena, 19.96.2 che furo in piedi e rinovâr l' assalto. 19.96.3 Tagli e punte a furor quivi si mena, 19.96.4 quivi ripara or scudo, or lama, or salto. 19.96.5 Vada la botta vòta o vada piena, 19.96.6 l' aria ne stride e ne risuona in alto. 19.96.7 Quelli elmi, quelli usberghi, quelli scudi 19.96.8 mostrâr ch' erano saldi più ch' incudi. 19.97.1 Se de l' aspra donzella il braccio è grave, 19.97.2 né quel del cavallier nimico è lieve. 19.97.3 Ben la misura ugual l' un da l' altro have: 19.97.4 quanto a punto l' un dà, tanto riceve. 19.97.5 Chi vol due fiere audaci anime brave, 19.97.6 cercar più là di queste due non deve, 19.97.7 né cercar più destrezza né più possa; 19.97.8 che n' han tra lor quanto più aver si possa. 19.98.1 Le donne, che gran pezzo mirato hanno 19.98.2 continuar tante percosse orrende, 19.98.3 e che nei cavallier segno d' affanno 19.98.4 e di stanchezza ancor non si comprende; 19.98.5 dei duo miglior guerrier lode lor danno, 19.98.6 che sien tra quanto il mar sua braccia estende. 19.98.7 Par lor che, se non fosser più che forti, 19.98.8 esser dovrian sol del travaglio morti. 19.99.1 Ragionando tra sé, dicea Marfisa: 19.99.2 -- Buon fu per me, che costui non si mosse; 19.99.3 ch' andava a risco di restarne uccisa, 19.99.4 se dianzi stato coi compagni fosse, 19.99.5 quando io mi truovo a pena a questa guisa 19.99.6 di potergli star contra alle percosse. -- 19.99.7 Così dice Marfisa; e tuttavolta 19.99.8 non resta di menar la spada in volta. 19.100.1 -- Buon fu per me (dicea quell' altro ancora), 19.100.2 che riposar costui non ho lasciato. 19.100.3 Difender me ne posso a fatica ora 19.100.4 che de la prima pugna è travagliato. 19.100.5 Se fin al nuovo dì facea dimora 19.100.6 a ripigliar vigor, che saria stato? 19.100.7 Ventura ebbi io, quanto più possa aversi, 19.100.8 che non volesse tor quel ch' io gli offersi. -- 19.101.1 La battaglia durò fin alla sera, 19.101.2 né chi avesse anco il meglio era palese; 19.101.3 né l' un né l' altro più senza lumiera 19.101.4 saputo avria come schivar l' offese. 19.101.5 Giunta la notte, all' inclita guerriera 19.101.6 fu primo a dir il cavallier cortese: 19.101.7 -- Che faren, poi che con ugual fortuna 19.101.8 n' ha sopragiunti la notte importuna? 19.102.1 Meglio mi par che 'l viver tuo prolunghi 19.102.2 almeno insino a tanto che s' aggiorni. 19.102.3 Io non posso concederti che aggiunghi 19.102.4 fuor ch' una notte picciola ai tua giorni. 19.102.5 E di ciò che non gli abbi aver più lunghi, 19.102.6 la colpa sopra me non vuo' che torni: 19.102.7 torni pur sopra alla spietata legge 19.102.8 del sesso feminil che 'l loco regge. 19.103.1 Se di te duolmi e di quest' altri tuoi, 19.103.2 lo sa colui che nulla cosa ha oscura. 19.103.3 Con tuoi compagni star meco tu puoi: 19.103.4 con altri non avrai stanza sicura; 19.103.5 perché la turba, a cu' i mariti suoi 19.103.6 oggi uccisi hai, già contra te congiura. 19.103.7 Ciascun di questi a cui dato hai la morte, 19.103.8 era di diece femine consorte. 19.104.1 Del danno c' han da te ricevut' oggi, 19.104.2 disian novanta femine vendetta: 19.104.3 sì che se meco ad albergar non poggi, 19.104.4 questa notte assalito esser t' aspetta. -- 19.104.5 Disse Marfisa: -- Accetto che m' alloggi, 19.104.6 con sicurtà che non sia men perfetta 19.104.7 in te la fede e la bontà del core, 19.104.8 che sia l' ardire e il corporal valore. 19.105.1 Ma che t' incresca che m' abbi ad uccidere, 19.105.2 ben ti può increscere anco del contrario. 19.105.3 Fin qui non credo che l' abbi da ridere, 19.105.4 perch' io sia men di te duro avversario. 19.105.5 O la pugna seguir vogli o dividere, 19.105.6 o farla all' uno o all' altro luminario, 19.105.7 ad ogni cenno pronta tu m' avrai, 19.105.8 e come et ogni volta che vorrai. -- 19.106.1 Così fu differita la tenzone 19.106.2 fin che di Gange uscisse il nuovo albóre, 19.106.3 e si restò senza conclusïone 19.106.4 chi d' essi duo guerrier fosse il migliore. 19.106.5 Ad Aquilante venne et a Grifone 19.106.6 e così agli altri il liberal signore, 19.106.7 e li pregò che fin al nuovo giorno 19.106.8 piacesse lor di far seco soggiorno. 19.107.1 Tenner lo 'nvito senza alcun sospetto: 19.107.2 indi, a splendor de bianchi torchi ardenti, 19.107.3 tutti saliro ov' era un real tetto, 19.107.4 distinto in molti adorni alloggiamenti. 19.107.5 Stupefatti al levarsi de l' elmetto, 19.107.6 mirandosi, restaro i combattenti; 19.107.7 che 'l cavallier, per quanto apparea fuora, 19.107.8 non eccedeva i diciotto anni ancora. 19.108.1 Si maraviglia la donzella, come 19.108.2 in arme tanto un giovinetto vaglia; 19.108.3 si maraviglia l' altro, ch' alle chiome 19.108.4 s' avede con chi avea fatto battaglia: 19.108.5 e si domandan l' un con l' altro il nome, 19.108.6 e tal debito tosto si ragguaglia. 19.108.7 Ma come si nomasse il giovinetto, 19.108.8 ne l' altro canto ad ascoltar v' aspetto.
CANTO XX
20.1.1 Le donne antique hanno mirabil cose 20.1.2 fatto ne l' arme e ne le sacre muse; 20.1.3 e di lor opre belle e glorïose 20.1.4 gran lume in tutto il mondo si diffuse. 20.1.5 Arpalice e Camilla son famose, 20.1.6 perché in battaglia erano esperte et use; 20.1.7 Safo e Corinna, perché furon dotte, 20.1.8 splendono illustri, e mai non veggon notte. 20.2.1 Le donne son venute in eccellenza 20.2.2 di ciascun' arte ove hanno posto cura; 20.2.3 e qualunque all' istorie abbia avvertenza, 20.2.4 ne sente ancor la fama non oscura. 20.2.5 Se 'l mondo n' è gran tempo stato senza, 20.2.6 non però sempre il mal influsso dura; 20.2.7 e forse ascosi han lor debiti onori 20.2.8 l' invidia o il non saper degli scrittori. 20.3.1 Ben mi par di veder ch' al secol nostro 20.3.2 tanta virtù fra belle donne emerga, 20.3.3 che può dare opra a carte et ad inchiostro, 20.3.4 perché nei futuri anni si disperga, 20.3.5 e perché, odiose lingue, il mal dir vostro 20.3.6 con vostra eterna infamia si sommerga: 20.3.7 e le lor lode appariranno in guisa, 20.3.8 che di gran lunga avanzeran Marfisa. 20.4.1 Or pur tornando a lei, questa donzella 20.4.2 al cavallier che l' usò cortesia, 20.4.3 de l' esser suo non niega dar novella, 20.4.4 quando esso a lei voglia contar chi sia. 20.4.5 Sbrigossi tosto del suo debito ella: 20.4.6 tanto il nome di lui saper disia. 20.4.7 -- Io son (disse) Marfisa: -- e fu assai questo; 20.4.8 che si sapea per tutto 'l mondo il resto. 20.5.1 L' altro comincia, poi che tocca a lui, 20.5.2 con più proemio a darle di sé conto, 20.5.3 dicendo: -- Io credo che ciascun di vui 20.5.4 abbia de la mia stirpe il nome in pronto; 20.5.5 che non pur Francia e Spagna e i vicin sui, 20.5.6 ma l' India, l' Etïopia e il freddo Ponto 20.5.7 han chiara cognizion di Chiaramonte, 20.5.8 onde uscì il cavallier ch' uccise Almonte, 20.6.1 e quel ch' a Chiarïello e al re Mambrino 20.6.2 diede la morte, e il regno lor disfece. 20.6.3 Di questo sangue, dove ne l' Eusino 20.6.4 l' Istro ne vien con otto corna o diece, 20.6.5 al duca Amone, il qual già peregrino 20.6.6 vi capitò, la madre mia mi fece: 20.6.7 e l' anno è ormai ch' io la lasciai dolente, 20.6.8 per gire in Francia a ritrovar mia gente. 20.7.1 Ma non potei finire il mio vïaggio, 20.7.2 che qua mi spinse un tempestoso Noto. 20.7.3 Son dieci mesi o più che stanza v' aggio, 20.7.4 che tutti i giorni e tutte l' ore noto. 20.7.5 Nominato son io Guidon Selvaggio, 20.7.6 di poca pruova ancora e poco noto. 20.7.7 Uccisi qui Argilon da Melibea 20.7.8 con dieci cavallier che seco avea. 20.8.1 Feci la pruova ancor de le donzelle: 20.8.2 così n' ho diece a' miei piaceri allato; 20.8.3 et alla scelta mia son le più belle, 20.8.4 e son le più gentil di questo stato. 20.8.5 E queste reggo e tutte l' altre; ch' elle 20.8.6 di sé m' hanno governo e scettro dato: 20.8.7 così daranno a qualunque altro arrida 20.8.8 Fortuna sì, che la decina ancida. -- 20.9.1 I cavallier domandano a Guidone, 20.9.2 com' ha sì pochi maschi il tenitoro; 20.9.3 e s' alle moglie hanno suggezïone, 20.9.4 come esse l' han negli altri lochi a loro. 20.9.5 Disse Guidon: -- Più volte la cagione 20.9.6 udita n' ho da poi che qui dimoro; 20.9.7 e vi sarà, secondo ch' io l' ho udita, 20.9.8 da me, poi che v' aggrada, riferita. 20.10.1 Al tempo che tornâr dopo anni venti 20.10.2 da Troia i Greci (che durò l' assedio 20.10.3 dieci, e dieci altri da contrari venti 20.10.4 furo agitati in mar con troppo tedio), 20.10.5 trovâr che le lor donne agli tormenti 20.10.6 di tanta absenzia avean preso rimedio: 20.10.7 tutte s' avean gioveni amanti eletti, 20.10.8 per non si raffreddar sole nei letti. 20.11.1 Le case lor trovaro i Greci piene 20.11.2 de l' altrui figli; e per parer commune 20.11.3 perdonano alle mogli, che san bene 20.11.4 che tanto non potean viver digiune: 20.11.5 ma ai figli degli adulteri conviene 20.11.6 altrove procacciarsi altre fortune; 20.11.7 che tolerar non vogliono i mariti 20.11.8 che più alle spese lor sieno notriti. 20.12.1 Sono altri esposti, altri tenuti occulti 20.12.2 da le lor madri e sostenuti in vita. 20.12.3 In varie squadre quei ch' erano adulti 20.12.4 feron, chi qua chi là, tutti partita. 20.12.5 Per altri l' arme son, per altri culti 20.12.6 gli studi e l' arti; altri la terra trita; 20.12.7 serve altri in corte; altri è guardian di gregge, 20.12.8 come piace a colei che qua giù regge. 20.13.1 Partì fra gli altri un giovinetto, figlio 20.13.2 di Clitemnestra, la crudel regina, 20.13.3 di diciotto anni, fresco come un giglio, 20.13.4 o rosa còlta allor di su la spina. 20.13.5 Questi, armato un suo legno, a dar di piglio 20.13.6 si pose e a depredar per la marina 20.13.7 in compagnia di cento giovinetti 20.13.8 del tempo suo, per tutta Grecia eletti. 20.14.1 I Cretesi in quel tempo, che cacciato 20.14.2 il crudo Idomeneo del regno aveano, 20.14.3 e per assicurarsi il nuovo stato, 20.14.4 d' uomini e d' arme adunazion faceano; 20.14.5 fêro con bon stipendio lor soldato 20.14.6 Falanto (così al giovine diceano), 20.14.7 e lui con tutti quei che seco avea 20.14.8 poser per guardia alla città Dictea. 20.15.1 Fra cento alme città ch' erano in Creta, 20.15.2 Dictea più ricca e più piacevol era, 20.15.3 di belle donne et amorose lieta, 20.15.4 lieta di giochi da matino a sera: 20.15.5 e com' era ogni tempo consueta 20.15.6 d' accarezzar la gente forestiera, 20.15.7 fe' a costor sì, che molto non rimase 20.15.8 a fargli anco signor de le lor case. 20.16.1 Eran gioveni tutti e belli affatto 20.16.2 (che 'l fior di Grecia avea Falanto eletto): 20.16.3 sì ch' alle belle donne, al primo tratto 20.16.4 che v' apparîr, trassero i cor del petto. 20.16.5 Poi che non men che belli, ancora in fatto 20.16.6 si dimostrâr buoni e gagliardi al letto, 20.16.7 si fêro ad esse in pochi dì sì grati, 20.16.8 che sopra ogn' altro ben n' erano amati. 20.17.1 Finita che d' accordo è poi la guerra 20.17.2 per cui stato Falanto era condutto, 20.17.3 e lo stipendio militar si serra, 20.17.4 sì che non v' hanno i gioveni più frutto, 20.17.5 e per questo lasciar voglion la terra; 20.17.6 fan le donne di Creta maggior lutto, 20.17.7 e per ciò versan più dirotti pianti, 20.17.8 che se i lor padri avesson morti avanti. 20.18.1 Da le lor donne i gioveni assai fôro, 20.18.2 ciascun per sé, di rimaner pregati: 20.18.3 né volendo restare, esse con loro 20.18.4 n' andâr, lasciando e padri e figli e frati, 20.18.5 di ricche gemme e di gran summa d' oro 20.18.6 avendo i lor dimestici spogliati; 20.18.7 che la pratica fu tanto secreta, 20.18.8 che non sentì la fuga uomo di Creta. 20.19.1 Sì fu propizio il vento, sì fu l' ora 20.19.2 commoda, che Falanto a fuggir colse, 20.19.3 che molte miglia erano usciti fuora, 20.19.4 quando del danno suo Creta si dolse. 20.19.5 Poi questa spiaggia, inabitata allora, 20.19.6 trascorsi per fortuna li raccolse. 20.19.7 Qui si posaro, e qui sicuri tutti 20.19.8 meglio del furto lor videro i frutti. 20.20.1 Questa lor fu per dieci giorni stanza 20.20.2 di piaceri amorosi tutta piena. 20.20.3 Ma come spesso avvien che l' abondanza 20.20.4 seco in cor giovenil fastidio mena, 20.20.5 tutti d' accordo fur di restar sanza 20.20.6 femine, e liberarsi di tal pena; 20.20.7 che non è soma da portar sì grave, 20.20.8 come aver donna, quando a noia s' have. 20.21.1 Essi che di guadagno e di rapine 20.21.2 eran bramosi, e di dispendio parchi, 20.21.3 vider ch' a pascer tante concubine, 20.21.4 d' altro che d' aste avean bisogno e d' archi: 20.21.5 sì che sole lasciâr qui le meschine, 20.21.6 e se n' andâr di lor ricchezze carchi 20.21.7 là dove in Puglia in ripa al mar poi sento 20.21.8 ch' edificâr la terra di Tarento. 20.22.1 Le donne, che si videro tradite 20.22.2 dai loro amanti in che più fede aveano, 20.22.3 restâr per alcun dì sì sbigottite, 20.22.4 che statue immote in lito al mar pareano. 20.22.5 Visto poi che da gridi e da infinite 20.22.6 lacrime alcun profitto non traeano, 20.22.7 a pensar cominciaro e ad aver cura 20.22.8 come aiutarsi in tanta lor sciagura. 20.23.1 E proponendo in mezzo i lor pareri, 20.23.2 altre diceano: in Creta è da tornarsi; 20.23.3 e più tosto all' arbitrio de' severi 20.23.4 padri e d' offesi lor mariti darsi, 20.23.5 che nei deserti liti e boschi fieri, 20.23.6 di disagio e di fame consumarsi. 20.23.7 Altre dicean che lor saria più onesto 20.23.8 affogarsi nel mar, che mai far questo; 20.24.1 e che manco mal era meretrici 20.24.2 andar pel mondo, andar mendiche o schiave, 20.24.3 che se stesse offerire agli supplìci 20.24.4 di ch' eran degne l' opere lor prave. 20.24.5 Questi e simil partiti le infelici 20.24.6 si proponean, ciascun più duro e grave. 20.24.7 Tra loro al fine una Orontea levosse, 20.24.8 ch' origine traea dal re Minosse; 20.25.1 la più gioven de l' altre e la più bella 20.25.2 e la più accorta, e ch' avea meno errato: 20.25.3 amato avea Falanto, e a lui pulzella 20.25.4 datasi, e per lui il padre avea lasciato. 20.25.5 Costei mostrando in viso et in favella 20.25.6 il magnanimo cor d' ira infiammato, 20.25.7 redarguendo di tutte altre il detto, 20.25.8 suo parer disse, e fe' seguirne effetto. 20.26.1 Di questa terra a lei non parve tôrsi, 20.26.2 che conobbe feconda e d' aria sana, 20.26.3 e di limpidi fiumi aver discorsi, 20.26.4 di selve opaca, e la più parte piana; 20.26.5 con porti e foci, ove dal mar ricorsi 20.26.6 per ria fortuna avea la gente estrana, 20.26.7 ch' or d' Africa portava, ora d' Egitto 20.26.8 cose diverse e necessarie al vitto. 20.27.1 Qui parve a lei fermarsi, e far vendetta 20.27.2 del viril sesso che le avea sì offese: 20.27.3 vuol ch' ogni nave, che da venti astretta 20.27.4 a pigliar venga porto in suo paese, 20.27.5 a sacco, a sangue, a fuoco al fin si metta; 20.27.6 né de la vita a un sol si sia cortese. 20.27.7 Così fu detto e così fu concluso, 20.27.8 e fu fatta la legge e messa in uso. 20.28.1 Come turbar l' aria sentiano, armate 20.28.2 le femine correan su la marina, 20.28.3 da l' implacabile Orontea guidate, 20.28.4 che diè lor legge e si fe' lor regina: 20.28.5 e de le navi ai liti lor cacciate 20.28.6 faceano incendi orribili e rapina, 20.28.7 uom non lasciando vivo, che novella 20.28.8 dar ne potesse o in questa parte o in quella. 20.29.1 Così solinghe vissero qualch' anno, 20.29.2 aspre nimiche del sesso virile: 20.29.3 ma conobbero poi, che 'l proprio danno 20.29.4 procaccierian, se non mutavan stile; 20.29.5 che se di lor propagine non fanno, 20.29.6 sarà lor legge in breve irrita e vile, 20.29.7 e mancherà con l' infecondo regno, 20.29.8 dove di farla eterna era il disegno. 20.30.1 Sì che, temprando il suo rigore un poco, 20.30.2 scelsero, in spazio di quattro anni interi, 20.30.3 di quanti capitaro in questo loco 20.30.4 dieci belli e gagliardi cavallieri, 20.30.5 che per durar ne l' amoroso gioco 20.30.6 contr' esse cento fosser buon guerrieri. 20.30.7 Esse in tutto eran cento; e statuito 20.30.8 ad ogni lor decina fu un marito. 20.31.1 Prima ne fur decapitati molti 20.31.2 che riusciro al paragon mal forti. 20.31.3 Or questi dieci a buona pruova tolti, 20.31.4 del letto e del governo ebbon consorti; 20.31.5 facendo lor giurar che, se più còlti 20.31.6 altri uomini verriano in questi porti, 20.31.7 essi sarian che, spenta ogni pietade, 20.31.8 li porriano ugualmente a fil di spade. 20.32.1 Ad inrossare, et a figliar appresso 20.32.2 le donne, indi a temere incominciaro 20.32.3 che tanti nascerian del viril sesso, 20.32.4 che contra lor non avrian poi riparo; 20.32.5 e al fine in man degli uomini rimesso 20.32.6 saria il governo ch' elle avean sì caro: 20.32.7 sì ch' ordinâr, mentre eran gli anni imbelli, 20.32.8 far sì, che mai non fosson lor ribelli. 20.33.1 Acciò il sesso viril non le soggioghi, 20.33.2 uno ogni madre vuol la legge orrenda, 20.33.3 che tenga seco; gli altri, o li suffoghi, 20.33.4 o fuor del regno li permuti o venda. 20.33.5 Ne mandano per questo in varii luoghi: 20.33.6 e a chi gli porta dicono che prenda 20.33.7 femine, se a baratto aver ne puote; 20.33.8 se non, non torni almen con le man vòte. 20.34.1 Né uno ancora alleverian, se senza 20.34.2 potesson fare, e mantenere il gregge. 20.34.3 Questa è quanta pietà, quanta clemenza 20.34.4 più ai suoi ch' agli altri usa l' iniqua legge: 20.34.5 gli altri condannan con ugual sentenza; 20.34.6 e solamente in questo si corregge, 20.34.7 che non vuol che, secondo il primiero uso, 20.34.8 le femine gli uccidano in confuso. 20.35.1 Se dieci o venti o più persone a un tratto 20.35.2 vi fosser giunte, in carcere eran messe: 20.35.3 e d' una al giorno, e non di più, era tratto 20.35.4 il capo a sorte, che perir dovesse 20.35.5 nel tempio orrendo ch' Orontea avea fatto, 20.35.6 dove un altare alla Vendetta eresse; 20.35.7 e dato all' un de' dieci il crudo ufficio 20.35.8 per sorte era di farne sacrificio. 20.36.1 Dopo molt' anni alle ripe omicide 20.36.2 a dar venne di capo un giovinetto, 20.36.3 la cui stirpe scendea dal buono Alcide, 20.36.4 di gran valor ne l' arme, Elbanio detto. 20.36.5 Qui preso fu, ch' a pena se n' avide, 20.36.6 come quel che venìa senza sospetto; 20.36.7 e con gran guardia in stretta parte chiuso, 20.36.8 con gli altri era serbato al crudel uso. 20.37.1 Di viso era costui bello e giocondo, 20.37.2 e di maniere e di costumi ornato; 20.37.3 e di parlar sì dolce e sì facondo, 20.37.4 ch' un aspe volentier l' avria ascoltato: 20.37.5 sì che, come di cosa rara al mondo, 20.37.6 de l' esser suo fu tosto rapportato 20.37.7 ad Alessandra figlia d' Orontea, 20.37.8 che di molt' anni grave anco vivea. 20.38.1 Orontea vivea ancora; e già mancate 20.38.2 tutt' eran l' altre ch' abitâr qui prima: 20.38.3 e diece tante e più n' erano nate, 20.38.4 e in forza eran cresciute e in maggior stima; 20.38.5 né tra diece fucine che serrate 20.38.6 stavan pur spesso, avean più d' una lima; 20.38.7 e dieci cavallieri anco avean cura 20.38.8 di dare a chi venìa fiera aventura. 20.39.1 Alessandra, bramosa di vedere 20.39.2 il giovinetto ch' avea tante lode, 20.39.3 da la sua matre in singular piacere 20.39.4 impetra sì, ch' Elbanio vede et ode; 20.39.5 e quando vuol partirne, rimanere 20.39.6 si sente il core ove è chi 'l punge e rode: 20.39.7 legar si sente e non sa far contesa, 20.39.8 e al fin dal suo prigion si trova presa. 20.40.1 Elbanio disse a lei:" Se di pietade 20.40.2 s' avesse, donna, qui notizia ancora, 20.40.3 come se n' ha per tutt' altre contrade, 20.40.4 dovunque il vago sol luce e colora; 20.40.5 io vi osarei, per vostr' alma beltade 20.40.6 ch' ogn' animo gentil di sé inamora, 20.40.7 chiedervi in don la vita mia, che poi 20.40.8 saria ognor presto a spenderla per voi. 20.41.1 Or quando fuor d' ogni ragion qui sono 20.41.2 privi d' umanitade i cori umani, 20.41.3 non vi domanderò la vita in dono, 20.41.4 che i prieghi miei so ben che sarian vani; 20.41.5 ma che da cavalliero, o tristo o buono 20.41.6 ch' io sia, possi morir con l' arme in mani, 20.41.7 e non come dannato per giudicio, 20.41.8 o come animal bruto in sacrificio". 20.42.1 Alessandra gentil, ch' umidi avea, 20.42.2 per la pietà del giovinetto, i rai, 20.42.3 rispose:" Ancor che più crudele e rea 20.42.4 sia questa terra, ch' altra fosse mai; 20.42.5 non concedo però che qui Medea 20.42.6 ogni femina sia, come tu fai: 20.42.7 e quando ogn' altra così fosse ancora, 20.42.8 me sola di tant' altre io vo' trar fuora. 20.43.1 E se ben per adietro io fossi stata 20.43.2 empia e crudel, come qui sono tante, 20.43.3 dir posso che suggetto ove mostrata 20.43.4 per me fosse pietà, non ebbi avante. 20.43.5 Ma ben sarei di tigre più arrabbiata, 20.43.6 e più duro avre' il cor che di diamante, 20.43.7 se non m' avesse tolto ogni durezza 20.43.8 tua beltà, tuo valor, tua gentilezza. 20.44.1 Così non fosse la legge più forte, 20.44.2 che contra i peregrini è statuita, 20.44.3 come io non schiverei con la mia morte 20.44.4 di ricomprar la tua più degna vita. 20.44.5 Ma non è grado qui di sì gran sorte, 20.44.6 che ti potesse dar libera aita; 20.44.7 e quel che chiedi ancor, ben che sia poco, 20.44.8 difficile ottener fia in questo loco. 20.45.1 Pur io vedrò di far che tu l' ottenga, 20.45.2 ch' abbi inanzi al morir questo contento; 20.45.3 ma mi dubito ben che te n' avenga, 20.45.4 tenendo il morir lungo, più tormento". 20.45.5 Suggiunse Elbanio:" Quando incontra io venga 20.45.6 a dieci armato, di tal cor mi sento, 20.45.7 che la vita ho speranza di salvarme, 20.45.8 e uccider lor, se tutti fosser arme". 20.46.1 Alessandra a quel detto non rispose 20.46.2 se non un gran sospiro, e dipartisse, 20.46.3 e portò nel partir mille amorose 20.46.4 punte nel cor, mai non sanabil, fisse. 20.46.5 Venne alla madre, e voluntà le pose 20.46.6 di non lasciar che 'l cavallier morisse, 20.46.7 quando si dimostrasse così forte, 20.46.8 che, solo, avesse posto i dieci a morte. 20.47.1 La regina Orontea fece raccorre 20.47.2 il suo consiglio, e disse:" A noi conviene 20.47.3 sempre il miglior che ritroviamo, porre 20.47.4 a guardar nostri porti e nostre arene; 20.47.5 e per saper chi ben lasciar, chi tôrre, 20.47.6 prova è sempre da far, quando gli avviene; 20.47.7 per non patir con nostro danno a torto, 20.47.8 che regni il vile, e chi ha valor sia morto. 20.48.1 A me par, se a voi par, che statuito 20.48.2 sia, ch' ogni cavallier per lo avvenire, 20.48.3 che fortuna abbia tratto al nostro lito, 20.48.4 prima ch' al tempio si faccia morire, 20.48.5 possa egli sol, se gli piace il partito, 20.48.6 incontra i dieci alla battaglia uscire; 20.48.7 e se di tutti vincerli è possente, 20.48.8 guardi egli il porto, e seco abbia altra gente. 20.49.1 Parlo così, perché abbiàn qui un prigione 20.49.2 che par che vincer dieci s' offerisca. 20.49.3 Quando, sol, vaglia tante altre persone, 20.49.4 dignissimo è, per Dio, che s' esaudisca. 20.49.5 Così in contrario avrà punizïone, 20.49.6 quando vaneggi e temerario ardisca". 20.49.7 Orontea fine al suo parlar qui pose, 20.49.8 a cui de le più antique una rispose: 20.50.1 " La principal cagion ch' a far disegno 20.50.2 sul comercio degli uomini ci mosse, 20.50.3 non fu perch' a difender questo regno 20.50.4 del loro aiuto alcun bisogno fosse; 20.50.5 che per far questo abbiamo ardire e ingegno 20.50.6 da noi medesme, e a sufficienzia posse: 20.50.7 così senza sapessimo far anco, 20.50.8 che non venisse il propagarci a manco! 20.51.1 Ma poi che senza lor questo non lece, 20.51.2 tolti abbiàn, ma non tanti, in compagnia, 20.51.3 che mai ne sia più d' uno incontra diece, 20.51.4 sì ch' aver di noi possa signoria. 20.51.5 Per conciper di lor questo si fece, 20.51.6 non che di lor difesa uopo ci sia. 20.51.7 La lor prodezza sol ne vaglia in questo, 20.51.8 e sieno ignavi e inutili nel resto. 20.52.1 Tra noi tenere un uom che sia sì forte, 20.52.2 contrario è in tutto al principal disegno. 20.52.3 Se può un solo a dieci uomini dar morte, 20.52.4 quante donne farà stare egli al segno? 20.52.5 Se i dieci nostri fosser di tal sorte, 20.52.6 il primo dì n' avrebbon tolto il regno. 20.52.7 Non è la via di dominar, se vuoi 20.52.8 por l' arme in mano a chi può più di noi. 20.53.1 Pon mente ancor, che quando così aiti 20.53.2 Fortuna questo tuo, che i dieci uccida, 20.53.3 di cento donne che de' lor mariti 20.53.4 rimarran prive, sentirai le grida. 20.53.5 Se vuol campar, proponga altri partiti, 20.53.6 ch' esser di dieci gioveni omicida. 20.53.7 Pur, se per far con cento donne è buono 20.53.8 quel che dieci fariano, abbi perdono". 20.54.1 Fu d' Artemia crudel questo il parere 20.54.2 (così avea nome); e non mancò per lei 20.54.3 di far nel tempio Elbanio rimanere 20.54.4 scannato inanzi agli spietati dèi. 20.54.5 Ma la madre Orontea che compiacere 20.54.6 vòlse alla figlia, replicò a colei 20.54.7 altre et altre ragioni, e modo tenne 20.54.8 che nel senato il suo parer s' ottenne. 20.55.1 L' aver Elbanio di bellezza il vanto 20.55.2 sopra ogni cavallier che fosse al mondo, 20.55.3 fu nei cor de le giovani di tanto, 20.55.4 ch' erano in quel consiglio, e di tal pondo, 20.55.5 che 'l parer de le vecchie andò da canto, 20.55.6 che con Artemia volean far secondo 20.55.7 l' ordine antiquo; né lontan fu molto 20.55.8 ad esser per favore Elbanio assolto. 20.56.1 Di perdonargli in somma fu concluso, 20.56.2 ma poi che la decina avesse spento, 20.56.3 e che ne l' altro assalto fosse ad uso 20.56.4 di diece donne buono, e non di cento. 20.56.5 Di carcer l' altro giorno fu dischiuso; 20.56.6 e avuto arme e cavallo a suo talento, 20.56.7 contra dieci guerrier, solo, si mise, 20.56.8 e l' uno appresso all' altro in piazza uccise. 20.57.1 Fu la notte seguente a prova messo 20.57.2 contra diece donzelle ignudo e solo, 20.57.3 dove ebbe all' ardir suo sì buon successo, 20.57.4 che fece il saggio di tutto lo stuolo. 20.57.5 E questo gli acquistò tal grazia appresso 20.57.6 ad Orontea, che l' ebbe per figliuolo; 20.57.7 e gli diede Alessandra e l' altre nove 20.57.8 con ch' avea fatto le notturne prove. 20.58.1 E lo lasciò con Alessandra bella, 20.58.2 che poi diè nome a questa terra, erede, 20.58.3 con patto, ch' a servare egli abbia quella 20.58.4 legge, et ogn' altro che da lui succede: 20.58.5 che ciascun che già mai sua fiera stella 20.58.6 farà qui por lo sventurato piede, 20.58.7 elegger possa, o in sacrificio darsi, 20.58.8 o con dieci guerrier, solo, provarsi. 20.59.1 E se gli avvien che 'l dì gli uomini uccida, 20.59.2 la notte con le femine si provi; 20.59.3 e quando in questo ancor tanto gli arrida 20.59.4 la sorte sua, che vincitor si trovi, 20.59.5 sia del femineo stuol principe e guida, 20.59.6 e la decina a scelta sua rinovi, 20.59.7 con la qual regni, fin ch' un altro arrivi, 20.59.8 che sia più forte, e lui di vita privi. 20.60.1 Appresso a dua mila anni il costume empio 20.60.2 si è mantenuto, e si mantiene ancora; 20.60.3 e sono pochi giorni che nel tempio 20.60.4 uno infelice peregrin non mora. 20.60.5 Se contra dieci alcun chiede, ad esempio 20.60.6 d' Elbanio, armarsi (che ve n' è talora), 20.60.7 spesso la vita al primo assalto lassa; 20.60.8 né di mille uno all' altra prova passa. 20.61.1 Pur ci passano alcuni, ma sì rari, 20.61.2 che su le dita annoverar si ponno. 20.61.3 Uno di questi fu Argilon: ma guari 20.61.4 con la decina sua non fu qui donno; 20.61.5 che cacciandomi qui venti contrari, 20.61.6 gli occhi gli chiusi in sempiterno sonno. 20.61.7 Così fossi io con lui morto quel giorno, 20.61.8 prima che viver servo in tanto scorno. 20.62.1 Che piaceri amorosi e riso e gioco, 20.62.2 che suole amar ciascun de la mia etade, 20.62.3 le purpure e le gemme e l' aver loco 20.62.4 inanzi agli altri ne la sua cittade, 20.62.5 potuto hanno, per Dio, mai giovar poco 20.62.6 all' uom che privo sia di libertade: 20.62.7 e 'l non poter mai più di qui levarmi, 20.62.8 servitù grave e intolerabil parmi. 20.63.1 Il vedermi lograr dei miglior anni 20.63.2 il più bel fiore in sì vile opra e molle, 20.63.3 tiemmi il cor sempre in stimulo e in affanni, 20.63.4 et ogni gusto di piacer mi tolle. 20.63.5 La fama del mio sangue spiega i vanni 20.63.6 per tutto 'l mondo, e fin al ciel s' estolle; 20.63.7 che forse buona parte anch' io n' avrei, 20.63.8 s' esser potessi coi fratelli miei. 20.64.1 Parmi ch' ingiuria il mio destin mi faccia, 20.64.2 avendomi a sì vil servigio eletto; 20.64.3 come chi ne l' armento il destrier caccia, 20.64.4 il qual d' occhi o di piedi abbia difetto, 20.64.5 o per altro accidente che dispiaccia, 20.64.6 sia fatto all' arme e a miglior uso inetto: 20.64.7 né sperando io, se non per morte, uscire 20.64.8 di sì vil servitù, bramo morire. -- 20.65.1 Guidon qui fine alle parole pose, 20.65.2 e maledì quel giorno per isdegno, 20.65.3 il qual dei cavallieri e de le spose 20.65.4 gli diè vittoria in acquistar quel regno. 20.65.5 Astolfo stette a udire, e si nascose 20.65.6 tanto, che si fe' certo a più d' un segno, 20.65.7 che, come detto avea, questo Guidone 20.65.8 era figliol del suo parente Amone. 20.66.1 Poi gli rispose: -- Io sono il duca inglese, 20.66.2 il tuo cugino Astolfo; -- et abbracciollo, 20.66.3 e con atto amorevole e cortese, 20.66.4 non senza sparger lagrime, baciollo. 20.66.5 -- Caro parente mio, non più palese 20.66.6 tua madre ti potea por segno al collo; 20.66.7 ch' a farne fede che tu sei de' nostri, 20.66.8 basta il valor che con la spada mostri. -- 20.67.1 Guidon, ch' altrove avria fatto gran festa 20.67.2 d' aver trovato un sì stretto parente, 20.67.3 quivi l' accolse con la faccia mesta, 20.67.4 perché fu di vedervilo dolente. 20.67.5 Se vive, sa ch' Astolfo schiavo resta, 20.67.6 né il termine è più là che 'l dì seguente; 20.67.7 se fia libero Astolfo, ne more esso: 20.67.8 sì che 'l ben d' uno è il mal de l' altro espresso. 20.68.1 Gli duol che gli altri cavallieri ancora 20.68.2 abbia, vincendo, a far sempre captivi; 20.68.3 né più, quando esso in quel contrasto mora, 20.68.4 potrà giovar che servitù lor schivi: 20.68.5 che se d' un fango ben gli porta fuora, 20.68.6 e poi s' inciampi come all' altro arrivi, 20.68.7 avrà lui senza pro vinto Marfisa; 20.68.8 ch' essi pur ne fien schiavi, et ella uccisa. 20.69.1 Da l' altro canto avea l' acerba etade, 20.69.2 la cortesia e il valor del giovinetto 20.69.3 d' amore intenerito e di pietade 20.69.4 tanto a Marfisa et ai compagni il petto, 20.69.5 che, con morte di lui lor libertade 20.69.6 esser dovendo, avean quasi a dispetto: 20.69.7 e se Marfisa non può far con manco 20.69.8 ch' uccider lui, vuol essa morir anco. 20.70.1 Ella disse a Guidon: -- Vientene insieme 20.70.2 con noi, ch' a viva forza usciren quinci. -- 20.70.3 -- Deh (rispose Guidon) lascia ogni speme 20.70.4 di mai più uscirne, o perdi meco o vinci. -- 20.70.5 Ella suggiunse: -- Il mio cor mai non teme 20.70.6 di non dar fine a cosa che cominci; 20.70.7 né trovar so la più sicura strada 20.70.8 di quella ove mi sia guida la spada. 20.71.1 Tal ne la piazza ho il tuo valor provato, 20.71.2 che, s' io son teco, ardisco ad ogn' impresa. 20.71.3 Quando la turba intorno allo steccato 20.71.4 sarà domani in sul teatro ascesa, 20.71.5 io vo' che l' uccidian per ogni lato, 20.71.6 o vada in fuga o cerchi far difesa, 20.71.7 e ch' agli lupi e agli avoltoi del loco 20.71.8 lasciamo i corpi, e la cittade al fuoco. -- 20.72.1 Suggiunse a lei Guidon: -- Tu m' avrai pronto 20.72.2 a seguitarti et a morirti a canto, 20.72.3 ma vivi rimaner non facciàn conto; 20.72.4 bastar ne può di vendicarci alquanto: 20.72.5 che spesso dieci mila in piazza conto 20.72.6 del popul feminile, et altretanto 20.72.7 resta a guardare e porto e ròcca e mura, 20.72.8 né alcuna via d' uscir trovo sicura. -- 20.73.1 Disse Marfisa: -- E molto più sieno elle 20.73.2 degli uomini che Serse ebbe già intorno, 20.73.3 e sieno più de l' anime ribelle 20.73.4 ch' uscîr del ciel con lor perpetuo scorno; 20.73.5 se tu sei meco, o almen non sie con quelle, 20.73.6 tutte le voglio uccidere in un giorno. -- 20.73.7 Guidon suggiunse: -- Io non ci so via alcuna 20.73.8 ch' a valer n' abbia, se non val quest' una. 20.74.1 Ne può sola salvar, se ne succede, 20.74.2 quest' una ch' io dirò, ch' or mi soviene. 20.74.3 Fuor ch' alle donne, uscir non si concede 20.74.4 né metter piede in su le salse arene: 20.74.5 e per questo commettermi alla fede 20.74.6 d' una de le mie donne mi conviene, 20.74.7 del cui perfetto amor fatta ho sovente 20.74.8 più pruova ancor, ch' io non farò al presente. 20.75.1 Non men di me tormi costei disia 20.75.2 di servitù, pur che ne venga meco; 20.75.3 che così spera, senza compagnia 20.75.4 de le rivali sue, ch' io viva seco. 20.75.5 Ella nel porto o fuste o saettia 20.75.6 farà ordinar, mentre è ancor l' aer cieco, 20.75.7 che i marinari vostri troveranno 20.75.8 acconcia a navigar, come vi vanno. 20.76.1 Dietro a me tutti in un drappel ristretti, 20.76.2 cavallieri, mercanti e galeotti, 20.76.3 ch' ad albergarvi sotto a questi tetti 20.76.4 meco, vostra mercé, sète ridotti, 20.76.5 avrete a farvi amplo sentier coi petti, 20.76.6 se del nostro camin siamo interrotti: 20.76.7 così spero, aiutandoci le spade, 20.76.8 ch' io vi trarrò de la crudel cittade. -- 20.77.1 -- Tu fa come ti par (disse Marfisa), 20.77.2 ch' io son per me d' uscir di qui sicura. 20.77.3 Più facil fia che di mia mano uccisa 20.77.4 la gente sia, che è dentro a queste mura, 20.77.5 che mi veggi fuggire, o in altra guisa 20.77.6 alcun possa notar ch' abbi paura. 20.77.7 Vo' uscir di giorno, e sol per forza d' arme; 20.77.8 che per ogn' altro modo obbrobrio parme. 20.78.1 S' io ci fossi per donna conosciuta, 20.78.2 so ch' avrei da le donne onore e pregio; 20.78.3 e volentieri io ci sarei tenuta, 20.78.4 e tra le prime forse del collegio: 20.78.5 ma con costoro essendoci venuta, 20.78.6 non ci vo' d' essi aver più privilegio. 20.78.7 Troppo error fôra ch' io mi stessi o andassi 20.78.8 libera, e gli altri in servitù lasciassi. -- 20.79.1 Queste parole et altre seguitando, 20.79.2 mostrò Marfisa che 'l rispetto solo 20.79.3 ch' avea al periglio de' compagni (quando 20.79.4 potria loro il suo ardir tornare in duolo), 20.79.5 la tenea che con alto e memorando 20.79.6 segno d' ardir non assalia lo stuolo: 20.79.7 e per questo a Guidon lascia la cura 20.79.8 d' usar la via che più gli par sicura. 20.80.1 Guidon la notte con Aleria parla 20.80.2 (così avea nome la più fida moglie), 20.80.3 né bisogno gli fu molto pregarla, 20.80.4 che la trovò disposta alle sue voglie. 20.80.5 Ella tolse una nave e fece armarla, 20.80.6 e v' arrecò le sue più ricche spoglie, 20.80.7 fingendo di volere al nuovo albóre 20.80.8 con le compagne uscire in corso fuore. 20.81.1 Ella avea fatto nel palazzo inanti 20.81.2 spade e lancie arrecar, corazze e scudi, 20.81.3 onde armar si potessero i mercanti 20.81.4 e i galeotti ch' eran mezzo nudi. 20.81.5 Altri dormiro, et altri stêr vegghianti, 20.81.6 compartendo tra lor gli ozii e gli studi; 20.81.7 spesso guardando, e pur con l' arme indosso, 20.81.8 se l' orïente ancor si facea rosso. 20.82.1 Dal duro volto de la terra il sole 20.82.2 non tollea ancora il velo oscuro et atro; 20.82.3 a pena avea la licaonia prole 20.82.4 per li solchi del ciel volto l' aratro: 20.82.5 quando il femineo stuol, che veder vuole 20.82.6 il fin de la battaglia, empì il teatro, 20.82.7 come ape del suo claustro empie la soglia, 20.82.8 che mutar regno al nuovo tempo voglia. 20.83.1 Di trombe, di tambur, di suon de corni 20.83.2 il popul risonar fa cielo e terra, 20.83.3 così citando il suo signor, che torni 20.83.4 a terminar la cominciata guerra. 20.83.5 Aquilante e Grifon stavano adorni 20.83.6 de le lor arme, e il duca d' Inghilterra, 20.83.7 Guidon, Marfisa, Sansonetto e tutti 20.83.8 gli altri, chi a piedi e chi a cavallo instrutti. 20.84.1 Per scender dal palazzo al mare e al porto, 20.84.2 la piazza traversar si convenia, 20.84.3 né v' era altro camin lungo né corto: 20.84.4 così Guidon disse alla compagnia. 20.84.5 E poi che di ben far molto conforto 20.84.6 lor diede, entrò senza rumore in via; 20.84.7 e ne la piazza, dove il popul era, 20.84.8 s' appresentò con più di cento in schiera. 20.85.1 Molto affrettando i suoi compagni, andava 20.85.2 Guidone all' altra porta per uscire: 20.85.3 ma la gran moltitudine che stava 20.85.4 intorno armata, e sempre atta a ferire, 20.85.5 pensò, come lo vide che menava 20.85.6 seco quegli altri, che volea fuggire; 20.85.7 e tutta a un tratto agli archi suoi ricorse, 20.85.8 e parte, onde s' uscia, venne ad opporse. 20.86.1 Guidone e gli altri cavallier gagliardi, 20.86.2 e sopra tutti lor Marfisa forte, 20.86.3 al menar de le man non furon tardi, 20.86.4 e molto fêr per isforzar le porte: 20.86.5 ma tanta e tanta copia era dei dardi 20.86.6 che, con ferite dei compagni e morte, 20.86.7 pioveano lor di sopra e d' ogn' intorno, 20.86.8 ch' al fin temean d' averne danno e scorno. 20.87.1 D' ogni guerrier l' usbergo era perfetto; 20.87.2 che se non era, avean più da temere. 20.87.3 Fu morto il destrier sotto a Sansonetto; 20.87.4 quel di Marfisa v' ebbe a rimanere. 20.87.5 Astolfo tra sé disse: -- Ora, ch' aspetto 20.87.6 che mai mi possa il corno più valere? 20.87.7 Io vo' veder, poi che non giova spada, 20.87.8 s' io so col corno assicurar la strada. -- 20.88.1 Come aiutar ne le fortune estreme 20.88.2 sempre si suol, si pone il corno a bocca. 20.88.3 Par che la terra e tutto 'l mondo trieme, 20.88.4 quando l' orribil suon ne l' aria scocca. 20.88.5 Sì nel cor de la gente il timor preme, 20.88.6 che per disio di fuga si trabocca 20.88.7 giù del teatro sbigottita e smorta, 20.88.8 non che lasci la guardia de la porta. 20.89.1 Come talor si getta e si periglia 20.89.2 e da finestra e da sublime loco 20.89.3 l' esterrefatta subito famiglia, 20.89.4 che vede appresso e d' ogn' intorno il fuoco, 20.89.5 che mentre le tenea gravi le ciglia 20.89.6 il pigro sonno, crebbe a poco a poco; 20.89.7 così, messa la vita in abandono, 20.89.8 ognun fuggia lo spaventoso suono. 20.90.1 Di qua di là, di su di giù smarrita 20.90.2 surge la turba, e di fuggir procaccia. 20.90.3 Son più di mille a un tempo ad ogni uscita: 20.90.4 cascano a monti, e l' una l' altra impaccia. 20.90.5 In tanta calca perde altra la vita; 20.90.6 da palchi e da finestre altra si schiaccia: 20.90.7 più d' un braccio si rompe e d' una testa, 20.90.8 di ch' altra morta, altra storpiata resta. 20.91.1 Il pianto e 'l grido insino al ciel saliva, 20.91.2 d' alta ruina misto e di fraccasso. 20.91.3 Affretta, ovunque il suon del corno arriva, 20.91.4 la turba spaventata in fuga il passo. 20.91.5 Se udite dir che d' ardimento priva 20.91.6 la vil plebe si mostri e di cor basso, 20.91.7 non vi maravigliate; che natura 20.91.8 è de la lepre aver sempre paura. 20.92.1 Ma che direte del già tanto fiero 20.92.2 cor di Marfisa e di Guidon Selvaggio? 20.92.3 dei dua giovini figli d' Oliviero, 20.92.4 che già tanto onoraro il lor lignaggio? 20.92.5 Già cento mila avean stimato un zero; 20.92.6 e in fuga or se ne van senza coraggio, 20.92.7 come conigli, o timidi colombi 20.92.8 a cui vicino alto rumor rimbombi. 20.93.1 Così noceva ai suoi come agli strani 20.93.2 la forza che nel corno era incantata. 20.93.3 Sansonetto, Guidone e i duo germani 20.93.4 fuggon dietro a Marfisa spaventata; 20.93.5 né fuggendo ponno ir tanto lontani, 20.93.6 che lor non sia l' orecchia anco intronata. 20.93.7 Scorre Astolfo la terra in ogni lato, 20.93.8 dando via sempre al corno maggior fiato. 20.94.1 Chi scese al mare, e chi poggiò su al monte, 20.94.2 e chi tra i boschi ad occultar si venne: 20.94.3 alcuna, senza mai volger la fronte, 20.94.4 fuggir per dieci dì non si ritenne: 20.94.5 uscì in tal punto alcuna fuor del ponte, 20.94.6 ch' in vita sua mai più non vi rivenne. 20.94.7 Sgombraro in modo e piazze e templi e case, 20.94.8 che quasi vòta la città rimase. 20.95.1 Marfisa e 'l bon Guidone e i duo fratelli 20.95.2 e Sansonetto, pallidi e tremanti, 20.95.3 fuggiano inverso il mare, e dietro a quelli 20.95.4 fuggiano i marinari e i mercatanti; 20.95.5 ove Aleria trovâr, che, fra i castelli, 20.95.6 loro avea un legno apparechiato inanti. 20.95.7 Quindi, poi ch' in gran fretta li raccolse, 20.95.8 diè i remi all' acqua et ogni vela sciolse. 20.96.1 Dentro e d' intorno il duca la cittade 20.96.2 avea scorsa dai colli insino all' onde; 20.96.3 fatto avea vòte rimaner le strade: 20.96.4 ognun lo fugge, ognun se gli nasconde. 20.96.5 Molte trovate fur, che per viltade 20.96.6 s' eran gittate in parti oscure e immonde; 20.96.7 e molte, non sappiendo ove s' andare, 20.96.8 messesi a nuoto et affogate in mare. 20.97.1 Per trovare i compagni il duca viene, 20.97.2 che si credea di riveder sul molo. 20.97.3 Si volge intorno, e le deserte arene 20.97.4 guarda per tutto, e non v' appare un solo. 20.97.5 Leva più gli occhi, e in alto a vele piene 20.97.6 da sé lontani andar li vede a volo: 20.97.7 sì che gli convien fare altro disegno 20.97.8 al suo camin, poi che partito è il legno. 20.98.1 Lasciamolo andar pur -- né vi rincresca 20.98.2 che tanta strada far debba soletto 20.98.3 per terra d' infedeli e barbaresca, 20.98.4 dove mai non si va senza sospetto: 20.98.5 non è periglio alcuno, onde non esca 20.98.6 con quel suo corno, e n' ha mostrato effetto; -- 20.98.7 e dei compagni suoi pigliamo cura, 20.98.8 ch' al mar fuggian tremando di paura. 20.99.1 A piena vela si cacciaron lunge 20.99.2 da la crudele e sanguinosa spiaggia: 20.99.3 e poi che di gran lunga non li giunge 20.99.4 l' orribil suon ch' a spaventar più gli aggia, 20.99.5 insolita vergogna sì gli punge, 20.99.6 che, com' un fuoco, a tutti il viso raggia. 20.99.7 L' un non ardisce a mirar l' altro, e stassi 20.99.8 tristo, senza parlar, con gli occhi bassi. 20.100.1 Passa il nocchiero, al suo vïaggio intento, 20.100.2 e Cipro e Rodi, e giù per l' onda egea 20.100.3 da sé vede fuggire isole cento 20.100.4 col periglioso capo di Malea; 20.100.5 e con propizio et immutabil vento 20.100.6 asconder vede la greca Morea; 20.100.7 volta Sicilia, e per lo mar Tirreno 20.100.8 costeggia de l' Italia il lito ameno: 20.101.1 e sopra Luna ultimamente sorse, 20.101.2 dove lasciato avea la sua famiglia. 20.101.3 Dio ringraziando che 'l pelago corse 20.101.4 senza più danno, il noto lito piglia. 20.101.5 Quindi un nochier trovâr per Francia sciorse, 20.101.6 il qual di venir seco li consiglia: 20.101.7 e nel suo legno ancor quel dì montaro, 20.101.8 et a Marsilia in breve si trovaro. 20.102.1 Quivi non era Bradamante allora, 20.102.2 ch' aver solea governo del paese; 20.102.3 che se vi fosse, a far seco dimora 20.102.4 gli avria sforzati con parlar cortese. 20.102.5 Sceser nel lito, e la medesima ora 20.102.6 dai quattro cavallier congedo prese 20.102.7 Marfisa, e da la donna del Selvaggio; 20.102.8 e pigliò alla ventura il suo vïaggio, 20.103.1 dicendo che lodevole non era 20.103.2 ch' andasser tanti cavallieri insieme: 20.103.3 che gli storni e i colombi vanno in schiera, 20.103.4 i daini e i cervi e ogn' animal che teme; 20.103.5 ma l' audace falcon, l' aquila altiera, 20.103.6 che ne l' aiuto altrui non metton speme, 20.103.7 orsi, tigri, leon, soli ne vanno; 20.103.8 che di più forza alcun timor non hanno. 20.104.1 Nessun degli altri fu di quel pensiero; 20.104.2 sì ch' a lei sola toccò a far partita. 20.104.3 Per mezzo i boschi e per strano sentiero 20.104.4 dunque ella se n' andò sola e romita. 20.104.5 Grifone il bianco et Aquilante il nero 20.104.6 pigliâr con gli altri duo la via più trita, 20.104.7 e giunsero a un castello il dì seguente, 20.104.8 dove albergati fur cortesemente. 20.105.1 Cortesemente dico in apparenza, 20.105.2 ma tosto vi sentîr contrario effetto; 20.105.3 che 'l signor del castel, benivolenza 20.105.4 fingendo e cortesia, lor dè ricetto: 20.105.5 e poi la notte, che sicuri senza 20.105.6 timor dormian, gli fe' pigliar nel letto; 20.105.7 né prima li lasciò, che d' osservare 20.105.8 una costuma ria li fe' giurare. 20.106.1 Ma vo' seguir la bellicosa donna, 20.106.2 prima, Signor, che di costor più dica. 20.106.3 Passò Druenza, il Rodano e la Sonna, 20.106.4 e venne a piè d' una montagna aprica. 20.106.5 Quivi lungo un torrente, in negra gonna 20.106.6 vide venire una femina antica, 20.106.7 che stanca e lassa era di lunga via, 20.106.8 ma via più afflitta di malenconia. 20.107.1 Questa è la vecchia che solea servire 20.107.2 ai malandrin nel cavernoso monte, 20.107.3 là dove alta giustizia fe' venire 20.107.4 e dar lor morte il paladino conte. 20.107.5 La vecchia, che timore ha di morire 20.107.6 per le cagion che poi vi saran conte, 20.107.7 già molti dì va per via oscura e fosca, 20.107.8 fuggendo ritrovar chi la conosca. 20.108.1 Quivi d' estrano cavallier sembianza 20.108.2 l' ebbe Marfisa all' abito e all' arnese; 20.108.3 e perciò non fuggì, com' avea usanza 20.108.4 fuggir dagli altri ch' eran del paese; 20.108.5 anzi con sicurezza e con baldanza 20.108.6 si fermò al guado, e di lontan l' attese: 20.108.7 al guado del torrente, ove trovolla, 20.108.8 la vecchia le uscì incontra e salutolla. 20.109.1 Poi la pregò che seco oltr' a quell' acque 20.109.2 ne l' altra ripa in groppa la portasse. 20.109.3 Marfisa, che gentil fu da che nacque, 20.109.4 di là dal fiumicel seco la trasse; 20.109.5 e portarla anch' un pezzo non le spiacque, 20.109.6 fin ch' a miglior camin la ritornasse, 20.109.7 fuor d' un gran fango; e al fin di quel sentiero 20.109.8 si videro all' incontro un cavalliero. 20.110.1 Il cavallier su ben guernita sella, 20.110.2 di lucide arme e di bei panni ornato, 20.110.3 verso il fiume venìa, da una donzella 20.110.4 e da un solo scudiero accompagnato. 20.110.5 La donna ch' avea seco era assai bella, 20.110.6 ma d' altiero sembiante e poco grato, 20.110.7 tutta d' orgoglio e di fastidio piena, 20.110.8 del cavallier ben degna che la mena. 20.111.1 Pinabello, un de' conti maganzesi, 20.111.2 era quel cavallier ch' ella avea seco; 20.111.3 quel medesmo che dianzi a pochi mesi 20.111.4 Bradamante gittò nel cavo speco. 20.111.5 Quei sospir, quei singulti così accesi, 20.111.6 quel pianto che lo fe' già quasi cieco, 20.111.7 tutto fu per costei ch' or seco avea, 20.111.8 che 'l negromante allor gli ritenea. 20.112.1 Ma poi che fu levato di sul colle 20.112.2 l' incantato castel del vecchio Atlante, 20.112.3 e che poté ciascuno ire ove volle, 20.112.4 per opra e per virtù di Bradamante; 20.112.5 costei, ch' agli disii facile e molle 20.112.6 di Pinabel sempre era stata inante, 20.112.7 si tornò a lui, et in sua compagnia 20.112.8 da un castello ad un altro or se ne gìa. 20.113.1 E sì come vezzosa era e mal usa, 20.113.2 quando vide la vecchia di Marfisa, 20.113.3 non si poté tenere a bocca chiusa 20.113.4 di non la motteggiar con beffe e risa. 20.113.5 Marfisa altiera, appresso a cui non s' usa 20.113.6 sentirsi oltraggio in qual si voglia guisa, 20.113.7 rispose d' ira accesa alla donzella, 20.113.8 che di lei quella vecchia era più bella; 20.114.1 e ch' al suo cavallier volea provallo, 20.114.2 con patto di poi tôrre a lei la gonna 20.114.3 e il palafren ch' avea, se da cavallo 20.114.4 gittava il cavallier di ch' era donna. 20.114.5 Pinabel che faria, tacendo, fallo, 20.114.6 di risponder con l' arme non assonna: 20.114.7 piglia lo scudo e l' asta, e il destrier gira, 20.114.8 poi vien Marfisa a ritrovar con ira. 20.115.1 Marfisa incontra una gran lancia afferra, 20.115.2 e ne la vista a Pinabel l' arresta, 20.115.3 e sì stordito lo riversa in terra, 20.115.4 che tarda un' ora a rilevar la testa. 20.115.5 Marfisa, vincitrice de la guerra, 20.115.6 fe' trarre a quella giovane la vesta. 20.115.7 et ogn' altro ornamento le fe' porre, 20.115.8 e ne fe' il tutto alla sua vecchia tôrre: 20.116.1 e di quel giovenile abito vòlse 20.116.2 che si vestisse e se n' ornasse tutta; 20.116.3 e fe' che 'l palafreno anco si tolse, 20.116.4 che la giovane avea quivi condutta. 20.116.5 Indi al preso camin con lei si volse, 20.116.6 che quant' era più ornata, era più brutta. 20.116.7 Tre giorni se n' andâr per lunga strada, 20.116.8 senza far cosa onde a parlar m' accada. 20.117.1 Il quarto giorno un cavallier trovaro, 20.117.2 che venìa in fretta galoppando solo. 20.117.3 Se di saper chi sia forse v' è caro, 20.117.4 dicovi ch' è Zerbin, di re figliuolo, 20.117.5 di virtù esempio e di bellezza raro, 20.117.6 che se stesso rodea d' ira e di duolo 20.117.7 di non aver potuto far vendetta 20.117.8 d' un che gli avea gran cortesia interdetta. 20.118.1 Zerbino indarno per la selva corse 20.118.2 dietro a quel suo che gli avea fatto oltraggio; 20.118.3 ma sì a tempo colui seppe via tôrse, 20.118.4 sì seppe nel fuggir prender vantaggio, 20.118.5 sì il bosco e sì una nebbia lo soccorse, 20.118.6 ch' avea offuscato il matutino raggio, 20.118.7 che di man di Zerbin si levò netto, 20.118.8 fin che l' ira e il furor gli uscì del petto. 20.119.1 Non poté, ancor che Zerbin fosse irato, 20.119.2 tener, vedendo quella vecchia, il riso; 20.119.3 che gli parea dal giovenile ornato 20.119.4 troppo diverso il brutto antiquo viso; 20.119.5 et a Marfisa, che le venìa a lato, 20.119.6 disse: -- Guerrier, tu sei pien d' ogni aviso, 20.119.7 che damigella di tal sorte guidi, 20.119.8 che non temi trovar chi te la invidi. -- 20.120.1 Avea la donna (se la crespa buccia 20.120.2 può darne indicio) più de la Sibilla, 20.120.3 e parea, così ornata, una bertuccia, 20.120.4 quando per muover riso alcun vestilla; 20.120.5 et or più brutta par, che si coruccia, 20.120.6 e che dagli occhi l' ira le sfavilla: 20.120.7 ch' a donna non si fa maggior dispetto, 20.120.8 che quando o vecchia o brutta le vien detto. 20.121.1 Mostrò turbarse l' inclita donzella, 20.121.2 per prenderne piacer, come si prese; 20.121.3 e rispose a Zerbin: -- Mia donna è bella, 20.121.4 per Dio, via più che tu non sei cortese; 20.121.5 come ch' io creda che la tua favella 20.121.6 da quel che sente l' animo non scese: 20.121.7 tu fingi non conoscer sua beltade, 20.121.8 per escusar la tua somma viltade. 20.122.1 E chi saria quel cavallier, che questa 20.122.2 sì giovane e sì bella ritrovasse 20.122.3 senza più compagnia ne la foresta, 20.122.4 e che di farla sua non si provasse? -- 20.122.5 -- Sì ben (disse Zerbin) teco s' assesta, 20.122.6 che saria mal ch' alcun te la levasse; 20.122.7 et io per me non son così indiscreto, 20.122.8 che te ne privi mai: stanne pur lieto. 20.123.1 S' in altro conto aver vuoi a far meco, 20.123.2 di quel ch' io vaglio son per farti mostra; 20.123.3 ma per costei non mi tener sì cieco, 20.123.4 che solamente far voglia una giostra. 20.123.5 O brutta o bella sia, restisi teco: 20.123.6 non vo' partir tanta amicizia vostra. 20.123.7 Ben vi sète accoppiati: io giurerei, 20.123.8 com' ella è bella, tu gagliardo sei. -- 20.124.1 Suggiunse a lui Marfisa: -- Al tuo dispetto 20.124.2 di levarmi costei provar convienti. 20.124.3 Non vo' patir ch' un sì leggiadro aspetto 20.124.4 abbi veduto, e guadagnar nol tenti. -- 20.124.5 Rispose a lei Zerbin: -- Non so a ch' effetto 20.124.6 l' uom si metta a periglio e si tormenti, 20.124.7 per riportarne una vittoria poi, 20.124.8 che giovi al vinto, e al vincitore annoi. -- 20.125.1 -- Se non ti par questo partito buono, 20.125.2 te ne do un altro, e ricusar nol déi 20.125.3 (disse a Zerbin Marfisa): che s' io sono 20.125.4 vinto da te, m' abbia a restar costei; 20.125.5 ma s' io te vinco, a forza te la dono. 20.125.6 Dunque provian chi de' star senza lei: 20.125.7 se perdi, converrà che tu le faccia 20.125.8 compagnia sempre, ovunque andar le piaccia. -- 20.126.1 -- E così sia, -- Zerbin rispose; e volse 20.126.2 a pigliar campo subito il cavallo. 20.126.3 Si levò su le staffe e si raccolse 20.126.4 fermo in arcione, e per non dare in fallo, 20.126.5 lo scudo in mezzo alla donzella colse; 20.126.6 ma parve urtasse un monte di metallo: 20.126.7 et ella in guisa a lui toccò l' elmetto, 20.126.8 che stordito il mandò di sella netto. 20.127.1 Troppo spiacque a Zerbin l' esser caduto, 20.127.2 ch' in altro scontro mai più non gli avvenne, 20.127.3 e n' avea mille e mille egli abbattuto; 20.127.4 et a perpetuo scorno se lo tenne. 20.127.5 Stette per lungo spazio in terra muto; 20.127.6 e più gli dolse poi che gli sovenne 20.127.7 ch' avea promesso e che gli convenia 20.127.8 aver la brutta vecchia in compagnia. 20.128.1 Tornando a lui la vincitrice in sella, 20.128.2 disse ridendo: -- Questa t' appresento; 20.128.3 e quanto più la veggio e grata e bella, 20.128.4 tanto, ch' ella sia tua, più mi contento. 20.128.5 Or tu in mio loco sei campion di quella; 20.128.6 ma la tua fé non se ne porti il vento, 20.128.7 che per sua guida e scorta tu non vada 20.128.8 (come hai promesso) ovunque andar l' aggrada. -- 20.129.1 Senza aspettar risposta urta il destriero 20.129.2 per la foresta, e subito s' imbosca. 20.129.3 Zerbin, che la stimava un cavalliero, 20.129.4 dice alla vecchia: -- Fa ch' io lo conosca. -- 20.129.5 Et ella non gli tiene ascoso il vero, 20.129.6 onde sa che lo 'ncende e che l' attosca: 20.129.7 -- Il colpo fu di man d' una donzella, 20.129.8 che t' ha fatto votar (disse) la sella. 20.130.1 Pel suo valor costei debitamente 20.130.2 usurpa a' cavallieri e scudo e lancia; 20.130.3 e venuta è pur dianzi d' Orïente 20.130.4 per assaggiare i paladin di Francia. -- 20.130.5 Zerbin di questo tal vergogna sente, 20.130.6 che non pur tinge di rossor la guancia, 20.130.7 ma restò poco di non farsi rosso 20.130.8 seco ogni pezzo d' arme ch' avea indosso. 20.131.1 Monta a cavallo, e se stesso rampogna 20.131.2 che non seppe tener strette le cosce. 20.131.3 Tra sé la vecchia ne sorride, e agogna 20.131.4 di stimularlo e di più dargli angosce. 20.131.5 Gli ricorda ch' andar seco bisogna: 20.131.6 e Zerbin, ch' ubligato si conosce, 20.131.7 l' orecchie abbassa, come vinto e stanco 20.131.8 destrier c' ha in bocca il fren, gli sproni al fianco. 20.132.1 E sospirando: -- Ohimè, Fortuna fella 20.132.2 (dicea), che cambio è questo che tu fai? 20.132.3 Colei che fu sopra le belle bella, 20.132.4 ch' esser meco dovea, levata m' hai. 20.132.5 Ti par ch' in luogo et in ristor di quella 20.132.6 si debba por costei ch' ora mi dai? 20.132.7 Stare in danno del tutto era men male, 20.132.8 che fare un cambio tanto diseguale. 20.133.1 Colei che di bellezze e di virtuti 20.133.2 unqua non ebbe e non avrà mai pare, 20.133.3 sommersa e rotta tra gli scogli acuti 20.133.4 hai data ai pesci et agli augei del mare; 20.133.5 e costei che dovria già aver pasciuti 20.133.6 sotterra i vermi, hai tolta a perservare 20.133.7 dieci o venti anni più che non devevi, 20.133.8 per dar più peso agli mie' affanni grevi. -- 20.134.1 Zerbin così parlava; né men tristo 20.134.2 in parole e in sembianti esser parea 20.134.3 di questo nuovo suo sì odioso acquisto, 20.134.4 che de la donna che perduta avea. 20.134.5 La vecchia, ancor che non avesse visto 20.134.6 mai più Zerbin, per quel ch' ora dicea 20.134.7 s' avvide esser colui di che notizia 20.134.8 le diede già Issabella di Galizia. 20.135.1 Se 'l vi ricorda quel ch' avete udito, 20.135.2 costei da la spelonca ne veniva, 20.135.3 dove Issabella, che d' amor ferito 20.135.4 Zerbino avea, fu molti dì captiva. 20.135.5 Più volte ella le avea già riferito 20.135.6 come lasciasse la paterna riva, 20.135.7 e come rotta in mar da la procella, 20.135.8 si salvasse alla spiaggia di Rocella. 20.136.1 E sì spesso dipinto di Zerbino 20.136.2 le avea il bel viso e le fattezze conte, 20.136.3 ch' ora udendol parlare, e più vicino 20.136.4 gli occhi alzandogli meglio ne la fronte, 20.136.5 vide esser quel per cui sempre meschino 20.136.6 fu d' Issabella il cor nel cavo monte; 20.136.7 che di non veder lui più si lagnava, 20.136.8 che d' esser fatta ai malandrini schiava. 20.137.1 La vecchia, dando alle parole udienza, 20.137.2 che con sdegno e con duol Zerbino versa, 20.137.3 s' avede ben ch' egli ha falsa credenza 20.137.4 che sia Issabella in mar rotta e sommersa: 20.137.5 e ben ch' ella del certo abbia scïenza, 20.137.6 per non lo rallegrar, pur la perversa 20.137.7 quel che far lieto lo potria, gli tace, 20.137.8 e sol gli dice quel che gli dispiace. 20.138.1 -- Odi tu (gli disse ella), tu che sei 20.138.2 cotanto altier, che sì mi scherni e sprezzi, 20.138.3 se sapessi che nuova ho di costei 20.138.4 che morta piangi, mi faresti vezzi: 20.138.5 ma più tosto che dirtelo, torrei 20.138.6 che mi strozzassi o fêssi in mille pezzi; 20.138.7 dove, s' eri vêr me più mansueto, 20.138.8 forse aperto t' avrei questo secreto. -- 20.139.1 Come il mastin che con furor s' aventa 20.139.2 adosso al ladro, ad achetarsi è presto, 20.139.3 che quello o pane o cacio gli appresenta, 20.139.4 o che fa incanto approprïato a questo; 20.139.5 così tosto Zerbino umil diventa, 20.139.6 e vien bramoso di sapere il resto, 20.139.7 che la vecchia gli accenna che di quella, 20.139.8 che morta piange, gli sa dir novella. 20.140.1 E volto a lei con più piacevol faccia, 20.140.2 la supplica, la prega, la scongiura 20.140.3 per gli uomini, per Dio, che non gli taccia 20.140.4 quanto ne sappia, o buona o ria ventura. 20.140.5 -- Cosa non udirai che pro ti faccia 20.140.6 (disse la vecchia pertinace e dura): 20.140.7 non è Issabella, come credi, morta; 20.140.8 ma viva sì, ch' a' morti invidia porta. 20.141.1 È capitata in questi pochi giorni 20.141.2 che non n' udisti, in man di più di venti; 20.141.3 sì che, qualora anco in man tua ritorni, 20.141.4 ve' se sperar di côrre il fior convienti. -- 20.141.5 Ah vecchia maladetta, come adorni 20.141.6 la tua menzogna! e tu sai pur se menti. 20.141.7 Se ben in man de venti ell' era stata, 20.141.8 non l' avea alcun però mai vïolata. 20.142.1 Dove l' avea veduta domandolle 20.142.2 Zerbino, e quando, ma nulla n' invola; 20.142.3 che la vecchia ostinata più non volle 20.142.4 a quel c' ha detto aggiungere parola. 20.142.5 Prima Zerbin le fece un parlar molle, 20.142.6 poi minacciolle di tagliar la gola: 20.142.7 ma tutto è invan ciò che minaccia e prega; 20.142.8 che non può far parlar la brutta strega. 20.143.1 Lasciò la lingua all' ultimo in riposo 20.143.2 Zerbin, poi che 'l parlar gli giovò poco; 20.143.3 per quel ch' udito avea, tanto geloso, 20.143.4 che non trovava il cor nel petto loco; 20.143.5 d' Issabella trovar sì disïoso, 20.143.6 che saria per vederla ito nel fuoco: 20.143.7 ma non poteva andar più che volesse 20.143.8 colei, poi ch' a Marfisa lo promesse. 20.144.1 E quindi per solingo e strano calle, 20.144.2 dove a lei piacque, fu Zerbin condotto; 20.144.3 né per o poggiar monte o scender valle, 20.144.4 mai si guardaro in faccia o si fêr motto. 20.144.5 Ma poi ch' al mezzodì volse le spalle 20.144.6 il vago sol, fu il lor silenzio rotto 20.144.7 da un cavallier che nel camin scontraro. 20.144.8 Quel che seguì, ne l' altro canto è chiaro.
CANTO XXI
21.1.1 Né fune intorto crederò che stringa 21.1.2 soma così, né così legno chiodo, 21.1.3 come la fé ch' una bella alma cinga 21.1.4 del suo tenace indissolubil nodo. 21.1.5 Né dagli antiqui par che si dipinga 21.1.6 la santa Fé vestita in altro modo, 21.1.7 che d' un vel bianco che la cuopra tutta: 21.1.8 ch' un sol punto, un sol neo la può far brutta. 21.2.1 La fede unqua non debbe esser corrotta, 21.2.2 o data a un solo, o data insieme a mille; 21.2.3 e così in una selva, in una grotta, 21.2.4 lontan da le cittadi e da le ville, 21.2.5 come dinanzi a tribunali, in frotta 21.2.6 di testimon, di scritti e di postille, 21.2.7 senza giurare o segno altro più espresso, 21.2.8 basti una volta che s' abbia promesso. 21.3.1 Quella servò, come servar si debbe 21.3.2 in ogni impresa, il cavallier Zerbino: 21.3.3 e quivi dimostrò che conto n' ebbe, 21.3.4 quando si tolse dal proprio camino 21.3.5 per andar con costei, la qual gl' increbbe, 21.3.6 come s' avesse il morbo sì vicino, 21.3.7 o pur la morte istessa; ma potea, 21.3.8 più che 'l disio, quel che promesso avea. 21.4.1 Dissi di lui, che di vederla sotto 21.4.2 la sua condotta tanto al cor gli preme, 21.4.3 che n' arrabbia di duol, né le fa motto; 21.4.4 e vanno muti e taciturni insieme: 21.4.5 dissi che poi fu quel silenzio rotto, 21.4.6 ch' al mondo il sol mostrò le ruote estreme, 21.4.7 da un cavalliero aventuroso errante, 21.4.8 ch' in mezzo del camin lor si fe' inante. 21.5.1 La vecchia che conobbe il cavalliero, 21.5.2 ch' era nomato Ermonide d' Olanda, 21.5.3 che per insegna ha ne lo scudo nero 21.5.4 attraversata una vermiglia banda, 21.5.5 posto l' orgoglio e quel sembiante altiero, 21.5.6 umilmente a Zerbin si raccomanda, 21.5.7 e gli ricorda quel ch' esso promise 21.5.8 alla guerriera ch' in sua man la mise. 21.6.1 Perché di lei nimico e di sua gente 21.6.2 era il guerrier che contra lor venìa: 21.6.3 ucciso ad essa avea il padre innocente, 21.6.4 e un fratello che solo al mondo avia; 21.6.5 e tuttavolta far del rimanente, 21.6.6 come degli altri, il traditor disia. 21.6.7 -- Fin ch' alla guardia tua, donna, mi senti 21.6.8 (dice Zerbin), non vo' che tu paventi. -- 21.7.1 Come più presso il cavallier si specchia 21.7.2 in quella faccia che sì in odio gli era: 21.7.3 -- O di combatter meco t' apparecchia 21.7.4 (gridò con voce minacciosa e fiera), 21.7.5 o lascia la difesa de la vecchia, 21.7.6 che di mia man secondo il merto pèra. 21.7.7 Se combatti per lei, rimarrai morto; 21.7.8 che così avviene a chi s' appiglia al torto. -- 21.8.1 Zerbin cortesemente a lui risponde 21.8.2 che gli è desir di bassa e mala sorte, 21.8.3 et a cavalleria non corrisponde 21.8.4 che cerchi dare ad una donna morte: 21.8.5 se pur combatter vuol, non si nasconde; 21.8.6 ma che prima consideri ch' importe 21.8.7 ch' un cavallier, com' era egli, gentile, 21.8.8 voglia por man nel sangue feminile. 21.9.1 Queste gli disse e più parole invano; 21.9.2 e fu bisogno al fin venire a' fatti. 21.9.3 Poi che preso a bastanza ebbon del piano, 21.9.4 tornârsi incontra a tutta briglia ratti. 21.9.5 Non van sì presti i razzi fuor di mano, 21.9.6 ch' al tempo son de le allegrezze tratti, 21.9.7 come andaron veloci i duo destrieri 21.9.8 ad incontrare insieme i cavallieri. 21.10.1 Ermonide d' Olanda segnò basso, 21.10.2 che per passare il destro fianco attese: 21.10.3 ma la sua debol lancia andò in fracasso, 21.10.4 e poco il cavallier di Scozia offese. 21.10.5 Non fu già l' altro colpo vano e casso: 21.10.6 roppe lo scudo, e sì la spalla prese, 21.10.7 che la forò da l' uno all' altro lato, 21.10.8 e riversar fe' Ermonide sul prato. 21.11.1 Zerbin che si pensò d' averlo ucciso, 21.11.2 di pietà vinto, scese in terra presto, 21.11.3 e levò l' elmo da lo smorto viso; 21.11.4 e quel guerrier, come dal sonno desto, 21.11.5 senza parlar guardò Zerbino fiso; 21.11.6 e poi gli disse: -- Non m' è già molesto 21.11.7 ch' io sia da te abbattuto, ch' ai sembianti 21.11.8 mostri esser fior de' cavallieri erranti; 21.12.1 ma ben mi duol che questo per cagione 21.12.2 d' una femina perfida m' avviene, 21.12.3 a cui non so come tu sia campione; 21.12.4 che troppo al tuo valor si disconviene. 21.12.5 E quando tu sapessi la cagione 21.12.6 ch' a vendicarmi di costei mi mene, 21.12.7 avresti, ognor che rimembrassi, affanno 21.12.8 d' aver, per campar lei, fatto a me danno. 21.13.1 E se spirto a bastanza avrò nel petto 21.13.2 ch' io il possa dir (ma del contrario temo), 21.13.3 io ti farò veder ch' in ogni effetto 21.13.4 scelerata è costei più ch' in estremo. 21.13.5 Io ebbi già un fratel che giovinetto 21.13.6 d' Olanda si partì, donde noi semo, 21.13.7 e si fece d' Eraclio cavalliero, 21.13.8 ch' allor tenea de' Greci il sommo impero. 21.14.1 Quivi divenne intrinseco e fratello 21.14.2 d' un cortese baron di quella corte, 21.14.3 che nei confin di Servia avea un castello 21.14.4 di sito ameno e di muraglia forte. 21.14.5 Nomossi Argeo colui di ch' io favello, 21.14.6 di questa iniqua femina consorte, 21.14.7 la quale egli amò sì, che passò il segno 21.14.8 ch' a un uom si convenia, come lui, degno. 21.15.1 Ma costei, più volubile che foglia 21.15.2 quando l' autunno è più priva d' umore, 21.15.3 che 'l freddo vento gli arbori ne spoglia, 21.15.4 e le soffia dinanzi al suo furore; 21.15.5 verso il marito cangiò tosto voglia, 21.15.6 che fisso qualche tempo ebbe nel core; 21.15.7 e volse ogni pensiero, ogni disio 21.15.8 d' acquistar per amante il fratel mio. 21.16.1 Ma né sì saldo all' impeto marino 21.16.2 l' Acrocerauno d' infamato nome, 21.16.3 né sta sì duro incontra borea il pino 21.16.4 che rinovato ha più di cento chiome, 21.16.5 che quanto appar fuor de lo scoglio alpino, 21.16.6 tanto sotterra ha le radici; come 21.16.7 il mio fratello a' prieghi di costei, 21.16.8 nido de tutti i vizii infandi e rei. 21.17.1 Or, come avviene a un cavallier ardito, 21.17.2 che cerca briga e la ritrova spesso, 21.17.3 fu in una impresa il mio fratel ferito, 21.17.4 molto al castel del suo compagno appresso, 21.17.5 dove venir senza aspettare invito 21.17.6 solea, fosse o non fosse Argeo con esso; 21.17.7 e dentro a quel per riposar fermosse 21.17.8 tanto che del suo mal libero fosse. 21.18.1 Mentre egli quivi si giacea, convenne 21.18.2 ch' in certa sua bisogna andasse Argeo. 21.18.3 Tosto questa sfacciata a tentar venne 21.18.4 il mio fratello, et a sua usanza feo; 21.18.5 ma quel fedel non oltre più sostenne 21.18.6 avere ai fianchi un stimulo sì reo: 21.18.7 elesse, per servar sua fede a pieno, 21.18.8 di molti mal quel che gli parve meno. 21.19.1 Tra molti mal gli parve elegger questo: 21.19.2 lasciar d' Argeo l' intrinsichezza antiqua; 21.19.3 lungi andar sì, che non sia manifesto 21.19.4 mai più il suo nome alla femina iniqua. 21.19.5 Ben che duro gli fosse, era più onesto 21.19.6 che satisfare a quella voglia obliqua, 21.19.7 o ch' accusar la moglie al suo signore, 21.19.8 da cui fu amata a par del proprio core. 21.20.1 E de le sue ferite ancora infermo 21.20.2 l' arme si veste, e del castel si parte; 21.20.3 e con animo va constante e fermo 21.20.4 di non mai più tornare in quella parte. 21.20.5 Ma che gli val? ch' ogni difesa e schermo 21.20.6 gli disipa Fortuna con nuova arte: 21.20.7 ecco il marito che ritorna intanto, 21.20.8 e trova la moglier che fa gran pianto, 21.21.1 e scapigliata e con la faccia rossa; 21.21.2 e le domanda di che sia turbata. 21.21.3 Prima ch' ella a rispondere sia mossa, 21.21.4 pregar si lascia più d' una fïata, 21.21.5 pensando tuttavia come si possa 21.21.6 vendicar di colui che l' ha lasciata: 21.21.7 e ben convenne al suo mobile ingegno 21.21.8 cangiar l' amore in subitano sdegno. 21.22.1 " Deh (disse al fine), a che l' error nascondo 21.22.2 c' ho commesso, signor, ne la tua absenzia? 21.22.3 che quando ancora io 'l celi a tutto 'l mondo, 21.22.4 celar nol posso alla mia conscïenzia. 21.22.5 L' alma che sente il suo peccato immondo, 21.22.6 pate dentro da sé tal penitenzia, 21.22.7 ch' avanza ogn' altro corporal martire 21.22.8 che dar mi possa alcun del mio fallire; 21.23.1 quando fallir sia quel che si fa a forza: 21.23.2 ma sia quel che si vuol, tu sappil' anco; 21.23.3 poi con la spada da la immonda scorza 21.23.4 scioglie lo spirto imaculato e bianco, 21.23.5 e le mie luci eternamente ammorza; 21.23.6 che dopo tanto vituperio, almanco 21.23.7 tenerle basse ognor non mi bisogni, 21.23.8 e di ciascun ch' io vegga, io mi vergogni. 21.24.1 Il tuo compagno ha l' onor mio distrutto: 21.24.2 questo corpo per forza ha vïolato; 21.24.3 e perché teme ch' io ti narri il tutto, 21.24.4 or si parte il villan senza commiato". 21.24.5 In odio con quel dir gli ebbe ridutto 21.24.6 colui che più d' ogn' altro gli fu grato. 21.24.7 Argeo lo crede, et altro non aspetta; 21.24.8 ma piglia l' arme e corre a far vendetta. 21.25.1 E come quel ch' avea il paese noto, 21.25.2 lo giunse che non fu troppo lontano; 21.25.3 che 'l mio fratello, debole et egroto, 21.25.4 senza sospetto se ne gìa pian piano: 21.25.5 e brevemente, in un loco remoto 21.25.6 pose, per vendicarsene, in lui mano. 21.25.7 Non trova il fratel mio scusa che vaglia; 21.25.8 ch' in somma Argeo con lui vuol la battaglia. 21.26.1 Era l' un sano e pien di nuovo sdegno, 21.26.2 infermo l' altro, et all' usanza amico: 21.26.3 sì ch' ebbe il fratel mio poco ritegno 21.26.4 contra il compagno fattogli nimico. 21.26.5 Dunque Filandro di tal sorte indegno 21.26.6 (de l' infelice giovene ti dico: 21.26.7 così avea nome), non sofrendo il peso 21.26.8 di sì fiera battaglia, restò preso. 21.27.1 " Non piaccia a Dio che mi conduca a tale 21.27.2 il mio giusto furore e il tuo demerto 21.27.3 (gli disse Argeo), che mai sia omicidiale 21.27.4 di te ch' amava; e me tu amavi certo, 21.27.5 ben che nel fin me l' hai mostrato male: 21.27.6 pur voglio a tutto il mondo fare aperto 21.27.7 che, come fui nel tempo de l' amore, 21.27.8 così ne l' odio son di te migliore. 21.28.1 Per altro modo punirò il tuo fallo, 21.28.2 che le mie man più nel tuo sangue porre". 21.28.3 Così dicendo, fece sul cavallo 21.28.4 di verdi rami una bara comporre, 21.28.5 e quasi morto in quella riportallo 21.28.6 dentro al castello in una chiusa torre, 21.28.7 dove in perpetuo per punizïone 21.28.8 condannò l' innocente a star prigione. 21.29.1 Non però ch' altra cosa avesse manco, 21.29.2 che la libertà prima del partire; 21.29.3 perché nel resto, come sciolto e franco 21.29.4 vi commandava e si facea ubidire. 21.29.5 Ma non essendo ancor l' animo stanco 21.29.6 di questa ria del suo pensier fornire, 21.29.7 quasi ogni giorno alla prigion veniva; 21.29.8 ch' avea le chiavi, e a suo piacer l' apriva: 21.30.1 e movea sempre al mio fratello assalti, 21.30.2 e con maggiore audacia che di prima. 21.30.3 " Questa tua fedeltà (dicea) che valti, 21.30.4 poi che perfidia per tutto si stima? 21.30.5 Oh che trionfi glorïosi et alti! 21.30.6 oh che superbe spoglie e preda opima! 21.30.7 oh che merito al fin te ne risulta, 21.30.8 se, come a traditore, ognun t' insulta! 21.31.1 Quanto utilmente, quanto con tuo onore 21.31.2 m' avresti dato quel che da te volli! 21.31.3 Di questo sì ostinato tuo rigore 21.31.4 la gran mercé che tu guadagni, or tolli: 21.31.5 in prigion sei, né crederne uscir fuore, 21.31.6 se la durezza tua prima non molli. 21.31.7 Ma quando mi compiacci, io farò trama 21.31.8 di racquistarti e libertade e fama". 21.32.1 " No, no (disse Filandro) aver mai spene 21.32.2 che non sia, come suol, mia vera fede, 21.32.3 se ben contra ogni debito mi avviene 21.32.4 ch' io ne riporti sì dura mercede, 21.32.5 e di me creda il mondo men che bene: 21.32.6 basta che inanti a quel che 'l tutto vede, 21.32.7 e mi può ristorar di grazia eterna, 21.32.8 chiara la mia innocenzia si discerna. 21.33.1 Se non basta ch' Argeo mi tenga preso, 21.33.2 tolgami ancor questa noiosa vita. 21.33.3 Forse non mi fia il premio in ciel conteso 21.33.4 de la buona opra, qui poco gradita. 21.33.5 Forse egli, che da me si chiama offeso, 21.33.6 quando sarà quest' anima partita, 21.33.7 s' avedrà poi d' avermi fatto torto, 21.33.8 e piangerà il fedel compagno morto". 21.34.1 Così più volte la sfacciata donna 21.34.2 tenta Filandro, e torna senza frutto. 21.34.3 Ma il cieco suo desir, che non assonna 21.34.4 del scelerato amor traer construtto, 21.34.5 cercando va più dentro ch' alla gonna 21.34.6 suoi vizii antiqui, e ne discorre il tutto. 21.34.7 Mille pensier fa d' uno in altro modo, 21.34.8 prima che fermi in alcun d' essi il chiodo. 21.35.1 Stette sei mesi che non messe piede, 21.35.2 come prima facea, ne la prigione; 21.35.3 di che il miser Filandro e spera e crede 21.35.4 che costei più non gli abbia affezïone. 21.35.5 Ecco Fortuna, al mal propizia, diede 21.35.6 a questa scelerata occasïone 21.35.7 di metter fin con memorabil male 21.35.8 al suo cieco appetito irrazionale. 21.36.1 Antiqua nimicizia avea il marito 21.36.2 con un baron detto Morando il bello, 21.36.3 che, non v' essendo Argeo, spesso era ardito 21.36.4 di correr solo, e sin dentro al castello; 21.36.5 ma s' Argeo v' era, non tenea lo 'nvito, 21.36.6 né s' accostava a dieci miglia a quello. 21.36.7 Or, per poterlo indur che ci venisse, 21.36.8 d' ire in Ierusalem per voto disse. 21.37.1 Disse d' andare; e partesi ch' ognuno 21.37.2 lo vede, e fa di ciò sparger le grida: 21.37.3 né il suo pensier, fuor che la moglie, alcuno 21.37.4 puote saper; che sol di lei si fida. 21.37.5 Torna poi nel castello all' aer bruno, 21.37.6 né mai, se non la notte, ivi s' annida; 21.37.7 e con mutate insegne al nuovo albóre, 21.37.8 senza vederlo alcun, sempre esce fuore. 21.38.1 Se ne va in questa e in quella parte errando, 21.38.2 e volteggiando al suo castello intorno, 21.38.3 pur per veder se credulo Morando 21.38.4 volesse far, come solea, ritorno. 21.38.5 Stava il dì tutto alla foresta; e quando 21.38.6 ne la marina vedea ascoso il giorno, 21.38.7 venìa al castello, e per nascose porte 21.38.8 lo togliea dentro l' infedel consorte. 21.39.1 Crede ciascun, fuor che l' iniqua moglie, 21.39.2 che molte miglia Argeo lontan si trove. 21.39.3 Dunque il tempo oportuno ella si toglie: 21.39.4 al fratel mio va con malizie nuove. 21.39.5 Ha di lagrime a tutte le sue voglie 21.39.6 un nembo che dagli occhi al sen le piove. 21.39.7 " Dove potrò (dicea) trovare aiuto, 21.39.8 che in tutto l' onor mio non sia perduto? 21.40.1 E col mio quel del mio marito insieme, 21.40.2 il qual se fosse qui, non temerei. 21.40.3 Tu conosci Morando, e sai se teme, 21.40.4 quando Argeo non ci sente, òmini e dèi. 21.40.5 Questi or pregando, or minacciando, estreme 21.40.6 prove fa tuttavia, né alcun de' miei 21.40.7 lascia che non contamini, per trarmi 21.40.8 a' suoi disii, né so s' io potrò aitarmi. 21.41.1 Or c' ha inteso il partir del mio consorte, 21.41.2 e ch' al ritorno non sarà sì presto, 21.41.3 ha avuto ardir d' entrar ne la mia corte 21.41.4 senza altra scusa e senz' altro pretesto; 21.41.5 che se ci fosse il mio signor per sorte, 21.41.6 non sol non avria audacia di far questo, 21.41.7 ma non si terria ancor, per Dio, sicuro 21.41.8 d' appressarsi a tre miglia a questo muro. 21.42.1 E quel che già per messi ha ricercato, 21.42.2 oggi me l' ha richiesto a fronte a fronte, 21.42.3 e con tai modi, che gran dubbio è stato 21.42.4 de lo avvenirmi disonore et onte; 21.42.5 e se non che parlar dolce gli ho usato, 21.42.6 e finto le mie voglie alle sue pronte, 21.42.7 saria a forza, di quel suto rapace, 21.42.8 che spera aver per mie parole in pace. 21.43.1 Promesso gli ho, non già per osservargli 21.43.2 (che fatto per timor, nullo è il contratto); 21.43.3 ma la mia intenzïon fu per vietargli 21.43.4 quel che per forza avrebbe allora fatto. 21.43.5 Il caso è qui: tu sol pòi rimediargli; 21.43.6 del mio onor altrimenti sarà tratto, 21.43.7 e di quel del mio Argeo, che già m' hai detto 21.43.8 aver o tanto, o più che 'l proprio, a petto. 21.44.1 E se questo mi nieghi, io dirò dunque 21.44.2 ch' in te non sia la fé di che ti vanti; 21.44.3 ma che fu sol per crudeltà, qualunque 21.44.4 volta hai sprezzati i miei supplici pianti; 21.44.5 non per rispetto alcun d' Argeo, quantunque 21.44.6 m' hai questo scudo ognora opposto inanti. 21.44.7 Saria stato tra noi la cosa occulta; 21.44.8 ma di qui aperta infamia mi risulta". 21.45.1 " Non si convien (disse Filandro) tale 21.45.2 prologo a me, per Argeo mio disposto. 21.45.3 Narrami pur quel che tu vuoi, che quale 21.45.4 sempre fui, di sempre essere ho proposto; 21.45.5 e ben ch' a torto io ne riporti male, 21.45.6 a lui non ho questo peccato imposto. 21.45.7 Per lui son pronto andare anco alla morte, 21.45.8 e siami contra il mondo e la mia sorte". 21.46.1 Rispose l' empia:" Io voglio che tu spenga 21.46.2 colui che 'l nostro disonor procura. 21.46.3 Non temer ch' alcun mal di ciò t' avenga; 21.46.4 ch' io te ne mostrerò la via sicura. 21.46.5 Debbe egli a me tornar come rivenga 21.46.6 su l' ora terza la notte più scura; 21.46.7 e fatto un segno de ch' io l' ho avvertito, 21.46.8 io l' ho a tor dentro, che non sia sentito. 21.47.1 A te non graverà prima aspettarme 21.47.2 ne la camera mia dove non luca, 21.47.3 tanto che dispogliar gli faccia l' arme, 21.47.4 e quasi nudo in man te lo conduca". 21.47.5 Così la moglie conducesse parme 21.47.6 il suo marito alla tremenda buca; 21.47.7 se per dritto costei moglie s' appella, 21.47.8 più che furia infernal crudele e fella. 21.48.1 Poi che la notte scelerata venne, 21.48.2 fuor trasse il mio fratel con l' arme in mano; 21.48.3 e ne l' oscura camera lo tenne, 21.48.4 fin che tornasse il miser castellano. 21.48.5 Come ordine era dato, il tutto avvenne; 21.48.6 che 'l consiglio del mal va raro invano. 21.48.7 Così Filandro il buono Argeo percosse, 21.48.8 che si pensò che quel Morando fosse. 21.49.1 Con esso un colpo il capo fesse e il collo; 21.49.2 ch' elmo non v' era, e non vi fu riparo. 21.49.3 Pervenne Argeo, senza pur dare un crollo, 21.49.4 de la misera vita al fine amaro: 21.49.5 e tal l' uccise, che mai non pensollo, 21.49.6 né mai l' avria creduto: oh caso raro! 21.49.7 che cercando giovar, fece all' amico 21.49.8 quel di che peggio non si fa al nimico. 21.50.1 Poscia ch' Argeo non conosciuto giacque, 21.50.2 rende a Gabrina il mio fratel la spada. 21.50.3 Gabrina è il nome di costei, che nacque 21.50.4 sol per tradire ognun che in man le cada. 21.50.5 Ella, che 'l ver fin a quell' ora tacque, 21.50.6 vuol che Filandro a riveder ne vada 21.50.7 col lume in mano il morto ond' egli è reo: 21.50.8 e gli dimostra il suo compagno Argeo. 21.51.1 E gli minaccia poi, se non consente 21.51.2 all' amoroso suo lungo desire, 21.51.3 di palesare a tutta quella gente 21.51.4 quel ch' egli ha fatto, e nol può contradire; 21.51.5 e lo farà vituperosamente 21.51.6 come assassino e traditor morire: 21.51.7 e gli ricorda che sprezzar la fama 21.51.8 non de', se ben la vita sì poco ama. 21.52.1 Pien di paura e di dolor rimase 21.52.2 Filandro, poi che del suo error s' accorse. 21.52.3 Quasi il primo furor gli persuase 21.52.4 d' uccider questa, e stette un pezzo in forse: 21.52.5 e se non che ne le nimiche case 21.52.6 si ritrovò (che la ragion soccorse), 21.52.7 non si trovando avere altr' arme in mano, 21.52.8 coi denti la stracciava a brano a brano. 21.53.1 Come ne l' alto mar legno talora, 21.53.2 che da duo venti sia percosso e vinto, 21.53.3 ch' ora uno inanzi l' ha mandato, et ora 21.53.4 un altro al primo termine respinto, 21.53.5 e l' han girato da poppa e da prora, 21.53.6 dal più possente al fin resta sospinto; 21.53.7 così Filandro, tra molte contese 21.53.8 de' duo pensieri, al manco rio s' apprese. 21.54.1 Ragion gli dimostrò il pericol grande, 21.54.2 oltre il morir, del fine infame e sozzo, 21.54.3 se l' omicidio nel castel si spande; 21.54.4 e del pensare il termine gli è mozzo. 21.54.5 Voglia o non voglia, al fin convien che mande 21.54.6 l' amarissimo calice nel gozzo. 21.54.7 Pur finalmente ne l' afflitto core 21.54.8 più de l' ostinazion poté il timore. 21.55.1 Il timor del supplicio infame e brutto 21.55.2 prometter fece con mille scongiuri, 21.55.3 che faria di Gabrina il voler tutto, 21.55.4 se di quel luogo se partian sicuri. 21.55.5 Così per forza colse l' empia il frutto 21.55.6 del suo desire, e poi lasciâr quei muri. 21.55.7 Così Filandro a noi fece ritorno, 21.55.8 di sé lasciando in Grecia infamia e scorno. 21.56.1 E portò nel cor fisso il suo compagno 21.56.2 che così scioccamente ucciso avea, 21.56.3 per far con sua gran noia empio guadagno 21.56.4 d' una Progne crudel, d' una Medea. 21.56.5 E se la fede e il giuramento, magno 21.56.6 e duro freno, non lo ritenea, 21.56.7 come al sicuro fu, morta l' avrebbe; 21.56.8 ma, quanto più si puote, in odio l' ebbe. 21.57.1 Non fu da indi in qua rider mai visto: 21.57.2 tutte le sue parole erano meste, 21.57.3 sempre sospir gli uscian dal petto tristo; 21.57.4 et era divenuto un nuovo Oreste, 21.57.5 poi che la madre uccise e il sacro Egisto, 21.57.6 e che l' ultrice Furie ebbe moleste. 21.57.7 E senza mai cessar, tanto l' afflisse 21.57.8 questo dolor, ch' infermo al letto il fisse. 21.58.1 Or questa meretrice, che si pensa 21.58.2 quanto a quest' altro suo poco sia grata, 21.58.3 muta la fiamma già d' amore intensa 21.58.4 in odio, in ira ardente et arrabbiata; 21.58.5 né meno è contra al mio fratello accensa, 21.58.6 che fosse contra Argeo la scelerata: 21.58.7 e dispone tra sé levar dal mondo, 21.58.8 come il primo marito, anco il secondo. 21.59.1 Un medico trovò d' inganni pieno, 21.59.2 sufficïente et atto a simil uopo, 21.59.3 che sapea meglio uccider di veneno, 21.59.4 che risanar gl' infermi di silopo; 21.59.5 e gli promesse, inanzi più che meno 21.59.6 di quel che domandò, donargli, dopo 21.59.7 ch' avesse con mortifero liquore 21.59.8 levatole dagli occhi il suo signore. 21.60.1 Già in mia presenza e d' altre più persone 21.60.2 venìa col tòsco in mano il vecchio ingiusto, 21.60.3 dicendo ch' era buona pozïone 21.60.4 da ritornare il mio fratel robusto. 21.60.5 Ma Gabrina con nuova intenzïone, 21.60.6 pria che l' infermo ne turbasse il gusto, 21.60.7 per tôrsi il consapevole d' appresso, 21.60.8 o per non dargli quel ch' avea promesso, 21.61.1 la man gli prese, quando a punto dava 21.61.2 la tazza dove il tòsco era celato, 21.61.3 dicendo:" Ingiustamente è se 'l ti grava 21.61.4 ch' io tema per costui c' ho tanto amato. 21.61.5 Voglio esser certa che bevanda prava 21.61.6 tu non gli dia, né succo avelenato; 21.61.7 e per questo mi par che 'l beveraggio 21.61.8 non gli abbi a dar, se non ne fai tu il saggio". 21.62.1 Come pensi, signor, che rimanesse 21.62.2 il miser vecchio conturbato allora? 21.62.3 La brevità del tempo sì l' oppresse, 21.62.4 che pensar non poté che meglio fôra; 21.62.5 pur, per non dar maggior sospetto, elesse 21.62.6 il calice gustar senza dimora: 21.62.7 e l' infermo, seguendo una tal fede, 21.62.8 tutto il resto pigliò, che si gli diede. 21.63.1 Come sparvier che nel piede grifagno 21.63.2 tenga la starna, e sia per trarne pasto, 21.63.3 dal can che si tenea fido compagno, 21.63.4 ingordamente è sopragiunto e guasto; 21.63.5 così il medico intento al rio guadagno, 21.63.6 donde sperava aiuto ebbe contrasto. 21.63.7 Odi di summa audacia esempio raro! 21.63.8 e così avvenga a ciascun altro avaro. 21.64.1 Fornito questo, il vecchio s' era messo, 21.64.2 per ritornare alla sua stanza, in via, 21.64.3 et usar qualche medicina appresso, 21.64.4 che lo salvasse da la peste ria; 21.64.5 ma da Gabrina non gli fu concesso, 21.64.6 dicendo non voler ch' andasse pria 21.64.7 che 'l succo ne lo stomaco digesto 21.64.8 il suo valor facesse manifesto. 21.65.1 Pregar non val, né far di premio offerta, 21.65.2 che lo voglia lasciar quindi partire. 21.65.3 Il disperato, poi che vede certa 21.65.4 la morte sua, né la poter fuggire, 21.65.5 ai circonstanti fa la cosa aperta; 21.65.6 né la seppe costei troppo coprire. 21.65.7 E così quel che fece agli altri spesso, 21.65.8 quel buon medico al fin fece a se stesso: 21.66.1 e sequitò con l' alma quella ch' era 21.66.2 già de mio frate caminata inanzi. 21.66.3 Noi circonstanti, che la cosa vera 21.66.4 del vecchio udimmo, che fe' pochi avanzi, 21.66.5 pigliammo questa abominevol fera, 21.66.6 più crudel di qualunque in selva stanzi; 21.66.7 e la serrammo in tenebroso loco, 21.66.8 per condannarla al meritato fuoco. -- 21.67.1 Questo Ermonide disse, e più voleva 21.67.2 seguir, com' ella di prigion levossi; 21.67.3 ma il dolor de la piaga sì l' aggreva, 21.67.4 che pallido ne l' erba riversossi. 21.67.5 Intanto duo scudier che seco aveva, 21.67.6 fatto una bara avean di rami grossi: 21.67.7 Ermonide si fece in quella porre; 21.67.8 ch' indi altrimente non si potea tôrre. 21.68.1 Zerbin col cavallier fece sua scusa, 21.68.2 che gl' increscea d' averli fatto offesa; 21.68.3 ma, come pur tra cavallieri s' usa, 21.68.4 colei che venìa seco avea difesa: 21.68.5 ch' altrimente sua fé saria confusa; 21.68.6 perché, quando in sua guardia l' avea presa, 21.68.7 promesse a sua possanza di salvarla 21.68.8 contra ognun che venisse a disturbarla. 21.69.1 E s' in altro potea gratificargli, 21.69.2 prontissimo offeriase alla sua voglia. 21.69.3 Rispose il cavallier, che ricordargli 21.69.4 sol vuol, che da Gabrina si discioglia 21.69.5 prima ch' ella abbia cosa a machinargli, 21.69.6 di ch' esso indarno poi si penta e doglia. 21.69.7 Gabrina tenne sempre gli occhi bassi, 21.69.8 perché non ben risposta al vero dassi. 21.70.1 Con la vecchia Zerbin quindi partisse 21.70.2 al già promesso debito vïaggio; 21.70.3 e tra sé tutto il dì la maledisse, 21.70.4 che far gli fece a quel barone oltraggio. 21.70.5 Et or che pel gran mal che gli ne disse 21.70.6 chi lo sapea, di lei fu instrutto e saggio, 21.70.7 se prima l' avea a noia e a dispiacere, 21.70.8 or l' odia sì che non la può vedere. 21.71.1 Ella che di Zerbin sa l' odio a pieno, 21.71.2 né in mala voluntà vuole esser vinta, 21.71.3 un' oncia a lui non ne riporta meno: 21.71.4 la tien di quarta, e la rifà di quinta. 21.71.5 Nel cor era gonfiata di veneno, 21.71.6 e nel viso altrimente era dipinta. 21.71.7 Dunque ne la concordia ch' io vi dico, 21.71.8 tenean lor via per mezzo il bosco antico. 21.72.1 Ecco, volgendo il sol verso la sera, 21.72.2 udiron gridi e strepiti e percosse, 21.72.3 che facean segno di battaglia fiera 21.72.4 che, quanto era il rumor, vicina fosse. 21.72.5 Zerbino, per veder la cosa ch' era, 21.72.6 verso il rumore in gran fretta si mosse: 21.72.7 non fu Gabrina lenta a seguitarlo. 21.72.8 Di quel ch' avvenne, all' altro canto io parlo.
CANTO XXII
22.1.1 Cortesi donne e grate al vostro amante, 22.1.2 voi che d' un solo amor sète contente, 22.1.3 come che certo sia, fra tante e tante, 22.1.4 che rarissime siate in questa mente; 22.1.5 non vi dispiaccia quel ch' io dissi inante, 22.1.6 quando contra Gabrina fui sì ardente, 22.1.7 e s' ancor son per spendervi alcun verso, 22.1.8 di lei biasmando l' animo perverso. 22.2.1 Ella era tale; e come imposto fummi 22.2.2 da chi può in me, non preterisco il vero. 22.2.3 Per questo io non oscuro gli onor summi 22.2.4 d' una e d' un' altra ch' abbia il cor sincero. 22.2.5 Quel che 'l Maestro suo per trenta nummi 22.2.6 diede a' Iudei, non nocque a Ianni o a Piero; 22.2.7 né d' Ipermestra è la fama men bella, 22.2.8 se ben di tante inique era sorella. 22.3.1 Per una che biasmar cantando ardisco 22.3.2 (che l' ordinata istoria così vuole), 22.3.3 lodarne cento incontra m' offerisco, 22.3.4 e far lor virtù chiara più che 'l sole. 22.3.5 Ma tornando al lavor che vario ordisco, 22.3.6 ch' a molti, lor mercé, grato esser suole, 22.3.7 del cavallier di Scozia io vi dicea, 22.3.8 ch' un alto grido appresso udito avea. 22.4.1 Fra due montagne entrò in un stretto calle 22.4.2 onde uscia il grido, e non fu molto inante, 22.4.3 che giunse dove in una chiusa valle 22.4.4 si vide un cavallier morto davante. 22.4.5 Chi sia dirò; ma prima dar le spalle 22.4.6 a Francia voglio, e girmene in Levante, 22.4.7 tanto ch' io trovi Astolfo paladino, 22.4.8 che per Ponente avea preso il camino. 22.5.1 Io lo lasciai ne la città crudele, 22.5.2 onde col suon del formidabil corno 22.5.3 avea cacciato il populo infedele, 22.5.4 e gran periglio toltosi d' intorno, 22.5.5 et a' compagni fatto alzar le vele, 22.5.6 e dal lito fuggir con grave scorno. 22.5.7 Or seguendo di lui, dico che prese 22.5.8 la via d' Armenia, e uscì di quel paese. 22.6.1 E dopo alquanti giorni in Natalia 22.6.2 trovossi, e inverso Bursia il camin tenne; 22.6.3 onde, continuando la sua via 22.6.4 di qua dal mare, in Tracia se ne venne. 22.6.5 Lungo il Danubio andò per l' Ungaria; 22.6.6 e come avesse il suo destrier le penne, 22.6.7 i Moravi e i Boemi passò in meno 22.6.8 di venti giorni, e la Franconia e il Reno. 22.7.1 Per la selva d' Ardenna in Aquisgrana 22.7.2 giunse e in Barbante, e in Fiandra al fin s' imbarca. 22.7.3 L' aura che soffia verso tramontana, 22.7.4 la vela in guisa in su la prora carca, 22.7.5 ch' a mezzo giorno Astolfo non lontana 22.7.6 vede Inghilterra, ove nel lito varca. 22.7.7 Salta a cavallo, e in tal modo lo punge, 22.7.8 ch' a Londra quella sera ancora giunge. 22.8.1 Quivi sentendo poi che 'l vecchio Otone 22.8.2 già molti mesi inanzi era in Parigi, 22.8.3 e che di nuovo quasi ogni barone 22.8.4 avea imitato i suoi degni vestigi; 22.8.5 d' andar subito in Francia si dispone: 22.8.6 e così torna al porto di Tamigi, 22.8.7 onde con le vele alte uscendo fuora, 22.8.8 verso Calessio fe' drizzar la prora. 22.9.1 Un ventolin che leggiermente all' orza 22.9.2 ferendo, avea adescato il legno all' onda, 22.9.3 a poco a poco cresce e si rinforza; 22.9.4 poi vien sì, ch' al nocchier ne soprabonda. 22.9.5 Che li volti la poppa al fine è forza; 22.9.6 se non, gli caccierà sotto la sponda. 22.9.7 Per la schena del mar tien dritto il legno, 22.9.8 e fa camin diverso al suo disegno. 22.10.1 Or corre a destra, or a sinistra mano, 22.10.2 di qua di là, dove fortuna spinge, 22.10.3 e piglia terra al fin presso a Roano; 22.10.4 e come prima il dolce lito attinge, 22.10.5 fa rimetter la sella a Rabicano, 22.10.6 e tutto s' arma e la spada si cinge. 22.10.7 Prende il camino, et ha seco quel corno 22.10.8 che gli val più che mille uomini intorno. 22.11.1 E giunse, traversando una foresta, 22.11.2 a piè d' un colle ad una chiara fonte, 22.11.3 ne l' ora che 'l monton di pascer resta, 22.11.4 chiuso in capanna, o sotto un cavo monte. 22.11.5 E dal gran caldo e da la sete infesta 22.11.6 vinto, si trasse l' elmo da la fronte; 22.11.7 legò il destrier tra le più spesse fronde, 22.11.8 e poi venne per bere alle fresche onde. 22.12.1 Non avea messo ancor le labra in molle, 22.12.2 ch' un villanel che v' era ascoso appresso, 22.12.3 sbuca fuor d' una macchia, e il destrier tolle, 22.12.4 sopra vi sale, e se ne va con esso. 22.12.5 Astolfo il rumor sente, e 'l capo estolle; 22.12.6 e poi che 'l danno suo vede sì espresso, 22.12.7 lascia la fonte, e sazio senza bere, 22.12.8 gli va dietro correndo a più potere. 22.13.1 Quel ladro non si stende a tutto corso: 22.13.2 che dileguato si saria di botto; 22.13.3 ma or lentando, or raccogliendo il morso, 22.13.4 se ne va di galoppo e di buon trotto. 22.13.5 Escon del bosco dopo un gran discorso; 22.13.6 e l' uno e l' altro al fin si fu ridotto 22.13.7 là dove tanti nobili baroni 22.13.8 eran senza prigion più che prigioni. 22.14.1 Dentro il palagio il villanel si caccia 22.14.2 con quel destrier che i venti al corso adegua. 22.14.3 Forza è ch' Astolfo, il qual lo scudo impaccia, 22.14.4 l' elmo e l' altr' arme, di lontan lo segua. 22.14.5 Pur giunge anch' egli, e tutta quella traccia 22.14.6 che fin qui avea seguita, si dilegua; 22.14.7 che più né Rabican né 'l ladro vede, 22.14.8 e gira gli occhi, e indarno affretta il piede: 22.15.1 affretta il piede e va cercando invano 22.15.2 e le loggie e le camere e le sale; 22.15.3 ma per trovare il perfido villano, 22.15.4 di sua fatica nulla si prevale. 22.15.5 Non sa dove abbia ascoso Rabicano, 22.15.6 quel suo veloce sopra ogni animale; 22.15.7 e senza frutto alcun tutto quel giorno 22.15.8 cercò di su di giù, dentro e d' intorno. 22.16.1 Confuso e lasso d' aggirarsi tanto, 22.16.2 s' avvide che quel loco era incantato; 22.16.3 e del libretto ch' avea sempre a canto, 22.16.4 che Logistilla in India gli avea dato, 22.16.5 acciò che, ricadendo in nuovo incanto, 22.16.6 potessi aitarsi, si fu ricordato: 22.16.7 all' indice ricorse, e vide tosto 22.16.8 a quante carte era il rimedio posto. 22.17.1 Del palazzo incantato era difuso 22.17.2 scritto nel libro; e v' eran scritti i modi 22.17.3 di fare il mago rimaner confuso, 22.17.4 e a tutti quei prigion di sciorre i nodi. 22.17.5 Sotto la soglia era uno spirto chiuso, 22.17.6 che facea questi inganni e queste frodi: 22.17.7 e levata la pietra ov' è sepolto, 22.17.8 per lui sarà il palazzo in fumo sciolto. 22.18.1 Desideroso di condurre a fine 22.18.2 il paladin sì glorïosa impresa, 22.18.3 non tarda più che 'l braccio non inchine 22.18.4 a provar quanto il grave marmo pesa. 22.18.5 Come Atlante le man vede vicine 22.18.6 per far che l' arte sua sia vilipesa, 22.18.7 sospettoso di quel che può avvenire, 22.18.8 lo va con nuovi incanti ad assalire. 22.19.1 Lo fa con dïaboliche sue larve 22.19.2 parer da quel diverso, che solea: 22.19.3 gigante ad altri, ad altri un villan parve, 22.19.4 ad altri un cavallier di faccia rea. 22.19.5 Ognuno in quella forma in che gli apparve 22.19.6 nel bosco il mago, il paladin vedea; 22.19.7 sì che per rïaver quel che gli tolse 22.19.8 il mago, ognuno al paladin si volse. 22.20.1 Ruggier, Gradasso, Iroldo, Bradamante, 22.20.2 Brandimarte, Prasildo, altri guerrieri 22.20.3 in questo nuovo error si fêro inante, 22.20.4 per distruggere il duca accesi e fieri. 22.20.5 Ma ricordossi il corno in quello instante, 22.20.6 che fe' loro abbassar gli animi altieri. 22.20.7 Se non si soccorrea col grave suono, 22.20.8 morto era il paladin senza perdono. 22.21.1 Ma tosto che si pon quel corno a bocca 22.21.2 e fa sentire intorno il suono orrendo, 22.21.3 a guisa dei colombi, quando scocca 22.21.4 lo scoppio, vanno i cavallier fuggendo. 22.21.5 Non meno al negromante fuggir tocca, 22.21.6 non men fuor de la tana esce temendo 22.21.7 pallido e sbigottito, e se ne slunga 22.21.8 tanto, che 'l suono orribil non lo giunga. 22.22.1 Fuggì il guardian coi suo' prigioni; e dopo 22.22.2 de le stalle fuggîr molti cavalli, 22.22.3 ch' altro che fune a ritenerli era uopo, 22.22.4 e seguiro i patron per varii calli. 22.22.5 In casa non restò gatta né topo 22.22.6 al suon che par che dica: Dàlli, dàlli. 22.22.7 Sarebbe ito con gli altri Rabicano, 22.22.8 se non ch' all' uscir venne al duca in mano. 22.23.1 Astolfo, poi ch' ebbe cacciato il mago, 22.23.2 levò di su la soglia il grave sasso, 22.23.3 e vi ritrovò sotto alcuna imago, 22.23.4 et altre cose che di scriver lasso: 22.23.5 e di distrugger quello incanto vago, 22.23.6 di ciò che vi trovò, fece fraccasso, 22.23.7 come gli mostra il libro che far debbia; 22.23.8 e si sciolse il palazzo in fumo e in nebbia. 22.24.1 Quivi trovò che di catena d' oro 22.24.2 di Ruggiero il cavallo era legato, 22.24.3 parlo di quel che 'l negromante moro 22.24.4 per mandarlo ad Alcina gli avea dato; 22.24.5 a cui poi Logistilla fe' il lavoro 22.24.6 del freno, ond' era in Francia ritornato, 22.24.7 e girato da l' India all' Inghilterra 22.24.8 tutto avea il lato destro de la terra. 22.25.1 Non so se vi ricorda che la briglia 22.25.2 lasciò attaccata all' arbore quel giorno 22.25.3 che nuda da Ruggier sparì la figlia 22.25.4 di Galafrone, e gli fe' l' alto scorno. 22.25.5 Fe' il volante destrier, con maraviglia 22.25.6 di chi lo vide, al mastro suo ritorno; 22.25.7 e con lui stette infin al giorno sempre, 22.25.8 che de l' incanto fur rotte le tempre. 22.26.1 Non potrebbe esser stato più giocondo 22.26.2 d' altra aventura Astolfo, che di questa; 22.26.3 che per cercar la terra e il mar, secondo 22.26.4 ch' avea desir, quel ch' a cercar gli resta, 22.26.5 e girar tutto in pochi giorni il mondo, 22.26.6 troppo venìa questo ippogrifo a sesta. 22.26.7 Sapea egli ben quanto a portarlo era atto, 22.26.8 che l' avea altrove assai provato in fatto. 22.27.1 Quel giorno in India lo provò, che tolto 22.27.2 da la savia Melissa fu di mano 22.27.3 a quella scelerata che travolto 22.27.4 gli avea in mirto silvestre il viso umano: 22.27.5 e ben vide e notò come raccolto 22.27.6 gli fu sotto la briglia il capo vano 22.27.7 da Logistilla, e vide come instrutto 22.27.8 fosse Ruggier di farlo andar per tutto. 22.28.1 Fatto disegno l' ippogrifo tôrsi, 22.28.2 la sella sua, ch' appresso avea, gli messe; 22.28.3 e gli fece, levando da più morsi 22.28.4 una cosa et un' altra, un che lo resse; 22.28.5 che dei destrier ch' in fuga erano corsi, 22.28.6 quivi attaccate eran le briglie spesse. 22.28.7 Ora un pensier di Rabicano solo 22.28.8 lo fa tardar che non si leva a volo. 22.29.1 D' amar quel Rabicano avea ragione; 22.29.2 che non v' era un miglior per correr lancia, 22.29.3 e l' avea da l' estrema regïone 22.29.4 de l' India cavalcato insin in Francia. 22.29.5 Pensa egli molto; e in somma si dispone 22.29.6 darne più tosto ad un suo amico mancia, 22.29.7 che, lasciandolo quivi in su la strada, 22.29.8 se l' abbia il primo ch' a passarvi accada. 22.30.1 Stava mirando se vedea venire 22.30.2 pel bosco o cacciatore o alcun villano, 22.30.3 da cui far si potesse indi seguire 22.30.4 a qualche terra, e trarvi Rabicano. 22.30.5 Tutto quel giorno e sin all' apparire 22.30.6 de l' altro stette riguardando invano. 22.30.7 L' altro matin, ch' era ancor l' aer fosco, 22.30.8 veder gli parve un cavallier pel bosco. 22.31.1 Ma mi bisogna, s' io vo' dirvi il resto, 22.31.2 ch' io trovi Ruggier prima e Bradamante. 22.31.3 Poi che si tacque il corno, e che da questo 22.31.4 loco la bella coppia fu distante, 22.31.5 guardò Ruggiero, e fu a conoscer presto 22.31.6 quel che fin qui gli avea nascoso Atlante: 22.31.7 fatto avea Atlante che fin a quell' ora 22.31.8 tra lor non s' eran conosciuti ancora. 22.32.1 Ruggier riguarda Bradamante, et ella 22.32.2 riguarda lui con alta maraviglia, 22.32.3 che tanti dì l' abbia offuscato quella 22.32.4 illusïon sì l' animo e le ciglia. 22.32.5 Ruggiero abbraccia la sua donna bella, 22.32.6 che più che rosa ne divien vermiglia; 22.32.7 e poi di su la bocca i primi fiori 22.32.8 cogliendo vien dei suoi beati amori. 22.33.1 Tornaro ad iterar gli abbracciamenti 22.33.2 mille fïate, et a tenersi stretti 22.33.3 i duo felici amanti, e sì contenti, 22.33.4 ch' a pena i gaudii lor capiano i petti. 22.33.5 Molto lor duol che per incantamenti, 22.33.6 mentre che fur negli errabondi tetti, 22.33.7 tra lor non s' eran mai riconosciuti, 22.33.8 e tanti lieti giorni eran perduti. 22.34.1 Bradamante, disposta di far tutti 22.34.2 i piaceri che far vergine saggia 22.34.3 debbia ad un suo amator, sì che di lutti, 22.34.4 senza il suo onore offendere, il sottraggia; 22.34.5 dice a Ruggier, se a dar gli ultimi frutti 22.34.6 lei non vuol sempre aver dura e selvaggia, 22.34.7 la faccia domandar per buoni mezzi 22.34.8 al padre Amon: ma prima si battezzi. 22.35.1 Ruggier, che tolto avria non solamente 22.35.2 viver cristiano per amor di questa, 22.35.3 com' era stato il padre, e antiquamente 22.35.4 l' avolo e tutta la sua stirpe onesta; 22.35.5 ma, per farle piacere, immantinente 22.35.6 data le avria la vita che gli resta: 22.35.7 -- Non che ne l' acqua (disse), ma nel fuoco 22.35.8 per tuo amor porre il capo mi fia puoco. -- 22.36.1 Per battezzarsi dunque, indi per sposa 22.36.2 la donna aver, Ruggier si messe in via, 22.36.3 guidando Bradamante a Vallombrosa 22.36.4 (così fu nominata una badia 22.36.5 ricca e bella, né men religïosa, 22.36.6 e cortese a chiunque vi venìa); 22.36.7 e trovaro all' uscir de la foresta 22.36.8 donna che molto era nel viso mesta. 22.37.1 Ruggier, che sempre uman, sempre cortese 22.37.2 era a ciascun, ma più alle donne molto, 22.37.3 come le belle lacrime comprese 22.37.4 cader rigando il delicato volto, 22.37.5 n' ebbe pietade, e di disir s' accese 22.37.6 di saper il suo affanno; et a lei volto, 22.37.7 dopo onesto saluto, domandolle 22.37.8 perch' avea sì di pianto il viso molle. 22.38.1 Et ella, alzando i begli umidi rai, 22.38.2 umanissimamente gli rispose, 22.38.3 e la cagion de' suoi penosi guai, 22.38.4 poi che le domandò, tutta gli espose. 22.38.5 -- Gentil signor (disse ella), intenderai 22.38.6 che queste guancie son sì lacrimose 22.38.7 per la pietà ch' a un giovinetto porto, 22.38.8 ch' in un castel qui presso oggi fia morto. 22.39.1 Amando una gentil giovane e bella, 22.39.2 che di Marsilio re di Spagna è figlia, 22.39.3 sotto un vel bianco e in feminil gonella, 22.39.4 finta la voce e il volger de le ciglia, 22.39.5 egli ogni notte si giacea con quella, 22.39.6 senza darne sospetto alla famiglia: 22.39.7 ma sì secreto alcuno esser non puote, 22.39.8 ch' al lungo andar non sia chi 'l vegga e note. 22.40.1 Se n' accorse uno, e ne parlò con dui; 22.40.2 gli dui con altri, insin ch' al re fu detto. 22.40.3 Venne un fedel del re l' altr' ieri a nui, 22.40.4 che questi amanti fe' pigliar nel letto; 22.40.5 e ne la ròcca gli ha fatto ambedui 22.40.6 divisamente chiudere in distretto: 22.40.7 né credo per tutto oggi ch' abbia spazio 22.40.8 il gioven, che non mora in pena e in strazio. 22.41.1 Fuggita me ne son per non vedere 22.41.2 tal crudeltà; che vivo l' arderanno: 22.41.3 né cosa mi potrebbe più dolere, 22.41.4 che faccia di sì bel giovine il danno; 22.41.5 né potrò aver giamai tanto piacere, 22.41.6 che non si volga subito in affanno, 22.41.7 che de la crudel fiamma mi rimembri, 22.41.8 ch' abbia arsi i belli e delicati membri. -- 22.42.1 Bradamante ode, e par ch' assai le prema 22.42.2 questa novella, e molto il cor l' annoi; 22.42.3 né par che men per quel dannato tema, 22.42.4 che se fosse uno dei fratelli suoi. 22.42.5 Né certo la paura in tutto scema 22.42.6 era di causa, come io dirò poi. 22.42.7 Si volse ella a Ruggiero, e disse: -- Parme 22.42.8 ch' in favor di costui sien le nostr' arme. -- 22.43.1 E disse a quella mesta: -- Io ti conforto 22.43.2 che tu vegga di porci entro alle mura; 22.43.3 che se 'l giovine ancor non avran morto, 22.43.4 più non l' uccideran, stanne sicura. -- 22.43.5 Ruggiero, avendo il cor benigno scorto 22.43.6 de la sua donna e la pietosa cura, 22.43.7 sentì tutto infiammarsi di desire 22.43.8 di non lasciare il giovine morire. 22.44.1 Et alla donna, a cui dagli occhi cade 22.44.2 un rio di pianto, dice: -- Or che s' aspetta? 22.44.3 Soccorrer qui, non lacrimare accade: 22.44.4 fa ch' ove è questo tuo, pur tu ci metta. 22.44.5 Di mille lancie trar, di mille spade 22.44.6 tel promettian, pur che ci meni in fretta: 22.44.7 ma studia il passo più che puoi; che tarda 22.44.8 non sia l' aita, e intanto il fuoco l' arda. -- 22.45.1 L' alto parlare e la fiera sembianza 22.45.2 di quella coppia a maraviglia ardita, 22.45.3 ebbon di tornar forza la speranza 22.45.4 colà dond' era già tutta fuggita; 22.45.5 ma perch' ancor, più che la lontananza, 22.45.6 temeva il ritrovar la via impedita, 22.45.7 e che saria per questo indarno presa, 22.45.8 stava la donna in sé tutta sospesa. 22.46.1 Poi disse lor: -- Facendo noi la via 22.46.2 che dritta e piana va fin a quel loco, 22.46.3 credo ch' a tempo vi si giungeria, 22.46.4 che non sarebbe ancora acceso il fuoco: 22.46.5 ma gir convien per così torta e ria, 22.46.6 che 'l termine d' un giorno saria poco 22.46.7 a riuscirne; e quando vi saremo, 22.46.8 che troviam morto il giovine mi temo. -- 22.47.1 -- E perché non andian (disse Ruggiero) 22.47.2 per la più corta? -- E la donna rispose: 22.47.3 -- Perché un castel de' conti da Pontiero 22.47.4 tra via si trova, ove un costume pose, 22.47.5 non son tre giorni ancora, iniquo e fiero 22.47.6 a cavallieri e a donne aventurose, 22.47.7 Pinabello, il peggior uomo che viva, 22.47.8 figliuol del conte Anselmo d' Altariva. 22.48.1 Quindi né cavallier né donna passa, 22.48.2 che se ne vada senza ingiuria e danni: 22.48.3 l' uno e l' altro a piè resta; ma vi lassa 22.48.4 il guerrier l' arme, e la donzella i panni. 22.48.5 Miglior cavallier lancia non abbassa, 22.48.6 e non abbassò in Francia già molt' anni, 22.48.7 di quattro che giurato hanno al castello 22.48.8 la legge mantener di Pinabello. 22.49.1 Come l' usanza (che non è più antiqua 22.49.2 di tre dì) cominciò, vi vo' narrare; 22.49.3 e sentirete se fu dritta o obliqua 22.49.4 cagion che i cavallier fece giurare. 22.49.5 Pinabello ha una donna così iniqua, 22.49.6 così bestial, ch' al mondo è senza pare; 22.49.7 che con lui, non so dove, andando un giorno, 22.49.8 ritrovò un cavallier che le fe' scorno. 22.50.1 Il cavallier, perché da lei beffato 22.50.2 fu d' una vecchia che portava in groppa, 22.50.3 giostrò con Pinabel ch' era dotato 22.50.4 di poca forza e di superbia troppa; 22.50.5 et abbattello, e lei smontar nel prato 22.50.6 fece, e provò s' andava dritta o zoppa: 22.50.7 lasciolla a piede, e fe' de la gonella 22.50.8 di lei vestir l' antiqua damigella. 22.51.1 Quella ch' a piè rimase, dispettosa, 22.51.2 e di vendetta ingorda e sitibonda, 22.51.3 congiunta a Pinabel che d' ogni cosa 22.51.4 dove sia da mal far, ben la seconda, 22.51.5 né giorno mai, né notte mai riposa, 22.51.6 e dice che non fia mai più gioconda, 22.51.7 se mille cavallieri e mille donne 22.51.8 non mette a piedi, e lor tolle arme e gonne. 22.52.1 Giunsero il dì medesmo, come accade, 22.52.2 quattro gran cavallieri ad un suo loco, 22.52.3 li quai di rimotissime contrade 22.52.4 venuti a queste parti eran di poco; 22.52.5 di tal valor, che non ha nostra etade 22.52.6 tant' altri buoni al bellicoso gioco: 22.52.7 Aquilante, Grifone e Sansonetto, 22.52.8 et un Guidon Selvaggio giovinetto. 22.53.1 Pinabel con sembiante assai cortese 22.53.2 al castel ch' io v' ho detto gli raccolse. 22.53.3 La notte poi tutti nel letto prese, 22.53.4 e presi tenne; e prima non li sciolse, 22.53.5 che li fece giurar ch' un anno e un mese 22.53.6 (questo fu a punto il termine che tolse) 22.53.7 stariano quivi, e spogliarebbon quanti 22.53.8 vi capitasson cavallieri erranti; 22.54.1 e le donzelle ch' avesson con loro, 22.54.2 porriano a piedi, e torrian lor le vesti. 22.54.3 Così giurâr, così constretti fôro 22.54.4 ad osservar, ben che turbati e mesti. 22.54.5 Non par che fin a qui contra costoro 22.54.6 alcun possa giostrar, ch' a piè non resti: 22.54.7 e capitati vi sono infiniti, 22.54.8 ch' a piè e senz' arme se ne son partiti. 22.55.1 È ordine tra lor, che chi per sorte 22.55.2 esce fuor prima, vada a correr solo: 22.55.3 ma se trova il nimico così forte, 22.55.4 che resti in sella, e getti lui nel suolo, 22.55.5 sono ubligati gli altri infin a morte 22.55.6 pigliar l' impresa tutti in uno stuolo. 22.55.7 Vedi or, se ciascun d' essi è così buono, 22.55.8 quel ch' esser de', se tutti insieme sono. 22.56.1 Poi non conviene all' importanzia nostra 22.56.2 che ne vieta ogni indugio, ogni dimora, 22.56.3 che punto vi fermiate a quella giostra; 22.56.4 e presuppongo che vinciate ancora, 22.56.5 che vostra alta presenzia lo dimostra; 22.56.6 ma non è cosa da fare in un' ora: 22.56.7 et è gran dubbio che 'l giovine s' arda, 22.56.8 se tutto oggi a soccorrerlo si tarda. -- 22.57.1 Disse Ruggier: -- Non riguardiamo a questo: 22.57.2 facciàn nui quel che si può far per nui; 22.57.3 abbia chi regge il ciel cura del resto, 22.57.4 o la Fortuna, se non tocca a lui. 22.57.5 Ti fia per questa giostra manifesto, 22.57.6 se buoni siamo d' aiutar colui 22.57.7 che per cagion sì debole e sì lieve, 22.57.8 come n' hai detto, oggi bruciar si deve. -- 22.58.1 Senza risponder altro, la donzella 22.58.2 si messe per la via ch' era più corta. 22.58.3 Più di tre miglia non andâr per quella, 22.58.4 che si trovaro al ponte et alla porta 22.58.5 dove si perdon l' arme e la gonnella, 22.58.6 e de la vita gran dubbio si porta. 22.58.7 Al primo apparir lor, di su la ròcca 22.58.8 è chi duo botti la campana tocca. 22.59.1 Et ecco de la porta con gran fretta, 22.59.2 trottando s' un ronzino, un vecchio uscìo; 22.59.3 e quel venìa gridando: -- Aspetta, aspetta: 22.59.4 restate olà, che qui si paga il fio; 22.59.5 e se l' usanza non v' è stata detta, 22.59.6 che qui si tiene, or ve la vo' dir io. -- 22.59.7 E contar loro incominciò di quello 22.59.8 costume, che servar fa Pinabello. 22.60.1 Poi seguitò, volendo dar consigli, 22.60.2 com' era usato agli altri cavallieri: 22.60.3 -- Fate spogliar la donna (dicea), figli, 22.60.4 e voi l' arme lasciateci e i destrieri; 22.60.5 e non vogliate mettervi a perigli 22.60.6 d' andare incontra a tai quattro guerrieri. 22.60.7 Per tutto vesti, arme e cavalli s' hanno: 22.60.8 la vita sol mai non ripara il danno. -- 22.61.1 -- Non più (disse Ruggier), non più; ch' io sono 22.61.2 del tutto informatissimo, e qui venni 22.61.3 per far prova di me, se così buono 22.61.4 in fatti son, come nel cor mi tenni. 22.61.5 Arme, vesti e cavallo altrui non dono, 22.61.6 s' altro non sento che minaccie e cenni; 22.61.7 e son ben certo ancor, che per parole 22.61.8 il mio compagno le sue dar non vuole. 22.62.1 Ma, per Dio, fa ch' io vegga tosto in fronte 22.62.2 quei che ne voglion tôrre arme e cavallo; 22.62.3 ch' abbiamo da passar anco quel monte, 22.62.4 e qui non si può far troppo intervallo. -- 22.62.5 Rispose il vecchio: -- Eccoti fuor del ponte 22.62.6 chi vien per farlo: -- e non lo disse in fallo; 22.62.7 ch' un cavallier n' uscì, che sopraveste 22.62.8 vermiglie avea, di bianchi fior conteste. 22.63.1 Bradamante pregò molto Ruggiero 22.63.2 che le lasciasse in cortesia l' assunto 22.63.3 di gittar de la sella il cavalliero 22.63.4 ch' avea di fiori il bel vestir trapunto; 22.63.5 ma non poté impetrarlo, e fu mestiero 22.63.6 a lei far ciò che Ruggier vòlse a punto. 22.63.7 Egli vòlse l' impresa tutta avere, 22.63.8 e Bradamante si stesse a vedere. 22.64.1 Ruggiero al vecchio domandò, chi fosse 22.64.2 questo primo ch' uscia fuor de la porta. 22.64.3 -- È Sansonetto (disse); che le rosse 22.64.4 veste conosco e i bianchi fior che porta. -- 22.64.5 L' uno di qua, l' altro di là si mosse 22.64.6 senza parlarsi, e fu l' indugia corta; 22.64.7 che s' andaro a trovar coi ferri bassi, 22.64.8 molto affrettando i lor destrieri i passi. 22.65.1 In questo mezzo de la ròcca usciti 22.65.2 eran con Pinabel molti pedoni, 22.65.3 presti per levar l' arme et espediti 22.65.4 ai cavallier ch' uscian fuor degli arcioni. 22.65.5 Veniansi incontra i cavallieri arditi, 22.65.6 fermando in su le reste i gran lancioni, 22.65.7 grossi duo palmi, di nativo cerro, 22.65.8 che quasi erano uguali insino al ferro. 22.66.1 Di tali n' avea più d' una decina 22.66.2 fatto tagliar di su lor ceppi vivi 22.66.3 Sansonetto a una selva indi vicina, 22.66.4 e portatone duo per giostrar quivi. 22.66.5 Aver scudo e corazza adamantina 22.66.6 bisogna ben, che le percosse schivi. 22.66.7 Aveane fatto dar, tosto che venne, 22.66.8 l' uno a Ruggier, l' altro per sé ritenne. 22.67.1 Con questi, che passar dovean gl' incudi 22.67.2 (sì ben ferrate avean le punte estreme), 22.67.3 di qua e di là fermandoli agli scudi, 22.67.4 a mezzo il corso si scontraro insieme. 22.67.5 Quel di Ruggiero, che i demòni ignudi 22.67.6 fece sudar, poco del colpo teme: 22.67.7 de lo scudo vo' dir che fece Atlante, 22.67.8 de le cui forze io v' ho già detto inante. 22.68.1 Io v' ho già detto che con tanta forza 22.68.2 l' incantato splendor negli occhi fere, 22.68.3 ch' al discoprirsi ogni veduta ammorza, 22.68.4 e tramortito l' uom fa rimanere: 22.68.5 perciò, s' un gran bisogno non lo sforza, 22.68.6 d' un vel coperto lo solea tenere. 22.68.7 Si crede ch' anco impenetrabil fosse, 22.68.8 poi ch' a questo incontrar nulla si mosse. 22.69.1 L' altro, ch' ebbe l' artefice men dotto, 22.69.2 il gravissimo colpo non sofferse. 22.69.3 Come tocco da fulmine, di botto 22.69.4 diè loco al ferro, e pel mezzo s' aperse; 22.69.5 diè loco al ferro, e quel trovò di sotto 22.69.6 il braccio ch' assai mal si ricoperse; 22.69.7 sì che ne fu ferito Sansonetto, 22.69.8 e de la sella tratto al suo dispetto. 22.70.1 E questo il primo fu di quei compagni 22.70.2 che quivi mantenean l' usanza fella, 22.70.3 che de le spoglie altrui non fe' guadagni, 22.70.4 e ch' alla giostra uscì fuor de la sella. 22.70.5 Convien chi ride, anco talor si lagni, 22.70.6 e Fortuna talor trovi ribella. 22.70.7 Quel da la ròcca, replicando il botto, 22.70.8 ne fece agli altri cavallieri motto. 22.71.1 S' era accostato Pinabello intanto 22.71.2 a Bradamante, per saper chi fusse 22.71.3 colui che con prodezza e valor tanto 22.71.4 il cavallier del suo castel percusse. 22.71.5 La giustizia di Dio, per dargli quanto 22.71.6 era il merito suo, vi lo condusse 22.71.7 su quel destrier medesimo ch' inante 22.71.8 tolto avea per inganno a Bradamante. 22.72.1 Fornito a punto era l' ottavo mese 22.72.2 che, con lei ritrovandosi a camino, 22.72.3 (se 'l vi raccorda) questo Maganzese 22.72.4 la gittò ne la tomba di Merlino, 22.72.5 quando da morte un ramo la difese, 22.72.6 che seco cadde, anzi il suo buon destino; 22.72.7 e trassene, credendo ne lo speco 22.72.8 ch' ella fosse sepolta, il destrier seco. 22.73.1 Bradamante conosce il suo cavallo, 22.73.2 e conosce per lui l' iniquo conte; 22.73.3 e poi ch' ode la voce, e vicino hallo 22.73.4 con maggiore attenzion mirato in fronte: 22.73.5 -- Questo è il traditor (disse), senza fallo, 22.73.6 che procacciò di farmi oltraggio et onte: 22.73.7 ecco il peccato suo, che l' ha condutto 22.73.8 ove avrà de' suoi merti il premio tutto. -- 22.74.1 Il minacciare e il por mano alla spada 22.74.2 fu tutto a un tempo, e lo aventarsi a quello; 22.74.3 ma inanzi tratto gli levò la strada, 22.74.4 che non poté fuggir verso il castello. 22.74.5 Tolta è la speme ch' a salvar si vada, 22.74.6 come volpe alla tana, Pinabello. 22.74.7 Egli gridando e senza mai far testa, 22.74.8 fuggendo si cacciò ne la foresta. 22.75.1 Pallido e sbigottito il miser sprona, 22.75.2 che posto ha nel fuggir l' ultima speme. 22.75.3 L' animosa donzella di Dordona 22.75.4 gli ha il ferro ai fianchi, e lo percuote e preme: 22.75.5 vien con lui sempre, e mai non l' abbandona. 22.75.6 Grande è il rumore, e il bosco intorno geme. 22.75.7 Nulla al castel di questo ancor s' intende, 22.75.8 però ch' ognuno a Ruggier solo attende. 22.76.1 Gli altri tre cavallier de la fortezza 22.76.2 intanto erano usciti in su la via; 22.76.3 et avean seco quella male avezza 22.76.4 che v' avea posta la costuma ria. 22.76.5 A ciascun di lor tre, che 'l morir prezza 22.76.6 più ch' aver vita che con biasmo sia, 22.76.7 di vergogna arde il viso, e il cor di duolo, 22.76.8 che tanti ad assalir vadano un solo. 22.77.1 La crudel meretrice ch' avea fatto 22.77.2 por quella iniqua usanza et osservarla, 22.77.3 il giuramento lor ricorda e il patto 22.77.4 ch' essi fatti l' avean, di vendicarla. 22.77.5 -- Se sol con questa lancia te gli abbatto, 22.77.6 perché mi vòi con altre accompagnarla? 22.77.7 (dicea Guidon Selvaggio): e s' io ne mento, 22.77.8 levami il capo poi, ch' io son contento. -- 22.78.1 Così dicea Grifon, così Aquilante. 22.78.2 Giostrar da sol a sol volea ciascuno, 22.78.3 e preso e morto rimanere inante 22.78.4 ch' incontra un sol volere andar più d' uno. 22.78.5 La donna dicea loro: -- A che far tante 22.78.6 parole qui senza profitto alcuno? 22.78.7 Per tôrre a colui l' arme io v' ho qui tratti, 22.78.8 non per far nuove leggi e nuovi patti. 22.79.1 Quando io v' avea in prigione, era da farme 22.79.2 queste escuse, e non ora, che son tarde. 22.79.3 Voi dovete il preso ordine servarme, 22.79.4 non vostre lingue far vane e bugiarde. -- 22.79.5 Ruggier gridava lor: -- Eccovi l' arme, 22.79.6 ecco il destrier c' ha nuovo e sella e barde; 22.79.7 i panni de la donna eccovi ancora: 22.79.8 se li volete, a che più far dimora? -- 22.80.1 La donna del castel da un lato preme, 22.80.2 Ruggier da l' altro li chiama e rampogna, 22.80.3 tanto ch' a forza si spiccaro insieme, 22.80.4 ma nel viso infiammati di vergogna. 22.80.5 Dinanzi apparve l' uno e l' altro seme 22.80.6 del marchese onorato di Borgogna; 22.80.7 ma Guidon, che più grave ebbe il cavallo, 22.80.8 venìa lor dietro con poco intervallo. 22.81.1 Con la medesima asta con che avea 22.81.2 Sansonetto abbattuto, Ruggier viene, 22.81.3 coperto da lo scudo che solea 22.81.4 Atlante aver sui monti di Pirene: 22.81.5 dico quello incantato, che splendea 22.81.6 tanto, ch' umana vista nol sostiene; 22.81.7 a cui Ruggier per l' ultimo soccorso 22.81.8 nei più gravi perigli avea ricorso. 22.82.1 Ben che sol tre fïate bisognolli, 22.82.2 e certo in gran perigli, usarne il lume: 22.82.3 le prime due, quando dai regni molli 22.82.4 si trasse a più lodevole costume; 22.82.5 la terza, quando i denti mal satolli 22.82.6 lasciò de l' orca alle marine spume, 22.82.7 che dovean devorar la bella nuda 22.82.8 che fu a chi la campò poi così cruda. 22.83.1 Fuor che queste tre volte, tutto 'l resto 22.83.2 lo tenea sotto un velo in modo ascoso, 22.83.3 ch' a discoprirlo esser potea ben presto, 22.83.4 che del suo aiuto fosse bisognoso. 22.83.5 Quivi alla giostra ne venìa con questo, 22.83.6 come io v' ho detto ancora, sì animoso, 22.83.7 che quei tre cavallier che vedea inanti, 22.83.8 manco temea che pargoletti infanti. 22.84.1 Ruggier scontra Grifone, ove la penna 22.84.2 de lo scudo alla vista si congiunge. 22.84.3 Quel di cader da ciascun lato accenna, 22.84.4 et al fin cade, e resta al destrier lunge. 22.84.5 Mette allo scudo a lui Grifon l' antenna; 22.84.6 ma pel traverso e non pel dritto giunge: 22.84.7 e perché lo trovò forbito e netto, 22.84.8 l' andò strisciando, e fe' contrario effetto. 22.85.1 Roppe il velo e squarciò, che gli copria 22.85.2 lo spaventoso et incantato lampo, 22.85.3 al cui splendor cader si convenia 22.85.4 con gli occhi ciechi, e non vi s' ha alcun scampo. 22.85.5 Aquilante, ch' a par seco venìa, 22.85.6 stracciò l' avanzo, e fe' lo scudo vampo. 22.85.7 Lo splendor ferì gli occhi ai duo fratelli 22.85.8 et a Guidon, che correa dopo quelli. 22.86.1 Chi di qua, chi di là cade per terra: 22.86.2 lo scudo non pur lor gli occhi abbarbaglia, 22.86.3 ma fa che ogn' altro senso attonito erra. 22.86.4 Ruggier, che non sa il fin de la battaglia, 22.86.5 volta il cavallo; e nel voltare afferra 22.86.6 la spada sua che sì ben punge e taglia: 22.86.7 e nessun vede che gli sia all' incontro; 22.86.8 che tutti eran caduti a quello scontro. 22.87.1 I cavallieri e insieme quei ch' a piede 22.87.2 erano usciti, e così le donne anco, 22.87.3 e non meno i destrieri in guisa vede, 22.87.4 che par che per morir battano il fianco. 22.87.5 Prima si maraviglia, e poi s' avvede 22.87.6 che 'l velo ne pendea dal lato manco: 22.87.7 dico il velo di seta, in che solea 22.87.8 chiuder la luce di quel caso rea. 22.88.1 Presto si volge, e nel voltar, cercando 22.88.2 con gli occhi va l' amata sua guerriera; 22.88.3 e vien là dove era rimasa, quando 22.88.4 la prima giostra cominciata s' era. 22.88.5 Pensa ch' andata sia (non la trovando) 22.88.6 a vietar che quel giovine non pèra, 22.88.7 per dubbio ch' ella ha forse che non s' arda 22.88.8 in questo mezzo ch' a giostrar si tarda. 22.89.1 Fra gli altri che giacean vede la donna, 22.89.2 la donna che l' avea quivi guidato. 22.89.3 Dinanzi se la pon, sì come assonna, 22.89.4 e via cavalca tutto conturbato. 22.89.5 D' un manto ch' essa avea sopra la gonna, 22.89.6 poi ricoperse lo scudo incantato; 22.89.7 e i sensi rïaver le fece, tosto 22.89.8 che 'l nocivo splendore ebbe nascosto. 22.90.1 Via se ne va Ruggier con faccia rossa 22.90.2 che, per vergogna, di levar non osa: 22.90.3 gli par ch' ognuno improverar gli possa 22.90.4 quella vittoria poco glorïosa. 22.90.5 -- Ch' emenda poss' io fare, onde rimossa 22.90.6 mi sia una colpa tanto obbrobrïosa? 22.90.7 che ciò ch' io vinsi mai, fu per favore, 22.90.8 diran, d' incanti, e non per mio valore. -- 22.91.1 Mentre così pensando seco giva, 22.91.2 venne in quel che cercava a dar di cozzo; 22.91.3 che 'n mezzo de la strada soprarriva 22.91.4 dove profondo era cavato un pozzo. 22.91.5 Quivi l' armento alla calda ora estiva 22.91.6 si ritraea, poi ch' avea pieno il gozzo. 22.91.7 Disse Ruggiero: -- Or proveder bisogna, 22.91.8 che non mi facci, o scudo, più vergogna. 22.92.1 Più non starai tu meco; e questo sia 22.92.2 l' ultimo biasmo c' ho d' averne al mondo. -- 22.92.3 Così dicendo, smonta ne la via: 22.92.4 piglia una grossa pietra e di gran pondo, 22.92.5 e la lega allo scudo, et ambi invia 22.92.6 per l' alto pozzo a ritrovarne il fondo; 22.92.7 e dice: -- Costà giù statti sepulto, 22.92.8 e teco stia sempre il mio obbrobrio occulto. -- 22.93.1 Il pozzo è cavo, e pieno al sommo d' acque: 22.93.2 grieve è lo scudo, e quella pietra grieve. 22.93.3 Non si fermò fin che nel fondo giacque: 22.93.4 sopra si chiuse il liquor molle e lieve. 22.93.5 Il nobil atto e di splendor non tacque 22.93.6 la vaga Fama, e divulgollo in breve; 22.93.7 e di rumor n' empì, suonando il corno, 22.93.8 e Francia e Spagna e le provincie intorno. 22.94.1 Poi che di voce in voce si fe' questa 22.94.2 strana aventura in tutto il mondo nota, 22.94.3 molti guerrier si missero all' inchiesta 22.94.4 e di parte vicina e di remota: 22.94.5 ma non sapean qual fosse la foresta 22.94.6 dove nel pozzo il sacro scudo nuota; 22.94.7 che la donna che fe' l' atto palese, 22.94.8 dir mai non vòlse il pozzo né il paese. 22.95.1 Al partir che Ruggier fe' dal castello, 22.95.2 dove avea vinto con poca battaglia; 22.95.3 che i quattro gran campion di Pinabello 22.95.4 fece restar come uomini di paglia; 22.95.5 tolto lo scudo, avea levato quello 22.95.6 lume che gli occhi e gli animi abbarbaglia: 22.95.7 e quei che giaciuti eran come morti, 22.95.8 pieni di meraviglia eran risorti. 22.96.1 Né per tutto quel giorno si favella 22.96.2 altro fra lor, che de lo strano caso, 22.96.3 e come fu che ciascun d' essi a quella 22.96.4 orribil luce vinto era rimaso. 22.96.5 Mentre parlan di questo, la novella 22.96.6 vien lor di Pinabel giunto all' occaso: 22.96.7 che Pinabello è morto hanno l' aviso, 22.96.8 ma non sanno però chi l' abbia ucciso. 22.97.1 L' ardita Bradamante in questo mezzo 22.97.2 giunto avea Pinabello a un passo stretto; 22.97.3 e cento volte gli avea fin a mezzo 22.97.4 messo il brando pei fianchi e per lo petto. 22.97.5 Tolto ch' ebbe dal mondo il puzzo e 'l lezzo 22.97.6 che tutto intorno avea il paese infetto, 22.97.7 le spalle al bosco testimonio volse 22.97.8 con quel destrier che già il fellon le tolse. 22.98.1 Vòlse tornar dove lasciato avea 22.98.2 Ruggier; né seppe mai trovar la strada. 22.98.3 Or per valle or per monte s' avvolgea: 22.98.4 tutta quasi cercò quella contrada. 22.98.5 Non vòlse mai la sua fortuna rea, 22.98.6 che via trovasse onde a Ruggier si vada. 22.98.7 Questo altro canto ad ascoltare aspetto 22.98.8 chi de l' istoria mia prende diletto.
CANTO XXIII
23.1.1 Studisi ognun giovare altrui; che rade 23.1.2 volte il ben far senza il suo premio fia: 23.1.3 e se pur senza, almen non te ne accade 23.1.4 morte né danno né ignominia ria. 23.1.5 Chi nuoce altrui, tardi o per tempo cade 23.1.6 il debito a scontar, che non s' oblia. 23.1.7 Dice il proverbio, ch' a trovar si vanno 23.1.8 gli uomini spesso, e i monti fermi stanno. 23.2.1 Or vedi quel ch' a Pinabello avviene 23.2.2 per essersi portato iniquamente: 23.2.3 è giunto in somma alle dovute pene, 23.2.4 dovute e giuste alla sua ingiusta mente. 23.2.5 E Dio, che le più volte non sostiene 23.2.6 veder patire a torto uno innocente, 23.2.7 salvò la donna; e salverà ciascuno 23.2.8 che d' ogni fellonia viva digiuno. 23.3.1 Credette Pinabel questa donzella 23.3.2 già d' aver morta, e colà giù sepulta; 23.3.3 né la pensava mai veder, non ch' ella 23.3.4 gli avesse a tor degli error suoi la multa. 23.3.5 Né il ritrovarsi in mezzo le castella 23.3.6 del padre, in alcun util gli risulta. 23.3.7 Quivi Altaripa era tra monti fieri 23.3.8 vicina al tenitorio di Pontieri. 23.4.1 Tenea quell' Altaripa il vecchio conte 23.4.2 Anselmo, di ch' uscì questo malvagio, 23.4.3 che, per fuggir la man di Chiaramonte, 23.4.4 d' amici e di soccorso ebbe disagio. 23.4.5 La donna al traditore a piè d' un monte 23.4.6 tolse l' indegna vita a suo grande agio; 23.4.7 che d' altro aiuto quel non si provede, 23.4.8 che d' alti gridi e di chiamar mercede. 23.5.1 Morto ch' ella ebbe il falso cavalliero 23.5.2 che lei voluto avea già porre a morte, 23.5.3 vòlse tornare ove lasciò Ruggiero; 23.5.4 ma non lo consentì sua dura sorte, 23.5.5 che la fe' travïar per un sentiero 23.5.6 che la portò dov' era spesso e forte, 23.5.7 dove più strano e più solingo il bosco, 23.5.8 lasciando il sol già il mondo all' aer fosco. 23.6.1 Né sappiendo ella ove potersi altrove 23.6.2 la notte riparar, si fermò quivi 23.6.3 sotto le frasche in su l' erbette nuove, 23.6.4 parte dormendo, fin che 'l giorno arrivi, 23.6.5 parte mirando ora Saturno or Giove, 23.6.6 Venere e Marte e gli altri erranti divi; 23.6.7 ma sempre, o vegli o dorma, con la mente 23.6.8 contemplando Ruggier come presente. 23.7.1 Spesso di cor profondo ella sospira, 23.7.2 di pentimento e di dolor compunta, 23.7.3 ch' abbia in lei, più ch' amor, potuto l' ira. 23.7.4 -- L' ira (dicea) m' ha dal mio amor disgiunta: 23.7.5 almen ci avessi io posta alcuna mira, 23.7.6 poi ch' avea pur la mala impresa assunta, 23.7.7 di saper ritornar donde io veniva; 23.7.8 che ben fui d' occhi e di memoria priva. -- 23.8.1 Queste et altre parole ella non tacque, 23.8.2 e molto più ne ragionò col core. 23.8.3 Il vento intanto di sospiri, e l' acque 23.8.4 di pianto facean pioggia di dolore. 23.8.5 Dopo una lunga aspettazion pur nacque 23.8.6 in orïente il disïato albòre: 23.8.7 et ella prese il suo destrier ch' intorno 23.8.8 giva pascendo, et andò contra il giorno. 23.9.1 Né molto andò, che si trovò all' uscita 23.9.2 del bosco, ove pur dianzi era il palagio, 23.9.3 là dove molti dì l' avea schernita 23.9.4 con tanto error l' incantator malvagio. 23.9.5 Ritrovò quivi Astolfo, che fornita 23.9.6 la briglia all' ippogrifo avea a grande agio, 23.9.7 e stava in gran pensier di Rabicano, 23.9.8 per non sapere a chi lasciarlo in mano. 23.10.1 A caso si trovò che fuor di testa 23.10.2 l' elmo allor s' avea tratto il paladino; 23.10.3 sì che tosto ch' uscì de la foresta, 23.10.4 Bradamante conobbe il suo cugino. 23.10.5 Di lontan salutollo, e con gran festa 23.10.6 gli corse, e l' abbracciò poi più vicino; 23.10.7 e nominossi, et alzò la visiera, 23.10.8 e chiaramente fe' veder ch' ell' era. 23.11.1 Non potea Astolfo ritrovar persona 23.11.2 a chi il suo Rabican meglio lasciasse, 23.11.3 perché dovesse averne guardia buona 23.11.4 e renderglielo poi come tornasse, 23.11.5 de la figlia del duca di Dordona; 23.11.6 e parvegli che Dio gli la mandasse. 23.11.7 Vederla volentier sempre solea, 23.11.8 ma pel bisogno or più ch' egli n' avea. 23.12.1 Da poi che due e tre volte ritornati 23.12.2 fraternamente ad abbracciar si fôro, 23.12.3 e si fôr l' uno a l' altro domandati 23.12.4 con molta affezïon de l' esser loro; 23.12.5 Astolfo disse: -- Ormai, se dei pennati 23.12.6 vo' 'l paese cercar, troppo dimoro: -- 23.12.7 et aprendo alla donna il suo pensiero, 23.12.8 veder le fece il volator destriero. 23.13.1 A lei non fu di molta maraviglia 23.13.2 veder spiegare a quel destrier le penne; 23.13.3 ch' altra volta, reggendogli la briglia 23.13.4 Atlante incantator, contra le venne; 23.13.5 e le fece doler gli occhi e le ciglia: 23.13.6 sì fisse dietro a quel volar le tenne 23.13.7 quel giorno, che da lei Ruggier lontano 23.13.8 portato fu per camin lungo e strano. 23.14.1 Astolfo disse a lei, che le volea 23.14.2 dar Rabican, che sì nel corso affretta, 23.14.3 che, se scoccando l' arco si movea, 23.14.4 si solea lasciar dietro la saetta; 23.14.5 e tutte l' arme ancor, quante n' avea, 23.14.6 che vuol che a Montalban gli le rimetta, 23.14.7 e gli le serbi fin al suo ritorno; 23.14.8 che non gli fanno or di bisogno intorno. 23.15.1 Volendosene andar per l' aria a volo, 23.15.2 aveasi a far quanto potea più lieve. 23.15.3 Tiensi la spada e 'l corno, ancor che solo 23.15.4 bastargli il corno ad ogni risco deve. 23.15.5 Bradamante la lancia che 'l figliuolo 23.15.6 portò di Galafrone, anco riceve; 23.15.7 la lancia che di quanti ne percuote 23.15.8 fa le selle restar subito vòte. 23.16.1 Salito Astolfo sul destrier volante, 23.16.2 lo fa mover per l' aria lento lento; 23.16.3 indi lo caccia sì, che Bradamante 23.16.4 ogni vista ne perde in un momento. 23.16.5 Così si parte col pilota inante 23.16.6 il nochier che gli scogli teme e 'l vento; 23.16.7 e poi che 'l porto e i liti a dietro lassa, 23.16.8 spiega ogni vela e inanzi ai venti passa. 23.17.1 La donna, poi che fu partito il duca, 23.17.2 rimase in gran travaglio de la mente; 23.17.3 che non sa come a Montalban conduca 23.17.4 l' armatura e il destrier del suo parente; 23.17.5 però che 'l cuor le cuoce e le manuca 23.17.6 l' ingorda voglia e il desiderio ardente 23.17.7 di riveder Ruggier, che, se non prima, 23.17.8 a Vallombrosa ritrovar lo stima. 23.18.1 Stando quivi suspesa, per ventura 23.18.2 si vede inanzi giungere un villano, 23.18.3 dal qual fa rassettar quella armatura, 23.18.4 come si puote, e por su Rabicano; 23.18.5 poi di menarsi dietro gli diè cura 23.18.6 i duo cavalli, un carco e l' altro, a mano: 23.18.7 ella n' avea duo prima; ch' avea quello 23.18.8 sopra il qual levò l' altro a Pinabello. 23.19.1 Di Vallombrosa pensò far la strada, 23.19.2 che trovar quivi il suo Ruggier ha speme; 23.19.3 ma qual più breve o qual miglior vi vada, 23.19.4 poco discerne, e d' ire errando teme. 23.19.5 Il villan non avea de la contrada 23.19.6 pratica molta; et erreranno insieme. 23.19.7 Pur andare a ventura ella si messe, 23.19.8 dove pensò che 'l loco esser dovesse. 23.20.1 Di qua di là si volse, né persona 23.20.2 incontrò mai da domandar la via. 23.20.3 Si trovò uscir del bosco in su la nona, 23.20.4 dove un castel poco lontan scopria, 23.20.5 il qual la cima a un monticel corona. 23.20.6 Lo mira, e Montalban le par che sia: 23.20.7 et era certo Montalbano; e in quello 23.20.8 avea la matre et alcun suo fratello. 23.21.1 Come la donna conosciuto ha il loco, 23.21.2 nel cor s' attrista, e più ch' i' non so dire: 23.21.3 sarà scoperta, se si ferma un poco, 23.21.4 né più le sarà lecito a partire; 23.21.5 se non si parte, l' amoroso foco 23.21.6 l' arderà sì, che la farà morire: 23.21.7 non vedrà più Ruggier, né farà cosa 23.21.8 di quel ch' era ordinato a Vallombrosa. 23.22.1 Stette alquanto a pensar; poi si risolse 23.22.2 di voler dar a Montalban le spalle: 23.22.3 e verso la badia pur si rivolse; 23.22.4 che quindi ben sapea qual era il calle. 23.22.5 Ma sua fortuna, o buona o trista, vòlse 23.22.6 che prima ch' ella uscisse de la valle, 23.22.7 scontrasse Alardo, un de' fratelli sui; 23.22.8 né tempo di celarsi ebbe da lui. 23.23.1 Veniva da partir gli alloggiamenti 23.23.2 per quel contado a cavallieri e a fanti; 23.23.3 ch' ad instanzia di Carlo nuove genti 23.23.4 fatto avea de le terre circonstanti. 23.23.5 I saluti e i fraterni abbracciamenti 23.23.6 con le grate accoglienze andaro inanti; 23.23.7 e poi, di molte cose a paro a paro 23.23.8 tra lor parlando, in Montalban tornaro. 23.24.1 Entrò la bella donna in Montalbano, 23.24.2 dove l' avea con lacrimosa guancia 23.24.3 Beatrice molto desïata invano, 23.24.4 e fattone cercar per tutta Francia. 23.24.5 Or quivi i baci e il giunger mano a mano 23.24.6 di matre e di fratelli estimò ciancia 23.24.7 verso gli avuti con Ruggier complessi, 23.24.8 ch' avrà ne l' alma eternamente impressi. 23.25.1 Non potendo ella andar, fece pensiero 23.25.2 ch' a Vallombrosa altri in suo nome andasse 23.25.3 immantinente ad avisar Ruggiero 23.25.4 de la cagion ch' andar lei non lasciasse; 23.25.5 e lui pregar (s' era pregar mistero) 23.25.6 che quivi per suo amor si battezzasse, 23.25.7 e poi venisse a far quanto era detto, 23.25.8 sì che si desse al matrimonio effetto. 23.26.1 Pel medesimo messo fe' disegno 23.26.2 di mandar a Ruggiero il suo cavallo, 23.26.3 che gli solea tanto esser caro: e degno 23.26.4 d' essergli caro era ben senza fallo; 23.26.5 che non s' avria trovato in tutto 'l regno 23.26.6 dei Saracin, né sotto il signor Gallo, 23.26.7 più bel destrier di questo o più gagliardo, 23.26.8 eccetti Brigliador, soli, e Baiardo. 23.27.1 Ruggier, quel dì che troppo audace ascese 23.27.2 su l' ippogrifo, e verso il ciel levosse, 23.27.3 lasciò Frontino, e Bradamante il prese 23.27.4 (Frontino, che 'l destrier così nomosse); 23.27.5 mandollo a Montalbano, e a buone spese 23.27.6 tener lo fece, e mai non cavalcosse, 23.27.7 se non per breve spazio e a picciol passo; 23.27.8 sì ch' era più che mai lucido e grasso. 23.28.1 Ogni sua donna tosto, ogni donzella 23.28.2 pon seco in opra, e con suttil lavoro 23.28.3 fa sopra seta candida e morella 23.28.4 tesser ricamo di finissimo oro; 23.28.5 e di quel cuopre et orna briglia e sella 23.28.6 del buon destrier: poi sceglie una di loro, 23.28.7 figlia di Callitrefia sua nutrice, 23.28.8 d' ogni secreto suo fida uditrice. 23.29.1 Quanto Ruggier l' era nel core impresso, 23.29.2 mille volte narrato avea a costei; 23.29.3 la beltà, la virtude, i modi d' esso 23.29.4 esaltato l' avea fin sopra i dèi. 23.29.5 A sé chiamolla, e disse: -- Miglior messo 23.29.6 a tal bisogno elegger non potrei; 23.29.7 che di te né più fido né più saggio 23.29.8 imbasciator, Ippalca mia, non aggio. -- 23.30.1 Ippalca la donzella era nomata. 23.30.2 -- Va, -- le dice, e l' insegna ove de' gire; 23.30.3 e pienamente poi l' ebbe informata 23.30.4 di quanto avesse al suo signore a dire; 23.30.5 e far la scusa se non era andata 23.30.6 al monaster: che non fu per mentire; 23.30.7 ma che Fortuna, che di noi potea 23.30.8 più che noi stessi, da imputar s' avea. 23.31.1 Montar la fece s' un ronzino, e in mano 23.31.2 la ricca briglia di Frontin le messe: 23.31.3 e se sì pazzo alcuno o sì villano 23.31.4 trovasse, che levar le lo volesse; 23.31.5 per fargli a una parola il cervel sano, 23.31.6 di chi fosse il destrier sol gli dicesse; 23.31.7 che non sapea sì ardito cavalliero, 23.31.8 che non tremasse al nome di Ruggiero. 23.32.1 Di molte cose l' ammonisce e molte, 23.32.2 che trattar con Ruggier abbia in sua vece; 23.32.3 le qual poi ch' ebbe Ippalca ben raccolte, 23.32.4 si pose in via, né più dimora fece. 23.32.5 Per strade e campi e selve oscure e folte 23.32.6 cavalcò de le miglia più di diece; 23.32.7 che non fu a darle noia chi venisse, 23.32.8 né a domandarla pur dove ne gisse. 23.33.1 A mezzo il giorno, nel calar d' un monte, 23.33.2 in una stretta e malagevol via 23.33.3 si venne ad incontrar con Rodomonte, 23.33.4 ch' armato un piccol nano e a piè seguia. 23.33.5 Il Moro alzò vêr lei l' altiera fronte, 23.33.6 e bestemmiò l' eterna Ierarchia, 23.33.7 poi che sì bel destrier, sì bene ornato, 23.33.8 non avea in man d' un cavallier trovato. 23.34.1 Avea giurato che 'l primo cavallo 23.34.2 torria per forza, che tra via incontrasse. 23.34.3 Or questo è stato il primo; e trovato hallo 23.34.4 più bello e più per lui, che mai trovasse: 23.34.5 ma torlo a una donzella gli par fallo; 23.34.6 e pur agogna averlo, e in dubbio stasse. 23.34.7 Lo mira, lo contempla, e dice spesso: 23.34.8 -- Deh perché il suo signor non è con esso! -- 23.35.1 -- Deh ci fosse egli! (gli rispose Ippalca) 23.35.2 che ti faria cangiar forse pensiero. 23.35.3 Assai più di te val chi lo cavalca, 23.35.4 né lo pareggia al mondo altro guerriero. -- 23.35.5 -- Chi è (le disse il Moro) che sì calca 23.35.6 l' onore altrui? -- Rispose ella: -- Ruggiero. -- 23.35.7 E quel suggiunse: -- Adunque il destrier voglio, 23.35.8 poi ch' a Ruggier, sì gran campion, lo toglio. 23.36.1 Il qual, se sarà ver, come tu parli, 23.36.2 che sia sì forte, e più d' ogn' altro vaglia, 23.36.3 non che il destrier, ma la vettura darli 23.36.4 converrammi, e in suo albitrio fia la taglia. 23.36.5 Che Rodomonte io sono, hai da narrarli, 23.36.6 e che, se pur vorrà meco battaglia, 23.36.7 mi troverà; ch' ovunque io vada o stia, 23.36.8 mi fa sempre apparir la luce mia. 23.37.1 Dovunque io vo, sì gran vestigio resta, 23.37.2 che non lo lascia il fulmine maggiore. -- 23.37.3 Così dicendo, avea tornate in testa 23.37.4 le redine dorate al corridore: 23.37.5 sopra gli salta; e lacrimosa e mesta 23.37.6 rimane Ippalca, e spinta dal dolore 23.37.7 minaccia Rodomonte e gli dice onta: 23.37.8 non l' ascolta egli, e su pel poggio monta. 23.38.1 Per quella via dove lo guida il nano 23.38.2 per trovar Mandricardo e Doralice, 23.38.3 gli viene Ippalca dietro di lontano, 23.38.4 e lo bestemmia sempre e maledice. 23.38.5 Ciò che di questo avvenne, altrove è piano. 23.38.6 Turpin, che tutta questa istoria dice, 23.38.7 fa qui digresso, e torna in quel paese 23.38.8 dove fu dianzi morto il Maganzese. 23.39.1 Dato avea a pena a quel loco le spalle 23.39.2 la figliuola d' Amon, ch' in fretta gìa, 23.39.3 che v' arrivò Zerbin per altro calle 23.39.4 con la fallace vecchia in compagnia: 23.39.5 e giacer vide il corpo ne la valle 23.39.6 del cavallier, che non sa già chi sia; 23.39.7 ma, come quel ch' era cortese e pio, 23.39.8 ebbe pietà del caso acerbo e rio. 23.40.1 Giaceva Pinabello in terra spento, 23.40.2 versando il sangue per tante ferite, 23.40.3 ch' esser doveano assai, se più di cento 23.40.4 spade in sua morte si fossero unite. 23.40.5 Il cavallier di Scozia non fu lento 23.40.6 per l' orme che di fresco eran scolpite 23.40.7 a porsi in avventura, se potea 23.40.8 saper chi l' omicidio fatto avea. 23.41.1 Et a Gabrina dice che l' aspette; 23.41.2 che senza indugio a lei farà ritorno. 23.41.3 Ella presso al cadavero si mette, 23.41.4 e fissamente vi pon gli occhi intorno; 23.41.5 perché, se cosa v' ha che le dilette, 23.41.6 non vuol ch' un morto invan più ne sia adorno, 23.41.7 come colei che fu, tra l' altre note, 23.41.8 quanto avara esser più femina puote. 23.42.1 Se di portarne il furto ascosamente 23.42.2 avesse avuto modo o alcuna speme, 23.42.3 la sopravesta fatta riccamente 23.42.4 gli avrebbe tolta, e le bell' arme insieme. 23.42.5 Ma quel che può celarsi agevolmente, 23.42.6 si piglia, e 'l resto fin al cor le preme. 23.42.7 Fra l' altre spoglie un bel cinto levonne, 23.42.8 e se ne legò i fianchi infra due gonne. 23.43.1 Poco dopo arrivò Zerbin, ch' avea 23.43.2 seguito invan di Bradamente i passi, 23.43.3 perché trovò il sentier che si torcea 23.43.4 in molti rami ch' ivano alti e bassi: 23.43.5 e poco omai del giorno rimanea, 23.43.6 né volea al buio star fra quelli sassi; 23.43.7 e per trovare albergo diè le spalle 23.43.8 con l' empia vecchia alla funesta valle. 23.44.1 Quindi presso a dua miglia ritrovaro 23.44.2 un gran castel che fu detto Altariva, 23.44.3 dove per star la notte si fermaro, 23.44.4 che già a gran volo inverso il ciel saliva. 23.44.5 Non vi ster molto, ch' un lamento amaro 23.44.6 l' orecchie d' ogni parte lor feriva; 23.44.7 e veggon lacrimar da tutti gli occhi, 23.44.8 come la cosa a tutto il popul tocchi. 23.45.1 Zerbino dimandonne, e gli fu detto 23.45.2 che venut' era al cont' Anselmo aviso, 23.45.3 che fra duo monti in un sentiero istretto 23.45.4 giacea il suo figlio Pinabello ucciso. 23.45.5 Zerbin, per non ne dar di sé sospetto, 23.45.6 di ciò si finge nuovo, e abbassa il viso; 23.45.7 ma pensa ben, che senza dubbio sia 23.45.8 quel ch' egli trovò morto in su la via. 23.46.1 Dopo non molto la bara funèbre 23.46.2 giunse, a splendor di torchi e di facelle, 23.46.3 là dove fece le strida più crebre 23.46.4 con un batter di man gire alle stelle, 23.46.5 e con più vena fuor de le palpèbre 23.46.6 le lacrime inundar per le mascelle: 23.46.7 ma più de l' altre nubilose et atre 23.46.8 era la faccia del misero patre. 23.47.1 Mentre apparecchio si facea solenne 23.47.2 di grandi essequie e di funèbri pompe, 23.47.3 secondo il modo et ordine che tenne 23.47.4 l' usanza antiqua e ch' ogni età corrompe; 23.47.5 da parte del signore un bando venne, 23.47.6 che tosto il popular strepito rompe, 23.47.7 e promette gran premio a chi dia aviso 23.47.8 chi stato sia che gli abbia il figlio ucciso. 23.48.1 Di voce in voce e d' una in altra orecchia 23.48.2 il grido e 'l bando per la terra scorse, 23.48.3 fin che l' udì la scelerata vecchia 23.48.4 che di rabbia avanzò le tigri e l' orse; 23.48.5 e quindi alla ruina s' apparecchia 23.48.6 di Zerbino, o per l' odio che gli ha forse, 23.48.7 o per vantarsi pur, che sola priva 23.48.8 d' umanitade in uman corpo viva; 23.49.1 o fosse pur per guadagnarsi il premio: 23.49.2 a ritrovar n' andò quel signor mesto; 23.49.3 e dopo un verisimil suo proemio, 23.49.4 gli disse che Zerbin fatto avea questo: 23.49.5 e quel bel cinto si levò di gremio, 23.49.6 che 'l miser padre a riconoscer presto, 23.49.7 appresso il testimonio e tristo uffizio 23.49.8 de l' empia vecchia, ebbe per chiaro indizio. 23.50.1 E lacrimando al ciel leva le mani, 23.50.2 che 'l figliuol non sarà senza vendetta. 23.50.3 Fa circundar l' albergo ai terrazzani; 23.50.4 che tutto 'l popul s' è levato in fretta. 23.50.5 Zerbin che gli nimici aver lontani 23.50.6 si crede, e questa ingiuria non aspetta, 23.50.7 dal conte Anselmo, che si chiama offeso 23.50.8 tanto da lui, nel primo sonno è preso; 23.51.1 e quella notte in tenebrosa parte 23.51.2 incatenato, e in gravi ceppi messo. 23.51.3 Il sole ancor non ha le luci sparte, 23.51.4 che l' ingiusto supplicio è già commesso: 23.51.5 che nel loco medesimo si squarte, 23.51.6 dove fu il mal c' hanno imputato ad esso. 23.51.7 Altra esamina in ciò non si facea: 23.51.8 bastava che 'l signor così credea. 23.52.1 Poi che l' altro matin la bella Aurora 23.52.2 l' aer seren fe' bianco e rosso e giallo, 23.52.3 tutto 'l popul gridando: Mora, mora, 23.52.4 vien per punir Zerbin del non suo fallo. 23.52.5 Lo sciocco vulgo l' accompagna fuora, 23.52.6 senz' ordine, chi a piede e chi a cavallo; 23.52.7 e 'l cavallier di Scozia a capo chino 23.52.8 ne vien legato in s' un piccol ronzino. 23.53.1 Ma Dio, che spesso gl' innocenti aiuta, 23.53.2 né lascia mai ch' in sua bontà si fida, 23.53.3 tal difesa gli avea già proveduta, 23.53.4 che non v' è dubbio più ch' oggi s' uccida. 23.53.5 Quivi Orlando arrivò, la cui venuta 23.53.6 alla via del suo scampo gli fu guida. 23.53.7 Orlando giù nel pian vide la gente 23.53.8 che traea a morte il cavallier dolente. 23.54.1 Era con lui quella fanciulla, quella 23.54.2 che ritrovò ne la selvaggia grotta, 23.54.3 del re galego la figlia Issabella, 23.54.4 in poter già de' malandrin condotta, 23.54.5 poi che lasciato avea ne la procella 23.54.6 del truculento mar la nave rotta: 23.54.7 quella che più vicino al core avea 23.54.8 questo Zerbin, che l' alma onde vivea. 23.55.1 Orlando se l' avea fatta compagna, 23.55.2 poi che de la caverna la riscosse. 23.55.3 Quando costei li vide alla campagna, 23.55.4 domandò Orlando, chi la turba fosse. 23.55.5 -- Non so, -- diss' egli; e poi su la montagna 23.55.6 lasciolla, e verso il pian ratto si mosse. 23.55.7 Guardò Zerbino, et alla vista prima 23.55.8 lo giudicò baron di molta stima. 23.56.1 E fattosegli appresso, domandollo 23.56.2 per che cagione e dove il menin preso. 23.56.3 Levò il dolente cavalliero il collo, 23.56.4 e meglio avendo il paladino inteso, 23.56.5 rispose il vero; e così ben narrollo, 23.56.6 che meritò dal conte esser difeso. 23.56.7 Bene avea il conte alle parole scorto 23.56.8 ch' era innocente, e che moriva a torto. 23.57.1 E poi che 'ntese che commesso questo 23.57.2 era dal conte Anselmo d' Altariva, 23.57.3 fu certo ch' era torto manifesto; 23.57.4 ch' altro da quel fellon mai non deriva. 23.57.5 Et oltre a-cciò, l' uno era all' altro infesto 23.57.6 per l' antiquissimo odio che bolliva 23.57.7 tra il sangue di Maganza e di Chiarmonte; 23.57.8 e tra lor eran morti e danni et onte. 23.58.1 -- Slegate il cavallier (gridò), canaglia, 23.58.2 (il conte a' masnadieri), o ch' io v' uccido. -- 23.58.3 -- Chi è costui che sì gran colpi taglia? 23.58.4 (rispose un che parer volle il più fido). 23.58.5 Se di cera noi fussimo o di paglia, 23.58.6 e di fuoco egli, assai fôra quel grido. -- 23.58.7 E venne contra il paladin di Francia: 23.58.8 Orlando contra lui chinò la lancia. 23.59.1 La lucente armatura il Maganzese, 23.59.2 che levata la notte avea a Zerbino, 23.59.3 e postasela indosso, non difese 23.59.4 contro l' aspro incontrar del paladino. 23.59.5 Sopra la destra guancia il ferro prese: 23.59.6 l' elmo non passò già, perch' era fino; 23.59.7 ma tanto fu de la percossa il crollo, 23.59.8 che la vita gli tolse e roppe il collo. 23.60.1 Tutto in un corso, senza tor di resta 23.60.2 la lancia, passò un altro in mezzo 'l petto: 23.60.3 quivi lasciolla, e la mano ebbe presta 23.60.4 a Durindana; e nel drappel più stretto 23.60.5 a chi fece due parti de la testa, 23.60.6 a chi levò dal busto il capo netto; 23.60.7 forò la gola a molti; e in un momento 23.60.8 n' uccise e messe in rotta più di cento. 23.61.1 Più del terzo n' ha morto, e 'l resto caccia 23.61.2 e taglia e fende e fiere e fora e tronca. 23.61.3 Chi lo scudo, e chi l' elmo che lo 'mpaccia, 23.61.4 e chi lascia lo spiedo e chi la ronca; 23.61.5 chi al lungo, chi al traverso il camin spaccia; 23.61.6 altri s' appiatta in bosco, altri in spelonca. 23.61.7 Orlando, di pietà questo dì privo, 23.61.8 a suo poter non vuol lasciarne un vivo. 23.62.1 Di cento venti (che Turpin sottrasse 23.62.2 il conto), ottanta ne periro almeno. 23.62.3 Orlando finalmente si ritrasse 23.62.4 dove a Zerbin tremava il cor nel seno. 23.62.5 S' al ritornar d' Orlando s' allegrasse, 23.62.6 non si potria contare in versi a pieno. 23.62.7 Se gli saria per onorar prostrato; 23.62.8 ma si trovò sopra il ronzin legato. 23.63.1 Mentre ch' Orlando, poi che lo disciolse, 23.63.2 l' aiutava a ripor l' arme sue intorno, 23.63.3 ch' al capitan de la sbirraglia tolse, 23.63.4 che per suo mal se n' era fatto adorno; 23.63.5 Zerbino gli occhi ad Issabella volse, 23.63.6 che sopra il colle avea fatto soggiorno, 23.63.7 e poi che de la pugna vide il fine, 23.63.8 portò le sue bellezze più vicine. 23.64.1 Quando apparir Zerbin si vide appresso 23.64.2 la donna che da lui fu amata tanto, 23.64.3 la bella donna che per falso messo 23.64.4 credea sommersa, e n' ha più volte pianto; 23.64.5 com' un ghiaccio nel petto gli sia messo, 23.64.6 sente dentro aggelarsi, e triema alquanto: 23.64.7 ma tosto il freddo manca, et in quel loco 23.64.8 tutto s' avampa d' amoroso fuoco. 23.65.1 Di non tosto abbracciarla lo ritiene 23.65.2 la riverenza del signor d' Anglante; 23.65.3 perché si pensa, e senza dubbio tiene 23.65.4 ch' Orlando sia de la donzella amante. 23.65.5 Così cadendo va di pene in pene, 23.65.6 e poco dura il gaudio ch' ebbe inante: 23.65.7 il vederla d' altrui peggio sopporta, 23.65.8 che non fe' quando udì ch' ella era morta. 23.66.1 E molto più gli duol che sia in podesta 23.66.2 del cavalliero a cui cotanto debbe; 23.66.3 perché volerla a lui levar né onesta 23.66.4 né forse impresa facile sarebbe. 23.66.5 Nessuno altro da sé lassar con questa 23.66.6 preda partir senza romor vorrebbe: 23.66.7 ma verso il conte il suo debito chiede 23.66.8 che se lo lasci por sul collo il piede. 23.67.1 Giunsero taciturni ad una fonte, 23.67.2 dove smontaro e fêr qualche dimora. 23.67.3 Trassesi l' elmo il travagliato conte, 23.67.4 et a Zerbin lo fece trarre ancora. 23.67.5 Vede la donna il suo amatore in fronte, 23.67.6 e di subito gaudio si scolora; 23.67.7 poi torna come fiore umido suole 23.67.8 dopo gran pioggia all' apparir del sole. 23.68.1 E senza indugio e senza altro rispetto 23.68.2 corre al suo caro amante, e il collo abbraccia; 23.68.3 e non può trar parola fuor del petto, 23.68.4 ma di lacrime il sen bagna e la faccia. 23.68.5 Orlando attento all' amoroso affetto, 23.68.6 senza che più chiarezza se gli faccia, 23.68.7 vide a tutti gl' indizii manifesto 23.68.8 ch' altri esser, che Zerbin, non potea questo. 23.69.1 Come la voce aver poté Issabella, 23.69.2 non bene asciutta ancor l' umida guancia, 23.69.3 sol de la molta cortesia favella, 23.69.4 che l' avea usata il paladin di Francia. 23.69.5 Zerbino, che tenea questa donzella 23.69.6 con la sua vita pare a una bilancia, 23.69.7 si getta a' piè del conte, e quello adora 23.69.8 come a chi gli ha due vite date a un' ora. 23.70.1 Molti ringraziamenti e molte offerte 23.70.2 erano per seguir tra i cavallieri, 23.70.3 se non udian sonar le vie coperte 23.70.4 dagli arbori di frondi oscuri e neri. 23.70.5 Presti alle teste lor, ch' eran scoperte, 23.70.6 posero gli elmi, e presero i destrieri: 23.70.7 et ecco un cavalliero e una donzella 23.70.8 lor sopravien, ch' a pena erano in sella. 23.71.1 Era questo guerrier quel Mandricardo 23.71.2 che dietro Orlando in fretta si condusse 23.71.3 per vendicar Alzirdo e Manilardo, 23.71.4 che 'l paladin con gran valor percusse: 23.71.5 quantunque poi lo seguitò più tardo; 23.71.6 che Doralice in suo poter ridusse, 23.71.7 la quale avea con un troncon di cerro 23.71.8 tolta a cento guerrier carchi di ferro. 23.72.1 Non sapea il Saracin però, che questo, 23.72.2 ch' egli seguia, fosse il signor d' Anglante: 23.72.3 ben n' avea indizio e segno manifesto 23.72.4 ch' esser dovea gran cavalliero errante. 23.72.5 A lui mirò più ch' a Zerbino, e presto 23.72.6 gli andò con gli occhi dal capo alle piante; 23.72.7 e i dati contrasegni ritrovando, 23.72.8 disse: -- Tu se' colui ch' io vo cercando. 23.73.1 Sono omai dieci giorni (gli soggiunse) 23.73.2 che di cercar non lascio i tuo' vestigi: 23.73.3 tanto la fama stimolommi e punse, 23.73.4 che di te venne al campo di Parigi, 23.73.5 quando a fatica un vivo sol vi giunse 23.73.6 di mille che mandasti ai regni stigi; 23.73.7 e la strage contò, che da te venne 23.73.8 sopra i Norizii e quei di Tremisenne. 23.74.1 Non fui, come lo seppi, a seguir lento, 23.74.2 e per vederti e per provarti appresso: 23.74.3 e perché m' informai del guernimento 23.74.4 c' hai sopra l' arme, io so che tu sei desso; 23.74.5 e se non l' avessi anco, e che fra cento 23.74.6 per celarti da me ti fossi messo, 23.74.7 il tuo fiero sembiante mi faria 23.74.8 chiaramente veder che tu quel sia. -- 23.75.1 -- Non si può (gli rispose Orlando) dire 23.75.2 che cavallier non sii d' alto valore; 23.75.3 però che sì magnanimo desire 23.75.4 non mi credo albergasse in umil core. 23.75.5 Se 'l volermi veder ti fa venire, 23.75.6 vo' che mi veggi dentro, come fuore: 23.75.7 mi leverò questo elmo da le tempie, 23.75.8 acciò ch' a punto il tuo desire adempie. 23.76.1 Ma poi che ben m' avrai veduto in faccia, 23.76.2 all' altro desiderio ancora attendi: 23.76.3 resta ch' alla cagion tu satisfaccia, 23.76.4 che fa che dietro questa via mi prendi; 23.76.5 che veggi se 'l valor mio si confaccia 23.76.6 a quel sembiante fier che sì commendi. -- 23.76.7 -- Orsù (disse il pagano), al rimanente; 23.76.8 ch' al primo ho satisfatto interamente. -- 23.77.1 Il conte tuttavia dal capo al piede 23.77.2 va cercando il pagan tutto con gli occhi: 23.77.3 mira ambi i fianchi, indi l' arcion; né vede 23.77.4 pender né qua né là mazze né stocchi. 23.77.5 Gli domanda di ch' arme si provede, 23.77.6 s' avvien che con la lancia in fallo tocchi. 23.77.7 Rispose quel: -- Non ne pigliar tu cura: 23.77.8 così a molt' altri ho ancor fatto paura. 23.78.1 Ho sacramento di non cinger spada, 23.78.2 fin ch' io non tolgo Durindana al conte; 23.78.3 e cercando lo vo per ogni strada, 23.78.4 acciò più d' una posta meco sconte. 23.78.5 Lo giurai (se d' intenderlo t' aggrada) 23.78.6 quando mi posi quest' elmo alla fronte, 23.78.7 il qual con tutte l' altr' arme ch' io porto, 23.78.8 era d' Ettòr, che già mill' anni è morto. 23.79.1 La spada sola manca alle buone arme: 23.79.2 come rubata fu, non ti so dire. 23.79.3 Or che la porti il paladino, parme; 23.79.4 e di qui vien ch' egli ha sì grande ardire. 23.79.5 Ben penso, se con lui posso accozzarme, 23.79.6 fargli il mal tolto ormai ristituire. 23.79.7 Cercolo ancor, che vendicar disio 23.79.8 il famoso Agrican genitor mio. 23.80.1 Orlando a tradimento gli diè morte: 23.80.2 ben so che non potea farlo altrimente. -- 23.80.3 Il conte più non tacque, e gridò forte: 23.80.4 -- E tu, e qualunque il dice, se ne mente. 23.80.5 Ma quel che cerchi t' è venuto in sorte: 23.80.6 io sono Orlando, e uccisil giustamente; 23.80.7 e questa è quella spada che tu cerchi, 23.80.8 che tua sarà, se con virtù la merchi. 23.81.1 Quantunque sia debitamente mia, 23.81.2 tra noi per gentilezza si contenda: 23.81.3 né voglio in questa pugna ch' ella sia 23.81.4 più tua che mia; ma a un arbore s' appenda. 23.81.5 Levala tu liberamente via, 23.81.6 s' avvien che tu m' uccida o che mi prenda. -- 23.81.7 Così dicendo, Durindana prese, 23.81.8 e 'n mezzo il campo a un arbuscel l' appese. 23.82.1 Già l' un da l' altro è dipartito lunge, 23.82.2 quanto sarebbe un mezzo tratto d' arco: 23.82.3 già l' uno contra l' altro il destrier punge, 23.82.4 né de le lente redine gli è parco: 23.82.5 già l' uno e l' altro di gran colpo aggiunge 23.82.6 dove per l' elmo la veduta ha varco. 23.82.7 Parveno l' aste, al rompersi, di gielo; 23.82.8 e in mille scheggie andâr volando al cielo. 23.83.1 L' una e l' altra asta è forza che si spezzi; 23.83.2 che non voglion piegarsi i cavallieri, 23.83.3 i cavallier che tornano coi pezzi 23.83.4 che son restati appresso i calci interi. 23.83.5 Quelli, che sempre fur nel ferro avezzi, 23.83.6 or, come duo villan per sdegno fieri 23.83.7 nel partir acque o termini de prati, 23.83.8 fan crudel zuffa di duo pali armati. 23.84.1 Non stanno l' aste a quattro colpi salde, 23.84.2 e mancan nel furor di quella pugna. 23.84.3 Di qua e di là si fan l' ire più calde; 23.84.4 né da ferir lor resta altro che pugna. 23.84.5 Schiodano piastre, e straccian maglie e falde, 23.84.6 pur che la man, dove s' aggraffi, giugna. 23.84.7 Non desideri alcun, perché più vaglia, 23.84.8 martel più grave o più dura tanaglia. 23.85.1 Come può il Saracin ritrovar sesto 23.85.2 di finir con suo onore il fiero invito? 23.85.3 Pazzia sarebbe il perder tempo in questo, 23.85.4 che nuoce al feritor più ch' al ferito. 23.85.5 Andò alle strette l' uno e l' altro, e presto 23.85.6 il re pagano Orlando ebbe ghermito: 23.85.7 lo stringe al petto; e crede far le prove 23.85.8 che sopra Anteo fe' già il figliol di Giove. 23.86.1 Lo piglia con molto impeto a traverso: 23.86.2 quando lo spinge, e quando a sé lo tira; 23.86.3 et è ne la gran còlera sì immerso, 23.86.4 ch' ove resti la briglia poco mira. 23.86.5 Sta in sé raccolto Orlando, e ne va verso 23.86.6 il suo vantaggio, e alla vittoria aspira: 23.86.7 gli pon la cauta man sopra le ciglia 23.86.8 del cavallo, e cader ne fa la briglia. 23.87.1 Il Saracino ogni poter vi mette, 23.87.2 che lo soffoghi, o de l' arcion lo svella: 23.87.3 negli urti il conte ha le ginocchia strette; 23.87.4 né in questa parte vuol piegar né in quella. 23.87.5 Per quel tirar che fa il pagan, constrette 23.87.6 le cingie son d' abandonar la sella. 23.87.7 Orlando è in terra, e a pena sel conosce; 23.87.8 ch' i piedi ha in staffa, e stringe ancor le cosce. 23.88.1 Con quel rumor ch' un sacco d' arme cade, 23.88.2 risuona il conte, come il campo tocca. 23.88.3 Il destrier c' ha la testa in libertade, 23.88.4 quello a chi tolto il freno era di bocca, 23.88.5 non più mirando i boschi che le strade, 23.88.6 con ruinoso corso si trabocca, 23.88.7 spinto di qua e di là dal timor cieco; 23.88.8 e Mandricardo se ne porta seco. 23.89.1 Doralice che vede la sua guida 23.89.2 uscir del campo e torlesi d' appresso, 23.89.3 e mal restarne senza si confida, 23.89.4 dietro, correndo, il suo ronzin gli ha messo. 23.89.5 Il pagan per orgoglio al destrier grida, 23.89.6 e con mani e con piedi il batte spesso; 23.89.7 e, come non sia bestia, lo minaccia 23.89.8 perché si fermi, e tuttavia più il caccia. 23.90.1 La bestia, ch' era spaventosa e poltra, 23.90.2 sanza guardarsi ai piè, corre a traverso. 23.90.3 Già corso avea tre miglia, e seguiva oltra, 23.90.4 s' un fosso a quel desir non era avverso; 23.90.5 che, sanza aver nel fondo o letto o coltra, 23.90.6 ricevé l' uno e l' altro in sé riverso. 23.90.7 Diè Mandricardo in terra aspra percossa; 23.90.8 né però si fiaccò né si roppe ossa. 23.91.1 Quivi si ferma il corridore al fine; 23.91.2 ma non si può guidar, che non ha freno. 23.91.3 Il Tartaro lo tien preso nel crine, 23.91.4 e tutto è di furore e d' ira pieno. 23.91.5 Pensa, e non sa quel che di far destine. 23.91.6 -- Pongli la briglia del mio palafreno 23.91.7 (la donna gli dicea); che non è molto 23.91.8 il mio feroce, o sia col freno o sciolto. -- 23.92.1 Al Saracin parea discortesia 23.92.2 la proferta accettar di Doralice; 23.92.3 ma fren gli farà aver per altra via 23.92.4 Fortuna a' suoi disii molto fautrice. 23.92.5 Quivi Gabrina scelerata invia, 23.92.6 che, poi che di Zerbin fu traditrice, 23.92.7 fuggia, come la lupa che lontani 23.92.8 oda venire i cacciatori e i cani. 23.93.1 Ella avea ancora indosso la gonnella, 23.93.2 e quei medesmi giovenili ornati 23.93.3 che furo alla vezzosa damigella 23.93.4 di Pinabel, per lei vestir, levati; 23.93.5 et avea il palafreno anco di quella, 23.93.6 dei buon del mondo e degli avantaggiati. 23.93.7 La vecchia sopra il Tartaro trovosse, 23.93.8 ch' ancor non s' era accorta che vi fosse. 23.94.1 L' abito giovenil mosse la figlia 23.94.2 di Stordilano, e Mandricardo a riso, 23.94.3 vedendolo a colei che rassomiglia 23.94.4 a un babuino, a un bertuccione in viso. 23.94.5 Disegna il Saracin torle la briglia 23.94.6 pel suo destriero, e riuscì l' aviso. 23.94.7 Toltogli il morso, il palafren minaccia, 23.94.8 gli grida, lo spaventa, e in fuga il caccia. 23.95.1 Quel fugge per la selva, e seco porta 23.95.2 la quasi morta vecchia di paura 23.95.3 per valli e monti e per via dritta e torta, 23.95.4 per fossi e per pendici alla ventura. 23.95.5 Ma il parlar di costei sì non m' importa, 23.95.6 ch' io non debba d' Orlando aver più cura, 23.95.7 ch' alla sua sella ciò ch' era di guasto, 23.95.8 tutto ben racconciò sanza contrasto. 23.96.1 Rimontò sul destriero, e ste' gran pezzo 23.96.2 a riguardar che 'l Saracin tornasse. 23.96.3 Nol vedendo apparir, vòlse da sezzo 23.96.4 egli esser quel ch' a ritrovarlo andasse; 23.96.5 ma, come costumato e bene avezzo, 23.96.6 non prima il paladin quindi si trasse, 23.96.7 che con dolce parlar grato e cortese 23.96.8 buona licenzia dagli amanti prese. 23.97.1 Zerbin di quel partir molto si dolse; 23.97.2 di tenerezza ne piangea Issabella: 23.97.3 voleano ir seco, ma il conte non vòlse 23.97.4 lor compagnia, ben ch' era e buona e bella; 23.97.5 e con questa ragion se ne disciolse, 23.97.6 ch' a guerrier non è infamia sopra quella 23.97.7 che, quando cerchi un suo nimico, prenda 23.97.8 compagno che l' aiuti e che 'l difenda. 23.98.1 Li pregò poi, che quando il Saracino, 23.98.2 prima ch' in lui, si riscontrasse in loro, 23.98.3 gli dicesser ch' Orlando avria vicino 23.98.4 ancor tre giorni per quel tenitoro; 23.98.5 ma dopo, che sarebbe il suo camino 23.98.6 verso le 'nsegne dei bei gigli d' oro, 23.98.7 per esser con l' esercito di Carlo, 23.98.8 acciò, volendol, sappia onde chiamarlo. 23.99.1 Quelli promiser farlo volentieri, 23.99.2 e questa e ogn' altra cosa al suo comando. 23.99.3 Feron camin diverso i cavallieri, 23.99.4 di qua Zerbino, e di là il conte Orlando. 23.99.5 Prima che pigli il conte altri sentieri, 23.99.6 all' arbor tolse, e a sé ripose il brando; 23.99.7 e dove meglio col pagan pensosse 23.99.8 di potersi incontrare, il destrier mosse. 23.100.1 Lo strano corso che tenne il cavallo 23.100.2 del Saracin pel bosco senza via, 23.100.3 fece ch' Orlando andò duo giorni in fallo, 23.100.4 né lo trovò, né poté averne spia. 23.100.5 Giunse ad un rivo che parea cristallo, 23.100.6 ne le cui sponde un bel pratel fioria, 23.100.7 di nativo color vago e dipinto, 23.100.8 e di molti e belli arbori distinto. 23.101.1 Il merigge facea grato l' orezzo 23.101.2 al duro armento et al pastore ignudo; 23.101.3 sì che né Orlando sentia alcun ribrezzo, 23.101.4 che la corazza avea, l' elmo e lo scudo. 23.101.5 Quivi egli entrò per riposarvi in mezzo; 23.101.6 e v' ebbe travaglioso albergo e crudo, 23.101.7 e più che dir si possa empio soggiorno, 23.101.8 quell' infelice e sfortunato giorno. 23.102.1 Volgendosi ivi intorno, vide scritti 23.102.2 molti arbuscelli in su l' ombrosa riva. 23.102.3 Tosto che fermi v' ebbe gli occhi e fitti, 23.102.4 fu certo esser di man de la sua diva. 23.102.5 Questo era un di quei lochi già descritti, 23.102.6 ove sovente con Medor veniva 23.102.7 da casa del pastore indi vicina 23.102.8 la bella donna del Catai regina. 23.103.1 Angelica e Medor con cento nodi 23.103.2 legati insieme, e in cento lochi vede. 23.103.3 Quante lettere son, tanti son chiodi 23.103.4 coi quali Amore il cor gli punge e fiede. 23.103.5 Va col pensier cercando in mille modi 23.103.6 non creder quel ch' al suo dispetto crede: 23.103.7 ch' altra Angelica sia, creder si sforza, 23.103.8 ch' abbia scritto il suo nome in quella scorza. 23.104.1 Poi dice: -- Conosco io pur queste note: 23.104.2 di tal' io n' ho tante vedute e lette. 23.104.3 Finger questo Medoro ella si puote: 23.104.4 forse ch' a me questo cognome mette. -- 23.104.5 Con tali opinïon dal ver remote 23.104.6 usando fraude a se medesmo, stette 23.104.7 ne la speranza il mal contento Orlando, 23.104.8 che si seppe a se stesso ir procacciando. 23.105.1 Ma sempre più raccende e più rinuova, 23.105.2 quanto spenger più cerca, il rio sospetto: 23.105.3 come l' incauto augel che si ritrova 23.105.4 in ragna o in visco aver dato di petto, 23.105.5 quanto più batte l' ale e più si prova 23.105.6 di disbrigar, più vi si lega stretto. 23.105.7 Orlando viene ove s' incurva il monte 23.105.8 a guisa d' arco in su la chiara fonte. 23.106.1 Aveano in su l' entrata il luogo adorno 23.106.2 coi piedi storti edere e viti erranti. 23.106.3 Quivi soleano al più cocente giorno 23.106.4 stare abbracciati i duo felici amanti. 23.106.5 V' aveano i nomi lor dentro e d' intorno, 23.106.6 più che in altro dei luoghi circonstanti, 23.106.7 scritti, qual con carbone e qual con gesso, 23.106.8 e qual con punte di coltelli impresso. 23.107.1 Il mesto conte a piè quivi discese; 23.107.2 e vide in su l' entrata de la grotta 23.107.3 parole assai, che di sua man distese 23.107.4 Medoro avea, che parean scritte allotta. 23.107.5 Del gran piacer che ne la grotta prese, 23.107.6 questa sentenzia in versi avea ridotta. 23.107.7 Che fosse culta in suo linguaggio io penso; 23.107.8 et era ne la nostra tale il senso: 23.108.1 -- Liete piante, verdi erbe, limpide acque, 23.108.2 spelunca opaca e di fredde ombre grata, 23.108.3 dove la bella Angelica che nacque 23.108.4 di Galafron, da molti invano amata, 23.108.5 spesso ne le mie braccia nuda giacque; 23.108.6 de la commodità che qui m' è data, 23.108.7 io povero Medor ricompensarvi 23.108.8 d' altro non posso, che d' ognior lodarvi: 23.109.1 e di pregare ogni signore amante, 23.109.2 e cavallieri e damigelle, e ognuna 23.109.3 persona, o paesana o vïandante, 23.109.4 che qui sua volontà meni o Fortuna; 23.109.5 ch' all' erbe, all' ombre, all' antro, al rio, alle piante 23.109.6 dica: benigno abbiate e sole e luna, 23.109.7 e de le ninfe il coro, che proveggia 23.109.8 che non conduca a voi pastor mai greggia. -- 23.110.1 Era scritto in arabico, che 'l conte 23.110.2 intendea così ben come latino: 23.110.3 fra molte lingue e molte ch' avea pronte, 23.110.4 prontissima avea quella il paladino; 23.110.5 e gli schivò più volte e danni et onte, 23.110.6 che si trovò tra il popul saracino: 23.110.7 ma non si vanti, se già n' ebbe frutto; 23.110.8 ch' un danno or n' ha, che può scontargli il tutto. 23.111.1 Tre volte e quattro e sei lesse lo scritto 23.111.2 quello infelice, e pur cercando invano 23.111.3 che non vi fosse quel che v' era scritto; 23.111.4 e sempre lo vedea più chiaro e piano: 23.111.5 et ogni volta in mezzo il petto afflitto 23.111.6 stringersi il cor sentia con fredda mano. 23.111.7 Rimase al fin con gli occhi e con la mente 23.111.8 fissi nel sasso, al sasso indifferente. 23.112.1 Fu allora per uscir del sentimento, 23.112.2 sì tutto in preda del dolor si lassa. 23.112.3 Credete a chi n' ha fatto esperimento, 23.112.4 che questo è 'l duol che tutti gli altri passa. 23.112.5 Caduto gli era sopra il petto il mento, 23.112.6 la fronte priva di baldanza e bassa; 23.112.7 né poté aver (che 'l duol l' occupò tanto) 23.112.8 alle querele voce, o umore al pianto. 23.113.1 L' impetuosa doglia entro rimase, 23.113.2 che volea tutta uscir con troppa fretta. 23.113.3 Così veggiàn restar l' acqua nel vase, 23.113.4 che largo il ventre e la bocca abbia stretta; 23.113.5 che nel voltar che si fa in su la base, 23.113.6 l' umor che vorria uscir, tanto s' affretta, 23.113.7 e ne l' angusta via tanto s' intrica, 23.113.8 ch' a goccia a goccia fuore esce a fatica. 23.114.1 Poi ritorna in sé alquanto, e pensa come 23.114.2 possa esser che non sia la cosa vera: 23.114.3 che voglia alcun così infamare il nome 23.114.4 de la sua donna e crede e brama e spera, 23.114.5 o gravar lui d' insoportabil some 23.114.6 tanto di gelosia, che se ne pèra; 23.114.7 et abbia quel, sia chi si voglia stato, 23.114.8 molto la man di lei bene imitato. 23.115.1 In così poca, in così debol speme 23.115.2 sveglia gli spirti e gli rifranca un poco; 23.115.3 indi al suo Brigliadoro il dosso preme, 23.115.4 dando già il sole alla sorella loco. 23.115.5 Non molto va, che da le vie supreme 23.115.6 dei tetti uscir vede il vapor del fuoco, 23.115.7 sente cani abbaiar, muggiare armento: 23.115.8 viene alla villa, e piglia alloggiamento. 23.116.1 Languido smonta, e lascia Brigliadoro 23.116.2 a un discreto garzon che n' abbia cura; 23.116.3 altri il disarma, altri gli sproni d' oro 23.116.4 gli leva, altri a forbir va l' armatura. 23.116.5 Era questa la casa ove Medoro 23.116.6 giacque ferito, e v' ebbe alta avventura. 23.116.7 Corcarsi Orlando e non cenar domanda, 23.116.8 di dolor sazio e non d' altra vivanda. 23.117.1 Quanto più cerca ritrovar quïete, 23.117.2 tanto ritrova più travaglio e pena; 23.117.3 che de l' odiato scritto ogni parete, 23.117.4 ogni uscio, ogni finestra vede piena. 23.117.5 Chieder ne vuol: poi tien le labra chete; 23.117.6 che teme non si far troppo serena, 23.117.7 troppo chiara la cosa che di nebbia 23.117.8 cerca offuscar, perché men nuocer debbia. 23.118.1 Poco gli giova usar fraude a se stesso; 23.118.2 che senza domandarne, è chi ne parla. 23.118.3 Il pastor che lo vede così oppresso 23.118.4 da sua tristizia, e che voria levarla, 23.118.5 l' istoria nota a sé, che dicea spesso 23.118.6 di quei duo amanti a chi volea ascoltarla, 23.118.7 ch' a molti dilettevole fu a udire, 23.118.8 gl' incominciò senza rispetto a dire: 23.119.1 come esso a' prieghi d' Angelica bella 23.119.2 portato avea Medoro alla sua villa, 23.119.3 ch' era ferito gravemente; e ch' ella 23.119.4 curò la piaga, e in pochi dì guarilla: 23.119.5 ma che nel cor d' una maggior di quella 23.119.6 lei ferì Amor; e di poca scintilla 23.119.7 l' accese tanto e sì cocente fuoco, 23.119.8 che n' ardea tutta, e non trovava loco: 23.120.1 e sanza aver rispetto ch' ella fusse 23.120.2 figlia del maggior re ch' abbia il Levante, 23.120.3 da troppo amor constretta si condusse 23.120.4 a farsi moglie d' un povero fante. 23.120.5 All' ultimo l' istoria si ridusse, 23.120.6 che 'l pastor fe' portar la gemma inante, 23.120.7 ch' alla sua dipartenza, per mercede 23.120.8 del buono albergo, Angelica gli diede. 23.121.1 Questa conclusïon fu la secure 23.121.2 che 'l capo a un colpo gli levò dal collo, 23.121.3 poi che d' innumerabil battiture 23.121.4 si vide il manigoldo Amor satollo. 23.121.5 Celar si studia Orlando il duolo; e pure 23.121.6 quel gli fa forza, e male asconder pòllo: 23.121.7 per lacrime e suspir da bocca e d' occhi 23.121.8 convien, voglia o non voglia, al fin che scocchi. 23.122.1 Poi ch' allargare il freno al dolor puote 23.122.2 (che resta solo e senza altrui rispetto), 23.122.3 giù dagli occhi rigando per le gote 23.122.4 sparge un fiume di lacrime sul petto: 23.122.5 sospira e geme, e va con spesse ruote 23.122.6 di qua di là tutto cercando il letto; 23.122.7 e più duro ch' un sasso, e più pungente 23.122.8 che se fosse d' urtica, se lo sente. 23.123.1 In tanto aspro travaglio gli soccorre 23.123.2 che nel medesmo letto in che giaceva, 23.123.3 l' ingrata donna venutasi a porre 23.123.4 col suo drudo più volte esser doveva. 23.123.5 Non altrimenti or quella piuma abborre, 23.123.6 né con minor prestezza se ne leva, 23.123.7 che de l' erba il villan che s' era messo 23.123.8 per chiuder gli occhi, e vegga il serpe appresso. 23.124.1 Quel letto, quella casa, quel pastore 23.124.2 immantinente in tant' odio gli casca, 23.124.3 che senza aspettar luna, o che l' albóre 23.124.4 che va dinanzi al nuovo giorno nasca, 23.124.5 piglia l' arme e il destriero, et esce fuore 23.124.6 per mezzo il bosco alla più oscura frasca; 23.124.7 e quando poi gli è aviso d' esser solo, 23.124.8 con gridi et urli apre le porte al duolo. 23.125.1 Di pianger mai, mai di gridar non resta; 23.125.2 né la notte né 'l dì si dà mai pace. 23.125.3 Fugge cittadi e borghi, e alla foresta 23.125.4 sul terren duro al discoperto giace. 23.125.5 Di sé si maraviglia ch' abbia in testa 23.125.6 una fontana d' acqua sì vivace, 23.125.7 e come sospirar possa mai tanto; 23.125.8 e spesso dice a sé così nel pianto: 23.126.1 -- Queste non son più lacrime, che fuore 23.126.2 stillo dagli occhi con sì larga vena. 23.126.3 Non suppliron le lacrime al dolore: 23.126.4 finîr, ch' a mezzo era il dolore a pena. 23.126.5 Dal fuoco spinto ora il vitale umore 23.126.6 fugge per quella via ch' agli occhi mena; 23.126.7 et è quel che si versa, e trarrà insieme 23.126.8 e 'l dolore e la vita all' ore estreme. 23.127.1 Questi ch' indizio fan del mio tormento, 23.127.2 sospir non sono, né i sospir son tali. 23.127.3 Quelli han triegua talora; io mai non sento 23.127.4 che 'l petto mio men la sua pena esali. 23.127.5 Amor che m' arde il cor, fa questo vento, 23.127.6 mentre dibatte intorno al fuoco l' ali. 23.127.7 Amor, con che miracolo lo fai, 23.127.8 che 'n fuoco il tenghi, e nol consumi mai? 23.128.1 Non son, non sono io quel che paio in viso: 23.128.2 quel ch' era Orlando è morto et è sotterra; 23.128.3 la sua donna ingratissima l' ha ucciso: 23.128.4 sì, mancando di fé, gli ha fatto guerra. 23.128.5 Io son lo spirto suo da lui diviso, 23.128.6 ch' in questo inferno tormentandosi erra, 23.128.7 acciò con l' ombra sia, che sola avanza, 23.128.8 esempio a chi in Amor pone speranza. -- 23.129.1 Pel bosco errò tutta la notte il conte; 23.129.2 e allo spuntar della dïurna fiamma 23.129.3 lo tornò il suo destin sopra la fonte 23.129.4 dove Medoro insculse l' epigramma. 23.129.5 Veder l' ingiuria sua scritta nel monte 23.129.6 l' accese sì, ch' in lui non restò dramma 23.129.7 che non fosse odio, rabbia, ira e furore; 23.129.8 né più indugiò, che trasse il brando fuore. 23.130.1 Tagliò lo scritto e 'l sasso, e sin al cielo 23.130.2 a volo alzar fe' le minute schegge. 23.130.3 Infelice quell' antro, et ogni stelo 23.130.4 in cui Medoro e Angelica si legge! 23.130.5 Così restâr quel dì, ch' ombra né gielo 23.130.6 a pastor mai non daran più, né a gregge: 23.130.7 e quella fonte, già sì chiara e pura, 23.130.8 da cotanta ira fu poco sicura; 23.131.1 che rami e ceppi e tronchi e sassi e zolle 23.131.2 non cessò di gittar ne le bell' onde, 23.131.3 fin che da sommo ad imo sì turbolle, 23.131.4 che non furo mai più chiare né monde. 23.131.5 E stanco al fin, e al fin di sudor molle, 23.131.6 poi che la lena vinta non risponde 23.131.7 allo sdegno, al grave odio, all' ardente ira, 23.131.8 cade sul prato, e verso il ciel sospira. 23.132.1 Afflitto e stanco al fin cade ne l' erba, 23.132.2 e ficca gli occhi al cielo, e non fa motto. 23.132.3 Senza cibo e dormir così si serba, 23.132.4 che 'l sole esce tre volte e torna sotto. 23.132.5 Di crescer non cessò la pena acerba, 23.132.6 che fuor del senno al fin l' ebbe condotto. 23.132.7 Il quarto dì, da gran furor commosso, 23.132.8 e maglie e piastre si stracciò di dosso. 23.133.1 Qui riman l' elmo, e là riman lo scudo, 23.133.2 lontan gli arnesi, e più lontan l' usbergo: 23.133.3 l' arme sue tutte, in somma vi concludo, 23.133.4 avean pel bosco differente albergo. 23.133.5 E poi si squarciò i panni, e mostrò ignudo 23.133.6 l' ispido ventre e tutto 'l petto e 'l tergo; 23.133.7 e cominciò la gran follia, sì orrenda, 23.133.8 che de la più non sarà mai ch' intenda. 23.134.1 In tanta rabbia, in tanto furor venne, 23.134.2 che rimase offuscato in ogni senso. 23.134.3 Di tor la spada in man non gli sovenne; 23.134.4 che fatte avria mirabil cose, penso. 23.134.5 Ma né quella, né scure, né bipenne 23.134.6 era bisogno al suo vigore immenso. 23.134.7 Quivi fe' ben de le sue prove eccelse, 23.134.8 ch' un alto pino al primo crollo svelse: 23.135.1 e svelse dopo il primo altri parecchi, 23.135.2 come fosser finocchi, ebuli o aneti; 23.135.3 e fe' il simil di querce e d' olmi vecchi, 23.135.4 di faggi e d' orni e d' illici e d' abeti. 23.135.5 Quel ch' un ucellator che s' apparecchi 23.135.6 il campo mondo, fa, per por le reti, 23.135.7 dei giunchi e de le stoppie e de l' urtiche, 23.135.8 facea de cerri e d' altre piante antiche. 23.136.1 I pastor che sentito hanno il fracasso, 23.136.2 lasciando il gregge sparso alla foresta, 23.136.3 chi di qua, chi di là, tutti a gran passo 23.136.4 vi vengono a veder che cosa è questa. 23.136.5 Ma son giunto a quel segno il qual s' io passo 23.136.6 vi potria la mia istoria esser molesta; 23.136.7 et io la vo' più tosto diferire, 23.136.8 che v' abbia per lunghezza a fastidire.
CANTO XXIV
24.1.1 Chi mette il piè su l' amorosa pania, 24.1.2 cerchi ritrarlo, e non v' inveschi l' ale; 24.1.3 che non è in somma amor, se non insania, 24.1.4 a giudizio de' savi universale: 24.1.5 e se ben come Orlando ognun non smania, 24.1.6 suo furor mostra a qualch' altro segnale. 24.1.7 E quale è di pazzia segno più espresso 24.1.8 che, per altri voler, perder se stesso? 24.2.1 Varii gli effetti son, ma la pazzia 24.2.2 è tutt' una però, che li fa uscire. 24.2.3 Gli è come una gran selva, ove la via 24.2.4 conviene a forza, a chi vi va, fallire: 24.2.5 chi su, chi giù, chi qua, chi là travia. 24.2.6 Per concludere in somma, io vi vo' dire: 24.2.7 a chi in amor s' invecchia, oltr' ogni pena, 24.2.8 si convengono i ceppi e la catena. 24.3.1 Ben mi si potria dir: -- Frate, tu vai 24.3.2 l' altrui mostrando, e non vedi il tuo fallo. -- 24.3.3 Io vi rispondo che comprendo assai, 24.3.4 or che di mente ho lucido intervallo; 24.3.5 et ho gran cura (e spero farlo ormai) 24.3.6 di riposarmi e d' uscir fuor di ballo: 24.3.7 ma tosto far, come vorrei, nol posso; 24.3.8 che 'l male è penetrato infin all' osso. 24.4.1 Signor, ne l' altro canto io vi dicea 24.4.2 che 'l forsennato e furïoso Orlando 24.4.3 trattesi l' arme e sparse al campo avea, 24.4.4 squarciati i panni, via gittato il brando, 24.4.5 svelte le piante, e risonar facea 24.4.6 i cavi sassi e l' alte selve; quando 24.4.7 alcun' pastori al suon trasse in quel lato 24.4.8 lor stella, o qualche lor grave peccato. 24.5.1 Viste del pazzo l' incredibil prove 24.5.2 poi più d' appresso e la possanza estrema, 24.5.3 si voltan per fuggir, ma non sanno ove, 24.5.4 sì come avviene in subitana tema. 24.5.5 Il pazzo dietro lor ratto si muove: 24.5.6 uno ne piglia, e del capo lo scema 24.5.7 con la facilità che torria alcuno 24.5.8 da l' arbor pome, o vago fior dal pruno. 24.6.1 Per una gamba il grave tronco prese, 24.6.2 e quello usò per mazza adosso al resto: 24.6.3 in terra un paio addormentato stese, 24.6.4 ch' al novissimo dì forse fia desto. 24.6.5 Gli altri sgombraro subito il paese, 24.6.6 ch' ebbono il piede e il buono aviso presto. 24.6.7 Non saria stato il pazzo al seguir lento, 24.6.8 se non ch' era già volto al loro armento. 24.7.1 Gli agricultori, accorti agli altru' esempli, 24.7.2 lascian nei campi aratri e marre e falci: 24.7.3 chi monta su le case e chi sui templi 24.7.4 (poi che non son sicuri olmi né salci), 24.7.5 onde l' orrenda furia si contempli, 24.7.6 ch' a pugni, ad urti, a morsi, a graffi, a calci, 24.7.7 cavalli e buoi rompe, fraccassa e strugge; 24.7.8 e ben è corridor chi da lui fugge. 24.8.1 Già potreste sentir come ribombe 24.8.2 l' alto rumor ne le propinque ville 24.8.3 d' urli, e di corni, rusticane trombe, 24.8.4 e più spesso che d' altro, il suon di squille; 24.8.5 e con spuntoni et archi e spiedi e frombe 24.8.6 veder dai monti sdrucciolarne mille, 24.8.7 et altritanti andar da basso ad alto, 24.8.8 per fare al pazzo un villanesco assalto. 24.9.1 Qual venir suol nel salso lito l' onda 24.9.2 mossa da l' austro ch' a principio scherza, 24.9.3 che maggior de la prima è la seconda, 24.9.4 e con più forza poi segue la terza; 24.9.5 et ogni volta più l' umore abonda, 24.9.6 e ne l' arena più stende la sferza: 24.9.7 tal contra Orlando l' empia turba cresce, 24.9.8 che giù da balze scende e di valli esce. 24.10.1 Fece morir diece persone e diece, 24.10.2 che senza ordine alcun gli andaro in mano: 24.10.3 e questo chiaro esperimento fece, 24.10.4 ch' era assai più sicur starne lontano. 24.10.5 Trar sangue da quel corpo a nessun lece, 24.10.6 che lo fere e percuote il ferro invano. 24.10.7 Al conte il re del ciel tal grazia diede, 24.10.8 per porlo a guardia di sua santa fede. 24.11.1 Era a periglio di morire Orlando, 24.11.2 se fosse di morir stato capace. 24.11.3 Potea imparar ch' era a gittare il brando, 24.11.4 e poi voler senz' arme essere audace. 24.11.5 La turba già s' andava ritirando, 24.11.6 vedendo ogni suo colpo uscir fallace. 24.11.7 Orlando, poi che più nessun l' attende, 24.11.8 verso un borgo di case il camin prende. 24.12.1 Dentro non vi trovò piccol né grande; 24.12.2 che 'l borgo ognun per tema avea lasciato. 24.12.3 V' erano in copia povere vivande, 24.12.4 convenïenti a un pastorale stato. 24.12.5 Senza il pane discerner da le giande, 24.12.6 dal digiuno e da l' impeto cacciato, 24.12.7 le mani e il dente lasciò andar di botto 24.12.8 in quel che trovò prima, o crudo o cotto. 24.13.1 E quindi errando per tutto il paese, 24.13.2 dava la caccia e agli uomini e alle fere; 24.13.3 e scorrendo pei boschi, talor prese 24.13.4 i capri isnelli e le damme leggiere. 24.13.5 Spesso con orsi e con cingiai contese, 24.13.6 e con man nude li pose a giacere: 24.13.7 e di lor carne con tutta la spoglia 24.13.8 più volte il ventre empì con fiera voglia. 24.14.1 Di qua, di là, di su, di giù discorre 24.14.2 per tutta Francia; e un giorno a un ponte arriva, 24.14.3 sotto cui largo e pieno d' acqua corre 24.14.4 un fiume d' alta e di scoscesa riva. 24.14.5 Edificato accanto avea una torre 24.14.6 che d' ogn' intorno e di lontan scopriva. 24.14.7 Quel che fe' quivi, avete altrove a udire; 24.14.8 che di Zerbin mi convien prima dire. 24.15.1 Zerbin, da poi ch' Orlando fu partito, 24.15.2 dimorò alquanto, e poi prese il sentiero 24.15.3 che 'l paladino inanzi gli avea trito, 24.15.4 e mosse a passo lento il suo destriero. 24.15.5 Non credo che duo miglia anco fosse ito, 24.15.6 che trar vide legato un cavalliero 24.15.7 sopra un picciol ronzino, e d' ogni lato 24.15.8 la guardia aver d' un cavalliero armato. 24.16.1 Zerbin questo prigion conobbe tosto 24.16.2 che gli fu appresso, e così fe' Issabella: 24.16.3 era Odorico il Biscaglin, che posto 24.16.4 fu come lupo a guardia de l' agnella. 24.16.5 L' avea a tutti gli amici suoi preposto 24.16.6 Zerbino in confidargli la donzella, 24.16.7 sperando che la fede che nel resto 24.16.8 sempre avea avuta, avesse ancora in questo. 24.17.1 Come era a punto quella cosa stata, 24.17.2 venìa Issabella raccontando allotta: 24.17.3 come nel palischermo fu salvata, 24.17.4 prima ch' avesse il mar la nave rotta; 24.17.5 la forza che l' avea Odorico usata; 24.17.6 e come tratta poi fosse alla grotta. 24.17.7 Né giunt' era anco al fin di quel sermone, 24.17.8 che trarre il malfattor vider prigione. 24.18.1 I duo ch' in mezzo avean preso Odorico, 24.18.2 d' Issabella notizia ebbeno vera; 24.18.3 e s' avisaro esser di lei l' amico, 24.18.4 e 'l signor lor, colui ch' appresso l' era; 24.18.5 ma più, che ne lo scudo il segno antico 24.18.6 vider dipinto di sua stirpe altiera: 24.18.7 e trovâr, poi che guardâr meglio al viso, 24.18.8 che s' era al vero apposto il loro aviso. 24.19.1 Saltaro a piedi, e con aperte braccia 24.19.2 correndo se n' andâr verso Zerbino, 24.19.3 e l' abbracciaro ove il maggior s' abbraccia, 24.19.4 col capo nudo e col ginocchio chino. 24.19.5 Zerbin, guardando l' uno e l' altro in faccia, 24.19.6 vide esser l' un Corebo il Biscaglino, 24.19.7 Almonio l' altro, ch' egli avea mandati 24.19.8 con Odorico in sul navilio armati. 24.20.1 Almonio disse: -- Poi che piace a Dio 24.20.2 (la sua mercé) che sia Issabella teco, 24.20.3 io posso ben comprender, signor mio, 24.20.4 che nulla cosa nuova ora t' arreco, 24.20.5 s' io vo' dir la cagion che questo rio 24.20.6 fa che così legato vedi meco; 24.20.7 che da costei, che più sentì l' offesa, 24.20.8 a punto avrai tutta l' istoria intesa. 24.21.1 Come dal traditore io fui schernito 24.21.2 quando da sé levommi, saper déi; 24.21.3 e come poi Corebo fu ferito, 24.21.4 ch' a difender s' avea tolto costei. 24.21.5 Ma quanto al mio ritorno sia seguito, 24.21.6 né veduto né inteso fu da lei, 24.21.7 che te l' abbia potuto riferire: 24.21.8 di questa parte dunque io ti vo' dire. 24.22.1 Da la cittade al mar ratto io veniva 24.22.2 con cavalli ch' in fretta avea trovati, 24.22.3 sempre con gli occhi intenti s' io scopriva 24.22.4 costor che molto a dietro eran restati. 24.22.5 Io vengo inanzi, io vengo in su la riva 24.22.6 del mare, al luogo ove io gli avea lasciati; 24.22.7 io guardo, né di loro altro ritrovo, 24.22.8 che ne l' arena alcun vestigio nuovo. 24.23.1 La pésta seguitai, che mi condusse 24.23.2 nel bosco fier; né molto adentro fui, 24.23.3 che, dove il suon l' orecchie mi percusse, 24.23.4 giacere in terra ritrovai costui. 24.23.5 Gli domandai che de la donna fusse, 24.23.6 che d' Odorico, e chi avea offeso lui. 24.23.7 Io me n' andai, poi che la cosa seppi, 24.23.8 il traditor cercando per quei greppi. 24.24.1 Molto aggirando vommi, e per quel giorno 24.24.2 altro vestigio ritrovar non posso. 24.24.3 Dove giacea Corebo al fin ritorno, 24.24.4 che fatto appresso avea il terren sì rosso, 24.24.5 che poco più che vi facea soggiorno, 24.24.6 gli saria stato di bisogno il fosso 24.24.7 e i preti e i frati più per sotterrarlo, 24.24.8 ch' i medici e che 'l letto per sanarlo. 24.25.1 Dal bosco alla città feci portallo, 24.25.2 e posi in casa d' uno ostier mio amico, 24.25.3 che fatto sano in poco termine hallo 24.25.4 per cura et arte d' un chirurgo antico. 24.25.5 Poi d' arme proveduti e di cavallo 24.25.6 Corebo et io cercammo d' Odorico, 24.25.7 ch' in corte del re Alfonso di Biscaglia 24.25.8 trovammo; e quivi fui seco a battaglia. 24.26.1 La giustizia del re, che il loco franco 24.26.2 de la pugna mi diede, e la ragione, 24.26.3 et oltre alla ragion la Fortuna anco, 24.26.4 che spesso la vittoria, ove vuol, pone, 24.26.5 mi giovâr sì, che di me poté manco 24.26.6 il traditore; onde fu mio prigione. 24.26.7 Il re, udito il gran fallo, mi concesse 24.26.8 di poter farne quanto mi piacesse. 24.27.1 Non l' ho voluto uccider né lasciarlo, 24.27.2 ma, come vedi, trarloti in catena; 24.27.3 perché vo' ch' a te stia di giudicarlo, 24.27.4 se morire o tener si deve in pena. 24.27.5 L' avere inteso ch' eri appresso a Carlo, 24.27.6 e 'l desir di trovarti qui mi mena. 24.27.7 Ringrazio Dio che mi fa in questa parte, 24.27.8 dove lo sperai meno, ora trovarte. 24.28.1 Ringraziolo anco, che la tua Issabella 24.28.2 io veggo (e non so come) che teco hai; 24.28.3 di cui, per opra del fellon, novella 24.28.4 pensai che non avessi ad udir mai. -- 24.28.5 Zerbino ascolta Almonio e non favella, 24.28.6 fermando gli occhi in Odorico assai; 24.28.7 non sì per odio, come che gl' incresce 24.28.8 ch' a sì mal fin tanta amicizia gli esce. 24.29.1 Finito ch' ebbe Almonio il suo sermone, 24.29.2 Zerbin riman gran pezzo sbigottito, 24.29.3 che chi d' ogn' altro men n' avea cagione, 24.29.4 sì espressamente il possa aver tradito. 24.29.5 Ma poi che d' una lunga ammirazione 24.29.6 fu, sospirando, finalmente uscito, 24.29.7 al prigion domandò se fosse vero 24.29.8 quel ch' avea di lui detto il cavalliero. 24.30.1 Il disleal con le ginocchia in terra 24.30.2 lasciò cadersi, e disse: -- Signor mio, 24.30.3 ognun che vive al mondo pecca et erra; 24.30.4 né differisce in altro il buon dal rio, 24.30.5 se non che l' uno è vinto ad ogni guerra 24.30.6 che gli vien mossa da un piccol disio, 24.30.7 l' altro ricorre all' arme e si difende: 24.30.8 ma se 'l nimico è forte, anco ei si rende. 24.31.1 Se tu m' avessi posto alla difesa 24.31.2 d' una tua ròcca, e ch' al primiero assalto 24.31.3 alzate avessi, senza far contesa, 24.31.4 degl' inimici le bandiere in alto; 24.31.5 di viltà, o tradimento, che più pesa, 24.31.6 sugli occhi por mi si potria uno smalto: 24.31.7 ma s' io cedessi a forza, son ben certo 24.31.8 che biasmo non avrei, ma gloria e merto. 24.32.1 Sempre che l' inimico è più possente, 24.32.2 più chi perde accettabile ha la scusa. 24.32.3 Mia fé guardar dovea non altrimente 24.32.4 ch' una fortezza d' ogn' intorno chiusa: 24.32.5 così, con quanto senno e quanta mente 24.32.6 da la somma Prudenzia m' era infusa, 24.32.7 io mi sforzai guardarla; ma al fin vinto 24.32.8 da intolerando assalto, ne fui spinto. -- 24.33.1 Così disse Odorico, e poi soggiunse 24.33.2 (che saria lungo a ricontarvi il tutto) 24.33.3 mostrando che gran stimolo lo punse, 24.33.4 e non per lieve sferza s' era indutto. 24.33.5 Se mai per prieghi ira di cor si emunse, 24.33.6 s' umiltà di parlar fece mai frutto, 24.33.7 quivi far lo dovea; che ciò che muova 24.33.8 di cor durezza, ora Odorico trova. 24.34.1 Pigliar di tanta ingiuria alta vendetta, 24.34.2 tra il sì Zerbino e il no resta confuso: 24.34.3 il vedere il demerito lo alletta 24.34.4 a far che sia il fellon di vita escluso; 24.34.5 il ricordarsi l' amicizia stretta 24.34.6 ch' era stata tra lor per sì lungo uso, 24.34.7 con l' acqua di pietà l' accesa rabbia 24.34.8 nel cor gli spegne, e vuol che mercé n' abbia. 24.35.1 Mentre stava così Zerbino in forse 24.35.2 di liberare, o di menar captivo, 24.35.3 o pur il disleal dagli occhi tôrse 24.35.4 per morte, o pur tenerlo in pena vivo; 24.35.5 quivi rignando il palafreno corse, 24.35.6 che Mandricardo avea di briglia privo; 24.35.7 e vi portò la vecchia che vicino 24.35.8 a morte dianzi avea tratto Zerbino. 24.36.1 Il palafren, ch' udito di lontano 24.36.2 avea quest' altri, era tra lor venuto, 24.36.3 e la vecchia portatavi, ch' invano 24.36.4 venìa piangendo e domandando aiuto. 24.36.5 Come Zerbin lei vide, alzò la mano 24.36.6 al ciel che sì benigno gli era suto, 24.36.7 che datogli in arbitrio avea que' dui 24.36.8 che soli odiati esser dovean da lui. 24.37.1 Zerbin fa ritener la mala vecchia, 24.37.2 tanto che pensi quel che debba farne: 24.37.3 tagliarle il naso e l' una e l' altra orecchia 24.37.4 pensa, et esempio a' malfattori darne; 24.37.5 poi gli par assai meglio, s' apparecchia 24.37.6 un pasto agli avoltoi di quella carne. 24.37.7 Punizïon diversa tra sé volve; 24.37.8 e così finalmente si risolve. 24.38.1 Si rivolta ai compagni, e dice: -- Io sono 24.38.2 di lasciar vivo il disleal contento; 24.38.3 che s' in tutto non merita perdono, 24.38.4 non merita anco sì crudel tormento. 24.38.5 Che viva e che slegato sia gli dono, 24.38.6 però ch' esser d' Amor la colpa sento; 24.38.7 e facilmente ogni scusa s' ammette, 24.38.8 quando in Amor la colpa si reflette. 24.39.1 Amore ha volto sottosopra spesso 24.39.2 senno più saldo che non ha costui, 24.39.3 et ha condotto a via maggiore eccesso 24.39.4 di questo, ch' oltraggiato ha tutti nui. 24.39.5 Ad Odorico debbe esser rimesso: 24.39.6 punito esser debbo io, che cieco fui, 24.39.7 cieco a dargline impresa, e non por mente 24.39.8 che 'l fuoco arde la paglia facilmente. -- 24.40.1 Poi mirando Odorico: -- Io vo' che sia 24.40.2 (gli disse) del tuo error la penitenza, 24.40.3 che la vecchia abbi un anno in compagnia, 24.40.4 né di lasciarla mai ti sia licenza; 24.40.5 ma notte e giorno, ove tu vada o stia, 24.40.6 un' ora mai non te ne trovi senza; 24.40.7 e fin a morte sia da te difesa 24.40.8 contra ciascun che voglia farle offesa. 24.41.1 Vo', se da lei ti sarà commandato, 24.41.2 che pigli contra ognun contesa e guerra: 24.41.3 vo' in questo tempo, che tu sia ubligato 24.41.4 tutta Francia cercar di terra in terra. -- 24.41.5 Così dicea Zerbin; che pel peccato 24.41.6 meritando Odorico andar sotterra, 24.41.7 questo era porgli inanzi un' alta fossa, 24.41.8 che fia gran sorte che schivar la possa. 24.42.1 Tante donne, tanti uomini traditi 24.42.2 avea la vecchia, e tanti offesi e tanti, 24.42.3 che chi sarà con lei, non senza liti 24.42.4 potrà passar de' cavallieri erranti. 24.42.5 Così di par saranno ambi puniti: 24.42.6 ella de' suoi commessi errori inanti, 24.42.7 egli di tôrne la difesa a torto; 24.42.8 né molto potrà andar che non sia morto. 24.43.1 Di dover servar questo, Zerbin diede 24.43.2 ad Odorico un giuramento forte, 24.43.3 con patto che se mai rompe la fede, 24.43.4 e ch' inanzi gli càpiti per sorte, 24.43.5 senza udir prieghi e averne più mercede, 24.43.6 lo debba far morir di cruda morte. 24.43.7 Ad Almonio e a Corebo poi rivolto, 24.43.8 fece Zerbin che fu Odorico sciolto. 24.44.1 Corebo, consentendo Almonio, sciolse 24.44.2 il traditore al fin, ma non in fretta; 24.44.3 ch' all' uno e all' altro esser turbato dolse 24.44.4 da sì desiderata sua vendetta. 24.44.5 Quindi partissi il disleale, e tolse 24.44.6 in compagnia la vecchia maledetta. 24.44.7 Non si legge in Turpin che n' avvenisse; 24.44.8 ma vidi già un autor che più ne scrisse. 24.45.1 Scrive l' autore, il cui nome mi taccio, 24.45.2 che non furo lontani una giornata, 24.45.3 che per tôrsi Odorico quello impaccio, 24.45.4 contra ogni patto et ogni fede data, 24.45.5 al collo di Gabrina gittò un laccio, 24.45.6 e che ad un olmo la lasciò impiccata; 24.45.7 e ch' indi a un anno (ma non dice il loco) 24.45.8 Almonio a lui fece il medesmo giuoco. 24.46.1 Zerbin che dietro era venuto all' orma 24.46.2 del paladin, né perder la vorrebbe, 24.46.3 manda a dar di sé nuove alla sua torma, 24.46.4 che star senza gran dubbio non ne debbe: 24.46.5 Almonio manda, e di più cose informa, 24.46.6 che lungo il tutto a ricontar sarebbe; 24.46.7 Almonio manda, e a lui Corebo appresso; 24.46.8 né tien, fuor ch' Issabella, altri con esso. 24.47.1 Tant' era l' amor grande che Zerbino, 24.47.2 e non minor del suo quel che Issabella 24.47.3 portava al virtuoso paladino; 24.47.4 tanto il desir d' intender la novella 24.47.5 ch' egli avesse trovato il Saracino 24.47.6 che del destrier lo trasse con la sella; 24.47.7 che non farà all' esercito ritorno, 24.47.8 se non finito che sia il terzo giorno; 24.48.1 il termine ch' Orlando aspettar disse 24.48.2 il cavallier ch' ancor non porta spada. 24.48.3 Non è alcun luogo dove il conte gisse, 24.48.4 che Zerbin pel medesimo non vada. 24.48.5 Giunse al fin tra quegli arbori che scrisse 24.48.6 l' ingrata donna, un poco fuor di strada; 24.48.7 e con la fonte e col vicino sasso 24.48.8 tutti li ritruovò messi in fracasso. 24.49.1 Vede lontan non sa che luminoso, 24.49.2 e trova la corazza esser del conte; 24.49.3 e trova l' elmo poi, non quel famoso 24.49.4 ch' armò già il capo all' africano Almonte. 24.49.5 Il destrier ne la selva più nascoso 24.49.6 sente anitrire, e leva al suon la fronte; 24.49.7 e vede Brigliador pascer per l' erba, 24.49.8 che dall' arcion pendente il freno serba. 24.50.1 Durindana cercò per la foresta, 24.50.2 e fuor la vide del fodero starse. 24.50.3 Trovò, ma in pezzi, ancor la sopravesta 24.50.4 ch' in cento lochi il miser conte sparse. 24.50.5 Issabella e Zerbin con faccia mesta 24.50.6 stanno mirando, e non san che pensarse: 24.50.7 pensar potrian tutte le cose, eccetto 24.50.8 che fosse Orlando fuor dell' intelletto. 24.51.1 Se di sangue vedessino una goccia, 24.51.2 creder potrian che fosse stato morto. 24.51.3 Intanto lungo la corrente doccia 24.51.4 vider venire un pastorello smorto. 24.51.5 Costui pur dianzi avea di su la roccia 24.51.6 l' alto furor de l' infelice scorto, 24.51.7 come l' arme gittò, squarciossi i panni, 24.51.8 pastori uccise, e fe' mill' altri danni. 24.52.1 Costui, richiesto da Zerbin, gli diede 24.52.2 vera informazïon di tutto questo. 24.52.3 Zerbin si maraviglia, e a pena il crede; 24.52.4 e tuttavia n' ha indizio manifesto. 24.52.5 Sia come vuole, egli discende a piede, 24.52.6 pien di pietade, lacrimoso e mesto; 24.52.7 e ricogliendo da diversa parte 24.52.8 le reliquie ne va ch' erano sparte. 24.53.1 Del palafren discende anco Issabella, 24.53.2 e va quell' arme riducendo insieme. 24.53.3 Ecco lor sopraviene una donzella 24.53.4 dolente in vista, e di cor spesso geme. 24.53.5 Se mi domanda alcun chi sia, perch' ella 24.53.6 così s' affligge, e che dolor la preme, 24.53.7 io gli risponderò che è Fiordiligi 24.53.8 che de l' amante suo cerca i vestigi. 24.54.1 Da Brandimarte senza farle motto 24.54.2 lasciata fu ne la città di Carlo, 24.54.3 dov' ella l' aspettò sei mesi od otto; 24.54.4 e quando al fin non vide ritornarlo, 24.54.5 da un mare all' altro si mise, fin sotto 24.54.6 Pirene e l' Alpe, e per tutto a cercarlo: 24.54.7 l' andò cercando in ogni parte, fuore 24.54.8 ch' al palazzo d' Atlante incantatore. 24.55.1 Se fosse stata a quell' ostel d' Atlante, 24.55.2 veduto con Gradasso andare errando 24.55.3 l' avrebbe, con Ruggier, con Bradamante, 24.55.4 e con Ferraù prima e con Orlando; 24.55.5 ma poi che cacciò Astolfo il negromante 24.55.6 col suon del corno orribile e mirando, 24.55.7 Brandimarte tornò verso Parigi: 24.55.8 ma non sapea già questo Fiordiligi. 24.56.1 Come io vi dico, sopraggiunta a caso 24.56.2 a quei duo amanti Fiordiligi bella, 24.56.3 conobbe l' arme, e Brigliador rimaso 24.56.4 senza il patrone e col freno alla sella. 24.56.5 Vide con gli occhi il miserabil caso, 24.56.6 e n' ebbe per udita anco novella; 24.56.7 che similmente il pastorel narrolle 24.56.8 aver veduto Orlando correr folle. 24.57.1 Quivi Zerbin tutte raguna l' arme, 24.57.2 e ne fa come un bel trofeo su 'n pino; 24.57.3 e volendo vietar che non se n' arme 24.57.4 cavallier paesan né peregrino, 24.57.5 scrive nel verde ceppo in breve carme: 24.57.6 " Armatura d' Orlando paladino"; 24.57.7 come volesse dir: nessun la muova, 24.57.8 che star non possa con Orlando a prova. 24.58.1 Finito ch' ebbe la lodevol opra, 24.58.2 tornava a rimontar sul suo destriero; 24.58.3 et ecco Mandricardo arrivar sopra, 24.58.4 che visto il pin di quelle spoglie altiero, 24.58.5 lo priega che la cosa gli discuopra: 24.58.6 e quel gli narra, come ha inteso, il vero. 24.58.7 Allora il re pagan lieto non bada, 24.58.8 che viene al pino, e ne leva la spada, 24.59.1 dicendo: -- Alcun non me ne può riprendere; 24.59.2 non è pur oggi ch' io l' ho fatta mia, 24.59.3 et il possesso giustamente prendere 24.59.4 ne posso in ogni parte, ovunque sia. 24.59.5 Orlando che temea quella difendere, 24.59.6 s' ha finto pazzo, e l' ha gittata via; 24.59.7 ma quando sua viltà pur così scusi, 24.59.8 non debbe far ch' io mia ragion non usi. -- 24.60.1 Zerbino a lui gridava: -- Non la tôrre, 24.60.2 o pensa non l' aver senza questione. 24.60.3 Se togliesti così l' arme d' Ettorre, 24.60.4 tu l' hai di furto, più che di ragione. -- 24.60.5 Senz' altro dir l' un sopra l' altro corre, 24.60.6 d' animo e di virtù gran paragone. 24.60.7 Di cento colpi già rimbomba il suono, 24.60.8 né bene ancor ne la battaglia sono. 24.61.1 Di prestezza Zerbin pare una fiamma 24.61.2 a tôrsi ovunque Durindana cada: 24.61.3 di qua di là saltar come una damma 24.61.4 fa 'l suo destrier dove è miglior la strada. 24.61.5 E ben convien che non ne perda dramma; 24.61.6 ch' andrà, s' un tratto il coglie quella spada, 24.61.7 a ritrovar gl' innamorati spirti 24.61.8 ch' empion la selva degli ombrosi mirti. 24.62.1 Come il veloce can che 'l porco assalta 24.62.2 che fuor del gregge errar vegga nei campi, 24.62.3 lo va aggirando, e quinci e quindi salta; 24.62.4 ma quello attende ch' una volta inciampi: 24.62.5 così, se vien la spada o bassa od alta, 24.62.6 sta mirando Zerbin come ne scampi; 24.62.7 come la vita e l' onor salvi a un tempo, 24.62.8 tien sempre l' occhio, e fiere e fugge a tempo. 24.63.1 Da l' altra parte, ovunque il Saracino 24.63.2 la fiera spada vibra o piena o vòta, 24.63.3 sembra fra due montagne un vento alpino 24.63.4 ch' una frondosa selva il marzo scuota; 24.63.5 ch' ora la caccia a terra a capo chino, 24.63.6 or gli spezzati rami in aria ruota. 24.63.7 Ben che Zerbin più colpi e fùggia e schivi, 24.63.8 non può schivare al fin, ch' un non gli arrivi. 24.64.1 Non può schivare al fine un gran fendente 24.64.2 che tra 'l brando e lo scudo entra sul petto. 24.64.3 Grosso l' usbergo, e grossa parimente 24.64.4 era la piastra, e 'l panziron perfetto: 24.64.5 pur non gli steron contra, et ugualmente 24.64.6 alla spada crudel dieron ricetto. 24.64.7 Quella calò tagliando ciò che prese, 24.64.8 la corazza e l' arcion fin su l' arnese. 24.65.1 E se non che fu scarso il colpo alquanto, 24.65.2 per mezzo lo fendea come una canna; 24.65.3 ma penetra nel vivo a pena tanto, 24.65.4 che poco più che la pelle gli danna: 24.65.5 la non profunda piaga è lunga quanto 24.65.6 non si misureria con una spanna. 24.65.7 Le lucid' arme il caldo sangue irriga 24.65.8 per sino al piè di rubiconda riga. 24.66.1 Così talora un bel purpureo nastro 24.66.2 ho veduto partir tela d' argento 24.66.3 da quella bianca man più ch' alabastro, 24.66.4 da cui partire il cor spesso mi sento. 24.66.5 Quivi poco a Zerbin vale esser mastro 24.66.6 di guerra, et aver forza e più ardimento; 24.66.7 che di finezza d' arme e di possanza 24.66.8 il re di Tartaria troppo l' avanza. 24.67.1 Fu questo colpo del pagan maggiore 24.67.2 in apparenza, che fosse in effetto; 24.67.3 tal ch' Issabella se ne sente il core 24.67.4 fendere in mezzo all' agghiacciato petto. 24.67.5 Zerbin pien d' ardimento e di valore 24.67.6 tutto s' infiamma d' ira e di dispetto; 24.67.7 e quanto più ferire a due man puote, 24.67.8 in mezzo l' elmo il Tartaro percuote. 24.68.1 Quasi sul collo del destrier piegosse 24.68.2 per l' aspra botta il Saracin superbo; 24.68.3 e quando l' elmo senza incanto fosse, 24.68.4 partito il capo gli avria il colpo acerbo. 24.68.5 Con poco differir ben vendicosse, 24.68.6 né disse: A un' altra volta io te la serbo: 24.68.7 e la spada gli alzò verso l' elmetto, 24.68.8 sperandosi tagliarlo infin al petto. 24.69.1 Zerbin che tenea l' occhio ove la mente, 24.69.2 presto il cavallo alla man destra volse; 24.69.3 non sì presto però, che la tagliente 24.69.4 spada fuggisse, che lo scudo colse. 24.69.5 Da sommo ad imo ella il partì ugualmente, 24.69.6 e di sotto il braccial roppe e disciolse; 24.69.7 e lui ferì nel braccio, e poi l' arnese 24.69.8 spezzògli, e ne la coscia anco gli scese. 24.70.1 Zerbin di qua di là cerca ogni via, 24.70.2 né mai di quel che vuol, cosa gli avviene; 24.70.3 che l' armatura sopra cui feria, 24.70.4 un piccol segno pur non ne ritiene. 24.70.5 Da l' altra parte il re di Tartaria 24.70.6 sopra Zerbino a tal vantaggio viene, 24.70.7 che l' ha ferito in sette parti o in otto, 24.70.8 tolto lo scudo, e mezzo l' elmo rotto. 24.71.1 Quel tuttavia più va perdendo il sangue; 24.71.2 manca la forza, e ancor par che nol senta: 24.71.3 il vigoroso cor che nulla langue, 24.71.4 val sì, che 'l debol corpo ne sostenta. 24.71.5 La donna sua, per timor fatta esangue, 24.71.6 intanto a Doralice s' appresenta, 24.71.7 e la priega e la supplica per Dio, 24.71.8 che partir voglia il fiero assalto e rio. 24.72.1 Cortese come bella, Doralice, 24.72.2 né ben sicura come il fatto segua, 24.72.3 fa volentier quel ch' Issabella dice, 24.72.4 e dispone il suo amante a pace e a triegua. 24.72.5 Così a' prieghi de l' altra l' ira ultrice 24.72.6 di cor fugge a Zerbino e si dilegua: 24.72.7 et egli, ove a lei par, piglia la strada, 24.72.8 senza finir l' impresa de la spada. 24.73.1 Fiordiligi, che mal vede difesa 24.73.2 la buona spada del misero conte, 24.73.3 tacita duolsi, e tanto le ne pesa, 24.73.4 che d' ira piange e battesi la fronte. 24.73.5 Vorria aver Brandimarte a quella impresa; 24.73.6 e se mai lo ritrova e gli lo conte, 24.73.7 non crede poi che Mandricardo vada 24.73.8 lunga stagione altier di quella spada. 24.74.1 Fiordiligi cercando pure invano 24.74.2 va Brandimarte suo matina e sera; 24.74.3 e fa camin da lui molto lontano, 24.74.4 da lui che già tornato a Parigi era. 24.74.5 Tanto ella se n' andò per monte e piano, 24.74.6 che giunse ove, al passar d' una riviera, 24.74.7 vide e conobbe il miser paladino; 24.74.8 ma diciàn quel ch' avvenne di Zerbino: 24.75.1 che 'l lasciar Durindana sì gran fallo 24.75.2 gli par, che più d' ogn' altro mal gl' incresce; 24.75.3 quantunque a pena star possa a cavallo 24.75.4 pel molto sangue che gli è uscito et esce. 24.75.5 Or poi che dopo non troppo intervallo 24.75.6 cessa con l' ira il caldo, il dolor cresce: 24.75.7 cresce il dolor sì impetuosamente, 24.75.8 che mancarsi la vita se ne sente. 24.76.1 Per debolezza più non potea gire; 24.76.2 sì che fermossi appresso una fontana. 24.76.3 Non sa che far né che si debba dire 24.76.4 per aiutarlo la donzella umana. 24.76.5 Sol di disagio lo vede morire; 24.76.6 che quindi è troppo ogni città lontana, 24.76.7 dove in quel punto al medico ricorra, 24.76.8 che per pietade o premio gli soccorra. 24.77.1 Ella non sa, se non invan dolersi, 24.77.2 chiamar fortuna e il cielo empio e crudele. 24.77.3 -- Perché, ahi lassa! (dicea) non mi sommersi 24.77.4 quando levai ne l' Oceàn le vele? -- 24.77.5 Zerbin che i languidi occhi ha in lei conversi, 24.77.6 sente più doglia, ch' ella si querele, 24.77.7 che de la passïon tenace e forte 24.77.8 che l' ha condutto omai vicino a morte. 24.78.1 -- Così, cor mio, vogliate (le diceva), 24.78.2 dopo ch' io sarò morto, amarmi ancora, 24.78.3 come solo il lasciarvi è che m' aggreva 24.78.4 qui senza guida, e non già perch' io mora: 24.78.5 che se in sicura parte m' accadeva 24.78.6 finir de la mia vita l' ultima ora, 24.78.7 lieto e contento e fortunato a pieno 24.78.8 morto sarei, poi ch' io vi moro in seno. 24.79.1 Ma poi che 'l mio destino iniquo e duro 24.79.2 vol ch' io vi lasci, e non so in man di cui; 24.79.3 per questa bocca e per questi occhi giuro, 24.79.4 per queste chiome onde allacciato fui, 24.79.5 che disperato nel profondo oscuro 24.79.6 vo de lo 'nferno, ove il pensar di vui 24.79.7 ch' abbia così lasciata, assai più ria 24.79.8 sarà d' ogn' altra pena che vi sia. -- 24.80.1 A questo la mestissima Issabella, 24.80.2 declinando la faccia lacrimosa 24.80.3 e congiungendo la sua bocca a quella 24.80.4 di Zerbin, languidetta come rosa, 24.80.5 rosa non colta in sua stagion, sì ch' ella 24.80.6 impallidisca in su la siepe ombrosa, 24.80.7 disse: -- Non vi pensate già, mia vita, 24.80.8 far senza me quest' ultima partita. 24.81.1 Di ciò, cor mio, nessun timor vi tocchi; 24.81.2 ch' io vo' seguirvi o in cielo o ne lo 'nferno. 24.81.3 Convien che l' uno e l' altro spirto scocchi, 24.81.4 insieme vada, insieme stia in eterno. 24.81.5 Non sì tosto vedrò chiudervi gli occhi, 24.81.6 o che m' ucciderà il dolore interno, 24.81.7 o se quel non può tanto, io vi prometto 24.81.8 con questa spada oggi passarmi il petto. 24.82.1 De' corpi nostri ho ancor non poca speme, 24.82.2 che me' morti che vivi abbian ventura. 24.82.3 Qui forse alcun capiterà, ch' insieme, 24.82.4 mosso a pietà, darà lor sepoltura. -- 24.82.5 Così dicendo, le reliquie estreme 24.82.6 de lo spirto vital che morte fura, 24.82.7 va ricogliendo con le labra meste, 24.82.8 fin ch' una minima aura ve ne reste. 24.83.1 Zerbin la debol voce riforzando, 24.83.2 disse: -- Io vi priego e supplico, mia diva, 24.83.3 per quello amor che mi mostraste, quando 24.83.4 per me lasciaste la paterna riva; 24.83.5 e se commandar posso, io vel commando, 24.83.6 che fin che piaccia a Dio, restiate viva; 24.83.7 né mai per caso pogniate in oblio 24.83.8 che quanto amar si può v' abbia amato io. 24.84.1 Dio vi provederà d' aiuto forse, 24.84.2 per liberarvi d' ogni atto villano, 24.84.3 come fe' quando alla spelonca torse, 24.84.4 per indi trarvi, il senator romano. 24.84.5 Così (la sua mercé) già vi soccorse 24.84.6 nel mare e contra il Biscaglin profano: 24.84.7 e se pure avverrà che poi si deggia 24.84.8 morire, allora il minor mal s' elleggia. -- 24.85.1 Non credo che quest' ultime parole 24.85.2 potesse esprimer sì, che fosse inteso; 24.85.3 e finì come il debol lume suole, 24.85.4 cui cera manchi od altro in che sia acceso. 24.85.5 Chi potrà dire a pien come si duole, 24.85.6 poi che si vede pallido e disteso, 24.85.7 la giovanetta, e freddo come ghiaccio 24.85.8 il suo caro Zerbin restare in braccio? 24.86.1 Sopra il sanguigno corpo s' abbandona, 24.86.2 e di copiose lacrime lo bagna; 24.86.3 e stride sì, ch' intorno ne risuona 24.86.4 a molte miglia il bosco e la campagna. 24.86.5 Né alle guancie né al petto si perdona, 24.86.6 che l' uno e l' altro non percuota e fragna; 24.86.7 e straccia a torto l' auree crespe chiome, 24.86.8 chiamando sempre invan l' amato nome. 24.87.1 In tanta rabbia, in tal furor sommersa 24.87.2 l' avea la doglia sua, che facilmente 24.87.3 avria la spada in se stessa conversa, 24.87.4 poco al suo amante in questo ubidïente; 24.87.5 s' uno eremita ch' alla fresca e tersa 24.87.6 fonte avea usanza di tornar sovente 24.87.7 da la sua quindi non lontana cella, 24.87.8 non s' opponea, venendo, al voler d' ella. 24.88.1 Il venerabile uom, ch' alta bontade 24.88.2 avea congiunta a natural prudenzia, 24.88.3 et era tutto pien di caritade, 24.88.4 di buoni esempi ornato e d' eloquenzia, 24.88.5 alla giovan dolente persuade 24.88.6 con ragioni efficaci pazïenzia; 24.88.7 et inanzi le puon, come uno specchio, 24.88.8 donne del Testamento e nuovo e vecchio. 24.89.1 Poi le fece veder, come non fusse 24.89.2 alcun, se non in Dio, vero contento, 24.89.3 e ch' eran l' altre transitorie e flusse 24.89.4 speranze umane, e di poco momento; 24.89.5 e tanto seppe dir, che la ridusse 24.89.6 da quel crudele et ostinato intento, 24.89.7 che la vita sequente ebbe disio 24.89.8 tutta al servigio dedicar di Dio. 24.90.1 Non che lasciar del suo signor voglia unque 24.90.2 né 'l grand' amor, né le reliquie morte: 24.90.3 convien che l' abbia ovunque stia et ovunque 24.90.4 vada, e che seco e notte e dì le porte. 24.90.5 Quindi aiutando l' eremita dunque, 24.90.6 ch' era de la sua età valido e forte, 24.90.7 sul mesto suo destrier Zerbin posaro, 24.90.8 e molti dì per quelle selve andaro. 24.91.1 Non vòlse il cauto vecchio ridur seco, 24.91.2 sola con solo, la giovane bella 24.91.3 là dove ascosa in un selvaggio speco 24.91.4 non lungi avea la solitaria cella; 24.91.5 fra sé dicendo: Con periglio arreco 24.91.6 in una man la paglia e la facella. 24.91.7 Né si fida in sua età né in sua prudenzia, 24.91.8 che di sé faccia tanta esperïenzia. 24.92.1 Di condurla in Provenza ebbe pensiero, 24.92.2 non lontano a Marsilia in un castello, 24.92.3 dove di sante donne un monastero 24.92.4 ricchissimo era, e di edificio bello: 24.92.5 e per portarne il morto cavalliero, 24.92.6 composto in una cassa aveano quello, 24.92.7 che 'n un castel ch' era tra via, si fece 24.92.8 lunga e capace, e ben chiusa di pece. 24.93.1 Più e più giorni gran spazio di terra 24.93.2 cercaro, e sempre per lochi più inculti; 24.93.3 che pieno essendo ogni cosa di guerra, 24.93.4 voleano gir più che poteano occulti. 24.93.5 Al fine un cavallier la via lor serra, 24.93.6 che lor fe' oltraggi e disonesti insulti; 24.93.7 di cui dirò quando il suo loco fia; 24.93.8 ma ritorno ora al re di Tartaria. 24.94.1 Avuto ch' ebbe la battaglia il fine 24.94.2 che già v' ho detto, il giovin si raccolse 24.94.3 alle fresche ombre e all' onde cristalline; 24.94.4 et al destrier la sella e 'l freno tolse, 24.94.5 e lo lasciò per l' erbe tenerine 24.94.6 del prato andar pascendo ove egli vòlse: 24.94.7 ma non ste' molto, che vide lontano 24.94.8 calar dal monte un cavalliero al piano. 24.95.1 Conobbel, come prima alzò la fronte, 24.95.2 Doralice, e mostrollo a Mandricardo, 24.95.3 dicendo: -- Ecco il superbo Rodomonte, 24.95.4 se non m' inganna di lontan lo sguardo. 24.95.5 Per far teco battaglia cala il monte: 24.95.6 or ti potrà giovar l' esser gagliardo. 24.95.7 Perduta avermi a grande ingiuria tiene, 24.95.8 ch' era sua sposa, e a vendicar si viene. -- 24.96.1 Qual buono astor che l' anitra o l' acceggia, 24.96.2 starna o colombo o simil altro augello 24.96.3 venirsi incontra di lontano veggia, 24.96.4 leva la testa e si fa lieto e bello; 24.96.5 tal Mandricardo, come certo deggia 24.96.6 di Rodomonte far strage e macello, 24.96.7 con letizia e baldanza il destrier piglia, 24.96.8 le staffe ai piedi, e dà alla man la briglia. 24.97.1 Quando vicini fur sì, ch' udir chiare 24.97.2 tra lor poteansi le parole altiere, 24.97.3 con le mani e col capo a minacciare 24.97.4 incominciò gridando il re d' Algiere, 24.97.5 ch' a penitenza gli faria tornare, 24.97.6 che per un temerario suo piacere 24.97.7 non avesse rispetto a provocarsi 24.97.8 lui ch' altamente era per vendicarsi. 24.98.1 Rispose Mandricardo: -- Indarno tenta 24.98.2 chi mi vuol impaurir per minacciarme: 24.98.3 così fanciulli o femine spaventa, 24.98.4 o altri che non sappia che sieno arme; 24.98.5 me non, cui la battaglia più talenta 24.98.6 d' ogni riposo; e son per adoprarme 24.98.7 a piè, a cavallo, armato e disarmato, 24.98.8 sia alla campagna, o sia ne lo steccato. -- 24.99.1 Ecco sono agli oltraggi, al grido, all' ire, 24.99.2 al trar de' brandi, al crudel suon de' ferri; 24.99.3 come vento che prima a pena spire, 24.99.4 poi cominci a crollar frassini e cerri, 24.99.5 et indi oscura polve in cielo aggire, 24.99.6 indi gli arbori svella e case atterri, 24.99.7 sommerga in mare, e porti ria tempesta 24.99.8 che 'l gregge sparso uccida alla foresta. 24.100.1 De' duo pagani, senza pari in terra, 24.100.2 gli audacissimi cor, le forze estreme 24.100.3 parturiscono colpi, et una guerra 24.100.4 convenïente a sì feroce seme. 24.100.5 Del grande e orribil suon triema la terra, 24.100.6 quando le spade son percosse insieme: 24.100.7 gettano l' arme insin al ciel scintille, 24.100.8 anzi lampadi accese a mille a mille. 24.101.1 Senza mai riposarsi o pigliar fiato 24.101.2 dura fra quei duo re l' aspra battaglia, 24.101.3 tentando ora da questo, or da quel lato 24.101.4 aprir le piastre e penetrar la maglia. 24.101.5 Né perde l' un, né l' altro acquista il prato; 24.101.6 ma come intorno sian fosse o muraglia, 24.101.7 o troppo costi ogn' oncia di quel loco, 24.101.8 non si parton d' un cerchio angusto e poco. 24.102.1 Fra mille colpi il Tartaro una volta 24.102.2 colse a duo mani in fronte il re d' Algiere; 24.102.3 che gli fece veder girare in volta 24.102.4 quante mai furon fiacole e lumiere. 24.102.5 Come ogni forza all' African sia tolta, 24.102.6 le groppe del destrier col capo fere: 24.102.7 perde la staffa, et è, presente quella 24.102.8 che cotant' ama, per uscir di sella. 24.103.1 Ma come ben composto e valido arco 24.103.2 di fino acciaio in buona somma greve, 24.103.3 quanto si china più, quanto è più carco, 24.103.4 e più lo sforzan martinelli e lieve; 24.103.5 con tanto più furor, quanto è poi scarco, 24.103.6 ritorna, e fa più mal che non riceve: 24.103.7 così quello African tosto risorge, 24.103.8 e doppio il colpo all' inimico porge. 24.104.1 Rodomonte a quel segno ove fu colto, 24.104.2 colse a punto il figliol del re Agricane. 24.104.3 Per questo non poté nuocergli al volto, 24.104.4 ch' in difesa trovò l' arme troiane; 24.104.5 ma stordì in modo il Tartaro, che molto 24.104.6 non sapea s' era vespero o dimane. 24.104.7 L' irato Rodomonte non s' arresta, 24.104.8 che mena l' altro, e pur segna alla testa. 24.105.1 Il cavallo del Tartaro, ch' aborre 24.105.2 la spada che fischiando cala d' alto, 24.105.3 al suo signor con suo gran mal soccorre, 24.105.4 perché s' arretra, per fuggir, d' un salto: 24.105.5 il brando in mezzo il capo gli trascorre, 24.105.6 ch' al signor, non a lui, movea l' assalto. 24.105.7 Il miser non avea l' elmo di Troia, 24.105.8 come il patrone; onde convien che muoia. 24.106.1 Quel cade, e Mandricardo in piedi guizza, 24.106.2 non più stordito, e Durindana aggira. 24.106.3 Veder morto il cavallo entro gli adizza, 24.106.4 e fuor divampa un grave incendio d' ira. 24.106.5 L' African, per urtarlo, il destrier drizza; 24.106.6 ma non più Mandricardo si ritira, 24.106.7 che scoglio far soglia da l' onde: e avvenne 24.106.8 che 'l destrier cadde, et egli in piè si tenne. 24.107.1 L' African che mancarsi il destrier sente, 24.107.2 lascia le staffe e sugli arcion si ponta, 24.107.3 e resta in piedi e sciolto agevolmente: 24.107.4 così l' un l' altro poi di pari affronta. 24.107.5 La pugna più che mai ribolle ardente, 24.107.6 e l' odio e l' ira e la superbia monta: 24.107.7 et era per seguir; ma quivi giunse 24.107.8 in fretta un messaggier che gli disgiunse. 24.108.1 Vi giunse un messaggier del popul Moro, 24.108.2 di molti che per Francia eran mandati 24.108.3 a richiamare agli stendardi loro 24.108.4 i capitani e i cavallier privati; 24.108.5 perché l' imperator dai gigli d' oro 24.108.6 gli avea gli alloggiamenti già assediati; 24.108.7 e se non è il soccorso a venir presto, 24.108.8 l' eccidio suo conosce manifesto. 24.109.1 Riconobbe il messaggio i cavallieri, 24.109.2 oltre all' insegne, oltre alle sopraveste, 24.109.3 al girar de le spade, e ai colpi fieri 24.109.4 ch' altre man non farebbeno che queste. 24.109.5 Tra lor però non osa entrar, che speri 24.109.6 che fra tant' ira sicurtà gli preste 24.109.7 l' esser messo del re; né si conforta 24.109.8 per dir ch' imbasciator pena non porta. 24.110.1 Ma viene a Doralice, et a lei narra 24.110.2 ch' Agramante, Marsilio e Stordilano, 24.110.3 con pochi dentro a mal sicura sbarra 24.110.4 sono assediati dal popul cristiano. 24.110.5 Narrato il caso, con prieghi ne inarra 24.110.6 che faccia il tutto ai duo guerrieri piano, 24.110.7 e che gli accordi insieme, e per lo scampo 24.110.8 del popul saracin li meni in campo. 24.111.1 Tra i cavallier la donna di gran core 24.111.2 si mette, e dice loro: -- Io vi comando, 24.111.3 per quanto so che mi portate amore, 24.111.4 che riserbiate a miglior uso il brando, 24.111.5 e ne vegnate subito in favore 24.111.6 del nostro campo saracino, quando 24.111.7 si trova ora assediato ne le tende, 24.111.8 e presto aiuto, o gran ruina attende. -- 24.112.1 Indi il messo soggiunse il gran periglio 24.112.2 dei Saracini, e narrò il fatto a pieno; 24.112.3 e diede insieme lettere del figlio 24.112.4 del re Troiano al figlio d' Ulïeno. 24.112.5 Si piglia finalmente per consiglio 24.112.6 che i duo guerrier, deposto ogni veneno, 24.112.7 facciano insieme triegua fin al giorno 24.112.8 che sia tolto l' assedio ai Mori intorno; 24.113.1 e senza più dimora, come pria 24.113.2 liberato d' assedio abbian lor gente, 24.113.3 non s' intendano aver più compagnia, 24.113.4 ma crudel guerra e inimicizia ardente, 24.113.5 fin che con l' arme diffinito sia 24.113.6 chi la donna aver de' meritamente. 24.113.7 Quella, ne le cui man giurato fue, 24.113.8 fece la sicurtà per amendue. 24.114.1 Quivi era la Discordia impazïente, 24.114.2 inimica di pace e d' ogni triegua; 24.114.3 e la Superbia v' è, che non consente 24.114.4 né vuol patir che tale accordo segua. 24.114.5 Ma più di lor può Amor quivi presente, 24.114.6 di cui l' alto valor nessuno adegua; 24.114.7 e fe' ch' indietro, a colpi di saette, 24.114.8 e la Discordia e la Superbia stette. 24.115.1 Fu conclusa la triegua fra costoro, 24.115.2 sì come piacque a chi di lor potea. 24.115.3 Vi mancava uno dei cavalli loro; 24.115.4 che morto quel del Tartaro giacea: 24.115.5 però vi venne a tempo Brigliadoro, 24.115.6 che le fresche erbe lungo il rio pascea. 24.115.7 Ma al fin del canto io mi trovo esser giunto; 24.115.8 sì ch' io farò, con vostra grazia, punto.
CANTO XXV
25.1.1 Oh gran contrasto in giovenil pensiero, 25.1.2 desir di laude et impeto d' amore! 25.1.3 né chi più vaglia, ancor si trova il vero; 25.1.4 che resta or questo or quel superïore. 25.1.5 Ne l' uno ebbe e ne l' altro cavalliero 25.1.6 quivi gran forza il debito e l' onore; 25.1.7 che l' amorosa lite s' intermesse, 25.1.8 fin che soccorso il campo lor s' avesse. 25.2.1 Ma più ve l' ebbe Amor: che se non era 25.2.2 che così commandò la donna loro, 25.2.3 non si sciogliea quella battaglia fiera, 25.2.4 che l' un n' avrebbe il triunfale alloro; 25.2.5 et Agramante invan con la sua schiera 25.2.6 l' aiuto avria aspettato di costoro. 25.2.7 Dunque Amor sempre rio non si ritrova: 25.2.8 se spesso nuoce, anco talvolta giova. 25.3.1 Or l' uno e l' altro cavallier pagano, 25.3.2 che tutti ha differiti i suoi litigi, 25.3.3 va, per salvar l' esercito africano, 25.3.4 con la donna gentil verso Parigi; 25.3.5 e va con essi ancora il piccol nano 25.3.6 che seguitò del Tartaro i vestigi, 25.3.7 fin che con lui condotto a fronte a fronte 25.3.8 avea quivi il geloso Rodomonte. 25.4.1 Capitaro in un prato ove a diletto 25.4.2 erano cavallier sopra un ruscello, 25.4.3 duo disarmati e duo ch' avean l' elmetto, 25.4.4 e una donna con lor di viso bello. 25.4.5 Chi fosser quelli, altrove vi fia detto; 25.4.6 or no, che di Ruggier prima favello, 25.4.7 del buon Ruggier di cui vi fu narrato 25.4.8 che lo scudo nel pozzo avea gittato. 25.5.1 Non è dal pozzo ancor lontano un miglio, 25.5.2 che venire un corrier vede in gran fretta, 25.5.3 di quei che manda di Troiano il figlio 25.5.4 ai cavallieri onde soccorso aspetta; 25.5.5 dal qual ode che Carlo in tal periglio 25.5.6 la gente saracina tien ristretta, 25.5.7 che, se non è chi tosto le dia aita, 25.5.8 tosto l' onor vi lascierà o la vita. 25.6.1 Fu da molti pensier ridutto in forse 25.6.2 Ruggier, che tutti l' assaliro a un tratto; 25.6.3 ma qual per lo miglior dovesse tôrse, 25.6.4 né luogo avea né tempo a pensar atto. 25.6.5 Lasciò andare il messaggio, e 'l freno torse 25.6.6 là dove fu da quella donna tratto, 25.6.7 ch' ad or ad or in modo egli affrettava, 25.6.8 che nessun tempo d' indugiar le dava. 25.7.1 Quindi seguendo il camin preso, venne 25.7.2 (già declinando il sole) ad una terra 25.7.3 che 'l re Marsilio in mezzo Francia tenne, 25.7.4 tolta di man di Carlo in quella guerra. 25.7.5 Né al ponte né alla porta si ritenne, 25.7.6 che non gli niega alcuno il passo o serra, 25.7.7 ben ch' intorno al rastrello e in su le fosse 25.7.8 gran quantità d' uomini e d' arme fosse. 25.8.1 Perch' era conosciuta da la gente 25.8.2 quella donzella ch' avea in compagnia, 25.8.3 fu lasciato passar liberamente, 25.8.4 né domandato pure onde venìa. 25.8.5 Giunse alla piazza, e di fuoco lucente, 25.8.6 e piena la trovò di gente ria; 25.8.7 e vide in mezzo star con viso smorto 25.8.8 il giovine dannato ad esser morto. 25.9.1 Ruggier come gli alzò gli occhi nel viso, 25.9.2 che chino a terra e lacrimoso stava, 25.9.3 di veder Bradamante gli fu aviso, 25.9.4 tanto il giovine a lei rassimigliava. 25.9.5 Più dessa gli parea, quanto più fiso 25.9.6 al volto e alla persona il riguardava; 25.9.7 e fra sé disse: -- O questa è Bradamante, 25.9.8 o ch' io non son Ruggier com' era inante. 25.10.1 Per troppo ardir si sarà forse messa 25.10.2 del garzon condennato alla difesa; 25.10.3 e poi che mal la cosa l' è successa, 25.10.4 ne sarà stata, come io veggo, presa. 25.10.5 Deh perché tanta fretta, che con essa 25.10.6 io non potei trovarmi a questa impresa? 25.10.7 Ma Dio ringrazio che ci son venuto, 25.10.8 ch' a tempo ancora io potrò darle aiuto. -- 25.11.1 E sanza più indugiar la spada stringe 25.11.2 (ch' avea all' altro castel rotta la lancia), 25.11.3 e adosso il vulgo inerme il destrier spinge 25.11.4 per lo petto, pei fianchi e per la pancia. 25.11.5 Mena la spada a cerco, et a chi cinge 25.11.6 la fronte, a chi la gola, a chi la guancia. 25.11.7 Fugge il popul gridando; e la gran frotta 25.11.8 resta o sciancata o con la testa rotta. 25.12.1 Come stormo d' augei ch' in ripa a un stagno 25.12.2 vola sicuro e a sua pastura attende, 25.12.3 s' improviso dal ciel falcon grifagno 25.12.4 gli dà nel mezzo et un ne batte o prende, 25.12.5 si sparge in fuga, ognun lascia il compagno, 25.12.6 e de lo scampo suo cura si prende; 25.12.7 così veduto avreste far costoro, 25.12.8 tosto che 'l buon Ruggier diede fra loro. 25.13.1 A quattro o sei dai colli i capi netti 25.13.2 levò Ruggier, ch' indi a fuggir fur lenti; 25.13.3 ne divise altretanti infin ai petti, 25.13.4 fin agli occhi infiniti e fin ai denti. 25.13.5 Conciederò che non trovasse elmetti, 25.13.6 ma ben di ferro assai cuffie lucenti: 25.13.7 e s' elmi fini anco vi fosser stati, 25.13.8 così gli avrebbe, o poco men, tagliati. 25.14.1 La forza di Ruggier non era quale 25.14.2 or si ritrovi in cavallier moderno, 25.14.3 né in orso né in leon né in animale 25.14.4 altro più fiero, o nostrale od esterno. 25.14.5 Forse il tremuoto le sarebbe uguale, 25.14.6 forse il Gran diavol; non quel de lo 'nferno, 25.14.7 ma quel del mio signor, che va col fuoco 25.14.8 ch' a cielo e a terra e a mar si fa dar loco. 25.15.1 D' ogni suo colpo mai non cadea manco 25.15.2 d' un uomo in terra, e le più volte un paio; 25.15.3 e quattro a un colpo e cinque n' uccise anco, 25.15.4 sì che si venne tosto al centinaio. 25.15.5 Tagliava il brando che trasse dal fianco, 25.15.6 come un tenero latte, il duro acciaio. 25.15.7 Falerina, per dar morte ad Orlando, 25.15.8 fe' nel giardin d' Orgagna il crudel brando. 25.16.1 Averlo fatto poi ben le rincrebbe, 25.16.2 che 'l suo giardin disfar vide con esso. 25.16.3 Che strazio dunque, che ruina debbe 25.16.4 far or ch' in man di tal guerriero è messo? 25.16.5 Se mai Ruggier furor, se mai forza ebbe, 25.16.6 se mai fu l' alto suo valore espresso, 25.16.7 qui l' ebbe, il pose qui, qui fu veduto, 25.16.8 sperando dare alla sua donna aiuto. 25.17.1 Qual fa la lepre contra i cani sciolti, 25.17.2 facea la turba contra lui riparo. 25.17.3 Quei che restaro uccisi, furo molti; 25.17.4 furo infiniti quei ch' in fuga andaro. 25.17.5 Avea la donna intanto i lacci tolti, 25.17.6 ch' ambe le mani al giovine legaro; 25.17.7 e come poté meglio, presto armollo, 25.17.8 gli diè una spada in mano e un scudo al collo. 25.18.1 Egli che molto è offeso, più che puote 25.18.2 si cerca vendicar di quella gente: 25.18.3 e quivi son sì le sue forze note, 25.18.4 che riputar si fa prode e valente. 25.18.5 Già avea attuffato le dorate ruote 25.18.6 il Sol ne la marina d' occidente, 25.18.7 quando Ruggier vittorïoso e quello 25.18.8 giovine seco uscîr fuor del castello. 25.19.1 Quando il garzon sicuro de la vita 25.19.2 con Ruggier si trovò fuor de le porte, 25.19.3 gli rendé molta grazia et infinita 25.19.4 con gentil modi e con parole accorte, 25.19.5 che non lo conoscendo, a dargli aita 25.19.6 si fosse messo a rischio de la morte; 25.19.7 e pregò che 'l suo nome gli dicesse, 25.19.8 per sapere a chi tanto obligo avesse. 25.20.1 " Veggo (dicea Ruggier) la faccia bella 25.20.2 e le belle fattezze e 'l bel sembiante, 25.20.3 ma la suavità de la favella 25.20.4 non odo già de la mia Bradamante; 25.20.5 né la relazïon di grazie è quella 25.20.6 ch' ella usar debba al suo fedele amante. 25.20.7 Ma se pur questa è Bradamante, or come 25.20.8 ha sì tosto in oblio messo il mio nome?" 25.21.1 Per ben saperne il certo, accortamente 25.21.2 Ruggier le disse: -- Io v' ho veduto altrove; 25.21.3 et ho pensato e penso, e finalmente 25.21.4 non so né posso ricordarmi dove. 25.21.5 Ditemel voi, se vi ritorna a mente, 25.21.6 e fate che 'l nome anco udir mi giove, 25.21.7 acciò che saper possa a cui mia aita 25.21.8 dal fuoco abbia salvata oggi la vita. -- 25.22.1 -- Che voi m' abbiate visto esser potria 25.22.2 (rispose quel), che non so dove o quando: 25.22.3 ben vo pel mondo anch' io la parte mia, 25.22.4 strane aventure or qua or là cercando. 25.22.5 Forse una mia sorella stata fia, 25.22.6 che veste l' arme e porta al lato il brando; 25.22.7 che nacque meco, e tanto mi somiglia, 25.22.8 che non ne può discerner la famiglia. 25.23.1 Né primo né secondo né ben quarto 25.23.2 sète di quei ch' errore in ciò preso hanno: 25.23.3 né 'l padre né i fratelli né chi a un parto 25.23.4 ci produsse ambi, scernere ci sanno. 25.23.5 Gli è ver che questo crin raccorcio e sparto 25.23.6 ch' io porto, come gli altri uomini fanno, 25.23.7 et il suo lungo e in treccia al capo avvolta, 25.23.8 ci solea far già differenzia molta: 25.24.1 ma poi ch' un giorno ella ferita fu 25.24.2 nel capo (lungo saria a dirvi come), 25.24.3 e per sanarla un servo di Iesù 25.24.4 a mezza orecchia le tagliò le chiome, 25.24.5 alcun segno tra noi non restò più 25.24.6 di differenzia, fuor che 'l sesso e 'l nome. 25.24.7 Ricciardetto son io, Bradamante ella; 25.24.8 io fratel di Rinaldo, essa sorella. 25.25.1 E se non v' increscesse l' ascoltarmi, 25.25.2 cosa direi che vi faria stupire, 25.25.3 la qual m' occorse per assimigliarmi 25.25.4 a lei: gioia al principio e al fin martìre. -- 25.25.5 Ruggiero il qual più grazïosi carmi, 25.25.6 più dolce istoria non potrebbe udire, 25.25.7 che dove alcun ricordo intervenisse 25.25.8 de la sua donna, il pregò sì, che disse. 25.26.1 -- Accadde a questi dì, che pei vicini 25.26.2 boschi passando la sorella mia, 25.26.3 ferita da uno stuol de Saracini 25.26.4 che senza l' elmo la trovâr per via, 25.26.5 fu di scorciarsi astretta i lunghi crini, 25.26.6 se sanar vòlse d' una piaga ria 25.26.7 ch' avea con gran periglio ne la testa; 25.26.8 e così scorcia errò per la foresta. 25.27.1 Errando giunse ad una ombrosa fonte; 25.27.2 e perché afflitta e stanca ritrovosse, 25.27.3 dal destrier scese, e disarmò la fronte, 25.27.4 e su le tenere erbe addormentosse. 25.27.5 Io non credo che fabula si conte, 25.27.6 che più di questa istoria bella fosse. 25.27.7 Fiordispina di Spagna soprarriva, 25.27.8 che per cacciar nel bosco ne veniva. 25.28.1 E quando ritrovò la mia sirocchia 25.28.2 tutta coperta d' arme, eccetto il viso, 25.28.3 ch' avea la spada in luogo di conocchia, 25.28.4 le fu vedere un cavalliero aviso. 25.28.5 La faccia e le viril fattezze adocchia 25.28.6 tanto, che se ne sente il cor conquiso; 25.28.7 la invita a caccia, e tra l' ombrose fronde 25.28.8 lunge dagli altri al fin seco s' asconde. 25.29.1 Poi che l' ha seco in solitario loco 25.29.2 dove non teme d' esser sopraggiunta, 25.29.3 con atti e con parole a poco a poco 25.29.4 le scopre il fisso cuor di grave punta. 25.29.5 Con gli occhi ardenti e coi sospir di fuoco 25.29.6 le mostra l' alma di disio consunta. 25.29.7 Or si scolora in viso, or si raccende; 25.29.8 tanto s' arrischia, ch' un bacio ne prende. 25.30.1 La mia sorella avea ben conosciuto 25.30.2 che questa donna in cambio l' avea tolta: 25.30.3 né dar poteale a quel bisogno aiuto, 25.30.4 e si trovava in grande impaccio avvolta. 25.30.5 " Gli è meglio (dicea seco) s' io rifiuto 25.30.6 questa avuta di me credenza stolta 25.30.7 e s' io mi mostro femina gentile, 25.30.8 che lasciar riputarmi un uomo vile". 25.31.1 E dicea il ver; ch' era viltade espressa, 25.31.2 convenïente a un uom fatto di stucco, 25.31.3 con cui sì bella donna fosse messa, 25.31.4 piena di dolce e di nettareo succo, 25.31.5 e tuttavia stesse a parlar con essa, 25.31.6 tenendo basse l' ale come il cucco. 25.31.7 Con modo accorto ella il parlar ridusse, 25.31.8 che venne a dir come donzella fusse; 25.32.1 che gloria, qual già Ippolita e Camilla, 25.32.2 cerca ne l' arme; e in Africa era nata 25.32.3 in lito al mar ne la città d' Arzilla, 25.32.4 a scudo e a lancia da fanciulla usata. 25.32.5 Per questo non si smorza una scintilla 25.32.6 del fuoco de la donna inamorata. 25.32.7 Questo rimedio all' alta piaga è tardo: 25.32.8 tant' avea Amor cacciato inanzi il dardo. 25.33.1 Per questo non le par men bello il viso, 25.33.2 men bel lo sguardo e men belli i costumi; 25.33.3 per ciò non torna il cor, che già diviso 25.33.4 da lei, godea dentro gli amati lumi. 25.33.5 Vedendola in quell' abito, l' è aviso 25.33.6 che può far che 'l desir non la consumi; 25.33.7 e quando, ch' ella è pur femina, pensa, 25.33.8 sospira e piange e mostra doglia immensa. 25.34.1 Chi avesse il suo ramarico e 'l suo pianto 25.34.2 quel giorno udito, avria pianto con lei. 25.34.3 " Quai tormenti (dicea) furon mai tanto 25.34.4 crudel, che più non sian crudeli i miei? 25.34.5 D' ogn' altro amore, o scelerato o santo, 25.34.6 il desïato fin sperar potrei; 25.34.7 saprei partir la rosa da le spine: 25.34.8 solo il mio desiderio è senza fine! 25.35.1 Se pur volevi, Amor, darmi tormento 25.35.2 che t' increscesse il mio felice stato, 25.35.3 d' alcun martìr dovevi star contento, 25.35.4 che fosse ancor negli altri amanti usato. 25.35.5 Né tra gli uomini mai né tra l' armento, 25.35.6 che femina ami femina ho trovato: 25.35.7 non par la donna all' altre donne bella, 25.35.8 né a cervie cervia, né all' agnelle agnella. 25.36.1 In terra, in aria, in mar, sola son io 25.36.2 che patisco da te sì duro scempio; 25.36.3 e questo hai fatto acciò che l' error mio 25.36.4 sia ne l' imperio tuo l' ultimo esempio. 25.36.5 La moglie del re Nino ebbe disio, 25.36.6 il figlio amando, scelerato et empio, 25.36.7 e Mirra il padre, e la Cretense il toro: 25.36.8 ma gli è più folle il mio, ch' alcun dei loro. 25.37.1 La femina nel maschio fe' disegno, 25.37.2 speronne il fine, et ebbelo, come odo: 25.37.3 Pasife ne la vacca entrò del legno, 25.37.4 altre per altri mezzi e vario modo. 25.37.5 Ma se volasse a me con ogni ingegno 25.37.6 Dedalo, non potria scioglier quel nodo 25.37.7 che fece il mastro troppo diligente, 25.37.8 Natura d' ogni cosa più possente". 25.38.1 Così si duole e si consuma et ange 25.38.2 la bella donna, e non s' acchetta in fretta. 25.38.3 Talor si batte il viso e il capel frange, 25.38.4 e di sé contra sé cerca vendetta. 25.38.5 La mia sorella per pietà ne piange, 25.38.6 et è a sentir di quel dolor constretta. 25.38.7 Del folle e van disio si studia trarla, 25.38.8 ma non fa alcun profitto, e invano parla. 25.39.1 Ella ch' aiuto cerca, e non conforto, 25.39.2 sempre più si lamenta e più si duole. 25.39.3 Era del giorno il termine ormai corto; 25.39.4 che rosseggiava in occidente il sole, 25.39.5 ora oportuna da ritrarsi in porto 25.39.6 a chi la notte al bosco star non vuole; 25.39.7 quando la donna invitò Bradamante 25.39.8 a questa terra sua poco distante. 25.40.1 Non le seppe negar la mia sorella: 25.40.2 e così insieme ne vennero al loco, 25.40.3 dove la turba scelerata e fella 25.40.4 posto m' avria, se tu non v' eri, al fuoco. 25.40.5 Fece là dentro Fiordispina bella 25.40.6 la mia sirocchia accarezzar non poco: 25.40.7 e rivestita di feminil gonna, 25.40.8 conoscer fe' a ciascun ch' ella era donna. 25.41.1 Però che conoscendo che nessuno 25.41.2 util traea da quel virile aspetto, 25.41.3 non le parve anco di voler ch' alcuno 25.41.4 biasmo di sé per questo fosse detto: 25.41.5 féllo anco, acciò che 'l mal ch' avea da l' uno 25.41.6 virile abito, errando, già concetto, 25.41.7 ora con l' altro, discoprendo il vero, 25.41.8 provassi di cacciar fuor del pensiero. 25.42.1 Commune il letto ebbon la notte insieme, 25.42.2 ma molto differente ebbon riposo; 25.42.3 che l' una dorme, e l' altra piange e geme 25.42.4 che sempre il suo desir sia più focoso. 25.42.5 E se 'l sonno talor gli occhi le preme, 25.42.6 quel breve sonno è tutto imaginoso: 25.42.7 le par veder che 'l ciel l' abbia concesso 25.42.8 Bradamante cangiata in miglior sesso. 25.43.1 Come l' infermo acceso di gran sete, 25.43.2 s' in quella ingorda voglia s' addormenta, 25.43.3 ne l' interrotta e turbida quïete, 25.43.4 d' ogni acqua che mai vide si ramenta; 25.43.5 così a costei di far sue voglie liete 25.43.6 l' imagine del sonno rappresenta. 25.43.7 Si desta; e nel destar mette la mano, 25.43.8 e ritrova pur sempre il sogno vano. 25.44.1 Quanti prieghi la notte, quanti voti, 25.44.2 offerse al suo Macone e a tutti i dèi, 25.44.3 che con miracoli apparenti e noti 25.44.4 mutassero in miglior sesso costei! 25.44.5 ma tutti vede andar d' effetto vòti, 25.44.6 e forse ancora il ciel ridea di lei. 25.44.7 Passa la notte; e Febo il capo biondo 25.44.8 traea del mare, e dava luce al mondo. 25.45.1 Poi che 'l dì venne e che lasciaro il letto, 25.45.2 a Fiordispina s' augumenta doglia; 25.45.3 che Bradamante ha del partir già detto, 25.45.4 ch' uscir di questo impaccio avea gran voglia. 25.45.5 La gentil donna un ottimo ginetto 25.45.6 in don da lei vuol che partendo toglia, 25.45.7 guernito d' oro, et una sopravesta 25.45.8 che riccamente ha di sua man contesta. 25.46.1 Accompagnolla un pezzo Fiordispina, 25.46.2 poi fe' piangendo al suo castel ritorno. 25.46.3 La mia sorella sì ratto camina, 25.46.4 che venne a Montalbano anco quel giorno. 25.46.5 Noi suoi fratelli e la madre meschina 25.46.6 tutti le siamo festeggiando intorno; 25.46.7 che di lei non sentendo, avuto forte 25.46.8 dubbio e tema avevàn de la sua morte. 25.47.1 Mirammo (al trar de l' elmo) al mozzo crine, 25.47.2 ch' intorno al capo prima s' avolgea; 25.47.3 così le sopraveste peregrine 25.47.4 ne fêr maravigliar, ch' indosso avea. 25.47.5 Et ella il tutto dal principio al fine 25.47.6 narronne, come dianzi io vi dicea: 25.47.7 come ferita fosse al bosco, e come 25.47.8 lasciasse, per guarir, le belle chiome; 25.48.1 e come poi dormendo in ripa all' acque, 25.48.2 la bella cacciatrice sopragiunse, 25.48.3 a cui la falsa sua sembianza piacque; 25.48.4 e come da la schiera la disgiunse. 25.48.5 Del lamento di lei poi nulla tacque, 25.48.6 che di pietade l' anima ci punse; 25.48.7 e come alloggiò seco, e tutto quello 25.48.8 che fece fin che ritornò al castello. 25.49.1 Di Fiordispina gran notizia ebb' io, 25.49.2 ch' in Siragozza e già la vidi in Francia, 25.49.3 e piacquer molto all' appetito mio 25.49.4 i suoi begli occhi e la polita guancia: 25.49.5 ma non lasciai fermarvisi il disio; 25.49.6 che l' amar senza speme è sogno e ciancia. 25.49.7 Or, quando in tal ampiezza mi si porge, 25.49.8 l' antiqua fiamma subito risorge. 25.50.1 Di questa speme Amore ordisce i nodi, 25.50.2 che d' altre fila ordir non li potea, 25.50.3 onde mi piglia: e mostra insieme i modi 25.50.4 che da la donna avrei quel ch' io chiedea. 25.50.5 A succeder saran facil le frodi; 25.50.6 che come spesso altri ingannato avea 25.50.7 la simiglianza c' ho di mia sorella, 25.50.8 forse anco ingannerà questa donzella. 25.51.1 Faccio o nol faccio? Al fin mi par che buono 25.51.2 sempre cercar quel che diletti sia. 25.51.3 Del mio pensier con altri non ragiono, 25.51.4 né vo' ch' in ciò consiglio altri mi dia. 25.51.5 Io vo la notte ove quell' arme sono 25.51.6 che s' avea tratte la sorella mia: 25.51.7 tolgole, e col destrier suo via camino, 25.51.8 né sto aspettar che luca il matutino. 25.52.1 Io me ne vo la notte (Amore è duce) 25.52.2 a ritrovar la bella Fiordispina; 25.52.3 e v' arrivai che non era la luce 25.52.4 del sole ascosa ancor ne la marina. 25.52.5 Beato è chi correndo si conduce 25.52.6 prima degli altri a dirlo alla regina, 25.52.7 da lei sperando per l' annunzio buono 25.52.8 acquistar grazia e riportarne dono. 25.53.1 Tutti m' aveano tolto così in fallo, 25.53.2 com' hai tu fatto ancor, per Bradamante; 25.53.3 tanto più che le vesti ebbi e 'l cavallo 25.53.4 con che partita era ella il giorno inante. 25.53.5 Vien Fiordispina di poco intervallo 25.53.6 con feste incontra e con carezze tante, 25.53.7 e con sì allegro viso e sì giocondo, 25.53.8 che più gioia mostrar non potria al mondo. 25.54.1 Le belle braccia al collo indi mi getta, 25.54.2 e dolcemente stringe, e bacia in bocca. 25.54.3 Tu puoi pensar s' allora la saetta 25.54.4 dirizzi Amor, s' in mezzo il cor mi tocca. 25.54.5 Per man mi piglia, e in camera con fretta 25.54.6 mi mena; e non ad altri, ch' a lei, tocca 25.54.7 che da l' elmo allo spron l' arme mi slacci; 25.54.8 e nessun altro vuol che se n' impacci. 25.55.1 Poi fattasi arrecare una sua veste 25.55.2 adorna e ricca, di sua man la spiega, 25.55.3 e come io fossi femina, mi veste, 25.55.4 e in reticella d' oro il crin mi lega. 25.55.5 Io muovo gli occhi con maniere oneste, 25.55.6 né ch' io sia donna alcun mio gesto niega. 25.55.7 La voce ch' accusar mi potea forse, 25.55.8 sì ben usai, ch' alcun non se n' accorse. 25.56.1 Uscimmo poi là dove erano molte 25.56.2 persone in sala, e cavallieri e donne, 25.56.3 dai quali fummo con l' onor raccolte, 25.56.4 ch' alle regine fassi e gran madonne. 25.56.5 Quivi d' alcuni mi risi io più volte, 25.56.6 che non sappiendo ciò che sotto gonne 25.56.7 si nascondesse valido e gagliardo, 25.56.8 mi vagheggiavan con lascivo sguardo. 25.57.1 Poi che si fece la notte più grande, 25.57.2 e già un pezzo la mensa era levata, 25.57.3 la mensa, che fu d' ottime vivande, 25.57.4 secondo la stagione, apparecchiata; 25.57.5 non aspetta la donna ch' io domande 25.57.6 quel che m' era cagion del venir stata: 25.57.7 ella m' invita, per sua cortesia, 25.57.8 che quella notte a giacer seco io stia. 25.58.1 Poi che donne e donzelle ormai levate 25.58.2 si furo, e paggi e camerieri intorno, 25.58.3 essendo ambe nel letto dispogliate, 25.58.4 coi torchi accesi che parea di giorno, 25.58.5 io cominciai:" Non vi maravigliate, 25.58.6 madonna, se sì tosto a voi ritorno; 25.58.7 che forse v' andavate imaginando 25.58.8 di non mi riveder fin Dio sa quando. 25.59.1 Dirò prima la causa del partire, 25.59.2 poi del ritorno l' udirete ancora. 25.59.3 Se 'l vostro ardor, madonna, intiepidire 25.59.4 potuto avessi col mio far dimora, 25.59.5 vivere in vostro servizio e morire 25.59.6 voluto avrei, né starne senza un' ora; 25.59.7 ma visto quanto il mio star vi nocessi, 25.59.8 per non poter far meglio, andare elessi. 25.60.1 Fortuna mi tirò fuor del camino 25.60.2 in mezzo un bosco d' intricati rami, 25.60.3 dove odo un grido risonar vicino, 25.60.4 come di donna che soccorso chiami. 25.60.5 V' accorro, e sopra un lago cristallino 25.60.6 ritrovo un fauno ch' avea preso agli ami 25.60.7 in mezzo l' acqua una donzella nuda, 25.60.8 e mangiarsi, il crudel, la volea cruda. 25.61.1 Colà mi trassi, e con la spada in mano 25.61.2 (perch' aiutar non la potea altrimente) 25.61.3 tolsi di vita il pescator villano: 25.61.4 ella saltò ne l' acqua immantinente. 25.61.5 " Non m' avrai (disse) dato aiuto invano: 25.61.6 ben ne sarai premiato e riccamente 25.61.7 quanto chieder saprai, perché son ninfa 25.61.8 che vivo dentro a questa chiara linfa; 25.62.1 et ho possanza far cose stupende, 25.62.2 e sforzar gli elementi e la natura. 25.62.3 Chiedi tu, quanto il mio valor s' estende, 25.62.4 poi lascia a me di satisfarti cura. 25.62.5 Dal ciel la luna al mio cantar discende, 25.62.6 s' agghiaccia il fuoco, e l' aria si fa dura; 25.62.7 et ho talor con semplici parole 25.62.8 mossa la terra, et ho fermato il sole". 25.63.1 Non le domando a questa offerta unire 25.63.2 tesor, né dominar populi e terre, 25.63.3 né in più virtù né in più vigor salire, 25.63.4 né vincer con onor tutte le guerre; 25.63.5 ma sol che qualche via donde il desire 25.63.6 vostro s' adempia, mi schiuda e disserre: 25.63.7 né più le domando un ch' un altro effetto, 25.63.8 ma tutta al suo giudicio mi rimetto. 25.64.1 Ebbile apena mia domanda esposta, 25.64.2 ch' un' altra volta la vidi attuffata; 25.64.3 né fece al mio parlare altra risposta, 25.64.4 che di spruzzar vêr me l' acqua incantata: 25.64.5 la qual non prima al viso mi s' accosta, 25.64.6 ch' io (non so come) son tutta mutata. 25.64.7 Io 'l veggo, io 'l sento, e a pena vero parmi: 25.64.8 sento in maschio, di femina, mutarmi. 25.65.1 E se non fosse che senza dimora 25.65.2 vi potete chiarir, nol credereste: 25.65.3 e qual nell' altro sesso, in questo ancora 25.65.4 ho le mie voglie ad ubbidirvi preste. 25.65.5 Commandate lor pur, che fieno or ora 25.65.6 e sempremai per voi vigile e deste". 25.65.7 Così le dissi; e feci ch' ella istessa 25.65.8 trovò con man la veritade espressa. 25.66.1 Come interviene a chi già fuor di speme 25.66.2 di cosa sia che nel pensier molt' abbia, 25.66.3 che mentre più d' esserne privo geme, 25.66.4 più se n' afflige e se ne strugge e arrabbia; 25.66.5 se ben la trova poi, tanto gli preme 25.66.6 l' aver gran tempo seminato in sabbia, 25.66.7 e la disperazion l' ha sì male uso, 25.66.8 che non crede a se stesso, e sta confuso: 25.67.1 così la donna, poi che tocca e vede 25.67.2 quel di ch' avuto avea tanto desire, 25.67.3 agli occhi, al tatto, a se stessa non crede, 25.67.4 e sta dubbiosa ancor di non dormire; 25.67.5 e buona prova bisognò a far fede 25.67.6 che sentia quel che le parea sentire. 25.67.7 " Fa, Dio (disse ella), se son sogni questi, 25.67.8 ch' io dorma sempre, e mai più non mi desti". 25.68.1 Non rumor di tamburi o suon di trombe 25.68.2 furon principio all' amoroso assalto, 25.68.3 ma baci ch' imitavan le colombe, 25.68.4 davan segno or di gire, or di fare alto. 25.68.5 Usammo altr' arme che saette o frombe. 25.68.6 Io senza scale in su la ròcca salto 25.68.7 e lo stendardo piantovi di botto, 25.68.8 e la nimica mia mi caccio sotto. 25.69.1 Se fu quel letto la notte dinanti 25.69.2 pien di sospiri e di querele gravi, 25.69.3 non stette l' altra poi senza altretanti 25.69.4 risi, feste, gioir, giochi soavi. 25.69.5 Non con più nodi i flessuosi acanti 25.69.6 le colonne circondano e le travi, 25.69.7 di quelli con che noi legammo stretti 25.69.8 e colli e fianchi e braccia e gambe e petti. 25.70.1 La cosa stava tacita fra noi, 25.70.2 sì che durò il piacer per alcun mese: 25.70.3 pur si trovò chi se n' accorse poi, 25.70.4 tanto che con mio danno il re lo 'ntese. 25.70.5 Voi che mi liberaste da quei suoi 25.70.6 che ne la piazza avean le fiamme accese, 25.70.7 comprendere oggimai potete il resto; 25.70.8 ma Dio sa ben con che dolor ne resto. -- 25.71.1 Così a Ruggier narrava Ricciardetto, 25.71.2 e la notturna via facea men grave, 25.71.3 salendo tuttavia verso un poggietto 25.71.4 cinto di ripe e di pendici cave. 25.71.5 Un erto calle e pien di sassi e stretto 25.71.6 apria il camin con faticosa chiave. 25.71.7 Sedea al sommo un castel detto Agrismonte, 25.71.8 ch' ave' in guardia Aldigier di Chiaramonte. 25.72.1 Di Buovo era costui figliuol bastardo, 25.72.2 fratel di Malagigi e di Viviano: 25.72.3 chi legitimo dice di Gherardo, 25.72.4 è testimonio temerario e vano. 25.72.5 Fosse come si voglia, era gagliardo, 25.72.6 prudente, liberal, cortese, umano; 25.72.7 e facea quivi le fraterne mura 25.72.8 la notte e il dì guardar con buona cura. 25.73.1 Raccolse il cavallier cortesemente, 25.73.2 come dovea, il cugin suo Ricciardetto, 25.73.3 ch' amò come fratello; e parimente 25.73.4 fu ben visto Ruggier per suo rispetto. 25.73.5 Ma non gli uscì già incontra allegramente 25.73.6 come era usato, anzi con tristo aspetto, 25.73.7 perch' uno aviso il giorno avuto avea, 25.73.8 che nel viso e nel cor mesto il facea. 25.74.1 A Ricciardetto in cambio di saluto 25.74.2 disse: -- Fratello, abbiàn nuova non buona. 25.74.3 Per certissimo messo oggi ho saputo 25.74.4 che Bertolagi iniquo di Baiona 25.74.5 con Lanfusa crudel s' è convenuto, 25.74.6 che prezïose spoglie esso a lei dona, 25.74.7 et essa a lui pon nostri frati in mano, 25.74.8 il tuo bon Malagigi e il tuo Viviano. 25.75.1 Ella dal dì che Ferraù li prese, 25.75.2 gli ha ognor tenuti in loco oscuro e fello, 25.75.3 fin che 'l brutto contratto e discortese 25.75.4 n' ha fatto con costui di ch' io favello. 25.75.5 Gli de' mandar domane al Maganzese 25.75.6 nei confin tra Baiona e un suo castello. 25.75.7 Verrà in persona egli a pagar la mancia 25.75.8 che compra il miglior sangue che sia in Francia. 25.76.1 Rinaldo nostro n' ho avisato or ora, 25.76.2 et ho cacciato il messo di galoppo; 25.76.3 ma non mi par ch' arrivar possa ad ora 25.76.4 che non sia tarda, che 'l camino è troppo. 25.76.5 Io non ho meco gente da uscir fuora: 25.76.6 l' animo è pronto, ma il potere è zoppo. 25.76.7 Se gli ha quel traditor, li fa morire: 25.76.8 sì che non so che far, non so che dire. -- 25.77.1 La dura nuova a Ricciardetto spiace, 25.77.2 e perché spiace a lui, spiace a Ruggiero; 25.77.3 che poi che questo e quel vede che tace, 25.77.4 né tra' profitto alcun del suo pensiero, 25.77.5 disse con grande ardir: -- Datevi pace: 25.77.6 sopra me quest' impresa tutta chero; 25.77.7 e questa mia varrà per mille spade 25.77.8 a riporvi i fratelli in libertade. 25.78.1 Io non voglio altra gente, altri sussidi; 25.78.2 ch' io credo bastar solo a questo fatto: 25.78.3 io vi domando solo un che mi guidi 25.78.4 al luogo ove si dee fare il baratto. 25.78.5 Io vi farò sin qui sentire i gridi 25.78.6 di chi sarà presente al rio contratto. -- 25.78.7 Così dicea; né dicea cosa nuova 25.78.8 all' un de' dui, che n' avea visto pruova. 25.79.1 L' altro non l' ascoltava, se non quanto 25.79.2 s' ascolti un ch' assai parli e sappia poco: 25.79.3 ma Ricciardetto gli narrò da canto 25.79.4 come fu per costui tratto del fuoco; 25.79.5 e ch' era certo che maggior del vanto 25.79.6 faria veder l' effetto a tempo e a loco. 25.79.7 Gli diede allor udienza più che prima, 25.79.8 e riverillo, e fe' di lui gran stima. 25.80.1 Et alla mensa, ove la Copia fuse 25.80.2 il corno, l' onorò come suo donno. 25.80.3 Quivi senz' altro aiuto si concluse 25.80.4 che liberare i duo fratelli ponno. 25.80.5 Intanto sopravenne e gli occhi chiuse 25.80.6 ai signori e ai sergenti il pigro Sonno, 25.80.7 fuor ch' a Ruggier; che, per tenerlo desto, 25.80.8 gli punge il cor sempre un pensier molesto. 25.81.1 L' assedio d' Agramante ch' avea il giorno 25.81.2 udito dal corrier, gli sta nel core. 25.81.3 Ben vede ch' ogni minimo soggiorno 25.81.4 che faccia d' aiutarlo, è suo disnore. 25.81.5 Quanta gli sarà infamia, quanto scorno, 25.81.6 se coi nemici va del suo signore! 25.81.7 Oh come a gran viltade, a gran delitto, 25.81.8 battezzandosi alor, gli sarà ascritto! 25.82.1 Potria in ogn' altro tempo esser creduto 25.82.2 che vera religion l' avesse mosso; 25.82.3 ma ora che bisogna col suo aiuto 25.82.4 Agramante d' assedio esser riscosso, 25.82.5 più tosto da ciascun sarà tenuto 25.82.6 che timore e viltà l' abbia percosso, 25.82.7 ch' alcuna opinïon di miglior fede: 25.82.8 questo il cor di Ruggier stimula e fiede. 25.83.1 Che s' abbia da partire anco lo punge 25.83.2 senza licenzia de la sua regina. 25.83.3 Quando questo pensier, quando quel giunge, 25.83.4 che 'l dubio cor diversamente inchina. 25.83.5 Gli era l' aviso riuscito lunge 25.83.6 di trovarla al castel di Fiordispina, 25.83.7 dove insieme dovean, come ho già detto, 25.83.8 in soccorso venir di Ricciardetto. 25.84.1 Poi gli sovien ch' egli le avea promesso 25.84.2 di seco a Vallombrosa ritrovarsi. 25.84.3 Pensa ch' andar v' abbi ella, e quivi d' esso 25.84.4 che non vi trovi poi, maravigliarsi. 25.84.5 Potesse almen mandar lettera o messo, 25.84.6 sì ch' ella non avesse a lamentarsi 25.84.7 che, oltre ch' egli mal le avea ubbidito, 25.84.8 senza far motto ancor fosse partito. 25.85.1 Poi che più cose imaginate s' ebbe, 25.85.2 pensa scriverle al fin quanto gli accada; 25.85.3 e ben ch' egli non sappia come debbe 25.85.4 la lettera inviar, sì che ben vada, 25.85.5 non però vuol restar; che ben potrebbe 25.85.6 alcun messo fedel trovar per stada. 25.85.7 Più non s' indugia, e salta de le piume; 25.85.8 si fa dar carta, inchiostro, penna e lume. 25.86.1 I camarier discreti et aveduti 25.86.2 arrecano a Ruggier ciò che commanda. 25.86.3 Egli comincia a scrivere, e i saluti 25.86.4 (come si suol) nei primi versi manda: 25.86.5 poi narra degli avisi che venuti 25.86.6 son dal suo re, ch' aiuto gli domanda; 25.86.7 e se l' andata sua non è ben presta, 25.86.8 o morto o in man degli nimici resta. 25.87.1 Poi sèguita, ch' essendo a tal partito, 25.87.2 e ch' a lui per aiuto si volgea, 25.87.3 vedesse ella che 'l biasmo era infinito 25.87.4 s' a quel punto negar gli lo volea; 25.87.5 e ch' esso, a lei dovendo esser marito, 25.87.6 guardarsi da ogni macchia si dovea; 25.87.7 che non si convenia con lei, che tutta 25.87.8 era sincera, alcuna cosa brutta. 25.88.1 E se mai per adietro un nome chiaro, 25.88.2 ben oprando, cercò di guadagnarsi, 25.88.3 e guadagnato poi, se avuto caro, 25.88.4 se cercato l' avea di conservarsi; 25.88.5 or lo cercava, e n' era fatto avaro, 25.88.6 poi che dovea con lei participarsi, 25.88.7 la qual sua moglie, e totalmente in dui 25.88.8 corpi esser dovea un' anima con lui. 25.89.1 E sì come già a bocca le avea detto, 25.89.2 le ridicea per questa carta ancora: 25.89.3 finito il tempo in che per fede astretto 25.89.4 era al suo re, quando non prima muora, 25.89.5 che si farà cristian così d' effetto, 25.89.6 come di buon voler stato era ogni ora; 25.89.7 e ch' al padre e a Rinaldo e agli altri suoi 25.89.8 per moglie domandar la farà poi. 25.90.1 -- Voglio (le soggiungea), quando vi piaccia, 25.90.2 l' assedio al mio signor levar d' intorno, 25.90.3 acciò che l' ignorante vulgo taccia, 25.90.4 il qual direbbe, a mia vergogna e scorno: 25.90.5 Ruggier, mentre Agramante ebbe bonaccia, 25.90.6 mai non l' abandonò notte né giorno; 25.90.7 or che Fortuna per Carlo si piega, 25.90.8 egli col vincitor l' insegna spiega. 25.91.1 Voglio quindici dì termine o venti, 25.91.2 tanto che comparir possa una volta, 25.91.3 sì che degli africani alloggiamenti 25.91.4 la grave ossedïon per me sia tolta. 25.91.5 Intanto cercherò convenïenti 25.91.6 cagioni, e che sian giuste, di dar volta. 25.91.7 Io vi domando per mio onor sol questo: 25.91.8 tutto poi vostro è di mia vita il resto. -- 25.92.1 In simili parole si diffuse 25.92.2 Ruggier, che tutte non so dirvi a pieno; 25.92.3 e seguì con molt' altre, e non concluse 25.92.4 fin che non vide tutto il foglio pieno; 25.92.5 e poi piegò la lettera e la chiuse, 25.92.6 e suggellata se la pose in seno, 25.92.7 con speme che gli occorra il dì seguente 25.92.8 chi alla donna la dia secretamente. 25.93.1 Chiusa ch' ebbe la lettera, chiuse anco 25.93.2 gli occhi sul letto, e ritrovò quïete; 25.93.3 che 'l Sonno venne, e sparse il corpo stanco 25.93.4 col ramo intinto nel liquor di Lete: 25.93.5 e posò fin ch' un nembo rosso e bianco 25.93.6 di fiori sparse le contrade liete 25.93.7 del lucido orïente d' ogn' intorno, 25.93.8 et indi uscì de l' aureo albergo il giorno. 25.94.1 E poi ch' a salutar la nuova luce 25.94.2 pei verdi rami incomincâr gli augelli, 25.94.3 Aldigier che voleva essere il duce 25.94.4 di Ruggiero e de l' altro, e guidar quelli 25.94.5 ove faccin che dati in mano al truce 25.94.6 Bertolagi non siano i duo fratelli, 25.94.7 fu 'l primo in piede; e quando sentîr lui, 25.94.8 del letto usciro anco quegli altri dui. 25.95.1 Poi che vestiti furo e bene armati, 25.95.2 coi duo cugin Ruggier si mette in via, 25.95.3 già molto indarno avendoli pregati 25.95.4 che questa impresa a lui tutta si dia; 25.95.5 ma essi, pel desir c' han de' lor frati, 25.95.6 e perché lor parea discortesia, 25.95.7 steron negando più duri che sassi, 25.95.8 né consentiron mai che solo andassi. 25.96.1 Giunsero al loco il dì che si dovea 25.96.2 Malagigi mutar nei carrïaggi. 25.96.3 Era un' ampla campagna che giacea 25.96.4 tutta scoperta agli apollinei raggi. 25.96.5 Quivi né allòr né mirto si vedea, 25.96.6 né cipressi né frassini né faggi, 25.96.7 ma nuda ghiara, e qualche umil virgulto 25.96.8 non mai da marra o mai da vomer culto. 25.97.1 I tre guerrieri arditi si fermaro 25.97.2 dove un sentier fendea quella pianura; 25.97.3 e giunger quivi un cavallier miraro, 25.97.4 ch' avea d' oro fregiata l' armatura, 25.97.5 e per insegna in campo verde il raro 25.97.6 e bello augel che più d' un secol dura. 25.97.7 Signor, non più, che giunto al fin mi veggio 25.97.8 di questo canto, e riposarmi chieggio.
CANTO XXVI
26.1.1 Cortesi donne ebbe l' antiqua etade, 26.1.2 che le virtù, non le richezze, amaro: 26.1.3 al tempo nostro si ritrovan rade 26.1.4 a cui, più del guadagno, altro sia caro. 26.1.5 Ma quelle che per lor vera bontade 26.1.6 non seguon de le più lo stile avaro, 26.1.7 vivendo, degne son d' esser contente; 26.1.8 glorïose e immortal poi che fian spente. 26.2.1 Degna d' eterna laude è Bradamante, 26.2.2 che non amò tesor, non amò impero, 26.2.3 ma la virtù, ma l' animo prestante, 26.2.4 ma l' alta gentilezza di Ruggiero; 26.2.5 e meritò che ben le fosse amante 26.2.6 un così valoroso cavalliero, 26.2.7 e per piacere a lei facesse cose 26.2.8 nei secoli avenir miracolose. 26.3.1 Ruggier, come di sopra vi fu detto, 26.3.2 coi duo di Chiaramonte era venuto, 26.3.3 dico con Aldigier, con Ricciardetto, 26.3.4 per dare ai duo fratei prigioni aiuto. 26.3.5 Vi dissi ancor, che di superbo aspetto 26.3.6 venire un cavalliero avean veduto, 26.3.7 che portava l' augel che si rinuova, 26.3.8 e sempre unico al mondo si ritrova. 26.4.1 Come di questi il cavallier s' accorse, 26.4.2 che stavan per ferir quivi su l' ale, 26.4.3 in prova disegnò di voler porse, 26.4.4 s' alla sembianza avean virtude uguale. 26.4.5 -- È di voi (disse loro) alcuno forse 26.4.6 che provar voglia chi di noi più vale 26.4.7 a' colpi o de la lancia o de la spada, 26.4.8 fin che l' un resti in sella e l' altro cada? -- 26.5.1 -- Farei (disse Aldigier) teco, o volessi 26.5.2 menar la spada a cerco, o correr l' asta; 26.5.3 ma un' altra impresa che, se qui tu stessi, 26.5.4 veder potresti, questa in modo guasta, 26.5.5 ch' a parlar teco, non che ci traessi 26.5.6 a correr giostra, a pena tempo basta: 26.5.7 seicento uomini al varco, o più, attendiamo, 26.5.8 coi qua' d' oggi provarci obligo abbiamo. 26.6.1 Per tor lor duo de' nostri che prigioni 26.6.2 quinci trarran, pietade e amor n' ha mosso. -- 26.6.3 E seguitò narrando le cagioni 26.6.4 che li fece venir con l' arme indosso. 26.6.5 -- Sì giusta è questa escusa che m' opponi 26.6.6 (disse il guerrier), che contradir non posso; 26.6.7 e fo certo giudicio che voi siate 26.6.8 tre cavallier che pochi pari abbiate. 26.7.1 Io chiedea un colpo o dui con voi scontrarme, 26.7.2 per veder quanto fosse il valor vostro; 26.7.3 ma quando all' altrui spese dimostrarme 26.7.4 lo vogliate, mi basta, e più non giostro. 26.7.5 Vi priego ben, che por con le vostr' arme 26.7.6 quest' elmo io possa e questo scudo nostro; 26.7.7 e spero dimostrar, se con voi vegno, 26.7.8 che di tal compagnia non sono indegno. -- 26.8.1 Parmi veder ch' alcun saper desia 26.8.2 il nome di costui, che quivi giunto 26.8.3 a Ruggiero e a' compagni si offeria 26.8.4 compagno d' arme al periglioso punto. 26.8.5 Costei (non più costui detto vi sia) 26.8.6 era Marfisa che diede l' assunto 26.8.7 al misero Zerbin de la ribalda 26.8.8 vecchia Gabrina ad ogni mal sì calda. 26.9.1 I duo di Chiaramonte e il buon Ruggiero 26.9.2 l' accettâr volentier ne la lor schiera, 26.9.3 ch' esser credeano certo un cavalliero, 26.9.4 e non donzella, e non quella ch' ella era. 26.9.5 Non molto dopo scoperse Aldigiero 26.9.6 e veder fe' ai compagni una bandiera 26.9.7 che facea l' aura tremolare in volta, 26.9.8 e molta gente intorno avea raccolta. 26.10.1 E poi che più lor fur fatti vicini, 26.10.2 e che meglio notâr l' abito moro, 26.10.3 conobbero che gli eran Saracini, 26.10.4 e videro i prigioni in mezzo a loro 26.10.5 legati e tratti su piccol ronzini 26.10.6 a' Maganzesi, per cambiarli in oro. 26.10.7 Disse Marfisa agli altri: -- Ora che resta, 26.10.8 poi che son qui, di cominciar la festa? -- 26.11.1 Ruggier rispose: -- Gl' invitati ancora 26.11.2 non ci son tutti, e manca una gran parte. 26.11.3 Gran ballo s' apparecchia di fare ora; 26.11.4 e perché sia solenne, usiamo ogn' arte: 26.11.5 ma far non ponno omai lunga dimora. -- 26.11.6 Così dicendo, veggono in disparte 26.11.7 venire i traditori di Maganza: 26.11.8 sì ch' eran presso a cominciar la danza. 26.12.1 Giungean da l' una parte i Maganzesi, 26.12.2 e conducean con loro i muli carchi 26.12.3 d' oro e di vesti e d' altri ricchi arnesi; 26.12.4 da l' altra in mezzo a lance, spade et archi, 26.12.5 venian dolenti i duo germani presi, 26.12.6 che si vedeano essere attesi ai varchi: 26.12.7 e Bertolagi, empio inimico loro, 26.12.8 udian parlar col capitano Moro. 26.13.1 Né di Buovo il figliuol né quel d' Amone, 26.13.2 veduto il Maganzese, indugiar puote: 26.13.3 la lancia in resta l' uno e l' altro pone, 26.13.4 e l' uno e l' altro il traditor percuote. 26.13.5 L' un gli passa la pancia e 'l primo arcione, 26.13.6 e l' altro il viso per mezzo le gote. 26.13.7 Così n' andasser pur tutti i malvagi, 26.13.8 come a quei colpi n' andò Bertolagi. 26.14.1 Marfisa con Ruggiero a questo segno 26.14.2 si muove, e non aspetta altra trombetta; 26.14.3 né prima rompe l' arrestato legno, 26.14.4 che tre, l' un dopo l' altro, in terra getta. 26.14.5 De l' asta di Ruggier fu il pagan degno, 26.14.6 che guidò gli altri, e uscì di vita in fretta; 26.14.7 e per quella medesima con lui 26.14.8 uno et un altro andò nei regni bui. 26.15.1 Di qui nacque un error tra gli assaliti, 26.15.2 che lor causò lor ultima ruina. 26.15.3 Da un lato i Maganzesi esser traditi 26.15.4 credeansi da la squadra saracina; 26.15.5 da l' altro i Mori in tal modo feriti, 26.15.6 l' altra schiera chiamavano assassina: 26.15.7 e tra lor cominciâr con fiera clade 26.15.8 a tirare archi e a menar lancie e spade. 26.16.1 Salta ora in questa squadra et ora in quella 26.16.2 Ruggiero, e via ne toglie or dieci or venti: 26.16.3 altritanti per man de la donzella 26.16.4 di qua e di là ne son scemati e spenti. 26.16.5 Tanti si veggon gir morti di sella, 26.16.6 quanti ne toccan le spade taglienti, 26.16.7 a cui dan gli elmi e le corazze loco, 26.16.8 come nel bosco i secchi legni al fuoco. 26.17.1 Se mai d' aver veduto vi raccorda, 26.17.2 o rapportato v' ha fama all' orecchie, 26.17.3 come, allor che 'l collegio si discorda, 26.17.4 e vansi in aria a far guerra le pecchie, 26.17.5 entri fra lor la rondinella ingorda, 26.17.6 e mangi e uccida e guastine parecchie; 26.17.7 dovete imaginar che similmente 26.17.8 Ruggier fosse e Marfisa in quella gente. 26.18.1 Non così Ricciardetto e il suo cugino 26.18.2 tra le due genti varïavan danza, 26.18.3 perché, lasciando il campo saracino, 26.18.4 sol tenean l' occhio all' altro di Maganza. 26.18.5 Il fratel di Rinaldo paladino 26.18.6 con molto animo avea molta possanza, 26.18.7 e quivi raddoppiar glie la facea 26.18.8 l' odio che contra ai Maganzesi avea. 26.19.1 Facea parer questa medesma causa 26.19.2 un leon fiero il bastardo di Buovo, 26.19.3 che con la spada senza indugio e pausa 26.19.4 fende ogn' elmo, o lo schiaccia come un ovo. 26.19.5 E qual persona non saria stata ausa, 26.19.6 non saria comparita un Ettor nuovo, 26.19.7 Marfisa avendo in compagnia e Ruggiero, 26.19.8 ch' eran la scelta e 'l fior d' ogni guerriero? 26.20.1 Marfisa tuttavolta combattendo, 26.20.2 spesso ai compagni gli occhi rivoltava; 26.20.3 e di lor forza paragon vedendo, 26.20.4 con maraviglia tutti li lodava: 26.20.5 ma di Ruggier pur il valor stupendo 26.20.6 e senza pari al mondo le sembrava; 26.20.7 e talor si credea che fosse Marte 26.20.8 sceso dal quinto cielo in quella parte. 26.21.1 Mirava quelle orribili percosse, 26.21.2 miravale non mai calare in fallo: 26.21.3 parea che contra Balisarda fosse 26.21.4 il ferro carta, e non duro metallo. 26.21.5 Gli elmi tagliava e le corazze grosse, 26.21.6 e gli uomini fendea fin sul cavallo, 26.21.7 e li mandava in parte uguali al prato, 26.21.8 tanto da l' un quanto da l' altro lato. 26.22.1 Continuando la medesma botta, 26.22.2 uccidea col signore il cavallo anche. 26.22.3 I capi dalle spalle alzava in frotta, 26.22.4 e spesso i busti dipartia da l' anche. 26.22.5 Cinque e più a un colpo ne tagliò talotta: 26.22.6 e se non che pur dubito che manche 26.22.7 credenza al ver c' ha faccia di menzogna, 26.22.8 di più direi; ma di men dir bisogna. 26.23.1 Il buon Turpin, che sa che dice il vero, 26.23.2 e lascia creder poi quel ch' a l' uom piace, 26.23.3 narra mirabil cose di Ruggiero, 26.23.4 ch' udendolo, il direste voi mendace. 26.23.5 Così parea di ghiaccio ogni guerriero 26.23.6 contra Marfisa, et ella ardente face; 26.23.7 e non men di Ruggier gli occhi a sé trasse, 26.23.8 ch' ella di lui l' alto valor mirasse. 26.24.1 E s' ella lui Marte stimato avea, 26.24.2 stimato egli avria lei forse Bellona, 26.24.3 se per donna così la conoscea, 26.24.4 come parea il contrario alla persona. 26.24.5 E forse emulazion tra lor nascea, 26.24.6 per quella gente misera non buona, 26.24.7 ne la cui carne e sangue e nervi et ossa 26.24.8 fan prova chi di loro abbia più possa. 26.25.1 Bastò di quattro l' animo e il valore 26.25.2 a far ch' un campo e l' altro andasse rotto. 26.25.3 Non restava arme, a chi fuggia, migliore 26.25.4 che quella che si porta più di sotto. 26.25.5 Beato chi il cavallo ha corridore, 26.25.6 ch' in prezzo non è quivi ambio né trotto; 26.25.7 e chi non ha destrier, quivi s' avede 26.25.8 quanto il mestier de l' arme è tristo a piede. 26.26.1 Riman la preda e 'l campo ai vincitori, 26.26.2 che non è fante o mulatier che resti. 26.26.3 Là Maganzesi, e qua fuggono i Mori: 26.26.4 quei lasciano i prigion, le some questi. 26.26.5 Furon, con lieti visi e più coi cori, 26.26.6 Malagigi e Viviano a scioglier presti; 26.26.7 non fur men diligenti a sciorre i paggi, 26.26.8 e por le some in terra e i carrïaggi. 26.27.1 Oltre una buona quantità d' argento 26.27.2 ch' in diverse vasella era formato, 26.27.3 et alcun mulïebre vestimento 26.27.4 di lavoro bellissimo fregiato, 26.27.5 e per stanze reali un paramento 26.27.6 d' oro e di seta in Fiandra lavorato, 26.27.7 et altre cose ricche in copia grande; 26.27.8 fiaschi di vin trovâr, pane e vivande. 26.28.1 Al trar degli elmi, tutti vider come 26.28.2 avea lor dato aiuto una donzella: 26.28.3 fu conosciuta all' auree crespe chiome 26.28.4 et alla faccia delicata e bella. 26.28.5 L' onoran molto, e pregano che 'l nome 26.28.6 di gloria degno non asconda; et ella, 26.28.7 che sempre tra gli amici era cortese, 26.28.8 a dar di sé notizia non contese. 26.29.1 Non si ponno saziar di riguardarla; 26.29.2 che tal vista l' avean ne la battaglia. 26.29.3 Sol mira ella Ruggier, sol con lui parla: 26.29.4 altri non prezza, altri non par che vaglia. 26.29.5 Vengono i servi intanto ad invitarla 26.29.6 coi compagni a goder la vettovaglia, 26.29.7 ch' apparechiata avean sopra una fonte 26.29.8 che difendea dal raggio estivo un monte. 26.30.1 Era una de le fonti di Merlino, 26.30.2 de le quattro di Francia da lui fatte, 26.30.3 d' intorno cinta di bel marmo fino, 26.30.4 lucido e terso, e bianco più che latte. 26.30.5 Quivi d' intaglio con lavor divino 26.30.6 avea Merlino imagini ritratte: 26.30.7 direste che spiravano, e, se prive 26.30.8 non fossero di voce, ch' eran vive. 26.31.1 Quivi una bestia uscir de la foresta 26.31.2 parea, di crudel vista, odiosa e brutta, 26.31.3 ch' avea l' orecchie d' asino, e la testa 26.31.4 di lupo e i denti, e per gran fame asciutta: 26.31.5 branche avea di leon; l' altro che resta, 26.31.6 tutto era volpe: e parea scorrer tutta 26.31.7 e Francia e Italia e Spagna et Inghelterra, 26.31.8 l' Europa e l' Asia, e al fin tutta la terra. 26.32.1 Per tutto avea genti ferite e morte, 26.32.2 la bassa plebe e i più superbi capi: 26.32.3 anzi nuocer parea molto più forte 26.32.4 a re, a signori, a principi, a satrapi. 26.32.5 Peggio facea ne la romana corte, 26.32.6 che v' avea uccisi cardinali e papi: 26.32.7 contaminato avea la bella sede 26.32.8 di Pietro, e messo scandol ne la fede. 26.33.1 Par che dinanzi a questa bestia orrenda 26.33.2 cada ogni muro, ogni ripar che tocca. 26.33.3 Non si vede città che si difenda: 26.33.4 se l' apre incontra ogni castello e ròcca. 26.33.5 Par che agli onor divini anco s' estenda, 26.33.6 e sia adorata da la gente sciocca, 26.33.7 e che le chiavi s' arroghi d' avere 26.33.8 del cielo e de l' abisso in suo potere. 26.34.1 Poi si vedea d' imperïale alloro 26.34.2 cinto le chiome un cavallier venire 26.34.3 con tre giovini a par, che i gigli d' oro 26.34.4 tessuti avean nel lor real vestire; 26.34.5 e, con insegna simile, con loro 26.34.6 parea un leon contra quel mostro uscire: 26.34.7 avean lor nomi chi sopra la testa, 26.34.8 e chi nel lembo scritto de la vesta. 26.35.1 L' un ch' avea fin a l' elsa ne la pancia 26.35.2 la spada immersa alla maligna fera, 26.35.3 Francesco primo, avea scritto, di Francia; 26.35.4 Massimigliano d' Austria a par seco era; 26.35.5 e Carlo quinto imperator, di lancia 26.35.6 avea passato il mostro alla gorgiera; 26.35.7 e l' altro, che di stral gli fige il petto, 26.35.8 l' ottavo Enrigo d' Inghilterra è detto. 26.36.1 Decimo ha quel Leon scritto sul dosso, 26.36.2 ch' al brutto mostro i denti ha ne l' orecchi; 26.36.3 e tanto l' ha già travagliato e scosso, 26.36.4 che vi sono arrivati altri parecchi. 26.36.5 Parea del mondo ogni timor rimosso; 26.36.6 et in emenda degli errori vecchi 26.36.7 nobil gente accorrea, non però molta, 26.36.8 onde alla belva era la vita tolta. 26.37.1 I cavallieri stavano e Marfisa 26.37.2 con desiderio di conoscer questi, 26.37.3 per le cui mani era la bestia uccisa, 26.37.4 che fatti avea tanti luoghi atri e mesti. 26.37.5 Avenga che la pietra fosse incisa 26.37.6 dei nomi lor, non eran manifesti. 26.37.7 Si pregavan tra lor, che, se sapesse 26.37.8 l' istoria alcuno, agli altri la dicesse. 26.38.1 Voltò Viviano a Malagigi gli occhi, 26.38.2 che stava a udire, e non facea lor motto: 26.38.3 -- A te (disse) narrar l' istoria tocchi, 26.38.4 ch' esser ne déi, per quel ch' io vegga, dotto. 26.38.5 Chi son costor che con saette e stocchi 26.38.6 e lance a morte han l' animal condotto? -- 26.38.7 Rispose Malagigi: -- Non è istoria 26.38.8 di ch' abbia autor fin qui fatto memoria. 26.39.1 Sappiate che costor che qui scritto hanno 26.39.2 nel marmo i nomi, al mondo mai non furo; 26.39.3 ma fra settecento anni vi saranno, 26.39.4 con grande onor del secolo futuro. 26.39.5 Merlino, il savio incantator britanno, 26.39.6 fe' far la fonte al tempo del re Arturo; 26.39.7 e di cose ch' al mondo hanno a venire, 26.39.8 la fe' da buoni artefici scolpire. 26.40.1 Questa bestia crudele uscì del fondo 26.40.2 de lo 'nferno a quel tempo che fur fatti 26.40.3 alle campagne i termini, e fu il pondo 26.40.4 trovato e la misura, e scritti i patti. 26.40.5 Ma non andò a principio in tutto 'l mondo: 26.40.6 di sé lasciò molti paesi intatti. 26.40.7 Al tempo nostro in molti lochi sturba; 26.40.8 ma i populari offende e la vil turba. 26.41.1 Dal suo principio infin al secol nostro 26.41.2 sempre è cresciuto, e sempre andrà crescendo: 26.41.3 sempre crescendo, al lungo andar fia il mostro 26.41.4 il maggior che mai fosse e lo più orrendo. 26.41.5 Quel Fiton che per carte e per inchiostro 26.41.6 s' ode che fu sì orribile e stupendo, 26.41.7 alla metà di questo non fu tutto, 26.41.8 né tanto abominevol né sì brutto. 26.42.1 Farà strage crudel, né sarà loco 26.42.2 che non guasti, contamini et infetti: 26.42.3 e quanto mostra la scultura, è poco 26.42.4 de' suoi nefandi e abominosi effetti. 26.42.5 Al mondo, di gridar mercé già roco, 26.42.6 questi, dei quali i nomi abbiamo letti, 26.42.7 che chiari splenderan più che piropo, 26.42.8 verranno a dare aiuto al maggior uopo. 26.43.1 Alla fera crudele il più molesto 26.43.2 non sarà di Francesco il re de' Franchi: 26.43.3 e ben convien che molti ecceda in questo, 26.43.4 e nessun prima, e pochi n' abbia a' fianchi; 26.43.5 quando in splendor real, quando nel resto 26.43.6 di virtù farà molti parer manchi, 26.43.7 che già parver compiuti; come cede 26.43.8 tosto ogn' altro splendor, che 'l sol si vede. 26.44.1 L' anno primier del fortunato regno, 26.44.2 non ferma ancor ben la corona in fronte, 26.44.3 passerà l' Alpe, e romperà il disegno 26.44.4 di chi all' incontro avrà occupato il monte, 26.44.5 da giusto spinto e generoso sdegno, 26.44.6 che vendicate ancor non sieno l' onte 26.44.7 che dal furor da paschi e mandre uscito 26.44.8 l' esercito di Francia avrà patito. 26.45.1 E quindi scenderà nel ricco piano 26.45.2 di Lombardia, col fior di Francia intorno, 26.45.3 e sì l' Elvezio spezzerà, ch' invano 26.45.4 farà mai più pensier d' alzare il corno. 26.45.5 Con grande e de la chiesa e de l' ispano 26.45.6 campo e del fiorentin vergogna e scorno 26.45.7 espugnerà il castel che prima stato 26.45.8 sarà non espugnabile stimato. 26.46.1 Sopra ogn' altr' arme, ad espugnarlo, molto 26.46.2 più gli varrà quella onorata spada 26.46.3 con la qual prima avrà di vita tolto 26.46.4 il monstro corruttor d' ogni contrada. 26.46.5 Convien ch' inanzi a quella sia rivolto 26.46.6 in fuga ogni stendardo, o a terra vada; 26.46.7 né fossa, né ripar, né grosse mura 26.46.8 possan da lei tener città sicura. 26.47.1 Questo principe avrà quanta eccellenza 26.47.2 aver felice imperator mai debbia: 26.47.3 l' animo del gran Cesar, la prudenza 26.47.4 di chi mostrolla a Transimeno e a Trebbia, 26.47.5 con la fortuna d' Alessandro, senza 26.47.6 cui saria fumo ogni disegno, e nebbia. 26.47.7 Sarà sì liberal, ch' io lo contemplo 26.47.8 qui non aver né paragon né esemplo. -- 26.48.1 Così diceva Malagigi, e messe 26.48.2 desire a' cavallier d' aver contezza 26.48.3 del nome d' alcun altro ch' uccidesse 26.48.4 l' infernal bestia, uccider gli altri avezza. 26.48.5 Quivi un Bernardo tra' primi si lesse, 26.48.6 che Merlin molto nel suo scritto apprezza. 26.48.7 -- Fia nota per costui (dicea) Bibiena, 26.48.8 quanto Fiorenza sua vicina e Siena. -- 26.49.1 Non mette piede inanzi ivi persona 26.49.2 a Sismondo, a Giovanni, a Ludovico: 26.49.3 un Gonzaga, un Salviati, un d' Aragona, 26.49.4 ciascuno al brutto mostro aspro nimico. 26.49.5 V' è Francesco Gonzaga, né abandona 26.49.6 le sue vestigie il figlio Federico; 26.49.7 et ha il cognato e il genero vicino, 26.49.8 quel di Ferrara, e quel duca d' Urbino. 26.50.1 De l' un di questi il figlio Guidobaldo 26.50.2 non vuol che 'l padre o ch' altri a dietro il metta. 26.50.3 Con Otobon dal Flisco, Sinibaldo 26.50.4 caccia la fera, e van di pari in fretta. 26.50.5 Luigi da Gazolo il ferro caldo 26.50.6 fatto nel collo le ha d' una saetta, 26.50.7 che con l' arco gli diè Febo, quando anco 26.50.8 Marte la spada sua gli messe al fianco. 26.51.1 Duo Erculi, duo Ippoliti da Este, 26.51.2 un altro Ercule, un altro Ippolito anco, 26.51.3 da Gonzaga, de' Medici, le péste 26.51.4 seguon del mostro, e l' han, cacciando, stanco. 26.51.5 Né Giuliano al figliuol, né par che reste 26.51.6 Ferrante al fratel dietro; né che manco 26.51.7 Andrea Doria sia pronto; né che lassi 26.51.8 Francesco Sforza, ch' ivi uomo lo passi. 26.52.1 Del generoso, illustre e chiaro sangue 26.52.2 d' Avalo vi son dui c' han per insegna 26.52.3 lo scoglio, che dal capo ai piedi d' angue 26.52.4 par che l' empio Tifeo sotto si tegna. 26.52.5 Non è di questi duo, per fare esangue 26.52.6 l' orribil mostro, che più inanzi vegna: 26.52.7 l' uno Francesco di Pescara invitto, 26.52.8 l' altro Alfonso del Vasto ai piedi ha scritto. 26.53.1 Ma Consalvo Ferrante ove ho lasciato, 26.53.2 l' ispano onor, ch' in tanto pregio v' era, 26.53.3 che fu da Malagigi sì lodato, 26.53.4 che pochi il pareggiâr di quella schiera? 26.53.5 Guglielmo si vedea di Monferrato 26.53.6 fra quei che morto avean la brutta fera; 26.53.7 et eran pochi verso gl' infiniti 26.53.8 ch' ella v' avea chi morti e chi feriti. 26.54.1 In giuochi onesti e parlamenti lieti, 26.54.2 dopo mangiar, spesero il caldo giorno, 26.54.3 corcati su finissimi tapeti 26.54.4 tra gli arbuscelli ond' era il rivo adorno. 26.54.5 Malagigi e Vivian, perché quïeti 26.54.6 più fosser gli altri, tenean l' arme intorno; 26.54.7 quando una donna senza compagnia 26.54.8 vider, che verso lor ratto venìa. 26.55.1 Questa era quella Ippalca a cui fu tolto 26.55.2 Frontino, il bon destrier, da Rodomonte. 26.55.3 L' avea il dì inanzi ella seguito molto, 26.55.4 pregandolo ora, ora dicendogli onte; 26.55.5 ma non giovando, avea il camin rivolto 26.55.6 per ritrovar Ruggiero in Agrismonte. 26.55.7 Tra via le fu (non so già come) detto 26.55.8 che quivi il troveria con Ricciardetto. 26.56.1 E perché il luogo ben sapea (che v' era 26.56.2 stata altre volte), se ne venne al dritto 26.56.3 alla fontana; et in quella maniera 26.56.4 ve lo trovò, ch' io v' ho di sopra scritto. 26.56.5 Ma come buona e cauta messaggiera 26.56.6 che sa meglio esequir che non l' è ditto, 26.56.7 quando vide il fratel di Bradamante, 26.56.8 non conoscer Ruggier fece sembiante. 26.57.1 A Ricciardetto tutta rivoltosse, 26.57.2 sì come drittamente a lui venisse; 26.57.3 e quel che la conobbe, se le mosse 26.57.4 incontra, e domandò dove ne gisse. 26.57.5 Ella ch' ancora avea le luci rosse 26.57.6 del pianger lungo, sospirando disse; 26.57.7 ma disse forte, acciò che fosse espresso 26.57.8 a Ruggiero il suo dir, che gli era presso. 26.58.1 -- Mi traea dietro (disse) per la briglia, 26.58.2 come imposto m' avea la tua sorella, 26.58.3 un bel cavallo e buono a maraviglia, 26.58.4 ch' ella molto ama e che Frontino appella; 26.58.5 e l' avea tratto più di trenta miglia 26.58.6 verso Marsilia, ove venir debbe ella 26.58.7 fra pochi giorni, e dove ella mi disse 26.58.8 ch' io l' aspettassi fin che vi venisse. 26.59.1 Era sì baldanzoso il creder mio, 26.59.2 ch' io non stimava alcun di cor sì saldo, 26.59.3 che me l' avesse a tor, dicendogli io 26.59.4 ch' era de la sorella di Rinaldo. 26.59.5 Ma vano il mio disegno ieri m' uscìo, 26.59.6 che me lo tolse un Saracin ribaldo; 26.59.7 né per udir di chi Frontino fusse, 26.59.8 a volermelo rendere s' indusse. 26.60.1 Tutto ieri et oggi l' ho pregato; e quando 26.60.2 ho visto uscir prieghi e minaccie invano, 26.60.3 maledicendol molto e bestemmiando, 26.60.4 l' ho lasciato di qui poco lontano, 26.60.5 dove il cavallo e sé molto affannando, 26.60.6 s' aiuta, quanto può, con l' arme in mano 26.60.7 contra un guerrier ch' in tal travaglio il mette, 26.60.8 che spero ch' abbia a far le mie vendette. -- 26.61.1 Ruggiero a quel parlar salito in piede, 26.61.2 ch' avea potuto a pena il tutto udire, 26.61.3 si volta a Ricciardetto, e per mercede 26.61.4 e premio e guidardon del ben servire 26.61.5 (prieghi aggiungendo senza fin) gli chiede 26.61.6 che con la donna solo il lasci gire 26.61.7 tanto che 'l Saracin gli sia mostrato, 26.61.8 ch' a lei di mano ha il buon destrier levato. 26.62.1 A Ricciardetto, ancor che discortese 26.62.2 il conciedere altrui troppo paresse 26.62.3 di terminar le a sé debite imprese, 26.62.4 al voler di Ruggier pur si rimesse: 26.62.5 e quel licenzia dai compagni prese, 26.62.6 e con Ippalca a ritornar si messe, 26.62.7 lasciando a quei che rimanean, stupore, 26.62.8 non maraviglia pur del suo valore. 26.63.1 Poi che dagli altri allontanato alquanto 26.63.2 Ippalca l' ebbe, gli narrò ch' ad esso 26.63.3 era mandata da colei che tanto 26.63.4 avea nel core il suo valore impresso; 26.63.5 e senza finger più, seguitò quanto 26.63.6 la sua donna al partir le avea commesso, 26.63.7 e che se dianzi avea altrimente detto, 26.63.8 per la presenzia fu di Ricciardetto. 26.64.1 Disse, che chi le avea tolto il destriero, 26.64.2 ancor detto l' avea con molto orgoglio: 26.64.3 -- Perché so che 'l cavallo è di Ruggiero, 26.64.4 più volontier per questo te lo toglio. 26.64.5 S' egli di racquistarlo avrà pensiero, 26.64.6 fagli saper (ch' asconder non gli voglio) 26.64.7 ch' io son quel Rodomonte il cui valore 26.64.8 mostra per tutto 'l mondo il suo splendore. -- 26.65.1 Ascoltando, Ruggier mostra nel volto 26.65.2 di quanto sdegno acceso il cor gli sia, 26.65.3 sì perché caro avria Frontino molto, 26.65.4 sì perché venìa il dono onde venìa, 26.65.5 sì perché in suo dispregio gli par tolto; 26.65.6 vede che biasmo e disonor gli fia, 26.65.7 se tôrlo a Rodomonte non s' affretta, 26.65.8 e sopra lui non fa degna vendetta. 26.66.1 La donna Ruggier guida, e non soggiorna, 26.66.2 che por lo brama col Pagano a fronte; 26.66.3 e giunge ove la strada fa dua corna: 26.66.4 l' un va giù al piano, e l' altro va su al monte; 26.66.5 e questo e quel ne la vallea ritorna, 26.66.6 dov' ella avea lasciato Rodomonte. 26.66.7 Aspra, ma breve era la via del colle; 26.66.8 l' altra più lunga assai, ma piana e molle. 26.67.1 Il desiderio che conduce Ippalca 26.67.2 d' aver Frontino e vendicar l' oltraggio, 26.67.3 fa che 'l sentier de la montagna calca, 26.67.4 onde molto più corto era il vïaggio. 26.67.5 Per l' altra intanto il re d' Algier cavalca 26.67.6 col Tartaro e cogli altri che detto aggio; 26.67.7 e giù nel pian la via più facil tiene, 26.67.8 né con Ruggiero ad incontrar si viene. 26.68.1 Già son le lor querele differite 26.68.2 fin che soccorso ad Agramante sia 26.68.3 (questo sapete); et han d' ogni lor lite 26.68.4 la cagion, Doralice, in compagnia. 26.68.5 Ora il successo de l' istoria udite. 26.68.6 Alla fontana è la lor dritta via, 26.68.7 ove Aldigier, Marfisa, Ricciardetto, 26.68.8 Malagigi e Vivian stanno a diletto. 26.69.1 Marfisa a' prieghi de' compagni avea 26.69.2 veste da donna et ornamenti presi, 26.69.3 di quelli ch' a Lanfusa si credea 26.69.4 mandare il traditor de' Maganzesi; 26.69.5 e ben che veder raro si solea 26.69.6 senza l' osbergo e gli altri buoni arnesi, 26.69.7 pur quel dì se li trasse; e come donna, 26.69.8 a' prieghi lor lasciò vedersi in gonna. 26.70.1 Tosto che vede il Tartaro Marfisa, 26.70.2 per la credenza c' ha di guadagnarla, 26.70.3 in ricompensa e in cambio ugual s' avisa 26.70.4 di Doralice, a Rodomonte darla; 26.70.5 sì come Amor si regga a questa guisa, 26.70.6 che vender la sua donna o permutarla 26.70.7 possa l' amante, né a ragion s' attrista, 26.70.8 se quando una ne perde, una n' acquista. 26.71.1 Per dunque provedergli di donzella, 26.71.2 acciò per sé quest' altra si ritegna, 26.71.3 Marfisa, che gli par leggiadra e bella, 26.71.4 e d' ogni cavallier femina degna, 26.71.5 come abbia ad aver questa, come quella, 26.71.6 subito cara, a lui donar disegna; 26.71.7 e tutti i cavallier che con lei vede, 26.71.8 a giostra seco et a battaglia chiede. 26.72.1 Malagigi e Vivian, che l' arme aveano 26.72.2 come per guardia e sicurtà del resto, 26.72.3 si mossero dal luogo ove sedeano, 26.72.4 l' un come l' altro alla battaglia presto, 26.72.5 perché giostrar con amenduo credeano; 26.72.6 ma l' African che non venìa per questo, 26.72.7 non ne fe' segno o movimento alcuno: 26.72.8 sì che la giostra restò lor contra uno. 26.73.1 Viviano è il primo, e con gran cor si muove, 26.73.2 e nel venire abbassa un' asta grossa: 26.73.3 e 'l re pagan da le famose pruove 26.73.4 da l' altra parte vien con maggior possa. 26.73.5 Dirizza l' uno e l' altro, e segna dove 26.73.6 crede meglio fermar l' aspra percossa. 26.73.7 Viviano indarno a l' elmo il pagan fere; 26.73.8 che non lo fa piegar, non che cadere. 26.74.1 Il re pagan, ch' avea più l' asta dura, 26.74.2 fe' lo scudo a Vivian parer di ghiaccio; 26.74.3 e fuor di sella in mezzo alla verdura, 26.74.4 all' erbe e ai fiori il fe' cadere in braccio. 26.74.5 Vien Malagigi, e ponsi in aventura 26.74.6 di vendicare il suo fratello avaccio; 26.74.7 ma poi d' andargli appresso ebbe tal fretta, 26.74.8 che gli fe' compagnia più che vendetta. 26.75.1 L' altro fratel fu prima del cugino 26.75.2 coll' arme indosso, e sul destrier salito; 26.75.3 e disfidato contra il Saracino 26.75.4 venne a scontrarlo a tutta briglia ardito. 26.75.5 Risonò il colpo in mezzo a l' elmo fino 26.75.6 di quel pagan sotto la vista un dito: 26.75.7 volò al ciel l' asta in quattro tronchi rotta; 26.75.8 ma non mosse il pagan per quella botta. 26.76.1 Il pagan ferì lui dal lato manco; 26.76.2 e perché il colpo fu con troppa forza, 26.76.3 poco lo scudo, e la corazza manco 26.76.4 gli valse, che s' aprîr come una scorza. 26.76.5 Passò il ferro crudel l' omero bianco: 26.76.6 piegò Aldigier ferito a poggia e ad orza; 26.76.7 tra fiori et erbe al fin si vide avolto, 26.76.8 rosso su l' arme, e pallido nel volto. 26.77.1 Con molto ardir vien Ricciardetto appresso; 26.77.2 e nel venire arresta sì gran lancia, 26.77.3 che mostra ben, come ha mostrato spesso, 26.77.4 che degnamente è paladin di Francia: 26.77.5 et al pagan ne facea segno espresso, 26.77.6 se fosse stato pari alla bilancia; 26.77.7 ma sozzopra n' andò, perché il cavallo 26.77.8 gli cadde adosso, e non già per suo fallo. 26.78.1 Poi ch' altro cavallier non si dimostra, 26.78.2 ch' al pagan per giostrar volti la fronte, 26.78.3 pensa aver guadagnato de la giostra 26.78.4 la donna, e venne a lei presso alla fonte; 26.78.5 e disse: -- Damigella, sète nostra, 26.78.6 s' altri non è per voi ch' in sella monte. 26.78.7 Nol potete negar, né farne iscusa; 26.78.8 che di ragion di guerra così s' usa. -- 26.79.1 Marfisa, alzando con un viso altiero 26.79.2 la faccia, disse: -- Il tuo parer molto erra. 26.79.3 Io ti concedo che diresti il vero, 26.79.4 ch' io sarei tua per la ragion di guerra, 26.79.5 quando mio signor fosse o cavalliero 26.79.6 alcun di questi c' hai gittato in terra. 26.79.7 Io sua non son, né d' altri son che mia: 26.79.8 dunque me tolga a me chi mi desia. 26.80.1 So scudo e lancia adoperare anch' io, 26.80.2 e più d' un cavalliero in terra ho posto. -- 26.80.3 -- Datemi l' arme (disse) e il destrier mio, -- 26.80.4 agli scudier che l' ubbidiron tosto. 26.80.5 Trasse la gonna, et in farsetto uscìo; 26.80.6 e le belle fattezze e il ben disposto 26.80.7 corpo mostrò, ch' in ciascuna sua parte 26.80.8 fuor che nel viso, assimigliava a Marte. 26.81.1 Poi che fu armata, la spada si cinse 26.81.2 e sul destrier montò d' un leggier salto; 26.81.3 e qua e là tre volte e più lo spinse, 26.81.4 e quinci e quindi fe' girare in alto; 26.81.5 e poi, sfidando il Saracino, strinse 26.81.6 la grossa lancia e cominciò l' assalto. 26.81.7 Tal nel campo troian Pentesilea 26.81.8 contra il tessalo Achille esser dovea. 26.82.1 Le lance infin al calce si fiaccaro 26.82.2 a quel superbo scontro, come vetro; 26.82.3 né però chi le corsero, piegaro, 26.82.4 che si notasse, un dito solo a dietro. 26.82.5 Marfisa che volea conoscer chiaro 26.82.6 s' a più stretta battaglia simil metro 26.82.7 le serverebbe contra il fier pagano, 26.82.8 se gli rivolse con la spada in mano. 26.83.1 Bestemmiò il cielo e gli elementi il crudo 26.83.2 pagan, poi che restar la vide in sella: 26.83.3 ella, che gli pensò romper lo scudo, 26.83.4 non men sdegnosa contra il ciel favella. 26.83.5 Già l' uno e l' altro ha in mano il ferro nudo, 26.83.6 e su le fatal arme si martella: 26.83.7 l' arme fatali han parimente intorno, 26.83.8 che mai non bisognâr più di quel giorno. 26.84.1 Sì buona è quella piastra e quella maglia, 26.84.2 che spada o lancia non le taglia o fora; 26.84.3 sì che potea seguir l' aspra battaglia 26.84.4 tutto quel giorno e l' altro appresso ancora. 26.84.5 Ma Rodomonte in mezzo lor si scaglia, 26.84.6 e riprende il rival de la dimora, 26.84.7 dicendo: -- Se battaglia pur far vuoi, 26.84.8 finiàn la cominciata oggi fra noi. 26.85.1 Facemmo, come sai, triegua con patto 26.85.2 di dar soccorso alla milizia nostra. 26.85.3 Non debbiàn, prima che sia questo fatto, 26.85.4 incominciare altra battaglia o giostra. -- 26.85.5 Indi a Marfisa, riverente in atto 26.85.6 si volta, e quel messaggio le dimostra; 26.85.7 e le racconta come era venuto 26.85.8 a chieder lor per Agramante aiuto. 26.86.1 La priega poi che le piaccia non solo 26.86.2 lasciar quella battaglia o differire, 26.86.3 ma che voglia in aiuto del figliuolo 26.86.4 del re Troian con essi lor venire; 26.86.5 onde la fama sua con maggior volo 26.86.6 potrà far meglio infin al ciel salire, 26.86.7 che, per querela di poco momento, 26.86.8 dando a tanto disegno impedimento. 26.87.1 Marfisa, che fu sempre disïosa 26.87.2 di provar quei di Carlo a spada e a lancia, 26.87.3 né l' avea indotta a venire altra cosa 26.87.4 di sì lontana regïone in Francia, 26.87.5 se non per esser certa se famosa 26.87.6 lor nominanza era per vero o ciancia, 26.87.7 tosto d' andar con lor partito prese, 26.87.8 che d' Agramante il gran bisogno intese. 26.88.1 Ruggiero in questo mezzo avea seguìto 26.88.2 indarno Ippalca per la via del monte; 26.88.3 e trovò, giunto al loco, che partito 26.88.4 per altra via se n' era Rodomonte: 26.88.5 e pensando che lungi non era ito, 26.88.6 e che 'l sentier tenea dritto alla fonte, 26.88.7 trottando in fretta dietro gli venìa 26.88.8 per l' orme ch' eran fresche in su la via. 26.89.1 Vòlse che Ippalca a Montalban pigliasse 26.89.2 la via, ch' una giornata era vicino; 26.89.3 perché s' alla fontana ritornasse, 26.89.4 si torria troppo dal dritto camino. 26.89.5 E disse a lei, che già non dubitasse 26.89.6 che non s' avesse a ricovrar Frontino: 26.89.7 ben le farebbe a Montalbano, o dove 26.89.8 ella si trovi, udir tosto le nuove. 26.90.1 E le diede la lettera che scrisse 26.90.2 in Agrismonte, e che si portò in seno; 26.90.3 e molte cose a bocca anco le disse, 26.90.4 e la pregò che l' escusasse a pieno. 26.90.5 Ne la memoria Ippalca il tutto fisse, 26.90.6 prese licenzia e voltò il palafreno; 26.90.7 e non cessò la buona messaggiera, 26.90.8 ch' in Montalban si ritrovò la sera. 26.91.1 Seguia Ruggiero in fretta il Saracino 26.91.2 per l' orme ch' apparian ne la via piana, 26.91.3 ma non lo giunse prima che vicino 26.91.4 con Mandricardo il vide alla fontana. 26.91.5 Già promesso s' avean che per camino 26.91.6 l' un non farebbe all' altro cosa strana, 26.91.7 né fin ch' al campo si fosse soccorso, 26.91.8 a cui Carlo era appresso a porre il morso. 26.92.1 Quivi giunto Ruggier, Frontin conobbe, 26.92.2 e conobbe per lui chi adosso gli era; 26.92.3 e su la lancia fe' le spalle gobbe, 26.92.4 e sfidò l' African con voce altiera. 26.92.5 Rodomonte quel dì fe' più che Iobbe, 26.92.6 poi che domò la sua superbia fiera; 26.92.7 e ricusò la pugna ch' avea usanza 26.92.8 di sempre egli cercar con ogni instanza. 26.93.1 Il primo giorno e l' ultimo, che pugna 26.93.2 mai ricusasse il re d' Algier, fu questo; 26.93.3 ma tanto il desiderio che si giugna 26.93.4 in soccorso al suo re gli pare onesto, 26.93.5 che se credesse aver Ruggier ne l' ugna 26.93.6 più che mai lepre il pardo isnello e presto, 26.93.7 non se vorria fermar tanto con lui, 26.93.8 che fêsse un colpo de la spada o dui. 26.94.1 Aggiungi che sapea ch' era Ruggiero 26.94.2 che seco per Frontin facea battaglia, 26.94.3 tanto famoso, ch' altro cavalliero 26.94.4 non è ch' a par di lui di gloria saglia, 26.94.5 l' uom che bramato ha di saper per vero 26.94.6 esperimento quanto in arme vaglia; 26.94.7 e pur non vuol seco accettar l' impresa: 26.94.8 tanto l' assedio del suo re gli pesa. 26.95.1 Trecento miglia sarebbe ito e mille, 26.95.2 se ciò non fosse, a comperar tal lite; 26.95.3 ma se l' avesse oggi sfidato Achille, 26.95.4 più fatto non avria di quel ch' udite: 26.95.5 tanto a quel punto sotto le faville 26.95.6 le fiamme avea del suo furor sopite. 26.95.7 Narra a Ruggier perché pugna rifiuti; 26.95.8 et anco il priega che l' impresa aiuti: 26.96.1 che facendol, farà quel che far deve 26.96.2 al suo signore un cavallier fedele. 26.96.3 Sempre che questo assedio poi si leve, 26.96.4 avran ben tempo da finir querele. 26.96.5 Ruggier rispose a lui: -- Mi sarà lieve 26.96.6 differir questa pugna, fin che de le 26.96.7 forze di Carlo si traggia Agramante, 26.96.8 pur che mi rendi il mio Frontino inante. 26.97.1 Se di provarti c' hai fatto gran fallo, 26.97.2 e fatto hai cosa indegna ad un uom forte, 26.97.3 d' aver tolto a una donna il mio cavallo, 26.97.4 vuoi ch' io prolunghi fin che siamo in corte, 26.97.5 lascia Frontino, e nel mio arbitrio dàllo. 26.97.6 Non pensare altrimente ch' io sopporte 26.97.7 che la battaglia qui tra noi non segua, 26.97.8 o ch' io ti faccia sol d' un' ora triegua. -- 26.98.1 Mentre Ruggiero all' African domanda 26.98.2 o Frontino o battaglia allora allora, 26.98.3 e quello in lungo e l' uno e l' altro manda, 26.98.4 né vuol dare il destrier, né far dimora; 26.98.5 Mandricardo ne vien da un' altra banda, 26.98.6 e mette in campo un' altra lite ancora, 26.98.7 poi che vede Ruggier che per insegna 26.98.8 porta l' augel che sopra gli altri regna. 26.99.1 Nel campo azzur l' aquila bianca avea, 26.99.2 che de' Troiani fu l' insegna bella: 26.99.3 perché Ruggier l' origine traea 26.99.4 dal fortissimo Ettòr, portava quella. 26.99.5 Ma questo Mandricardo non sapea; 26.99.6 né vuol patire, e grande ingiuria appella, 26.99.7 che ne lo scudo un altro debba porre 26.99.8 l' aquila bianca del famoso Ettorre. 26.100.1 Portava Mandricardo similmente 26.100.2 l' augel che rapì in Ida Ganimede. 26.100.3 Come l' ebbe quel dì che fu vincente 26.100.4 al Castel periglioso, per mercede, 26.100.5 credo vi sia con l' altre istorie a mente, 26.100.6 e come quella fata gli lo diede 26.100.7 con tutte le bell' arme che Vulcano 26.100.8 avea già date al cavallier troiano. 26.101.1 Altra volta a battaglia erano stati 26.101.2 Mandricardo e Ruggier solo per questo; 26.101.3 e per che caso fosser distornati, 26.101.4 io nol dirò, che già v' è manifesto. 26.101.5 Dopo non s' eran mai più raccozzati, 26.101.6 se non quivi ora; e Mandricardo presto, 26.101.7 visto lo scudo, alzò il superbo grido 26.101.8 minacciando, e a Ruggier disse: -- Io ti sfido. 26.102.1 Tu la mia insegna, temerario, porti; 26.102.2 né questo è il primo dì ch' io te l' ho detto. 26.102.3 E credi, pazzo, ancor ch' io tel comporti, 26.102.4 per una volta ch' io t' ebbi rispetto? 26.102.5 Ma poi che né minaccie né conforti 26.102.6 ti pôn questa follia levar del petto, 26.102.7 ti mostrerò quanto miglior partito 26.102.8 t' era d' avermi subito ubbidito. -- 26.103.1 Come ben riscaldato àrrido legno 26.103.2 a piccol soffio subito s' accende, 26.103.3 così s' avampa di Ruggier lo sdegno 26.103.4 al primo motto che di questo intende. 26.103.5 -- Ti pensi (disse) farmi stare al segno, 26.103.6 perché quest' altro ancor meco contende? 26.103.7 Ma mostrerotti ch' io son buon per tôrre 26.103.8 Frontino a lui, lo scudo a te d' Ettorre. 26.104.1 Un' altra volta pur per questo venni 26.104.2 teco a battaglia, e non è gran tempo anco; 26.104.3 ma d' ucciderti allora mi contenni, 26.104.4 perché tu non avevi spada al fianco. 26.104.5 Questi fatti saran, quelli fur cenni; 26.104.6 e mal sarà per te quell' augel bianco, 26.104.7 ch' antiqua insegna è stata di mia gente: 26.104.8 tu te l' usurpi, io 'l porto giustamente. -- 26.105.1 -- Anzi t' usurpi tu l' insegna mia! -- 26.105.2 rispose Mandricardo; e trasse il brando, 26.105.3 quello che poco inanzi per follia 26.105.4 avea gittato alla foresta Orlando. 26.105.5 Il buon Ruggier, che di sua cortesia 26.105.6 non può non sempre ricordarsi, quando 26.105.7 vide il Pagan ch' avea tratta la spada, 26.105.8 lasciò cader la lancia ne la strada. 26.106.1 E tutto a un tempo Balisarda stringe, 26.106.2 la buona spada, e me' lo scudo imbraccia: 26.106.3 ma l' Africano in mezzo il destrier spinge, 26.106.4 e Marfisa con lui presta si caccia; 26.106.5 e l' uno questo, e l' altro quel respinge, 26.106.6 e priegano amendui che non si faccia. 26.106.7 Rodomonte si duol che rotto il patto 26.106.8 due volte ha Mandricardo, che fu fatto. 26.107.1 Prima, credendo d' acquistar Marfisa, 26.107.2 fermato s' era a far più d' una giostra; 26.107.3 or per privar Ruggier d' una divisa, 26.107.4 di curar poco il re Agramante mostra. 26.107.5 -- Se pur (dicea) déi fare a questa guisa, 26.107.6 finiàn prima tra noi la lite nostra, 26.107.7 convenïente e più debita assai, 26.107.8 ch' alcuna di quest' altre che prese hai. 26.108.1 Con tal condizïon fu stabilita 26.108.2 la triegua e questo accordo ch' è fra nui. 26.108.3 Come la pugna teco avrò finita, 26.108.4 poi del destrier risponderò a costui. 26.108.5 Tu del tuo scudo, rimanendo in vita, 26.108.6 la lite avrai da terminar con lui; 26.108.7 ma ti darò da far tanto, mi spero, 26.108.8 che non n' avanzarà troppo a Ruggiero. -- 26.109.1 -- La parte che ti pensi, non n' avrai 26.109.2 (rispose Mandricardo a Rodomonte): 26.109.3 io te ne darò più che non vorrai, 26.109.4 e ti farò sudar dal piè alla fronte: 26.109.5 e me ne rimarrà per darne assai 26.109.6 (come non manca mai l' acqua del fonte) 26.109.7 et a Ruggiero et a mill' altri seco, 26.109.8 e a tutto il mondo che la voglia meco. -- 26.110.1 Moltiplicavan l' ire e le parole 26.110.2 quando da questo e quando da quel lato: 26.110.3 con Rodomonte e con Ruggier la vuole 26.110.4 tutto in un tempo Mandricardo irato; 26.110.5 Ruggier, ch' oltraggio sopportar non suole, 26.110.6 non vuol più accordo, anzi litigio e piato. 26.110.7 Marfisa or va da questo, or da quel canto 26.110.8 per riparar, ma non può sola tanto. 26.111.1 Come il villan, se fuor per l' alte sponde 26.111.2 trapela il fiume e cerca nuova strada, 26.111.3 frettoloso a vietar che non affonde 26.111.4 i verdi paschi e la sperata biada, 26.111.5 chiude una via et un' altra, e si confonde; 26.111.6 che se ripara quinci che non cada, 26.111.7 quindi vede lassar gli argini molli, 26.111.8 e fuor l' acqua spicciar con più rampolli: 26.112.1 così, mentre Ruggiero e Mandricardo 26.112.2 e Rodomonte son tutti sozzopra, 26.112.3 ch' ognun vuol dimostrarsi più gagliardo, 26.112.4 et ai compagni rimaner di sopra, 26.112.5 Marfisa ad acchetarli have riguardo, 26.112.6 e s' affatica, e perde il tempo e l' opra; 26.112.7 che, come ne spicca uno e lo ritira, 26.112.8 gli altri duo risalir vede con ira. 26.113.1 Marfisa, che volea porgli d' accordo, 26.113.2 dicea: -- Signori, udite il mio consiglio: 26.113.3 differire ogni lite è buon ricordo 26.113.4 fin ch' Agramante sia fuor di periglio. 26.113.5 S' ognun vuole al suo fatto essere ingordo, 26.113.6 anch' io con Mandricardo mi ripiglio; 26.113.7 e vo' vedere al fin se guadagnarme, 26.113.8 come egli ha detto, è buon per forza d' arme. 26.114.1 Ma se si de' soccorrere Agramante, 26.114.2 soccorrasi, e tra noi non si contenda. -- 26.114.3 -- Per me non si starà d' andare inante 26.114.4 (disse Ruggier), pur che 'l destrier si renda. 26.114.5 O che mi dia il cavallo, a far di tante 26.114.6 una parola, o che da me il difenda: 26.114.7 o che qui morto ho da restare, o ch' io 26.114.8 in campo ho da tornar sul destrier mio. -- 26.115.1 Rispose Rodomonte: -- Ottener questo 26.115.2 non fia così, come quell' altro, lieve. -- 26.115.3 E seguitò dicendo: -- Io ti protesto 26.115.4 che, s' alcun danno il nostro re riceve, 26.115.5 fia per tua colpa; ch' io per me non resto 26.115.6 di fare a tempo quel che far si deve. -- 26.115.7 Ruggiero a quel protesto poco bada; 26.115.8 ma stretto dal furor stringe la spada. 26.116.1 Al re d' Algier come cingial si scaglia, 26.116.2 e l' urta con lo scudo e con la spalla; 26.116.3 e in modo lo disordina e sbarraglia, 26.116.4 che fa che d' una staffa il piè gli falla. 26.116.5 Mandricardo gli grida: -- O la battaglia 26.116.6 differisci, Ruggiero, o meco fàlla; -- 26.116.7 e crudele e fellon più che mai fosse, 26.116.8 Ruggier su l' elmo in questo dir percosse. 26.117.1 Fin sul collo al destrier Ruggier s' inchina, 26.117.2 né, quando vuolsi rilevar, si puote; 26.117.3 perché gli sopragiunge la ruina 26.117.4 del figlio d' Ulïen che lo percuote. 26.117.5 Se non era di tempra adamantina, 26.117.6 fesso l' elmo gli avria fin tra le gote. 26.117.7 Apre Ruggier le mani per l' ambascia, 26.117.8 e l' una il fren, l' altra la spada lascia. 26.118.1 Se lo porta il destrier per la campagna: 26.118.2 dietro gli resta in terra Balisarda. 26.118.3 Marfisa che quel dì fatta compagna 26.118.4 se gli era d' arme, par ch' avampi et arda, 26.118.5 che solo fra que' duo così rimagna: 26.118.6 e come era magnanima e gagliarda, 26.118.7 si drizza a Mandricardo, e col potere 26.118.8 ch' avea maggior, sopra la testa il fiere. 26.119.1 Rodomonte a Ruggier dietro si spinge: 26.119.2 vinto è Frontin, s' un' altra gli n' appicca; 26.119.3 ma Ricciardetto con Vivian si stringe, 26.119.4 e tra Ruggiero e 'l Saracin si ficca. 26.119.5 L' uno urta Rodomonte e lo rispinge, 26.119.6 e da Ruggier per forza lo dispicca; 26.119.7 l' altro la spada sua, che fu Viviano, 26.119.8 pone a Ruggier, già risentito, in mano. 26.120.1 Tosto che 'l buon Ruggiero in sé ritorna, 26.120.2 e che Vivian la spada gli appresenta, 26.120.3 a vendicar l' ingiuria non soggiorna, 26.120.4 e verso il re d' Algier ratto s' aventa, 26.120.5 come il leon che tolto su le corna 26.120.6 dal bue sia stato, e che 'l dolor non senta: 26.120.7 sì sdegno et ira et impeto l' affretta, 26.120.8 stimula e sferza a far la sua vendetta. 26.121.1 Ruggier sul capo al Saracin tempesta: 26.121.2 e se la spada sua si ritrovasse, 26.121.3 che, come ho detto, al comminciar di questa 26.121.4 pugna, di man gran fellonia gli trasse, 26.121.5 mi credo ch' a difendere la testa 26.121.6 di Rodomonte l' elmo non bastasse, 26.121.7 l' elmo che fece il re far di Babelle 26.121.8 quando muover pensò guerra alle stelle. 26.122.1 La Discordia, credendo non potere 26.122.2 altro esser quivi che contese e risse, 26.122.3 né vi dovesse mai più luogo avere 26.122.4 o pace o triegua, alla sorella disse 26.122.5 ch' omai sicuramente a rivedere 26.122.6 i monachetti suoi seco venisse. 26.122.7 Lasciànle andare, e stiàn noi dove in fronte 26.122.8 Ruggiero avea ferito Rodomonte. 26.123.1 Fu il colpo di Ruggier di sì gran forza, 26.123.2 che fece in su la groppa di Frontino 26.123.3 percuoter l' elmo e quella dura scorza 26.123.4 di ch' avea armato il dosso il Saracino, 26.123.5 e lui tre volte e quattro a poggia e ad orza 26.123.6 piegar per gire in terra a capo chino; 26.123.7 e la spada egli ancora avria perduta, 26.123.8 se legata alla man non fosse suta. 26.124.1 Avea Marfisa a Mandricardo intanto 26.124.2 fatto sudar la fronte, il viso e il petto, 26.124.3 et egli aveva a lei fatto altretanto; 26.124.4 ma sì l' osbergo d' ambi era perfetto, 26.124.5 che mai potêr falsarlo in nessun canto, 26.124.6 e stati eran sin qui pari in effetto: 26.124.7 ma in un voltar che fece il suo destriero, 26.124.8 bisogno ebbe Marfisa di Ruggiero. 26.125.1 Il destrier di Marfisa in un voltarsi 26.125.2 che fece stretto, ov' era molle il prato, 26.125.3 sdrucciolò in guisa, che non poté aitarsi 26.125.4 di non tutto cader sul destro lato; 26.125.5 e nel volere in fretta rilevarsi, 26.125.6 da Brigliador fu pel traverso urtato, 26.125.7 con che il pagan poco cortese venne; 26.125.8 sì che cader di nuovo gli convenne. 26.126.1 Ruggier che la donzella a mal partito 26.126.2 vide giacer, non differì il soccorso, 26.126.3 or che l' agio n' avea, poi che stordito 26.126.4 da sé lontan quell' altro era trascorso: 26.126.5 ferì su l' elmo il Tartaro; e partito 26.126.6 quel colpo gli avria il capo, come un torso, 26.126.7 se Ruggier Balisarda avesse avuta, 26.126.8 o Mandricardo in capo altra barbuta. 26.127.1 Il re d' Algier che si risente in questo, 26.127.2 si volge intorno, e Ricciardetto vede; 26.127.3 e si ricorda che gli fu molesto 26.127.4 dianzi, quando soccorso a Ruggier diede. 26.127.5 A lui si drizza, e saria stato presto 26.127.6 a darli del ben fare aspra mercede, 26.127.7 se con grande arte e nuovo incanto tosto 26.127.8 non se gli fosse Malagigi opposto. 26.128.1 Malagigi, che sa d' ogni malia 26.128.2 quel che ne sappia alcun mago eccellente, 26.128.3 ancor che 'l libro suo seco non sia, 26.128.4 con che fermare il sole era possente, 26.128.5 pur la scongiurazione onde solia 26.128.6 commandare ai demonii aveva a mente: 26.128.7 tosto in corpo al ronzino un ne constringe 26.128.8 di Doralice, et in furor lo spinge. 26.129.1 Nel mansueto ubino che sul dosso 26.129.2 avea la figlia del re Stordilano, 26.129.3 fece entrar un degli angel di Minosso 26.129.4 sol con parole il frate di Viviano: 26.129.5 e quel che dianzi mai non s' era mosso, 26.129.6 se non quanto ubidito avea alla mano, 26.129.7 or d' improviso spiccò in aria un salto, 26.129.8 che trenta piè fu lungo e sedeci alto. 26.130.1 Fu grande il salto, non però di sorte 26.130.2 che ne dovesse alcun perder la sella. 26.130.3 Quando si vide in alto, gridò forte 26.130.4 (che si tenne per morta) la donzella. 26.130.5 Quel ronzin, come il diavol se lo porte, 26.130.6 dopo un gran salto se ne va con quella, 26.130.7 che pur grida soccorso, in tanta fretta, 26.130.8 che non l' avrebbe giunto una saetta. 26.131.1 Da la battaglia il figlio d' Ulïeno 26.131.2 si levò al primo suon di quella voce; 26.131.3 e dove furïava il palafreno, 26.131.4 per la donna aiutar n' andò veloce. 26.131.5 Mandricardo di lui non fece meno, 26.131.6 né più a Ruggier, né più a Marfisa nòce; 26.131.7 ma, senza chieder loro o paci o tregue, 26.131.8 e Rodomonte e Doralice segue. 26.132.1 Marfisa intanto si levò di terra, 26.132.2 e tutta ardendo di disdegno e d' ira, 26.132.3 credesi far la sua vendetta, et erra; 26.132.4 che troppo lungi il suo nimico mira. 26.132.5 Ruggier, ch' aver tal fin vede la guerra, 26.132.6 rugge come un leon, non che sospira. 26.132.7 Ben sanno che Frontino e Brigliadoro 26.132.8 giunger non ponno coi cavalli loro. 26.133.1 Ruggier non vuol cessar fin che decisa 26.133.2 col re d' Algier non l' abbia del cavallo: 26.133.3 non vuol quietar il Tartaro Marfisa, 26.133.4 che provato a suo senno anco non hallo. 26.133.5 Lasciar la sua querela a questa guisa 26.133.6 parrebbe all' uno e all' altro troppo fallo. 26.133.7 Di commune parer disegno fassi 26.133.8 di chi offesi gli avea seguire i passi. 26.134.1 Nel campo saracin li troveranno, 26.134.2 quando non possan ritrovarli prima; 26.134.3 che per levar l' assedio iti seranno, 26.134.4 prima che 'l re di Francia il tutto opprima. 26.134.5 Così dirittamente se ne vanno 26.134.6 dove averli a man salva fanno stima. 26.134.7 Già non andò Ruggier così di botto, 26.134.8 che non facesse ai suoi compagni motto. 26.135.1 Ruggier se ne ritorna ove in disparte 26.135.2 era il fratel de la sua donna bella, 26.135.3 e se gli proferisce in ogni parte 26.135.4 amico, per fortuna e buona e fella: 26.135.5 indi lo priega (e lo fa con bella arte) 26.135.6 che saluti in suo nome la sorella; 26.135.7 e questo così ben gli venne detto, 26.135.8 che né a lui diè né agli altri alcun sospetto. 26.136.1 E da lui, da Vivian, da Malagigi, 26.136.2 dal ferito Aldigier tolse commiato. 26.136.3 Si proferiro anch' essi alli servigi 26.136.4 di lui, debitor sempre in ogni lato. 26.136.5 Marfisa avea sì il cor d' ire a Parigi, 26.136.6 che 'l salutar gli amici avea scordato; 26.136.7 ma Malagigi andò tanto e Viviano, 26.136.8 che pur la salutaron di lontano; 26.137.1 e così Ricciardetto; ma Aldigiero 26.137.2 giace, e convien che suo mal grado resti. 26.137.3 Verso Parigi avean preso il sentiero 26.137.4 quelli duo prima, et or lo piglian questi. 26.137.5 Dirvi, Signor, ne l' altro canto spero 26.137.6 miracolosi e sopraumani gesti, 26.137.7 che con danno degli uomini di Carlo 26.137.8 ambe le coppie fêr, di ch' io vi parlo.
CANTO XXVII
27.1.1 Molti consigli de le donne sono 27.1.2 meglio improviso, ch' a pensarvi, usciti; 27.1.3 che questo è spezïale e proprio dono 27.1.4 fra tanti e tanti lor dal ciel largiti. 27.1.5 Ma può mal quel degli uomini esser buono, 27.1.6 che maturo discorso non aiti, 27.1.7 ove non s' abbia a ruminarvi sopra 27.1.8 speso alcun tempo e molto studio et opra. 27.2.1 Parve, e non fu però buono il consiglio 27.2.2 di Malagigi, ancor che (come ho detto) 27.2.3 per questo di grandissimo periglio 27.2.4 liberassi il cugin suo Ricciardetto. 27.2.5 A levare indi Rodomonte e il figlio 27.2.6 del re Agrican, lo spirto avea constretto, 27.2.7 non avvertendo che sarebbon tratti 27.2.8 dove i cristian ne rimarrian disfatti. 27.3.1 Ma se spazio a pensarvi avesse avuto, 27.3.2 creder si può che dato similmente 27.3.3 al suo cugino avria debito aiuto, 27.3.4 né fatto danno alla cristiana gente. 27.3.5 Commandare allo spirto avria potuto, 27.3.6 ch' alla via di levante o di ponente 27.3.7 sì dilungata avesse la donzella, 27.3.8 che non n' udisse Francia più novella. 27.4.1 Così gli amanti suoi l' avrian seguita, 27.4.2 come a Parigi, anco in ogn' altro loco; 27.4.3 ma fu questa avvertenza inavvertita 27.4.4 da Malagigi, per pensarvi poco: 27.4.5 e la Malignità dal ciel bandita, 27.4.6 che sempre vorria sangue e strage e fuoco, 27.4.7 prese la via donde più Carlo afflisse, 27.4.8 poi che nessuna il mastro gli prescrisse. 27.5.1 Il palafren ch' avea il demonio al fianco, 27.5.2 portò la spaventata Doralice, 27.5.3 che non poté arrestarla fiume, e manco 27.5.4 fossa, bosco, palude, erta o pendice; 27.5.5 fin che per mezzo il campo inglese e franco, 27.5.6 e l' altra moltitudine fautrice 27.5.7 de l' insegne di Cristo, rassegnata 27.5.8 non l' ebbe al padre suo re di Granata. 27.6.1 Rodomonte col figlio d' Agricane 27.6.2 la seguitaro il primo giorno un pezzo, 27.6.3 che le vedean le spalle, ma lontane: 27.6.4 di vista poi perderonla da sezzo, 27.6.5 e venner per la traccia, come il cane 27.6.6 la lepre o il caprïol trovare avezzo; 27.6.7 né si fermâr, che furo in parte, dove 27.6.8 di lei ch' era col padre ebbono nuove. 27.7.1 Guardati, Carlo, che 'l ti viene adosso 27.7.2 tanto furor, ch' io non ti veggo scampo: 27.7.3 né questi pur, ma 'l re Gradasso è mosso 27.7.4 con Sacripante a danno del tuo campo. 27.7.5 Fortuna, per toccarti fin all' osso, 27.7.6 ti tolle a un tempo l' uno e l' altro lampo 27.7.7 di forza e di saper, che vivea teco; 27.7.8 e tu rimaso in tenebre sei cieco. 27.8.1 Io ti dico d' Orlando e di Rinaldo; 27.8.2 che l' uno al tutto furïoso e folle, 27.8.3 al sereno, alla pioggia, al freddo, al caldo, 27.8.4 nudo va discorrendo il piano e 'l colle: 27.8.5 l' altro, con senno non troppo più saldo, 27.8.6 d' appresso al gran bisogno ti si tolle; 27.8.7 che non trovando Angelica in Parigi, 27.8.8 si parte, e va cercandone vestigi. 27.9.1 Un fraudolente vecchio incantatore 27.9.2 gli fe' (come a principio vi si disse) 27.9.3 creder per un fantastico suo errore, 27.9.4 che con Orlando Angelica venisse: 27.9.5 onde di gelosia tocco nel core, 27.9.6 de la maggior ch' amante mai sentisse, 27.9.7 venne a Parigi, e come apparve in corte, 27.9.8 d' ire in Bretagna gli toccò per sorte. 27.10.1 Or fatta la battaglia onde portonne 27.10.2 egli l' onor d' aver chiuso Agramante, 27.10.3 tornò a Parigi, e monister di donne 27.10.4 e case e ròcche cercò tutte quante. 27.10.5 Se murata non è tra le colonne, 27.10.6 l' avria trovata il curïoso amante. 27.10.7 Vedendo al fin ch' ella non v' è né Orlando, 27.10.8 amenduo va con gran disio cercando. 27.11.1 Pensò che dentro Anglante o dentro a Brava 27.11.2 se la godesse Orlando in festa e in giuoco; 27.11.3 e qua e là per ritrovarla andava, 27.11.4 né in quel la ritrovò né in questo loco. 27.11.5 A Parigi di nuovo ritornava, 27.11.6 pensando che tardar dovesse poco 27.11.7 di capitare il paladino al varco; 27.11.8 che 'l suo star fuor non era senza incarco. 27.12.1 Un giorno o duo ne la città soggiorna 27.12.2 Rinaldo; e poi ch' Orlando non arriva, 27.12.3 or verso Anglante, or verso Brava torna, 27.12.4 cercando se di lui novella udiva. 27.12.5 Cavalca e quando annotta e quando aggiorna, 27.12.6 alla fresca alba e all' ardente ora estiva; 27.12.7 e fa al lume del sole e de la luna 27.12.8 dugento volte questa via, non ch' una. 27.13.1 Ma l' antiquo aversario, il qual fece Eva 27.13.2 all' interdetto pome alzar la mano, 27.13.3 a Carlo un giorno i lividi occhi leva, 27.13.4 che 'l buon Rinaldo era da lui lontano; 27.13.5 e vedendo la rotta che poteva 27.13.6 darsi in quel punto al populo cristiano, 27.13.7 quanta eccellenzia d' arme al mondo fusse 27.13.8 fra tutti i Saracini, ivi condusse. 27.14.1 Al re Gradasso e al buon re Sacripante, 27.14.2 ch' eran fatti compagni all' uscir fuore 27.14.3 de la piena d' error casa d' Atlante, 27.14.4 di venire in soccorso messe in core 27.14.5 alle genti assediate d' Agramante, 27.14.6 e a distruzion di Carlo imperatore: 27.14.7 et egli per l' incognite contrade 27.14.8 fe' lor la scorta e agevolò le strade. 27.15.1 Et ad un altro suo diede negozio 27.15.2 d' affrettar Rodomonte e Mandricardo 27.15.3 per le vestigie donde l' altro sozio 27.15.4 a condur Doralice non è tardo. 27.15.5 Ne manda ancora un altro, perché in ozio 27.15.6 non stia Marfisa né Ruggier gagliardo; 27.15.7 ma chi guidò l' ultima coppia tenne 27.15.8 la briglia più, né quando gli altri venne. 27.16.1 La coppia di Marfisa e di Ruggiero 27.16.2 di mezza ora più tarda si condusse; 27.16.3 però ch' astutamente l' angel nero, 27.16.4 volendo agli cristian dar de le busse, 27.16.5 provide che la lite del destriero 27.16.6 per impedire il suo desir non fusse, 27.16.7 che rinovata si saria, se giunto 27.16.8 fosse Ruggiero e Rodomonte a un punto. 27.17.1 I quattro primi si trovaro insieme 27.17.2 onde potean veder gli alloggiamenti 27.17.3 de l' esercito oppresso e di chi 'l preme, 27.17.4 e le bandiere in che feriano i venti. 27.17.5 Si consigliaro alquanto; e fur l' estreme 27.17.6 conclusïon dei lor ragionamenti 27.17.7 di dare aiuto, mal grado di Carlo, 27.17.8 al re Agramante, e de l' assedio trarlo. 27.18.1 Stringonsi insieme, e prendono la via 27.18.2 per mezzo ove s' alloggiano i cristiani, 27.18.3 gridando Africa e Spagna tuttavia; 27.18.4 e si scopriro in tutto esser pagani. 27.18.5 Pel campo, arme, arme risonar s' udia; 27.18.6 ma menar si sentîr prima le mani: 27.18.7 e de la retroguardia una gran frotta, 27.18.8 non ch' assalita sia, ma fugge in rotta. 27.19.1 L' esercito cristian mosso a tumulto 27.19.2 sozzopra va senza sapere il fatto. 27.19.3 Estima alcun che sia un usato insulto 27.19.4 che Svizzari o Guasconi abbino fatto. 27.19.5 Ma perch' alla più parte è il caso occulto, 27.19.6 s' aduna insieme ogni nazion di fatto, 27.19.7 altri a suon di tamburo, altri di tromba: 27.19.8 grande è 'l rumore, e fin al ciel rimbomba. 27.20.1 Il magno imperator, fuor che la testa, 27.20.2 è tutto armato, e i paladini ha presso; 27.20.3 e domandando vien che cosa è questa 27.20.4 che le squadre in disordine gli ha messo; 27.20.5 e minacciando, or questi or quelli arresta; 27.20.6 e vede a molti il viso o il petto fesso, 27.20.7 ad altri insanguinare o il capo o il gozzo, 27.20.8 alcun tornar con mano o braccio mozzo. 27.21.1 Giunge più inanzi, e ne ritrova molti 27.21.2 giacere in terra, anzi in vermiglio lago 27.21.3 nel proprio sangue orribilmente involti, 27.21.4 né giovar lor può medico né mago; 27.21.5 e vede dagli busti i capi sciolti 27.21.6 e braccia e gambe con crudele imago; 27.21.7 e ritrova dai primi alloggiamenti 27.21.8 agli ultimi per tutto uomini spenti. 27.22.1 Dove passato era il piccol drappello, 27.22.2 di chiara fama eternamente degno, 27.22.3 per lunga riga era rimaso quello 27.22.4 al mondo sempre memorabil segno. 27.22.5 Carlo mirando va il crudel macello, 27.22.6 maraviglioso, e pien d' ira e di sdegno, 27.22.7 come alcuno, in cui danno il fulgur venne, 27.22.8 cerca per casa ogni sentier che tenne. 27.23.1 Non era agli ripari anco arrivato 27.23.2 del re african questo primiero aiuto, 27.23.3 che con Marfisa fu da un altro lato 27.23.4 l' animoso Ruggier sopravenuto. 27.23.5 Poi ch' una volta o due l' occhio aggirato 27.23.6 ebbe la degna coppia, e ben veduto 27.23.7 qual via più breve per soccorrer fosse 27.23.8 l' assediato signor, ratto si mosse. 27.24.1 Come quando si dà fuoco alla mina, 27.24.2 pel lungo solco de la negra polve 27.24.3 licenzïosa fiamma arde e camina 27.24.4 sì ch' occhio a dietro a pena se le volve; 27.24.5 e qual si sente poi l' alta ruina 27.24.6 che 'l duro sasso o il grosso muro solve: 27.24.7 così Ruggiero e Marfisa veniro, 27.24.8 e tai ne la battaglia si sentiro. 27.25.1 Per lungo e per traverso a fender teste 27.25.2 incominciaro, e tagliar braccia e spalle 27.25.3 de le turbe che male erano preste 27.25.4 ad espedire e sgombrar loro il calle. 27.25.5 C' ha notato il passar de le tempeste, 27.25.6 ch' una parte d' un monte o d' una valle 27.25.7 offende, e l' altra lascia, s' appresenti 27.25.8 la via di questi duo fra quelle genti. 27.26.1 Molti che dal furor di Rodomonte 27.26.2 e di quegli altri primi eran fuggiti, 27.26.3 Dio ringraziavan ch' avea lor sì pronte 27.26.4 gambe concesse, e piedi sì espediti; 27.26.5 e poi, dando del petto e de la fronte 27.26.6 in Marfisa e in Ruggier, vedean scherniti, 27.26.7 come l' uom né per star né per fuggire, 27.26.8 al suo fisso destin può contradire. 27.27.1 Chi fugge l' un pericolo, rimane 27.27.2 ne l' altro, e paga il fio d' ossa e di polpe. 27.27.3 Così cader coi figli in bocca al cane 27.27.4 suol, sperando fuggir, timida volpe, 27.27.5 poi che la caccia de l' antique tane 27.27.6 il suo vicin che le dà mille colpe, 27.27.7 e cautamente con fumo e con fuoco 27.27.8 turbata l' ha da non temuto loco. 27.28.1 Negli ripari entrò de' Saracini 27.28.2 Marfisa con Ruggiero a salvamento. 27.28.3 Quivi tutti con gli occhi al ciel supini 27.28.4 Dio ringraziâr del buono avvenimento. 27.28.5 Or non v' è più timor de' paladini: 27.28.6 il più tristo pagan ne sfida cento; 27.28.7 et è concluso che senza riposo 27.28.8 si torni a fare il campo sanguinoso. 27.29.1 Corni, bussoni, timpani moreschi 27.29.2 empieno il ciel di formidabil suoni: 27.29.3 ne l' aria tremolare ai venti freschi 27.29.4 si veggon le bandiere e i gonfaloni. 27.29.5 Da l' altra parte i capitan carleschi 27.29.6 stringon con Alamanni e con Britoni 27.29.7 quei di Francia, d' Italia e d' Inghilterra; 27.29.8 e si mesce aspra e sanguinosa guerra. 27.30.1 La forza del terribil Rodomonte, 27.30.2 quella di Mandricardo furibondo, 27.30.3 quella del buon Ruggier, di virtù fonte, 27.30.4 del re Gradasso, sì famoso al mondo, 27.30.5 e di Marfisa l' intrepida fronte, 27.30.6 col re circasso a nessun mai secondo, 27.30.7 feron chiamar san Gianni e san Dionigi 27.30.8 al re di Francia, e ritrovar Parigi. 27.31.1 Di questi cavallieri e di Marfisa 27.31.2 l' ardire invitto e la mirabil possa 27.31.3 non fu, Signor, di sorte, non fu in guisa 27.31.4 ch' imaginar, non che descriver possa. 27.31.5 Quindi si può stimar che gente uccisa 27.31.6 fosse quel giorno, e che crudel percossa 27.31.7 avesse Carlo. Arroge poi con loro, 27.31.8 con Ferraù più d' un famoso Moro. 27.32.1 Molti per fretta s' affogaro in Senna 27.32.2 (che 'l ponte non potea supplire a tanti), 27.32.3 e desïâr, come Icaro, la penna, 27.32.4 perché la morte avean dietro e davanti. 27.32.5 Eccetto Uggieri e il marchese di Vienna, 27.32.6 i paladin fur presi tutti quanti. 27.32.7 Olivier ritornò ferito sotto 27.32.8 la spalla destra, Uggier col capo rotto. 27.33.1 E se, come Rinaldo e come Orlando, 27.33.2 lasciato Brandimarte avesse il giuoco, 27.33.3 Carlo n' andava di Parigi in bando, 27.33.4 se potea vivo uscir di sì gran fuoco. 27.33.5 Ciò che poté, fe' Brandimarte, e quando 27.33.6 non poté più, diede alla furia loco. 27.33.7 Così Fortuna ad Agramante arrise, 27.33.8 ch' un' altra volta a Carlo assedio mise. 27.34.1 Di vedovelle i gridi e le querele, 27.34.2 e d' orfani fanciulli e di vecchi orbi, 27.34.3 ne l' eterno seren dove Michele 27.34.4 sedea, salîr fuor di questi aer torbi; 27.34.5 e gli fecion veder come il fedele 27.34.6 popul preda de' lupi era e de' corbi, 27.34.7 di Francia, d' Inghilterra e di Lamagna, 27.34.8 che tutta avea coperta la campagna. 27.35.1 Nel viso s' arrossì l' angel beato, 27.35.2 parendogli che mal fosse ubidito 27.35.3 al Creatore, e si chiamò ingannato 27.35.4 da la Discordia perfida e tradito. 27.35.5 D' accender liti tra i pagani dato 27.35.6 le avea l' assunto, e mal era esequito; 27.35.7 anzi tutto il contrario al suo disegno 27.35.8 parea aver fatto, a chi guardava al segno. 27.36.1 Come servo fedel, che più d' amore 27.36.2 che di memoria abondi, e che s' aveggia 27.36.3 aver messo in oblio cosa ch' a core 27.36.4 quanto la vita e l' anima aver deggia, 27.36.5 studia con fretta d' emendar l' errore, 27.36.6 né vuol che prima il suo signor lo veggia; 27.36.7 così l' angelo a Dio salir non vòlse, 27.36.8 se de l' obligo prima non si sciolse. 27.37.1 Al monister, dove altre volte avea 27.37.2 la Discordia veduta, drizzò l' ali. 27.37.3 Trovolla ch' in capitulo sedea 27.37.4 a nuova elezïon degli ufficiali; 27.37.5 e di veder diletto si prendea, 27.37.6 volar pel capo a' frati i brevïali. 27.37.7 Le man le pose l' angelo nel crine, 27.37.8 e pugna e calci le diè senza fine. 27.38.1 Indi le roppe un manico di croce 27.38.2 per la testa, pel dosso e per le braccia. 27.38.3 Mercé grida la misera a gran voce, 27.38.4 e le genocchia al divin nunzio abbraccia. 27.38.5 Michel non l' abandona, che veloce 27.38.6 nel campo del re d' Africa la caccia; 27.38.7 e poi le dice: -- Aspettati aver peggio, 27.38.8 se fuor di questo campo più ti veggio. -- 27.39.1 Come che la Discordia avesse rotto 27.39.2 tutto il dosso e le braccia, pur temendo 27.39.3 un' altra volta ritrovarsi sotto 27.39.4 a quei gran colpi, a quel furor tremendo, 27.39.5 corre a pigliare i mantici di botto, 27.39.6 et agli accesi fuochi esca aggiungendo, 27.39.7 et accendendone altri, fa salire 27.39.8 da molti cori un alto incendio d' ire. 27.40.1 E Rodomonte e Mandricardo e insieme 27.40.2 Ruggier n' infiamma sì, che inanzi al Moro 27.40.3 li fa tutti venire, or che non preme 27.40.4 Carlo i pagani, anzi il vantaggio è loro. 27.40.5 Le differenzie narrano, et il seme 27.40.6 fanno saper, da cui produtte fôro; 27.40.7 poi del re si rimettono al parere, 27.40.8 chi di lor prima il campo debba avere. 27.41.1 Marfisa del suo caso anco favella, 27.41.2 e dice che la pugna vuol finire, 27.41.3 che cominciò col Tartaro; perch' ella 27.41.4 provocata da lui vi fu a venire: 27.41.5 né, per dar loco all' altre, volea quella 27.41.6 un' ora, non che un giorno, differire; 27.41.7 ma d' esser prima fa l' instanzia grande, 27.41.8 ch' alla battaglia il Tartaro domande. 27.42.1 Non men vuol Rodomonte il primo campo 27.42.2 da terminar col suo rival l' impresa, 27.42.3 che per soccorrer l' africano campo 27.42.4 ha già interrotta, e fin a qui sospesa. 27.42.5 Mette Ruggier le sue parole a campo, 27.42.6 e dice che patir troppo gli pesa 27.42.7 che Rodomonte il suo destrier gli tenga, 27.42.8 e ch' a pugna con lui prima non venga. 27.43.1 Per più intricarla il Tartaro viene anche, 27.43.2 e niega che Ruggiero ad alcun patto 27.43.3 debba l' aquila aver da l' ale bianche; 27.43.4 e d' ira e di furore è così matto, 27.43.5 che vuol, quando dagli altri tre non manche, 27.43.6 combatter tutte le querele a un tratto. 27.43.7 Né più dagli altri ancor saria mancato, 27.43.8 se 'l consenso del re vi fosse stato. 27.44.1 Con prieghi il re Agramante e buon ricordi 27.44.2 fa quanto può, perché la pace segua; 27.44.3 e quando al fin tutti li vede sordi 27.44.4 non volere assentire a pace o a triegua, 27.44.5 va discorrendo come almen gli accordi 27.44.6 sì, che l' un dopo l' altro il campo assegua: 27.44.7 e pel miglior partito al fin gli occorre 27.44.8 ch' ognuno a sorte il campo s' abbia a tôrre. 27.45.1 Fe' quattro brevi porre: un Mandricardo 27.45.2 e Rodomonte insieme scritto avea; 27.45.3 ne l' altro era Ruggiero e Mandricardo; 27.45.4 Rodomonte e Ruggier l' altro dicea; 27.45.5 dicea l' altro Marfisa e Mandricardo. 27.45.6 Indi all' arbitrio de l' instabil dea 27.45.7 li fece trarre: e 'l primo fu il signore 27.45.8 di Sarza a uscir con Mandricardo fuore. 27.46.1 Mandricardo e Ruggier fu nel secondo; 27.46.2 nel terzo fu Ruggiero e Rodomonte; 27.46.3 restò Marfisa e Mandricardo in fondo, 27.46.4 di che la donna ebbe turbata fronte. 27.46.5 Né Ruggier più di lei parve giocondo: 27.46.6 sa che le forze dei duo primi pronte 27.46.7 han tra lor da finir le liti, in guisa 27.46.8 che non ne fia per sé né per Marfisa. 27.47.1 Giacea non lungi da Parigi un loco, 27.47.2 che volgea un miglio o poco meno intorno: 27.47.3 lo cingea tutto un argine non poco 27.47.4 sublime, a guisa d' un teatro adorno. 27.47.5 Un castel già vi fu, ma a ferro e a fuoco 27.47.6 le mura e i tetti et a ruina andorno. 27.47.7 Un simil può vederne in su la strada, 27.47.8 qual volta a Borgo il Parmigiano vada. 27.48.1 In questo loco fu la lizza fatta, 27.48.2 di brevi legni d' ogn' intorno chiusa, 27.48.3 per giusto spazio quadra, al bisogno atta, 27.48.4 con due capaci porte, come s' usa. 27.48.5 Giunto il dì ch' al re par che si combatta 27.48.6 tra i cavallier che non ricercan scusa, 27.48.7 furo appresso alle sbarre in ambi i lati 27.48.8 contra i rastrelli i padiglion tirati. 27.49.1 Nel padiglion ch' è più verso ponente 27.49.2 sta il re d' Algier, c' ha membra di gigante. 27.49.3 Gli pon lo scoglio indosso del serpente 27.49.4 l' ardito Ferraù con Sacripante. 27.49.5 Il re Gradasso e Falsiron possente 27.49.6 sono in quell' altro al lato di levante, 27.49.7 e metton di sua man l' arme troiane 27.49.8 indosso al successor del re Agricane. 27.50.1 Sedeva in tribunale amplo e sublime 27.50.2 il re d' Africa, e seco era l' Ispano; 27.50.3 poi Stordilano, e l' altre genti prime 27.50.4 che riveria l' esercito pagano. 27.50.5 Beato a chi pôn dare argini e cime 27.50.6 d' arbori stanza che gli alzi dal piano! 27.50.7 Grande è la calca, e grande in ogni lato 27.50.8 populo ondeggia intorno al gran steccato. 27.51.1 Eran con la regina di Castiglia 27.51.2 regine e principesse e nobil donne 27.51.3 d' Aragon, di Granata e di Siviglia, 27.51.4 e fin di presso all' atlantee colonne: 27.51.5 tra quai di Stordilan sedea la figlia, 27.51.6 che di duo drappi avea le ricche gonne, 27.51.7 l' un d' un rosso mal tinto, e l' altro verde; 27.51.8 ma 'l primo quasi imbianca e il color perde. 27.52.1 In abito succinta era Marfisa, 27.52.2 qual si convenne a donna et a guerriera. 27.52.3 Termoodonte forse a quella guisa 27.52.4 vide Ippolita ornarsi e la sua schiera. 27.52.5 Già, con la cotta d' arme alla divisa 27.52.6 del re Agramante, in campo venut' era 27.52.7 l' araldo a far divieto e metter leggi, 27.52.8 che né in fatto né in detto alcun parteggi. 27.53.1 La spessa turba aspetta disïando 27.53.2 la pugna, e spesso incolpa il venir tardo 27.53.3 dei duo famosi cavallieri; quando 27.53.4 s' ode dal padiglion di Mandricardo 27.53.5 alto rumor che vien moltiplicando. 27.53.6 Or sappiate, Signor, che 'l re gagliardo 27.53.7 di Sericana e 'l Tartaro possente 27.53.8 fanno il tumulto e 'l grido che si sente. 27.54.1 Avendo armato il re di Sericana 27.54.2 di sua man tutto il re di Tartaria, 27.54.3 per porgli al fianco la spada soprana 27.54.4 che già d' Orlando fu, se ne venìa; 27.54.5 quando nel pome scritto Durindana 27.54.6 vide, e 'l quartier ch' Almonte aver solia, 27.54.7 ch' a quel meschin fu tolto ad una fonte 27.54.8 dal giovenetto Orlando in Aspramonte. 27.55.1 Vedendola, fu certo ch' era quella 27.55.2 tanto famosa del signor d' Anglante, 27.55.3 per cui con grande armata, e la più bella 27.55.4 che giamai si partisse di Levante, 27.55.5 soggiogato avea il regno di Castella, 27.55.6 e Francia vinta esso pochi anni inante: 27.55.7 ma non può imaginarsi come avenga 27.55.8 ch' or Mandricardo in suo poter la tenga. 27.56.1 E dimandògli se per forza o patto 27.56.2 l' avesse tolta al conte, e dove e quando. 27.56.3 E Mandricardo disse ch' avea fatto 27.56.4 gran battaglia per essa con Orlando; 27.56.5 e come finto quel s' era poi matto, 27.56.6 così coprire il suo timor sperando, 27.56.7 ch' era d' aver continua guerra meco, 27.56.8 fin che la buona spada avesse seco. 27.57.1 E dicea ch' imitato avea il castore, 27.57.2 il qual si strappa i genitali sui, 27.57.3 vedendosi alle spalle il cacciatore, 27.57.4 che sa che non ricerca altro da lui. 27.57.5 Gradasso non udì tutto il tenore, 27.57.6 che disse: -- Non vo' darla a te né altrui: 27.57.7 tanto oro, tanto affanno e tanta gente 27.57.8 ci ho speso, che è ben mia debitamente. 27.58.1 Cercati pur fornir d' un' altra spada, 27.58.2 ch' io voglio questa, e non ti paia nuovo. 27.58.3 Pazzo o saggio ch' Orlando se ne vada, 27.58.4 averla intendo, ovunque io la ritrovo. 27.58.5 Tu senza testimoni in su la strada 27.58.6 te l' usurpasti: io qui lite ne muovo. 27.58.7 La mia ragion dirà mia scimitarra, 27.58.8 e faremo il giudicio ne la sbarra. 27.59.1 Prima, di guadagnarla t' apparecchia, 27.59.2 che tu l' adopri contra a Rodomonte. 27.59.3 Di comprar prima l' arme è usanza vecchia, 27.59.4 ch' alla battaglia il cavallier s' affronte. -- 27.59.5 -- Più dolce suon non mi viene all' orecchia 27.59.6 (rispose alzando il Tartaro la fronte), 27.59.7 che quando di battaglia alcun mi tenta; 27.59.8 ma fa che Rodomonte lo consenta. 27.60.1 Fa che sia tua la prima, e che si tolga 27.60.2 il re di Sarza la tenzon seconda; 27.60.3 e non ti dubitar ch' io non mi volga, 27.60.4 e ch' a te et ad ogni altro io non risponda. -- 27.60.5 Ruggier gridò: -- Non vo' che si disciolga 27.60.6 il patto, o più la sorte si confonda: 27.60.7 o Rodomonte in campo prima saglia, 27.60.8 o sia la sua dopo la mia battaglia. 27.61.1 Se di Gradasso la ragion prevale, 27.61.2 prima acquistar che porre in opra l' arme; 27.61.3 né tu l' aquila mia da le bianche ale 27.61.4 prima usar déi, che non me ne disarme: 27.61.5 ma poi ch' è stato il mio voler già tale, 27.61.6 di mia sentenza non voglio appellarme, 27.61.7 che sia seconda la battaglia mia, 27.61.8 quando del re d' Algier la prima sia. 27.62.1 Se turbarete voi l' ordine in parte, 27.62.2 io totalmente turbarollo ancora. 27.62.3 Io non intendo il mio scudo lasciarte, 27.62.4 se contra me non lo combatti or ora. -- 27.62.5 -- Se l' uno e l' altro di voi fosse Marte 27.62.6 (rispose Mandricardo irato allora), 27.62.7 non saria l' un né l' altro atto a vietarme 27.62.8 la buona spada o quelle nobili arme. -- 27.63.1 E tratto da la còlera, aventosse 27.63.2 col pugno chiuso al re di Sericana; 27.63.3 e la man destra in modo gli percosse, 27.63.4 ch' abandonar gli fece Durindana. 27.63.5 Gradasso, non credendo ch' egli fosse 27.63.6 di così folle audacia e così insana, 27.63.7 colto improviso fu, che stava a bada, 27.63.8 e tolta si trovò la buona spada. 27.64.1 Così scornato, di vergogna e d' ira 27.64.2 nel viso avampa, e par che getti fuoco; 27.64.3 e più l' afflige il caso e lo martira, 27.64.4 poi che gli accade in sì palese loco. 27.64.5 Bramoso di vendetta si ritira, 27.64.6 a trar la scimitarra, a dietro un poco. 27.64.7 Mandricardo in sé tanto si confida, 27.64.8 che Ruggiero anco alla battaglia sfida. 27.65.1 -- Venite pure inanzi amenduo insieme, 27.65.2 e vengane pel terzo Rodomonte, 27.65.3 Africa e Spagna e tutto l' uman seme; 27.65.4 ch' io son per sempremai volger la fronte: -- 27.65.5 Così dicendo, quel che nulla teme 27.65.6 mena d' intorno la spada d' Almonte; 27.65.7 lo scudo imbraccia, disdegnoso e fiero, 27.65.8 contra Gradasso e contra il buon Ruggiero. 27.66.1 -- Lascia la cura a me (dicea Gradasso), 27.66.2 ch' io guarisca costui de la pazzia. -- 27.66.3 -- Per Dio (dicea Ruggier), non te la lasso, 27.66.4 ch' esser convien questa battaglia mia. -- 27.66.5 -- Va indietro tu! -- Vavvi pur tu! -- né passo 27.66.6 però tornando, gridan tuttavia; 27.66.7 et attaccossi la battaglia in terzo, 27.66.8 et era per uscirne un strano scherzo, 27.67.1 se molti non si fossero interposti 27.67.2 a quel furor, non con troppo consiglio; 27.67.3 ch' a spese lor quasi imparâr che costi 27.67.4 voler altri salvar con suo periglio. 27.67.5 Né tutto 'l mondo mai gli avria composti, 27.67.6 se non venìa col re d' Ispagna il figlio 27.67.7 del famoso Troiano, al cui conspetto 27.67.8 tutti ebbon riverenzia e gran rispetto. 27.68.1 Si fe' Agramante la cagione esporre 27.68.2 di questa nuova lite così ardente: 27.68.3 poi molto affaticossi per disporre 27.68.4 che per quella giornata solamente 27.68.5 a Mandricardo la spada d' Ettorre 27.68.6 concedesse Gradasso umanamente, 27.68.7 tanto ch' avesse fin l' aspra contesa 27.68.8 ch' avea già incontra a Rodomonte presa. 27.69.1 Mentre studia placarli il re Agramante, 27.69.2 et or con questo et or con quel ragiona; 27.69.3 da l' altro padiglion tra Sacripante 27.69.4 e Rodomonte un' altra lite suona. 27.69.5 Il re circasso (come è detto inante) 27.69.6 stava di Rodomonte alla persona, 27.69.7 et egli e Ferraù gli aveano indotte 27.69.8 l' arme del suo progenitor Nembrotte. 27.70.1 Et eran poi venuti ove il destriero 27.70.2 facea, mordendo, il ricco fren spumoso; 27.70.3 io dico il buon Frontin, per cui Ruggiero 27.70.4 stava iracondo e più che mai sdegnoso. 27.70.5 Sacripante ch' a por tal cavalliero 27.70.6 in campo avea, mirava curïoso 27.70.7 se ben ferrato e ben guernito e in punto 27.70.8 era il destrier, come doveasi a punto. 27.71.1 E venendo a guardargli più a minuto 27.71.2 i segni, le fattezze isnelle et atte, 27.71.3 ebbe, fuor d' ogni dubbio, conosciuto 27.71.4 che questo era il destrier suo Frontalatte, 27.71.5 che tanto caro già s' avea tenuto, 27.71.6 per cui già avea mille querele fatte; 27.71.7 e poi che gli fu tolto, un tempo vòlse 27.71.8 sempre ire a piedi: in modo gliene dolse. 27.72.1 Inanzi Albracca glie l' avea Brunello 27.72.2 tolto di sotto quel medesmo giorno 27.72.3 ch' ad Angelica ancor tolse l' annello, 27.72.4 al conte Orlando Balisarda e 'l corno, 27.72.5 e la spada a Marfisa: et avea quello, 27.72.6 dopo che fece in Africa ritorno, 27.72.7 con Balisarda insieme a Ruggier dato, 27.72.8 il qual l' avea Frontin poi nominato. 27.73.1 Quando conobbe non si apporre in fallo, 27.73.2 disse il Circasso, al re d' Algier rivolto: 27.73.3 -- Sappi, signor, che questo è mio cavallo, 27.73.4 ch' ad Albracca di furto mi fu tolto. 27.73.5 Bene avrei testimoni da provallo; 27.73.6 ma perché son da noi lontani molto, 27.73.7 s' alcun lo niega, io gli vo' sostenere 27.73.8 con l' arme in man le mie parole vere. 27.74.1 Ben son contento, per la compagnia 27.74.2 in questi pochi dì stata fra noi, 27.74.3 che prestato il cavallo oggi ti sia, 27.74.4 ch' io veggo ben che senza far non puoi; 27.74.5 però con patto, se per cosa mia 27.74.6 e prestata da me conoscer vuoi: 27.74.7 altrimente d' averlo non far stima, 27.74.8 o se non lo combatti meco prima. -- 27.75.1 Rodomonte, del quale un più orgoglioso 27.75.2 non ebbe mai tutto il mestier de l' arme; 27.75.3 al quale in esser forte e coraggioso 27.75.4 alcuno antico d' uguagliar non parme; 27.75.5 rispose: -- Sacripante, ogn' altro ch' oso, 27.75.6 fuor che tu, fosse in tal modo a parlarme, 27.75.7 con suo mal si saria tosto avveduto 27.75.8 che meglio era per lui di nascer muto. 27.76.1 Ma per la compagnia che, come hai detto, 27.76.2 novellamente insieme abbiamo presa, 27.76.3 ti son contento aver tanto rispetto, 27.76.4 ch' io t' ammonisca a tardar questa impresa, 27.76.5 fin che de la battaglia veggi effetto, 27.76.6 che fra il Tartaro e me tosto fia accesa: 27.76.7 dove pórti uno esempio inanzi spero, 27.76.8 ch' avrai di grazia a dirmi: Abbi il destriero. -- 27.77.1 -- Gli è teco cortesia l' esser villano 27.77.2 (disse il Circasso pien d' ira e di isdegno); 27.77.3 ma più chiaro ti dico ora e più piano, 27.77.4 che tu non faccia in quel destrier disegno: 27.77.5 che te lo defendo io, tanto ch' in mano 27.77.6 questa vindice mia spada sostegno; 27.77.7 e metteròvi insino l' ugna e il dente, 27.77.8 se non potrò difenderlo altrimente. -- 27.78.1 Venner da le parole alle contese, 27.78.2 ai gridi, alle minaccie, alla battaglia, 27.78.3 che per molt' ira in più fretta s' accese, 27.78.4 che s' accendesse mai per fuoco paglia. 27.78.5 Rodomonte ha l' osbergo et ogni arnese, 27.78.6 Sacripante non ha piastra né maglia; 27.78.7 ma par (sì ben con lo schermir s' adopra) 27.78.8 che tutto con la spada si ricuopra. 27.79.1 Non era la possanza e la fierezza 27.79.2 di Rodomonte, ancor ch' era infinita, 27.79.3 più che la providenza e la destrezza 27.79.4 con che sue forze Sacripante aita. 27.79.5 Non voltò ruota mai con più prestezza 27.79.6 il macigno sovran che 'l grano trita, 27.79.7 che faccia Sacripante or mano or piede 27.79.8 di qua di là, dove il bisogno vede. 27.80.1 Ma Ferraù, ma Serpentino arditi 27.80.2 trasson le spade, e si cacciâr tra loro, 27.80.3 dal re Grandonio, da Isolier seguiti, 27.80.4 da molt' altri signor del popul Moro. 27.80.5 Questi erano i romori, i quali uditi 27.80.6 ne l' altro padiglion fur da costoro, 27.80.7 quivi per accordar venuti invano 27.80.8 col Tartaro, Ruggiero e 'l Sericano. 27.81.1 Venne chi la novella al re Agramante 27.81.2 riportò certa, come pel destriero 27.81.3 avea con Rodomonte Sacripante 27.81.4 incominciato un aspro assalto e fiero. 27.81.5 Il re, confuso di discordie tante, 27.81.6 disse a Marsilio: -- Abbi tu qui pensiero 27.81.7 che fra questi guerrier non segua peggio, 27.81.8 mentre all' altro disordine io proveggio. -- 27.82.1 Rodomonte, che 'l re, suo signor, mira, 27.82.2 frena l' orgoglio, e torna indietro il passo; 27.82.3 né con minor rispetto si ritira 27.82.4 al venir d' Agramante il re circasso. 27.82.5 Quel domanda la causa di tant' ira 27.82.6 con real viso e parlar grave e basso: 27.82.7 e cerca, poi che n' ha compreso il tutto, 27.82.8 porli d' accordo; e non vi fa alcun frutto. 27.83.1 Il re circasso il suo destrier non vuole 27.83.2 ch' al re d' Algier più lungamente resti, 27.83.3 se non s' umilia tanto di parole, 27.83.4 che lo venga a pregar che glie lo presti. 27.83.5 Rodomonte, superbo come suole, 27.83.6 gli risponde: -- Né 'l ciel, né tu faresti 27.83.7 che cosa che per forza aver potessi, 27.83.8 da altri, che da me, mai conoscessi. -- 27.84.1 Il re chiede al Circasso, che ragione 27.84.2 ha nel cavallo, e come gli fu tolto: 27.84.3 e quel di parte in parte il tutto espone, 27.84.4 et esponendo s' arrossisce in volto, 27.84.5 quando gli narra che 'l sottil ladrone, 27.84.6 ch' in un alto pensier l' aveva colto, 27.84.7 la sella su quattro aste gli suffolse, 27.84.8 e di sotto il destrier nudo gli tolse. 27.85.1 Marfisa che tra gli altri al grido venne, 27.85.2 tosto che 'l furto del cavallo udì, 27.85.3 in viso si turbò, che le sovenne 27.85.4 che perdé la sua spada ella quel dì: 27.85.5 e quel destrier che parve aver le penne 27.85.6 da lei fuggendo, riconobbe qui: 27.85.7 riconobbe anco il buon re Sacripante, 27.85.8 che non avea riconosciuto inante. 27.86.1 Gli altri ch' erano intorno, e che vantarsi 27.86.2 Brunel di questo aveano udito spesso, 27.86.3 verso lui cominciaro a rivoltarsi, 27.86.4 e far palesi cenni ch' era desso; 27.86.5 Marfisa sospettando, ad informarsi 27.86.6 da questo e da quell' altro ch' avea appresso, 27.86.7 tanto che venne a ritrovar che quello 27.86.8 che le tolse la spada era Brunello: 27.87.1 e seppe che pel furto onde era degno 27.87.2 che gli annodasse il collo un capestro unto, 27.87.3 dal re Agramante al tingitano regno 27.87.4 fu, con esempio inusitato, assunto. 27.87.5 Marfisa, rinfrescando il vecchio sdegno, 27.87.6 disegnò vendicarsene a quel punto, 27.87.7 e punir scherni e scorni che per strada 27.87.8 fatti l' avea sopra la tolta spada. 27.88.1 Dal suo scudier l' elmo allacciar si fece; 27.88.2 che del resto de l' arme era guernita. 27.88.3 Senza osbergo io non trovo che mai diece 27.88.4 volte fosse veduta alla sua vita, 27.88.5 dal giorno ch' a portarlo assuefece 27.88.6 la sua persona, oltre ogni fede ardita. 27.88.7 Con l' elmo in capo andò dove fra i primi 27.88.8 Brunel sedea negli argini sublimi. 27.89.1 Gli diede a prima giunta ella di piglio 27.89.2 in mezzo il petto, e da terra levollo, 27.89.3 come levar suol col falcato artiglio 27.89.4 talvolta la rapace aquila il pollo; 27.89.5 e là dove la lite inanzi al figlio 27.89.6 era del re Troian, così portollo. 27.89.7 Brunel, che giunto in male man si vede, 27.89.8 pianger non cessa e domandar mercede. 27.90.1 Sopra tutti i rumor, strepiti e gridi, 27.90.2 di che 'l campo era pien quasi ugualmente, 27.90.3 Brunel, ch' ora pietade ora sussidi 27.90.4 domandando venìa, così si sente, 27.90.5 ch' al suono de' ramarichi e de' stridi 27.90.6 si fa d' intorno accor tutta la gente. 27.90.7 Giunta inanzi al re d' Africa, Marfisa 27.90.8 con viso altier gli dice in questa guisa: 27.91.1 -- Io voglio questo ladro tuo vasallo 27.91.2 con le mie mani impender per la gola, 27.91.3 perché il giorno medesmo che 'l cavallo 27.91.4 a costui tolle, a me la spada invola. 27.91.5 Ma se gli è alcun che voglia dir ch' io fallo, 27.91.6 facciasi inanzi e dica una parola; 27.91.7 ch' in tua presenzia gli vo' sostenere 27.91.8 che se ne mente, e ch' io fo il mio dovere. 27.92.1 Ma perché si potria forse imputarme 27.92.2 c' ho atteso a farlo in mezzo a tante liti, 27.92.3 mentre che questi più famosi in arme 27.92.4 d' altre querele son tutti impediti; 27.92.5 tre giorni ad impiccarlo io vo' indugiarme: 27.92.6 intanto o vieni, o manda chi l' aiti; 27.92.7 che dopo, se non fia chi me lo vieti, 27.92.8 farò di lui mille uccellacci lieti. 27.93.1 Di qui presso a tre leghe a quella torre 27.93.2 che siede inanzi ad un piccol boschetto, 27.93.3 senza più compagnia mi vado a porre, 27.93.4 che d' una mia donzella e d' un valletto. 27.93.5 S' alcuno ardisce di venirmi a tôrre 27.93.6 questo ladron, là venga, ch' io l' aspetto. -- 27.93.7 Così disse ella; e dove disse, prese 27.93.8 tosto la via, né più risposta attese. 27.94.1 Sul collo inanzi del destrier si pone 27.94.2 Brunel, che tuttavia tien per le chiome. 27.94.3 Piange il misero e grida, e le persone, 27.94.4 in che sperar solia, chiama per nome. 27.94.5 Resta Agramante in tal confusïone 27.94.6 di questi intrichi, che non vede come 27.94.7 poterli sciorre; e gli par via più greve 27.94.8 che Marfisa Brunel così gli leve. 27.95.1 Non che l' apprezzi o che gli porti amore, 27.95.2 anzi più giorni son che l' odia molto; 27.95.3 e spesso ha d' impiccarlo avuto in core, 27.95.4 dopo che gli era stato l' annel tolto. 27.95.5 Ma questo atto gli par contra il suo onore, 27.95.6 sì che n' avampa di vergogna in volto. 27.95.7 Vuole in persona egli seguirla in fretta, 27.95.8 e a tutto suo poter farne vendetta. 27.96.1 Ma il re Sobrino, il quale era presente, 27.96.2 da questa impresa molto il dissuade, 27.96.3 dicendogli che mal convenïente 27.96.4 era all' altezza di sua maestade, 27.96.5 se ben avesse d' esserne vincente 27.96.6 ferma speranza e certa sicurtade: 27.96.7 più ch' onor, gli fia biasmo, che si dica 27.96.8 ch' abbia vinta una femina a fatica. 27.97.1 Poco l' onore, e molto era il periglio 27.97.2 d' ogni battaglia che con lei pigliasse; 27.97.3 e che gli dava per miglior consiglio, 27.97.4 che Brunello alle forche aver lasciasse; 27.97.5 e se credesse ch' uno alzar di ciglio 27.97.6 a torlo dal capestro gli bastasse, 27.97.7 non dovea alzarlo, per non contradire 27.97.8 che s' abbia la giustizia ad esequire. 27.98.1 -- Potrai mandare un che Marfisa prieghi 27.98.2 (dicea) ch' in questo giudice ti faccia, 27.98.3 con promission ch' al ladroncel si leghi 27.98.4 il laccio al collo, e a lei si sodisfaccia; 27.98.5 e quando anco ostinata te lo nieghi, 27.98.6 se l' abbia, e il suo desir tutto compiaccia: 27.98.7 pur che da tua amicizia non si spicchi, 27.98.8 Brunello e gli altri ladri tutti impicchi. -- 27.99.1 Il re Agramante volentier s' attenne 27.99.2 al parer di Sobrin discreto e saggio: 27.99.3 e Marfisa lasciò, che non le venne, 27.99.4 né patì ch' altri andasse a farle oltraggio; 27.99.5 né di farla pregare anco sostenne: 27.99.6 e tolerò, Dio sa con che coraggio, 27.99.7 per poter acchetar liti maggiori, 27.99.8 e del suo campo tor tanti romori. 27.100.1 Di ciò si ride la Discordia pazza, 27.100.2 che pace o triegua omai più teme poco. 27.100.3 Scorre di qua e di là tutta la piazza, 27.100.4 né può trovar per allegrezza loco. 27.100.5 La Superbia con lei salta e gavazza, 27.100.6 e legne et esca va aggiungendo al fuoco: 27.100.7 e grida sì, che fin ne l' alto regno 27.100.8 manda a Michel de la vittoria segno. 27.101.1 Tremò Parigi e turbidossi Senna 27.101.2 all' alta voce, a quello orribil grido; 27.101.3 rimbombò il suon fin alla selva Ardenna 27.101.4 sì che lasciâr tutte le fiere il nido. 27.101.5 Udiron l' Alpi e il monte di Gebenna, 27.101.6 di Blaia e d' Arli e di Roano il lido; 27.101.7 Rodano e Sonna udì, Garonna e il Reno: 27.101.8 si strinsero le madri i figli al seno. 27.102.1 Son cinque cavallier c' han fisso il chiodo 27.102.2 d' essere i primi a terminar sua lite, 27.102.3 l' una ne l' altra aviluppata in modo, 27.102.4 che non l' avrebbe Apolline espedite. 27.102.5 Commincia il re Agramante a sciorre il nodo 27.102.6 de le prime tenzon ch' aveva udite, 27.102.7 che per la figlia del re Stordilano 27.102.8 eran tra il re di Scizia e il suo Africano. 27.103.1 Il re Agramante andò per porre accordo 27.103.2 di qua e di là più volte a questo e a quello, 27.103.3 e a questo e a quel più volte diè ricordo 27.103.4 da signor giusto e da fedel fratello: 27.103.5 e quando parimente trova sordo 27.103.6 l' un come l' altro, indomito e rubello 27.103.7 di volere esser quel che resti senza 27.103.8 la donna da cui vien lor differenza; 27.104.1 s' appiglia al fin, come a miglior partito, 27.104.2 di che amendui si contentâr gli amanti, 27.104.3 che de la bella donna sia marito 27.104.4 l' uno de' duo, quel che vuole essa inanti; 27.104.5 e da quanto per lei sia stabilito, 27.104.6 più non si possa andar dietro né avanti. 27.104.7 All' uno e all' altro piace il compromesso, 27.104.8 sperando ch' esser debbia a favor d' esso. 27.105.1 Il re di Sarza, che gran tempo prima 27.105.2 di Mandricardo amava Doralice, 27.105.3 et ella l' avea posto in su la cima 27.105.4 d' ogni favor ch' a donna casta lice; 27.105.5 che debba in util suo venire estima 27.105.6 la gran sentenzia che 'l può far felice: 27.105.7 né egli avea questa credenza solo, 27.105.8 ma con lui tutto il barbaresco stuolo. 27.106.1 Ognun sapea ciò ch' egli avea già fatto 27.106.2 per essa in giostre, in torniamenti, in guerra; 27.106.3 e che stia Mandricardo a questo patto, 27.106.4 dicono tutti che vaneggia et erra. 27.106.5 Ma quel che più fïate e più di piatto 27.106.6 con lei fu mentre il sol stava sotterra, 27.106.7 e sapea quanto avea di certo in mano, 27.106.8 ridea del popular giudicio vano. 27.107.1 Poi lor convenzïon ratificaro 27.107.2 in man del re quei duo prochi famosi, 27.107.3 et indi alla donzella se n' andaro. 27.107.4 Et ella abbassò gli occhi vergognosi, 27.107.5 e disse che più il Tartaro avea caro: 27.107.6 di che tutti restâr maravigliosi; 27.107.7 Rodomonte sì attonito e smarrito, 27.107.8 che di levar non era il viso ardito. 27.108.1 Ma poi che l' usata ira cacciò quella 27.108.2 vergogna che gli avea la faccia tinta, 27.108.3 ingiusta e falsa la sentenzia appella; 27.108.4 e la spada impugnando, ch' egli ha cinta, 27.108.5 dice, udendo il re e gli altri, che vuol ch' ella 27.108.6 gli dia perduta questa causa o vinta, 27.108.7 e non l' arbitrio di femina lieve 27.108.8 che sempre inchina a quel che men far deve. 27.109.1 Di nuovo Mandricardo era risorto, 27.109.2 dicendo: -- Vada pur come ti pare: -- 27.109.3 sì che prima che 'l legno entrasse in porto, 27.109.4 v' era a solcare un gran spazio di mare: 27.109.5 se non che 'l re Agramante diede torto 27.109.6 a Rodomonte, che non può chiamare 27.109.7 più Mandricardo per quella querela; 27.109.8 e fe' cadere a quel furor la vela. 27.110.1 Or Rodomonte che notar si vede 27.110.2 dinanzi a quei signor di doppio scorno, 27.110.3 dal suo re, a cui per riverenzia cede, 27.110.4 e da la donna sua, tutto in un giorno, 27.110.5 quivi non vòlse più fermare il piede; 27.110.6 e de la molta turba ch' avea intorno 27.110.7 seco non tolse più che duo sergenti, 27.110.8 et uscì dei moreschi alloggiamenti. 27.111.1 Come, partendo, afflitto tauro suole, 27.111.2 che la giuvenca al vincitor cesso abbia, 27.111.3 cercar le selve e le rive più sole 27.111.4 lungi dai paschi, o qualche àrrida sabbia; 27.111.5 dove muggir non cessa all' ombra e al sole, 27.111.6 né però scema l' amorosa rabbia: 27.111.7 così sen va di gran dolor confuso 27.111.8 il re d' Algier da la sua donna escluso. 27.112.1 Per rïavere il buon destrier si mosse 27.112.2 Ruggier, che già per questo s' era armato; 27.112.3 ma poi di Mandricardo ricordosse, 27.112.4 a cui de la battaglia era ubligato: 27.112.5 non seguì Rodomonte, e ritornosse 27.112.6 per entrar col re tartaro in steccato 27.112.7 prima che 'ntrasse il re di Sericana, 27.112.8 che l' altra lite avea di Durindana. 27.113.1 Veder tôrsi Frontin troppo gli pesa 27.113.2 dinanzi agli occhi, e non poter vietarlo; 27.113.3 ma dato ch' abbia fine a questa impresa, 27.113.4 ha ferma intenzïon di ricovrarlo. 27.113.5 Ma Sacripante, che non ha contesa, 27.113.6 come Ruggier, che possa distornarlo, 27.113.7 e che non ha da far altro che questo, 27.113.8 per l' orme vien di Rodomonte presto. 27.114.1 E tosto l' avria giunto, se non era 27.114.2 un caso strano che trovò tra via, 27.114.3 che lo fe' dimorar fin alla sera, 27.114.4 e perder le vestigie che seguia. 27.114.5 Trovò una donna che ne la riviera 27.114.6 di Senna era caduta, e vi peria, 27.114.7 s' a darle tosto aiuto non veniva: 27.114.8 saltò ne l' acqua e la ritrasse a riva. 27.115.1 Poi quando in sella vòlse risalire, 27.115.2 aspettato non fu dal suo destriero, 27.115.3 che fin a sera si fece seguire, 27.115.4 e non si lasciò prender di leggiero: 27.115.5 preselo al fin, ma non seppe venire 27.115.6 più, donde s' era tolto dal sentiero: 27.115.7 ducento miglia errò tra piano e monte, 27.115.8 prima che ritrovasse Rodomonte. 27.116.1 Dove trovollo, e come fu conteso 27.116.2 con disvantaggio assai di Sacripante, 27.116.3 come perdé il cavallo e restò preso, 27.116.4 or non dirò; c' ho da narrarvi inante 27.116.5 di quanto sdegno e di quanta ira acceso 27.116.6 contra la donna e contra il re Agramante 27.116.7 del campo Rodomonte si partisse, 27.116.8 e ciò che contra all' uno e all' altro disse. 27.117.1 Di cocenti sospir l' aria accendea 27.117.2 dovunque andava il Saracin dolente: 27.117.3 Ecco, per la pietà che gli n' avea, 27.117.4 da' cavi sassi rispondea sovente. 27.117.5 -- Oh feminile ingegno (egli dicea), 27.117.6 come ti volgi e muti facilmente, 27.117.7 contrario oggetto proprio de la fede! 27.117.8 Oh infelice, oh miser chi ti crede! 27.118.1 Né lunga servitù, né grand' amore 27.118.2 che ti fu a mille prove manifesto, 27.118.3 ebbono forza di tenerti il core, 27.118.4 che non fossi a cangiarsi almen sì presto. 27.118.5 Non perch' a Mandricardo inferïore 27.118.6 io ti paressi, di te privo resto; 27.118.7 né so trovar cagione ai casi miei, 27.118.8 se non quest' una, che femina sei. 27.119.1 Credo che t' abbia la Natura e Dio 27.119.2 produtto, o scelerato sesso, al mondo 27.119.3 per una soma, per un grave fio 27.119.4 de l' uom, che senza te saria giocondo: 27.119.5 come ha produtto anco il serpente rio 27.119.6 e il lupo e l' orso, e fa l' aer fecondo 27.119.7 e di mosche e di vespe e di tafani, 27.119.8 e loglio e avena fa nascer tra i grani. 27.120.1 Perché fatto non ha l' alma Natura, 27.120.2 che senza te potesse nascer l' uomo, 27.120.3 come s' inesta per umana cura 27.120.4 l' un sopra l' altro il pero, il sorbo e 'l pomo? 27.120.5 Ma quella non può far sempre a misura: 27.120.6 anzi, s' io vo' guardar come io la nomo, 27.120.7 veggo che non può far cosa perfetta, 27.120.8 poi che Natura femina vien detta. 27.121.1 Non siate però tumide e fastose, 27.121.2 donne, per dir che l' uom sia vostro figlio; 27.121.3 che de le spine ancor nascon le rose, 27.121.4 e d' una fetida erba nasce il giglio: 27.121.5 importune, superbe, dispettose, 27.121.6 prive d' amor, di fede e di consiglio, 27.121.7 temerarie, crudeli, inique, ingrate, 27.121.8 per pestilenzia eterna al mondo nate. -- 27.122.1 Con queste et altre et infinite appresso 27.122.2 querele il re di Sarza se ne giva, 27.122.3 or ragionando in un parlar sommesso, 27.122.4 quando in un suon che di lontan s' udiva, 27.122.5 in onta e in biasmo del femineo sesso: 27.122.6 e certo da ragion si dipartiva; 27.122.7 che per una o per due che trovi ree, 27.122.8 che cento buone sien creder si dee. 27.123.1 Se ben di quante io n' abbia fin qui amate, 27.123.2 non n' abbia mai trovata una fedele, 27.123.3 perfide tutte io non vo' dir né ingrate, 27.123.4 ma darne colpa al mio destin crudele. 27.123.5 Molte or ne sono, e più già ne son state, 27.123.6 che non dan causa ad uom che si querele; 27.123.7 ma mia fortuna vuol che s' una ria 27.123.8 ne sia tra cento, io di lei preda sia. 27.124.1 Pur vo' tanto cercar prima ch' io mora, 27.124.2 anzi prima che 'l crin più mi s' imbianchi, 27.124.3 che forse dirò un dì, che per me ancora 27.124.4 alcuna sia che di sua fé non manchi. 27.124.5 Se questo avvien (che di speranza fuora 27.124.6 io non ne son), non fia mai ch' io mi stanchi 27.124.7 di farla, a mia possanza, glorïosa 27.124.8 con lingua e con inchiostro, e in verso e in prosa. 27.125.1 Il Saracin non avea manco sdegno 27.125.2 contra il suo re, che contra la donzella; 27.125.3 e così di ragion passava il segno, 27.125.4 biasmando lui, come biasmando quella. 27.125.5 Ha disio di veder che sopra il regno 27.125.6 gli cada tanto mal, tanta procella, 27.125.7 ch' in Africa ogni casa si funesti, 27.125.8 né pietra salda sopra pietra resti; 27.126.1 e che spinto del regno, in duolo e in lutto 27.126.2 viva Agramante misero e mendico: 27.126.3 e ch' esso sia che poi gli renda il tutto, 27.126.4 e lo riponga nel suo seggio antico, 27.126.5 e de la fede sua produca il frutto; 27.126.6 e gli faccia veder ch' un vero amico 27.126.7 a dritto e a torto esser dovea preposto, 27.126.8 se tutto 'l mondo se gli fosse opposto. 27.127.1 E così quando al re, quando alla donna 27.127.2 volgendo il cor turbato, il Saracino 27.127.3 cavalca a gran giornate, e non assonna, 27.127.4 e poco riposar lascia Frontino. 27.127.5 Il dì seguente o l' altro in su la Sonna 27.127.6 si ritrovò, ch' avea dritto il camino 27.127.7 verso il mar di Provenza, con disegno 27.127.8 di navigare in Africa al suo regno. 27.128.1 Di barche e di sottil legni era tutto 27.128.2 fra l' una ripa e l' altra il fiume pieno, 27.128.3 ch' ad uso de l' esercito condutto 27.128.4 da molti lochi vettovaglie avieno; 27.128.5 perché in poter de' Mori era ridutto, 27.128.6 venendo da Parigi al lito ameno 27.128.7 d' Acquamorta, e voltando invêr la Spagna, 27.128.8 ciò che v' è da man destra di campagna. 27.129.1 Le vettovaglie in carra et in iumenti, 27.129.2 tolte fuor de le navi, erano carche, 27.129.3 e tratte con la scorta de le genti, 27.129.4 ove venir non si potea con barche. 27.129.5 Avean piene le ripe i grassi armenti 27.129.6 quivi condotti da diverse marche; 27.129.7 e i conduttori intorno alla riviera 27.129.8 per varii tetti albergo avean la sera. 27.130.1 Il re d' Algier, perché gli sopravenne 27.130.2 quivi la notte e l' aer nero e cieco, 27.130.3 d' un ostier paesan lo 'nvito tenne, 27.130.4 che lo pregò che rimanesse seco. 27.130.5 Adagiato il destrier, la mensa venne 27.130.6 di varii cibi e di vin corso e greco; 27.130.7 che 'l Saracin nel resto alla moresca, 27.130.8 ma vòlse far nel bere alla francesca. 27.131.1 L' oste con buona mensa e miglior viso 27.131.2 studiò di fare a Rodomonte onore; 27.131.3 che la presenzia gli diè certo aviso 27.131.4 ch' era uomo illustre e pien d' alto valore: 27.131.5 ma quel che da se stesso era diviso, 27.131.6 né quella sera avea ben seco il core 27.131.7 (che mal suo grado s' era ricondotto 27.131.8 alla donna già sua), non facea motto. 27.132.1 Il buono ostier, che fu dei diligenti 27.132.2 che mai si sien per Francia ricordati, 27.132.3 quando tra le nimiche e strane genti 27.132.4 l' albergo e' beni suoi s' avea salvati, 27.132.5 per servir quivi, alcuni suoi parenti, 27.132.6 a tal servigio pronti, avea chiamati; 27.132.7 de' quai non era alcun di parlar oso, 27.132.8 vedendo il Saracin muto e pensoso. 27.133.1 Di pensiero in pensiero andò vagando 27.133.2 da se stesso lontano il pagan molto, 27.133.3 col viso a terra chino, né levando 27.133.4 sì gli occhi mai, ch' alcun guardasse in volto. 27.133.5 Dopo un lungo star cheto, suspirando, 27.133.6 sì come d' un gran sonno allora sciolto, 27.133.7 tutto si scosse, e insieme alzò le ciglia, 27.133.8 e voltò gli occhi all' oste e alla famiglia. 27.134.1 Indi roppe il silenzio, e con sembianti 27.134.2 più dolci un poco e viso men turbato, 27.134.3 domandò all' oste e agli altri circonstanti 27.134.4 se d' essi alcuno avea mogliere a lato. 27.134.5 Che l' oste e che quegli altri tutti quanti 27.134.6 l' aveano, per risposta gli fu dato. 27.134.7 Domanda lor quel che ciascun si crede 27.134.8 de la sua donna nel servargli fede. 27.135.1 Eccetto l' oste, fêr tutti risposta, 27.135.2 che si credeano averle e caste e buone. 27.135.3 Disse l' oste: -- Ognun pur creda a sua posta; 27.135.4 ch' io so ch' avete falsa opinïone. 27.135.5 Il vostro sciocco credere vi costa 27.135.6 ch' io stimi ognun di voi senza ragione; 27.135.7 e così far questo signor deve anco, 27.135.8 se non vi vuol mostrar nero per bianco. 27.136.1 Perché, sì come è sola la fenice, 27.136.2 né mai più d' una in tutto il mondo vive, 27.136.3 così né mai più d' uno esser si dice, 27.136.4 che de la moglie i tradimenti schive. 27.136.5 Ognun si crede d' esser quel felice, 27.136.6 d' esser quel sol ch' a questa palma arrive. 27.136.7 Come è possibil che v' arrivi ognuno, 27.136.8 se non ne può nel mondo esser più d' uno? 27.137.1 Io fui già ne l' error che siete voi, 27.137.2 che donna casta anco più d' una fusse. 27.137.3 Un gentilomo di Vinegia poi, 27.137.4 che qui mia buona sorte già condusse, 27.137.5 seppe far sì con veri esempi suoi, 27.137.6 che fuor de l' ignoranza mi ridusse. 27.137.7 Gian Francesco Valerio era nomato; 27.137.8 che 'l nome suo non mi s' è mai scordato. 27.138.1 Le fraudi che le mogli e che l' amiche 27.138.2 sogliano usar, sapea tutte per conto: 27.138.3 e sopra ciò moderne istorie e antiche, 27.138.4 e proprie esperïenze avea sì in pronto, 27.138.5 che mi mostrò che mai donne pudiche 27.138.6 non si trovaro, o povere o di conto; 27.138.7 e s' una casta più de l' altra parse, 27.138.8 venìa, perché più accorta era a celarse. 27.139.1 E fra l' altre (che tante me ne disse, 27.139.2 che non ne posso il terzo ricordarmi), 27.139.3 sì nel capo una istoria mi si scrisse, 27.139.4 che non si scrisse mai più saldo in marmi: 27.139.5 e ben parria a ciascuno che l' udisse, 27.139.6 di queste rie quel ch' a me parve e parmi. 27.139.7 E se, signor, a voi non spiace udire, 27.139.8 a lor confusïon ve la vo' dire. -- 27.140.1 Rispose il Saracin: -- Che puoi tu farmi, 27.140.2 che più al presente mi diletti e piaccia, 27.140.3 che dirmi istoria e qualche esempio darmi 27.140.4 che con l' opinïon mia si confaccia? 27.140.5 Perch' io possa udir meglio, e tu narrarmi, 27.140.6 siedemi incontra, ch' io ti vegga in faccia. -- 27.140.7 Ma nel canto che segue io v' ho da dire 27.140.8 quel che fe' l' oste a Rodomonte udire.
CANTO XXVIII
28.1.1 Donne, e voi che le donne avete in pregio, 28.1.2 per Dio, non date a questa istoria orecchia, 28.1.3 a questa che l' ostier dire in dispregio 28.1.4 e in vostra infamia e biasmo s' apparecchia; 28.1.5 ben che né macchia vi può dar né fregio 28.1.6 lingua sì vile, e sia l' usanza vecchia 28.1.7 che 'l volgare ignorante ognun riprenda, 28.1.8 e parli più di quel che meno intenda. 28.2.1 Lasciate questo canto, che senza esso 28.2.2 può star l' istoria, e non sarà men chiara. 28.2.3 Mettendolo Turpino, anch' io l' ho messo, 28.2.4 non per malivolenzia né per gara. 28.2.5 Ch' io v' ami, oltre mia lingua che l' ha espresso, 28.2.6 che mai non fu di celebrarvi avara, 28.2.7 n' ho fatto mille prove; e v' ho dimostro 28.2.8 ch' io son, né potrei esser se non vostro. 28.3.1 Passi, chi vuol, tre carte o quattro, senza 28.3.2 leggerne verso, e chi pur legger vuole, 28.3.3 gli dia quella medesima credenza 28.3.4 che si suol dare a finzïoni e a fole. 28.3.5 Ma tornando al dir nostro, poi ch' udienza 28.3.6 apparecchiata vide a sue parole, 28.3.7 e darsi luogo incontra al cavalliero, 28.3.8 così l' istoria incominciò l' ostiero. 28.4.1 -- Astolfo, re de' Longobardi, quello 28.4.2 a cui lasciò il fratel monaco il regno, 28.4.3 fu ne la giovinezza sua sì bello, 28.4.4 che mai poch' altri giunsero a quel segno. 28.4.5 N' avria a fatica un tal fatto a penello 28.4.6 Apelle, o Zeusi, o se v' è alcun più degno. 28.4.7 Bello era, et a ciascun così parea: 28.4.8 ma di molto egli ancor più si tenea. 28.5.1 Non stimava egli tanto per l' altezza 28.5.2 del grado suo, d' avere ognun minore; 28.5.3 né tanto, che di genti e di ricchezza, 28.5.4 di tutti i re vicini era il maggiore; 28.5.5 quanto che di presenzia e di bellezza 28.5.6 avea per tutto 'l mondo il primo onore. 28.5.7 Godea di questo, udendosi dar loda, 28.5.8 quanto di cosa volentier più s' oda. 28.6.1 Tra gli altri di sua corte avea assai grato 28.6.2 Fausto Latini, un cavallier romano: 28.6.3 con cui sovente essendosi lodato 28.6.4 or del bel viso, or de la bella mano, 28.6.5 et avendolo un giorno domandato 28.6.6 se mai veduto avea, presso o lontano, 28.6.7 altro uom di forma così ben composto; 28.6.8 contra quel che credea, gli fu risposto. 28.7.1 " Dico (rispose Fausto) che secondo 28.7.2 ch' io veggo e che parlarne odo a ciascuno, 28.7.3 ne la bellezza hai pochi pari al mondo; 28.7.4 e questi pochi io li restringo in uno. 28.7.5 Quest' uno è un fratel mio, detto Iocondo. 28.7.6 Eccetto lui, ben crederò ch' ognuno 28.7.7 di beltà molto a dietro tu ti lassi; 28.7.8 ma questo sol credo t' adegui e passi ". 28.8.1 Al re parve impossibil cosa udire, 28.8.2 che sua la palma infin allora tenne; 28.8.3 e d' aver conoscenza alto desire 28.8.4 di sì lodato giovene gli venne. 28.8.5 Fe' sì con Fausto, che di far venire 28.8.6 quivi il fratel prometter gli convenne; 28.8.7 ben ch' a poterlo indur che ci venisse, 28.8.8 saria fatica, e la cagion gli disse: 28.9.1 che 'l suo fratello era uom che mosso il piede 28.9.2 mai non avea di Roma alla sua vita, 28.9.3 che del ben che Fortuna gli concede, 28.9.4 tranquilla e senza affanni avea notrita: 28.9.5 la roba di che 'l padre il lasciò erede, 28.9.6 né mai cresciuta avea né minuita; 28.9.7 e che parrebbe a lui Pavia lontana 28.9.8 più che non parria a un altro ire alla Tana. 28.10.1 E la difficultà saria maggiore 28.10.2 a poterlo spiccar da la mogliere, 28.10.3 con cui legato era di tanto amore, 28.10.4 che non volendo lei, non può volere. 28.10.5 Pur per ubbidir lui che gli è signore, 28.10.6 disse d' andare e fare oltre il potere. 28.10.7 Giunse il re a' prieghi tali offerte e doni, 28.10.8 che di negar non gli lasciò ragioni. 28.11.1 Partisse, e in pochi giorni ritrovosse 28.11.2 dentro di Roma alle paterne case. 28.11.3 Quivi tanto pregò, che 'l fratel mosse 28.11.4 sì ch' a venire al re gli persuase; 28.11.5 e fece ancor (ben che difficil fosse) 28.11.6 che la cognata tacita rimase, 28.11.7 proponendole il ben che n' usciria, 28.11.8 oltre ch' obligo sempre egli l' avria. 28.12.1 Fisse Iocondo alla partita il giorno: 28.12.2 trovò cavalli e servitori intanto, 28.12.3 vesti fe' far per comparire adorno; 28.12.4 che talor cresce una beltà un bel manto. 28.12.5 La notte a lato, e 'l dì la moglie intorno, 28.12.6 con gli occhi ad or ad or pregni di pianto, 28.12.7 gli dice che non sa come patire 28.12.8 potrà tal lontananza, e non morire; 28.13.1 che pensandovi sol, da la radice 28.13.2 sveller si sente il cor nel lato manco. 28.13.3 " Deh, vita mia, non piagnere (le dice 28.13.4 Iocondo, e seco piagne egli non manco); 28.13.5 così mi sia questo camin felice, 28.13.6 come tornar vo' fra duo mesi almanco: 28.13.7 né mi faria passar d' un giorno il segno, 28.13.8 se mi donasse il re mezzo il suo regno". 28.14.1 Né la donna perciò si riconforta: 28.14.2 dice che troppo termine si piglia; 28.14.3 e s' al ritorno non la trova morta, 28.14.4 esser non può se non gran maraviglia. 28.14.5 Non lascia il duol che giorni e notte porta, 28.14.6 che gustar cibo, e chiuder possa ciglia; 28.14.7 tal che per la pietà Iocondo spesso 28.14.8 si pente ch' al fratello abbia promesso. 28.15.1 Dal collo un suo monile ella si sciolse, 28.15.2 ch' una crocetta avea ricca di gemme, 28.15.3 e di sante reliquie che raccolse 28.15.4 in molti luoghi un peregrin boemme; 28.15.5 et il padre di lei, ch' in casa il tolse 28.15.6 tornando infermo di Ierusalemme, 28.15.7 venendo a morte poi ne lasciò erede: 28.15.8 questa levossi et al marito diede. 28.16.1 E che la porti per suo amore al collo 28.16.2 lo prega, sì che ognor gli ne sovenga. 28.16.3 Piacque il dono al marito, et accettollo; 28.16.4 non perché dar ricordo gli convenga: 28.16.5 che né tempo né absenzia mai dar crollo, 28.16.6 né buona o ria fortuna che gli avenga, 28.16.7 potrà a quella memoria salda e forte 28.16.8 c' ha di lei sempre e avrà dopo la morte. 28.17.1 La notte ch' andò inanzi a quella urora 28.17.2 che fu il termine estremo alla partenza, 28.17.3 al suo Iocondo par ch' in braccio muora 28.17.4 la moglie, che n' ha tosto da star senza. 28.17.5 Mai non si dorme; e inanzi al giorno un' ora 28.17.6 viene il marito all' ultima licenza. 28.17.7 Montò a cavallo, e si partì in effetto; 28.17.8 e la moglier si ricorcò nel letto. 28.18.1 Iocondo ancor duo miglia ito non era, 28.18.2 che gli venne la croce raccordata, 28.18.3 ch' avea sotto il guancial messo la sera, 28.18.4 poi per oblivïon l' avea lasciata. 28.18.5 " Lasso! (dicea tra sé) di che maniera 28.18.6 troverò scusa che mi sia accettata, 28.18.7 che mia moglie non creda che gradito 28.18.8 poco da me sia l' amor suo infinito?" 28.19.1 Pensa la scusa, e poi gli cade in mente 28.19.2 che non sarà accettabile né buona, 28.19.3 mandi famigli, mandivi altra gente, 28.19.4 s' egli medesmo non vi va in persona. 28.19.5 Si ferma, e al fratel dice:" Or pianamente 28.19.6 fin a Baccano al primo albergo sprona; 28.19.7 che dentro a Roma è forza ch' io rivada: 28.19.8 e credo anco di giugnerti per strada. 28.20.1 Non potria fare altri il bisogno mio: 28.20.2 né dubitar, ch' io sarò tosto teco". 28.20.3 Voltò il ronzin di trotto, e disse a Dio; 28.20.4 né de' famigli suoi vòlse alcun seco. 28.20.5 Già cominciava, quando passò il rio, 28.20.6 dinanzi al sole a fuggir l' aer cieco. 28.20.7 Smonta in casa, va al letto, e la consorte 28.20.8 quivi ritrova addormentata forte. 28.21.1 La cortina levò senza far motto, 28.21.2 e vide quel che men veder credea: 28.21.3 che la sua casta e fedel moglie, sotto 28.21.4 la coltre, in braccio a un giovene giacea. 28.21.5 Riconobbe l' adultero di botto, 28.21.6 per la pratica lunga che n' avea; 28.21.7 ch' era de la famiglia sua un garzone, 28.21.8 allevato da lui, d' umil nazione. 28.22.1 S' attonito restasse e malcontento, 28.22.2 meglio è pensarlo e farne fede altrui, 28.22.3 ch' esserne mai per far l' esperimento 28.22.4 che con suo gran dolor ne fe' costui. 28.22.5 Da lo sdegno assalito, ebbe talento 28.22.6 di trar la spada e uccidergli ambedui: 28.22.7 ma da l' amor che porta, al suo dispetto, 28.22.8 all' ingrata moglier, gli fu interdetto. 28.23.1 Né lo lasciò questo ribaldo Amore 28.23.2 (vedi se sì l' avea fatto vasallo) 28.23.3 destarla pur, per non le dar dolore 28.23.4 che fosse da lui colta in sì gran fallo. 28.23.5 Quanto poté più tacito uscì fuore, 28.23.6 scese le scale, e rimontò a cavallo; 28.23.7 e punto egli d' amor, così lo punse, 28.23.8 ch' all' albergo non fu, che 'l fratel giunse. 28.24.1 Cambiato a tutti parve esser nel volto; 28.24.2 vider tutti che 'l cor non avea lieto: 28.24.3 ma non v' è chi s' apponga già di molto, 28.24.4 e possa penetrar nel suo secreto. 28.24.5 Credeano che da lor si fosse tolto 28.24.6 per gire a Roma, e gito era a Corneto. 28.24.7 Ch' amor sia del mal causa ognun s' avisa; 28.24.8 ma non è già chi dir sappia in che guisa. 28.25.1 Estimasi il fratel, che dolor abbia 28.25.2 d' aver la moglie sua sola lasciata; 28.25.3 e pel contrario duolsi egli et arrabbia 28.25.4 che rimasa era troppo accompagnata. 28.25.5 Con fronte crespa e con gonfiate labbia 28.25.6 sta l' infelice, e sol la terra guata. 28.25.7 Fausto ch' a confortarlo usa ogni prova, 28.25.8 perché non sa la causa, poco giova. 28.26.1 Di contrario liquor la piaga gli unge, 28.26.2 e dove tor dovria, gli accresce doglie; 28.26.3 dove dovria saldar, più l' apre e punge: 28.26.4 questo gli fa col ricordar la moglie. 28.26.5 Né posa dì né notte: il sonno lunge 28.26.6 fugge col gusto, e mai non si raccoglie: 28.26.7 e la faccia, che dianzi era sì bella, 28.26.8 si cangia sì, che più non sembra quella. 28.27.1 Par che gli occhi se ascondin ne la testa; 28.27.2 cresciuto il naso par nel viso scarno: 28.27.3 de la beltà sì poca gli ne resta, 28.27.4 che ne potrà far paragone indarno. 28.27.5 Col duol venne una febbre sì molesta, 28.27.6 che lo fe' soggiornar all' Arbia e all' Arno: 28.27.7 e se di bello avea serbata cosa, 28.27.8 tosto restò come al sol colta rosa. 28.28.1 Oltre ch' a Fausto incresca del fratello 28.28.2 che veggia a simil termine condutto, 28.28.3 via più gl' incresce che bugiardo a quello 28.28.4 principe, a chi lodollo, parrà in tutto: 28.28.5 mostrar di tutti gli uomini il più bello 28.28.6 gli avea promesso, e mostrerà il più brutto. 28.28.7 Ma pur continuando la sua via, 28.28.8 seco lo trasse al fin dentro a Pavia. 28.29.1 Già non vuol che lo vegga il re improviso, 28.29.2 per non mostrarsi di giudicio privo: 28.29.3 ma per lettere inanzi gli dà aviso 28.29.4 che 'l suo fratel ne viene a pena vivo; 28.29.5 e ch' era stato all' aria del bel viso 28.29.6 un affanno di cor tanto nocivo, 28.29.7 accompagnato da una febbre ria, 28.29.8 che più non parea quel ch' esser solia. 28.30.1 Grata ebbe la venuta di Iocondo 28.30.2 quanto potesse il re d' amico avere; 28.30.3 che non avea desiderato al mondo 28.30.4 cosa altretanto, che di lui vedere. 28.30.5 Né gli spiace vederselo secondo, 28.30.6 e di bellezza dietro rimanere; 28.30.7 ben che conosca, se non fosse il male, 28.30.8 che gli saria superïore o uguale. 28.31.1 Giunto, lo fa alloggiar nel suo palagio, 28.31.2 lo visita ogni giorno, ogni ora n' ode; 28.31.3 fa gran provisïon che stia con agio, 28.31.4 e d' onorarlo assai si studia e gode. 28.31.5 Langue Iocondo, che 'l pensier malvagio 28.31.6 c' ha de la ria moglier, sempre lo rode: 28.31.7 né 'l veder giochi, né musici udire, 28.31.8 dramma del suo dolor può minuire. 28.32.1 Le stanze sue, che sono appresso al tetto 28.32.2 l' ultime, inanzi hanno una sal antica. 28.32.3 Quivi solingo (perché ogni diletto, 28.32.4 perch' ogni compagnia prova nimica) 28.32.5 si ritraea, sempre aggiungendo al petto 28.32.6 di più gravi pensier nuova fatica: 28.32.7 e trovò quivi (or chi lo crederia?) 28.32.8 chi lo sanò de la sua piaga ria. 28.33.1 In capo de la sala, ove è più scuro 28.33.2 (che non vi s' usa le finestre aprire), 28.33.3 vede che 'l palco mal si giunge al muro, 28.33.4 e fa d' aria più chiara un raggio uscire. 28.33.5 Pon l' occhio quindi, e vede quel che duro 28.33.6 a creder fôra a chi l' udisse dire: 28.33.7 non l' ode egli d' altrui, ma se lo vede; 28.33.8 et anco agli occhi suoi proprii non crede. 28.34.1 Quindi scopria de la regina tutta 28.34.2 la più secreta stanza e la più bella, 28.34.3 ove persona non verria introdutta, 28.34.4 se per molto fedel non l' avesse ella. 28.34.5 Quindi mirando vide in strana lutta 28.34.6 ch' un nano aviticchiato era con quella: 28.34.7 et era quel piccin stato sì dotto, 28.34.8 che la regina avea messa di sotto. 28.35.1 Attonito Iocondo e stupefatto, 28.35.2 e credendo sognarsi, un pezzo stette; 28.35.3 e quando vide pur che gli era in fatto 28.35.4 e non in sogno, a se stesso credette. 28.35.5 " A uno sgrignuto mostro e contrafatto 28.35.6 dunque (disse) costei si sottomette, 28.35.7 che 'l maggior re del mondo ha per marito, 28.35.8 più bello e più cortese? oh che appetito!" 28.36.1 E de la moglie sua, che così spesso 28.36.2 più d' ogn' altra biasmava, ricordosse, 28.36.3 perché 'l ragazzo s' avea tolto appresso: 28.36.4 et or gli parve che escusabil fosse. 28.36.5 Non era colpa sua più che del sesso, 28.36.6 che d' un solo uomo mai non contentosse: 28.36.7 e s' han tutte una macchia d' uno inchiostro, 28.36.8 almen la sua non s' avea tolto un mostro. 28.37.1 Il dì seguente, alla medesima ora, 28.37.2 al medesimo loco fa ritorno; 28.37.3 e la regina e il nano vede ancora, 28.37.4 che fanno al re pur il medesmo scorno. 28.37.5 Trova l' altro dì ancor che si lavora, 28.37.6 e l' altro; e al fin non si fa festa giorno: 28.37.7 e la regina (che gli par più strano) 28.37.8 sempre si duol che poco l' ami il nano. 28.38.1 Stette fra gli altri un giorno a veder, ch' ella 28.38.2 era turbata e in gran malenconia, 28.38.3 che due volte chiamar per la donzella 28.38.4 il nano fatto avea, n' ancor venìa. 28.38.5 Mandò la terza volta, et udì quella, 28.38.6 che:" Madonna, egli giuoca (riferia); 28.38.7 e per non stare in perdita d' un soldo, 28.38.8 a voi niega venire il manigoldo." 28.39.1 A sì strano spettacolo Iocondo 28.39.2 raserena la fronte e gli occhi e il viso; 28.39.3 e quale in nome, diventò giocondo 28.39.4 d' effetto ancora, e tornò il pianto in riso. 28.39.5 Allegro torna e grasso e rubicondo, 28.39.6 che sembra un cherubin del paradiso; 28.39.7 che 'l re, il fratello e tutta la famiglia 28.39.8 di tal mutazïon si maraviglia. 28.40.1 Se da Iocondo il re bramava udire 28.40.2 onde venisse il subito conforto, 28.40.3 non men Iocondo lo bramava dire, 28.40.4 e fare il re di tanta ingiuria accorto; 28.40.5 ma non vorria che, più di sé, punire 28.40.6 volesse il re la moglie di quel torto; 28.40.7 sì che per dirlo e non far danno a lei, 28.40.8 il re fece giurar su l' agnusdei. 28.41.1 Giurar lo fe' che né per cosa detta, 28.41.2 né che gli sia mostrata che gli spiaccia, 28.41.3 ancor ch' egli conosca che diretta- 28.41.4 mente a sua Maestà danno si faccia, 28.41.5 tardi o per tempo mai farà vendetta; 28.41.6 e di più vuole ancor che se ne taccia, 28.41.7 sì che né il malfattor giamai comprenda 28.41.8 in fatto o in detto, che 'l re il caso intenda. 28.42.1 Il re, ch' ogn' altra cosa, se non questa, 28.42.2 creder potria, gli giurò largamente. 28.42.3 Iocondo la cagion gli manifesta, 28.42.4 ond' era molti dì stato dolente: 28.42.5 perché trovata avea la disonesta 28.42.6 sua moglie in braccio d' un suo vil sergente; 28.42.7 e che tal pena al fin l' avrebbe morto, 28.42.8 se tardato a venir fosse il conforto. 28.43.1 Ma in casa di sua Altezza avea veduto 28.43.2 cosa che molto gli scemava il duolo; 28.43.3 che se bene in obbrobrio era caduto, 28.43.4 era almen certo di non v' esser solo. 28.43.5 Così dicendo, e al bucolin venuto, 28.43.6 gli dimostrò il bruttissimo omiciuolo 28.43.7 che la giumenta altrui sotto si tiene, 28.43.8 tocca di sproni e fa giuocar di schene. 28.44.1 Se parve al re vituperoso l' atto, 28.44.2 lo crederete ben, senza ch' io 'l giuri. 28.44.3 Ne fu per arrabbiar, per venir matto; 28.44.4 ne fu per dar del capo in tutti i muri; 28.44.5 fu per gridar, fu per non stare al patto: 28.44.6 ma forza è che la bocca al fin si turi, 28.44.7 e che l' ira trangugi amara et acra, 28.44.8 poi che giurato avea su l' ostia sacra. 28.45.1 " Che debbo far, che mi consigli, frate 28.45.2 (disse a Iocondo), poi che tu mi tolli 28.45.3 che con degna vendetta e crudeltate 28.45.4 questa giustissima ira io non satolli?" 28.45.5 " Lasciàn (disse Iocondo) queste ingrate, 28.45.6 e proviam se son l' altre così molli: 28.45.7 facciàn de le lor femine ad altrui 28.45.8 quel ch' altri de le nostre han fatto a nui. 28.46.1 Ambi gioveni siamo, e di bellezza, 28.46.2 che facilmente non troviamo pari. 28.46.3 Qual femina sarà che n' usi asprezza, 28.46.4 se contra i brutti ancor non han ripari? 28.46.5 Se beltà non varrà né giovinezza, 28.46.6 varranne almen l' aver con noi danari. 28.46.7 Non vo' che torni, che non abbi prima 28.46.8 di mille moglie altrui la spoglia opima. 28.47.1 La lunga absenzia, il veder vari luoghi, 28.47.2 praticare altre femine di fuore, 28.47.3 par che sovente disacerbi e sfoghi 28.47.4 de l' amorose passïoni il core". 28.47.5 Lauda il parer, né vuol che si proròghi 28.47.6 il re l' andata; e fra pochissime ore, 28.47.7 con duo scudieri, oltre alla compagnia 28.47.8 del cavallier roman, si mette in via. 28.48.1 Travestiti cercaro Italia, Francia, 28.48.2 le terre de' Fiaminghi e de l' Inglesi; 28.48.3 e quante ne vedean di bella guancia, 28.48.4 trovavan tutte ai prieghi lor cortesi. 28.48.5 Davano, e dato loro era la mancia; 28.48.6 e spesso rimetteano i danar spesi. 28.48.7 Da lor pregate fôro molte, e fôro 28.48.8 anch' altretante che pregaron loro. 28.49.1 In questa terra un mese, in quella dui 28.49.2 soggiornando, accertârsi a vera prova 28.49.3 che non men ne le lor, che ne l' altrui 28.49.4 femine, fede e castità si trova. 28.49.5 Dopo alcun tempo increbbe ad ambedui 28.49.6 di sempre procacciar di cosa nuova; 28.49.7 che mal poteano entrar ne l' altrui porte, 28.49.8 senza mettersi a rischio de la morte. 28.50.1 Gli è meglio una trovarne che di faccia 28.50.2 e di costumi ad ambi grata sia; 28.50.3 che lor communemente sodisfaccia, 28.50.4 e non n' abbin d' aver mai gelosia. 28.50.5 " E perché (dicea il re) vo' che mi spiaccia 28.50.6 aver più te ch' un altro in compagnia? 28.50.7 So ben ch' in tutto il gran femineo stuolo 28.50.8 una non è che stia contenta a un solo. 28.51.1 Una, senza sforzar nostro potere, 28.51.2 ma quando il natural bisogno inviti, 28.51.3 in festa goderemoci e in piacere, 28.51.4 che mai contese non avren né liti. 28.51.5 Né credo che si debba ella dolere: 28.51.6 che s' anco ogn' altra avesse duo mariti, 28.51.7 più ch' ad un solo, a duo saria fedele; 28.51.8 né forse s' udirian tante querele". 28.52.1 Di quel che disse il re, molto contento 28.52.2 rimaner parve il giovine romano. 28.52.3 Dunque fermati in tal proponimento, 28.52.4 cercâr molte montagne e molto piano: 28.52.5 trovaro al fin, secondo il loro intento, 28.52.6 una figliuola d' uno ostiero ispano, 28.52.7 che tenea albergo al porto di Valenza, 28.52.8 bella di modi e bella di presenza. 28.53.1 Era ancor sul fiorir di primavera 28.53.2 sua tenerella e quasi acerba etade. 28.53.3 Di molti figli il padre aggravat' era, 28.53.4 e nimico mortal di povertade; 28.53.5 sì ch' a disporlo fu cosa leggiera, 28.53.6 che desse lor la figlia in potestade; 28.53.7 ch' ove piacesse lor potesson trarla, 28.53.8 poi che promesso avean di ben trattarla. 28.54.1 Pigliano la fanciulla, e piacer n' hanno 28.54.2 or l' un or l' altro in caritade e in pace, 28.54.3 come a vicenda i mantici che dànno, 28.54.4 or l' uno or l' altro, fiato alla fornace. 28.54.5 Per veder tutta Spagna indi ne vanno, 28.54.6 e passar poi nel regno di Siface; 28.54.7 e 'l dì che da Valenza si partiro, 28.54.8 ad albergare a Zattiva veniro. 28.55.1 I patroni a veder strade e palazzi 28.55.2 ne vanno, e lochi publici e divini; 28.55.3 ch' usanza han di pigliar simil solazzi 28.55.4 in ogni terra ove entran peregrini; 28.55.5 e la fanciulla resta coi ragazzi. 28.55.6 Altri i letti, altri acconciano i ronzini, 28.55.7 altri hanno cura che sia alla tornata 28.55.8 dei signor lor la cena apparecchiata. 28.56.1 Ne l' albergo un garzon stava per fante, 28.56.2 ch' in casa de la giovene già stette 28.56.3 a' servigi del padre, e d' essa amante 28.56.4 fu da' primi anni, e del suo amor godette. 28.56.5 Ben s' adocchiâr, ma non ne fêr sembiante, 28.56.6 ch' esser notato ognun di lor temette: 28.56.7 ma tosto ch' i patroni e la famiglia 28.56.8 lor dieron luogo, alzâr tra lor le ciglia. 28.57.1 Il fante domandò dove ella gisse, 28.57.2 e qual dei duo signor l' avesse seco. 28.57.3 A punto la Fiammetta il fatto disse 28.57.4 (così avea nome, e quel garzone il Greco). 28.57.5 " Quando sperai che 'l tempo, ohimè! venisse 28.57.6 (il Greco le dicea) di viver teco, 28.57.7 Fiammetta, anima mia, tu te ne vai, 28.57.8 e non so più di rivederti mai. 28.58.1 Fannosi i dolci miei disegni amari, 28.58.2 poi che sei d' altri, e tanto mi ti scosti. 28.58.3 Io disegnava, avendo alcun' danari 28.58.4 con gran fatica e gran sudor riposti, 28.58.5 ch' avanzato m' avea de' miei salari 28.58.6 e de le bene andate di molti osti, 28.58.7 di tornare a Valenza, e domandarti 28.58.8 al padre tuo per moglie, e di sposarti". 28.59.1 La fanciulla negli omeri si stringe, 28.59.2 e risponde che fu tardo a venire. 28.59.3 Piange il Greco e sospira, e parte finge: 28.59.4 " Vuommi (dice) lasciar così morire? 28.59.5 Con le tuo braccia i fianchi almen mi cinge, 28.59.6 lasciami disfogar tanto desire; 28.59.7 ch' inanzi che tu parta, ogni momento 28.59.8 che teco io stia mi fa morir contento". 28.60.1 La pietosa fanciulla rispondendo: 28.60.2 " Credi (dicea) che men di te nol bramo; 28.60.3 ma né luogo né tempo ci comprendo 28.60.4 qui, dove in mezzo di tanti occhi siamo". 28.60.5 Il Greco soggiungea:" Certo mi rendo, 28.60.6 che s' un terzo ami me di quel ch' io t' amo, 28.60.7 in questa notte almen troverai loco 28.60.8 che ci potren godere insieme un poco". 28.61.1 " Come potrò (diceagli la fanciulla), 28.61.2 che sempre in mezzo a duo la notte giaccio? 28.61.3 e meco or l' uno or l' altro si trastulla, 28.61.4 e sempre a l' un di lor mi trovo in braccio?" 28.61.5 " Questo ti fia (suggiunse il Greco) nulla; 28.61.6 che ben ti saprai tor di questo impaccio, 28.61.7 e uscir di mezzo lor, pur che tu voglia: 28.61.8 e déi voler, quando di me ti doglia". 28.62.1 Pensa ella alquanto, e poi dice che vegna 28.62.2 quando creder potrà ch' ognuno dorma; 28.62.3 e pianamente come far convegna, 28.62.4 e de l' andare e del tornar l' informa. 28.62.5 Il Greco, sì come ella gli disegna, 28.62.6 quando sente dormir tutta la torma, 28.62.7 viene all' uscio e lo spinge, e quel gli cede: 28.62.8 entra pian piano, e va a tenton col piede. 28.63.1 Fa lunghi i passi, e sempre in quel di dietro 28.63.2 tutto si ferma, e l' altro par che muova 28.63.3 a guisa che di dar tema nel vetro, 28.63.4 non che 'l terreno abbia a calcar, ma l' uova; 28.63.5 e tien la mano inanzi simil metro, 28.63.6 va brancolando infin che 'l letto trova: 28.63.7 e di là dove gli altri avean le piante, 28.63.8 tacito si cacciò col capo inante. 28.64.1 Fra l' una e l' altra gamba di Fiammetta, 28.64.2 che supina giacea, diritto venne; 28.64.3 e quando le fu a par, l' abbracciò stretta, 28.64.4 e sopra lei sin presso al dì si tenne. 28.64.5 Cavalcò forte, e non andò a staffetta; 28.64.6 che mai bestia mutar non gli convenne: 28.64.7 che questa pare a lui che sì ben trotte, 28.64.8 che scender non ne vuol per tutta notte. 28.65.1 Avea Iocondo et avea il re sentito 28.65.2 il calpestio che sempre il letto scosse; 28.65.3 e l' uno e l' altro, d' uno error schernito, 28.65.4 s' avea creduto che 'l compagno fosse. 28.65.5 Poi ch' ebbe il Greco il suo camin fornito, 28.65.6 sì come era venuto, anco tornosse. 28.65.7 Saettò il sol da l' orizzonte i raggi; 28.65.8 sorse Fiammetta, e fece entrare i paggi. 28.66.1 Il re disse al compagno motteggiando: 28.66.2 " Frate, molto camin fatto aver déi; 28.66.3 e tempo è ben che ti riposi, quando 28.66.4 stato a cavallo tutta notte sei". 28.66.5 Iocondo a lui rispose di rimando, 28.66.6 e disse:" Tu di' quel ch' io a dire avrei. 28.66.7 A te tocca posare, e pro ti faccia, 28.66.8 che tutta notte hai cavalcato a caccia". 28.67.1 " Anch' io (suggiunse il re) senza alcun fallo 28.67.2 lasciato avria il mio can correre un tratto, 28.67.3 se m' avessi prestato un po' il cavallo, 28.67.4 tanto che 'l mio bisogno avessi fatto". 28.67.5 Iocondo replicò:" Son tuo vasallo, 28.67.6 e puoi far meco e rompere ogni patto: 28.67.7 sì che non convenia tal cenni usare; 28.67.8 ben mi potevi dir: lasciala stare". 28.68.1 Tanto replica l' un, tanto soggiunge 28.68.2 l' altro, che sono a grave lite insieme. 28.68.3 Vengon da' motti ad un parlar che punge, 28.68.4 ch' ad amenduo l' esser beffato preme. 28.68.5 Chiaman Fiammetta (che non era lunge, 28.68.6 e de la fraude esser scoperta teme) 28.68.7 per fare in viso l' uno all' altro dire 28.68.8 quel che negando ambi parean mentire. 28.69.1 " Dimmi (le disse il re con fiero sguardo), 28.69.2 e non temer di me né di costui; 28.69.3 chi tutta notte fu quel sì gagliardo, 28.69.4 che ti godé senza far parte altrui?" 28.69.5 Credendo l' un provar l' altro bugiardo, 28.69.6 la risposta aspettavano ambedui. 28.69.7 Fiammetta a' piedi lor si gittò, incerta 28.69.8 di viver più, vedendosi scoperta. 28.70.1 Domandò lor perdono, che d' amore 28.70.2 ch' a un giovinetto avea portato, spinta, 28.70.3 e da pietà d' un tormentato core 28.70.4 che molto avea per lei patito, vinta, 28.70.5 caduta era la notte in quello errore; 28.70.6 e seguitò, senza dir cosa finta, 28.70.7 come tra lor con speme si condusse, 28.70.8 ch' ambi credesson che 'l compagno fusse. 28.71.1 Il re e Iocondo si guardaro in viso, 28.71.2 di maraviglia e di stupor confusi; 28.71.3 né d' aver anco udito lor fu aviso, 28.71.4 ch' altri duo fusson mai così delusi. 28.71.5 Poi scoppiaro ugualmente in tanto riso, 28.71.6 che con la bocca aperta e gli occhi chiusi, 28.71.7 potendo a pena il fiato aver del petto, 28.71.8 a dietro si lasciâr cader sul letto. 28.72.1 Poi ch' ebbon tanto riso, che dolere 28.72.2 se ne sentiano il petto, e pianger gli occhi, 28.72.3 disson tra lor:" Come potremo avere 28.72.4 guardia, che la moglier non ne l' accocchi, 28.72.5 se non giova tra duo questa tenere, 28.72.6 e stretta sì, che l' uno e l' altro tocchi? 28.72.7 Se più che crini avesse occhi il marito, 28.72.8 non potria far che non fosse tradito. 28.73.1 Provate mille abbiamo, e tutte belle; 28.73.2 né di tante una è ancor che ne contraste. 28.73.3 Se provian l' altre, fian simili anch' elle; 28.73.4 ma per ultima prova costei baste. 28.73.5 Dunque possiamo creder che più felle 28.73.6 non sien le nostre, o men de l' altre caste: 28.73.7 e se son come tutte l' altre sono, 28.73.8 che torniamo a godercile fia buono". 28.74.1 Conchiuso ch' ebbon questo, chiamar fêro 28.74.2 per Fiammetta medesima il suo amante; 28.74.3 e in presenzia di molti gli la diero 28.74.4 per moglie, e dote che gli fu bastante. 28.74.5 Poi montaro a cavallo, e il lor sentiero 28.74.6 ch' era a ponente, volsero a levante; 28.74.7 et alle mogli lor se ne tornaro, 28.74.8 di ch' affanno mai più non si pigliaro. -- 28.75.1 L' ostier qui fine alla sua istoria pose, 28.75.2 che fu con molta attenzïone udita. 28.75.3 Udilla il Saracin, né gli rispose 28.75.4 parola mai, fin che non fu finita. 28.75.5 Poi disse: -- Io credo ben che de l' ascose 28.75.6 feminil frode sia copia infinita; 28.75.7 né si potria de la millesma parte 28.75.8 tener memoria con tutte le carte. -- 28.76.1 Quivi era un uom d' età, ch' avea più retta 28.76.2 opinïon degli altri, e ingegno e ardire; 28.76.3 e non potendo ormai, che sì negletta 28.76.4 ogni femina fosse, più patire, 28.76.5 si volse a quel ch' avea l' istoria detta, 28.76.6 e gli disse: -- Assai cose udimo dire, 28.76.7 che veritade in sé non hanno alcuna: 28.76.8 e ben di queste è la tua favola una. 28.77.1 A chi te la narrò non do credenza, 28.77.2 s' evangelista ben fosse nel resto; 28.77.3 ch' opinïone, più ch' esperïenza 28.77.4 ch' abbia di donne, lo facea dir questo. 28.77.5 L' avere ad una o due malivolenza, 28.77.6 fa ch' odia e biasma l' altre oltre all' onesto; 28.77.7 ma se gli passa l' ira, io vo' tu l' oda, 28.77.8 più ch' ora biasmo, anco dar lor gran loda. 28.78.1 E se vorrà lodarne, avrà maggiore 28.78.2 il campo assai, ch' a dirne mal non ebbe: 28.78.3 di cento potrà dir degne d' onore 28.78.4 verso una trista che biasmar si debbe. 28.78.5 Non biasmar tutte, ma serbarne fuore 28.78.6 la bontà d' infinite si dovrebbe; 28.78.7 e se 'l Valerio tuo disse altrimente, 28.78.8 disse per ira, e non per quel che sente. 28.79.1 Ditemi un poco: è di voi forse alcuno 28.79.2 ch' abbia servato alla sua moglie fede? 28.79.3 che nieghi andar, quando gli sia oportuno, 28.79.4 all' altrui donna, e darle ancor mercede? 28.79.5 credete in tutto 'l mondo trovarne uno? 28.79.6 chi 'l dice, mente; e folle è ben chi 'l crede. 28.79.7 Trovatene vo' alcuna che vi chiami? 28.79.8 (non parlo de le publiche et infami). 28.80.1 Conoscete alcun voi, che non lasciasse 28.80.2 la moglie sola, ancor che fosse bella, 28.80.3 per seguire altra donna, se sperasse 28.80.4 in breve e facilmente ottener quella? 28.80.5 Che farebbe egli, quando lo pregasse 28.80.6 o desse premio a lui donna o donzella? 28.80.7 Credo, per compiacere or queste or quelle, 28.80.8 che tutti lasciaremmovi la pelle. 28.81.1 Quelle che i lor mariti hanno lasciati, 28.81.2 le più volte cagione avuta n' hanno. 28.81.3 Del suo di casa li veggon svogliati, 28.81.4 e che fuor, de l' altrui bramosi, vanno. 28.81.5 Dovriano amar, volendo essere amati, 28.81.6 e tor con la misura ch' a-llor dànno. 28.81.7 Io farei (se a me stesse il darla e tôrre) 28.81.8 tal legge, ch' uom non vi potrebbe opporre. 28.82.1 Saria la legge, ch' ogni donna colta 28.82.2 in adulterio, fosse messa a morte, 28.82.3 se provar non potesse ch' una volta 28.82.4 avesse adulterato il suo consorte: 28.82.5 se provar lo potesse, andrebbe asciolta, 28.82.6 né temeria il marito né la corte. 28.82.7 Cristo ha lasciato nei precetti suoi: 28.82.8 non far altrui quel che patir non vuoi. 28.83.1 La incontinenza è quanto mal si puote 28.83.2 imputar lor, non già a tutto lo stuolo. 28.83.3 Ma in questo chi ha di noi più brutte note? 28.83.4 che continente non si trova un solo. 28.83.5 E molto più n' ha ad arrossir le gote, 28.83.6 quando bestemmia, ladroneccio, dolo, 28.83.7 usura et omicidio, e se v' è peggio, 28.83.8 raro, se non dagli uomini, far veggio. -- 28.84.1 Appresso alle ragioni avea il sincero 28.84.2 e giusto vecchio in pronto alcuno esempio 28.84.3 di donne, che né in fatto né in pensiero 28.84.4 mai di lor castità patiron scempio. 28.84.5 Ma il Saracin, che fuggia udire il vero, 28.84.6 lo minacciò con viso crudo et empio, 28.84.7 sì che lo fece per timor tacere; 28.84.8 ma già non lo mutò di suo parere. 28.85.1 Posto ch' ebbe alle liti e alle contese 28.85.2 termine il re pagan, lasciò la mensa; 28.85.3 indi nel letto per dormir si stese 28.85.4 fin al partir de l' aria scura e densa: 28.85.5 ma de la notte, a sospirar l' offese 28.85.6 più de la donna ch' a dormir, dispensa. 28.85.7 Quindi parte all' uscir del nuovo raggio, 28.85.8 e far disegna in nave il suo vïaggio. 28.86.1 Però ch' avendo tutto quel rispetto 28.86.2 ch' a buon cavallo dee buon cavalliero, 28.86.3 a quel suo bello e buono, ch' a dispetto 28.86.4 tenea di Sacripante e di Ruggiero; 28.86.5 vedendo per duo giorni averlo stretto 28.86.6 più che non si dovria sì buon destriero, 28.86.7 lo pon, per riposarlo, e lo rassetta 28.86.8 in una barca, e per andar più in fretta. 28.87.1 Senza indugio al nocchier varar la barca, 28.87.2 e dar fa i remi all' acqua da la sponda. 28.87.3 Quella, non molto grande e poco carca, 28.87.4 se ne va per la Sonna giù a seconda. 28.87.5 Non fugge il suo pensier né se ne scarca 28.87.6 Rodomonte per terra né per onda: 28.87.7 lo trova in su la proda e in su la poppa; 28.87.8 e se cavalca, il porta dietro in groppa. 28.88.1 Anzi nel capo, o sia nel cor gli siede, 28.88.2 e di fuor caccia ogni conforto e serra. 28.88.3 Di ripararsi il misero non vede, 28.88.4 da poi che gli nimici ha ne la terra. 28.88.5 Non sa da chi sperar possa mercede, 28.88.6 se gli fanno i domestici suoi guerra: 28.88.7 la notte e 'l giorno e sempre è combattuto 28.88.8 da quel crudel che dovria dargli aiuto. 28.89.1 Naviga il giorno e la notte seguente 28.89.2 Rodomonte col cor d' affanni grave; 28.89.3 e non si può l' ingiuria tor di mente, 28.89.4 che da la donna e dal suo re avuto have; 28.89.5 e la pena e il dolor medesmo sente, 28.89.6 che sentiva a cavallo, ancora in nave: 28.89.7 né spegner può, per star ne l' acqua, il fuoco, 28.89.8 né può stato mutar, per mutar loco. 28.90.1 Come l' infermo, che dirotto e stanco 28.90.2 di febbre ardente, va cangiando lato; 28.90.3 o sia su l' uno o sia su l' altro fianco 28.90.4 spera aver, se si volge, miglior stato; 28.90.5 né sul destro riposa né sul manco, 28.90.6 e per tutto ugualmente è travagliato: 28.90.7 così il pagano al male ond' era infermo 28.90.8 mal trova in terra e male in acqua schermo. 28.91.1 Non puote in nave aver più pazïenza, 28.91.2 e si fa porre in terra Rodomonte. 28.91.3 Lion passa e Vïenna, indi Valenza, 28.91.4 e vede in Avignone il ricco ponte; 28.91.5 che queste terre et altre ubidïenza, 28.91.6 che son tra il fiume e 'l celtibero monte, 28.91.7 rendean al re Agramante e al re di Spagna 28.91.8 dal dì che fur signor de la campagna. 28.92.1 Verso Acquamorta a man dritta si tenne 28.92.2 con animo in Algier passare in fretta; 28.92.3 e sopra un fiume ad una villa venne 28.92.4 e da Bacco e da Cerere diletta, 28.92.5 che per le spesse ingiurie, che sostenne 28.92.6 dai soldati, a votarsi fu constretta. 28.92.7 Quinci il gran mare, e quindi ne l' apriche 28.92.8 valli vede ondeggiar le bionde spiche. 28.93.1 Quivi ritrova una piccola chiesa 28.93.2 di nuovo sopra un monticel murata, 28.93.3 che poi ch' intorno era la guerra accesa, 28.93.4 i sacerdoti vòta avean lasciata. 28.93.5 Per stanza fu da Rodomonte presa; 28.93.6 che pel sito, e perch' era sequestrata 28.93.7 dai campi, onde avea in odio udir novella, 28.93.8 gli piacque sì, che mutò Algieri in quella. 28.94.1 Mutò d' andare in Africa pensiero, 28.94.2 sì commodo gli parve il luogo e bello. 28.94.3 Famigli e carrïaggi e il suo destriero 28.94.4 seco alloggiar fe' nel medesmo ostello. 28.94.5 Vicino a poche leghe a Mompoliero 28.94.6 e ad alcun altro ricco e buon castello 28.94.7 siede il villaggio allato alla riviera; 28.94.8 sì che d' avervi ogn' agio il modo v' era. 28.95.1 Standovi un giorno il Saracin pensoso 28.95.2 (come pur era il più del tempo usato), 28.95.3 vide venir per mezzo un prato erboso, 28.95.4 che d' un piccol sentiero era segnato, 28.95.5 una donzella di viso amoroso 28.95.6 in compagnia d' un monaco barbato; 28.95.7 e si traeano dietro un gran destriero 28.95.8 sotto una soma coperta di nero. 28.96.1 Chi la donzella, chi 'l monaco sia, 28.96.2 chi portin seco, vi debbe esser chiaro. 28.96.3 Conoscere Issabella si dovria, 28.96.4 che 'l corpo avea del suo Zerbino caro. 28.96.5 Lasciai che vêr Provenza ne venìa 28.96.6 sotto la scorta del vecchio preclaro, 28.96.7 che le avea persuaso tutto il resto 28.96.8 dicare a Dio del suo vivere onesto. 28.97.1 Come ch' in viso pallida e smarrita 28.97.2 sia la donzella, et abbia i crini inconti; 28.97.3 e facciano i sospir continua uscita 28.97.4 del petto acceso, e gli occhi sien duo fonti; 28.97.5 et altri testimoni d' una vita 28.97.6 misera e grave in lei si veggan pronti; 28.97.7 tanto però di bello anco le avanza, 28.97.8 che con le Grazie Amor vi può aver stanza. 28.98.1 Tosto che 'l Saracin vide la bella 28.98.2 donna apparir, messe il pensiero al fondo, 28.98.3 ch' avea di biasmar sempre e d' odiar quella 28.98.4 schiera gentil che pur adorna il mondo. 28.98.5 E ben gli par dignissima Issabella, 28.98.6 in cui locar debba il suo amor secondo, 28.98.7 e spenger totalmente il primo, a modo 28.98.8 che da l' asse si trae chiodo con chiodo. 28.99.1 Incontra se le fece, e col più molle 28.99.2 parlar che seppe, e col miglior sembiante, 28.99.3 di sua condizïone domandolle: 28.99.4 et ella ogni pensier gli spiegò inante; 28.99.5 come era per lasciare il mondo folle, 28.99.6 e farsi amica a Dio con opre sante. 28.99.7 Ride il pagano altier ch' in Dio non crede, 28.99.8 d' ogni legge nimico e d' ogni fede. 28.100.1 E chiama intenzïone erronea e lieve, 28.100.2 e dice che per certo ella troppo erra; 28.100.3 né men biasmar che l' avaro si deve, 28.100.4 che 'l suo ricco tesor metta sotterra: 28.100.5 alcuno util per sé non ne riceve, 28.100.6 e da l' uso degli altri uomini il serra. 28.100.7 Chiuder leon si denno, orsi e serpenti, 28.100.8 e non le cose belle et innocenti. 28.101.1 Il monaco, ch' a questo avea l' orecchia, 28.101.2 e per soccorrer la giovane incauta, 28.101.3 che ritratta non sia per la via vecchia, 28.101.4 sedea al governo qual pratico nauta, 28.101.5 quivi di spiritual cibo apparecchia 28.101.6 tosto una mensa sontuosa e lauta. 28.101.7 Ma il Saracin, che con mal gusto nacque, 28.101.8 non pur la saporò, che gli dispiacque: 28.102.1 e poi ch' ivano il monaco interroppe, 28.102.2 e non poté mai far sì che tacesse, 28.102.3 e che di pazïenza il freno roppe, 28.102.4 le mani adosso con furor gli messe. 28.102.5 Ma le parole mie parervi troppe 28.102.6 potriano omai, se più se ne dicesse: 28.102.7 sì che finirò il canto; e mi fia specchio 28.102.8 quel che per troppo dire accade al vecchio.
CANTO XXIX
29.1.1 O degli uomini inferma e instabil mente! 29.1.2 come siàn presti a varïar disegno! 29.1.3 Tutti i pensier mutamo facilmente, 29.1.4 più quei che nascon d' amoroso sdegno. 29.1.5 Io vidi dianzi il Saracin sì ardente 29.1.6 contra le donne, e passar tanto il segno, 29.1.7 che non che spegner l' odio, ma pensai 29.1.8 che non dovesse intiepidirlo mai. 29.2.1 Donne gentil, per quel ch' a biasmo vostro 29.2.2 parlò contra il dover, sì offeso sono, 29.2.3 che sin che col suo mal non gli dimostro 29.2.4 quanto abbia fatto error, non gli perdono. 29.2.5 Io farò sì con penna e con inchiostro, 29.2.6 ch' ognun vedrà che gli era utile e buono 29.2.7 aver taciuto, e mordersi anco poi 29.2.8 prima la lingua, che dir mal di voi. 29.3.1 Ma che parlò come ignorante e sciocco, 29.3.2 ve lo dimostra chiara esperïenzia. 29.3.3 Incontra tutte trasse fuor lo stocco 29.3.4 de l' ira, senza farvi differenzia: 29.3.5 poi d' Issabella un sguardo sì l' ha tocco, 29.3.6 che subito gli fa mutar sentenzia. 29.3.7 Già in cambio di quell' altra la disia: 29.3.8 l' ha vista a pena, e non sa ancor chi sia. 29.4.1 E come il nuovo amor lo punge e scalda, 29.4.2 muove alcune ragion di poco frutto, 29.4.3 per romper quella mente intera e salda 29.4.4 ch' ella avea fissa al Creator del tutto. 29.4.5 Ma l' eremita che l' è scudo e falda, 29.4.6 perché il casto pensier non sia distrutto, 29.4.7 con argumenti più validi e fermi, 29.4.8 quanto più può, le fa ripari e schermi. 29.5.1 Poi che l' empio pagan molto ha sofferto 29.5.2 con lunga noia quel monaco audace, 29.5.3 e che gli ha detto invan ch' al suo deserto 29.5.4 senza lei può tornar quando gli piace; 29.5.5 e che nuocer si vede a viso aperto, 29.5.6 e che seco non vuol triegua né pace: 29.5.7 la mano al mento con furor gli stese, 29.5.8 e tanto ne pelò, quanto ne prese. 29.6.1 E sì crebbe la furia, che nel collo 29.6.2 con man lo stringe a guisa di tanaglia; 29.6.3 e poi ch' una e due volte raggirollo, 29.6.4 da sé per l' aria e verso il mar lo scaglia. 29.6.5 Che n' avenisse, né dico né sollo: 29.6.6 varia fama è di lui, né si raguaglia. 29.6.7 Dice alcun che sì rotto a un sasso resta, 29.6.8 che 'l piè non si discerne da la testa; 29.7.1 et altri, ch' a cadere andò nel mare, 29.7.2 ch' era più di tre miglia indi lontano, 29.7.3 e che morì per non saper notare, 29.7.4 fatti assai prieghi e orazïoni invano; 29.7.5 altri, ch' un santo lo venne aiutare, 29.7.6 lo trasse al lito con visibil mano. 29.7.7 Di queste, qual si vuol, la vera sia: 29.7.8 di lui non parla più l' istoria mia. 29.8.1 Rodomonte crudel, poi che levato 29.8.2 s' ebbe da canto il garrulo eremita, 29.8.3 si ritornò con viso men turbato 29.8.4 verso la donna mesta e sbigottita; 29.8.5 e col parlar ch' è fra gli amanti usato, 29.8.6 dicea ch' era il suo core e la sua vita 29.8.7 e 'l suo conforto e la sua cara speme, 29.8.8 et altri nomi tai che vanno insieme. 29.9.1 E si mostrò sì costumato allora, 29.9.2 che non le fece alcun segno di forza. 29.9.3 Il sembiante gentil che l' innamora, 29.9.4 l' usato orgoglio in lui spegne et ammorza: 29.9.5 e ben che 'l frutto trar ne possa fuora, 29.9.6 passar non però vuole oltre a la scorza; 29.9.7 che non gli par che potesse esser buono, 29.9.8 quando da lei non lo accettasse in dono. 29.10.1 E così di disporre a poco a poco 29.10.2 a' suoi piaceri Issabella credea. 29.10.3 Ella, che in sì solingo e strano loco, 29.10.4 qual topo in piede al gatto si vedea, 29.10.5 vorria trovarsi inanzi in mezzo il fuoco; 29.10.6 e seco tuttavolta rivolgea 29.10.7 s' alcun partito, alcuna via fosse atta 29.10.8 a trarla quindi immaculata e intatta. 29.11.1 Fa ne l' animo suo proponimento 29.11.2 di darsi con sua man prima la morte, 29.11.3 che 'l barbaro crudel n' abbia il suo intento, 29.11.4 e che le sia cagion d' errar sì forte 29.11.5 contra quel cavallier ch' in braccio spento 29.11.6 l' avea crudele e dispietata sorte; 29.11.7 a cui fatto have col pensier devoto 29.11.8 de la sua castità perpetuo voto. 29.12.1 Crescer più sempre l' appetito cieco 29.12.2 vede del re pagan, né sa che farsi. 29.12.3 Ben sa che vuol venire all' atto bieco, 29.12.4 ove i contrasti suoi tutti fien scarsi. 29.12.5 Pur discorrendo molte cose seco, 29.12.6 il modo trovò al fin di ripararsi, 29.12.7 e di salvar la castità sua, come 29.12.8 io vi dirò, con lungo e chiaro nome. 29.13.1 Al brutto Saracin, che le venìa 29.13.2 già contra con parole e con effetti 29.13.3 privi di tutta quella cortesia 29.13.4 che mostrata le avea ne' primi detti: 29.13.5 -- Se fate che con voi sicura io sia 29.13.6 del mio onor (disse), e ch' io non ne sospetti, 29.13.7 cosa all' incontro vi darò, che molto 29.13.8 più vi varrà, ch' avermi l' onor tolto. 29.14.1 Per un piacer di sì poco momento, 29.14.2 di che n' ha sì abondanza tutto 'l mondo, 29.14.3 non disprezzate un perpetuo contento, 29.14.4 un vero gaudio a nullo altro secondo. 29.14.5 Potrete tuttavia ritrovar cento 29.14.6 e mille donne di viso giocondo; 29.14.7 ma chi vi possa dar questo mio dono, 29.14.8 nessuno al mondo, o pochi altri ci sono. 29.15.1 Ho notizia d' un' erba, e l' ho veduta 29.15.2 venendo, e so dove trovarne appresso, 29.15.3 che bollita con elera e con ruta 29.15.4 ad un fuoco di legna di cipresso, 29.15.5 e fra mano innocenti indi premuta, 29.15.6 manda un liquor, che, chi si bagna d' esso 29.15.7 tre volte il corpo, in tal modo l' indura, 29.15.8 che dal ferro e dal fuoco l' assicura. 29.16.1 Io dico, se tre volte se n' immolla, 29.16.2 un mese invulnerabile si trova. 29.16.3 Oprar conviensi ogni mese l' ampolla; 29.16.4 che sua virtù più termine non giova. 29.16.5 Io so far l' acqua, et oggi ancor farolla, 29.16.6 et oggi ancor voi ne vedrete prova: 29.16.7 e vi può, s' io non fallo, esser più grata, 29.16.8 che d' aver tutta Europa oggi acquistata. 29.17.1 Da voi domando in guiderdon di questo, 29.17.2 che su la fede vostra mi giuriate 29.17.3 che né in detto né in opera molesto 29.17.4 mai più sarete alla mia castitate. -- 29.17.5 Così dicendo, Rodomonte onesto 29.17.6 fe' ritornar; ch' in tanta voluntate 29.17.7 venne ch' invïolabil si facesse, 29.17.8 che più ch' ella non disse, le promesse: 29.18.1 e servaralle fin che vegga fatto 29.18.2 de la mirabil acqua esperïenzia; 29.18.3 e sforzerasse intanto a non fare atto, 29.18.4 a non far segno alcun di vïolenzia. 29.18.5 Ma pensa poi di non tenere il patto, 29.18.6 perché non ha timor né riverenzia 29.18.7 di Dio o di santi; e nel mancar di fede 29.18.8 tutta a lui la bugiarda Africa cede. 29.19.1 Ad Issabella il re d' Algier scongiuri 29.19.2 di non la molestar fe' più di mille, 29.19.3 pur ch' essa lavorar l' acqua procuri, 29.19.4 che far lo può qual fu già Cigno e Achille. 29.19.5 Ella per balze e per valloni oscuri 29.19.6 da le città lontana e da le ville 29.19.7 ricoglie di molte erbe; e il Saracino 29.19.8 non l' abandona, e l' è sempre vicino. 29.20.1 Poi ch' in più parti quant' era a bastanza 29.20.2 colson de l' erbe e con radici e senza, 29.20.3 tardi si ritornaro alla lor stanza; 29.20.4 dove quel paragon di continenza 29.20.5 tutta la notte spende, che l' avanza, 29.20.6 a bollir erbe con molta avertenza: 29.20.7 e a tutta l' opra e a tutti quei misteri 29.20.8 si trova ognor presente il re d' Algieri. 29.21.1 Che producendo quella notte in giuoco 29.21.2 con quelli pochi servi ch' eran seco, 29.21.3 sentia, per lo calor del vicin fuoco 29.21.4 ch' era rinchiuso in quello angusto speco, 29.21.5 tal sete, che bevendo or molto or poco, 29.21.6 duo barili votâr pieni di greco, 29.21.7 ch' aveano tolto uno o duo giorni inanti 29.21.8 i suoi scudieri a certi vïandanti. 29.22.1 Non era Rodomonte usato al vino, 29.22.2 perché la legge sua lo vieta e danna: 29.22.3 e poi che lo gustò, liquor divino 29.22.4 gli par, miglior che 'l nettare o la manna; 29.22.5 e riprendendo il rito saracino, 29.22.6 gran tazze e pieni fiaschi ne tracanna. 29.22.7 Fece il buon vino, ch' andò spesso intorno, 29.22.8 girare il capo a tutti come un torno. 29.23.1 La donna in questo mezzo la caldaia 29.23.2 dal fuoco tolse, ove quell' erbe cosse; 29.23.3 e disse a Rodomonte: -- Acciò che paia 29.23.4 che mie parole al vento non ho mosse, 29.23.5 quella che 'l ver da la bugia dispaia, 29.23.6 e che può dotte far le genti grosse, 29.23.7 te ne farò l' esperïenzia ancora, 29.23.8 non ne l' altrui, ma nel mio corpo or ora. 29.24.1 Io voglio a far il saggio esser la prima 29.24.2 del felice liquor di virtù pieno, 29.24.3 acciò tu forse non facessi stima 29.24.4 che ci fosse mortifero veneno. 29.24.5 Di questo bagnerommi da la cima 29.24.6 del capo giù pel collo e per lo seno: 29.24.7 tu poi tua forza in me prova e tua spada, 29.24.8 se questo abbia vigor, se quella rada. -- 29.25.1 Bagnossi, come disse, e lieta porse 29.25.2 all' incauto pagano il collo ignudo, 29.25.3 incauto, e vinto anco dal vino forse, 29.25.4 incontra a cui non vale elmo né scudo. 29.25.5 Quel uom bestial le prestò fede, e scórse 29.25.6 sì con la mano e sì col ferro crudo, 29.25.7 che del bel capo, già d' Amore albergo, 29.25.8 fe' tronco rimanere il petto e il tergo. 29.26.1 Quel fe' tre balzi; e funne udita chiara 29.26.2 voce, ch' uscendo nominò Zerbino, 29.26.3 per cui seguire ella trovò sì rara 29.26.4 via di fuggir di man del Saracino. 29.26.5 Alma, ch' avesti più la fede cara, 29.26.6 e 'l nome quasi ignoto e peregrino 29.26.7 al tempo nostro, de la castitade, 29.26.8 che la tua vita e la tua verde etade, 29.27.1 vattene in pace, alma beata e bella! 29.27.2 Così i miei versi avesson forza, come 29.27.3 ben m' affaticherei con tutta quella 29.27.4 arte che tanto il parlar orna e còme, 29.27.5 perché mille e mill' anni e più, novella 29.27.6 sentisse il mondo del tuo chiaro nome. 29.27.7 Vattene in pace alla superna sede, 29.27.8 e lascia all' altre esempio di tua fede. 29.28.1 All' atto incomparabile e stupendo, 29.28.2 dal cielo il Creator giù gli occhi volse, 29.28.3 e disse: -- Più di quella ti commendo, 29.28.4 la cui morte a Tarquinio il regno tolse; 29.28.5 e per questo una legge fare intendo 29.28.6 tra quelle mie, che mai tempo non sciolse, 29.28.7 la qual per le inviolabil' acque giuro 29.28.8 che non muterà seculo futuro. 29.29.1 Per l' avvenir vo' che ciascuna ch' aggia 29.29.2 il nome tuo, sia di sublime ingegno, 29.29.3 e sia bella, gentil, cortese e saggia, 29.29.4 e di vera onestade arrivi al segno: 29.29.5 onde materia agli scrittori caggia 29.29.6 di celebrare il nome inclito e degno; 29.29.7 tal che Parnasso, Pindo et Elicone 29.29.8 sempre Issabella, Issabella risuone. -- 29.30.1 Dio così disse, e fe' serena intorno 29.30.2 l' aria, e tranquillo il mar più che mai fusse. 29.30.3 Fe' l' alma casta al terzo ciel ritorno, 29.30.4 e in braccio al suo Zerbin si ricondusse. 29.30.5 Rimase in terra con vergogna e scorno 29.30.6 quel fier senza pietà nuovo Breusse; 29.30.7 che poi che 'l troppo vino ebbe digesto, 29.30.8 biasmò il suo errore, e ne restò funesto. 29.31.1 Placare o in parte satisfar pensosse 29.31.2 a l' anima beata d' Issabella, 29.31.3 se, poi ch' a morte il corpo le percosse, 29.31.4 desse almen vita alla memoria d' ella. 29.31.5 Trovò per mezzo, acciò che così fosse, 29.31.6 di convertirle quella chiesa, quella 29.31.7 dove abitava e dove ella fu uccisa, 29.31.8 in un sepolcro; e vi dirò in che guisa. 29.32.1 Di tutti i lochi intorno fa venire 29.32.2 mastri, chi per amore e chi per tema; 29.32.3 e fatto ben sei mila uomini unire, 29.32.4 de' gravi sassi i vicin monti scema, 29.32.5 e ne fa una gran massa stabilire, 29.32.6 che da la cima era alla parte estrema 29.32.7 novanta braccia; e vi rinchiude dentro 29.32.8 la chiesa, che i duo amanti have nel centro. 29.33.1 Imita quasi la superba mole 29.33.2 che fe' Adriano all' onda tiberina. 29.33.3 Presso al sepolcro una torre alta vuole; 29.33.4 ch' abitarvi alcun tempo si destina. 29.33.5 Un ponte stretto e di due braccia sole 29.33.6 fece su l' acqua che correa vicina. 29.33.7 Lungo il ponte, ma largo era sì poco, 29.33.8 che dava a pena a duo cavalli loco; 29.34.1 a duo cavalli che venuti a paro, 29.34.2 o ch' insieme si fossero scontrati: 29.34.3 e non avea né sponda né riparo, 29.34.4 e si potea cader da tutti i lati. 29.34.5 Il passar quindi vuol che costi caro 29.34.6 a guerrieri o pagani o battezzati; 29.34.7 che de le spoglie lor mille trofei 29.34.8 promette al cimiterio di costei. 29.35.1 In dieci giorni e in manco fu perfetta 29.35.2 l' opra del ponticel che passa il fiume; 29.35.3 ma non fu già il sepolcro così in fretta, 29.35.4 né la torre condutta al suo cacume: 29.35.5 pur fu levata sì, ch' alla veletta 29.35.6 starvi in cima una guardia avea costume, 29.35.7 che d' ogni cavallier che venìa al ponte, 29.35.8 col corno facea segno a Rodomonte. 29.36.1 E quel s' armava, e se gli venìa a opporre 29.36.2 ora su l' una, ora su l' altra riva; 29.36.3 che se 'l guerrier venìa di vêr la torre, 29.36.4 su l' altra proda il re d' Algier veniva. 29.36.5 Il ponticello è il campo ove si corre; 29.36.6 e se 'l destrier poco del segno usciva, 29.36.7 cadea nel fiume, ch' alto era e profondo: 29.36.8 ugual periglio a quel non avea il mondo. 29.37.1 Aveasi imaginato il Saracino, 29.37.2 che, per gir spesso a rischio di cadere 29.37.3 dal ponticel nel fiume a capo chino, 29.37.4 dove gli converria molt' acqua bere, 29.37.5 del fallo a che l' indusse il troppo vino, 29.37.6 dovesse netto e mondo rimanere; 29.37.7 come l' acqua, non men che 'l vino, estingua 29.37.8 l' error che fa pel vino o mano o lingua. 29.38.1 Molti fra pochi dì vi capitaro: 29.38.2 alcuni la via dritta vi condusse, 29.38.3 ch' a quei che verso Italia o Spagna andaro 29.38.4 altra non era che più trita fusse; 29.38.5 altri l' ardire, e, più che vita caro, 29.38.6 l' onore, a farvi di sé prova indusse. 29.38.7 E tutti, ove acquistar credean la palma, 29.38.8 lasciavan l' arme, e molti insieme l' alma. 29.39.1 Di quelli ch' abbattea, s' eran pagani, 29.39.2 si contentava d' aver spoglie et armi; 29.39.3 e di chi prima furo, i nomi piani 29.39.4 vi facea sopra, e sospendeale ai marmi: 29.39.5 ma ritenea in prigion tutti i cristiani; 29.39.6 e che in Algier poi li mandasse parmi. 29.39.7 Finita ancor non era l' opra, quando 29.39.8 vi venne a capitare il pazzo Orlando. 29.40.1 A caso venne il furïoso conte 29.40.2 a capitar su questa gran riviera, 29.40.3 dove, come io vi dico, Rodomonte 29.40.4 fare in fretta facea, né finito era 29.40.5 la torre né il sepolcro, e a pena il ponte: 29.40.6 e di tutte arme, fuor che di visiera, 29.40.7 a quell' ora il pagan si trovò in punto, 29.40.8 ch' Orlando al fiume e al ponte è sopragiunto. 29.41.1 Orlando (come il suo furor lo caccia) 29.41.2 salta la sbarra e sopra il ponte corre. 29.41.3 Ma Rodomonte con turbata faccia, 29.41.4 a piè, com' era inanzi a la gran torre, 29.41.5 gli grida di lontano e gli minaccia, 29.41.6 né se gli degna con la spada opporre: 29.41.7 -- Indiscreto villan, ferma le piante, 29.41.8 temerario, importuno et arrogante! 29.42.1 Sol per signori e cavallieri è fatto 29.42.2 il ponte, non per te, bestia balorda. -- 29.42.3 Orlando, ch' era in gran pensier distratto, 29.42.4 vien pur inanzi e fa l' orecchia sorda. 29.42.5 -- Bisogna ch' io castighi questo matto -- 29.42.6 disse il pagano; e con la voglia ingorda 29.42.7 venìa per traboccarlo giù ne l' onda, 29.42.8 non pensando trovar chi gli risponda. 29.43.1 In questo tempo una gentil donzella, 29.43.2 per passar sovra il ponte, al fiume arriva, 29.43.3 leggiadramente ornata e in viso bella, 29.43.4 e nei sembianti accortamente schiva. 29.43.5 Era (se vi ricorda, Signor) quella 29.43.6 che per ogni altra via cercando giva 29.43.7 di Brandimarte, il suo amator, vestigi, 29.43.8 fuor che, dove era, dentro da Parigi. 29.44.1 Ne l' arrivar di Fiordiligi al ponte 29.44.2 (che così la donzella nomata era), 29.44.3 Orlando s' attaccò con Rodomonte 29.44.4 che lo volea gittar ne la riviera. 29.44.5 La donna, ch' avea pratica del conte, 29.44.6 subito n' ebbe conoscenza vera: 29.44.7 e restò d' alta maraviglia piena, 29.44.8 de la follia che così nudo il mena. 29.45.1 Fermasi a riguardar che fine avere 29.45.2 debba il furor dei duo tanti possenti. 29.45.3 Per far del ponte l' un l' altro cadere 29.45.4 a por tutta lor forza sono intenti. 29.45.5 -- Come è ch' un pazzo debba sì valere? -- 29.45.6 seco il fiero pagan dice tra' denti; 29.45.7 e qua e là si volge e si raggira, 29.45.8 pieno di sdegno e di superbia e d' ira. 29.46.1 Con l' una e l' altra man va ricercando 29.46.2 far nuova presa, ove il suo meglio vede; 29.46.3 or tra le gambe, or fuor gli pone, quando 29.46.4 con arte il destro, e quando il manco piede. 29.46.5 Simiglia Rodomonte intorno a Orlando 29.46.6 lo stolido orso che sveller si crede 29.46.7 l' arbor onde è caduto; e come n' abbia 29.46.8 quello ogni colpa, odio gli porta e rabbia. 29.47.1 Orlando, che l' ingegno avea sommerso, 29.47.2 io non so dove, e sol la forza usava, 29.47.3 l' estrema forza a cui per l' universo 29.47.4 nessuno o raro paragon si dava, 29.47.5 cader del ponte si lasciò riverso 29.47.6 col pagano abbracciato come stava. 29.47.7 Cadon nel fiume e vanno al fondo insieme: 29.47.8 ne salta in aria l' onda, e il lito geme. 29.48.1 L' acqua gli fece distaccare in fretta. 29.48.2 Orlando è nudo, e nuota com' un pesce: 29.48.3 di qua le braccia, e di là i piedi getta, 29.48.4 e viene a proda; e come di fuor esce, 29.48.5 correndo va, né per mirare aspetta, 29.48.6 se in biasmo o in loda questo gli riesce. 29.48.7 Ma il pagan, che da l' arme era impedito, 29.48.8 tornò più tardo e con più affanno al lito. 29.49.1 Sicuramente Fiordiligi intanto 29.49.2 avea passato il ponte e la riviera; 29.49.3 e guardato il sepolcro in ogni canto, 29.49.4 se del suo Brandimarte insegna v' era, 29.49.5 poi che né l' arme sue vede né il manto, 29.49.6 di ritrovarlo in altra parte spera. 29.49.7 Ma ritorniamo a ragionar del conte, 29.49.8 che lascia a dietro e torre e fiume e ponte. 29.50.1 Pazzia sarà, se le pazzie d' Orlando 29.50.2 prometto raccontarvi ad una ad una; 29.50.3 che tante e tante fur, ch' io non so quando 29.50.4 finir: ma ve n' andrò scegliendo alcuna 29.50.5 solenne et atta da narrar cantando, 29.50.6 e ch' all' istoria mi parrà oportuna; 29.50.7 né quella tacerò miraculosa, 29.50.8 che fu nei Pirenei sopra Tolosa. 29.51.1 Trascorso avea molto paese il conte, 29.51.2 come dal grave suo furor fu spinto; 29.51.3 et al fin capitò sopra quel monte 29.51.4 per cui dal Franco è il Tarracon distinto; 29.51.5 tenendo tuttavia volta la fronte 29.51.6 verso là dove il sol ne viene estinto: 29.51.7 e quivi giunse in uno angusto calle, 29.51.8 che pendea sopra una profonda valle. 29.52.1 Si vennero a incontrar con esso al varco 29.52.2 duo boscherecci gioveni, ch' inante 29.52.3 avean di legna un loro asino carco; 29.52.4 e perché ben s' accorsero al sembiante, 29.52.5 ch' avea di cervel sano il capo scarco, 29.52.6 gli gridano con voce minacciante, 29.52.7 o ch' a dietro o da parte se ne vada, 29.52.8 e che si levi di mezzo la strada. 29.53.1 Orlando non risponde altro a quel detto, 29.53.2 se non che con furor tira d' un piede, 29.53.3 e giunge a punto l' asino nel petto 29.53.4 con quella forza che tutte altre eccede; 29.53.5 et alto il leva sì, ch' uno augelletto 29.53.6 che voli in aria, sembra a chi lo vede. 29.53.7 Quel va a cadere alla cima d' un colle, 29.53.8 ch' un miglio oltre la valle il giogo estolle. 29.54.1 Indi verso i duo gioveni s' aventa, 29.54.2 dei quali un, più che senno, ebbe aventura, 29.54.3 che da la balza, che due volte trenta 29.54.4 braccia cadea, si gittò per paura. 29.54.5 A mezzo il tratto trovò molle e lenta 29.54.6 una macchia di rubi e di verzura, 29.54.7 a cui bastò graffiargli un poco il volto: 29.54.8 del resto lo mandò libero e sciolto. 29.55.1 L' altro s' attacca ad un scheggion ch' usciva 29.55.2 fuor de la roccia, per salirvi sopra; 29.55.3 perché si spera, s' alla cima arriva, 29.55.4 di trovar via che dal pazzo lo cuopra. 29.55.5 Ma quel nei piedi (che non vuol che viva) 29.55.6 lo piglia, mentre di salir s' adopra: 29.55.7 e quanto più sbarrar puote le braccia, 29.55.8 le sbarra sì, ch' in duo pezzi lo straccia; 29.56.1 a quella guisa che veggiàn talora 29.56.2 farsi d' uno aeron, farsi d' un pollo, 29.56.3 quando si vuol de le calde interiora 29.56.4 che falcone o ch' astor resti satollo. 29.56.5 Quanto è bene accaduto che non muora 29.56.6 quel che fu a risco di fiaccarsi il collo! 29.56.7 ch' ad altri poi questo miracol disse, 29.56.8 sì che l' udì Turpino, e a noi lo scrisse. 29.57.1 E queste et altre assai cose stupende 29.57.2 fece nel traversar de la montagna. 29.57.3 Dopo molto cercare, al fin discende 29.57.4 verso meriggie alla terra di Spagna; 29.57.5 e lungo la marina il camin prende, 29.57.6 ch' intorno a Taracona il lito bagna: 29.57.7 e come vuol la furia che lo mena, 29.57.8 pensa farsi uno albergo in quella arena, 29.58.1 dove dal sole alquanto si ricuopra; 29.58.2 e nel sabbion si caccia àrrido e trito. 29.58.3 Stando così, gli venne a caso sopra 29.58.4 Angelica la bella e il suo marito, 29.58.5 ch' eran (sì come io vi narrai di sopra) 29.58.6 scesi dai monti in su l' ispano lito. 29.58.7 A men d' un braccio ella gli giunse appresso, 29.58.8 perché non s' era accorta ancora d' esso. 29.59.1 Che fosse Orlando, nulla le soviene: 29.59.2 troppo è diverso da quel ch' esser suole. 29.59.3 Da indi in qua che quel furor lo tiene, 29.59.4 è sempre andato nudo all' ombra e al sole: 29.59.5 se fosse nato all' aprica Sïene, 29.59.6 o dove Ammone il Garamante cole, 29.59.7 o presso ai monti onde il gran Nilo spiccia, 29.59.8 non dovrebbe la carne aver più arsiccia. 29.60.1 Quasi ascosi avea gli occhi ne la testa, 29.60.2 la faccia macra, e come un osso asciutta, 29.60.3 la chioma rabuffata, orrida e mesta, 29.60.4 la barba folta, spaventosa e brutta. 29.60.5 Non più a vederlo Angelica fu presta, 29.60.6 che fosse a ritornar, tremando tutta: 29.60.7 tutta tremando, e empiendo il ciel di grida, 29.60.8 si volse per aiuto alla sua guida. 29.61.1 Come di lei s' accorse Orlando stolto, 29.61.2 per ritenerla si levò di botto: 29.61.3 così gli piacque il delicato volto, 29.61.4 così ne venne immantinente giotto. 29.61.5 D' averla amata e riverita molto 29.61.6 ogni ricordo era in lui guasto e rotto. 29.61.7 Gli corre dietro, e tien quella maniera 29.61.8 che terria il cane a seguitar la fera. 29.62.1 Il giovine che 'l pazzo seguir vede 29.62.2 la donna sua, gli urta il cavallo adosso, 29.62.3 e tutto a un tempo lo percuote e fiede, 29.62.4 come lo trova che gli volta il dosso. 29.62.5 Spiccar dal busto il capo se gli crede: 29.62.6 ma la pelle trovò dura come osso, 29.62.7 anzi via più ch' acciar; ch' Orlando nato 29.62.8 impenetrabile era et affatato. 29.63.1 Come Orlando sentì battersi dietro, 29.63.2 girossi, e nel girare il pugno strinse, 29.63.3 e con la forza che passa ogni metro, 29.63.4 ferì il destrier che 'l Saracino spinse. 29.63.5 Feril sul capo, e come fosse vetro, 29.63.6 lo spezzò sì, che quel cavallo stinse: 29.63.7 e rivoltosse in un medesmo instante 29.63.8 dietro a colei che gli fuggiva inante. 29.64.1 Caccia Angelica in fretta la giumenta, 29.64.2 e con sferza e con spron tocca e ritocca; 29.64.3 che le parrebbe a quel bisogno lenta, 29.64.4 se ben volasse più che stral da cocca. 29.64.5 De l' annel c' ha nel dito si ramenta, 29.64.6 che può salvarla, e se lo getta in bocca: 29.64.7 e l' annel, che non perde il suo costume, 29.64.8 la fa sparir come ad un soffio il lume. 29.65.1 O fosse la paura, o che pigliasse 29.65.2 tanto disconcio nel mutar l' annello, 29.65.3 o pur, che la giumenta traboccasse, 29.65.4 che non posso affermar questo né quello; 29.65.5 nel medesmo momento che si trasse 29.65.6 l' annello in bocca e celò il viso bello, 29.65.7 levò le gambe et uscì de l' arcione, 29.65.8 e si trovò riversa in sul sabbione. 29.66.1 Più corto che quel salto era dua dita, 29.66.2 aviluppata rimanea col matto, 29.66.3 che con l' urto le avria tolta la vita; 29.66.4 ma gran ventura l' aiutò a quel tratto. 29.66.5 Cerchi pur, ch' altro furto le dia aita 29.66.6 d' un' altra bestia, come prima ha fatto; 29.66.7 che più non è per rïaver mai questa 29.66.8 ch' inanzi al paladin l' arena pesta. 29.67.1 Non dubitate già ch' ella non s' abbia 29.67.2 a provedere; e seguitiamo Orlando, 29.67.3 in cui non cessa l' impeto e la rabbia 29.67.4 perché si vada Angelica celando. 29.67.5 Segue la bestia per la nuda sabbia, 29.67.6 e se le vien più sempre approssimando: 29.67.7 già già la tocca, et ecco l' ha nel crine, 29.67.8 indi nel freno, e la ritiene al fine. 29.68.1 Con quella festa il paladin la piglia, 29.68.2 ch' un altro avrebbe fatto una donzella: 29.68.3 le rassetta le redine e la briglia, 29.68.4 e spicca un salto et entra ne la sella; 29.68.5 e correndo la caccia molte miglia, 29.68.6 senza riposo, in questa parte e in quella: 29.68.7 mai non le leva né sella né freno, 29.68.8 né le lascia gustare erba né fieno. 29.69.1 Volendosi cacciare oltre una fossa, 29.69.2 sozzopra se ne va con la cavalla. 29.69.3 Non nocque a lui, né sentì la percossa; 29.69.4 ma nel fondo la misera si spalla. 29.69.5 Non vede Orlando come trar la possa; 29.69.6 e finalmente se l' arreca in spalla, 29.69.7 e su ritorna, e va con tutto il carco, 29.69.8 quanto in tre volte non trarrebbe un arco. 29.70.1 Sentendo poi che gli gravava troppo, 29.70.2 la pose in terra, e volea trarla a mano. 29.70.3 Ella il seguia con passo lento e zoppo; 29.70.4 dicea Orlando: -- Camina! -- e dicea invano. 29.70.5 Se l' avesse seguito di galoppo, 29.70.6 assai non era al desiderio insano. 29.70.7 Al fin dal capo le levò il capestro, 29.70.8 e dietro la legò sopra il piè destro; 29.71.1 e così la strascina, e la conforta 29.71.2 che lo potrà seguir con maggior agio. 29.71.3 Qual leva il pelo, e quale il cuoio porta, 29.71.4 dei sassi ch' eran nel camin malvagio. 29.71.5 La mal condotta bestia restò morta 29.71.6 finalmente di strazio e di disagio. 29.71.7 Orlando non le pensa e non la guarda, 29.71.8 e via correndo il suo camin non tarda. 29.72.1 Di trarla, anco che morta, non rimase, 29.72.2 continoando il corso ad occidente; 29.72.3 e tuttavia saccheggia ville e case, 29.72.4 se bisogno di cibo aver si sente; 29.72.5 e frutte e carne e pan, pur ch' egli invase, 29.72.6 rapisce; et usa forza ad ogni gente: 29.72.7 qual lascia morto, e qual storpiato lassa; 29.72.8 poco si ferma, e sempre inanzi passa. 29.73.1 Avrebbe così fatto, o poco manco, 29.73.2 alla sua donna, se non s' ascondea; 29.73.3 perché non discernea il nero dal bianco, 29.73.4 e di giovar, nocendo, si credea. 29.73.5 Deh maledetto sia l' annello et anco 29.73.6 il cavallier che dato le l' avea! 29.73.7 che se non era, avrebbe Orlando fatto 29.73.8 di sé vendetta e di mill' altri a un tratto. 29.74.1 Né questa sola, ma fosser pur state 29.74.2 in man d' Orlando quante oggi ne sono; 29.74.3 ch' ad ogni modo tutte sono ingrate, 29.74.4 né si trova tra loro oncia di buono. 29.74.5 Ma prima che le corde rallentate 29.74.6 al canto disugual rendano il suono, 29.74.7 fia meglio differirlo a un' altra volta, 29.74.8 acciò men sia noioso a chi l' ascolta.
CANTO XXX
30.1.1 Quando vincer da l' impeto e da l' ira 30.1.2 si lascia la ragion, né si difende, 30.1.3 e che 'l cieco furor sì inanzi tira 30.1.4 o mano o lingua, che gli amici offende; 30.1.5 se ben dipoi si piange e si sospira, 30.1.6 non è per questo che l' error s' emende. 30.1.7 Lasso! io mi doglio e affligo invan di quanto 30.1.8 dissi per ira al fin de l' altro canto. 30.2.1 Ma simile son fatto ad uno infermo, 30.2.2 che dopo molta pazïenzia e molta, 30.2.3 quando contra il dolor non ha più schermo, 30.2.4 cede alla rabbia e a bestemmiar si volta. 30.2.5 Manca il dolor, né l' impeto sta fermo, 30.2.6 che la lingua al dir mal facea sì sciolta; 30.2.7 e si ravvede e pente e n' ha dispetto: 30.2.8 ma quel c' ha detto, non può far non detto. 30.3.1 Ben spero, donne, in vostra cortesia 30.3.2 aver da voi perdon, poi ch' io vel chieggio. 30.3.3 Voi scusarete, che per frenesia, 30.3.4 vinto da l' aspra passïon, vaneggio. 30.3.5 Date la colpa alla nimica mia, 30.3.6 che mi fa star, ch' io non potrei star peggio, 30.3.7 e mi fa dir quel di ch' io son poi gramo: 30.3.8 sallo Idio, s' ella ha il torto; essa, s' io l' amo. 30.4.1 Non men son fuor di me, che fosse Orlando; 30.4.2 e non son men di lui di scusa degno, 30.4.3 ch' or per li monti, or per le piagge errando, 30.4.4 scórse in gran parte di Marsilio il regno, 30.4.5 molti dì la cavalla strascinando 30.4.6 morta, come era, senza alcun ritegno; 30.4.7 ma giunto ove un gran fiume entra nel mare, 30.4.8 gli fu forza il cadavero lasciare. 30.5.1 E perché sa nuotar come una lontra, 30.5.2 entra nel fiume, e surge all' altra riva. 30.5.3 Ecco un pastor sopra un cavallo incontra, 30.5.4 che per abeverarlo al fiume arriva. 30.5.5 Colui, ben che gli vada Orlando incontra, 30.5.6 perché egli è solo e nudo, non lo schiva. 30.5.7 -- Vorrei del tuo ronzin (gli disse il matto) 30.5.8 con la giumenta mia far un baratto. 30.6.1 Io te la mostrerò di qui, se vuoi; 30.6.2 che morta là su l' altra ripa giace: 30.6.3 la potrai far tu medicar dipoi; 30.6.4 altro diffetto in lei non mi dispiace. 30.6.5 Con qualche aggiunta il ronzin dar mi puoi: 30.6.6 smontane in cortesia, perché mi piace. -- 30.6.7 Il pastor ride, e senz' altra risposta 30.6.8 va verso il guado, e dal pazzo si scosta. 30.7.1 -- Io voglio il tuo cavallo: olà, non odi? -- 30.7.2 suggiunse Orlando, e con furor si mosse. 30.7.3 Avea un baston con nodi spessi e sodi 30.7.4 quel pastor seco, e il paladin percosse. 30.7.5 La rabbia e l' ira passò tutti i modi 30.7.6 del conte; e parve fier più che mai fosse. 30.7.7 Sul capo del pastore un pugno serra, 30.7.8 che spezza l' osso, e morto il caccia in terra. 30.8.1 Salta a cavallo, e per diversa strada 30.8.2 va discorrendo, e molti pone a sacco. 30.8.3 Non gusta il ronzin mai fieno né biada, 30.8.4 tanto ch' in pochi dì ne riman fiacco: 30.8.5 ma non però ch' Orlando a piedi vada, 30.8.6 che di vetture vuol vivere a macco; 30.8.7 e quante ne trovò, tante ne mise 30.8.8 in uso, poi che i lor patroni uccise. 30.9.1 Capitò al fin a Malega, e più danno 30.9.2 vi fece, ch' egli avesse altrove fatto: 30.9.3 che oltre che ponesse a saccomanno 30.9.4 il popul sì, che ne restò disfatto, 30.9.5 né si poté rifar quel né l' altr' anno; 30.9.6 tanti n' uccise il periglioso matto, 30.9.7 vi spianò tante case e tante accese, 30.9.8 che disfe' più che 'l terzo del paese. 30.10.1 Quindi partito, venne ad una terra, 30.10.2 Zizera detta, che siede allo stretto 30.10.3 di Zibeltarro, o vuoi di Zibelterra, 30.10.4 che l' uno e l' altro nome le vien detto; 30.10.5 ove una barca che sciogliea da terra 30.10.6 vide piena di gente da diletto, 30.10.7 che solazzando all' aura matutina, 30.10.8 gìa per la tranquillissima marina. 30.11.1 Cominciò il pazzo a gridar forte: -- Aspetta! -- 30.11.2 che gli venne disio d' andare in barca. 30.11.3 Ma bene invano e i gridi e gli urli getta; 30.11.4 che volentier tal merce non si carca. 30.11.5 Per l' acqua il legno va con quella fretta 30.11.6 che va per l' aria irondine che varca. 30.11.7 Orlando urta il cavallo e batte e stringe, 30.11.8 e con un mazzafrusto all' acqua spinge. 30.12.1 Forza è ch' al fin nell' acqua il cavallo entre, 30.12.2 ch' invan contrasta, e spende invano ogni opra: 30.12.3 bagna i genocchi, e poi la groppa e 'l ventre, 30.12.4 indi la testa, e a pena appar di sopra. 30.12.5 Tornare a dietro non si speri, mentre 30.12.6 la verga tra l' orecchie se gli adopra. 30.12.7 Misero! o si convien tra via affogare, 30.12.8 o nel lito african passare il mare. 30.13.1 Non vede Orlando più poppe né sponde 30.13.2 che tratto in mar l' avean dal lito asciutto; 30.13.3 che son troppo lontane, e le nasconde 30.13.4 agli occhi bassi l' alto e mobil flutto: 30.13.5 e tuttavia il destrier caccia tra l' onde, 30.13.6 ch' andar di là dal mar dispone in tutto. 30.13.7 Il destrier, d' acqua pieno e d' alma vòto, 30.13.8 finalmente finì la vita e il nuoto. 30.14.1 Andò nel fondo, e vi traea la salma, 30.14.2 se non si tenea Orlando in su le braccia. 30.14.3 Mena le gambe e l' una e l' altra palma, 30.14.4 e soffia, e l' onda spinge da la faccia. 30.14.5 Era l' aria soave e il mare in calma: 30.14.6 e ben vi bisognò più che bonaccia; 30.14.7 ch' ogni poco che 'l mar fosse più sorto, 30.14.8 restava il paladin ne l' acqua morto. 30.15.1 Ma la Fortuna, che dei pazzi ha cura, 30.15.2 del mar lo trasse nel lito di Setta, 30.15.3 in una spiaggia, lungi da le mura 30.15.4 quanto sarian duo tratti di saetta. 30.15.5 Lungo il mar molti giorni alla ventura 30.15.6 verso levante andò correndo in fretta; 30.15.7 fin che trovò, dove tendea sul lito, 30.15.8 di nera gente esercito infinito. 30.16.1 Lasciamo il paladin ch' errando vada: 30.16.2 ben di parlar di lui tornerà tempo. 30.16.3 Quanto, Signore, ad Angelica accada 30.16.4 dopo ch' uscì di man del pazzo a tempo; 30.16.5 e come a ritornare in sua contrada 30.16.6 trovasse e buon navilio e miglior tempo, 30.16.7 e de l' India a Medor desse lo scettro, 30.16.8 forse altri canterà con miglior plettro. 30.17.1 Io sono a dir tante altre cose intento, 30.17.2 che di seguir più questa non mi cale. 30.17.3 Volger conviemmi il bel ragionamento 30.17.4 al Tartaro, che spinto il suo rivale, 30.17.5 quella bellezza si godea contento, 30.17.6 a cui non resta in tutta Europa uguale, 30.17.7 poscia che se n' è Angelica partita, 30.17.8 e la casta Issabella al ciel salita. 30.18.1 De la sentenzia Mandricardo altiero, 30.18.2 ch' in suo favor la bella donna diede, 30.18.3 non può fruir tutto il diletto intero; 30.18.4 che contra lui son altre liti in piede. 30.18.5 L' una gli muove il giovene Ruggiero, 30.18.6 perché l' aquila bianca non gli cede; 30.18.7 l' altra il famoso re di Sericana, 30.18.8 che da lui vuol la spada Durindana. 30.19.1 S' affatica Agramante, né disciorre, 30.19.2 né Marsilio con lui, sa questo intrico: 30.19.3 né solamente non li può disporre 30.19.4 che voglia l' un de l' altro essere amico; 30.19.5 ma che Ruggiero a Mandricardo tôrre 30.19.6 lasci lo scudo del Troiano antico, 30.19.7 o Gradasso la spada non gli vieti, 30.19.8 tanto che questa o quella lite accheti. 30.20.1 Ruggier non vuol ch' in altra pugna vada 30.20.2 con lo suo scudo; né Gradasso vuole 30.20.3 che, fuor che contra sé, porti la spada 30.20.4 che 'l glorïoso Orlando portar suole. 30.20.5 -- Al fin veggiamo in cui la sorte cada 30.20.6 (disse Agramante), e non sian più parole; 30.20.7 veggiàn quel che Fortuna ne disponga, 30.20.8 e sia preposto quel ch' ella preponga. 30.21.1 E se compiacer meglio mi volete, 30.21.2 onde d' aver ve n' abbia obligo ognora, 30.21.3 chi de' di voi combatter, sortirete; 30.21.4 ma con patto, ch' al primo ch' esca fuora, 30.21.5 amendue le querele in man porrete: 30.21.6 sì che, per sé vincendo, vinca ancora 30.21.7 pel compagno; e perdendo l' un di vui, 30.21.8 così perduto abbia per ambidui. 30.22.1 Tra Gradasso e Ruggier credo che sia 30.22.2 di valor nulla o poca differenza; 30.22.3 e di lor qual si vuol venga fuor pria, 30.22.4 so ch' in arme farà per eccellenza. 30.22.5 Poi la vittoria da quel canto stia, 30.22.6 che vorrà la divina providenza. 30.22.7 Il cavallier non avrà colpa alcuna, 30.22.8 ma il tutto imputerassi alla Fortuna. -- 30.23.1 Steron taciti al detto d' Agramante 30.23.2 e Ruggiero e Gradasso; et accordârsi 30.23.3 che qualunque di loro uscirà inante, 30.23.4 e l' una briga e l' altra abbia a pigliarsi. 30.23.5 Così in duo brevi, ch' avean simigliante 30.23.6 et ugual forma, i nomi lor notârsi; 30.23.7 e dentro un' urna quelli hanno rinchiusi, 30.23.8 versati molto, e sozzopra confusi. 30.24.1 Un semplice fanciul nell' urna messe 30.24.2 la mano, e prese un breve; e venne a caso 30.24.3 ch' in questo il nome di Ruggier si lesse, 30.24.4 essendo quel del Serican rimaso. 30.24.5 Non si può dir quanta allegrezza avesse, 30.24.6 quando Ruggier si sentì trar del vaso, 30.24.7 e d' altra parte il Sericano doglia; 30.24.8 ma quel che manda il ciel, forza è che toglia. 30.25.1 Ogni suo studio il Sericano, ogni opra 30.25.2 a favorire, ad aiutar converte 30.25.3 perché Ruggiero abbia a restar di sopra: 30.25.4 e le cose in suo pro, ch' avea già esperte, 30.25.5 come or di spada, or di scudo si cuopra, 30.25.6 qual sien botte fallaci e qual sien certe, 30.25.7 quando tentar, quando schivar fortuna 30.25.8 si dee, gli torna a mente ad una ad una. 30.26.1 Il resto di quel dì, che da l' accordo 30.26.2 e dal trar de le sorti sopravanza, 30.26.3 è speso dagli amici in dar ricordo, 30.26.4 chi a l' un guerrier, chi all' altro, come è usanza. 30.26.5 Il popul, di veder la pugna ingordo, 30.26.6 s' affretta a gara d' occupar la stanza: 30.26.7 né basta a molti inanzi giorno andarvi, 30.26.8 che voglion tutta notte anco veggiarvi. 30.27.1 La sciocca turba disïosa attende 30.27.2 ch' i duo buon cavallier vengano in prova; 30.27.3 che non mira più lungi né comprende 30.27.4 di quel ch' inanzi agli occhi si ritrova. 30.27.5 Ma Sobrino e Marsilio, e chi più intende 30.27.6 e vede ciò che nuoce e ciò che giova, 30.27.7 biasma questa battaglia, et Agramante, 30.27.8 che voglia comportar che vada inante. 30.28.1 Né cessan raccordargli il grave danno 30.28.2 che n' ha d' avere il popul saracino, 30.28.3 muora Ruggiero o il tartaro tiranno, 30.28.4 quel che prefisso è dal suo fier destino: 30.28.5 d' un sol di lor via più bisogno avranno 30.28.6 per contrastare al figlio di Pipino, 30.28.7 che di dieci altri mila che ci sono, 30.28.8 tra' quai fatica è ritrovare un buono. 30.29.1 Conosce il re Agramante che gli è vero, 30.29.2 ma non può più negar ciò c' ha promesso. 30.29.3 Ben prega Mandricardo e il buon Ruggiero, 30.29.4 che gli ridonin quel c' ha lor concesso; 30.29.5 e tanto più che 'l lor litigio è un zero, 30.29.6 né degno in prova d' arme esser rimesso: 30.29.7 e s' in ciò pur nol vogliono ubbidire, 30.29.8 voglino almen la pugna differire. 30.30.1 Cinque o sei mesi il singular certame, 30.30.2 o meno o più, si differisca, tanto 30.30.3 che cacciato abbin Carlo del reame, 30.30.4 tolto lo scettro, la corona e il manto. 30.30.5 Ma l' un e l' altro, ancor che voglia e brame 30.30.6 il re ubbidir, pur sta duro da canto; 30.30.7 che tale accordo obbrobrïoso stima 30.30.8 a chi 'l consenso suo vi darà prima. 30.31.1 Ma più del re, ma più d' ognun ch' invano 30.31.2 spenda a placare il Tartaro parole, 30.31.3 la bella figlia del re Stordilano 30.31.4 supplice il priega, e si lamenta e duole: 30.31.5 lo prega che consenta al re africano 30.31.6 e voglia quel che tutto il campo vuole; 30.31.7 si lamenta e si duol che per lui sia 30.31.8 timida sempre e piena d' angonia. 30.32.1 -- Lassa! (dicea) che ritrovar poss' io 30.32.2 rimedio mai ch' a riposar mi vaglia, 30.32.3 s' or contra questo, or quel, nuovo disio 30.32.4 vi trarrà sempre a vestir piastra e maglia? 30.32.5 C' ha potuto giovare al petto mio 30.32.6 il gaudio che sia spenta la battaglia 30.32.7 per me da voi contra quell' altro presa, 30.32.8 se un' altra non minor se n' è già accesa? 30.33.1 Ohimè! ch' invano i' me n' andava altiera 30.33.2 ch' un re sì degno, un cavallier sì forte 30.33.3 per me volesse in perigliosa e fiera 30.33.4 battaglia porsi al risco de la morte; 30.33.5 ch' or veggo per cagion tanto leggiera 30.33.6 non meno esporvi alla medesma sorte. 30.33.7 Fu natural ferocità di core 30.33.8 ch' a quella v' instigò, più che 'l mio amore. 30.34.1 Ma se gli è ver che 'l vostro amor sia quello 30.34.2 che vi sforzate di mostrarmi ognora, 30.34.3 per lui vi prego, e per quel gran flagello 30.34.4 che mi percuote l' alma e che m' accora, 30.34.5 che non vi caglia se 'l candido augello 30.34.6 ha ne lo scudo quel Ruggiero ancora. 30.34.7 Utile o danno a voi non so ch' importi, 30.34.8 che lasci quella insegna o che la porti. 30.35.1 Poco guadagno, e perdita uscir molta 30.35.2 de la battaglia può, che per far sète: 30.35.3 quando abbiate a Ruggier l' aquila tolta, 30.35.4 poca mercé d' un gran travaglio avrete; 30.35.5 ma se Fortuna le spalle vi volta 30.35.6 (che non però nel crin presa tenete), 30.35.7 causate un danno, ch' a pensarvi solo 30.35.8 mi sento il petto già sparrar di duolo. 30.36.1 Quando la vita a voi per voi non sia 30.36.2 cara, e più amate un' aquila dipinta, 30.36.3 vi sia almen cara per la vita mia: 30.36.4 non sarà l' una senza l' altra estinta. 30.36.5 Non già morir con voi grave mi fia: 30.36.6 son di seguirvi in vita e in morte accinta; 30.36.7 ma non vorrei morir sì malcontenta 30.36.8 come io morrò, se dopo voi son spenta. -- 30.37.1 Con tai parole e simili altre assai, 30.37.2 che lacrime accompagnano e sospiri, 30.37.3 pregar non cessa tutta notte mai 30.37.4 perch' alla pace il suo amator ritiri; 30.37.5 e quel, suggendo dagli umidi rai 30.37.6 quel dolce pianto, e quei dolci martìri 30.37.7 da le vermiglie labra più che rose, 30.37.8 lacrimando egli ancor, così rispose: 30.38.1 -- Deh, vita mia, non vi mettete affanno, 30.38.2 deh non, per Dio, di così lieve cosa; 30.38.3 che se Carlo e 'l re d' Africa, e ciò c' hanno 30.38.4 qui di gente moresca e di franciosa, 30.38.5 spiegasson le bandiere in mio sol danno, 30.38.6 voi pur non ne dovreste esser pensosa. 30.38.7 Ben mi mostrate in poco conto avere, 30.38.8 se per me un Ruggier sol vi fa temere. 30.39.1 E vi dovria pur ramentar che, solo 30.39.2 (e spada io non avea né scimitarra), 30.39.3 con un troncon di lancia a un grosso stuolo 30.39.4 d' armati cavallier tolsi la sbarra. 30.39.5 Gradasso, ancor che con vergogna e duolo 30.39.6 lo dica, pure, a chi 'l domanda, narra 30.39.7 che fu in Soria a un castel mio prigioniero; 30.39.8 et è pur d' altra fama che Ruggiero. 30.40.1 Non niega similmente il re Gradasso, 30.40.2 e sallo Isolier vostro e Sacripante, 30.40.3 io dico Sacripante, il re circasso, 30.40.4 e 'l famoso Grifone et Aquilante, 30.40.5 cent' altri e più, che pure a questo passo 30.40.6 stati eran presi alcuni giorni inante, 30.40.7 macometani e gente di battesmo, 30.40.8 che tutti liberai quel dì medesmo. 30.41.1 Non cessa ancor la maraviglia loro 30.41.2 de la gran prova ch' io feci quel giorno, 30.41.3 maggior, che se l' esercito del Moro 30.41.4 e del Franco inimici avessi intorno. 30.41.5 Et or potrà Ruggier, giovine soro, 30.41.6 farmi da solo a solo o danno o scorno? 30.41.7 Et or c' ho Durindana e l' armatura 30.41.8 d' Ettòr, vi de' Ruggier metter paura? 30.42.1 Deh, perché dianzi in prova non venni io, 30.42.2 se far di voi con l' arme io potea acquisto? 30.42.3 So che v' avrei sì aperto il valor mio, 30.42.4 ch' avresti il fin già di Ruggier previsto. 30.42.5 Asciugate le lacrime, e, per Dio, 30.42.6 non mi fate uno augurio così tristo; 30.42.7 e siate certa che 'l mio onor m' ha spinto, 30.42.8 non ne lo scudo il bianco augel dipinto. -- 30.43.1 Così disse egli; e molto ben risposto 30.43.2 gli fu da la mestissima sua donna, 30.43.3 che non pur lui mutato di proposto, 30.43.4 ma di luogo avria mossa una colonna. 30.43.5 Ella era per dover vincer lui tosto, 30.43.6 ancor ch' armato, e ch' ella fosse in gonna; 30.43.7 e l' avea indutto a dir, se 'l re gli parla 30.43.8 d' accordo più, che volea contentarla. 30.44.1 E lo facea; se non, tosto ch' al Sole 30.44.2 la vaga Aurora fe' l' usata scorta, 30.44.3 l' animoso Ruggier, che mostrar vuole 30.44.4 che con ragion la bella aquila porta, 30.44.5 per non udir più d' atti e di parole 30.44.6 dilazïon, ma far la lite corta, 30.44.7 dove circonda il popul lo steccato, 30.44.8 sonando il corno s' appresenta armato. 30.45.1 Tosto che sente il Tartaro superbo, 30.45.2 ch' alla battaglia il suono altier lo sfida, 30.45.3 non vuol più de l' accordo intender verbo, 30.45.4 ma si lancia del letto, et arme grida; 30.45.5 e si dimostra sì nel viso acerbo, 30.45.6 che Doralice istessa non si fida 30.45.7 di dirgli più di pace né di triegua: 30.45.8 e forza è infin che la battaglia segua. 30.46.1 Subito s' arma, et a fatica aspetta 30.46.2 da' suoi scudieri i debiti servigi; 30.46.3 poi monta sopra il buon cavallo in fretta, 30.46.4 che del gran difensor fu di Parigi; 30.46.5 e vien correndo invêr la piazza eletta 30.46.6 a terminar con l' arme i gran litigi. 30.46.7 Vi giunse il re e la corte allora allora; 30.46.8 sì ch' all' assalto fu poca dimora. 30.47.1 Posti lor furo et allacciati in testa 30.47.2 i lucidi elmi, e date lor le lance. 30.47.3 Siegue la tromba a dare il segno presta, 30.47.4 che fece a mille impallidir le guance. 30.47.5 Posero l' aste i cavallieri in resta, 30.47.6 e i corridori punsero alle pance; 30.47.7 e venner con tale impeto a ferirsi, 30.47.8 che parve il ciel cader, la terra aprirsi. 30.48.1 Quinci e quindi venir si vede il bianco 30.48.2 augel che Giove per l' aria sostenne; 30.48.3 come ne la Tessalia si vide anco 30.48.4 venir più volte, ma con altre penne. 30.48.5 Quanto sia l' uno e l' altro ardito e franco, 30.48.6 mostra il portar de le massiccie antenne; 30.48.7 e molto più, ch' a quello incontro duro, 30.48.8 quai torri ai venti, o scogli all' onde furo. 30.49.1 I tronchi fin al ciel ne sono ascesi: 30.49.2 scrive Turpin, verace in questo loco, 30.49.3 che dui o tre giù ne tornaro accesi, 30.49.4 ch' eran saliti alla sfera del fuoco. 30.49.5 I cavallieri i brandi aveano presi: 30.49.6 e come quei che si temeano poco, 30.49.7 si ritornaro incontra; e a prima giunta 30.49.8 ambi alla vista si ferîr di punta. 30.50.1 Ferîrsi alla visiera al primo tratto; 30.50.2 e non miraron, per mettersi in terra, 30.50.3 dare ai cavalli morte, ch' è mal atto, 30.50.4 perch' essi non han colpa de la guerra. 30.50.5 Chi pensa che tra lor fosse tal patto, 30.50.6 non sa l' usanza antiqua, e di molto erra: 30.50.7 senz' altro patto, era vergogna e fallo 30.50.8 e biasmo eterno a chi ferìa il cavallo. 30.51.1 Ferîrsi alla visiera, ch' era doppia, 30.51.2 et a pena anco a tanta furia resse. 30.51.3 L' un colpo appresso all' altro si raddoppia: 30.51.4 le botte più che grandine son spesse, 30.51.5 che spezza fronde e rami e grano e stoppia, 30.51.6 e uscir invan fa la sperata messe. 30.51.7 Se Durindana e Balisarda taglia, 30.51.8 sapete, e quanto in queste mani vaglia. 30.52.1 Ma degno di sé colpo ancor non fanno, 30.52.2 sì l' uno e l' altro ben sta su l' aviso. 30.52.3 Uscì da Mandricardo il primo danno, 30.52.4 per cui fu quasi il buon Ruggiero ucciso: 30.52.5 d' uno di quei gran colpi che far sanno, 30.52.6 gli fu lo scudo pel mezzo diviso, 30.52.7 e la corazza apertagli di sotto; 30.52.8 e fin sul vivo il crudel brando ha rotto. 30.53.1 L' aspra percossa agghiacciò il cor nel petto, 30.53.2 per dubbio di Ruggiero, ai circonstanti, 30.53.3 nel cui favor si conoscea lo affetto 30.53.4 dei più inchinar, se non di tutti quanti. 30.53.5 E se Fortuna ponesse ad effetto 30.53.6 quel che la maggior parte vorria inanti, 30.53.7 già Mandricardo saria morto o preso: 30.53.8 sì che 'l suo colpo ha tutto il campo offeso. 30.54.1 Io credo che qualche agnol s' interpose 30.54.2 per salvar da quel colpo il cavalliero. 30.54.3 Ma ben senza più indugio gli rispose, 30.54.4 terribil più che mai fosse, Ruggiero. 30.54.5 La spada in capo a Mandricardo pose; 30.54.6 ma sì lo sdegno fu subito e fiero, 30.54.7 e tal fretta gli fe', ch' io men l' incolpo 30.54.8 se non mandò a ferir di taglio il colpo. 30.55.1 Se Balisarda lo giungea pel dritto, 30.55.2 l' elmo d' Ettorre era incantato invano. 30.55.3 Fu sì del colpo Mandricardo afflitto, 30.55.4 che si lasciò la briglia uscir di mano. 30.55.5 D' andar tre volte accenna a capo fitto, 30.55.6 mentre scorrendo va d' intorno il piano 30.55.7 quel Brigliador che conoscete al nome, 30.55.8 dolente ancor de le mutate some. 30.56.1 Calcata serpe mai tanto non ebbe, 30.56.2 né ferito leon, sdegno e furore, 30.56.3 quanto il Tartaro, poi che si rïebbe 30.56.4 dal colpo che di sé lo trasse fuore. 30.56.5 E quanto l' ira e la superbia crebbe, 30.56.6 tanto e più crebbe in lui forza e valore: 30.56.7 fece spiccare a Brigliadoro un salto 30.56.8 verso Ruggiero, e alzò la spada in alto. 30.57.1 Levossi in su le staffe, et all' elmetto 30.57.2 segnolli; e si credette veramente 30.57.3 partirlo a quella volta fin al petto: 30.57.4 ma fu di lui Ruggier più diligente; 30.57.5 che, pria che 'l braccio scenda al duro effetto, 30.57.6 gli caccia sotto la spada pungente, 30.57.7 e gli fa ne la maglia ampla finestra, 30.57.8 che sotto difendea l' ascella destra. 30.58.1 E Balisarda al suo ritorno trasse 30.58.2 di fuori il sangue tiepido e vermiglio, 30.58.3 e vietò a Durindana che calasse 30.58.4 impetuosa con tanto periglio; 30.58.5 ben che fin su la groppa si piegasse 30.58.6 Ruggiero, e per dolor strignesse il ciglio: 30.58.7 e s' elmo in capo avea di peggior tempre, 30.58.8 gli era quel colpo memorabil sempre. 30.59.1 Ruggier non cessa, e spinge il suo cavallo, 30.59.2 e Mandricardo al destro fianco trova. 30.59.3 Quivi scelta finezza di metallo 30.59.4 e ben condutta tempra poco giova 30.59.5 contra la spada che non scende in fallo; 30.59.6 che fu incantata non per altra prova, 30.59.7 che per far ch' a' suoi colpi nulla vaglia 30.59.8 piastra incantata et incantata maglia. 30.60.1 Taglionne quanto ella ne prese, e insieme 30.60.2 lasciò ferito il Tartaro nel fianco, 30.60.3 che 'l ciel bestemmia, e di tant' ira freme, 30.60.4 che 'l tempestoso mare è orribil manco. 30.60.5 Or s' apparecchia a por le forze estreme: 30.60.6 lo scudo ove in azzurro è l' augel bianco, 30.60.7 vinto da sdegno, si gittò lontano, 30.60.8 e messe al brando e l' una e l' altra mano. 30.61.1 -- Ah (disse a lui Ruggier), senza più basti 30.61.2 a mostrar che non merti quella insegna, 30.61.3 ch' or tu la getti, e dianzi la tagliasti; 30.61.4 né potrai dir mai più che ti convegna. -- 30.61.5 Così dicendo, forza è ch' egli attasti 30.61.6 con quanta furia Durindana vegna; 30.61.7 che sì gli grava e sì gli pesa in fronte, 30.61.8 che più leggier potea cadervi un monte. 30.62.1 E per mezzo gli fende la visiera; 30.62.2 buon per lui che dal viso si discosta: 30.62.3 poi calò su l' arcion che ferrato era, 30.62.4 né lo difese averne doppia crosta: 30.62.5 giunse al fin su l' arnese, e come cera 30.62.6 l' aperse con la falda sopraposta: 30.62.7 e ferì gravemente ne la coscia 30.62.8 Ruggier, sì ch' assai stette a guarir poscia. 30.63.1 De l' un, come de l' altro, fatte rosse 30.63.2 il sangue l' arme avea con doppia riga; 30.63.3 tal che diverso era il parer, chi fosse 30.63.4 di lor, ch' avesse il meglio in quella briga. 30.63.5 Ma quel dubbio Ruggier tosto rimosse 30.63.6 con la spada che tanti ne castiga: 30.63.7 mena di punta, e drizza il colpo crudo 30.63.8 onde gittato avea colui lo scudo. 30.64.1 Fora de la corazza il lato manco, 30.64.2 e di venire al cor trova la strada; 30.64.3 che gli entra più d' un palmo sopra il fianco: 30.64.4 sì che convien che Mandricardo cada 30.64.5 d' ogni ragion che può ne l' augel bianco, 30.64.6 o che può aver ne la famosa spada; 30.64.7 e da la cara vita cada insieme, 30.64.8 che, più che spada e scudo, assai gli preme. 30.65.1 Non morì quel meschin senza vendetta; 30.65.2 ch' a quel medesmo tempo che fu colto, 30.65.3 la spada, poco sua, menò di fretta; 30.65.4 et a Ruggier avria partito il volto, 30.65.5 se già Ruggier non gli avesse intercetta 30.65.6 prima la forza, e assai del vigor tolto: 30.65.7 di forza e di vigor troppo gli tolse 30.65.8 dianzi, che sotto il destro braccio il colse. 30.66.1 Da Mandricardo fu Ruggier percosso 30.66.2 nel punto ch' egli a lui tolse la vita; 30.66.3 tal ch' un cerchio di ferro, anco che grosso, 30.66.4 e una cuffia d' acciar ne fu partita. 30.66.5 Durindana tagliò cotenna et osso, 30.66.6 e nel capo a Ruggiero entrò dua dita. 30.66.7 Ruggier stordito in terra si riversa, 30.66.8 e di sangue un ruscel dal capo versa. 30.67.1 Il primo fu Ruggier, ch' andò per terra; 30.67.2 e dipoi stette l' altro a cader tanto, 30.67.3 che quasi crede ognun che de la guerra 30.67.4 riporti Mandricardo il pregio e il vanto: 30.67.5 e Doralice sua, che con gli altri erra, 30.67.6 e che quel dì più volte ha riso e pianto, 30.67.7 Dio ringraziò con mani al ciel supine, 30.67.8 ch' avesse avuta la pugna tal fine. 30.68.1 Ma poi ch' appare a manifesti segni 30.68.2 vivo chi vive, e senza vita il morto, 30.68.3 nei petti dei fautor mutano regni: 30.68.4 di là mestizia, e di qua vien conforto. 30.68.5 I re, i signori, i cavallier più degni, 30.68.6 con Ruggier ch' a fatica era risorto, 30.68.7 a rallegrarsi et abbracciarsi vanno, 30.68.8 e gloria senza fine e onor gli dànno. 30.69.1 Ognun s' allegra con Ruggiero, e sente 30.69.2 il medesmo nel cor, c' ha nella bocca. 30.69.3 Sol Gradasso il pensiero ha differente 30.69.4 tutto da quel che fuor la lingua scocca: 30.69.5 mostra gaudio nel viso, e occultamente 30.69.6 del glorïoso acquisto invidia il tocca; 30.69.7 e maledice o sia destino o caso, 30.69.8 il qual trasse Ruggier prima del vaso. 30.70.1 Che dirò del favor, che de le tante 30.70.2 carezze e tante, affettuose e vere, 30.70.3 che fece a quel Ruggiero il re Agramante, 30.70.4 senza il qual dare al vento le bandiere, 30.70.5 né vòlse muover d' Africa le piante, 30.70.6 né senza lui si fidò in tante schiere? 30.70.7 Or che del re Agricane ha spento il seme, 30.70.8 prezza più lui che tutto il mondo insieme. 30.71.1 Né di tal volontà gli uomini soli 30.71.2 eran verso Ruggier, ma le donne anco, 30.71.3 che d' Africa e di Spagna fra gli stuoli 30.71.4 eran venute al tenitorio franco. 30.71.5 E Doralice istessa, che con duoli 30.71.6 piangea l' amante suo pallido e bianco, 30.71.7 forse con l' altre ita sarebbe in schiera, 30.71.8 se di vergogna un duro fren non era. 30.72.1 Io dico forse, non ch' io ve l' accerti, 30.72.2 ma potrebbe esser stato di leggiero: 30.72.3 tal la bellezza e tali erano i merti, 30.72.4 i costumi e i sembianti di Ruggiero. 30.72.5 Ella, per quel che già ne siamo esperti, 30.72.6 sì facile era a varïar pensiero, 30.72.7 che per non si veder priva d' amore, 30.72.8 avria potuto in Ruggier porre il core. 30.73.1 Per lei buono era vivo Mandricardo: 30.73.2 ma che ne volea far dopo la morte? 30.73.3 Proveder le convien d' un che gagliardo 30.73.4 sia notte e dì ne' suoi bisogni, e forte. 30.73.5 Non era stato intanto a venir tardo 30.73.6 il più perito medico di corte, 30.73.7 che di Ruggier veduta ogni ferita, 30.73.8 già l' avea assicurato de la vita. 30.74.1 Con molta diligenzia il re Agramante 30.74.2 fece colcar Ruggier ne le sue tende; 30.74.3 che notte e dì veder sel vuole inante: 30.74.4 sì l' ama, sì di lui cura si prende. 30.74.5 Lo scudo al letto e l' arme tutte quante, 30.74.6 che fur di Mandricardo, il re gli appende; 30.74.7 tutte le appende, eccetto Durindana, 30.74.8 che fu lasciata al re di Sericana. 30.75.1 Con l' arme l' altre spoglie a Ruggier sono 30.75.2 date di Mandricardo, e insieme dato 30.75.3 gli è Brigliador, quel destrier bello e buono, 30.75.4 che per furore Orlando avea lasciato. 30.75.5 Poi quello al re diede Ruggiero in dono, 30.75.6 che s' avide ch' assai gli saria grato. 30.75.7 Non più di questo; che tornar bisogna 30.75.8 a chi Ruggiero invan sospira e agogna. 30.76.1 Gli amorosi tormenti che sostenne 30.76.2 Bradamante aspettando, io v' ho da dire. 30.76.3 A Montalbano Ippalca a lei rivenne, 30.76.4 e nuova le arrecò del suo desire. 30.76.5 Prima, di quanto di Frontin le avenne 30.76.6 con Rodomonte, l' ebbe a riferire; 30.76.7 poi di Ruggier, che ritrovò alla fonte 30.76.8 con Ricciardetto e' frati d' Agrismonte: 30.77.1 e che con esso lei s' era partito 30.77.2 con speme di trovare il Saracino, 30.77.3 e punirlo di quanto avea fallito 30.77.4 d' aver tolto a una donna il suo Frontino; 30.77.5 e che 'l disegno poi non gli era uscito, 30.77.6 perché diverso avea fatto il camino. 30.77.7 La cagione anco, perché non venisse 30.77.8 a Montalban Ruggier, tutta le disse; 30.78.1 e riferille le parole a pieno, 30.78.2 ch' in sua scusa Ruggier le avea commesse. 30.78.3 Poi si trasse la lettera di seno, 30.78.4 ch' egli le diè, perch' ella a lei la desse. 30.78.5 Con viso più turbato che sereno 30.78.6 prese la carta Bradamante e lesse, 30.78.7 che, se non fosse la credenza stata 30.78.8 già di veder Ruggier, fôra più grata. 30.79.1 L' aver Ruggiero ella aspettato, e invece 30.79.2 di lui, vedersi ora appagar d' un scritto, 30.79.3 del bel viso turbar l' aria le fece 30.79.4 di timor, di cordoglio e di despitto. 30.79.5 Baciò la carta diece volte e diece, 30.79.6 avendo a chi la scrisse il cor diritto. 30.79.7 Le lacrime vietâr, che su vi sparse, 30.79.8 che con sospiri ardenti ella non l' arse. 30.80.1 Lesse la carta quattro volte e sei, 30.80.2 e vòlse ch' altretante l' imbasciata 30.80.3 replicata le fosse da colei 30.80.4 che l' una e l' altra avea quivi arrecata, 30.80.5 pur tuttavia piangendo: e crederei 30.80.6 che mai non si saria più racchetata, 30.80.7 se non avesse avuto pur conforto 30.80.8 di rivedere il suo Ruggier di corto. 30.81.1 Termine a ritornar quindici o venti 30.81.2 giorni avea Ruggier tolto, et affermato 30.81.3 l' avea ad Ippalca poi con giuramenti 30.81.4 da non temer che mai fosse mancato. 30.81.5 -- Chi m' assicura, ohimè! degli accidenti 30.81.6 (ella dicea), c' han forza in ogni lato, 30.81.7 ma ne le guerre più, che non distorni 30.81.8 alcun tanto Ruggier, che più non torni? 30.82.1 Ohimè! Ruggiero, ohimè! chi arìa creduto 30.82.2 ch' avendoti amato io più di me stessa, 30.82.3 tu più di me, non ch' altri, ma potuto 30.82.4 abbi amar gente tua inimica espressa? 30.82.5 A chi opprimer dovresti, doni aiuto: 30.82.6 chi tu dovresti aitare, è da te oppressa. 30.82.7 Non so se biasmo o laude esser ti credi, 30.82.8 ch' al premiar e al punir sì poco vedi. 30.83.1 Fu morto da Troian (non so se 'l sai) 30.83.2 il padre tuo; ma fin ai sassi il sanno: 30.83.3 e tu del figlio di Troian cura hai 30.83.4 che non riceva alcun disnor né danno. 30.83.5 È questa la vendetta che ne fai, 30.83.6 Ruggiero? e a quei che vendicato l' hanno 30.83.7 rendi tal premio, che del sangue loro 30.83.8 me fai morir di strazio e di martoro? -- 30.84.1 Dicea la donna al suo Ruggiero absente 30.84.2 queste parole et altre, lacrimando, 30.84.3 non una sola volta, ma sovente. 30.84.4 Ippalca la venìa pur confortando, 30.84.5 che Ruggier servarebbe interamente 30.84.6 sua fede, e ch' ella l' aspettasse, quando 30.84.7 altro far non potea, fin a quel giorno 30.84.8 ch' avea Ruggier prescritto al suo ritorno. 30.85.1 I conforti d' Ippalca, e la speranza 30.85.2 che degli amanti suole esser compagna, 30.85.3 alla tema e al dolor tolgon possanza 30.85.4 di far che Bradamante ognora piagna; 30.85.5 in Montalban senza mutar mai stanza 30.85.6 voglion che fin al termine rimagna, 30.85.7 fin al promesso termine e giurato, 30.85.8 che poi fu da Ruggier male osservato. 30.86.1 Ma ch' egli alla promessa sua mancasse, 30.86.2 non però debbe aver la colpa affatto; 30.86.3 ch' una causa et un' altra sì lo trasse, 30.86.4 che gli fu forza preterire il patto. 30.86.5 Convenne che nel letto si colcasse, 30.86.6 e più d' un mese si stesse di piatto 30.86.7 in dubbio di morir, sì il dolor crebbe 30.86.8 dopo la pugna che col Tartaro ebbe. 30.87.1 L' inamorata giovane l' attese 30.87.2 tutto quel giorno e desïollo invano, 30.87.3 né mai ne seppe, fuor quanto ne 'ntese 30.87.4 ora da Ippalca, e poi dal suo germano, 30.87.5 che le narrò che Ruggier lui difese, 30.87.6 e Malagigi liberò e Viviano. 30.87.7 Questa novella, ancor ch' avesse grata, 30.87.8 pur di qualche amarezza era turbata: 30.88.1 che di Marfisa in quel discorso udito 30.88.2 l' alto valore e le bellezze avea: 30.88.3 udì come Ruggier s' era partito 30.88.4 con esso lei, e che d' andar dicea 30.88.5 là dove con disagio in debol sito 30.88.6 malsicuro Agramante si tenea. 30.88.7 Sì degna compagnia la donna lauda, 30.88.8 ma non che se n' allegri, o che l' applauda. 30.89.1 Né picciolo è il sospetto che la preme; 30.89.2 che se Marfisa è bella, come ha fama, 30.89.3 e che fin a quel dì sien giti insieme, 30.89.4 è maraviglia se Ruggier non l' ama. 30.89.5 Pur non vuol creder anco, e spera e teme; 30.89.6 e 'l giorno che la può far lieta e grama, 30.89.7 misera aspetta; e sospirando stassi, 30.89.8 da Montalban mai non movendo i passi. 30.90.1 Stando ella quivi, il principe, il signore 30.90.2 del bel castello, il primo de' suoi frati 30.90.3 (io non dico d' etade, ma d' onore, 30.90.4 che di lui prima dui n' erano nati), 30.90.5 Rinaldo, che di gloria e di splendore 30.90.6 gli ha, come il sol le stelle, illuminati, 30.90.7 giunse al castello un giorno in su la nona; 30.90.8 né, fuor ch' un paggio, era con lui persona. 30.91.1 Cagion del suo venir fu, che da Brava 30.91.2 ritornandosi un dì verso Parigi 30.91.3 (come v' ho detto che sovente andava 30.91.4 per ritrovar d' Angelica vestigi), 30.91.5 avea sentita la novella prava 30.91.6 del suo Viviano e del suo Malagigi, 30.91.7 ch' eran per esser dati al Maganzese; 30.91.8 e perciò ad Agrismonte la via prese. 30.92.1 Dove intendendo poi ch' eran salvati, 30.92.2 e gli aversarii lor morti e distrutti, 30.92.3 e Marfisa e Ruggiero erano stati, 30.92.4 che gli aveano a quei termini ridutti; 30.92.5 e suoi fratelli e suoi cugin tornati 30.92.6 a Montalbano insieme erano tutti; 30.92.7 gli parve un' ora un anno di trovarsi 30.92.8 con esso lor là dentro ad abbracciarsi. 30.93.1 Venne Rinaldo a Montalbano, e quivi 30.93.2 madre, moglie abbracciò, figli e fratelli, 30.93.3 e i cugini che dianzi eran captivi; 30.93.4 e parve, quando egli arrivò tra quelli, 30.93.5 dopo gran fame irondine ch' arrivi 30.93.6 col cibo in bocca ai pargoletti augelli. 30.93.7 E poi ch' un giorno vi fu stato o dui, 30.93.8 partissi, e fe' partire altri con lui. 30.94.1 Ricciardo, Alardo, Ricciardetto, e d' essi 30.94.2 figli d' Amone, il più vecchio Guicciardo, 30.94.3 Malagigi e Vivian, si furon messi 30.94.4 in arme dietro al paladin gagliardo. 30.94.5 Bradamante aspettando che s' appressi 30.94.6 il tempo ch' al disio suo ne vien tardo, 30.94.7 inferma disse agli fratelli ch' era, 30.94.8 e non vòlse con lor venire in schiera. 30.95.1 E ben lor disse il ver, ch' ella era inferma, 30.95.2 ma non per febbre o corporal dolore: 30.95.3 era il disio che l' alma dentro inferma, 30.95.4 e le fa alterazion patir d' amore. 30.95.5 Rinaldo in Montalban più non si ferma, 30.95.6 e seco mena di sua gente il fiore. 30.95.7 Come a Parigi appropinquosse, e quanto 30.95.8 Carlo aiutò, vi dirà l' altro canto.
CANTO XXXI
31.1.1 Che dolce più, che più giocondo stato 31.1.2 saria di quel d' un amoroso core? 31.1.3 che viver più felice e più beato, 31.1.4 che ritrovarsi in servitù d' Amore? 31.1.5 se non fosse l' uom sempre stimulato 31.1.6 da quel sospetto rio, da quel timore, 31.1.7 da quel martìr, da quella frenesia, 31.1.8 da quella rabbia detta gelosia. 31.2.1 Però ch' ogni altro amaro che si pone 31.2.2 tra questa soavissima dolcezza, 31.2.3 è un augumento, una perfezïone, 31.2.4 et è un condurre amore a più finezza. 31.2.5 L' acque parer fa saporite e buone 31.2.6 la sete, e il cibo pel digiun s' apprezza: 31.2.7 non conosce la pace e non l' estima 31.2.8 chi provato non ha la guerra prima. 31.3.1 Se ben non veggon gli occhi ciò che vede 31.3.2 ognora il core, in pace si sopporta. 31.3.3 Lo star lontano, poi quando si riede, 31.3.4 quanto più lungo fu, più riconforta. 31.3.5 Lo stare in servitù senza mercede 31.3.6 (pur che non resti la speranza morta) 31.3.7 patir si può: che premio al ben servire 31.3.8 pur viene al fin, se ben tarda a venire. 31.4.1 Gli sdegni, le repulse, e finalmente 31.4.2 tutti i martìr d' amor, tutte le pene, 31.4.3 fan per lor rimembranza, che si sente 31.4.4 con miglior gusto un piacer quando viene. 31.4.5 Ma se l' infernal peste una egra mente 31.4.6 avvien ch' infetti, ammorbi et avelene; 31.4.7 se ben segue poi festa et allegrezza, 31.4.8 non la cura l' amante e non l' apprezza. 31.5.1 Questa è la cruda e avelenata piaga 31.5.2 a cui non val liquor, non vale impiastro, 31.5.3 né murmure, né imagine di saga, 31.5.4 né val lungo osservar di benigno astro, 31.5.5 né quanta esperïenzia d' arte maga 31.5.6 fece mai l' inventor suo Zoroastro: 31.5.7 piaga crudel che sopra ogni dolore 31.5.8 conduce l' uom, che disperato muore. 31.6.1 Oh incurabil piaga che nel petto 31.6.2 d' un amator sì facile s' imprime, 31.6.3 non men per falso che per ver sospetto! 31.6.4 piaga che l' uom sì crudelmente opprime, 31.6.5 che la ragion gli offusca e l' intelletto, 31.6.6 e lo tra' fuor de le sembianze prime! 31.6.7 Oh iniqua gelosia, che così a torto 31.6.8 levasti a Bradamante ogni conforto! 31.7.1 Non di questo ch' Ippalca e che 'l fratello 31.7.2 le avea nel core amaramente impresso, 31.7.3 ma dico d' uno annunzio crudo e fello 31.7.4 che le fu dato pochi giorni appresso. 31.7.5 Questo era nulla a paragon di quello 31.7.6 ch' io vi dirò, ma dopo alcun digresso. 31.7.7 Di Rinaldo ho da dir primieramente, 31.7.8 che vêr Parigi vien con la sua gente. 31.8.1 Scontraro il dì seguente invêr la sera 31.8.2 un cavallier ch' avea una donna al fianco, 31.8.3 con scudo e sopravesta tutta nera, 31.8.4 se non che per traverso ha un fregio bianco. 31.8.5 Sfidò alla giostra Ricciardetto, ch' era 31.8.6 dinanzi, e vista avea di guerrier franco: 31.8.7 e quel, che mai nessun ricusar vòlse, 31.8.8 girò la briglia, e spazio a correr tolse. 31.9.1 Senza dir altro, o più notizia darsi 31.9.2 de l' esser lor, si vengono all' incontro. 31.9.3 Rinaldo e gli altri cavallier fermârsi 31.9.4 per veder come seguiria lo scontro. 31.9.5 -- Tosto costui per terra ha da versarsi, 31.9.6 se in luogo fermo a mio modo lo incontro -- 31.9.7 dicea tra se medesmo Ricciardetto; 31.9.8 ma contrario al pensier seguì l' effetto: 31.10.1 però che lui sotto la vista offese 31.10.2 di tanto colpo il cavalliero istrano, 31.10.3 che lo levò di sella, e lo distese 31.10.4 più di due lance al suo destrier lontano. 31.10.5 Di vendicarlo incontinente prese 31.10.6 l' assunto Alardo, e ritrovossi al piano 31.10.7 stordito e male acconcio: sì fu crudo 31.10.8 lo scontro fier, che gli spezzò lo scudo. 31.11.1 Guicciardo pone incontinente in resta 31.11.2 l' asta, che vede i duo germani in terra, 31.11.3 ben che Rinaldo gridi: -- Resta, resta; 31.11.4 che mia convien che sia la terza guerra: -- 31.11.5 ma l' elmo ancor non ha allacciato in testa, 31.11.6 sì che Guicciardo al corso si disserra; 31.11.7 né più degli altri si seppe tenere, 31.11.8 e ritrovossi subito a giacere. 31.12.1 Vuol Ricciardo, Viviano e Malagigi, 31.12.2 e l' un prima de l' altro essere in giostra: 31.12.3 ma Rinaldo pon fine ai lor litigi; 31.12.4 ch' inanzi a tutti armato si dimostra, 31.12.5 dicendo loro: -- È tempo ire a Parigi; 31.12.6 e saria troppo la tardanza nostra, 31.12.7 s' io volesse aspettar fin che ciascuno 31.12.8 di voi fosse abbattuto ad uno ad uno. -- 31.13.1 Dissel tra sé, ma non che fosse inteso, 31.13.2 che saria stato agli altri ingiuria e scorno. 31.13.3 L' uno e l' altro del campo avea già preso, 31.13.4 e si faceano incontra aspro ritorno. 31.13.5 Non fu Rinaldo per terra disteso, 31.13.6 che valea tutti gli altri ch' avea intorno; 31.13.7 le lance si fiaccâr, come di vetro, 31.13.8 né i cavallier si piegâr oncia a dietro. 31.14.1 L' uno e l' altro cavallo in guisa urtosse, 31.14.2 che gli fu forza in terra a por le groppe. 31.14.3 Baiardo immantinente ridrizzosse, 31.14.4 tanto ch' a pena il correre interroppe. 31.14.5 Sinistramente sì l' altro percosse, 31.14.6 che la spalla e la schena insieme roppe. 31.14.7 Il cavallier che 'l destrier morto vede, 31.14.8 lascia le staffe, et è subito in piede. 31.15.1 Et al figlio d' Amon, che già rivolto 31.15.2 tornava a lui con la man vòta, disse: 31.15.3 -- Signore, il buon destrier che tu m' hai tolto, 31.15.4 perché caro mi fu mentre che visse, 31.15.5 mi faria uscir del mio debito molto, 31.15.6 se così invendicato si morisse: 31.15.7 sì che vientene, e fa ciò che tu puoi, 31.15.8 perché battaglia esser convien tra noi. -- 31.16.1 Disse Rinaldo a lui: -- Se 'l destrier morto, 31.16.2 e non altro ci de' porre a battaglia, 31.16.3 un de' miei ti darò, piglia conforto, 31.16.4 che men del tuo non crederò che vaglia. -- 31.16.5 Colui soggiunse: -- Tu sei malaccorto, 31.16.6 se creder vuoi che d' un destrier mi caglia. 31.16.7 Ma poi che non comprendi ciò ch' io voglio, 31.16.8 ti spiegherò più chiaramente il foglio. 31.17.1 Vo' dir che mi parria commetter fallo, 31.17.2 se con la spada non ti provassi anco, 31.17.3 e non sapessi s' in quest' altro ballo 31.17.4 tu mi sia pari, o se più vali o manco. 31.17.5 Come ti piace, o scendi, o sta a cavallo: 31.17.6 pur che le man tu non ti tegna al fianco, 31.17.7 io son contento ogni vantaggio darti: 31.17.8 tanto alla spada bramo di provarti. -- 31.18.1 Rinaldo molto non lo tenne in lunga, 31.18.2 e disse: -- La battaglia ti prometto; 31.18.3 e perché tu sia ardito, e non ti punga 31.18.4 di questi c' ho d' intorno alcun sospetto, 31.18.5 andranno inanzi fin ch' io gli raggiunga; 31.18.6 né meco resterà fuor ch' un valletto 31.18.7 che mi tenga il cavallo: -- e così disse 31.18.8 alla sua compagnia che se ne gisse. 31.19.1 La cortesia del paladin gagliardo 31.19.2 commendò molto il cavalliero estrano. 31.19.3 Smontò Rinaldo, e del destrier Baiardo 31.19.4 diede al valletto le redine in mano: 31.19.5 e poi che più non vede il suo stendardo, 31.19.6 il qual di lungo spazio è già lontano, 31.19.7 lo scudo imbraccia e stringe il brando fiero, 31.19.8 e sfida alla battaglia il cavalliero. 31.20.1 E quivi s' incomincia una battaglia 31.20.2 di ch' altra mai non fu più fiera in vista. 31.20.3 Non crede l' un che tanto l' altro vaglia, 31.20.4 che troppo lungamente gli resista. 31.20.5 Ma poi che 'l paragon ben gli ragguaglia, 31.20.6 né l' un de l' altro più s' allegra o attrista, 31.20.7 pongon l' orgoglio et il furor da parte, 31.20.8 et al vantaggio loro usano ogn' arte. 31.21.1 S' odon lor colpi dispietati e crudi 31.21.2 intorno rimbombar con suono orrendo, 31.21.3 ora i canti levando a' grossi scudi, 31.21.4 schiodando or piastre, e quando maglie aprendo. 31.21.5 Né qui bisogna tanto che si studi 31.21.6 a ben ferir, quanto a parar, volendo 31.21.7 star l' uno a l' altro par; ch' eterno danno 31.21.8 lor può causar il primo error che fanno. 31.22.1 Durò l' assalto un' ora e più che 'l mezzo 31.22.2 d' un' altra; et era il sol già sotto l' onde, 31.22.3 et era sparso il tenebroso rezzo 31.22.4 de l' orizzon fin all' estreme sponde; 31.22.5 né riposato o fatto altro intermezzo 31.22.6 aveano alle percosse furibonde 31.22.7 questi guerrier, che non ira o rancore, 31.22.8 ma tratto all' arme avea disio d' onore. 31.23.1 Rivolve tuttavia tra sé Rinaldo 31.23.2 chi sia l' estrano cavallier sì forte, 31.23.3 che non pur gli sta contra ardito e saldo, 31.23.4 ma spesso il mena a risco de la morte; 31.23.5 e già tanto travaglio e tanto caldo 31.23.6 gli ha posto, che del fin dubita forte: 31.23.7 e volentier, se con suo onor potesse, 31.23.8 vorria che quella pugna rimanesse. 31.24.1 Da l' altra parte il cavallier estrano, 31.24.2 che similmente non avea notizia 31.24.3 che quel fosse il signor di Montalbano, 31.24.4 quel sì famoso in tutta la milizia, 31.24.5 che gli avea incontra con la spada in mano 31.24.6 condotto così poca nimicizia, 31.24.7 era certo che d' uom di più eccellenza 31.24.8 non potesson dar l' arme esperïenza. 31.25.1 Vorrebbe de l' impresa esser digiuno, 31.25.2 ch' avea di vendicare il suo cavallo; 31.25.3 e se potesse senza biasmo alcuno, 31.25.4 si trarria fuor del periglioso ballo. 31.25.5 Il mondo era già tanto oscuro e bruno, 31.25.6 che tutti i colpi quasi ivano in fallo: 31.25.7 poco ferire e men parar sapeano, 31.25.8 ch' a pena in man le spade si vedeano. 31.26.1 Fu quel da Montalbano il primo a dire 31.26.2 che far battaglia non denno allo scuro, 31.26.3 ma quella indugiar tanto e differire, 31.26.4 ch' avesse dato volta il pigro Arturo; 31.26.5 e che può intanto al padiglion venire, 31.26.6 ove di sé non sarà men sicuro, 31.26.7 ma servito, onorato e ben veduto, 31.26.8 quanto in loco ove mai fosse venuto. 31.27.1 Non bisognò a Rinaldo pregar molto, 31.27.2 che 'l cortese baron tenne lo 'nvito. 31.27.3 Ne vanno insieme ove il drappel raccolto 31.27.4 di Montalbano era in sicuro sito. 31.27.5 Rinaldo al suo scudiero avea già tolto 31.27.6 un bel cavallo e molto ben guernito, 31.27.7 a spada e a lancia e ad ogni prova buono, 31.27.8 et a quel cavallier fattone dono. 31.28.1 Il guerrier peregrin conobbe quello 31.28.2 esser Rinaldo, che venìa con esso; 31.28.3 che prima che giungessero all' ostello, 31.28.4 venuto a caso era a nomar se stesso: 31.28.5 e perché l' un de l' altro era fratello, 31.28.6 si sentîr dentro di dolcezza oppresso, 31.28.7 e di pietoso affetto tocco il core; 31.28.8 e lacrimâr per gaudio e per amore. 31.29.1 Questo guerriero era Guidon Selvaggio, 31.29.2 che dianzi con Marfisa e Sansonetto 31.29.3 e' figli d' Olivier molto vïaggio 31.29.4 avea fatto per mar, come v' ho detto. 31.29.5 Di non veder più tosto il suo lignaggio 31.29.6 il fellon Pinabel gli avea interdetto, 31.29.7 avendol preso, e a bada poi tenuto 31.29.8 alla difesa del suo rio statuto. 31.30.1 Guidon, che questo esser Rinaldo udio, 31.30.2 famoso sopra ogni famoso duce, 31.30.3 ch' avuto avea più di veder disio, 31.30.4 che non ha il cieco la perduta luce, 31.30.5 con molto gaudio disse: -- O signor mio, 31.30.6 qual fortuna a combatter mi conduce 31.30.7 con voi, che lungamente ho amato et amo, 31.30.8 e sopra tutto il mondo onorar bramo? 31.31.1 Mi partorì Costanza ne le estreme 31.31.2 ripe del mar Eusino: io son Guidone, 31.31.3 concetto de lo illustre inclito seme, 31.31.4 come ancor voi, del generoso Amone. 31.31.5 Di voi vedere, e gli altri nostri insieme, 31.31.6 il desiderio è del venir cagione; 31.31.7 e dove mia intenzion fu d' onorarvi, 31.31.8 mi veggo esser venuto a ingiurïarvi. 31.32.1 Ma scusimi apo voi d' un error tanto, 31.32.2 ch' io non ho voi né gli altri conosciuto; 31.32.3 e s' emendar si può, ditemi quanto 31.32.4 far debbo, ch' in ciò far nulla rifiuto. -- 31.32.5 Poi che si fu da questo e da quel canto 31.32.6 de' complessi iterati al fin venuto, 31.32.7 rispose a lui Rinaldo: -- Non vi caglia 31.32.8 meco scusarvi più de la battaglia: 31.33.1 che per certificarne che voi sète 31.33.2 di nostra antiqua stirpe un vero ramo, 31.33.3 dar miglior testimonio non potete, 31.33.4 che 'l gran valor ch' in voi chiaro proviamo. 31.33.5 Se più pacifiche erano e quïete 31.33.6 vostre maniere, mal vi credevamo; 31.33.7 che la damma non genera il leone, 31.33.8 né le colombe l' aquila o il falcone. -- 31.34.1 Non, per andar, di ragionar lasciando, 31.34.2 non di seguir, per ragionar, lor via, 31.34.3 vennero ai padiglioni; ove narrando 31.34.4 il buon Rinaldo alla sua compagnia 31.34.5 che questo era Guidon, che disïando 31.34.6 veder, tanto aspettato aveano pria, 31.34.7 molto gaudio apportò ne le sue squadre; 31.34.8 e parve a tutti assimigliarsi al padre. 31.35.1 Non dirò l' accoglienze che gli fêro 31.35.2 Alardo, Ricciardetto e gli altri dui; 31.35.3 che gli fece Viviano et Aldigiero, 31.35.4 e Malagigi, frati e cugin sui; 31.35.5 ch' ogni signor gli fece e cavalliero; 31.35.6 ciò ch' egli disse a loro, et essi a lui: 31.35.7 ma vi concluderò che finalmente 31.35.8 fu ben veduto da tutta la gente. 31.36.1 Caro Guidone a' suoi fratelli stato 31.36.2 credo sarebbe in ogni tempo assai; 31.36.3 ma lor fu al gran bisogno ora più grato, 31.36.4 ch' esser potesse in altro tempo mai. 31.36.5 Poscia che 'l nuovo sole incoronato 31.36.6 del mare uscì di luminosi rai, 31.36.7 Guidon coi frati e coi parenti in schiera 31.36.8 se ne tornò sotto la lor bandiera. 31.37.1 Tanto un giorno et un altro se n' andaro, 31.37.2 che di Parigi alle assediate porte 31.37.3 a men di dieci miglia s' accostaro 31.37.4 in ripa a Senna; ove per buona sorte 31.37.5 Grifone et Aquilante ritrovaro, 31.37.6 i duo guerrier da l' armatura forte: 31.37.7 Grifone il bianco et Aquilante il nero, 31.37.8 che partorì Gismonda d' Oliviero. 31.38.1 Con essi ragionava una donzella, 31.38.2 non già di vil condizïone in vista, 31.38.3 che di sciamito bianco la gonnella 31.38.4 fregiata intorno avea d' aurata lista; 31.38.5 molto leggiadra in apparenza e bella, 31.38.6 fosse quantunque lacrimosa e trista: 31.38.7 e mostrava ne' gesti e nel sembiante 31.38.8 di cosa ragionar molto importante. 31.39.1 Conobbe i cavallier, come essi lui, 31.39.2 Guidon, che fu con lor pochi dì inanzi; 31.39.3 et a Rinaldo disse: -- Eccovi dui 31.39.4 a cui van pochi di valore inanzi; 31.39.5 e se per Carlo ne verran con nui, 31.39.6 non ne staranno i Saracini inanzi. -- 31.39.7 Rinaldo di Guidon conferma il detto, 31.39.8 che l' uno e l' altro era guerrier perfetto. 31.40.1 Gli avea riconosciuti egli non manco; 31.40.2 però che quelli sempre erano usati, 31.40.3 l' un tutto nero, e l' altro tutto bianco 31.40.4 vestir su l' arme, e molto andare ornati. 31.40.5 Da l' altra parte essi conobbero anco 31.40.6 e salutâr Guidon, Rinaldo e i frati; 31.40.7 et abbracciâr Rinaldo come amico, 31.40.8 messo da parte ogni lor odio antico. 31.41.1 S' ebbero un tempo in urta e in gran dispetto 31.41.2 per Truffaldin, che fôra lungo a dire; 31.41.3 ma quivi insieme con fraterno affetto 31.41.4 s' accarezzâr, tutte oblïando l' ire. 31.41.5 Rinaldo poi si volse a Sansonetto, 31.41.6 ch' era tardato un poco più a venire, 31.41.7 e lo raccolse col debito onore, 31.41.8 a pieno instrutto del suo gran valore. 31.42.1 Tosto che la donzella più vicino 31.42.2 vide Rinaldo, e conosciuto l' ebbe 31.42.3 (ch' avea notizia d' ogni paladino), 31.42.4 gli disse una novella che gl' increbbe; 31.42.5 e cominciò: -- Signore, il tuo cugino, 31.42.6 a cui la Chiesa e l' alto Imperio debbe, 31.42.7 quel già sì saggio et onorato Orlando, 31.42.8 è fatto stolto, e va pel mondo errando. 31.43.1 Onde causato così strano e rio 31.43.2 accidente gli sia, non so narrarte. 31.43.3 La sua spada e l' altr' arme ho vedute io, 31.43.4 che per li campi avea gittate e sparte; 31.43.5 e vidi un cavallier cortese e pio 31.43.6 che le andò raccogliendo da ogni parte, 31.43.7 e poi di tutte quelle un arbuscello 31.43.8 fe', a guisa di trofeo, pomposo e bello. 31.44.1 Ma la spada ne fu tosto levata 31.44.2 dal figliuol d' Agricane il dì medesmo. 31.44.3 Tu pòi considerar quanto sia stata 31.44.4 gran perdita alla gente del battesmo 31.44.5 l' essere un' altra volta ritornata 31.44.6 Durindana in poter del paganesmo. 31.44.7 Né Brigliadoro men, ch' errava sciolto 31.44.8 intorno all' arme, fu dal pagan tolto. 31.45.1 Son pochi dì ch' Orlando correr vidi 31.45.2 senza vergogna e senza senno, ignudo, 31.45.3 con urli spaventevoli e con gridi: 31.45.4 ch' è fatto pazzo in somma ti conchiudo; 31.45.5 e non avrei, fuor ch' a questi occhi fidi, 31.45.6 creduto mai sì acerbo caso e crudo. -- 31.45.7 Poi narrò che lo vide giù dal ponte 31.45.8 abbracciato cader con Rodomonte. 31.46.1 -- A qualunque io non creda esser nimico 31.46.2 d' Orlando (soggiungea) di ciò favello, 31.46.3 acciò ch' alcun di tanti a ch' io lo dico, 31.46.4 mosso a pietà del caso strano e fello, 31.46.5 cerchi o a Parigi o in altro luogo amico 31.46.6 ridurlo, fin che si purghi il cervello. 31.46.7 Ben so, se Brandimarte n' avrà nuova, 31.46.8 sarà per farne ogni possibil prova. -- 31.47.1 Era costei la bella Fiordiligi, 31.47.2 più cara a Brandimarte che se stesso, 31.47.3 la qual, per lui trovar, venìa a Parigi: 31.47.4 e de la spada ella suggiunse appresso, 31.47.5 che discordia e contesa e gran litigi 31.47.6 tra il Sericano e 'l Tartaro avea messo; 31.47.7 e ch' avuta l' avea, poi che fu casso 31.47.8 di vita Mandricardo, al fin Gradasso. 31.48.1 Di così strano e misero accidente 31.48.2 Rinaldo senza fin si lagna e duole; 31.48.3 né il core intenerir men se ne sente, 31.48.4 che soglia intenerirsi il ghiaccio al sole: 31.48.5 e con disposta et immutabil mente, 31.48.6 ovunque Orlando sia, cercar lo vuole, 31.48.7 con speme, poi che ritrovato l' abbia, 31.48.8 di farlo risanar di quella rabbia. 31.49.1 Ma già lo stuolo avendo fatto unire, 31.49.2 sia volontà del cielo o sia aventura, 31.49.3 vuol fare i Saracin prima fuggire, 31.49.4 e liberar le parigine mura. 31.49.5 Ma consiglia l' assalto differire, 31.49.6 che vi par gran vantaggio, a notte scura, 31.49.7 ne la terza vigilia o ne la quarta, 31.49.8 ch' avrà l' acqua di Lete il Sonno sparta. 31.50.1 Tutta la gente alloggiar fece al bosco, 31.50.2 e quivi la posò per tutto 'l giorno; 31.50.3 ma poi che 'l sol, lasciando il mondo fosco, 31.50.4 alla nutrice antiqua fe' ritorno, 31.50.5 et orsi e capre e serpi senza tòsco 31.50.6 e l' altre fere ebbeno il cielo adorno, 31.50.7 che state erano ascose al maggior lampo, 31.50.8 mosse Rinaldo il taciturno campo: 31.51.1 e venne con Grifon, con Aquilante, 31.51.2 con Vivian, con Alardo e con Guidone, 31.51.3 con Sansonetto, agli altri un miglio inante, 31.51.4 a cheti passi e senza alcun sermone. 31.51.5 Trovò dormir l' ascolta d' Agramante: 31.51.6 tutta l' uccise, e non ne fe' un prigione. 31.51.7 Indi arrivò tra l' altra gente Mora, 31.51.8 che non fu visto né sentito ancora. 31.52.1 Del campo d' infedeli a prima giunta 31.52.2 la ritrovata guardia all' improviso 31.52.3 lasciò Rinaldo sì rotta e consunta, 31.52.4 ch' un sol non ne restò, se non ucciso. 31.52.5 Spezzata che lor fu la prima punta, 31.52.6 i Saracin non l' avean più da riso; 31.52.7 che sonnolenti, timidi et inermi, 31.52.8 poteano a tai guerrier far pochi schermi. 31.53.1 Fece Rinaldo per maggior spavento 31.53.2 dei Saracini, al mover de l' assalto, 31.53.3 a trombe e a corni dar subito vento, 31.53.4 e, gridando, il suo nome alzar in alto. 31.53.5 Spinse Baiardo, e quel non parve lento; 31.53.6 che dentro all' alte sbarre entrò d' un salto, 31.53.7 e versò cavallier, pestò pedoni, 31.53.8 et atterrò trabacche e padiglioni. 31.54.1 Non fu sì ardito tra il popul pagano, 31.54.2 a cui non s' arricciassero le chiome, 31.54.3 quando sentì" Rinaldo e Montalbano" 31.54.4 sonar per l' aria, il formidato nome. 31.54.5 Fugge col campo d' Africa l' ispano, 31.54.6 né perde tempo a caricar le some; 31.54.7 ch' aspettar quella furia più non vuole, 31.54.8 ch' aver provata anco si piagne e duole. 31.55.1 Guidon lo segue, e non fa men di lui; 31.55.2 né men fanno i duo figli d' Oliviero, 31.55.3 Alardo e Ricciardetto, e gli altri dui: 31.55.4 col brando Sansonetto apre il sentiero: 31.55.5 Aldigiero e Vivian provar altrui 31.55.6 fan quanto in arme l' uno e l' altro è fiero. 31.55.7 Così fa ognun che segue lo stendardo 31.55.8 di Chiaramonte, da guerrier gagliardo. 31.56.1 Settecento con lui tenea Rinaldo 31.56.2 in Montalbano e intorno a quelle ville, 31.56.3 usati a portar l' arme al freddo e al caldo, 31.56.4 non già più rei dei Mirmidon d' Achille. 31.56.5 Ciascun d' essi al bisogno era sì saldo, 31.56.6 che cento insieme non fuggian per mille; 31.56.7 e se ne potean molti sceglier fuori, 31.56.8 che d' alcun dei famosi eran migliori. 31.57.1 E se Rinaldo ben non era molto 31.57.2 ricco né di città né di tesoro, 31.57.3 facea sì con parole e con buon volto, 31.57.4 e ciò ch' avea partendo ognor con loro, 31.57.5 ch' un di quel numer mai non gli fu tolto 31.57.6 per offerire altrui più somma d' oro. 31.57.7 Questi da Montalban mai non rimuove, 31.57.8 se non lo stringe un gran bisogno altrove. 31.58.1 Et or, perch' abbia il Magno Carlo aiuto, 31.58.2 lasciò con poca guardia il suo castello. 31.58.3 Tra gli African questo drappel venuto, 31.58.4 questo drappel del cui valor favello, 31.58.5 ne fece quel che del gregge lanuto 31.58.6 sul falanteo Galeso il lupo fello, 31.58.7 o quel che soglia del barbato, appresso 31.58.8 il barbaro Cinifio, il leon spesso. 31.59.1 Carlo, ch' aviso da Rinaldo avuto 31.59.2 avea che presso era a Parigi giunto, 31.59.3 e che la notte il campo sproveduto 31.59.4 volea assalir, stato era in arme e in punto; 31.59.5 e quando bisognò, venne in aiuto 31.59.6 coi paladini; e ai paladini aggiunto 31.59.7 avea il figliol del ricco Monodante, 31.59.8 di Fiordiligi il fido e saggio amante, 31.60.1 ch' ella più giorni per sì lunga via 31.60.2 cercato avea per tutta Francia invano. 31.60.3 Quivi all' insegne che portar solia, 31.60.4 fu da lei conosciuto di lontano. 31.60.5 Come lei Brandimarte vide pria, 31.60.6 lasciò la guerra, e tornò tutto umano, 31.60.7 e corse ad abbracciarla; e d' amor pieno, 31.60.8 mille volte baciolla o poco meno. 31.61.1 De le lor donne e de le lor donzelle 31.61.2 si fidâr molto a quella antica etade. 31.61.3 Senz' altra scorta andar lasciano quelle 31.61.4 per piani e monti e per strane contrade; 31.61.5 et al ritorno l' han per buone e belle, 31.61.6 né mai tra lor suspizïone accade. 31.61.7 Fiordiligi narrò quivi al suo amante, 31.61.8 che fatto stolto era il signor d' Anglante. 31.62.1 Brandimarte sì strana e ria novella 31.62.2 creder ad altri a pena avria potuto; 31.62.3 ma lo credette a Fiordiligi bella, 31.62.4 a cui già maggior cose avea creduto. 31.62.5 Non pur d' averlo udito gli dice ella, 31.62.6 ma che con gli occhi proprii l' ha veduto 31.62.7 (c' ha conoscenza e pratica d' Orlando, 31.62.8 quanto alcun altro), e dice dove e quando. 31.63.1 E gli narra del ponte periglioso, 31.63.2 che Rodomonte ai cavallier difende, 31.63.3 ove un sepolcro adorna e fa pomposo 31.63.4 di sopraveste e d' arme di chi prende. 31.63.5 Narra c' ha visto Orlando furïoso 31.63.6 far cose quivi orribili e stupende; 31.63.7 che nel fiume il pagan mandò riverso, 31.63.8 con gran periglio di restar summerso. 31.64.1 Brandimarte, che 'l conte amava quanto 31.64.2 si può compagno amar, fratello o figlio, 31.64.3 disposto di cercarlo, e di far tanto, 31.64.4 non ricusando affanno né periglio, 31.64.5 che per opra di medico o d' incanto 31.64.6 si ponga a quel furor qualche consiglio, 31.64.7 così come trovossi armato in sella, 31.64.8 si mise in via con la sua donna bella. 31.65.1 Verso la parte ove la donna il conte 31.65.2 avea veduto, il lor camin drizzaro, 31.65.3 di giornata in giornata, fin ch' al ponte 31.65.4 che guarda il re d' Algier, si ritrovaro. 31.65.5 La guardia ne fe' segno a Rodomonte; 31.65.6 e gli scudieri a un tempo gli arrecaro 31.65.7 l' arme e il cavallo: e quel si trovò in punto, 31.65.8 quando fu Brandimarte al passo giunto. 31.66.1 Con voce qual conviene al suo furore 31.66.2 il Saracino a Brandimarte grida: 31.66.3 -- Qualunque tu ti sia, che, per errore 31.66.4 di via o di mente, qui tua sorte guida, 31.66.5 scendi e spogliati l' arme, e fanne onore 31.66.6 al gran sepolcro, inanzi ch' io t' uccida, 31.66.7 e che vittima all' ombre tu sia offerto: 31.66.8 ch' io 'l farò poi, né te n' avrò alcun merto. -- 31.67.1 Non vòlse Brandimarte a quell' altiero 31.67.2 altra risposta dar, che de la lancia. 31.67.3 Sprona Batoldo, il suo gentil destriero, 31.67.4 e inverso quel con tanto ardir si lancia, 31.67.5 che mostra che può star d' animo fiero 31.67.6 con qual si voglia al mondo alla bilancia: 31.67.7 e Rodomonte, con la lancia in resta, 31.67.8 lo stretto ponte a tutta briglia pesta. 31.68.1 Il suo destrier ch' avea continuo uso 31.68.2 d' andarvi sopra, e far di quel sovente 31.68.3 quando uno e quando un altro cader giuso, 31.68.4 alla giostra correa sicuramente; 31.68.5 l' altro, del corso insolito confuso, 31.68.6 venìa dubbioso, timido e tremente. 31.68.7 Trema anco il ponte, e par cader ne l' onda, 31.68.8 oltre che stretto e che sia senza sponda. 31.69.1 I cavallier, di giostra ambi maestri, 31.69.2 che le lance avean grosse come travi, 31.69.3 tali qual fur nei lor ceppi silvestri, 31.69.4 si dieron colpi non troppo soavi. 31.69.5 Ai lor cavalli esser possenti e destri 31.69.6 non giovò molto agli aspri colpi e gravi; 31.69.7 che si versâr di pari ambi sul ponte, 31.69.8 e seco i signor lor tutti in un monte. 31.70.1 Nel volersi levar con quella fretta 31.70.2 che lo spronar de' fianchi insta e richiede, 31.70.3 l' asse del ponticel lor fu sì stretta, 31.70.4 che non trovaro ove fermare il piede; 31.70.5 sì che una sorte uguale ambi li getta 31.70.6 ne l' acqua; e gran rimbombo al ciel ne riede, 31.70.7 simile a quel ch' uscì del nostro fiume, 31.70.8 quando ci cadde il mal rettor del lume. 31.71.1 I duo cavalli andâr con tutto 'l pondo 31.71.2 dei cavallier, che steron fermi in sella, 31.71.3 a cercar la rivera insin al fondo, 31.71.4 se v' era ascosa alcuna ninfa bella. 31.71.5 Non è già il primo salto né 'l secondo, 31.71.6 che giù del ponte abbia il pagano in quella 31.71.7 onda spiccato col destrero audace; 31.71.8 però sa ben come quel fondo giace: 31.72.1 sa dove è saldo e sa dove è più molle, 31.72.2 sa dove è l' acqua bassa e dove è l' alta. 31.72.3 Dal fiume il capo e il petto e i fianchi estolle, 31.72.4 e Brandimarte a gran vantaggio assalta. 31.72.5 Brandimarte il corrente in giro tolle: 31.72.6 ne la sabbia il destrier, che 'l fondo smalta, 31.72.7 tutto si ficca, e non può rïaversi, 31.72.8 con rischio di restarvi ambi sommersi. 31.73.1 L' onda si leva e li fa andar sozzopra, 31.73.2 e dove è più profonda li trasporta: 31.73.3 va Brandimarte sotto, e 'l destrier sopra. 31.73.4 Fiordiligi dal ponte afflitta e smorta 31.73.5 e le lacrime e i voti e i prieghi adopra: 31.73.6 -- Ah Rodomonte, per colei che morta 31.73.7 tu riverisci, non esser sì fiero, 31.73.8 ch' affogar lasci un tanto cavalliero! 31.74.1 Deh, cortese signor, s' unque tu amasti, 31.74.2 di me, ch' amo costui, pietà ti vegna. 31.74.3 Di farlo tuo prigion, per Dio, ti basti; 31.74.4 che, s' orni il sasso tuo di quella insegna, 31.74.5 di quante spoglie mai tu gli arrecasti, 31.74.6 questa fia la più bella e la più degna. -- 31.74.7 E seppe sì ben dir, ch' ancor che fosse 31.74.8 sì crudo il re pagan, pur lo commosse; 31.75.1 e fe' che 'l suo amator ratto soccorse, 31.75.2 che sotto acqua il destrier tenea sepolto, 31.75.3 e de la vita era venuto in forse, 31.75.4 e senza sete avea bevuto molto. 31.75.5 Ma aiuto non però prima gli porse, 31.75.6 che gli ebbe il brando e dipoi l' elmo tolto. 31.75.7 De l' acqua mezzo morto il trasse, e porre 31.75.8 con molti altri lo fe' ne la sua torre. 31.76.1 Fu ne la donna ogni allegrezza spenta, 31.76.2 quando prigion vide il suo amante gire; 31.76.3 ma di questo pur meglio si contenta, 31.76.4 che di vederlo nel fiume perire. 31.76.5 Di se stessa, e non d' altri, si lamenta, 31.76.6 che fu cagion di farlo ivi venire, 31.76.7 per averli narrato ch' avea il conte 31.76.8 riconosciuto al periglioso ponte. 31.77.1 Quindi si parte, avendo già concetto 31.77.2 di menarvi Rinaldo paladino, 31.77.3 o il Selvaggio Guidone, o Sansonetto, 31.77.4 o altri de la corte di Pipino, 31.77.5 in acqua e in terra cavallier perfetto 31.77.6 da poter contrastar col Saracino; 31.77.7 se non più forte, almen più fortunato 31.77.8 che Brandimarte suo non era stato. 31.78.1 Va molti giorni, prima che s' abbatta 31.78.2 in alcun cavallier ch' abbia sembiante 31.78.3 d' esser come lo vuol, perché combatta 31.78.4 col Saracino e liberi il suo amante. 31.78.5 Dopo molto cercar di persona atta 31.78.6 al suo bisogno, un le vien pur avante, 31.78.7 che sopravesta avea ricca et ornata, 31.78.8 a tronchi di cipressi ricamata. 31.79.1 Chi costui fosse, altrove ho da narrarvi; 31.79.2 che prima ritornar voglio a Parigi, 31.79.3 e de la gran sconfitta seguitarvi, 31.79.4 ch' a' Mori diè Rinaldo e Malagigi. 31.79.5 Quei che fuggiro io non saprei contarvi, 31.79.6 né quei che fur cacciati ai fiumi stigi. 31.79.7 Levò a Turpino il conto l' aria oscura, 31.79.8 che di contarli s' avea preso cura. 31.80.1 Nel primo sonno dentro al padiglione 31.80.2 dormia Agramante; e un cavallier lo desta, 31.80.3 dicendogli che fia fatto prigione, 31.80.4 se la fuga non è via più che presta. 31.80.5 Guarda il re intorno, e la confusïone 31.80.6 vede dei suoi, che van senza far testa 31.80.7 chi qua chi là fuggendo inermi e nudi, 31.80.8 che non han tempo di pur tor gli scudi. 31.81.1 Tutto confuso e privo di consiglio 31.81.2 si facea porre indosso la corazza, 31.81.3 quando con Falsiron vi giunse il figlio 31.81.4 Grandonio e Balugante e quella razza; 31.81.5 e al re Agramante mostrano il periglio 31.81.6 di restar morto o preso in quella piazza: 31.81.7 e che può dir, se salva la persona, 31.81.8 che Fortuna gli sia propizia e buona. 31.82.1 Così Marsilio e così il buon Sobrino, 31.82.2 e così dicon gli altri ad una voce, 31.82.3 ch' a sua distruzïon tanto è vicino, 31.82.4 quanto a Rinaldo il qual ne vien veloce; 31.82.5 che s' aspetta che giunga il paladino 31.82.6 con tanta gente, e un uom tanto feroce, 31.82.7 render certo si può ch' egli e i suo' amici 31.82.8 rimarran morti, o in man degli nimici. 31.83.1 Ma ridur si può in Arli o sia in Narbona 31.83.2 con quella poca gente c' ha d' intorno; 31.83.3 che l' una e l' altra terra è forte e buona 31.83.4 da mantener la guerra più d' un giorno: 31.83.5 e quando salva sia la sua persona, 31.83.6 si potrà vendicar di questo scorno, 31.83.7 rifacendo l' esercito in un tratto, 31.83.8 onde al fin Carlo ne sarà disfatto. 31.84.1 Il re Agramante al parer lor s' attenne, 31.84.2 ben che 'l partito fosse acerbo e duro. 31.84.3 Andò verso Arli, e parve aver le penne, 31.84.4 per quel camin che più trovò sicuro. 31.84.5 Oltre alle guide, in gran favor gli venne 31.84.6 che la partita fu per l' aer scuro. 31.84.7 Venti mila tra d' Africa e di Spagna 31.84.8 fur, ch' a Rinaldo uscîr fuor de la ragna. 31.85.1 Quei ch' egli uccise e quei che i suoi fratelli, 31.85.2 quei che i duo figli del signor di Vienna, 31.85.3 quei che provaro empi nimici e felli 31.85.4 i settecento a cui Rinaldo accenna, 31.85.5 e quei che spense Sansonetto, e quelli 31.85.6 che ne la fuga s' affogaro in Senna, 31.85.7 chi potesse contar, conteria ancora 31.85.8 ciò che sparge d' april Favonio e Flora. 31.86.1 Istima alcun che Malagigi parte 31.86.2 ne la vittoria avesse de la notte; 31.86.3 non che di sangue le campagne sparte 31.86.4 fosser per lui, né per lui teste rotte: 31.86.5 ma che gl' infernali angeli per arte 31.86.6 facesse uscir da le tartaree grotte, 31.86.7 e con tante bandiere e tante lance, 31.86.8 ch' insieme più non ne porrian due France; 31.87.1 e che facesse udir tanti metalli, 31.87.2 tanti tamburi e tanti varii suoni, 31.87.3 tanti anitriri in voce di cavalli, 31.87.4 tanti gridi e tumulti di pedoni, 31.87.5 che risonare e piani e monti e valli 31.87.6 dovean de le longinque regïoni: 31.87.7 et ai Mori con questo un timor diede, 31.87.8 che li fece voltare in fuga il piede. 31.88.1 Non si scordò il re d' Africa Ruggiero, 31.88.2 ch' era ferito e stava ancora grave. 31.88.3 Quanto poté più acconcio s' un destriero 31.88.4 lo fece por, ch' avea l' andar soave; 31.88.5 e poi che l' ebbe tratto ove il sentiero 31.88.6 fu più sicuro, il fe' posar in nave, 31.88.7 e verso Arli portar commodamente, 31.88.8 dove s' avea a raccor tutta la gente. 31.89.1 Quei ch' a Rinaldo e a Carlo dier le spalle 31.89.2 (fur, credo, cento mila o poco manco), 31.89.3 per campagne, per boschi e monte e valle 31.89.4 cercaro uscir di man del popul franco; 31.89.5 ma la più parte trovò chiuso il calle, 31.89.6 e fece rosso ov' era verde e bianco. 31.89.7 Così non fece il re di Sericana, 31.89.8 ch' avea da lor la tenda più lontana: 31.90.1 anzi, come egli sente che 'l signore 31.90.2 di Montalbano è questo che gli assalta, 31.90.3 gioisce di tal iubilo nel core, 31.90.4 che qua e là per allegrezza salta. 31.90.5 Loda e ringrazia il suo sommo Fattore, 31.90.6 che quella notte gli occorra tant' alta 31.90.7 e sì rara aventura d' acquistare 31.90.8 Baiardo, quel destrier che non ha pare. 31.91.1 Avea quel re gran tempo desïato 31.91.2 (credo ch' altrove voi l' abbiate letto) 31.91.3 d' aver la buona Durindana a lato, 31.91.4 e cavalcar quel corridor perfetto. 31.91.5 E già con più di cento mila armato 31.91.6 era venuto in Francia a questo effetto; 31.91.7 e con Rinaldo già sfidato s' era 31.91.8 per quel cavallo alla battaglia fiera; 31.92.1 e sul lito del mar s' era condutto 31.92.2 ove dovea la pugna diffinire: 31.92.3 ma Malagigi a turbar venne il tutto, 31.92.4 che fe' il cugin, mal grado suo, partire, 31.92.5 avendol sopra un legno in mar ridutto. 31.92.6 Lungo saria tutta l' istoria dire. 31.92.7 Da indi in qua stimò timido e vile 31.92.8 sempre Gradasso il paladin gentile. 31.93.1 Or che Gradasso esser Rinaldo intende 31.93.2 costui ch' assale il campo, se n' allegra. 31.93.3 Si veste l' arme, e la sua alfana prende, 31.93.4 e cercando lo va per l' aria negra: 31.93.5 e quanti ne riscontra, a terra stende; 31.93.6 et in confuso lascia afflitta et egra 31.93.7 la gente, o sia di Libia o sia di Francia: 31.93.8 tutti li mena a un par la buona lancia. 31.94.1 Lo va di qua di là tanto cercando, 31.94.2 chiamando spesso e quanto può più forte, 31.94.3 e sempre a quella parte declinando, 31.94.4 ove più folte son le genti morte, 31.94.5 ch' al fin s' incontra in lui brando per brando, 31.94.6 poi che le lancie loro ad una sorte 31.94.7 eran salite in mille scheggie rotte 31.94.8 sin al carro stellato de la Notte. 31.95.1 Quando Gradasso il paladin gagliardo 31.95.2 conosce, e non perché ne vegga insegna, 31.95.3 ma per gli orrendi colpi e per Baiardo, 31.95.4 che par che sol tutto quel campo tegna; 31.95.5 non è, gridando, a improverargli tardo 31.95.6 la prova che di sé fece non degna: 31.95.7 ch' al dato campo il giorno non comparse, 31.95.8 che tra lor la battaglia dovea farse. 31.96.1 Suggiunse poi: -- Tu forse avevi speme, 31.96.2 se potevi nasconderti quel punto, 31.96.3 che non mai più per raccozzarci insieme 31.96.4 fossimo al mondo: or vedi ch' io t' ho giunto. 31.96.5 Sie certo, se tu andassi ne l' estreme 31.96.6 fosse di Stigie, o fossi in cielo assunto, 31.96.7 ti seguirò, quando abbi il destrier teco, 31.96.8 ne l' alta luce e giù nel mondo cieco. 31.97.1 Se d' aver meco a far non ti dà il core, 31.97.2 e vedi già che non puoi starmi a paro, 31.97.3 e più stimi la vita che l' onore, 31.97.4 senza periglio ci puoi far riparo, 31.97.5 quando mi lasci in pace il corridore; 31.97.6 e viver puoi, se sì t' è il viver caro: 31.97.7 ma vivi a piè, che non merti cavallo, 31.97.8 s' alla cavalleria fai sì gran fallo. -- 31.98.1 A quel parlar si ritrovò presente 31.98.2 con Ricciardetto il cavallier Selvaggio; 31.98.3 e le spade ambi trassero ugualmente, 31.98.4 per far parere il Serican mal saggio. 31.98.5 Ma Rinaldo s' oppose immantinente, 31.98.6 e non patì che se gli fêsse oltraggio, 31.98.7 dicendo: -- Senza voi dunque non sono 31.98.8 a chi m' oltraggia per risponder buono? -- 31.99.1 Poi se ne ritornò verso il pagano, 31.99.2 e disse: -- Odi, Gradasso; io voglio farte, 31.99.3 se tu m' ascolti, manifesto e piano 31.99.4 ch' io venni alla marina a ritrovarte: 31.99.5 e poi ti sosterrò con l' arme in mano, 31.99.6 che t' avrò detto il vero in ogni parte; 31.99.7 e sempre che tu dica mentirai, 31.99.8 ch' alla cavalleria mancass' io mai. 31.100.1 Ma ben ti priego che prima che sia 31.100.2 pugna tra noi, che pianamente intenda 31.100.3 la giustissima e vera scusa mia, 31.100.4 acciò ch' a torto più non mi riprenda; 31.100.5 e poi Baiardo al termine di pria 31.100.6 tra noi vorrò ch' a piedi si contenda 31.100.7 da solo a solo in solitario lato, 31.100.8 sì come a punto fu da te ordinato. -- 31.101.1 Era cortese il re di Sericana, 31.101.2 come ogni cor magnanimo esser suole; 31.101.3 et è contento udir la cosa piana, 31.101.4 e come il paladin scusar si vuole. 31.101.5 Con lui ne viene in ripa alla fiumana, 31.101.6 ove Rinaldo in semplici parole 31.101.7 alla sua vera istoria trasse il velo, 31.101.8 e chiamò in testimonio tutto 'l cielo: 31.102.1 e poi chiamar fece il figliuol di Buovo, 31.102.2 l' uom che di questo era informato a pieno, 31.102.3 ch' a parte a parte replicò di nuovo 31.102.4 l' incanto suo, né disse più né meno. 31.102.5 Soggiunse poi Rinaldo: -- Ciò ch' io provo 31.102.6 col testimonio, io vo' che l' arme sieno, 31.102.7 che ora e in ogni tempo che ti piace, 31.102.8 te n' abbiano a far prova più verace. -- 31.103.1 Il re Gradasso, che lasciar non volle 31.103.2 per la seconda la querela prima, 31.103.3 le scuse di Rinaldo in pace tolle, 31.103.4 ma se son vere o false in dubbio stima. 31.103.5 Non tolgon campo più sul lito molle 31.103.6 di Barcelona, ove lo tolser prima; 31.103.7 ma s' accordaro per l' altra matina 31.103.8 trovarsi a una fontana indi vicina: 31.104.1 ove Rinaldo seco abbia il cavallo, 31.104.2 che posto sia communemente in mezzo: 31.104.3 se 'l re uccide Rinaldo o il fa vassallo, 31.104.4 se ne pigli il destrier senz' altro mezzo; 31.104.5 ma se Gradasso è quel che faccia fallo, 31.104.6 che sia condotto all' ultimo ribrezzo, 31.104.7 o, per più non poter, che gli si renda, 31.104.8 da lui Rinaldo Durindana prenda. 31.105.1 Con maraviglia molta e più dolore 31.105.2 (come v' ho detto) avea Rinaldo udito 31.105.3 da Fiordiligi bella, ch' era fuore 31.105.4 de l' intelletto il suo cugino uscito. 31.105.5 Avea de l' arme inteso anco il tenore, 31.105.6 e del litigio che n' era seguito; 31.105.7 e ch' in somma Gradasso avea quel brando 31.105.8 ch' ornò di mille e mille palme Orlando. 31.106.1 Poi che furon d' accordo, ritornosse 31.106.2 il re Gradasso ai servitori sui; 31.106.3 ben che dal paladin pregato fosse 31.106.4 che ne venisse ad alloggiar con lui. 31.106.5 Come fu giorno, il re pagano armosse; 31.106.6 così Rinaldo: e giunsero ambedui 31.106.7 ove dovea non lungi alla fontana 31.106.8 combattersi Baiardo e Durindana. 31.107.1 De la battaglia che Rinaldo avere 31.107.2 con Gradasso dovea da solo a solo, 31.107.3 parean gli amici suoi tutti temere, 31.107.4 e inanzi il caso ne faceano il duolo. 31.107.5 Molto ardir, molta forza, alto sapere 31.107.6 avea Gradasso; et or che del figliuolo 31.107.7 del gran Milone avea la spada al fianco, 31.107.8 di timor per Rinaldo era ognun bianco. 31.108.1 E più degli altri il frate di Viviano 31.108.2 stava di questa pugna in dubbio e in tema, 31.108.3 et anco volentier vi porria mano 31.108.4 per farla rimaner d' effetto scema: 31.108.5 ma non vorria che quel da Montalbano 31.108.6 seco venisse a inimicizia estrema; 31.108.7 ch' anco avea di quell' altra seco sdegno, 31.108.8 che gli turbò, quando il levò sul legno. 31.109.1 Ma stiano gli altri in dubbio, in tema, in doglia: 31.109.2 Rinaldo se ne va lieto e sicuro, 31.109.3 sperando ch' ora il biasmo se gli toglia, 31.109.4 ch' avere a torto gli parea pur duro; 31.109.5 sì che quei da Pontieri e d' Altafoglia 31.109.6 faccia cheti restar, come mai furo. 31.109.7 Va con baldanza e sicurtà di core 31.109.8 di riportarne il trionfale onore. 31.110.1 Poi che l' un quinci e l' altro quindi giunto 31.110.2 fu quasi a un tempo in su la chiara fonte, 31.110.3 s' accarezzaro, e fêro a punto a punto 31.110.4 così serena et amichevol fronte, 31.110.5 come di sangue e d' amistà congiunto 31.110.6 fosse Gradasso a quel di Chiaramonte. 31.110.7 Ma come poi s' andassero a ferire, 31.110.8 vi voglio a un' altra volta differire.
CANTO XXXII
32.1.1 Soviemmi che cantare io vi dovea 32.1.2 (già lo promisi, e poi m' uscì di mente) 32.1.3 d' una sospizïon che fatto avea 32.1.4 la bella donna di Ruggier dolente, 32.1.5 de l' altra più spiacevole e più rea, 32.1.6 e di più acuto e venenoso dente, 32.1.7 che, per quel ch' ella udì da Ricciardetto, 32.1.8 a devorare il cor l' entrò nel petto. 32.2.1 Dovea cantarne, et altro incominciai, 32.2.2 perché Rinaldo in mezzo sopravenne; 32.2.3 e poi Guidon mi diè che fare assai, 32.2.4 che tra camino a bada un pezzo il tenne. 32.2.5 D' una cosa in un' altra in modo entrai, 32.2.6 che mal di Bradamante mi sovenne: 32.2.7 sovienmene ora, e vo' narrarne inanti 32.2.8 che di Rinaldo e di Gradasso io canti. 32.3.1 Ma bisogna anco, prima ch' io ne parli, 32.3.2 che d' Agramante io vi ragioni un poco, 32.3.3 ch' avea ridutte le reliquie in Arli, 32.3.4 che gli restâr del gran notturno fuoco, 32.3.5 quando a raccor lo sparso campo e a darli 32.3.6 soccorso e vettovaglie era atto il loco: 32.3.7 l' Africa incontra, e la Spagna ha vicina, 32.3.8 et è in sul fiume assiso alla marina. 32.4.1 Per tutto 'l regno fa scriver Marsilio 32.4.2 gente a piedi e a cavallo, e trista e buona. 32.4.3 Per forza e per amore ogni navilio 32.4.4 atto a battaglia s' arma in Barcelona. 32.4.5 Agramante ogni dì chiama a concilio; 32.4.6 né a spesa né a fatica si perdona. 32.4.7 Intanto gravi esazïoni e spesse 32.4.8 tutte hanno le città d' Africa oppresse. 32.5.1 Egli ha fatto offerire a Rodomonte, 32.5.2 perché ritorni (et impetrar nol puote), 32.5.3 una cugina sua, figlia d' Almonte, 32.5.4 e 'l bel regno d' Oran dargli per dote. 32.5.5 Non si vòlse l' altier muover dal ponte, 32.5.6 ove tant' arme e tante selle vòte 32.5.7 di quei che son già capitati al passo 32.5.8 ha ragunate, che ne cuopre il sasso. 32.6.1 Già non vòlse Marfisa imitar l' atto 32.6.2 di Rodomonte: anzi com' ella intese 32.6.3 ch' Agramante da Carlo era disfatto, 32.6.4 sue genti morte, saccheggiate e prese, 32.6.5 e che con pochi in Arli era ritratto, 32.6.6 senza aspettare invito, il camin prese: 32.6.7 venne in aiuto de la sua corona, 32.6.8 e l' aver gli proferse e la persona. 32.7.1 E gli menò Brunello, e gli ne fece 32.7.2 libero dono, il qual non avea offeso: 32.7.3 l' avea tenuto dieci giorni e diece 32.7.4 notti sempre in timor d' essere appeso; 32.7.5 e poi che né con forza né con prece 32.7.6 da nessun vide il patrocinio preso, 32.7.7 in sì sprezzato sangue non si vòlse 32.7.8 bruttar l' altiere mani, e lo disciolse. 32.8.1 Tutte l' antique ingiurie gli remesse, 32.8.2 e seco in Arli ad Agramante il trasse. 32.8.3 Ben dovete pensar che gaudio avesse 32.8.4 il re di lei ch' ad aiutarlo andasse: 32.8.5 e del gran conto ch' egli ne facesse, 32.8.6 vòlse che Brunel prova le mostrasse; 32.8.7 che quel di ch' ella gli avea fatto cenno, 32.8.8 di volerlo impiccar, fe' da buon senno. 32.9.1 Il manigoldo, in loco inculto et ermo, 32.9.2 pasto di corvi e d' avoltoi lasciollo. 32.9.3 Ruggier ch' un' altra volta gli fu schermo, 32.9.4 e che 'l laccio gli avria tolto dal collo, 32.9.5 la giustizia di Dio fa ch' ora infermo 32.9.6 s' è ritrovato, et aiutar non puollo: 32.9.7 e quando il seppe, era già il fatto occorso; 32.9.8 sì che restò Brunel senza soccorso. 32.10.1 Intanto Bradamante iva accusando 32.10.2 che così lunghi sian quei venti giorni, 32.10.3 li quai finiti, il termine era, quando 32.10.4 a lei Ruggiero et alla fede torni. 32.10.5 A chi aspetta di carcere o di bando 32.10.6 uscir, non par che 'l tempo più soggiorni 32.10.7 a dargli libertade, o de l' amata 32.10.8 patria vista gioconda e disïata. 32.11.1 In quel duro aspettare ella talvolta 32.11.2 pensa ch' Eto e Piròo sia fatto zoppo; 32.11.3 o sia la ruota guasta, ch' a dar volta 32.11.4 le par che tardi, oltr' all' usato, troppo. 32.11.5 Più lungo di quel giorno a cui, per molta 32.11.6 fede, nel cielo il giusto Ebreo fe' intoppo, 32.11.7 più de la notte ch' Ercole produsse, 32.11.8 parea lei ch' ogni notte, ogni dì fusse. 32.12.1 Oh quante volte da invidiar le diero 32.12.2 e gli orsi e i ghiri e i sonnacchiosi tassi! 32.12.3 che quel tempo voluto avrebbe intero 32.12.4 tutto dormir, che mai non si destassi; 32.12.5 né potere altro udir, fin che Ruggiero 32.12.6 dal pigro sonno lei non richiamassi. 32.12.7 Ma non pur questo non può far, ma ancora 32.12.8 non può dormir di tutta notte un' ora. 32.13.1 Di qua di là va le noiose piume 32.13.2 tutte premendo, e mai non si riposa. 32.13.3 Spesso aprir la finestra ha per costume, 32.13.4 per veder s' anco di Titon la sposa 32.13.5 sparge dinanzi al matutino lume 32.13.6 il bianco giglio e la vermiglia rosa: 32.13.7 non meno ancor, poi che nasciuto è 'l giorno, 32.13.8 brama vedere il ciel di stelle adorno. 32.14.1 Poi che fu quattro o cinque giorni appresso 32.14.2 il termine a finir, piena di spene 32.14.3 stava aspettando d' ora in ora il messo 32.14.4 che le apportasse: -- Ecco Ruggier che viene. -- 32.14.5 Montava sopra un' alta torre spesso, 32.14.6 ch' i folti boschi e le campagne amene 32.14.7 scopria d' intorno, e parte de la via 32.14.8 onde di Francia a Montalban si gìa. 32.15.1 Se di lontano o splendor d' arme vede, 32.15.2 o cosa tal ch' a cavallier simiglia, 32.15.3 che sia il suo disïato Ruggier crede, 32.15.4 e rasserena i begli occhi e le ciglia; 32.15.5 se disarmato o vïandante a piede, 32.15.6 che sia messo di lui speranza piglia: 32.15.7 e se ben poi fallace la ritrova, 32.15.8 pigliar non cessa una et un' altra nuova. 32.16.1 Credendolo incontrar, talora armossi, 32.16.2 scese dal monte e giù calò nel piano; 32.16.3 né lo trovando, si sperò che fossi 32.16.4 per altra strada giunto a Montalbano: 32.16.5 e col disir con ch' avea i piedi mossi 32.16.6 fuor del castel, ritornò dentro invano. 32.16.7 Né qua né là trovollo; e passò intanto 32.16.8 il termine aspettato da lei tanto. 32.17.1 Il termine passò d' uno, di dui, 32.17.2 di tre giorni, di sei, d' otto e di venti; 32.17.3 né vedendo il suo sposo, né di lui 32.17.4 sentendo nuova, incominciò lamenti 32.17.5 ch' avrian mosso a pietà nei regni bui 32.17.6 quelle Furie crinite di serpenti; 32.17.7 e fece oltraggio a' begli occhi divini, 32.17.8 al bianco petto, all' aurei crespi crini. 32.18.1 -- Dunque fia ver (dicea) che mi convegna 32.18.2 cercare un che mi fugge e mi s' asconde? 32.18.3 Dunque debbo prezzare un che mi sdegna? 32.18.4 Debbo pregar chi mai non mi risponde? 32.18.5 Patirò che chi m' odia, il cor mi tegna? 32.18.6 un che sì stima sue virtù profonde, 32.18.7 che bisogno sarà che dal ciel scenda 32.18.8 immortal dea che 'l cor d' amor gli accenda? 32.19.1 Sa questo altier ch' io l' amo e ch' io l' adoro, 32.19.2 né mi vuol per amante né per serva. 32.19.3 Il crudel sa che per lui spasmo e moro, 32.19.4 e dopo morte a darmi aiuto serva. 32.19.5 E perché io non gli narri il mio martoro 32.19.6 atto a piegar la sua voglia proterva, 32.19.7 da me s' asconde, come aspide suole, 32.19.8 che, per star empio, il canto udir non vuole. 32.20.1 Deh ferma, Amor, costui che così sciolto 32.20.2 dinanzi al lento mio correr s' affretta; 32.20.3 o tornami nel grado onde m' hai tolto 32.20.4 quando né a te né ad altri era suggetta! 32.20.5 Deh, come è il mio sperar fallace e stolto, 32.20.6 ch' in te con prieghi mai pietà si metta; 32.20.7 che ti diletti, anzi ti pasci e vivi 32.20.8 di trar dagli occhi lacrimosi rivi! 32.21.1 Ma di che debbo lamentarmi, ahi lassa, 32.21.2 fuor che del mio desire irrazionale? 32.21.3 ch' alto mi leva, e sì ne l' aria passa, 32.21.4 ch' arriva in parte ove s' abbrucia l' ale; 32.21.5 poi non potendo sostener, mi lassa 32.21.6 dal ciel cader: né qui finisce il male; 32.21.7 che le rimette, e di nuovo arde: ond' io 32.21.8 non ho mai fine al precipizio mio. 32.22.1 Anzi via più che del disir, mi deggio 32.22.2 di me doler, che sì gli apersi il seno; 32.22.3 onde cacciata ha la ragion di seggio, 32.22.4 et ogni mio poter può di lui meno. 32.22.5 Quel mi trasporta ognior di male in peggio, 32.22.6 né lo posso frenar, che non ha freno: 32.22.7 e mi fa certa che mi mena a morte, 32.22.8 perch' aspettando il mal noccia più forte. 32.23.1 Deh perché voglio anco di me dolermi? 32.23.2 ch' error, se non d' amarti, unqua commessi? 32.23.3 Che maraviglia, se fragili e infermi 32.23.4 feminil sensi fur subito oppressi? 32.23.5 Perché dovev' io usar ripari e schermi 32.23.6 che la somma beltà non mi piacessi, 32.23.7 gli alti sembianti e le saggie parole? 32.23.8 Misero è ben chi veder schiva il sole! 32.24.1 Et oltre al mio destino, io ci fui spinta 32.24.2 da le parole altrui degne di fede: 32.24.3 somma felicità mi fu dipinta, 32.24.4 ch' esser dovea di questo amor mercede. 32.24.5 Se la persuasione, ohimè! fu finta, 32.24.6 se fu inganno il consiglio che mi diede 32.24.7 Merlin, posso di lui ben lamentarmi, 32.24.8 ma non d' amar Ruggier posso ritrarmi. 32.25.1 Di Merlin posso e di Melissa insieme 32.25.2 dolermi, e mi dorrò d' essi in eterno, 32.25.3 che dimostrare i frutti del mio seme 32.25.4 mi fêro dagli spirti de lo 'nferno, 32.25.5 per pormi sol con questa falsa speme 32.25.6 in servitù; né la cagion discerno, 32.25.7 se non ch' erano forse invidïosi 32.25.8 dei miei dolci, sicuri, almi riposi. -- 32.26.1 Sì l' occupa il dolor, che non avanza 32.26.2 loco ove in lei conforto abbia ricetto; 32.26.3 ma, mal grado di quel, vien la speranza 32.26.4 e vi vuole alloggiare in mezzo il petto, 32.26.5 rifrescandole pur la rimembranza 32.26.6 di quel ch' al suo partir l' ha Ruggier detto: 32.26.7 e vuol, contra il parer degli altri affetti, 32.26.8 che d' ora in ora il suo ritorno aspetti. 32.27.1 Questa speranza dunque la sostenne, 32.27.2 finito i venti giorni, un mese appresso; 32.27.3 sì che il dolor sì forte non le tenne, 32.27.4 come tenuto avria, l' animo oppresso. 32.27.5 Un dì che per la strada se ne venne, 32.27.6 che per trovar Ruggier solea far spesso, 32.27.7 novella udì la misera, ch' insieme 32.27.8 fe' dietro all' altro ben fuggir la speme. 32.28.1 Venne a incontrare un cavallier guascone 32.28.2 che dal campo african venìa diritto, 32.28.3 ove era stato da quel dì prigione, 32.28.4 che fu inanzi a Parigi il gran conflitto. 32.28.5 Da lei fu molto posto per ragione, 32.28.6 fin che si venne al termine prescritto. 32.28.7 Domandò di Ruggiero, e in lui fermosse; 32.28.8 né fuor di questo segno più si mosse. 32.29.1 Il cavallier buon conto ne rendette, 32.29.2 che ben conoscea tutta quella corte: 32.29.3 e narrò di Ruggier, che contrastette 32.29.4 da solo a solo a Mandricardo forte; 32.29.5 e come egli l' uccise, e poi ne stette 32.29.6 ferito più d' un mese presso a morte: 32.29.7 e s' era la sua istoria qui conclusa, 32.29.8 fatto avria di Ruggier la vera escusa. 32.30.1 Ma come poi soggiunse, una donzella 32.30.2 esser nel campo, nomata Marfisa, 32.30.3 che men non era che gagliarda, bella, 32.30.4 né meno esperta d' arme in ogni guisa; 32.30.5 che lei Ruggiero amava e Ruggiero ella, 32.30.6 ch' egli da lei, ch' ella da lui divisa 32.30.7 si vedea raro, e ch' ivi ognuno crede 32.30.8 che s' abbiano tra lor data la fede; 32.31.1 e che come Ruggier si faccia sano, 32.31.2 il matrimonio publicar si deve; 32.31.3 e ch' ogni re, ogni principe pagano 32.31.4 gran piacere e letizia ne riceve, 32.31.5 che de l' uno e de l' altro sopraumano 32.31.6 conoscendo il valor, sperano in breve 32.31.7 far una razza d' uomini da guerra 32.31.8 la più gagliarda che mai fosse in terra; 32.32.1 (credea il Guascon quel che dicea, non senza 32.32.2 cagion; che ne l' esercito de' Mori 32.32.3 openïone e universal credenza, 32.32.4 e publico parlar n' era di fuori. 32.32.5 I molti segni di benivolenza 32.32.6 stati tra lor facean questi romori; 32.32.7 che tosto o buona o ria che la fama esce 32.32.8 fuor d' una bocca, in infinito cresce. 32.33.1 L' esser venuta a' Mori ella in aita 32.33.2 con lui, né senza lui comparir mai, 32.33.3 avea questa credenza stabilita; 32.33.4 ma poi l' avea accresciuta pur assai, 32.33.5 ch' essendosi del campo già partita 32.33.6 portandone Brunel, come io contai, 32.33.7 senza esservi d' alcuno richiamata, 32.33.8 sol per veder Ruggier v' era tornata. 32.34.1 Sol per lui visitar, che gravemente 32.34.2 languia ferito, in campo venuta era, 32.34.3 non una sola volta, ma sovente; 32.34.4 vi stava il giorno e si partia la sera: 32.34.5 e molto più da dir dava alla gente, 32.34.6 ch' essendo conosciuta così altiera, 32.34.7 che tutto 'l mondo a sé le parea vile, 32.34.8 solo a Ruggier fosse benigna e umìle); 32.35.1 come il Guascon questo affermò per vero, 32.35.2 fu Bradamante da cotanta pena, 32.35.3 da cordoglio assalita così fiero, 32.35.4 che di quivi cader si tenne a pena. 32.35.5 Voltò, senza far motto, il suo destriero, 32.35.6 di gelosia, d' ira e di rabbia piena; 32.35.7 e da sé discacciata ogni speranza, 32.35.8 ritornò furibonda alla sua stanza. 32.36.1 E senza disarmarsi, sopra il letto, 32.36.2 col viso volta in giù, tutta si stese, 32.36.3 ove per non gridar, sì che sospetto 32.36.4 di sé facesse, i panni in bocca prese; 32.36.5 e ripetendo quel che l' avea detto 32.36.6 il cavalliero, in tal dolor discese, 32.36.7 che più non lo potendo sofferire, 32.36.8 fu forza a disfogarlo, e così a dire: 32.37.1 -- Misera! a chi mai più creder debb' io? 32.37.2 Vo' dir ch' ognuno è perfido e crudele, 32.37.3 se perfido e crudel sei, Ruggier mio, 32.37.4 che sì pietoso tenni e sì fedele. 32.37.5 Qual crudeltà, qual tradimento rio 32.37.6 unqua s' udì per tragiche querele, 32.37.7 che non trovi minor, se pensar mai 32.37.8 al mio merto e al tuo debito vorai? 32.38.1 Perché, Ruggier, come di te non vive 32.38.2 cavallier di più ardir, di più bellezza, 32.38.3 né che a gran pezzo al tuo valore arrive, 32.38.4 né a' tuoi costumi, né a tua gentilezza; 32.38.5 perché non fai che fra tue illustri e dive 32.38.6 virtù, si dica ancor ch' abbi fermezza? 32.38.7 si dica ch' abbi invïolabil fede? 32.38.8 a chi ogn' altra virtù s' inchina e cede. 32.39.1 Non sai che non compar, se non v' è quella, 32.39.2 alcun valore, alcun nobil costume? 32.39.3 come né cosa (e sia quanto vuol bella) 32.39.4 si può vedere ove non splenda lume. 32.39.5 Facil ti fu ingannare una donzella 32.39.6 di cui tu signore eri, idolo e nume, 32.39.7 a cui potevi far con tue parole 32.39.8 creder che fosse oscuro e freddo il sole. 32.40.1 Crudel, di che peccato a doler t' hai, 32.40.2 se d' uccider chi t' ama non ti penti? 32.40.3 Se 'l mancar di tua fé sì leggier fai, 32.40.4 di ch' altro peso il cor gravar ti senti? 32.40.5 Come tratti il nimico, se tu dai 32.40.6 a me, che t' amo sì, questi tormenti? 32.40.7 Ben dirò che giustizia in ciel non sia, 32.40.8 s' a veder tardo la vendetta mia. 32.41.1 Se d' ogn' altro peccato assai più quello 32.41.2 de l' empia ingratitudine l' uom grava, 32.41.3 e per questo dal ciel l' angel più bello 32.41.4 fu relegato in parte oscura e cava; 32.41.5 e se gran fallo aspetta gran flagello 32.41.6 quando debita emenda il cor non lava; 32.41.7 guarda ch' aspro flagello in te non scenda, 32.41.8 che mi se' ingrato e non vuoi farne emenda. 32.42.1 Di furto ancora, oltre ogni vizio rio, 32.42.2 di te, crudele, ho da dolermi molto. 32.42.3 Che tu mi tenga il cor, non ti dico io; 32.42.4 di questo io vo' che tu ne vada assolto: 32.42.5 dico di te, che t' eri fatto mio, 32.42.6 e poi contra ragion mi ti sei tolto. 32.42.7 Renditi, iniquo, a me; che tu sai bene 32.42.8 che non si può salvar chi l' altrui tiene. 32.43.1 Tu m' hai, Ruggier, lasciata: io te non voglio, 32.43.2 né lasciarti volendo, anco potrei; 32.43.3 ma per uscir d' affanno e di cordoglio, 32.43.4 posso e voglio finire i giorni miei. 32.43.5 Di non morirti in grazia sol mi doglio; 32.43.6 che se concesso m' avessero i dèi 32.43.7 ch' io fossi morta quando t' era grata, 32.43.8 morte non fu giamai tanto beata. -- 32.44.1 Così dicendo, di morir disposta, 32.44.2 salta del letto, e di rabbia infiammata 32.44.3 si pon la spada alla sinistra costa; 32.44.4 ma si ravvede poi che tutta è armata. 32.44.5 Il miglior spirto in questo le s' accosta, 32.44.6 e nel cor le ragiona: -- O donna nata 32.44.7 di tant' alto lignaggio, adunque vuoi 32.44.8 finir con sì gran biasmo i giorni tuoi? 32.45.1 Non è meglio ch' al campo tu ne vada, 32.45.2 ove morir si può con laude ognora? 32.45.3 Quivi, s' avvien ch' inanzi a Ruggier cada, 32.45.4 del morir tuo si dorrà forse ancora: 32.45.5 ma s' a morir t' avvien per la sua spada, 32.45.6 chi sarà mai che più contenta muora? 32.45.7 Ragione è ben che di vita ti privi, 32.45.8 poi ch' è cagion ch' in tanta pena vivi. 32.46.1 Verrà forse anco che prima che muori 32.46.2 farai vendetta di quella Marfisa 32.46.3 che t' ha con fraudi e disonesti amori, 32.46.4 da te Ruggiero alïenando, uccisa. -- 32.46.5 Questi pensieri parveno migliori 32.46.6 alla donzella; e tosto una divisa 32.46.7 si fe' su l' arme, che volea inferire 32.46.8 disperazione e voglia di morire. 32.47.1 Era la sopraveste del colore 32.47.2 in che riman la foglia che s' imbianca 32.47.3 quando del ramo è tolta, o che l' umore 32.47.4 che facea vivo l' arbore le manca. 32.47.5 Ricamata a tronconi era, di fuore, 32.47.6 di cipresso che mai non si rinfranca, 32.47.7 poi c' ha sentita la dura bipenne: 32.47.8 l' abito al suo dolor molto convenne. 32.48.1 Tolse il destrier ch' Astolfo aver solea, 32.48.2 e quella lancia d' or, che, sol toccando, 32.48.3 cader di sella i cavallier facea. 32.48.4 Perché la le diè Astolfo, e dove e quando, 32.48.5 e da chi prima avuta egli l' avea, 32.48.6 non credo che bisogni ir replicando. 32.48.7 Ella la tolse, non però sapendo 32.48.8 che fosse del valor ch' era, stupendo. 32.49.1 Senza scudiero e senza compagnia 32.49.2 scese dal monte, e si pose in camino 32.49.3 verso Parigi alla più dritta via, 32.49.4 ove era dianzi il campo saracino; 32.49.5 che la novella ancora non s' udia, 32.49.6 che l' avesse Rinaldo paladino, 32.49.7 aiutandolo Carlo e Malagigi, 32.49.8 fatto tor da l' assedio di Parigi. 32.50.1 Lasciati avea i Cadurci e la cittade 32.50.2 di Caorse alle spalle, e tutto 'l monte 32.50.3 ove nasce Dordona, e le contrade 32.50.4 scopria di Monferrante e di Clarmonte, 32.50.5 quando venir per le medesme strade 32.50.6 vide una donna di benigna fronte, 32.50.7 ch' uno scudo all' arcione avea attaccato; 32.50.8 e le venian tre cavallieri a lato. 32.51.1 Altre donne e scudier venivano anco, 32.51.2 qual dietro e qual dinanzi, in lunga schiera. 32.51.3 Domandò ad un che le passò da fianco, 32.51.4 la figliola d' Amon, chi la donna era; 32.51.5 e quel le disse: -- Al re del popul franco 32.51.6 questa donna, mandata messaggiera 32.51.7 fin di là dal polo artico, è venuta 32.51.8 per lungo mar da l' Isola Perduta. 32.52.1 Altri Perduta, altri ha nomata Islanda 32.52.2 l' isola, donde la regina d' essa, 32.52.3 di beltà sopra ogni beltà miranda, 32.52.4 dal ciel non mai, se non a lei, concessa, 32.52.5 lo scudo che vedete, a Carlo manda; 32.52.6 ma ben con patto e condizione espressa, 32.52.7 ch' al miglior cavallier lo dia, secondo 32.52.8 il suo parer, ch' oggi si trovi al mondo. 32.53.1 Ella, come si stima, e come in vero 32.53.2 è la più bella donna che mai fosse, 32.53.3 così vorria trovare un cavalliero 32.53.4 che sopra ogn' altro avesse ardire e posse: 32.53.5 perché fondato e fisso è il suo pensiero, 32.53.6 da non cader per cento mila scosse, 32.53.7 che sol chi terrà in arme il primo onore, 32.53.8 abbia d' esser suo amante e suo signore. 32.54.1 Spera ch' in Francia, alla famosa corte 32.54.2 di Carlo Magno, il cavallier si trove, 32.54.3 che d' esser più d' ogn' altro ardito e forte 32.54.4 abbia fatto veder con mille prove. 32.54.5 I tre che son con lei come sue scorte, 32.54.6 re sono tutti, e dirovvi anco dove: 32.54.7 uno in Svezia, uno in Gotia, in Norvegia uno, 32.54.8 che pochi pari in arme hanno o nessuno. 32.55.1 Questi tre, la cui terra non vicina, 32.55.2 ma men lontana è all' Isola Perduta 32.55.3 (detta così, perché quella marina 32.55.4 da pochi naviganti è conosciuta), 32.55.5 erano amanti, e son, de la regina, 32.55.6 e a gara per moglier l' hanno voluta; 32.55.7 e per aggradir lei, cose fatt' hanno, 32.55.8 che, fin che giri il ciel, dette saranno. 32.56.1 Ma né questi ella, né alcun altro vuole, 32.56.2 ch' al mondo in arme esser non creda il primo. 32.56.3 " Ch' abbiate fatto prove (lor dir suole) 32.56.4 in questi luoghi appresso, poco istimo; 32.56.5 e s' un di voi, qual fra le stelle il sole, 32.56.6 fra gli altri duo sarà, ben lo sublimo: 32.56.7 ma non però che tenga il vanto parme 32.56.8 del miglior cavallier ch' oggi port' arme. 32.57.1 A Carlo Magno, il quale io stimo e onoro 32.57.2 pel più savio signor ch' al mondo sia, 32.57.3 son per mandare un ricco scudo d' oro, 32.57.4 con patto e condizion ch' esso lo dia 32.57.5 al cavalliero il quale abbia fra loro 32.57.6 il vanto e il primo onor di gagliardia. 32.57.7 Sia il cavalliero o suo vasallo o d' altri, 32.57.8 il parer di quel re vo' che mi scaltri. 32.58.1 Se, poi che Carlo avrà lo scudo avuto, 32.58.2 e l' avrà dato a quel sì ardito e forte, 32.58.3 che d' ogn' altro migliore abbia creduto, 32.58.4 che 'n sua si trovi o in alcun' altra corte, 32.58.5 uno di voi sarà, che con l' aiuto 32.58.6 di sua virtù lo scudo mi riporte; 32.58.7 porrò in quello ogni amore, ogni disio, 32.58.8 e quel sarà il marito e 'l signor mio". 32.59.1 Queste parole han qui fatto venire 32.59.2 questi tre re dal mar tanto discosto, 32.59.3 che riportarne lo scudo, o morire 32.59.4 per man di chi l' avrà, s' hanno proposto. -- 32.59.5 Ste' molto attenta Bradamante a udire 32.59.6 quanto le fu da lo scudier risposto; 32.59.7 il qual poi l' entrò inanzi, e così punse 32.59.8 il suo cavallo, che i compagni giunse. 32.60.1 Dietro non gli galoppa né gli corre 32.60.2 ella; ch' adagio il suo camin dispensa, 32.60.3 e molte cose tuttavia discorre, 32.60.4 che son per accadere: e in somma pensa 32.60.5 che questo scudo in Francia sia per porre 32.60.6 discordia e rissa e nimicizia immensa 32.60.7 fra paladini et altri, se vuol Carlo 32.60.8 chiarir chi sia il miglior, e a colui darlo. 32.61.1 Le preme il cor questo pensier; ma molto 32.61.2 più le lo preme e strugge in peggior guisa 32.61.3 quel ch' ebbe prima, di Ruggier, che tolto 32.61.4 il suo amor le abbia e datolo a Marfisa. 32.61.5 Ogni suo senso in questo è sì sepolto, 32.61.6 che non mira la strada, né divisa 32.61.7 ove arrivar, né se troverà inanzi 32.61.8 commodo albergo ove la notte stanzi. 32.62.1 Come nave, che vento da la riva 32.62.2 o qualch' altro accidente abbia disciolta, 32.62.3 va di nochiero e di governo priva 32.62.4 ove la porti o meni il fiume in volta; 32.62.5 così l' amante giovane veniva, 32.62.6 tutta a pensare al suo Ruggier rivolta, 32.62.7 ove vuol Rabican; che molte miglia 32.62.8 lontano è il cor che de' girar la briglia. 32.63.1 Leva al fin gli occhi, e vede il sol che 'l tergo 32.63.2 avea mostrato alle città di Bocco, 32.63.3 e poi s' era attuffato, come il mergo, 32.63.4 in grembo alla nutrice oltr' a Marocco: 32.63.5 e se disegna che la frasca albergo 32.63.6 le dia ne' campi, fa pensier di sciocco; 32.63.7 che soffia un vento freddo, e l' aria grieve 32.63.8 pioggia la notte le minaccia o nieve. 32.64.1 Con maggior fretta fa movere il piede 32.64.2 al suo cavallo; e non fece via molta, 32.64.3 che lasciar le campagne a un pastor vede, 32.64.4 che s' avea la sua gregge inanzi tolta. 32.64.5 La donna lui con molta instanzia chiede 32.64.6 che le 'nsegni ove possa esser raccolta 32.64.7 o ben o mal; che mal sì non s' alloggia, 32.64.8 che non sia peggio star fuori alla pioggia. 32.65.1 Disse il pastore: -- Io non so loco alcuno 32.65.2 ch' io vi sappia insegnar, se non lontano 32.65.3 più di quattro o di sei leghe, for ch' uno 32.65.4 che si chiama la ròcca di Tristano. 32.65.5 Ma d' alloggiarvi non succede a ognuno; 32.65.6 perché bisogna, con la lancia in mano 32.65.7 che se l' acquisti e che se la difenda 32.65.8 il cavallier che d' alloggiarvi intenda. 32.66.1 Se, quando arriva un cavallier, si trova 32.66.2 vòta la stanza, il castellan l' accetta; 32.66.3 ma vuol, se sopravien poi gente nuova, 32.66.4 ch' uscir fuori alla giostra gli prometta. 32.66.5 Se non vien, non accade che si mova: 32.66.6 se vien, forza è che l' arme si rimetta 32.66.7 e con lui giostri, e chi di lor val meno, 32.66.8 ceda l' albergo et esca al ciel sereno. 32.67.1 Se duo, tre, quattro o più guerrieri a un tratto 32.67.2 vi giungon prima, in pace albergo v' hanno; 32.67.3 e chi di poi vien solo, ha peggior patto, 32.67.4 perché seco giostrar quei più lo fanno. 32.67.5 Così, se prima un sol si sarà fatto 32.67.6 quivi alloggiar, con lui giostrar voranno 32.67.7 i duo, tre, quattro o più che verran dopo; 32.67.8 sì che, s' avrà valor, gli fia a grande uopo. 32.68.1 Non men, se donna càpita o donzella, 32.68.2 accompagnata o sola a questa ròcca, 32.68.3 e poi v' arrivi un' altra, alla più bella 32.68.4 l' albergo, et alla men star di fuor tocca. -- 32.68.5 Domanda Bradamante ove sia quella; 32.68.6 e il buon pastor non pur dice con bocca, 32.68.7 ma le dimostra il loco anco con mano, 32.68.8 da cinque o da sei miglia indi lontano. 32.69.1 La donna, ancor che Rabican ben trotte, 32.69.2 solecitar però non lo sa tanto 32.69.3 per quelle vie tutte fangose e rotte 32.69.4 da la stagion ch' era piovosa alquanto, 32.69.5 che prima arrivi, che la cieca notte 32.69.6 fatt' abbia oscuro il mondo in ogni canto. 32.69.7 Trovò chiusa la porta; e a chi n' avea 32.69.8 la guardia disse ch' alloggiar volea. 32.70.1 Rispose quel, ch' era occupato il loco 32.70.2 da donne e da guerrier che venner dianzi, 32.70.3 e stavano aspettando intorno al fuoco 32.70.4 che posta fosse lor la cena inanzi. 32.70.5 -- Per lor non credo l' avrà fatta il cuoco, 32.70.6 s' ella v' è ancor, né l' han mangiata inanzi 32.70.7 (disse la donna): or va, che qui gli attendo; 32.70.8 che so l' usanza, e di servarla intendo. -- 32.71.1 Parte la guardia, e porta l' imbasciata 32.71.2 là dove i cavallier stanno a grand' agio, 32.71.3 la qual non poté lor troppo esser grata, 32.71.4 ch' all' aer li fa uscir freddo e malvagio; 32.71.5 et era una gran pioggia incomminciata. 32.71.6 Si levan pure, e piglian l' arme adagio: 32.71.7 restano gli altri; e quei non troppo in fretta 32.71.8 escono insieme ove la donna aspetta. 32.72.1 Eran tre cavallier che valean tanto, 32.72.2 che pochi al mondo valean più di loro; 32.72.3 et eran quei che 'l dì medesmo a canto 32.72.4 veduti a quella messaggiera fôro; 32.72.5 quei ch' in Islanda s' avean dato vanto 32.72.6 di Francia riportar lo scudo d' oro: 32.72.7 e perché avean meglio i cavalli punti, 32.72.8 prima di Bradamante erano giunti. 32.73.1 Di loro in arme pochi eran migliori, 32.73.2 ma di quei pochi ella sarà ben l' una; 32.73.3 ch' a nessun patto rimaner di fuori 32.73.4 quella notte intendea molle e digiuna. 32.73.5 Quei dentro alle finestre e ai corridori 32.73.6 miran la giostra al lume de la luna, 32.73.7 che mal grado de' nugoli lo spande 32.73.8 e fa veder, ben che la pioggia è grande. 32.74.1 Come s' allegra un bene acceso amante 32.74.2 ch' ai dolci furti per entrar si trova, 32.74.3 quando al fin senta dopo indugie tante, 32.74.4 che 'l taciturno chiavistel si muova; 32.74.5 così volontarosa Bradamante 32.74.6 di far di sé coi cavallieri prova, 32.74.7 s' allegrò quando udì le porte aprire, 32.74.8 calare il ponte, e fuor li vide uscire. 32.75.1 Tosto che fuor del ponte i guerrier vede 32.75.2 uscire insieme o con poco intervallo, 32.75.3 si volge a pigliar campo, e di poi riede 32.75.4 cacciando a tutta briglia il buon cavallo, 32.75.5 e la lancia arrestando, che le diede 32.75.6 il suo cugin, che non si corre in fallo, 32.75.7 che fuor di sella è forza che trabocchi, 32.75.8 se fosse Marte, ogni guerrier che tocchi. 32.76.1 Il re di Svezia, che primier si mosse, 32.76.2 fu primier anco a riversciarsi al piano: 32.76.3 con tanta forza l' elmo gli percosse 32.76.4 l' asta che mai non fu abbassata invano. 32.76.5 Poi corse il re di Gotia, e ritrovosse 32.76.6 coi piedi in aria al suo destrier lontano. 32.76.7 Rimase il terzo sottosopra volto, 32.76.8 ne l' acqua e nel pantan mezzo sepolto. 32.77.1 Tosto ch' ella ai tre colpi tutti gli ebbe 32.77.2 fatto andar coi piedi alti e i capi bassi, 32.77.3 alla ròcca ne va, dove aver debbe 32.77.4 la notte albergo; ma prima che passi, 32.77.5 v' è chi la fa giurar che n' uscirebbe, 32.77.6 sempre ch' a giostrar fuori altri chiamassi. 32.77.7 Il signor de là dentro, che 'l valore 32.77.8 ben n' ha veduto, le fa grande onore. 32.78.1 Così le fa la donna che venuta 32.78.2 era con quegli tre quivi la sera, 32.78.3 come io dicea, da l' Isola Perduta, 32.78.4 mandata al re di Francia messaggiera. 32.78.5 Cortesemente a lei che la saluta, 32.78.6 sì come grazïosa e affabil era, 32.78.7 si leva incontra, e con faccia serena 32.78.8 piglia per mano, e seco al fuoco mena. 32.79.1 La donna, cominciando a disarmarsi, 32.79.2 s' avea lo scudo e dipoi l' elmo tratto; 32.79.3 quando una cuffia d' oro, in che celarsi 32.79.4 soleano i capei lunghi e star di piatto, 32.79.5 uscì con l' elmo; onde caderon sparsi 32.79.6 giù per le spalle, e la scopriro a un tratto 32.79.7 e la feron conoscer per donzella, 32.79.8 non men che fiera in arme, in viso bella. 32.80.1 Quale al cader de le cortine suole 32.80.2 parer fra mille lampade la scena, 32.80.3 d' archi e di più d' una superba mole, 32.80.4 d' oro e di statue e di pitture piena; 32.80.5 o come suol fuor de la nube il sole 32.80.6 scoprir la faccia limpida e serena: 32.80.7 così, l' elmo levandosi dal viso, 32.80.8 mostrò la donna aprisse il paradiso. 32.81.1 Già son cresciute e fatte lunghe in modo 32.81.2 le belle chiome che tagliolle il frate, 32.81.3 che dietro al capo ne può fare un nodo, 32.81.4 ben che non sian come son prima state. 32.81.5 Che Bradamante sia, tien fermo e sodo 32.81.6 (che ben l' avea veduta altre fïate) 32.81.7 il signor de la ròcca; e più che prima 32.81.8 or l' accarezza e mostra farne stima. 32.82.1 Siedono al fuoco, e con giocondo e onesto 32.82.2 ragionamento dan cibo all' orecchia, 32.82.3 mentre, per ricreare ancora il resto 32.82.4 del corpo, altra vivanda s' apparecchia. 32.82.5 La donna all' oste domandò se questo 32.82.6 modo d' albergo è nuova usanza o vecchia, 32.82.7 e quando ebbe principio, e chi la pose; 32.82.8 e 'l cavalliero a lei così rispose: 32.83.1 -- Nel tempo che regnava Fieramonte, 32.83.2 Clodïone, il figliuolo, ebbe una amica 32.83.3 leggiadra e bella e di maniere conte 32.83.4 quant' altra fosse a quella etade antica; 32.83.5 la quale amava tanto, che la fronte 32.83.6 non rivolgea da lei, più che si dica 32.83.7 che facesse da Ione il suo pastore, 32.83.8 perch' avea ugual la gelosia all' amore. 32.84.1 Qui la tenea; che 'l luogo avuto in dono 32.84.2 avea dal padre, e raro egli n' uscia; 32.84.3 e con lui dieci cavallier ci sono, 32.84.4 e dei miglior di Francia tuttavia. 32.84.5 Qui stando, venne a capitarci il buono 32.84.6 Tristano, et una donna in compagnia, 32.84.7 liberata da lui poch' ore inante, 32.84.8 che traea presa a forza un fier gigante. 32.85.1 Tristano ci arrivò che 'l sol già volto 32.85.2 avea le spalle ai liti di Siviglia; 32.85.3 e domandò qui dentro esser raccolto, 32.85.4 perché non c' è altra stanza a dieci miglia. 32.85.5 Ma Clodïon, che molto amava e molto 32.85.6 era geloso, in somma si consiglia 32.85.7 che forestier, sia chi si voglia, mentre 32.85.8 ci stia la bella donna, qui non entre. 32.86.1 Poi che con lunghe et iterate preci 32.86.2 non poté aver qui albergo il cavalliero: 32.86.3 " Or quel che far con prieghi io non ti feci, 32.86.4 che 'l facci (disse) tuo mal grado, spero". 32.86.5 E sfidò Clodïon con tutti i dieci 32.86.6 che tenea appresso, e con un grido altiero 32.86.7 se gli offerse con lancia e spada in mano 32.86.8 provar che discortese era e villano; 32.87.1 con patto, che se fa che con lo stuolo 32.87.2 suo cada in terra, et ei stia in sella forte, 32.87.3 ne la ròcca alloggiar vuole egli solo, 32.87.4 e vuol gli altri serrar fuor de le porte. 32.87.5 Per non patir quest' onta, va il figliuolo 32.87.6 del re di Francia a rischio de la morte; 32.87.7 ch' aspramente percosso cade in terra, 32.87.8 e cadon gli altri, e Tristan fuor li serra. 32.88.1 Entrato ne la ròcca, trova quella 32.88.2 la qual v' ho detta a Clodïon sì cara, 32.88.3 e ch' avea, a par d' ogn' altra, fatto bella 32.88.4 Natura, a dar bellezze così avara. 32.88.5 Con lei ragiona: intanto arde e martella 32.88.6 di fuor l' amante aspra passione amara; 32.88.7 il qual non differisce a mandar prieghi 32.88.8 al cavallier, che dar non gli la nieghi. 32.89.1 Tristano, ancor che lei molto non prezze, 32.89.2 né prezzar, fuor ch' Isotta, altra potrebbe 32.89.3 (ch' altra né ch' ami vuol né ch' accarezze 32.89.4 la pozïon che già incantata bebbe), 32.89.5 pur, perché vendicarsi de l' asprezze 32.89.6 che Clodïon gli ha usate si vorebbe: 32.89.7 " Di far gran torto mi parria (gli disse) 32.89.8 che tal bellezza del suo albergo uscisse. 32.90.1 E quando a Clodïon dormire incresca 32.90.2 solo alla frasca, e compagnia domandi, 32.90.3 una giovane ho meco bella e fresca, 32.90.4 non però di bellezze così grandi. 32.90.5 Questa sarò contento che fuor esca, 32.90.6 e ch' ubbidisca a tutti i suoi comandi; 32.90.7 ma la più bella mi par dritto e giusto 32.90.8 che stia con quel di noi ch' è più robusto". 32.91.1 Escluso Clodïone e malcontento, 32.91.2 andò sbuffando tutta notte in volta, 32.91.3 come s' a quei che ne l' alloggiamento 32.91.4 dormiano ad agio, fêsse egli l' ascolta; 32.91.5 e molto più che del freddo e del vento, 32.91.6 si dolea de la donna che gli è tolta. 32.91.7 La mattina Tristano a cui ne 'ncrebbe, 32.91.8 gli la rendé, donde il dolor fin ebbe: 32.92.1 perché gli disse, e lo fe' chiaro e certo, 32.92.2 che qual trovolla, tal gli la rendea; 32.92.3 e ben che degno era d' ogni onta in merto 32.92.4 de la discortesia ch' usata avea, 32.92.5 pur contentar d' averlo allo scoperto 32.92.6 fatto star tutta notte si volea: 32.92.7 né l' escusa accettò, che fosse Amore 32.92.8 stato cagion di così grave errore; 32.93.1 ch' Amor de' far gentile un cor villano, 32.93.2 e non far d' un gentil contrario effetto. 32.93.3 Partito che si fu di qui Tristano, 32.93.4 Clodïon non ste' molto a mutar tetto; 32.93.5 ma prima consegnò la ròcca in mano 32.93.6 a un cavallier, che molto gli era accetto, 32.93.7 con patto ch' egli e chi da lui venisse, 32.93.8 quest' uso in albergar sempre seguisse: 32.94.1 che 'l cavallier ch' abbia maggior possanza, 32.94.2 e la donna beltà, sempre ci alloggi; 32.94.3 e chi vinto riman, vòti la stanza, 32.94.4 dorma sul prato, o altrove scenda e poggi. 32.94.5 E finalmente ci fe' por l' usanza 32.94.6 che vedete durar fin al dì d' oggi. -- 32.94.7 Or, mentre il cavallier questo dicea, 32.94.8 lo scalco por la mensa fatto avea. 32.95.1 Fatto l' avea ne la gran sala porre, 32.95.2 di che non era al mondo la più bella; 32.95.3 indi con torchi accesi venne a tôrre 32.95.4 le belle donne, e le condusse in quella. 32.95.5 Bradamante, all' entrar, con gli occhi scorre, 32.95.6 e similmente fa l' altra donzella; 32.95.7 e tutte piene le superbe mura 32.95.8 veggon di nobilissima pittura. 32.96.1 Di sì belle figure è adorno il loco, 32.96.2 che per mirarle oblian la cena quasi, 32.96.3 ancor che ai corpi non bisogni poco, 32.96.4 pel travaglio del dì lassi rimasi, 32.96.5 e lo scalco si doglia e doglia il coco, 32.96.6 che i cibi lascin raffreddar nei vasi. 32.96.7 Pur fu chi disse: -- Meglio fia che voi 32.96.8 pasciate prima il ventre, e gli occhi poi. -- 32.97.1 S' erano assisi, e porre alle vivande 32.97.2 voleano man, quando il signor s' avide 32.97.3 che l' alloggiar due donne è un error grande: 32.97.4 l' una ha da star, l' altra convien che snide. 32.97.5 Stia la più bella, e la men fuor si mande, 32.97.6 dove la pioggia bagna e 'l vento stride. 32.97.7 Perché non vi son giunte amendue a un' ora, 32.97.8 l' una ha a partire, e l' altra a far dimora. 32.98.1 Chiama duo vecchi, e chiama alcune sue 32.98.2 donne di casa, a tal giudizio buone; 32.98.3 e le donzelle mira, e di lor due 32.98.4 chi la più bella sia, fa paragone. 32.98.5 Finalmente parer di tutti fue 32.98.6 ch' era più bella la figlia d' Amone; 32.98.7 e non men di beltà l' altra vincea, 32.98.8 che di valore i guerrier vinti avea. 32.99.1 Alla donna d' Islanda, che non sanza 32.99.2 molta sospizïon stava di questo, 32.99.3 il signor disse: -- Che serviàn l' usanza, 32.99.4 non v' ha, donna, a parer se non onesto. 32.99.5 A voi convien procacciar d' altra stanza, 32.99.6 quando a noi tutti è chiaro e manifesto 32.99.7 che costei di bellezze e di sembianti, 32.99.8 ancor ch' inculta sia, vi passa inanti. -- 32.100.1 Come si vede in un momento oscura 32.100.2 nube salir d' umida valle al cielo, 32.100.3 che la faccia che prima era sì pura 32.100.4 cuopre del sol con tenebroso velo; 32.100.5 così la donna alla sentenzia dura 32.100.6 che fuor la caccia ove è la pioggia e 'l gielo, 32.100.7 cangiar si vide, e non parer più quella 32.100.8 che fu pur dianzi sì gioconda e bella. 32.101.1 S' impallidisce, e tutta cangia in viso, 32.101.2 che tal sentenza udir poco le aggrada. 32.101.3 Ma Bradamante con un saggio aviso, 32.101.4 che per pietà non vuol che se ne vada, 32.101.5 rispose: -- A me non par che ben deciso, 32.101.6 né che ben giusto alcun giudicio cada, 32.101.7 ove prima non s' oda quanto nieghi 32.101.8 la parte o affermi, e sue ragioni alleghi. 32.102.1 Io ch' a difender questa causa toglio, 32.102.2 dico: o più bella o men ch' io sia di lei, 32.102.3 non venni come donna qui, né voglio 32.102.4 che sian di donna ora i progressi miei. 32.102.5 Ma chi dirà, se tutta non mi spoglio, 32.102.6 s' io sono o s' io non son quel ch' è costei? 32.102.7 E quel che non si sa non si de' dire, 32.102.8 e tanto men, quando altri n' ha a patire. 32.103.1 Ben son degli altri ancor, c' hanno le chiome 32.103.2 lunghe, com' io, né donne son per questo. 32.103.3 Se come cavallier la stanza, o come 32.103.4 donna acquistata m' abbia, è manifesto: 32.103.5 perché dunque volete darmi nome 32.103.6 di donna, se di maschio è ogni mio gesto? 32.103.7 La legge vostra vuol che ne sian spinte 32.103.8 donne da donne, e non da guerrier vinte. 32.104.1 Poniamo ancor, che, come a voi pur pare, 32.104.2 io donna sia (che non però il concedo), 32.104.3 ma che la mia beltà non fosse pare 32.104.4 a quella di costei; non però credo 32.104.5 che mi vorreste la mercé levare 32.104.6 di mia virtù, se ben di viso io cedo. 32.104.7 Perder per men beltà giusto non parmi 32.104.8 quel c' ho acquistato per virtù con l' armi. 32.105.1 E quando ancor fosse l' usanza tale, 32.105.2 che chi perde in beltà ne dovesse ire, 32.105.3 io ci vorrei restare, o bene o male 32.105.4 che la mia ostinazion dovesse uscire. 32.105.5 Per questo, che contesa diseguale 32.105.6 è tra me e questa donna, vo' inferire 32.105.7 che, contendendo di beltà, può assai 32.105.8 perdere, e meco guadagnar non mai. 32.106.1 E se guadagni e perdite non sono 32.106.2 in tutto pari, ingiusto è ogni partito: 32.106.3 sì ch' a lei per ragion, sì ancor per dono 32.106.4 spezial, non sia l' albergo proibito. 32.106.5 E s' alcuno di dir che non sia buono 32.106.6 e dritto il mio giudizio sarà ardito, 32.106.7 sarò per sostenergli a suo piacere, 32.106.8 che 'l mio sia vero, e falso il suo parere. -- 32.107.1 La figliola d' Amon, mossa a pietade 32.107.2 che questa gentil donna debba a torto 32.107.3 esser cacciata ove la pioggia cade, 32.107.4 ove né tetto, ove né pure è un sporto, 32.107.5 al signor de l' albergo persuade 32.107.6 con ragion molte e con parlare accorto, 32.107.7 ma molto più con quel ch' al fin concluse 32.107.8 che resti cheto e accetti le sue scuse. 32.108.1 Qual sotto il più cocente ardore estivo, 32.108.2 quando di ber più desïosa è l' erba, 32.108.3 il fior ch' era vicino a restar privo 32.108.4 di tutto quell' umor ch' in vita il serba, 32.108.5 sente l' amata pioggia e si fa vivo; 32.108.6 così, poi che difesa sì superba 32.108.7 si vide apparecchiar la messaggiera, 32.108.8 lieta e bella tornò come prim' era. 32.109.1 La cena, stata lor buon pezzo avante, 32.109.2 né ancor pur tocca, al fin godêrsi in festa, 32.109.3 senza che più di cavalliero errante 32.109.4 nuova venuta fosse lor molesta. 32.109.5 La godêr gli altri, ma non Bradamante, 32.109.6 pure all' usanza addolorata e mesta; 32.109.7 che quel timor, che quel sospetto ingiusto 32.109.8 che sempre avea nel cor, le tollea il gusto. 32.110.1 Finita ch' ella fu (che saria forse 32.110.2 stata più lunga, se 'l desir non era 32.110.3 di cibar gli occhi), Bradamante sorse, 32.110.4 e sorse appresso a lei la messaggiera. 32.110.5 Accennò quel signore ad un che corse, 32.110.6 e prestamente allumò molta cera, 32.110.7 che splender fe' la sala in ogni canto. 32.110.8 Quel che seguì, dirò ne l' altro canto.
CANTO XXXIII
33.1.1 Timagora, Parrasio, Polignoto, 33.1.2 Protogene, Timante, Apollodoro, 33.1.3 Apelle, più di tutti questi noto, 33.1.4 e Zeusi, e gli altri ch' a quei tempi fôro; 33.1.5 di quai la fama (mal grado di Cloto, 33.1.6 che spinse i corpi e dipoi l' opre loro) 33.1.7 sempre starà, fin che si legga e scriva, 33.1.8 mercé degli scrittori, al mondo viva: 33.2.1 e quei che furo a' nostri dì, o sono ora, 33.2.2 Leonardo, Andrea Mantegna, Gian Bellino, 33.2.3 duo Dossi, e quel ch' a par sculpe e colora, 33.2.4 Michel, più che mortale, Angel divino; 33.2.5 Bastiano, Rafael, Tizian, ch' onora 33.2.6 non men Cador, che quei Venezia e Urbino; 33.2.7 e gli altri di cui tal l' opra si vede, 33.2.8 qual de la prisca età si legge e crede: 33.3.1 questi che noi veggìan pittori, e quelli 33.3.2 che già mille e mill' anni in pregio furo, 33.3.3 le cose che son state, coi pennelli 33.3.4 fatt' hanno, altri su l' asse, altri sul muro. 33.3.5 Non però udiste antiqui, né novelli 33.3.6 vedeste mai dipingere il futuro: 33.3.7 e pur si sono istorie anco trovate, 33.3.8 che son dipinte inanzi che sian state. 33.4.1 Ma di saperlo far non si dia vanto 33.4.2 pittore antico né pittor moderno; 33.4.3 e ceda pur quest' arte al solo incanto 33.4.4 del qual trieman gli spirti de lo 'nferno. 33.4.5 La sala ch' io dicea ne l' altro canto, 33.4.6 Merlin col libro, o fosse al lago Averno, 33.4.7 o fosse sacro alle Nursine grotte, 33.4.8 fece far dai demonii in una notte. 33.5.1 Quest' arte, con che i nostri antiqui fenno 33.5.2 mirande prove, a nostra etade è estinta. 33.5.3 Ma ritornando ove aspettar mi denno 33.5.4 quei che la sala hanno a veder dipinta, 33.5.5 dico ch' a uno scudier fu fatto cenno, 33.5.6 ch' accese i torchi; onde la notte, vinta 33.5.7 dal gran splendor, si dileguò d' intorno; 33.5.8 né più vi si vedria, se fosse giorno. 33.6.1 Quel signor disse lor: -- Vo' che sappiate, 33.6.2 che de le guerre che son qui ritratte, 33.6.3 fin al dì d' oggi poche ne son state; 33.6.4 e son prima dipinte, che sian fatte. 33.6.5 Chi l' ha dipinte, ancor l' ha indovinate. 33.6.6 Quando vittoria avran, quando disfatte 33.6.7 in Italia saran le genti nostre, 33.6.8 potrete qui veder come si mostre. 33.7.1 Le guerre ch' i Franceschi da far hanno 33.7.2 di là da l' Alpe, o bene o mal successe, 33.7.3 dal tempo suo fin al millesim' anno, 33.7.4 Merlin profeta in questa sala messe; 33.7.5 il qual mandato fu dal re britanno 33.7.6 al franco re ch' a Marcomir successe: 33.7.7 e perché lo mandassi, e perché fatto 33.7.8 da Merlin fu il lavor, vi dirò a un tratto. 33.8.1 Re Fieramonte, che passò primiero 33.8.2 con l' esercito franco in Gallia il Reno, 33.8.3 poi che quella occupò, facea pensiero 33.8.4 di porre alla superba Italia il freno. 33.8.5 Faceal perciò, che più 'l romano Impero 33.8.6 vedea di giorno in giorno venir meno: 33.8.7 e per tal causa col britanno Arturo 33.8.8 vòlse far lega; ch' ambi a un tempo furo. 33.9.1 Artur, ch' impresa ancor senza consiglio 33.9.2 del profeta Merlin non fece mai, 33.9.3 di Merlin, dico, del demonio figlio, 33.9.4 che del futuro antivedeva assai, 33.9.5 per lui seppe, e saper fece il periglio 33.9.6 a Fieramonte, a che di molti guai 33.9.7 porrà sua gente, s' entra ne la terra 33.9.8 ch' Apenin parte, e il mare e l' Alpe serra. 33.10.1 Merlin gli fe' veder che quasi tutti 33.10.2 gli altri che poi di Francia scettro avranno, 33.10.3 o di ferro gli eserciti distrutti, 33.10.4 o di fame o di peste si vedranno; 33.10.5 e che brevi allegrezze e lunghi lutti, 33.10.6 poco guadagno et infinito danno 33.10.7 riporteran d' Italia; che non lice 33.10.8 che 'l Giglio in quel terreno abbia radice. 33.11.1 Re Fieramonte gli prestò tal fede, 33.11.2 ch' altrove disegnò volger l' armata; 33.11.3 e Merlin, che così la cosa vede, 33.11.4 ch' abbia a venir, come se già sia stata, 33.11.5 avere a' prieghi di quel re si crede 33.11.6 la sala per incanto istorïata, 33.11.7 ove dei Franchi ogni futuro gesto, 33.11.8 come già stato sia, fa manifesto. 33.12.1 Acciò chi poi succederà, comprenda 33.12.2 che, come ha d' acquistar vittoria e onore, 33.12.3 qualor d' Italia la difesa prenda 33.12.4 incontra ogn' altro barbaro furore; 33.12.5 così, s' avvien ch' a danneggiarla scenda, 33.12.6 per porle il giogo e farsene signore, 33.12.7 comprenda, dico, e rendasi ben certo 33.12.8 ch' oltre a quei monti avrà il sepulcro aperto. -- 33.13.1 Così disse; e menò le donne dove 33.13.2 incomincian l' istorie: e Singiberto 33.13.3 fa lor veder, che per tesor si muove, 33.13.4 che gli ha Maurizio imperatore offerto. 33.13.5 -- Ecco che scende dal monte di Giove 33.13.6 nel pian da l' Ambra e dal Ticino aperto. 33.13.7 Vedete Eutar, che non pur l' ha respinto, 33.13.8 ma volto in fuga e fracassato e vinto. 33.14.1 Vedete Clodoveo, ch' a più di cento 33.14.2 mila persone fa passare il monte: 33.14.3 vedete il duca là di Benevento, 33.14.4 che con numer dispar vien loro a fronte. 33.14.5 Ecco finge lasciar l' alloggiamento, 33.14.6 e pon gli aguati: ecco, con morti et onte, 33.14.7 al vin lombardo la gente francesca 33.14.8 corre, e riman come la lasca all' esca. 33.15.1 Ecco in Italia Childiberto quanta 33.15.2 gente di Francia e capitani invia; 33.15.3 né più che Clodoveo, si gloria e vanta 33.15.4 ch' abbia spogliata o vinta Lombardia; 33.15.5 che la spada del ciel scende con tanta 33.15.6 strage de' suoi, che n' è piena ogni via, 33.15.7 morti di caldo e di profluvio d' alvo; 33.15.8 sì che di dieci un non ne torna salvo. -- 33.16.1 Mostra Pipino, e mostra Carlo appresso, 33.16.2 come in Italia un dopo l' altro scenda, 33.16.3 e v' abbia questo e quel lieto successo, 33.16.4 che venuto non v' è perché l' offenda; 33.16.5 ma l' uno, acciò il pastor Stefano oppresso, 33.16.6 l' altro Adrïano, e poi Leon difenda: 33.16.7 l' un doma Aistulfo, e l' altro vince e prende 33.16.8 il successore, e al papa il suo onor rende. 33.17.1 Lor mostra appresso un giovene Pipino, 33.17.2 che con sua gente par che tutto cuopra 33.17.3 da le Fornaci al lito pelestino; 33.17.4 e faccia con gran spesa e con lung' opra 33.17.5 il ponte a Malamocco, e che vicino 33.17.6 giunga a Rïalto, e vi combatta sopra. 33.17.7 Poi fuggir sembra, e che i suoi lasci sotto 33.17.8 l' acque; che 'l ponte il vento e 'l mar gli han rotto. 33.18.1 -- Ecco Luigi Borgognon, che scende 33.18.2 là dove par che resti vinto e preso, 33.18.3 e che giurar gli faccia chi lo prende, 33.18.4 che più da l' arme sue non sarà offeso. 33.18.5 Ecco che 'l giuramento vilipende; 33.18.6 ecco di nuovo cade al laccio teso; 33.18.7 ecco vi lascia gli occhi, e come talpe 33.18.8 lo riportano i suoi di qua da l' Alpe. 33.19.1 Vedete un Ugo d' Arli far gran fatti, 33.19.2 e che d' Italia caccia i Berengari; 33.19.3 e due o tre volte gli ha rotti e disfatti, 33.19.4 or dagli Unni rimessi, or dai Bavari. 33.19.5 Poi da più forza è stretto di far patti 33.19.6 con l' inimico, e non sta in vita guari; 33.19.7 né guari dopo lui vi sta l' erede, 33.19.8 e 'l regno intero a Berengario cede. 33.20.1 Vedete un altro Carlo, che a' conforti 33.20.2 del buon Pastor fuoco in Italia ha messo; 33.20.3 e in due fiere battaglie ha duo re morti, 33.20.4 Manfredi prima, e Coradino appresso. 33.20.5 Poi la sua gente, che con mille torti 33.20.6 sembra tenere il nuovo regno oppresso, 33.20.7 di qua e di là per le città divisa, 33.20.8 vedete a un suon di vespro tutta uccisa. -- 33.21.1 Lor mostra poi (ma vi parea intervallo 33.21.2 di molti e molti, non ch' anni, ma lustri) 33.21.3 scender dai monti un capitano Gallo, 33.21.4 e romper guerra ai gran Visconti illustri; 33.21.5 e con gente francesca a piè e a cavallo 33.21.6 par ch' Alessandria intorno cinga e lustri; 33.21.7 e che 'l duca il presidio dentro posto, 33.21.8 e fuor abbia l' aguato un po' discosto; 33.22.1 e la gente di Francia malaccorta, 33.22.2 tratta con arte ove la rete è tesa, 33.22.3 col conte Armenïaco, la cui scorta 33.22.4 l' avea condotta all' infelice impresa, 33.22.5 giaccia per tutta la campagna morta, 33.22.6 parte sia tratta in Alessandria presa: 33.22.7 e di sangue non men che d' acqua grosso, 33.22.8 il Tanaro si vede il Po far rosso. 33.23.1 Un, detto de la Marca, e tre Angioini 33.23.2 mostra l' un dopo l' altro, e dice: -- Questi 33.23.3 a Bruci, a Dauni, a Marsi, a Salentini 33.23.4 vedete come son spesso molesti. 33.23.5 Ma né de' Franchi val né de' Latini 33.23.6 aiuto sì, ch' alcun di lor vi resti: 33.23.7 ecco li caccia fuor del regno, quante 33.23.8 volte vi vanno, Alfonso e poi Ferrante. 33.24.1 Vedete Carlo ottavo, che discende 33.24.2 da l' Alpe, e seco ha il fior di tutta Francia, 33.24.3 che passa il Liri e tutto 'l regno prende 33.24.4 senza mai stringer spada o abbassar lancia, 33.24.5 fuor che lo scoglio ch' a Tifeo si stende 33.24.6 su le braccia, sul petto e su la pancia; 33.24.7 che del buon sangue d' Avalo al contrasto 33.24.8 la virtù trova d' Inico del Vasto. -- 33.25.1 Il signor de la ròcca, che venìa 33.25.2 quest' istoria additando a Bradamante, 33.25.3 mostrato che l' ebbe Ischia, disse: -- Pria 33.25.4 ch' a vedere altro più vi meni avante, 33.25.5 io vi dirò quel ch' a me dir solia 33.25.6 il bisavolo mio, quand' io era infante, 33.25.7 e quel che similmente mi dicea 33.25.8 che da suo padre udito anch' esso avea; 33.26.1 e 'l padre suo da un altro, o padre o fosse 33.26.2 avolo, e l' un da l' altro sin a quello 33.26.3 ch' a udirlo da quel proprio ritrovosse, 33.26.4 che l' imagini fe' senza pennello, 33.26.5 che qui vedete bianche, azzurre e rosse: 33.26.6 udì che, quando al re mostrò il castello 33.26.7 ch' or mostro a voi su quest' altiero scoglio, 33.26.8 gli disse quel ch' a voi riferir voglio. 33.27.1 Udì che gli dicea ch' in questo loco 33.27.2 di quel buon cavallier che lo difende 33.27.3 con tanto ardir, che par disprezzi il fuoco 33.27.4 che d' ogn' intorno e sino al Faro incende, 33.27.5 nascer debbe in quei tempi o dopo poco 33.27.6 (e ben gli disse l' anno e le calende) 33.27.7 un cavalliero, a cui sarà secondo 33.27.8 ogn' altro che sin qui sia stato al mondo. 33.28.1 Non fu Nireo sì bel, non sì eccellente 33.28.2 di forze Achille, e non sì ardito Ulisse, 33.28.3 non sì veloce Lada, non prudente 33.28.4 Nestor, che tanto seppe e tanto visse, 33.28.5 non tanto liberal, tanto clemente, 33.28.6 l' antica fama Cesare descrisse; 33.28.7 che verso l' uom ch' in Ischia nascer deve, 33.28.8 non abbia ogni lor vanto a restar lieve. 33.29.1 E se si glorïò l' antiqua Creta, 33.29.2 quando il nipote in lei nacque di Celo, 33.29.3 se Tebe fece Ercole e Bacco lieta, 33.29.4 se si vantò dei duo gemelli Delo; 33.29.5 né questa isola avrà da starsi cheta, 33.29.6 che non s' esalti e non si levi in cielo, 33.29.7 quando nascerà in lei quel gran marchese 33.29.8 ch' avrà sì d' ogni grazia il ciel cortese. 33.30.1 Merlin gli disse, e replicògli spesso, 33.30.2 ch' era serbato a nascere all' etade 33.30.3 che più il romano Imperio saria oppresso, 33.30.4 acciò per lui tornasse in libertade. 33.30.5 Ma perché alcuno de' suoi gesti appresso 33.30.6 vi mostrerò, predirli non accade. -- 33.30.7 Così disse; e tornò all' istoria dove 33.30.8 di Carlo si vedean l' inclite prove. 33.31.1 -- Ecco (dicea) si pente Ludovico 33.31.2 d' aver fatto in Italia venir Carlo; 33.31.3 che sol per travagliar l' emulo antico 33.31.4 chiamato ve l' avea, non per cacciarlo; 33.31.5 e se gli scuopre al ritornar nimico 33.31.6 con Veneziani in lega, e vuol pigliarlo. 33.31.7 Ecco la lancia il re animoso abbassa, 33.31.8 apre la strada e, lor mal grado, passa. 33.32.1 Ma la sua gente ch' a difesa resta 33.32.2 del nuovo regno, ha ben contraria sorte; 33.32.3 che Ferrante, con l' opra che gli presta 33.32.4 il signor mantuan, torna sì forte, 33.32.5 ch' in pochi mesi non ne lascia testa, 33.32.6 o in terra o in mar, che non sia messa a morte 33.32.7 poi per un uom che gli è con fraude estinto 33.32.8 non par che senta il gaudio d' aver vinto. -- 33.33.1 Così dicendo, mostragli il marchese 33.33.2 Alfonso di Pescara, e dice: -- Dopo 33.33.3 che costui comparito in mille imprese 33.33.4 sarà più risplendente che piropo, 33.33.5 ecco qui ne l' insidie che gli ha tese 33.33.6 con un trattato doppio il rio Etïopo, 33.33.7 come scannato di saetta cade 33.33.8 il miglior cavallier di quella etade. -- 33.34.1 Poi mostra ove il duodecimo Luigi 33.34.2 passa con scorta italïana i monti, 33.34.3 e svelto il Moro, pon la Fiordaligi 33.34.4 nel fecondo terren già de' Visconti. 33.34.5 Indi manda sua gente pei vestigi 33.34.6 di Carlo, a far sul Garigliano i ponti; 33.34.7 la quale appresso andar rotta e dispersa 33.34.8 si vede, e morta, e nel fiume summersa. 33.35.1 -- Vedete in Puglia non minor macello 33.35.2 de l' esercito franco in fuga volto; 33.35.3 e Consalvo Ferrante ispano è quello 33.35.4 che due volte alla trappola l' ha colto. 33.35.5 E come qui turbato, così bello 33.35.6 mostra Fortuna al re Luigi il volto 33.35.7 nel ricco pian che, fin dove Adria stride, 33.35.8 tra l' Apenino e l' Alpe il Po divide. -- 33.36.1 Così dicendo, se stesso riprende 33.36.2 che quel ch' avea a dir prima abbia lasciato; 33.36.3 e torna a dietro, e mostra uno che vende 33.36.4 il castel che 'l signor suo gli avea dato; 33.36.5 mostra il perfido Svizzero che prende 33.36.6 colui ch' a sua difesa l' ha assoldato: 33.36.7 le quai due cose, senza abbassar lancia, 33.36.8 han dato la vittoria al re di Francia. 33.37.1 Poi mostra Cesar Borgia col favore 33.37.2 di questo re farsi in Italia grande; 33.37.3 ch' ogni baron di Roma, ogni signore 33.37.4 suggietto a lei, par ch' in esilio mande. 33.37.5 Poi mostra il re che di Bologna fuore 33.37.6 leva la Sega, e vi fa entrar le Giande; 33.37.7 poi come volge i Genovesi in fuga 33.37.8 fatti ribelli, e la città suggiuga. 33.38.1 -- Vedete (dice poi) di gente morta 33.38.2 coperta in Giaradada la campagna. 33.38.3 Par ch' apra ogni cittade al re la porta, 33.38.4 e che Venezia a pena vi rimagna. 33.38.5 Vedete come al papa non comporta 33.38.6 che, passati i confini di Romagna, 33.38.7 Modana al duca di Ferrara toglia, 33.38.8 né qui si fermi, e 'l resto tor gli voglia: 33.39.1 e fa, all' incontro, a lui Bologna tôrre; 33.39.2 che v' entra la Bentivola famiglia. 33.39.3 Vedete il campo de' Francesi porre 33.39.4 a sacco Brescia, poi che la ripiglia; 33.39.5 e quasi a un tempo Felsina soccorre, 33.39.6 e 'l campo ecclesïastico sgombiglia: 33.39.7 e l' uno e l' altro poi nei luoghi bassi 33.39.8 par si riduca del lito de Chiassi. 33.40.1 Di qua la Francia, e di là il campo ingrossa 33.40.2 la gente ispana; e la battaglia è grande. 33.40.3 Cader si vede e far la terra rossa 33.40.4 la gente d' arme in amendua le bande. 33.40.5 Piena di sangue uman pare ogni fossa: 33.40.6 Marte sta in dubbio u' la vittoria mande. 33.40.7 Per virtù d' un Alfonso al fin si vede 33.40.8 che resta il Franco, e che l' Ispano cede, 33.41.1 e che Ravenna saccheggiata resta. 33.41.2 Si morde il papa per dolor le labbia, 33.41.3 e fa da' monti, a guisa di tempesta, 33.41.4 scendere in fretta una tedesca rabbia, 33.41.5 ch' ogni Francese, senza mai far testa, 33.41.6 di qua da l' Alpe par che cacciat' abbia, 33.41.7 e che posto un rampollo abbia del Moro 33.41.8 nel giardino onde svelse i Gigli d' oro. 33.42.1 Ecco torna il Francese: eccolo rotto 33.42.2 da l' infedele Elvezio ch' in suo aiuto 33.42.3 con troppo rischio ha il giovine condotto, 33.42.4 del quale il padre avea preso e venduto. 33.42.5 Vedete poi l' esercito, che sotto 33.42.6 la ruota di Fortuna era caduto, 33.42.7 creato il novo re, che si prepara 33.42.8 de l' onta vendicar ch' ebbe a Novara: 33.43.1 e con migliore auspizio ecco ritorna. 33.43.2 Vedete il re Francesco inanzi a tutti, 33.43.3 che così rompe a' Svizzeri le corna, 33.43.4 che poco resta a non gli aver distrutti: 33.43.5 sì che 'l titolo mai più non gli adorna, 33.43.6 ch' usurpato s' avran quei villan brutti, 33.43.7 che domator de' principi, e difesa 33.43.8 si nomeran de la cristiana Chiesa. 33.44.1 Ecco, mal grado de la lega, prende 33.44.2 Milano, e accorda il giovene Sforzesco. 33.44.3 Ecco Borbon che la città difende 33.44.4 pel re di Francia dal furor tedesco. 33.44.5 Eccovi poi, che mentre altrove attende 33.44.6 ad altre magne imprese il re Francesco, 33.44.7 né sa quanta superbia e crudeltade 33.44.8 usino i suoi, gli è tolta la cittade. 33.45.1 Ecco un altro Francesco ch' assimiglia 33.45.2 di virtù all' avo, e non di nome solo; 33.45.3 che, fatto uscirne i Galli, si ripiglia 33.45.4 col favor de la Chiesa il patrio suolo. 33.45.5 Francia anco torna, ma ritien la briglia, 33.45.6 né scorre Italia, come suole, a volo; 33.45.7 che 'l bon duca di Mantua sul Ticino 33.45.8 le chiude il passo, e le taglia il camino. 33.46.1 Federico, ch' ancor non ha la guancia 33.46.2 de' primi fiori sparsa, si fa degno 33.46.3 di gloria eterna, ch' abbia con la lancia, 33.46.4 ma più con diligenzia e con ingegno, 33.46.5 Pavia difesa dal furor di Francia, 33.46.6 e del Leon del mar rotto il disegno. 33.46.7 Vedete duo marchesi, ambi terrore 33.46.8 di nostre genti, ambi d' Italia onore; 33.47.1 ambi d' un sangue, ambi in un nido nati. 33.47.2 Di quel marchese Alfonso il primo è figlio, 33.47.3 il qual tratto dal Negro negli aguati, 33.47.4 vedeste il terren far di sé vermiglio. 33.47.5 Vedete quante volte son cacciati 33.47.6 d' Italia i Franchi pel costui consiglio. 33.47.7 L' altro di sì benigno e lieto aspetto 33.47.8 il Vasto signoreggia, e Alfonso è detto. 33.48.1 Questo è il buon cavallier, di cui dicea, 33.48.2 quando l' isola d' Ischia vi mostrai, 33.48.3 che già profetizzando detto avea 33.48.4 Merlino a Fieramonte cose assai: 33.48.5 che diferire a nascere dovea 33.48.6 nel tempo che d' aiuto più che mai 33.48.7 l' afflitta Italia, la Chiesa e l' Impero 33.48.8 contra ai barbari insulti avria mistiero. 33.49.1 Costui dietro al cugin suo di Pescara 33.49.2 con l' auspicio di Prosper Colonnese, 33.49.3 vedete come la Bicocca cara 33.49.4 fa parere all' Elvezio e più al Francese. 33.49.5 Ecco di nuovo Francia si prepara 33.49.6 di ristaurar le mal successe imprese: 33.49.7 scende il re con un campo in Lombardia, 33.49.8 un altro per pigliar Napoli invia. 33.50.1 Ma quella che di noi fa come il vento 33.50.2 d' arida polve, che l' aggira in volta, 33.50.3 la leva fin al cielo, e in un momento 33.50.4 a terra la ricaccia, onde l' ha tolta; 33.50.5 fa ch' intorno a Pavia crede di cento 33.50.6 mila persone aver fatto raccolta 33.50.7 il re, che mira a quel che di man gli esce, 33.50.8 non se la gente sua si scema o cresce. 33.51.1 Così per colpa de' ministri avari, 33.51.2 e per bontà del re che se ne fida, 33.51.3 sotto l' insegne si raccoglion rari, 33.51.4 quando la notte il campo all' arme grida, 33.51.5 che si vede assalir dentro ai ripari 33.51.6 dal sagace Spagnuol, che con la guida 33.51.7 di duo del sangue d' Avalo ardiria 33.51.8 farsi nel cielo e ne lo 'nferno via. 33.52.1 Vedete il meglio de la nobiltade 33.52.2 di tutta Francia alla campagna estinto. 33.52.3 Vedete quante lance e quante spade 33.52.4 han d' ogn' intorno il re animoso cinto; 33.52.5 vedete che 'l destrier sotto gli cade: 33.52.6 né per questo si rende o chiama vinto, 33.52.7 ben ch' a lui solo attenda, a lui sol corra 33.52.8 lo stuol nimico, e non è chi 'l soccorra. 33.53.1 Il re gagliardo si difende a piede, 33.53.2 e tutto de l' ostil sangue si bagna: 33.53.3 ma virtù al fine a troppa forza cede. 33.53.4 Ecco il re preso, et eccolo in Ispagna: 33.53.5 et a quel di Pescara dar si vede, 33.53.6 et a chi mai da lui non si scompagna, 33.53.7 a quel del Vasto, le prime corone 33.53.8 del campo rotto e del gran re prigione. 33.54.1 Rotto a Pavia l' un campo, l' altro ch' era, 33.54.2 per dar travaglio a Napoli, in camino, 33.54.3 restar si vede, come, se la cera 33.54.4 gli manca o l' oglio, resta il lumicino. 33.54.5 Ecco che 'l re ne la prigione ibera 33.54.6 lascia i figliuoli, e torna al suo domìno: 33.54.7 ecco fa a un tempo egli in Italia guerra; 33.54.8 ecco altri la fa a lui ne la sua terra. 33.55.1 Vedete gli omicidii e le rapine 33.55.2 in ogni parte far Roma dolente; 33.55.3 e con incendi e stupri le divine 33.55.4 e le profane cose ire ugualmente. 33.55.5 Il campo de la lega le ruine 33.55.6 mira d' appresso, e 'l pianto e 'l grido sente; 33.55.7 e dove ir dovria inanzi, torna indietro, 33.55.8 e prender lascia il successor di Pietro. 33.56.1 Manda Lotrecco il re con nuove squadre, 33.56.2 non più per fare in Lombardia l' impresa, 33.56.3 ma per levar de le mani empie e ladre 33.56.4 il capo e l' altre membra de la Chiesa; 33.56.5 che tarda sì, che trova al Santo Padre 33.56.6 non esser più la libertà contesa. 33.56.7 Assedia la cittade ove sepolta 33.56.8 è la sirena, e tutto il regno volta. 33.57.1 Ecco l' armata imperïal si scioglie 33.57.2 per dar soccorso alla città assediata; 33.57.3 et ecco il Doria che la via le toglie, 33.57.4 e l' ha nel mar sommersa, arsa e spezzata. 33.57.5 Ecco Fortuna come cangia voglie, 33.57.6 sin qui a' Francesi sì propizia stata; 33.57.7 che di febbre gli uccide, e non di lancia, 33.57.8 sì che di mille un non ne torna in Francia. -- 33.58.1 La sala queste et altre istorie molte, 33.58.2 che tutte saria lungo riferire, 33.58.3 in varii e bei colori avea raccolte; 33.58.4 ch' era ben tal che le potea capire. 33.58.5 Tornano a rivederle due e tre volte, 33.58.6 né par che se ne sappiano partire; 33.58.7 e rilegon più volte quel ch' in oro 33.58.8 si vedea scritto sotto il bel lavoro. 33.59.1 Le belle donne e gli altri quivi stati 33.59.2 mirando e ragionando insieme un pezzo, 33.59.3 fur dal signore a riposar menati, 33.59.4 ch' onorar gli osti suoi molt' era avezzo. 33.59.5 Già sendo tutti gli altri addormentati, 33.59.6 Bradamante a corcar si va da sezzo, 33.59.7 e si volta or su questo or su quel fianco, 33.59.8 né può dormir sul destro né sul manco. 33.60.1 Pur chiude alquanto appresso all' alba i lumi, 33.60.2 e di veder le pare il suo Ruggiero, 33.60.3 il qual le dica: -- Perché ti consumi, 33.60.4 dando credenza a quel che non è vero? 33.60.5 Tu vedrai prima all' erta andare i fiumi, 33.60.6 ch' ad altri mai, ch' a te, volga il pensiero. 33.60.7 S' io non amassi te, né il cor potrei 33.60.8 né le pupille amar degli occhi miei. -- 33.61.1 E par che le suggiunga: -- Io son venuto 33.61.2 per battezzarmi e far quanto ho promesso; 33.61.3 e s' io son stato tardi, m' ha tenuto 33.61.4 altra ferita, che d' amore, oppresso. -- 33.61.5 Fuggesi in questo il sonno, né veduto 33.61.6 è più Ruggier che se ne va con esso. 33.61.7 Rinuova allora i pianti la donzella, 33.61.8 e ne la mente sua così favella: 33.62.1 -- Fu quel che piacque, un falso sogno; e questo 33.62.2 che mi tormenta, ahi lassa! è un veggiar vero. 33.62.3 Il ben fu sogno a dileguarsi presto, 33.62.4 ma non è sogno il martìre aspro e fiero. 33.62.5 Perch' or non ode e vede il senso desto 33.62.6 quel ch' udire e veder parve al pensiero? 33.62.7 A che condizïone, occhi miei, sète, 33.62.8 che chiusi il ben, e aperti il mal vedete? 33.63.1 Il dolce sonno mi promise pace, 33.63.2 ma l' amaro veggiar mi torna in guerra: 33.63.3 il dolce sonno è ben stato fallace, 33.63.4 ma l' amaro veggiare, ohimè! non erra. 33.63.5 Se 'l vero annoia, e il falso sì mi piace, 33.63.6 non oda o vegga mai più vero in terra: 33.63.7 se 'l dormir mi dà gaudio, e il veggiar guai, 33.63.8 possa io dormir senza destarmi mai. 33.64.1 O felice animai ch' un sonno forte 33.64.2 sei mesi tien senza mai gli occhi aprire! 33.64.3 Che s' assimigli tal sonno alla morte, 33.64.4 tal veggiare alla vita, io non vo' dire; 33.64.5 ch' a tutt' altre contraria la mia sorte 33.64.6 sente morte a veggiar, vita a dormire: 33.64.7 ma s' a tal sonno morte s' assimiglia, 33.64.8 deh, Morte, or ora chiudimi le ciglia! -- 33.65.1 De l' orizzonte il sol fatte avea rosse 33.65.2 l' estreme parti, e dileguato intorno 33.65.3 s' eran le nubi, e non parea che fosse 33.65.4 simile all' altro il cominciato giorno; 33.65.5 quando svegliata Bradamante armosse 33.65.6 per fare a tempo al suo camin ritorno, 33.65.7 rendute avendo grazie a quel signore 33.65.8 del buono albergo e de l' avuto onore. 33.66.1 E trovò che la donna messaggiera, 33.66.2 con damigelle sue, con suoi scudieri 33.66.3 uscita de la ròcca, venut' era 33.66.4 là dove l' attendean quei tre guerrieri; 33.66.5 quei che con l' asta d' oro essa la sera 33.66.6 fatto avea riversar giù dei destrieri, 33.66.7 e che patito avean con gran disagio 33.66.8 la notte l' acqua e il vento e il ciel malvagio. 33.67.1 Arroge a tanto mal, ch' a corpo vòto 33.67.2 et essi e i lor cavalli eran rimasi, 33.67.3 battendo i denti e calpestando il loto: 33.67.4 ma quasi lor più incresce, e senza quasi 33.67.5 incresce e preme più, che farà noto 33.67.6 la messaggiera, appresso agli altri casi, 33.67.7 alla sua donna, che la prima lancia 33.67.8 gli abbia abbattuti, c' han trovata in Francia. 33.68.1 E presti o di morire, o di vendetta 33.68.2 subito far del ricevuto oltraggio, 33.68.3 acciò la messaggiera, che fu detta 33.68.4 Ullania, che nomata più non aggio, 33.68.5 la mala opinïon ch' avea concetta 33.68.6 forse di lor, si tolga del coraggio, 33.68.7 la figliuola d' Amon sfidano a giostra, 33.68.8 tosto che fuor del ponte ella si mostra; 33.69.1 non pensando però che sia donzella, 33.69.2 che nessun gesto di donzella avea. 33.69.3 Bradamante ricusa, come quella 33.69.4 ch' in fretta gìa, né soggiornar volea. 33.69.5 Pur tanto e tanto fur molesti, ch' ella, 33.69.6 che negar senza biasmo non potea, 33.69.7 abbassò l' asta, et a tre colpi in terra 33.69.8 li mandò tutti; e qui finì la guerra: 33.70.1 che senza più voltarsi mostrò loro 33.70.2 lontan le spalle, e dileguossi tosto. 33.70.3 Quei che, per guadagnar lo scudo d' oro, 33.70.4 di paese venian tanto discosto, 33.70.5 poi che senza parlar ritti si fôro, 33.70.6 che ben l' avean con ogni ardir deposto, 33.70.7 stupefatti parean di maraviglia, 33.70.8 né verso Ullania ardian d' alzar le ciglia; 33.71.1 che con lei molte volte per camino 33.71.2 dato s' avean troppo orgogliosi vanti: 33.71.3 che non è cavallier né paladino 33.71.4 ch' al minor di lor tre durasse avanti. 33.71.5 La donna, perché ancor più a capo chino 33.71.6 vadano, e più non sian così arroganti, 33.71.7 fa lor saper che fu femina quella, 33.71.8 non paladin, che li levò di sella. 33.72.1 -- Or che dovete (diceva ella), quando 33.72.2 così v' abbia una femina abbattuti, 33.72.3 pensar che sia Rinaldo o che sia Orlando, 33.72.4 non senza causa in tant' onore avuti? 33.72.5 S' un d' essi avrà lo scudo, io vi domando 33.72.6 se migliori di quel che siate suti 33.72.7 contra una donna, contra lor sarete? 33.72.8 Nol credo io già, né voi forse il credete. 33.73.1 Questo vi può bastar; né vi bisogna 33.73.2 del valor vostro aver più chiara prova: 33.73.3 e quel di voi che temerario aggogna 33.73.4 far di sé in Francia esperïenzia nuova, 33.73.5 cerca giungere il danno alla vergogna 33.73.6 in che ieri et oggi s' è trovato e trova; 33.73.7 se forse egli non stima utile e onore, 33.73.8 qualor per man di tai guerrier si muore. -- 33.74.1 Poi che ben certi i cavallieri fece 33.74.2 Ullania, che quell' era una donzella, 33.74.3 la qual fatto avea nera più che pece 33.74.4 la fama lor, ch' esser solea sì bella; 33.74.5 e dove una bastava, più di diece 33.74.6 persone il detto confermâr di quella; 33.74.7 essi fur per voltar l' arme in se stessi, 33.74.8 da tal dolor, da tanta rabbia oppressi. 33.75.1 E da lo sdegno e da la furia spinti, 33.75.2 l' arme si spoglian, quante n' hanno indosso; 33.75.3 né si lascian la spada onde eran cinti, 33.75.4 e del castel la gittano nel fosso: 33.75.5 e giuran, poi che gli ha una donna vinti, 33.75.6 e fatto sul terren battere il dosso, 33.75.7 che, per purgar sì grave error, staranno 33.75.8 senza mai vestir l' arme intero un anno; 33.76.1 e che n' andranno a piè pur tuttavia, 33.76.2 o sia la strada piana, o scenda e saglia; 33.76.3 né, poi che l' anno anco finito sia, 33.76.4 saran per cavalcare o vestir maglia, 33.76.5 s' altr' arme, altro destrier da lor non fia 33.76.6 guadagnato per forza di battaglia. 33.76.7 Così senz' arme, per punir lor fallo, 33.76.8 essi a piè se n' andâr, gli altri a cavallo. 33.77.1 Bradamante la sera ad un castello 33.77.2 ch' alla via di Parigi si ritrova, 33.77.3 di Carlo e di Rinaldo suo fratello, 33.77.4 ch' avean rotto Agramante, udì la nuova. 33.77.5 Quivi ebbe buona mensa e buono ostello: 33.77.6 ma questo et ogn' altro agio poco giova; 33.77.7 che poco mangia e poco dorme, e poco, 33.77.8 non che posar, ma ritrovar può loco. 33.78.1 Non però di costei voglio dir tanto, 33.78.2 ch' io non ritorni a quei duo cavallieri 33.78.3 che d' accordo legato aveano a canto 33.78.4 la solitaria fonte i duo destrieri. 33.78.5 La pugna lor, di che vo' dirvi alquanto, 33.78.6 non è per acquistar terre né imperi, 33.78.7 ma perché Durindana il più gagliardo 33.78.8 abbia ad avere, e a cavalcar Baiardo. 33.79.1 Senza che tromba o segno altro accennasse 33.79.2 quando a muover s' avean, senza maestro 33.79.3 che lo schermo e 'l ferir lor ricordasse, 33.79.4 e lor pungesse il cor d' animoso estro, 33.79.5 l' uno e l' altro d' accordo il ferro trasse, 33.79.6 e si venne a trovare agile e destro. 33.79.7 I spessi e gravi colpi a farsi udire 33.79.8 incominciaro, et a scaldarsi l' ire. 33.80.1 Due spade altre non so per prova elette 33.80.2 ad esser ferme e solide e ben dure, 33.80.3 ch' a tre colpi di quei si fosser rette, 33.80.4 ch' erano fuor di tutte le misure: 33.80.5 ma quelle fur di tempre sì perfette, 33.80.6 per tante esperïenzie sì sicure, 33.80.7 che ben poteano insieme riscontrarsi 33.80.8 con mille colpi e più, senza spezzarsi. 33.81.1 Or qua Rinaldo, or là mutando il passo, 33.81.2 con gran destrezza e molta industria et arte 33.81.3 fuggia di Durindana il gran fracasso, 33.81.4 che sa ben come spezza il ferro e parte. 33.81.5 Ferìa maggior percosse il re Gradasso; 33.81.6 ma quasi tutte al vento erano sparte: 33.81.7 se coglieva talor, coglieva in loco 33.81.8 ove potea gravare e nuocer poco. 33.82.1 L' altro con più ragion sua spada inchina, 33.82.2 e fa spesso al pagan stordir le braccia; 33.82.3 e quando ai fianchi e quando ove confina 33.82.4 la corazza con l' elmo, gli la caccia: 33.82.5 ma trova l' armatura adamantina, 33.82.6 sì ch' una maglia non ne rompe o straccia. 33.82.7 Se dura e forte la ritrova tanto, 33.82.8 avvien perch' ella è fatta per incanto. 33.83.1 Senza prender riposo erano stati 33.83.2 gran pezzo tanto alla battaglia fisi, 33.83.3 che volti gli occhi in nessun mai de' lati 33.83.4 aveano, fuor che nei turbati visi; 33.83.5 quando da un' altra zuffa distornati, 33.83.6 e da tanto furor furon divisi: 33.83.7 ambi voltaro a un gran strepito il ciglio, 33.83.8 e videro Baiardo in gran periglio. 33.84.1 Vider Baiardo a zuffa con un mostro 33.84.2 ch' era più di lui grande, et era augello: 33.84.3 avea più lungo di tre braccia il rostro; 33.84.4 l' altre fattezze avea di vipistrello; 33.84.5 avea la piuma negra come inchiostro; 33.84.6 avea l' artiglio grande, acuto e fello; 33.84.7 occhi di fuoco, e sguardo avea crudele; 33.84.8 l' ale avea grandi, che parean due vele. 33.85.1 Forse era vero augel, ma non so dove 33.85.2 o quando un altro ne sia stato tale. 33.85.3 Non ho veduto mai, né letto altrove, 33.85.4 fuor ch' in Turpin, d' un sì fatto animale: 33.85.5 questo rispetto a credere mi muove, 33.85.6 che l' augel fosse un diavolo infernale 33.85.7 che Malagigi in quella forma trasse, 33.85.8 acciò che la battaglia disturbasse. 33.86.1 Rinaldo il credette anco, e gran parole 33.86.2 e sconcie poi con Malagigi n' ebbe. 33.86.3 Egli già confessar non glielo vuole; 33.86.4 e perché tor di colpa si vorrebbe, 33.86.5 giura pel lume che dà lume al sole, 33.86.6 che di questo imputato esser non debbe. 33.86.7 Fosse augello o demonio, il mostro scese 33.86.8 sopra Baiardo, e con l' artiglio il prese. 33.87.1 Le redine il destrier, ch' era possente, 33.87.2 subito rompe, e con sdegno e con ira 33.87.3 contra l' augello i calci adopra e 'l dente; 33.87.4 ma quel veloce in aria si ritira: 33.87.5 indi ritorna, e con l' ugna pungente 33.87.6 lo va battendo, e d' ogn' intorno aggira. 33.87.7 Baiardo offeso, e che non ha ragione 33.87.8 di schermo alcun, ratto a fuggir si pone. 33.88.1 Fugge Baiardo alla vicina selva, 33.88.2 e va cercando le più spesse fronde. 33.88.3 Segue di sopra la pennuta belva 33.88.4 con gli occhi fisi ove la via seconde; 33.88.5 ma pure il buon destrier tanto s' inselva, 33.88.6 ch' al fin sotto una grotta si nasconde. 33.88.7 Poi che l' alato ne perde la traccia, 33.88.8 ritorna in cielo, e cerca nuova caccia. 33.89.1 Rinaldo e 'l re Gradasso, che partire 33.89.2 veggono la cagion de la lor pugna, 33.89.3 restan d' accordo quella differire 33.89.4 fin che Baiardo salvino da l' ugna 33.89.5 che per la scura selva il fa fuggire; 33.89.6 con patto, che qual d' essi lo raggiugna, 33.89.7 a quella fonte lo restituisca, 33.89.8 ove la lite lor poi si finisca. 33.90.1 Seguendo, si partîr da la fontana, 33.90.2 l' erbe novellamente in terra peste. 33.90.3 Molto da lor Baiardo s' allontana, 33.90.4 ch' ebbon le piante in seguir lui mal preste. 33.90.5 Gradasso, che non lungi avea l' alfana, 33.90.6 sopra vi salse, e per quelle foreste 33.90.7 molto lontano il paladin lasciosse, 33.90.8 tristo e peggio contento che mai fosse. 33.91.1 Rinaldo perdé l' orme in pochi passi 33.91.2 del suo destrier, che fe' strano vïaggio; 33.91.3 ch' andò rivi cercando, arbori e sassi, 33.91.4 il più spinoso luogo, il più selvaggio, 33.91.5 acciò che da quella ugna si celassi, 33.91.6 che cadendo dal ciel gli facea oltraggio. 33.91.7 Rinaldo, dopo la fatica vana 33.91.8 ritornò ad aspettarlo alla fontana, 33.92.1 se da Gradasso vi fosse condutto, 33.92.2 sì come tra lor dianzi si convenne. 33.92.3 Ma poi che far si vide poco frutto, 33.92.4 dolente e a piedi in campo se ne venne. 33.92.5 Or torniamo a quell' altro, al quale in tutto 33.92.6 diverso da Rinaldo il caso avvenne. 33.92.7 Non per ragion, ma per suo gran destino 33.92.8 sentì anitrire il buon destrier vicino; 33.93.1 e lo trovò ne la spelonca cava, 33.93.2 da l' avuta paura anco sì oppresso, 33.93.3 ch' uscire allo scoperto non osava: 33.93.4 perciò l' ha in suo potere il pagan messo. 33.93.5 Ben de la convenzion si raccordava, 33.93.6 ch' alla fonte tornar dovea con esso; 33.93.7 ma non è più disposto d' osservarla, 33.93.8 e così in mente sua tacito parla: 33.94.1 -- Abbial chi aver lo vuol con lite e guerra: 33.94.2 io d' averlo con pace più disio. 33.94.3 Da l' uno all' altro capo de la terra 33.94.4 già venni, e sol per far Baiardo mio. 33.94.5 Or ch' io l' ho in mano, ben vaneggia et erra 33.94.6 chi crede che depor lo volesse io. 33.94.7 Se Rinaldo lo vuol, non disconviene, 33.94.8 come io già in Francia, or s' egli in India viene. 33.95.1 Non men sicura a lui fia Sericana, 33.95.2 che già due volte Francia a me sia stata. -- 33.95.3 Così dicendo, per la via più piana 33.95.4 ne venne in Arli, e vi trovò l' armata; 33.95.5 e quindi con Baiardo e Durindana 33.95.6 si partì sopra una galea spalmata. 33.95.7 Ma questo a un' altra volta; ch' or Gradasso, 33.95.8 Rinaldo e tutta Francia a dietro lasso. 33.96.1 Voglio Astolfo seguir, ch' a sella e a morso, 33.96.2 a uso facea andar di palafreno 33.96.3 l' ippogrifo per l' aria a sì gran corso, 33.96.4 che l' aquila e il falcon vola assai meno. 33.96.5 Poi che de' Galli ebbe il paese scorso 33.96.6 da un mare a l' altro e da Pirene al Reno, 33.96.7 tornò verso ponente alla montagna 33.96.8 che separa la Francia da la Spagna. 33.97.1 Passò in Navarra, et indi in Aragona, 33.97.2 lasciando a chi 'l vedea gran maraviglia. 33.97.3 Restò lungi a sinistra Taracona, 33.97.4 Biscaglia a destra, et arrivò in Castiglia. 33.97.5 Vide Gallizia e 'l regno d' Ulisbona, 33.97.6 poi volse il corso a Cordova e Siviglia; 33.97.7 né lasciò presso al mar né fra campagna 33.97.8 città, che non vedesse tutta Spagna. 33.98.1 Vide le Gade e la meta che pose 33.98.2 ai primi naviganti Ercole invitto. 33.98.3 Per l' Africa vagar poi si dispose 33.98.4 dal mar d' Atlante ai termini d' Egitto. 33.98.5 Vide le Baleariche famose, 33.98.6 e vide Eviza appresso al camin dritto. 33.98.7 Poi volse il freno, e tornò verso Arzilla 33.98.8 sopra 'l mar che da Spagna dipartilla. 33.99.1 Vide Marocco, Feza, Orano, Ippona, 33.99.2 Algier, Buzea, tutte città superbe, 33.99.3 c' hanno d' altre città tutte corona, 33.99.4 corona d' oro, e non di fronde o d' erbe. 33.99.5 Verso Bisetta e Tunigi poi sprona: 33.99.6 vide Capisse e l' isola d' Alzerbe 33.99.7 e Tripoli e Bernicche e Tolomitta, 33.99.8 sin dove il Nilo in Asia si tragitta. 33.100.1 Tra la marina e la silvosa schena 33.100.2 del fiero Atlante vide ogni contrada. 33.100.3 Poi diè le spalle ai monti di Carena, 33.100.4 e sopra i Cirenei prese la strada; 33.100.5 e traversando i campi de l' arena, 33.100.6 venne a' confin di Nubia in Albaiada. 33.100.7 Rimase dietro il cimiter di Batto 33.100.8 e 'l gran tempio d' Amon, ch' oggi è disfatto. 33.101.1 Indi giunse ad un' altra Tremisenne, 33.101.2 che di Maumetto pur segue lo stilo. 33.101.3 Poi volse agli altri Etïopi le penne, 33.101.4 che contra questi son di là dal Nilo. 33.101.5 Alla città di Nubia il camin tenne 33.101.6 tra Dobada e Coalle in aria a filo. 33.101.7 Questi cristiani son, quei saracini; 33.101.8 e stan con l' arme in man sempre a' confini. 33.102.1 Senapo imperator de la Etïopia, 33.102.2 ch' in loco tien di scettro in man la croce, 33.102.3 di gente, di cittadi e d' oro ha copia 33.102.4 quindi fin là dove il mar Rosso ha foce; 33.102.5 e serva quasi nostra fede propia, 33.102.6 che può salvarlo da l' esilio atroce. 33.102.7 Gli è, s' io non piglio errore, in questo loco 33.102.8 ove al battesmo loro usano il fuoco. 33.103.1 Dismontò il duca Astolfo alla gran corte 33.103.2 dentro di Nubia, e visitò il Senapo. 33.103.3 Il castello è più ricco assai che forte, 33.103.4 ove dimora d' Etïopia il capo. 33.103.5 Le catene dei ponti e de le porte, 33.103.6 gangheri e chiavistei da piedi a capo, 33.103.7 e finalmente tutto quel lavoro 33.103.8 che noi di ferro usiamo, ivi usan d' oro. 33.104.1 Ancor che del finissimo metallo 33.104.2 vi sia tale abondanza, è pur in pregio. 33.104.3 Colonnate di limpido cristallo 33.104.4 son le gran loggie del palazzo regio. 33.104.5 Fan rosso, bianco, verde, azzurro e giallo 33.104.6 sotto i bei palchi un relucente fregio, 33.104.7 divisi tra proporzionati spazii, 33.104.8 rubin, smeraldi, zafiri e topazii. 33.105.1 In mura, in tetti, in pavimenti sparte 33.105.2 eran le perle, eran le ricche gemme. 33.105.3 Quivi il balsamo nasce; e poca parte 33.105.4 n' ebbe appo questi mai Ierusalemme. 33.105.5 Il muschio ch' a noi vien, quindi si parte; 33.105.6 quindi vien l' ambra, e cerca altre maremme: 33.105.7 vengon le cose in somma da quel canto, 33.105.8 che nei paesi nostri vaglion tanto. 33.106.1 Si dice che 'l soldan, re de l' Egitto, 33.106.2 a quel re dà tributo e sta suggetto, 33.106.3 perch' è in poter di lui dal camin dritto 33.106.4 levare il Nilo, e dargli altro ricetto, 33.106.5 e per questo lasciar subito afflitto 33.106.6 di fame il Cairo e tutto quel distretto. 33.106.7 Senapo detto è dai sudditi suoi; 33.106.8 gli diciàn Presto o Preteianni noi. 33.107.1 Di quanti re mai d' Etïopia fôro, 33.107.2 il più ricco fu questi e il più possente; 33.107.3 ma con tutta sua possa e suo tesoro, 33.107.4 gli occhi perduti avea miseramente. 33.107.5 E questo era il minor d' ogni martoro: 33.107.6 molto era più noioso e più spiacente, 33.107.7 che, quantunque ricchissimo si chiame, 33.107.8 crucïato era da perpetua fame. 33.108.1 Se per mangiare o ber quello infelice 33.108.2 venìa cacciato dal bisogno grande, 33.108.3 tosto apparia l' infernal schiera ultrice, 33.108.4 le monstruose arpie brutte e nefande, 33.108.5 che col griffo e con l' ugna predatrice 33.108.6 spargeano i vasi, e rapian le vivande; 33.108.7 e quel che non capia lor ventre ingordo, 33.108.8 vi rimanea contaminato e lordo. 33.109.1 E questo, perch' essendo d' anni acerbo, 33.109.2 e vistosi levato in tanto onore, 33.109.3 che, oltre alle ricchezze, di più nerbo 33.109.4 era di tutti gli altri e di più core; 33.109.5 divenne, come Lucifer, superbo, 33.109.6 e pensò muover guerra al suo Fattore. 33.109.7 Con la sua gente la via prese al dritto 33.109.8 al monte onde esce il gran fiume d' Egitto. 33.110.1 Inteso avea che su quel monte alpestre, 33.110.2 ch' oltre alle nubi e presso al ciel si leva, 33.110.3 era quel paradiso che terrestre 33.110.4 si dice, ove abitò già Adamo et Eva. 33.110.5 Con camelli, elefanti, e con pedestre 33.110.6 esercito, orgoglioso si moveva 33.110.7 con gran desir, se v' abitava gente, 33.110.8 di farla alle sue leggi ubbidïente. 33.111.1 Dio gli ripresse il temerario ardire, 33.111.2 e mandò l' angel suo tra quelle frotte, 33.111.3 che cento mila ne fece morire, 33.111.4 e condannò lui di perpetua notte. 33.111.5 Alla sua mensa poi fece venire 33.111.6 l' orrendo mostro da l' infernal grotte, 33.111.7 che gli rapisce e contamina i cibi, 33.111.8 né lascia che ne gusti o ne delibi. 33.112.1 Et in desperazion continua il messe 33.112.2 uno che già gli avea profetizzato 33.112.3 che le sue mense non sariano oppresse 33.112.4 da la rapina e da l' odore ingrato, 33.112.5 quando venir per l' aria si vedesse 33.112.6 un cavallier sopra un cavallo alato. 33.112.7 Perché dunque impossibil parea questo, 33.112.8 privo d' ogni speranza vivea mesto. 33.113.1 Or che con gran stupor vede la gente 33.113.2 sopra ogni muro e sopra ogn' alta torre 33.113.3 entrare il cavalliero, immantinente 33.113.4 è chi a narrarlo al re di Nubia corre, 33.113.5 a cui la profezia ritorna a mente; 33.113.6 et oblïando per letizia tôrre 33.113.7 la fedel verga, con le mani inante 33.113.8 vien brancolando al cavallier volante. 33.114.1 Astolfo ne la piazza del castello 33.114.2 con spazïose ruote in terra scese. 33.114.3 Poi che fu il re condotto inanzi a quello, 33.114.4 inginochiossi, e le man giunte stese, 33.114.5 e disse: -- Angel di Dio, Messia novello, 33.114.6 s' io non merto perdono a tante offese, 33.114.7 mira che proprio è a noi peccar sovente, 33.114.8 a voi perdonar sempre a chi si pente. 33.115.1 Del mio error consapevole, non chieggio 33.115.2 né chiederti ardirei gli antiqui lumi. 33.115.3 Che tu lo possa far, ben creder deggio, 33.115.4 che sei de' cari a Dio beati numi. 33.115.5 Ti basti il gran martìr ch' io non ci veggio, 33.115.6 senza ch' ognior la fame mi consumi: 33.115.7 almen discaccia le fetide arpie, 33.115.8 che non rapiscan le vivande mie. 33.116.1 E di marmore un tempio ti prometto 33.116.2 edificar de l' alta regia mia, 33.116.3 che tutte d' oro abbia le porte e 'l tetto, 33.116.4 e dentro e fuor di gemme ornato sia; 33.116.5 e dal tuo santo nome sarà detto, 33.116.6 e del miracol tuo scolpito fia. -- 33.116.7 Così dicea quel re che nulla vede, 33.116.8 cercando invan baciare al duca il piede. 33.117.1 Rispose Astolfo: -- Né l' angel di Dio, 33.117.2 né son Messia novel, né dal ciel vegno; 33.117.3 ma son mortale e peccatore anch' io, 33.117.4 di tanta grazia a me concessa indegno. 33.117.5 Io farò ogn' opra acciò che 'l mostro rio, 33.117.6 per morte o fuga, io ti levi del regno. 33.117.7 S' io il fo, me non, ma Dio ne loda solo, 33.117.8 che per tuo aiuto qui mi drizzò il volo. 33.118.1 Fa questi voti a Dio, debiti a lui; 33.118.2 a lui le chiese edifica e gli altari. -- 33.118.3 Così parlando, andavano ambidui 33.118.4 verso il castello fra i baron preclari. 33.118.5 Il re commanda ai servitori sui 33.118.6 che subito il convito si prepari, 33.118.7 sperando che non debba essergli tolta 33.118.8 la vivanda di mano a questa volta. 33.119.1 Dentro una ricca sala immantinente 33.119.2 apparecchiossi il convito solenne. 33.119.3 Col Senapo s' assise solamente 33.119.4 il duca Astolfo, e la vivanda venne. 33.119.5 Ecco per l' aria lo stridor si sente, 33.119.6 percossa intorno da l' orribil penne; 33.119.7 ecco venir l' arpie brutte e nefande, 33.119.8 tratte dal cielo a odor de le vivande. 33.120.1 Erano sette in una schiera, e tutte 33.120.2 volti di donne avean, pallide e smorte, 33.120.3 per lunga fame attenuate e asciutte, 33.120.4 orribili a veder più che la morte. 33.120.5 L' alaccie grandi avean, deformi e brutte; 33.120.6 le man rapaci, e l' ugne incurve e torte; 33.120.7 grande e fetido il ventre, e lunga coda, 33.120.8 come di serpe che s' aggira e snoda. 33.121.1 Si sentono venir per l' aria, e quasi 33.121.2 si veggon tutte a un tempo in su la mensa 33.121.3 rapire i cibi e riversare i vasi: 33.121.4 e molta feccia il ventre lor dispensa, 33.121.5 tal che gli è forza d' atturare i nasi; 33.121.6 che non si può patir la puzza immensa. 33.121.7 Astolfo, come l' ira lo sospinge, 33.121.8 contra gli ingordi augelli il ferro stringe. 33.122.1 Uno sul collo, un altro su la groppa 33.122.2 percuote, e chi nel petto, e chi ne l' ala; 33.122.3 ma come fera in su 'n sacco di stoppa, 33.122.4 poi langue il colpo, e senza effetto cala: 33.122.5 e quei non vi lasciâr piatto né coppa 33.122.6 che fosse intatta, né sgombrâr la sala, 33.122.7 prima che le rapine e il fiero pasto 33.122.8 contaminato il tutto avesse e guasto. 33.123.1 Avuto avea quel re ferma speranza 33.123.2 nel duca, che l' arpie gli discacciassi; 33.123.3 et or che nulla ove sperar gli avanza, 33.123.4 sospira e geme, e disperato stassi. 33.123.5 Viene al duca del corno rimembranza, 33.123.6 che suole aitarlo ai perigliosi passi; 33.123.7 e conchiude tra sé, che questa via 33.123.8 per discacciare i mostri ottima sia. 33.124.1 E prima fa che 'l re con suoi baroni 33.124.2 di calda cera l' orecchia si serra, 33.124.3 acciò che tutti, come il corno suoni, 33.124.4 non abbiano a fuggir fuor de la terra. 33.124.5 Prende la briglia, e salta sugli arcioni 33.124.6 de l' ippogrifo, et il bel corno afferra; 33.124.7 e con cenni allo scalco poi commanda 33.124.8 che riponga la mensa e la vivanda. 33.125.1 E così in una loggia s' apparecchia 33.125.2 con altra mensa altra vivanda nuova. 33.125.3 Ecco l' arpie che fan l' usanza vecchia: 33.125.4 Astolfo il corno subito ritrova. 33.125.5 Gli augelli, che non han chiusa l' orecchia, 33.125.6 udito il suon, non puon stare alla prova; 33.125.7 ma vanno in fuga pieni di paura, 33.125.8 né di cibo né d' altro hanno più cura. 33.126.1 Subito il paladin dietro lor sprona: 33.126.2 volando esce il destrier fuor de la loggia, 33.126.3 e col castel la gran città abandona, 33.126.4 e per l' aria, cacciando i mostri, poggia. 33.126.5 Astolfo il corno tuttavolta suona: 33.126.6 fuggon l' arpie verso la zona roggia, 33.126.7 tanto che sono all' altissimo monte 33.126.8 ove il Nilo ha, se in alcun luogo ha, fonte. 33.127.1 Quasi de la montagna alla radice 33.127.2 entra sotterra una profonda grotta, 33.127.3 che certissima porta esser si dice 33.127.4 di ch' allo 'nferno vuol scender talotta. 33.127.5 Quivi s' è quella turba predatrice, 33.127.6 come in sicuro albergo, ricondotta, 33.127.7 e giù sin di Cocito in su la proda 33.127.8 scesa, e più là, dove quel suon non oda. 33.128.1 All' infernal caliginosa buca 33.128.2 ch' apre la strada a chi abandona il lume, 33.128.3 finì l' orribil suon l' inclito duca, 33.128.4 e fe' raccorre al suo destrier le piume. 33.128.5 Ma prima che più inanzi io lo conduca, 33.128.6 per non mi dipartir dal mio costume, 33.128.7 poi che da tutti i lati ho pieno il foglio, 33.128.8 finire il canto, e riposar mi voglio.
CANTO XXXIV
34.1.1 Oh famelice, inique e fiere arpie 34.1.2 ch' all' accecata Italia e d' error piena, 34.1.3 per punir forse antique colpe rie, 34.1.4 in ogni mensa alto giudicio mena! 34.1.5 Innocenti fanciulli e madri pie 34.1.6 cascan di fame, e veggon ch' una cena 34.1.7 di questi mostri rei tutto divora 34.1.8 ciò che del viver lor sostegno fôra. 34.2.1 Troppo fallò chi le spelonche aperse, 34.2.2 che già molt' anni erano state chiuse; 34.2.3 onde il fetore e l' ingordigia emerse, 34.2.4 ch' ad ammorbare Italia si diffuse. 34.2.5 Il bel vivere allora si summerse; 34.2.6 e la quïete in tal modo s' escluse, 34.2.7 ch' in guerre, in povertà sempre e in affanni 34.2.8 è dopo stata, et è per star molt' anni: 34.3.1 fin ch' ella un giorno ai neghitosi figli 34.3.2 scuota la chioma, e cacci fuor di Lete, 34.3.3 gridando lor: -- Non fia chi rassimigli 34.3.4 alla virtù di Calai e di Zete? 34.3.5 che le mense dal puzzo e dagli artigli 34.3.6 liberi, e torni a lor mondizia liete, 34.3.7 come essi già quelle di Fineo, e dopo 34.3.8 fe' il paladin quelle del re etïopo. -- 34.4.1 Il paladin col suono orribil venne 34.4.2 le brutte arpie cacciando in fuga e in rotta, 34.4.3 tanto ch' a piè d' un monte si ritenne, 34.4.4 ove esse erano entrate in una grotta. 34.4.5 L' orecchie attente allo spiraglio tenne, 34.4.6 e l' aria ne sentì percossa e rotta 34.4.7 da pianti e d' urli e da lamento eterno: 34.4.8 segno evidente quivi esser lo 'nferno. 34.5.1 Astolfo si pensò d' entrarvi dentro, 34.5.2 e veder quei c' hanno perduto il giorno, 34.5.3 e penetrar la terra fin al centro, 34.5.4 e le bolgie infernal cercare intorno. 34.5.5 -- Di che debbo temer (dicea) s' io v' entro, 34.5.6 che mi posso aiutar sempre col corno? 34.5.7 Farò fuggir Plutone e Satanasso, 34.5.8 e 'l can trifauce leverò dal passo. -- 34.6.1 De l' alato destrier presto discese, 34.6.2 e lo lasciò legato a un arbuscello; 34.6.3 poi si calò ne l' antro; e prima prese 34.6.4 il corno, avendo ogni sua speme in quello. 34.6.5 Non andò molto inanzi, che gli offese 34.6.6 il naso e gli occhi un fumo oscuro e fello, 34.6.7 più che di pece grave e che di zolfo: 34.6.8 non sta d' andar per questo inanzi Astolfo. 34.7.1 Ma quanto va più inanzi, più s' ingrossa 34.7.2 il fumo e la caligine, e gli pare 34.7.3 ch' andare inanzi più troppo non possa; 34.7.4 che sarà forza a dietro ritornare. 34.7.5 Ecco, non sa che sia, vede far mossa 34.7.6 da la volta di sopra, come fare 34.7.7 il cadavero appeso al vento suole, 34.7.8 che molti dì sia stato all' acqua e al sole. 34.8.1 Sì poco, e quasi nulla era di luce 34.8.2 in quella affumicata e nera strada, 34.8.3 che non comprende e non discerne il duce 34.8.4 chi questo sia che sì per l' aria vada; 34.8.5 e per notizia averne si conduce 34.8.6 a dargli uno o duo colpi de la spada. 34.8.7 Stima poi ch' uno spirto esser quel debbia; 34.8.8 che gli par di ferir sopra la nebbia. 34.9.1 Allor sentì parlar con voce mesta: 34.9.2 -- Deh, senza fare altrui danno, giù cala! 34.9.3 Pur troppo il negro fumo mi molesta, 34.9.4 che dal fuoco infernal qui tutto esala. -- 34.9.5 Il duca stupefatto allor s' arresta, 34.9.6 e dice all' ombra: -- Se Dio tronchi ogni ala 34.9.7 al fumo, sì ch' a te più non ascenda, 34.9.8 non ti dispiaccia che 'l tuo stato intenda. 34.10.1 E se vuoi che di te porti novella 34.10.2 nel mondo su, per satisfarti sono. -- 34.10.3 L' ombra rispose: -- Alla luce alma e bella 34.10.4 tornar per fama ancor sì mi par buono, 34.10.5 che le parole è forza che mi svella 34.10.6 il gran desir c' ho d' aver poi tal dono, 34.10.7 e che 'l mio nome e l' esser mio ti dica, 34.10.8 ben che 'l parlar mi sia noia e fatica. -- 34.11.1 E cominciò: -- Signor, Lidia sono io, 34.11.2 del re di Lidia in grande altezza nata, 34.11.3 qui dal giudicio altissimo di Dio 34.11.4 al fumo eternamente condannata, 34.11.5 per esser stata al fido amante mio, 34.11.6 mentre io vissi, spiacevole et ingrata. 34.11.7 D' altre infinite è questa grotta piena, 34.11.8 poste per simil fallo in simil pena. 34.12.1 Sta la cruda Anassarete più al basso, 34.12.2 ove è maggiore il fumo e più martìre. 34.12.3 Restò converso al mondo il corpo in sasso, 34.12.4 e l' anima qua giù venne a patire, 34.12.5 poi che veder per lei l' afflitto e lasso 34.12.6 suo amante appeso poté sofferire. 34.12.7 Qui presso è Dafne, ch' or s' avvede quanto 34.12.8 errasse a fare Apollo correr tanto. 34.13.1 Lungo saria se gl' infelici spirti 34.13.2 de le femine ingrate, che qui stanno, 34.13.3 volesse ad uno ad uno riferirti; 34.13.4 che tanti son, ch' in infinito vanno. 34.13.5 Più lungo ancor saria gli uomini dirti, 34.13.6 a' quai l' essere ingrato ha fatto danno, 34.13.7 e che puniti sono in peggior loco, 34.13.8 ove il fumo gli accieca, e cuoce il fuoco. 34.14.1 Perché le donne più facili e prone 34.14.2 a creder son, di più supplicio è degno 34.14.3 chi lor fa inganno. Il sa Teseo e Iasone 34.14.4 e chi turbò a Latin l' antiquo regno; 34.14.5 sallo ch' incontra sé il frate Absalone 34.14.6 per Tamar trasse a sanguinoso sdegno; 34.14.7 et altri et altre: che sono infiniti, 34.14.8 che lasciato han chi moglie e chi mariti. 34.15.1 Ma per narrar di me più che d' altrui, 34.15.2 e palesar l' error che qui mi trasse, 34.15.3 bella, ma altiera più, sì in vita fui, 34.15.4 che non so s' altra mai mi s' aguagliasse: 34.15.5 né ti saprei ben dir, di questi dui, 34.15.6 s' in me l' orgoglio o la beltà avanzasse; 34.15.7 quantunque il fasto e l' alterezza nacque 34.15.8 da la beltà ch' a tutti gli occhi piacque. 34.16.1 Era in quel tempo in Tracia un cavalliero 34.16.2 estimato il miglior del mondo in arme, 34.16.3 il qual da più d' un testimonio vero 34.16.4 di singular beltà sentì lodarme; 34.16.5 tal che spontaneamente fe' pensiero 34.16.6 di volere il suo amor tutto donarme, 34.16.7 stimando meritar per suo valore, 34.16.8 che caro aver di lui dovessi il core. 34.17.1 In Lidia venne; e d' un laccio più forte 34.17.2 vinto restò, poi che veduta m' ebbe. 34.17.3 Con gli altri cavallier si messe in corte 34.17.4 del padre mio, dove in gran fama crebbe. 34.17.5 L' alto valore e le più d' una sorte 34.17.6 prodezze che mostrò, lungo sarebbe 34.17.7 a raccontarti, e il suo merto infinito, 34.17.8 quando egli avesse a più grato uom servito. 34.18.1 Panfilia e Caria e il regno de' Cilici 34.18.2 per opra di costui mio padre vinse; 34.18.3 che l' esercito mai contra i nimici, 34.18.4 se non quanto volea costui, non spinse. 34.18.5 Costui, poi che gli parve i benefici 34.18.6 suoi meritarlo, un dì col re si strinse 34.18.7 a domandargli in premio de le spoglie 34.18.8 tante arrecate, ch' io fossi sua moglie. 34.19.1 Fu repulso dal re, ch' in grande stato 34.19.2 maritar disegnava la figliuola, 34.19.3 non a costui che cavallier privato 34.19.4 altro non tien che la virtude sola: 34.19.5 e 'l padre mio troppo al guadagno dato, 34.19.6 e all' avarizia, d' ogni vizio scuola, 34.19.7 tanto apprezza costumi, o virtù ammira, 34.19.8 quanto l' asino fa il suon de la lira. 34.20.1 Alceste, il cavallier di ch' io ti parlo 34.20.2 (che così nome avea), poi che si vede 34.20.3 repulso da chi più gratificarlo 34.20.4 era più debitor, commiato chiede; 34.20.5 e lo minaccia, nel partir, di farlo 34.20.6 pentir che la figliuola non gli diede. 34.20.7 Se n' andò al re d' Armenia, emulo antico 34.20.8 del re di Lidia e capital nimico; 34.21.1 e tanto stimulò, che lo dispose 34.21.2 a pigliar l' arme e far guerra a mio padre. 34.21.3 Esso per l' opre sue chiare e famose 34.21.4 fu fatto capitan di quelle squadre. 34.21.5 Pel re d' Armenia tutte l' altre cose 34.21.6 disse ch' acquisteria: sol le leggiadre 34.21.7 e belle membra mie volea per frutto 34.21.8 de l' opra sua, vinto ch' avesse il tutto. 34.22.1 Io non ti potre' esprimere il gran danno 34.22.2 ch' Alceste al padre mio fa in quella guerra. 34.22.3 Quattro eserciti rompe, e in men d' un anno 34.22.4 lo mena a tal, che non gli lascia terra, 34.22.5 fuor ch' un castel ch' alte pendici fanno 34.22.6 fortissimo; e là dentro il re si serra 34.22.7 con la famiglia che più gli era accetta, 34.22.8 e col tesor che trar vi puote in fretta. 34.23.1 Quivi assedionne Alceste; et in non molto 34.23.2 termine a tal disperazion ne trasse, 34.23.3 che per buon patto avria mio padre tolto 34.23.4 che moglie e serva ancor me gli lasciasse 34.23.5 con la metà del regno, s' indi assolto 34.23.6 restar d' ogni altro danno si sperasse. 34.23.7 Vedersi in breve de l' avanzo privo 34.23.8 era ben certo, e poi morir captivo. 34.24.1 Tentar, prima ch' accada, si dispone 34.24.2 ogni rimedio che possibil sia; 34.24.3 e me, che d' ogni male era cagione, 34.24.4 fuor de la ròcca, ov' era Alceste invia. 34.24.5 Io vo ad Alceste con intenzïone 34.24.6 di dargli in preda la persona mia, 34.24.7 e pregar che la parte che vuol tolga 34.24.8 del regno nostro, e l' ira in pace volga. 34.25.1 Come ode Alceste ch' io vo a ritrovarlo, 34.25.2 mi viene incontra pallido e tremante: 34.25.3 di vinto e di prigione, a riguardarlo, 34.25.4 più che di vincitore, have sembiante. 34.25.5 Io che conosco ch' arde, non gli parlo 34.25.6 sì come avea già disegnato inante: 34.25.7 vista l' occasïon, fo pensier nuovo 34.25.8 convenïente al grado in ch' io lo trovo. 34.26.1 A maledir comincio l' amor d' esso, 34.26.2 e di sua crudeltà troppo a dolermi, 34.26.3 ch' iniquamente abbia mio padre oppresso, 34.26.4 e che per forza abbia cercato avermi; 34.26.5 che con più grazia gli saria successo 34.26.6 indi a non molti dì, se tener fermi 34.26.7 saputo avesse i modi cominciati, 34.26.8 ch' al re et a tutti noi sì furon grati. 34.27.1 E se ben da principio il padre mio 34.27.2 gli avea negata la domanda onesta 34.27.3 (però che di natura è un poco rio, 34.27.4 né mai si piega alla prima richiesta), 34.27.5 farsi per ciò di ben servir restio 34.27.6 non doveva egli, e aver l' ira sì presta; 34.27.7 anzi, ognor meglio oprando, tener certo 34.27.8 venire in breve al desïato merto. 34.28.1 E quando anco mio padre a lui ritroso 34.28.2 stato fosse, io l' avrei tanto pregato, 34.28.3 ch' avria l' amante mio fatto mio sposo. 34.28.4 Pur, se veduto io l' avessi ostinato, 34.28.5 avrei fatto tal opra di nascoso, 34.28.6 che di me Alceste si saria lodato. 34.28.7 Ma poi ch' a lui tentar parve altro modo, 34.28.8 io di mai non l' amar fisso avea il chiodo. 34.29.1 E se ben era a lui venuta, mossa 34.29.2 da la pietà ch' al mio padre portava, 34.29.3 sia certo che non molto fruir possa 34.29.4 il piacer ch' al dispetto mio gli dava; 34.29.5 ch' era per far di me la terra rossa, 34.29.6 tosto ch' io avessi alla sua voglia prava 34.29.7 con questa mia persona satisfatto 34.29.8 di quel che tutto a forza saria fatto. 34.30.1 Queste parole e simili altre usai, 34.30.2 poi che potere in lui mi vidi tanto; 34.30.3 e 'l più pentito lo rendei, che mai 34.30.4 si trovasse ne l' eremo alcun santo. 34.30.5 Mi cadde a' piedi, e supplicommi assai, 34.30.6 che col coltel che si levò da canto 34.30.7 (e volea in ogni modo ch' io 'l pigliassi) 34.30.8 di tanto fallo suo mi vendicassi. 34.31.1 Poi ch' io lo trovo tale, io fo disegno 34.31.2 la gran vittoria insin al fin seguire: 34.31.3 gli do speranza di farlo anco degno 34.31.4 che la persona mia potrà fruire, 34.31.5 s' emendando il suo error, l' antiquo regno 34.31.6 al padre mio farà restituire; 34.31.7 e nel tempo a venir vorrà acquistarme 34.31.8 servendo, amando, e non mai più per arme. 34.32.1 Così far mi promesse, e ne la ròcca 34.32.2 intatta mi mandò, come a lui venni, 34.32.3 né di baciarmi pur s' ardì la bocca: 34.32.4 vedi s' al collo il giogo ben gli tenni; 34.32.5 vedi se bene Amor per me lo tocca, 34.32.6 se convien che per lui più strali impenni. 34.32.7 Al re d' Armenia andò, di cui dovea 34.32.8 esser per patto ciò che si prendea: 34.33.1 e con quel miglior modo ch' usar puote, 34.33.2 lo priega ch' al mio padre il regno lassi, 34.33.3 del qual le terre ha depredate e vòte, 34.33.4 et a goder l' antiqua Armenia passi. 34.33.5 Quel re, d' ira infiammando ambe le gote, 34.33.6 disse ad Alceste che non vi pensassi; 34.33.7 che non si volea tor da quella guerra, 34.33.8 fin che mio padre avea palmo di terra. 34.34.1 E s' Alceste è mutato alle parole 34.34.2 d' una vil feminella, abbiasi il danno. 34.34.3 Già a' prieghi esso di lui perder non vuole 34.34.4 quel ch' a fatica ha preso in tutto un anno. 34.34.5 Di nuovo Alceste il priega, e poi si duole 34.34.6 che seco effetto i prieghi suoi non fanno. 34.34.7 All' ultimo s' adira, e lo minaccia 34.34.8 che vuol, per orza o per amor, lo faccia. 34.35.1 L' ira multiplicò sì, che li spinse 34.35.2 da le male parole ai peggior fatti. 34.35.3 Alceste contra il re la spada strinse 34.35.4 fra mille ch' in suo aiuto s' eran tratti, 34.35.5 e mal grado lor tutti, ivi l' estinse; 34.35.6 e quel dì ancor gli Armeni ebbe disfatti, 34.35.7 con l' aiuto de' Cilici e de' Traci 34.35.8 che pagava egli, e d' altri suoi seguaci. 34.36.1 Seguitò la vittoria, et a sue spese, 34.36.2 senza dispendio alcun del padre mio, 34.36.3 ne rendé tutto il regno in men d' un mese. 34.36.4 Poi per ricompensarne il danno rio, 34.36.5 oltr' alle spoglie che ne diede, prese 34.36.6 in parte, e gravò in parte di gran fio 34.36.7 Armenia e Capadocia che confina, 34.36.8 e scórse Ircania fin su la marina. 34.37.1 In luogo di trionfo, al suo ritorno, 34.37.2 facemmo noi pensier dargli la morte. 34.37.3 Restammo poi, per non ricever scorno; 34.37.4 che lo veggiàn troppo d' amici forte. 34.37.5 Fingo d' amarlo, e più di giorno in giorno 34.37.6 gli do speranza d' essergli consorte; 34.37.7 ma prima contra altri nimici nostri 34.37.8 dico voler che sua virtù dimostri. 34.38.1 E quando sol, quando con poca gente 34.38.2 lo mando a strane imprese e perigliose, 34.38.3 da farne morir mille agevolmente: 34.38.4 ma lui successer ben tutte le cose; 34.38.5 che tornò con vittoria, e fu sovente 34.38.6 con orribil persone e monstruose, 34.38.7 con Giganti a battaglia e Lestrigoni, 34.38.8 ch' erano infesti a nostre regïoni. 34.39.1 Non fu da Euristeo mai, non fu mai tanto 34.39.2 da la matrigna esercitato Alcide 34.39.3 in Lerna, in Nemea, in Tracia, in Erimanto, 34.39.4 alle valli d' Etolia, alle Numide, 34.39.5 sul Tevre, su l' Ibero e altrove; quanto 34.39.6 con prieghi finti e con voglie omicide 34.39.7 esercitato fu da me il mio amante, 34.39.8 cercando io pur di torlomi davante. 34.40.1 Né potendo venire al primo intento, 34.40.2 vengone ad un di non minore effetto: 34.40.3 gli fo quei tutti ingiurïar, ch' io sento 34.40.4 che per lui sono, e a tutti in odio il metto. 34.40.5 Egli che non sentia maggior contento 34.40.6 che d' ubbidirmi, senza alcun rispetto 34.40.7 le mani ai cenni miei sempre avea pronte, 34.40.8 senza guardare un più d' un altro in fronte. 34.41.1 Poi che mi fu, per questo mezzo, aviso 34.41.2 spento aver del mio padre ogni nimico, 34.41.3 e per lui stesso Alceste aver conquiso, 34.41.4 che non si avea, per noi, lasciato amico; 34.41.5 quel ch' io gli avea con simulato viso 34.41.6 celato fin allor, chiaro gli esplìco: 34.41.7 che grave e capitale odio gli porto, 34.41.8 e pur tuttavia cerco che sia morto. 34.42.1 Considerando poi, s' io lo facessi, 34.42.2 ch' in publica ignominia ne verrei 34.42.3 (sapeasi troppo quanto io gli dovessi, 34.42.4 e crudel detta sempre ne sarei), 34.42.5 mi parve fare assai ch' io gli togliessi 34.42.6 di mai venir più inanzi agli occhi miei. 34.42.7 Né veder né parlar mai più gli vòlsi, 34.42.8 né messo udi', né lettera ne tolsi. 34.43.1 Questa mia ingratitudine gli diede 34.43.2 tanto martìr, ch' al fin dal dolor vinto, 34.43.3 e dopo un lungo domandar mercede, 34.43.4 infermo cadde, e ne rimase estinto. 34.43.5 Per pena ch' al fallir mio si richiede, 34.43.6 or gli occhi ho lacrimosi, e il viso tinto 34.43.7 del negro fumo: e così avrò in eterno; 34.43.8 che nulla redenzione è ne l' inferno. -- 34.44.1 Poi che non parla più Lidia infelice, 34.44.2 va il duca per saper s' altri vi stanzi: 34.44.3 ma la caligine alta ch' era ultrice 34.44.4 de l' opre ingrate, sì gl' ingrossa inanzi, 34.44.5 ch' andare un palmo sol più non gli lice; 34.44.6 anzi a forza tornar gli conviene, anzi, 34.44.7 perché la vita non gli sia intercetta 34.44.8 dal fumo, i passi accelerar con fretta. 34.45.1 Il mutar spesso de le piante ha vista 34.45.2 di corso, e non di chi passegia o trotta. 34.45.3 Tanto, salendo inverso l' erta, acquista, 34.45.4 che vede dove aperta era la grotta; 34.45.5 e l' aria, già caliginosa e trista, 34.45.6 dal lume cominciava ad esser rotta. 34.45.7 Al fin con molto affanno e grave ambascia 34.45.8 esce de l' antro, e dietro il fumo lascia. 34.46.1 E perché del tornar la via sia tronca 34.46.2 a quelle bestie c' han sì ingorde l' epe, 34.46.3 raguna sassi, e molti arbori tronca, 34.46.4 che v' eran qual d' amomo e qual di pepe; 34.46.5 e come può, dinanzi alla spelonca 34.46.6 fabrica di sua man quasi una siepe: 34.46.7 e gli succede così ben quell' opra, 34.46.8 che più l' arpie non torneran di sopra. 34.47.1 Il negro fumo de la scura pece, 34.47.2 mentre egli fu ne la caverna tetra, 34.47.3 non macchiò sol quel ch' apparia, et infece, 34.47.4 ma sotto i panni ancora entra e penètra; 34.47.5 sì che per trovare acqua andar lo fece 34.47.6 cercando un pezzo; e al fin fuor d' una pietra 34.47.7 vide una fonte uscir ne la foresta, 34.47.8 ne la qual si lavò dal piè alla testa. 34.48.1 Poi monta il volatore, e in aria s' alza 34.48.2 per giunger di quel monte in su la cima, 34.48.3 che non lontan con la superna balza 34.48.4 dal cerchio de la luna esser si stima. 34.48.5 Tanto è il desir che di veder lo 'ncalza, 34.48.6 ch' al cielo aspira, e la terra non stima. 34.48.7 De l' aria più e più sempre guadagna, 34.48.8 tanto ch' al giogo va de la montagna. 34.49.1 Zafir, rubini, oro, topazi e perle, 34.49.2 e diamanti e crisoliti e iacinti 34.49.3 potriano i fiori assimigliar, che per le 34.49.4 liete piaggie v' avea l' aura dipinti: 34.49.5 sì verdi l' erbe, che possendo averle 34.49.6 qua giù, ne fôran gli smeraldi vinti; 34.49.7 né men belle degli arbori le frondi, 34.49.8 e di frutti e di fior sempre fecondi. 34.50.1 Cantan fra i rami gli augelletti vaghi 34.50.2 azzurri e bianchi e verdi e rossi e gialli. 34.50.3 Murmuranti ruscelli e cheti laghi 34.50.4 di limpidezza vincono i cristalli. 34.50.5 Una dolce aura che ti par che vaghi 34.50.6 a un modo sempre e dal suo stil non falli, 34.50.7 facea sì l' aria tremolar d' intorno, 34.50.8 che non potea noiar calor del giorno: 34.51.1 e quella ai fiori, ai pomi e alla verzura 34.51.2 gli odor diversi depredando giva, 34.51.3 e di tutti faceva una mistura 34.51.4 che di soavità l' alma notriva. 34.51.5 Surgea un palazzo in mezzo alla pianura, 34.51.6 ch' acceso esser parea di fiamma viva: 34.51.7 tanto splendore intorno e tanto lume 34.51.8 raggiava, fuor d' ogni mortal costume. 34.52.1 Astolfo il suo destrier verso il palagio 34.52.2 che più di trenta miglia intorno aggira, 34.52.3 a passo lento fa muovere ad agio, 34.52.4 e quinci e quindi il bel paese ammira; 34.52.5 e giudica, appo quel, brutto e malvagio, 34.52.6 e che sia al cielo et a natura in ira 34.52.7 questo ch' abitian noi fetido mondo: 34.52.8 tanto è soave quel, chiaro e giocondo. 34.53.1 Come egli è presso al luminoso tetto, 34.53.2 attonito riman di maraviglia; 34.53.3 che tutto d' una gemma è 'l muro schietto, 34.53.4 più che carbonchio lucida e vermiglia. 34.53.5 O stupenda opra, o dedalo architetto! 34.53.6 Qual fabrica tra noi le rassimiglia? 34.53.7 Taccia qualunque le mirabil sette 34.53.8 moli del mondo in tanta gloria mette. 34.54.1 Nel lucente vestibulo di quella 34.54.2 felice casa un vecchio al duca occorre, 34.54.3 che 'l manto ha rosso, e bianca la gonnella, 34.54.4 che l' un può al latte, e l' altro al minio opporre. 34.54.5 I crini ha bianchi, e bianca la mascella 34.54.6 di folta barba ch' al petto discorre; 34.54.7 et è sì venerabile nel viso, 34.54.8 ch' un degli eletti par del paradiso. 34.55.1 Costui con lieta faccia al paladino, 34.55.2 che riverente era d' arcion disceso, 34.55.3 disse: -- O baron, che per voler divino 34.55.4 sei nel terrestre paradiso asceso; 34.55.5 come che né la causa del camino, 34.55.6 né il fin del tuo desir da te sia inteso, 34.55.7 pur credi che non senza alto misterio 34.55.8 venuto sei da l' artico emisperio. 34.56.1 Per imparar come soccorrer déi 34.56.2 Carlo, e la santa fé tor di periglio, 34.56.3 venuto meco a consigliar ti sei 34.56.4 per così lunga via, senza consiglio. 34.56.5 Né a tuo saper, né a tua virtù vorrei 34.56.6 ch' esser qui giunto attribuissi, o figlio; 34.56.7 che né il tuo corno, né il cavallo alato 34.56.8 ti valea, se da Dio non t' era dato. 34.57.1 Ragionerem più ad agio insieme poi, 34.57.2 e ti dirò come a procedere hai: 34.57.3 ma prima vienti a ricrear con noi; 34.57.4 che 'l digiun lungo de' noiarti ormai. -- 34.57.5 Continuando il vecchio i detti suoi, 34.57.6 fece maravigliare il duca assai, 34.57.7 quando, scoprendo il nome suo, gli disse 34.57.8 esser colui che l' evangelio scrisse: 34.58.1 quel tanto al Redentor caro Giovanni, 34.58.2 per cui il sermone tra i fratelli uscìo, 34.58.3 che non dovea per morte finir gli anni; 34.58.4 sì che fu causa che 'l figliuol di Dio 34.58.5 a Pietro disse: -- Perché pur t' affanni, 34.58.6 s' io vo' che così aspetti il venir mio? -- 34.58.7 Ben che non disse: egli non de' morire, 34.58.8 si vede pur che così vòlse dire. 34.59.1 Quivi fu assunto, e trovò compagnia, 34.59.2 che prima Enoch, il patriarca, v' era; 34.59.3 eravi insieme il gran profeta Elia, 34.59.4 che non han vista ancor l' ultima sera; 34.59.5 e fuor de l' aria pestilente e ria 34.59.6 si goderan l' eterna primavera, 34.59.7 fin che dian segno l' angeliche tube, 34.59.8 che torni Cristo in su la bianca nube. 34.60.1 Con accoglienza grata il cavalliero 34.60.2 fu dai santi alloggiato in una stanza; 34.60.3 fu provisto in un' altra al suo destriero 34.60.4 di buona biada, che gli fu a bastanza. 34.60.5 De' frutti a lui del paradiso diero, 34.60.6 di tal sapor, ch' a suo giudicio, sanza 34.60.7 scusa non sono i duo primi parenti, 34.60.8 se per quei fur sì poco ubbidïenti. 34.61.1 Poi ch' a natura il duca aventuroso 34.61.2 satisfece di quel che se le debbe, 34.61.3 come col cibo, così col riposo, 34.61.4 che tutti e tutti i commodi quivi ebbe; 34.61.5 lasciando già l' Aurora il vecchio sposo, 34.61.6 ch' ancor per lunga età mai non l' increbbe, 34.61.7 si vide incontra ne l' uscir del letto 34.61.8 il discipul da Dio tanto diletto; 34.62.1 che lo prese per mano, e seco scórse 34.62.2 di molte cose di silenzio degne: 34.62.3 e poi disse: -- Figliuol, tu non sai forse 34.62.4 che in Francia accada, ancor che tu ne vegne. 34.62.5 Sappi che 'l vostro Orlando, perché torse 34.62.6 dal camin dritto le commesse insegne, 34.62.7 è punito da Dio, che più s' accende 34.62.8 contra chi egli ama più, quando s' offende. 34.63.1 Il vostro Orlando, a cui nascendo diede 34.63.2 somma possanza Dio con sommo ardire, 34.63.3 e fuor de l' uman uso gli concede 34.63.4 che ferro alcun non lo può mai ferire; 34.63.5 perché a difesa di sua santa fede 34.63.6 così voluto l' ha constituire, 34.63.7 come Sansone incontra a' Filistei 34.63.8 constituì a difesa degli Ebrei: 34.64.1 renduto ha il vostro Orlando al suo Signore 34.64.2 di tanti benefici iniquo merto; 34.64.3 che quanto aver più lo dovea in favore, 34.64.4 n' è stato il fedel popul più deserto. 34.64.5 Sì accecato l' avea l' incesto amore 34.64.6 d' una pagana, ch' avea già sofferto 34.64.7 due volte e più venire empio e crudele, 34.64.8 per dar la morte al suo cugin fedele. 34.65.1 E Dio per questo fa ch' egli va folle, 34.65.2 e mostra nudo il ventre, il petto e il fianco; 34.65.3 e l' intelletto sì gli offusca e tolle, 34.65.4 che non può altrui conoscere, e sé manco. 34.65.5 A questa guisa si legge che volle 34.65.6 Nabuccodonosor Dio punir anco, 34.65.7 che sette anni il mandò di furor pieno, 34.65.8 sì che, qual bue, pasceva l' erba e il fieno. 34.66.1 Ma perch' assai minor del paladino, 34.66.2 che di Nabucco, è stato pur l' eccesso, 34.66.3 sol di tre mesi dal voler divino 34.66.4 a purgar questo error termine è messo. 34.66.5 Né ad altro effetto per tanto camino 34.66.6 salir qua su t' ha il Redentor concesso, 34.66.7 se non perché da noi modo tu apprenda, 34.66.8 come ad Orlando il suo senno si renda. 34.67.1 Gli è ver che ti bisogna altro vïaggio 34.67.2 far meco, e tutta abbandonar la terra. 34.67.3 Nel cerchio de la luna a menar t' aggio, 34.67.4 che dei pianeti a noi più prossima erra, 34.67.5 perché la medicina che può saggio 34.67.6 rendere Orlando, là dentro si serra. 34.67.7 Come la luna questa notte sia 34.67.8 sopra noi giunta, ci porremo in via. -- 34.68.1 Di questo e d' altre cose fu diffuso 34.68.2 il parlar de l' apostolo quel giorno. 34.68.3 Ma poi che 'l sol s' ebbe nel mar rinchiuso, 34.68.4 e sopra lor levò la luna il corno, 34.68.5 un carro apparecchiòsi, ch' era ad uso 34.68.6 d' andar scorrendo per quei cieli intorno: 34.68.7 quel già ne le montagne di Giudea 34.68.8 da' mortali occhi Elia levato avea. 34.69.1 Quattro destrier via più che fiamma rossi 34.69.2 al giogo il santo evangelista aggiunse; 34.69.3 e poi che con Astolfo rassettossi, 34.69.4 e prese il freno, inverso il ciel li punse. 34.69.5 Ruotando il carro, per l' aria levossi, 34.69.6 e tosto in mezzo il fuoco eterno giunse; 34.69.7 che 'l vecchio fe' miracolosamente, 34.69.8 che, mentre lo passâr, non era ardente. 34.70.1 Tutta la sfera varcano del fuoco, 34.70.2 et indi vanno al regno de la luna. 34.70.3 Veggon per la più parte esser quel loco 34.70.4 come un acciar che non ha macchia alcuna; 34.70.5 e lo trovano uguale, o minor poco 34.70.6 di ciò ch' in questo globo si raguna, 34.70.7 in questo ultimo globo de la terra, 34.70.8 mettendo il mar che la circonda e serra. 34.71.1 Quivi ebbe Astolfo doppia maraviglia: 34.71.2 che quel paese appresso era sì grande, 34.71.3 il quale a un picciol tondo rassimiglia 34.71.4 a noi che lo miriam da queste bande; 34.71.5 e ch' aguzzar conviengli ambe le ciglia, 34.71.6 s' indi la terra e 'l mar ch' intorno spande 34.71.7 discerner vuol; che non avendo luce, 34.71.8 l' imagin lor poco alta si conduce. 34.72.1 Altri fiumi, altri laghi, altre campagne 34.72.2 sono là su, che non son qui tra noi; 34.72.3 altri piani, altre valli, altre montagne, 34.72.4 c' han le cittadi, hanno i castelli suoi, 34.72.5 con case de le quai mai le più magne 34.72.6 non vide il paladin prima né poi: 34.72.7 e vi sono ample e solitarie selve, 34.72.8 ove le ninfe ognor cacciano belve. 34.73.1 Non stette il duca a ricercare il tutto; 34.73.2 che là non era asceso a quello effetto. 34.73.3 Da l' apostolo santo fu condutto 34.73.4 in un vallon fra due montagne istretto, 34.73.5 ove mirabilmente era ridutto 34.73.6 ciò che si perde o per nostro diffetto, 34.73.7 o per colpa di tempo o di Fortuna: 34.73.8 ciò che si perde qui, là si raguna. 34.74.1 Non pur di regni o di ricchezze parlo, 34.74.2 in che la ruota instabile lavora; 34.74.3 ma di quel ch' in poter di tor, di darlo 34.74.4 non ha Fortuna, intender voglio ancora. 34.74.5 Molta fama è là su, che, come tarlo, 34.74.6 il tempo al lungo andar qua giù divora: 34.74.7 là su infiniti prieghi e voti stanno, 34.74.8 che da noi peccatori a Dio si fanno. 34.75.1 Le lacrime e i sospiri degli amanti, 34.75.2 l' inutil tempo che si perde a giuoco, 34.75.3 e l' ozio lungo d' uomini ignoranti, 34.75.4 vani disegni che non han mai loco, 34.75.5 i vani desidèri sono tanti, 34.75.6 che la più parte ingombran di quel loco: 34.75.7 ciò che in somma qua giù perdesti mai, 34.75.8 là su salendo ritrovar potrai. 34.76.1 Passando il paladin per quelle biche, 34.76.2 or di questo or di quel chiede alla guida. 34.76.3 Vide un monte di tumide vesiche, 34.76.4 che dentro parea aver tumulti e grida; 34.76.5 e seppe ch' eran le corone antiche 34.76.6 e degli Assirii e de la terra lida, 34.76.7 e de' Persi e de' Greci, che già furo 34.76.8 incliti, et or n' è quasi il nome oscuro. 34.77.1 Ami d' oro e d' argento appresso vede 34.77.2 in una massa, ch' erano quei doni 34.77.3 che si fan con speranza di mercede 34.77.4 ai re, agli avari principi, ai patroni. 34.77.5 Vede in ghirlande ascosi lacci; e chiede, 34.77.6 et ode che son tutte adulazioni. 34.77.7 Di cicale scoppiate imagine hanno 34.77.8 versi ch' in laude dei signor si fanno. 34.78.1 Di nodi d' oro e di gemmati ceppi 34.78.2 vede c' han forma i mal seguiti amori. 34.78.3 V' eran d' aquile artigli; e che fur, seppi, 34.78.4 l' autorità ch' ai suoi dànno i signori. 34.78.5 I mantici ch' intorno han pieni i greppi, 34.78.6 sono i fumi dei principi e i favori 34.78.7 che dànno un tempo ai ganimedi suoi, 34.78.8 che se ne van col fior degli anni poi. 34.79.1 Ruine di cittadi e di castella 34.79.2 stavan con gran tesor quivi sozzopra. 34.79.3 Domanda, e sa che son trattati, e quella 34.79.4 congiura che sì mal par che si cuopra. 34.79.5 Vide serpi con faccia di donzella, 34.79.6 di monetieri e di ladroni l' opra: 34.79.7 poi vide boccie rotte di più sorti, 34.79.8 ch' era il servir de le misere corti. 34.80.1 Di versate minestre una gran massa 34.80.2 vede, e domanda al suo dottor ch' importe. 34.80.3 -- L' elemosina è (dice) che si lassa 34.80.4 alcun, che fatta sia dopo la morte. -- 34.80.5 Di varii fiori ad un gran monte passa, 34.80.6 ch' ebbe già buono odore, or putia forte. 34.80.7 Questo era il dono (se però dir lece) 34.80.8 che Constantino al buon Silvestro fece. 34.81.1 Vide gran copia di panie con visco, 34.81.2 ch' erano, o donne, le bellezze vostre. 34.81.3 Lungo sarà, se tutte in verso ordisco 34.81.4 le cose che gli fur quivi dimostre; 34.81.5 che dopo mille e mille io non finisco, 34.81.6 e vi son tutte l' occurrenzie nostre: 34.81.7 sol la pazzia non v' è poca né assai; 34.81.8 che sta qua giù, né se ne parte mai. 34.82.1 Quivi ad alcuni giorni e fatti sui, 34.82.2 ch' egli già avea perduti, si converse; 34.82.3 che se non era interprete con lui, 34.82.4 non discernea le forme lor diverse. 34.82.5 Poi giunse a quel che par sì averlo a nui, 34.82.6 che mai per esso a Dio voti non fêrse; 34.82.7 io dico il senno: e n' era quivi un monte, 34.82.8 solo assai più che l' altre cose conte. 34.83.1 Era come un liquor suttile e molle, 34.83.2 atto a esalar, se non si tien ben chiuso; 34.83.3 e si vedea raccolto in varie ampolle, 34.83.4 qual più, qual men capace, atte a quell' uso. 34.83.5 Quella è maggior di tutte, in che del folle 34.83.6 signor d' Anglante era il gran senno infuso; 34.83.7 e fu da l' altre conosciuta, quando 34.83.8 avea scritto di fuor:" Senno d' Orlando". 34.84.1 E così tutte l' altre avean scritto anco 34.84.2 il nome di color di chi fu il senno. 34.84.3 Del suo gran parte vide il duca franco; 34.84.4 ma molto più maravigliar lo fenno 34.84.5 molti ch' egli credea che dramma manco 34.84.6 non dovessero averne, e quivi dénno 34.84.7 chiara notizia che ne tenean poco; 34.84.8 che molta quantità n' era in quel loco. 34.85.1 Altri in amar lo perde, altri in onori, 34.85.2 altri in cercar, scorrendo il mar, richezze; 34.85.3 altri ne le speranze de' signori, 34.85.4 altri dietro alle magiche sciocchezze; 34.85.5 altri in gemme, altri in opre di pittori, 34.85.6 et altri in altro che più d' altro aprezze. 34.85.7 Di sofisti e d' astrologhi raccolto, 34.85.8 e di poeti ancor ve n' era molto. 34.86.1 Astolfo tolse il suo; che gliel concesse 34.86.2 lo scrittor de l' oscura Apocalisse. 34.86.3 L' ampolla in ch' era al naso sol si messe, 34.86.4 e par che quello al luogo suo ne gisse: 34.86.5 e che Turpin da indi in qua confesse 34.86.6 ch' Astolfo lungo tempo saggio visse; 34.86.7 ma ch' uno error che fece poi, fu quello 34.86.8 ch' un' altra volta gli levò il cervello. 34.87.1 La più capace e piena ampolla, ov' era 34.87.2 il senno che solea far savio il conte, 34.87.3 Astolfo tolle; e non è sì leggiera, 34.87.4 come stimò, con l' altre essendo a monte. 34.87.5 Prima che 'l paladin da quella sfera 34.87.6 piena di luce alle più basse smonte, 34.87.7 menato fu da l' apostolo santo 34.87.8 in un palagio ov' era un fiume a canto; 34.88.1 ch' ogni sua stanza avea piena di velli 34.88.2 di lin, di seta, di coton, di lana, 34.88.3 tinti in varii colori e brutti e belli. 34.88.4 Nel primo chiostro una femina cana 34.88.5 fila a un aspo traea da tutti quelli, 34.88.6 come veggiàn l' estate la villana 34.88.7 traer dai bachi le bagnate spoglie, 34.88.8 quando la nuova seta si raccoglie. 34.89.1 V' è chi, finito un vello, rimettendo 34.89.2 ne viene un altro, e chi ne porta altronde: 34.89.3 un' altra de le filze va scegliendo 34.89.4 il bel dal brutto che quella confonde. 34.89.5 -- Che lavor si fa qui, ch' io non l' intendo? -- 34.89.6 dice a Giovanni Astolfo; e quel risponde: 34.89.7 -- Le vecchie son le Parche, che con tali 34.89.8 stami filano vite a voi mortali. 34.90.1 Quanto dura un de' velli, tanto dura 34.90.2 l' umana vita, e non di più un momento. 34.90.3 Qui tien l' occhio e la Morte e la Natura, 34.90.4 per saper l' ora ch' un debba esser spento. 34.90.5 Sceglier le belle fila ha l' altra cura, 34.90.6 perché si tesson poi per ornamento 34.90.7 del paradiso; e dei più brutti stami 34.90.8 si fan per li dannati aspri legami. -- 34.91.1 Di tutti i velli ch' erano già messi 34.91.2 in aspo, e scelti a farne altro lavoro, 34.91.3 erano in brevi piastre i nomi impressi, 34.91.4 altri di ferro, altri d' argento o d' oro: 34.91.5 e poi fatti n' avean cumuli spessi, 34.91.6 de' quali, senza mai farvi ristoro, 34.91.7 portarne via non si vedea mai stanco 34.91.8 un vecchio, e ritornar sempre per anco. 34.92.1 Era quel vecchio sì espedito e snello, 34.92.2 che per correr parea che fosse nato; 34.92.3 e da quel monte il lembo del mantello 34.92.4 portava pien del nome altrui segnato. 34.92.5 Ove n' andava, e perché facea quello, 34.92.6 ne l' altro canto vi sarà narrato, 34.92.7 se d' averne piacer segno farete 34.92.8 con quella grata udienza che solete.
CANTO XXXV
35.1.1 Chi salirà per me, madonna, in cielo 35.1.2 a riportarne il mio perduto ingegno? 35.1.3 che, poi ch' uscì da' bei vostri occhi il telo 35.1.4 che 'l cor mi fisse, ognior perdendo vegno. 35.1.5 Né di tanta iattura mi querelo, 35.1.6 pur che non cresca, ma stia a questo segno; 35.1.7 ch' io dubito, se più si va sciemando, 35.1.8 di venir tal, qual ho descritto Orlando. 35.2.1 Per rïaver l' ingegno mio m' è aviso 35.2.2 che non bisogna che per l' aria io poggi 35.2.3 nel cerchio de la luna o in paradiso; 35.2.4 che 'l mio non credo che tanto alto alloggi. 35.2.5 Ne' bei vostri occhi e nel sereno viso, 35.2.6 nel sen d' avorio e alabastrini poggi 35.2.7 se ne va errando; et io con queste labbia 35.2.8 lo corrò, se vi par ch' io lo rïabbia. 35.3.1 Per gli ampli tetti andava il paladino 35.3.2 tutte mirando le future vite, 35.3.3 poi ch' ebbe visto sul fatal molino 35.3.4 volgersi quelle ch' erano già ordite: 35.3.5 e scorse un vello che più che d' or fino 35.3.6 splender parea; né sarian gemme trite, 35.3.7 s' in filo si tirassero con arte, 35.3.8 da comparargli alla millesma parte. 35.4.1 Mirabilmente il bel vello gli piacque, 35.4.2 che tra infiniti paragon non ebbe; 35.4.3 e di sapere alto disio gli nacque, 35.4.4 quando sarà tal vita, e a chi si debbe. 35.4.5 L' evangelista nulla gliene tacque: 35.4.6 che venti anni principio prima avrebbe 35.4.7 che coll' Emme e col Di fosse notato 35.4.8 l' anno corrente dal Verbo incarnato. 35.5.1 E come di splendore e di beltade 35.5.2 quel vello non avea simile o pare, 35.5.3 così saria la fortunata etade 35.5.4 che dovea uscirne al mondo singulare; 35.5.5 perché tutte le grazie inclite e rade 35.5.6 ch' alma Natura, o proprio studio dare, 35.5.7 o benigna Fortuna ad uomo puote, 35.5.8 avrà in perpetua et infallibil dote. 35.6.1 -- Del re de' fiumi tra l' altiere corna 35.6.2 or siede umil (diceagli) e piccol borgo: 35.6.3 dinanzi il Po, di dietro gli soggiorna 35.6.4 d' alta palude un nebuloso gorgo; 35.6.5 che, volgendosi gli anni, la più adorna 35.6.6 di tutte le città d' Italia scorgo, 35.6.7 non pur di mura e d' ampli tetti regi, 35.6.8 ma di bei studi e di costumi egregi. 35.7.1 Tanta esaltazïone e così presta, 35.7.2 non fortuìta o d' aventura casca; 35.7.3 ma l' ha ordinata il ciel, perché sia questa 35.7.4 degna in che l' uom di ch' io ti parlo, nasca: 35.7.5 che, dove il frutto ha da venir, s' inesta 35.7.6 e con studio si fa crescer la frasca; 35.7.7 e l' artefice l' oro affinar suole, 35.7.8 in che legar gemma di pregio vuole. 35.8.1 Né sì leggiadra né sì bella veste 35.8.2 unque ebbe altr' alma in quel terrestre regno; 35.8.3 e raro è sceso e scenderà da queste 35.8.4 sfere superne un spirito sì degno, 35.8.5 come per farne Ippolito da Este 35.8.6 n' have l' eterna mente alto disegno. 35.8.7 Ippolito da Este sarà detto 35.8.8 l' uomo a chi Dio sì ricco dono ha eletto. 35.9.1 Quegli ornamenti che divisi in molti, 35.9.2 a molti basterian per tutti ornarli, 35.9.3 in suo ornamento avrà tutti raccolti 35.9.4 costui, di c' hai voluto ch' io ti parli. 35.9.5 Le virtudi per lui, per lui soffolti 35.9.6 saran gli studi; e s' io vorrò narrar li 35.9.7 alti suoi merti, al fin son sì lontano, 35.9.8 ch' Orlando il senno aspetterebbe invano. -- 35.10.1 Così venìa l' imitator di Cristo 35.10.2 ragionando col duca: e poi che tutte 35.10.3 le stanze del gran luogo ebbono visto, 35.10.4 onde l' umane vite eran condutte, 35.10.5 sul fiume usciro, che d' arena misto 35.10.6 con l' onde discorrea turbide e brutte; 35.10.7 e vi trovâr quel vecchio in su la riva, 35.10.8 che con gl' impressi nomi vi veniva. 35.11.1 Non so se vi sia a mente, io dico quello 35.11.2 ch' al fin de l' altro canto vi lasciai, 35.11.3 vecchio di faccia, e sì di membra snello, 35.11.4 che d' ogni cervio è più veloce assai. 35.11.5 Degli altrui nomi egli si empìa il mantello; 35.11.6 scemava il monte, e non finiva mai: 35.11.7 et in quel fiume che Lete si noma, 35.11.8 scarcava, anzi perdea la ricca soma. 35.12.1 Dico che, come arriva in su la sponda 35.12.2 del fiume, quel prodigo vecchio scuote 35.12.3 il lembo pieno, e ne la turbida onda 35.12.4 tutte lascia cader l' impresse note. 35.12.5 Un numer senza fin se ne profonda, 35.12.6 ch' un minimo uso aver non se ne puote; 35.12.7 e di cento migliaia che l' arena 35.12.8 sul fondo involve, un se ne serva a pena. 35.13.1 Lungo e d' intorno quel fiume volando 35.13.2 girano corvi et avidi avoltori, 35.13.3 mulacchie e varii augelli, che gridando 35.13.4 facean discordi strepiti e romori; 35.13.5 et alla preda correan tutti, quando 35.13.6 sparger vedean gli amplissimi tesori: 35.13.7 e chi nel becco, e chi ne l' ugna torta 35.13.8 ne prende; ma lontan poco li porta. 35.14.1 Come vogliono alzar per l' aria i voli, 35.14.2 non han poi forza che 'l peso sostegna; 35.14.3 sì che convien che Lete pur involi 35.14.4 de' ricchi nomi la memoria degna. 35.14.5 Fra tanti augelli son duo cigni soli, 35.14.6 bianchi, Signor, come è la vostra insegna, 35.14.7 che vengon lieti riportando in bocca 35.14.8 sicuramente il nome che lor tocca. 35.15.1 Così contra i pensieri empi e maligni 35.15.2 del vecchio che donar li vorria al fiume, 35.15.3 alcun' ne salvan gli augelli benigni: 35.15.4 tutto l' avanzo oblivïon consume. 35.15.5 Or se ne van notando i sacri cigni, 35.15.6 et or per l' aria battendo le piume, 35.15.7 fin che presso alla ripa del fiume empio 35.15.8 trovano un colle, e sopra il colle un tempio. 35.16.1 All' Immortalitade il luogo è sacro, 35.16.2 ove una bella ninfa giù del colle 35.16.3 viene alla ripa del leteo lavacro, 35.16.4 e di bocca dei cigni i nomi tolle; 35.16.5 e quelli affige intorno al simulacro 35.16.6 ch' in mezzo il tempio una colonna estolle: 35.16.7 quivi li sacra, e ne fa tal governo, 35.16.8 che vi si pôn veder tutti in eterno. 35.17.1 Chi sia quel vecchio, e perché tutti al rio 35.17.2 senza alcun frutto i bei nomi dispensi, 35.17.3 e degli augelli, e di quel luogo pio 35.17.4 onde la bella ninfa al fiume viensi, 35.17.5 aveva Astolfo di saper desio 35.17.6 i gran misteri e gl' incogniti sensi; 35.17.7 e domandò di tutte queste cose 35.17.8 l' uomo di Dio, che così gli rispose: 35.18.1 -- Tu déi saper che non si muove fronda 35.18.2 là giù, che segno qui non se ne faccia. 35.18.3 Ogni effetto convien che corrisponda 35.18.4 in terra e in ciel, ma con diversa faccia. 35.18.5 Quel vecchio, la cui barba il petto inonda, 35.18.6 veloce sì che mai nulla l' impaccia, 35.18.7 gli effetti pari e la medesima opra 35.18.8 che 'l Tempo fa là giù, fa qui di sopra. 35.19.1 Volte che son le fila in su la ruota, 35.19.2 là giù la vita umana arriva al fine. 35.19.3 La fama là, qui ne riman la nota; 35.19.4 ch' immortali sariano ambe e divine, 35.19.5 se non che qui quel da la irsuta gota, 35.19.6 e là giù il Tempo ognior ne fa rapine. 35.19.7 Questi le getta, come vedi, al rio; 35.19.8 e quel l' immerge ne l' eterno oblio. 35.20.1 E come qua su i corvi e gli avoltori 35.20.2 e le mulacchie e gli altri varii augelli 35.20.3 s' affaticano tutti per trar fuori 35.20.4 de l' acqua i nomi che veggion più belli: 35.20.5 così là giù ruffiani, adulatori, 35.20.6 buffon, cinedi, accusatori, e quelli 35.20.7 che viveno alle corti e che vi sono 35.20.8 più grati assai che 'l virtuoso e 'l buono, 35.21.1 e son chiamati cortigian gentili, 35.21.2 perché sanno imitar l' asino e 'l ciacco; 35.21.3 de' lor signor, tratto che n' abbia i fili 35.21.4 la giusta Parca, anzi Venere e Bacco, 35.21.5 questi di ch' io ti dico, inerti e vili, 35.21.6 nati solo ad empir di cibo il sacco, 35.21.7 portano in bocca qualche giorno il nome; 35.21.8 poi ne l' oblio lascian cader le some. 35.22.1 Ma come i cigni che cantando lieti 35.22.2 rendeno salve le medaglie al tempio, 35.22.3 così gli uomini degni da' poeti 35.22.4 son tolti da l' oblio, più che morte empio. 35.22.5 Oh bene accorti principi e discreti, 35.22.6 che seguite di Cesare l' esempio, 35.22.7 e gli scrittor vi fate amici, donde 35.22.8 non avete a temer di Lete l' onde! 35.23.1 Son, come i cigni, anco i poeti rari, 35.23.2 poeti che non sian del nome indegni; 35.23.3 sì perché il ciel degli uomini preclari 35.23.4 non pate mai che troppa copia regni, 35.23.5 sì per gran colpa dei signori avari 35.23.6 che lascian mendicare i sacri ingegni; 35.23.7 che le virtù premendo, et esaltando 35.23.8 i vizii, caccian le buone arti in bando. 35.24.1 Credi che Dio questi ignoranti ha privi 35.24.2 de lo 'ntelletto, e loro offusca i lumi; 35.24.3 che de la poesia gli ha fatto schivi, 35.24.4 acciò che morte il tutto ne consumi. 35.24.5 Oltre che del sepolcro uscirian vivi, 35.24.6 ancor ch' avesser tutti i rei costumi, 35.24.7 pur che sapesson farsi amica Cirra, 35.24.8 più grato odore avrian che nardo o mirra. 35.25.1 Non sì pietoso Enea, né forte Achille 35.25.2 fu, come è fama, né sì fiero Ettorre; 35.25.3 e ne son stati e mille e mille e mille 35.25.4 che lor si puon con verità anteporre: 35.25.5 ma i donati palazzi e le gran ville 35.25.6 dai descendenti lor, gli ha fatto porre 35.25.7 in questi senza fin sublimi onori 35.25.8 da l' onorate man degli scrittori. 35.26.1 Non fu sì santo né benigno Augusto 35.26.2 come la tuba di Virgilio suona. 35.26.3 L' aver avuto in poesia buon gusto 35.26.4 la proscrizion iniqua gli perdona. 35.26.5 Nessun sapria se Neron fosse ingiusto, 35.26.6 né sua fama saria forse men buona, 35.26.7 avesse avuto e terra e ciel nimici, 35.26.8 se gli scrittor sapea tenersi amici. 35.27.1 Omero Agamennón vittorïoso, 35.27.2 e fe' i Troian parer vili et inerti; 35.27.3 e che Penelopea fida al suo sposo 35.27.4 dai Prochi mille oltraggi avea sofferti. 35.27.5 E se tu vuoi che 'l ver non ti sia ascoso, 35.27.6 tutta al contrario l' istoria converti: 35.27.7 che i Greci rotti, e che Troia vittrice, 35.27.8 e che Penelopea fu meretrice. 35.28.1 Da l' altra parte odi che fama lascia 35.28.2 Elissa, ch' ebbe il cor tanto pudico; 35.28.3 che riputata viene una bagascia, 35.28.4 solo perché Maron non le fu amico. 35.28.5 Non ti maravigliar ch' io n' abbia ambascia, 35.28.6 e se di ciò diffusamente io dico. 35.28.7 Gli scrittori amo, e fo il debito mio; 35.28.8 ch' al vostro mondo fui scrittore anch' io. 35.29.1 E sopra tutti gli altri io feci acquisto 35.29.2 che non mi può levar tempo né morte: 35.29.3 e ben convenne al mio lodato Cristo 35.29.4 rendermi guidardon di sì gran sorte. 35.29.5 Duolmi di quei che sono al tempo tristo, 35.29.6 quando la cortesia chiuso ha le porte; 35.29.7 che con pallido viso e macro e asciutto 35.29.8 la notte e 'l dì vi picchian senza frutto. 35.30.1 Sì che continuando il primo detto, 35.30.2 sono i poeti e gli studiosi pochi; 35.30.3 che dove non han pasco né ricetto, 35.30.4 insin le fere abbandonano i lochi. -- 35.30.5 Così dicendo, il vecchio benedetto 35.30.6 gli occhi infiammò, che parveno duo fuochi; 35.30.7 poi vòlto al duca con un saggio riso 35.30.8 tornò sereno il conturbato viso. 35.31.1 Resti con lo scrittor de l' evangelo 35.31.2 Astolfo ormai, ch' io voglio far un salto, 35.31.3 quanto sia in terra a venir fin dal cielo; 35.31.4 ch' io non posso più star su l' ali in alto. 35.31.5 Torno alla donna a cui con grave telo 35.31.6 mosso avea gelosia crudele assalto. 35.31.7 Io la lasciai ch' avea con breve guerra 35.31.8 tre re gittati, un dopo l' altro, in terra; 35.32.1 e che giunta la sera ad un castello 35.32.2 ch' alla via di Parigi si ritrova, 35.32.3 d' Agramante, che rotto dal fratello 35.32.4 s' era ridotto in Arli, ebbe la nuova. 35.32.5 Certa che 'l suo Ruggier fosse con quello, 35.32.6 tosto ch' apparve in ciel la luce nuova, 35.32.7 verso Provenza, dove ancora intese 35.32.8 che Carlo lo seguia, la strada prese. 35.33.1 Verso Provenza per la via più dritta 35.33.2 andando, s' incontrò in una donzella, 35.33.3 ancor che fosse lacrimosa e afflitta, 35.33.4 bella di faccia e di maniere bella. 35.33.5 Questa era quella sì d' amor traffitta 35.33.6 per lo figliuol di Monodante, quella 35.33.7 donna gentil ch' avea lasciato al ponte 35.33.8 l' amante suo prigion di Rodomonte. 35.34.1 Ella venìa cercando un cavalliero, 35.34.2 ch' a far battaglia usato, come lontra, 35.34.3 in acqua e in terra fosse, e così fiero, 35.34.4 che lo potesse al pagan porre incontra. 35.34.5 La sconsolata amica di Ruggiero, 35.34.6 come quest' altra sconsolata incontra, 35.34.7 cortesemente la saluta, e poi 35.34.8 le chiede la cagion dei dolor suoi. 35.35.1 Fiordiligi lei mira, e veder parle 35.35.2 un cavallier ch' al suo bisogno fia; 35.35.3 e comincia del ponte a ricontarle, 35.35.4 ove impedisce il re d' Algier la via; 35.35.5 e ch' era stato appresso di levarle 35.35.6 l' amante suo: non che più forte sia; 35.35.7 ma sapea darsi il Saracino astuto 35.35.8 col ponte stretto e con quel fiume aiuto. 35.36.1 -- Se sei (dicea) sì ardito e sì cortese, 35.36.2 come ben mostri l' uno e l' altro in vista, 35.36.3 mi vendica, per Dio, di chi mi prese 35.36.4 il mio signore, e mi fa gir sì trista; 35.36.5 o consigliami almeno in che paese 35.36.6 possa io trovare un ch' a colui resista, 35.36.7 e sappia tanto d' arme e di battaglia, 35.36.8 che 'l fiume e 'l ponte al pagan poco vaglia. 35.37.1 Oltre che tu farai quel che conviensi 35.37.2 ad uom cortese e a cavalliero errante, 35.37.3 in beneficio il tuo valor dispensi 35.37.4 del più fedel d' ogni fedele amante. 35.37.5 De l' altre sue virtù non appertiensi 35.37.6 a me narrar; che sono tante e tante, 35.37.7 che chi non n' ha notizia, si può dire 35.37.8 che sia del veder privo e de l' udire. -- 35.38.1 La magnanima donna, a cui fu grata 35.38.2 sempre ogni impresa che può farla degna 35.38.3 d' esser con laude e gloria nominata, 35.38.4 subito al ponte di venir disegna: 35.38.5 et ora tanto più, ch' è disperata, 35.38.6 vien volentier, quando anco a morir vegna; 35.38.7 che credendosi, misera! esser priva 35.38.8 del suo Ruggiero, ha in odio d' esser viva. 35.39.1 -- Per quel ch' io vaglio, giovane amorosa 35.39.2 (rispose Bradamante), io m' offerisco 35.39.3 di far l' impresa dura e perigliosa, 35.39.4 per altre cause ancor, ch' io preterisco; 35.39.5 ma più, che del tuo amante narri cosa 35.39.6 che narrar di pochi uomini avvertisco: 35.39.7 che sia in amor fedel; ch' a fé ti giuro 35.39.8 ch' in ciò pensai ch' ognun fosse pergiuro. -- 35.40.1 Con un sospir quest' ultime parole 35.40.2 finì, con un sospir ch' uscì dal core; 35.40.3 poi disse: -- Andiamo; -- e nel seguente sole 35.40.4 giunsero al fiume, al passo pien d' orrore. 35.40.5 Scoperte da la guardia che vi suole 35.40.6 farne segno col corno al suo signore, 35.40.7 il pagan s' arma; e quale è 'l suo costume, 35.40.8 sul ponte s' apparecchia in ripa al fiume: 35.41.1 e come vi compar quella guerriera, 35.41.2 di porla a morte subito minaccia, 35.41.3 quando de l' arme e del destrier su ch' era, 35.41.4 al gran sepolcro oblazïon non faccia. 35.41.5 Bradamante che sa l' istoria vera, 35.41.6 come per lui morta Issabella giaccia, 35.41.7 che Fiordiligi detto le l' avea, 35.41.8 al Saracin superbo rispondea: 35.42.1 -- Perché vuoi tu, bestial, che gli innocenti 35.42.2 facciano penitenzia del tuo fallo? 35.42.3 Del sangue tuo placar costei convienti: 35.42.4 tu l' uccidesti, e tutto 'l mondo sallo. 35.42.5 Sì che di tutte l' arme e guernimenti 35.42.6 di tanti che gittati hai da cavallo, 35.42.7 oblazïone e vittima più accetta 35.42.8 avrà, ch' io te l' uccida in sua vendetta. 35.43.1 E di mia man le fia più grato il dono, 35.43.2 quando, come ella fu, son donna anch' io: 35.43.3 né qui venuta ad altro effetto sono, 35.43.4 ch' a vendicarla; e questo sol disio. 35.43.5 Ma far tra noi prima alcun patto è buono, 35.43.6 che 'l tuo valor si compari col mio. 35.43.7 S' abbattuta sarò, di me farai 35.43.8 quel che degli altri tuoi prigon fatt' hai: 35.44.1 ma s' io t' abbatto, come io credo e spero, 35.44.2 guadagnar voglio il tuo cavallo e l' armi, 35.44.3 e quelle offerir sole al cimitero, 35.44.4 e tutte l' altre distaccar da' marmi; 35.44.5 e voglio che tu lasci ogni guerriero. -- 35.44.6 Rispose Rodomonte: -- Giusto parmi 35.44.7 che sia come tu di'; ma i prigion darti 35.44.8 già non potrei, ch' io non gli ho in queste parti. 35.45.1 Io gli ho al mio regno in Africa mandati: 35.45.2 ma ti prometto, e ti do ben la fede, 35.45.3 che se m' avvien per casi inopinati 35.45.4 che tu stia in sella e ch' io rimanga a piede, 35.45.5 farò che saran tutti liberati 35.45.6 in tanto tempo quanto si richiede 35.45.7 di dare a un messo ch' in fretta si mandi 35.45.8 a far quel che, s' io perdo, mi commandi. 35.46.1 Ma s' a te tocca star di sotto, come 35.46.2 più si conviene, e certo so che fia, 35.46.3 non vo' che lasci l' arme, né il tuo nome, 35.46.4 come di vinta, sottoscritto sia: 35.46.5 al tuo bel viso, a' begli occhi, alle chiome, 35.46.6 che spiran tutti amore e leggiadria, 35.46.7 voglio donar la mia vittoria; e basti 35.46.8 che ti disponga amarmi, ove m' odiasti. 35.47.1 Io son di tal valor, son di tal nerbo, 35.47.2 ch' aver non déi d' andar di sotto a sdegno. -- 35.47.3 Sorrise alquanto, ma d' un riso acerbo 35.47.4 che fece d' ira, più che d' altro, segno, 35.47.5 la donna, né rispose a quel superbo; 35.47.6 ma tornò in capo al ponticel di legno, 35.47.7 spronò il cavallo, e con la lancia d' oro 35.47.8 venne a trovar quell' orgoglioso Moro. 35.48.1 Rodomonte alla giostra s' apparecchia: 35.48.2 viene a gran corso; et è sì grande il suono 35.48.3 che rende il ponte, ch' intronar l' orecchia 35.48.4 può forse a molti che lontan ne sono. 35.48.5 La lancia d' oro fe' l' usanza vecchia; 35.48.6 che quel pagan, sì dianzi in giostra buono, 35.48.7 levò di sella, e in aria lo sospese, 35.48.8 indi sul ponte a capo in giù lo stese. 35.49.1 Nel trapassar ritrovò a pena loco 35.49.2 ove entrar col destrier quella guerriera; 35.49.3 e fu a gran risco, e ben vi mancò poco, 35.49.4 ch' ella non traboccò ne la riviera: 35.49.5 ma Rabicano, il quale il vento e 'l fuoco 35.49.6 concetto avean, sì destro et agil era, 35.49.7 che nel margine estremo trovò strada; 35.49.8 e sarebbe ito anco su 'n fil di spada. 35.50.1 Ella si volta, e contra l' abbattuto 35.50.2 pagan ritorna; e con leggiadro motto: 35.50.3 -- Or puoi (disse) veder chi abbia perduto, 35.50.4 e a chi di noi tocchi di star di sotto. -- 35.50.5 Di maraviglia il Pagan resta muto, 35.50.6 ch' una donna a cader l' abbia condotto; 35.50.7 e far risposta non poté o non volle, 35.50.8 e fu come uom pien di stupore e folle. 35.51.1 Di terra si levò tacito e mesto; 35.51.2 e poi ch' andato fu quattro o sei passi, 35.51.3 lo scudo e l' elmo, e de l' altre arme il resto 35.51.4 tutto si trasse, e gittò contra i sassi; 35.51.5 e solo e a piè fu a dileguarsi presto: 35.51.6 non che commissïon prima non lassi 35.51.7 a un suo scudier, che vada a far l' effetto 35.51.8 dei prigion suoi, secondo che fu detto. 35.52.1 Partissi; e nulla poi più se n' intese, 35.52.2 se non che stava in una grotta scura. 35.52.3 Intanto Bradamante avea sospese 35.52.4 di costui l' arme all' alta sepoltura, 35.52.5 e fattone levar tutto l' arnese, 35.52.6 il qual dei cavallieri, alla scrittura, 35.52.7 conobbe de la corte esser di Carlo; 35.52.8 non levò il resto, e non lasciò levarlo. 35.53.1 Oltr' a quel del figliuol di Monodante, 35.53.2 v' è quel di Sansonetto e d' Oliviero, 35.53.3 che per trovare il principe d' Anglante, 35.53.4 quivi condusse il più dritto sentiero. 35.53.5 Quivi fur presi, e furo il giorno inante 35.53.6 mandati via dal Saracino altiero. 35.53.7 Di questi l' arme fe' la donna tôrre 35.53.8 da l' alta mole, e chiuder ne la torre. 35.54.1 Tutte l' altre lasciò pender dai sassi, 35.54.2 che fur spogliate ai cavallier pagani. 35.54.3 V' eran l' arme d' un re, del quale i passi 35.54.4 per Frontalatte mal fur spesi e vani: 35.54.5 io dico l' arme del re de' Circassi, 35.54.6 che dopo lungo errar per colli e piani, 35.54.7 venne quivi a lasciar l' altro destriero; 35.54.8 e poi senz' arme andossene leggiero. 35.55.1 S' era partito disarmato e a piede 35.55.2 quel re pagan dal periglioso ponte, 35.55.3 sì come gli altri ch' eran di sua fede, 35.55.4 partir da sé lasciava Rodomonte. 35.55.5 Ma di tornar più al campo non gli diede 35.55.6 il cor; ch' ivi apparir non avria fronte: 35.55.7 che per quel che vantossi, troppo scorno 35.55.8 gli saria farvi in tal guisa ritorno. 35.56.1 Di pur cercar nuovo desir lo prese 35.56.2 colei che sol avea fissa nel core. 35.56.3 Fu l' aventura sua, che tosto intese 35.56.4 (io non vi saprei dir chi ne fu autore) 35.56.5 ch' ella tornava verso il suo paese: 35.56.6 onde esso, come il punge e sprona Amore, 35.56.7 dietro alla pésta subito si pone. 35.56.8 Ma tornar voglio alla figlia d' Amone. 35.57.1 Poi che narrato ebbe con altro scritto 35.57.2 come da lei fu liberato il passo; 35.57.3 a Fiordiligi ch' avea il core afflitto, 35.57.4 e tenea il viso lacrimoso e basso, 35.57.5 domandò umanamente ov' ella dritto 35.57.6 volea che fosse, indi partendo, il passo. 35.57.7 Rispose Fiordiligi: -- Il mio camino 35.57.8 vo' che sia in Arli al campo saracino, 35.58.1 ove navilio e buona compagnia 35.58.2 spero trovar da gir ne l' altro lito. 35.58.3 Mai non mi fermerò fin ch' io non sia 35.58.4 venuta al mio signore e mio marito. 35.58.5 Voglio tentar, perché in prigion non stia, 35.58.6 più modi e più; che se mi vien fallito 35.58.7 questo che Rodomonte t' ha promesso, 35.58.8 ne voglio avere uno et un altro appresso. -- 35.59.1 -- Io m' offerisco (disse Bradamante) 35.59.2 d' accompagnarti un pezzo de la strada, 35.59.3 tanto che tu ti vegga Arli davante, 35.59.4 ove per amor mio vo' che tu vada 35.59.5 a trovar quel Ruggier del re Agramante, 35.59.6 che del suo nome ha piena ogni contrada; 35.59.7 e che gli rendi questo buon destriero, 35.59.8 onde abbattuto ho il Saracino altiero. 35.60.1 Voglio ch' a punto tu gli dica questo: 35.60.2 " Un cavallier che di provar si crede, 35.60.3 e fare a tutto 'l mondo manifesto 35.60.4 che contra lui sei mancator di fede; 35.60.5 acciò ti trovi apparecchiato e presto, 35.60.6 questo destrier, perch' io tel dia, mi diede. 35.60.7 Dice che trovi tua piastra e tua maglia, 35.60.8 e che l' aspetti a far teco battaglia". 35.61.1 Digli questo, e non altro; e se quel vuole 35.61.2 saper da te ch' io son, di' che nol sai. -- 35.61.3 Quella rispose umana come suole: 35.61.4 -- Non sarò stanca in tuo servizio mai, 35.61.5 spender la vita, non che le parole; 35.61.6 che tu ancora per me così fatto hai. -- 35.61.7 Grazie le rende Bradamante, e piglia 35.61.8 Frontino, e le lo porge per la briglia. 35.62.1 Lungo il fiume le belle e pellegrine 35.62.2 giovani vanno a gran giornate insieme, 35.62.3 tanto che veggono Arli, e le vicine 35.62.4 rive odon risonar del mar che freme. 35.62.5 Bradamante si ferma alle confine 35.62.6 quasi de' borghi et alle sbarre estreme, 35.62.7 per dare a Fiordiligi atto intervallo, 35.62.8 che condurre a Ruggier possa il cavallo. 35.63.1 Vien Fiordiligi, et entra nel rastrello, 35.63.2 nel ponte e nella porta; e seco prende 35.63.3 chi le fa compagnia fin all' ostello 35.63.4 ove abita Ruggiero, e quivi scende; 35.63.5 e, secondo il mandato, al damigello 35.63.6 fa l' imbasciata, e il buon Frontin gli rende: 35.63.7 indi va, che risposta non aspetta, 35.63.8 ad esequire il suo bisogno in fretta. 35.64.1 Ruggier riman confuso e in pensier grande, 35.64.2 e non sa ritrovar capo né via 35.64.3 di saper chi lo sfide, e chi gli mande 35.64.4 a dire oltraggio e a fargli cortesia. 35.64.5 Che costui senza fede lo domande, 35.64.6 o possa domandar uomo che sia, 35.64.7 non sa veder né imaginare; e prima, 35.64.8 ch' ogn' altro sia che Bradamante, istima. 35.65.1 Che fosse Rodomonte, era più presto 35.65.2 ad aver, che fosse altri, opinïone; 35.65.3 e perché ancor da lui debba udir questo, 35.65.4 pensa, né imaginar può la cagione. 35.65.5 Fuor che con lui, non sa di tutto 'l resto 35.65.6 del mondo, con chi lite abbia e tenzone. 35.65.7 Intanto la donzella di Dordona 35.65.8 chiede battaglia, e forte il corno suona. 35.66.1 Vien la nuova a Marsilio e ad Agramante, 35.66.2 ch' un cavallier di fuor chiede battaglia. 35.66.3 A caso Serpentin loro era avante, 35.66.4 et impetrò di vestir piastra e maglia, 35.66.5 e promesse pigliar questo arrogante. 35.66.6 Il popul venne sopra la muraglia; 35.66.7 né fanciullo restò, né restò veglio, 35.66.8 che non fosse a veder chi fêsse meglio. 35.67.1 Con ricca sopravesta e bello arnese 35.67.2 Serpentin da la Stella in giostra venne. 35.67.3 Al primo scontro in terra si distese: 35.67.4 il destrier aver parve a fuggir penne. 35.67.5 Dietro gli corse la donna cortese, 35.67.6 e per la briglia al Saracin lo tenne, 35.67.7 e disse: -- Monta, e fa che 'l tuo signore 35.67.8 mi mandi un cavallier di te migliore. -- 35.68.1 Il re african, ch' era con gran famiglia 35.68.2 sopra le mura alla giostra vicino, 35.68.3 del cortese atto assai si maraviglia, 35.68.4 ch' usato ha la donzella a Serpentino. 35.68.5 -- Di ragion può pigliarlo, e non lo piglia, -- 35.68.6 diceva, udendo il popul saracino. 35.68.7 Serpentin giunge, e come ella commanda, 35.68.8 un miglior da sua parte al re domanda. 35.69.1 Grandonio di Volterna furibondo, 35.69.2 il più superbo cavallier di Spagna, 35.69.3 pregando fece sì, che fu il secondo, 35.69.4 et uscì con minaccie alla campagna. 35.69.5 -- Tua cortesia nulla ti vaglia al mondo; 35.69.6 che, quando da me vinto tu rimagna, 35.69.7 al mio signor menar preso ti voglio: 35.69.8 ma qui morrai, s' io posso come soglio. -- 35.70.1 La donna disse lui: -- Tua villania 35.70.2 non vo' che men cortese far mi possa, 35.70.3 ch' io non ti dica che tu torni pria 35.70.4 che sul duro terren ti doglian l' ossa. 35.70.5 Ritorna, e di' al tuo re da parte mia, 35.70.6 che per simile a te non mi son mossa; 35.70.7 ma per trovar guerrier che 'l pregio vaglia, 35.70.8 son qui venuta a domandar battaglia. -- 35.71.1 Il mordace parlare, acre et acerbo, 35.71.2 gran fuoco al cor del Saracino attizza; 35.71.3 sì che senza poter replicar verbo, 35.71.4 volta il destrier con còlera e con stizza. 35.71.5 Volta la donna, e contra quel superbo 35.71.6 la lancia d' oro e Rabicano drizza. 35.71.7 Come l' asta fatal lo scudo tocca, 35.71.8 coi piedi al cielo il Saracin trabocca. 35.72.1 Il destrier la magnanima guerriera 35.72.2 gli prese, e disse: -- Pur tel prediss' io, 35.72.3 che far la mia imbasciata meglio t' era, 35.72.4 che de la giostra aver tanto disio. 35.72.5 Di' al re, ti prego, che fuor de la schiera 35.72.6 elegga un cavallier che sia par mio; 35.72.7 né voglia con voi altri affaticarme, 35.72.8 ch' avete poca esperïenzia d' arme. -- 35.73.1 Quei da le mura, che stimar non sanno 35.73.2 chi sia il guerriero in su l' arcion sì saldo, 35.73.3 quei più famosi nominando vanno, 35.73.4 che tremar li fan spesso al maggior caldo. 35.73.5 Che Brandimarte sia, molti detto hanno: 35.73.6 la più parte s' accorda esser Rinaldo: 35.73.7 molti su Orlando avrian fatto disegno; 35.73.8 ma il suo caso sapean di pietà degno. 35.74.1 La terza giostra il figlio di Lanfusa 35.74.2 chiedendo, disse: -- Non che vincer speri, 35.74.3 ma perché di cader più degna scusa 35.74.4 abbian, cadendo anch' io, questi guerrieri. -- 35.74.5 E poi di tutto quel ch' in giostra s' usa 35.74.6 si messe in punto; e di cento destrieri 35.74.7 che tenea in stalla, d' un tolse l' eletta, 35.74.8 ch' avea il correre acconcio, e di gran fretta. 35.75.1 Contra la donna per giostrar si fece; 35.75.2 ma prima salutolla, et ella lui. 35.75.3 Disse la donna: -- Se saper mi lece, 35.75.4 ditemi in cortesia che siate vui. -- 35.75.5 Di questo Ferraù le satisfece, 35.75.6 ch' usò di rado di celarsi altrui. 35.75.7 Ella soggiunse: -- Voi già non rifiuto, 35.75.8 ma avria più volentieri altri voluto. -- 35.76.1 -- E chi? -- Ferraù disse. Ella rispose: 35.76.2 -- Ruggiero; -- e a pena il poté proferire, 35.76.3 e sparse d' un color come di rose 35.76.4 la bellissima faccia in questo dire. 35.76.5 Soggiunse al detto poi: -- Le cui famose 35.76.6 lode a tal prova m' han fatto venire. 35.76.7 Altro non bramo, e d' altro non mi cale, 35.76.8 che di provar come egli in giostra vale. -- 35.77.1 Semplicemente disse le parole 35.77.2 che forse alcuno ha già prese a malizia. 35.77.3 Rispose Ferraù: -- Prima si vuole 35.77.4 provar tra noi chi sa più di milizia. 35.77.5 Se di me avvien quel che di molti suole, 35.77.6 poi verrà ad emendar la mia tristizia 35.77.7 quel gentil cavallier che tu dimostri 35.77.8 aver tanto desio che teco giostri. -- 35.78.1 Parlando tuttavolta la donzella 35.78.2 teneva la visiera alta dal viso. 35.78.3 Mirando Ferraù la faccia bella, 35.78.4 si sente rimaner mezzo conquiso, 35.78.5 e taciturno dentro a sé favella: 35.78.6 -- Questo un angel mi par del paradiso; 35.78.7 e ancor che con la lancia non mi tocchi, 35.78.8 abbattuto son già da' suoi begli occhi. -- 35.79.1 Preson del campo; e come agli altri avvenne, 35.79.2 Ferraù se n' uscì di sella netto. 35.79.3 Bradamante il destrier suo gli ritenne, 35.79.4 e disse: -- Torna, e serva quel c' hai detto. -- 35.79.5 Ferraù vergognoso se ne venne, 35.79.6 e ritrovò Ruggier ch' era al conspetto 35.79.7 del re Agramante; e gli fece sapere 35.79.8 ch' alla battaglia il cavallier lo chere. 35.80.1 Ruggier non conoscendo ancor chi fosse 35.80.2 chi a sfidar lo mandava alla battaglia, 35.80.3 quasi certo di vincere, allegrosse; 35.80.4 e le piastre arrecar fece e la maglia: 35.80.5 né l' aver visto alle gravi percosse, 35.80.6 che gli altri sian caduti, il cor gli smaglia. 35.80.7 Come s' armasse, e come uscisse, e quanto 35.80.8 poi ne seguì, lo serbo all' altro canto.
CANTO XXXVI
36.1.1 Convien ch' ovunque sia, sempre cortese 36.1.2 sia un cor gentil, ch' esser non può altrimente; 36.1.3 che per natura e per abito prese 36.1.4 quel che di mutar poi non è possente. 36.1.5 Convien ch' ovunque sia, sempre palese 36.1.6 un cor villan si mostri similmente. 36.1.7 Natura inchina al male, e viene a farsi 36.1.8 l' abito poi difficile a mutarsi. 36.2.1 Di cortesia, di gentilezza esempii 36.2.2 fra gli antiqui guerrier si vider molti, 36.2.3 e pochi fra i moderni; ma degli empii 36.2.4 costumi avvien ch' assai ne vegga e ascolti 36.2.5 in quella guerra, Ippolito, che i tempii 36.2.6 di segni ornaste agli nimici tolti, 36.2.7 e che traeste lor galee captive 36.2.8 di preda carche alle paterne rive. 36.3.1 Tutti gli atti crudeli et inumani 36.3.2 ch' usasse mai Tartaro o Turco o Moro, 36.3.3 (non già con volontà de' Veneziani, 36.3.4 che sempre esempio di giustizia fôro), 36.3.5 usaron l' empie e scelerate mani 36.3.6 di rei soldati, mercenarii loro. 36.3.7 Io non dico or di tanti accesi fuochi 36.3.8 ch' arson le ville e i nostri ameni lochi: 36.4.1 ben che fu quella ancor brutta vendetta, 36.4.2 massimamente contra voi, ch' appresso 36.4.3 Cesare essendo, mentre Padua stretta 36.4.4 era d' assedio, ben sapea che spesso 36.4.5 per voi più d' una fiamma fu interdetta, 36.4.6 e spento il fuoco ancor, poi che fu messo, 36.4.7 da villaggi e da templi, come piacque 36.4.8 all' alta cortesia che con voi nacque. 36.5.1 Io non parlo di questo né di tanti 36.5.2 altri lor discortesi e crudeli atti; 36.5.3 ma sol di quel che trar dai sassi i pianti 36.5.4 debbe poter, qual volta se ne tratti: 36.5.5 quel dì, Signor, che la famiglia inanti 36.5.6 vostra mandaste là dove ritratti 36.5.7 dai legni lor con importuni auspici 36.5.8 s' erano in luogo forte gl' inimici. 36.6.1 Qual Ettorre et Enea sin dentro ai flutti, 36.6.2 per abbruciar le navi greche, andaro, 36.6.3 un Ercol vidi e un Alessandro, indutti 36.6.4 da troppo ardir, partirsi a paro a paro, 36.6.5 e spronando i destrier, passarci tutti, 36.6.6 e i nemici turbar fin nel riparo, 36.6.7 e gir sì inanzi, ch' al secondo molto 36.6.8 aspro fu il ritornare, e al primo tolto. 36.7.1 Salvossi il Ferruffin, restò il Cantelmo. 36.7.2 Che cor, duca di Sora, che consiglio 36.7.3 fu allora il tuo, che trar vedesti l' elmo 36.7.4 fra mille spade al generoso figlio, 36.7.5 e menar preso a nave, e sopra un schelmo 36.7.6 troncargli il capo? Ben mi maraviglio 36.7.7 che darti morte lo spettacol solo 36.7.8 non poté, quanto il ferro a tuo figliuolo. 36.8.1 Schiavon crudele, onde hai tu il modo appreso, 36.8.2 de la milizia? In qual Scizia s' intende 36.8.3 ch' uccider si debba un, poi che gli è preso, 36.8.4 che rende l' arme, e più non si difende? 36.8.5 Dunque uccidesti lui, perché ha difeso 36.8.6 la patria? Il sole a torto oggi risplende, 36.8.7 crudel seculo, poi che pieno sei 36.8.8 di Tïesti, di Tantali e di Atrei. 36.9.1 Festi, barbar crudel, del capo scemo 36.9.2 il più ardito garzon che di sua etade 36.9.3 fosse da un polo a l' altro, e da l' estremo 36.9.4 lito degl' Indi a quello ove il sol cade. 36.9.5 Potea in Antropofàgo, in Polifemo 36.9.6 la beltà e gli anni suoi trovar pietade; 36.9.7 ma non in te, più crudo e più fellone 36.9.8 d' ogni Ciclope e d' ogni Lestrigone. 36.10.1 Simile esempio non credo che sia 36.10.2 fra gli antiqui guerrier, di quai li studi 36.10.3 tutti fur gentilezza e cortesia; 36.10.4 né dopo la vittoria erano crudi. 36.10.5 Bradamante non sol non era ria 36.10.6 a quei ch' avea, toccando lor gli scudi, 36.10.7 fatto uscir de la sella, ma tenea 36.10.8 loro i cavalli, e rimontar facea. 36.11.1 Di questa donna valorosa e bella 36.11.2 io vi dissi di sopra, che abbattuto 36.11.3 aveva Serpentin quel da la Stella, 36.11.4 Grandonio di Volterna e Ferrauto, 36.11.5 e ciascun d' essi poi rimesso in sella; 36.11.6 e dissi ancor che 'l terzo era venuto, 36.11.7 da lei mandato a disfidar Ruggiero, 36.11.8 là dove era stimata un cavalliero. 36.12.1 Ruggier tenne lo 'nvito allegramente, 36.12.2 e l' armatura sua fece venire. 36.12.3 Or mentre che s' armava al re presente, 36.12.4 tornaron quei signor di nuovo a dire 36.12.5 chi fosse il cavallier tanto eccellente, 36.12.6 che di lancia sapea sì ben ferire; 36.12.7 e Ferraù, che parlato gli avea, 36.12.8 fu domandato se lo conoscea. 36.13.1 Rispose Ferraù: -- Tenete certo 36.13.2 che non è alcun di quei ch' avete detto. 36.13.3 A me parea, ch' il vidi a viso aperto, 36.13.4 il fratel di Rinaldo giovinetto: 36.13.5 ma poi ch' io n' ho l' alto valore esperto, 36.13.6 e so che non può tanto Ricciardetto, 36.13.7 penso che sia la sua sorella, molto 36.13.8 (per quel ch' io n' odo) a lui simil di volto. 36.14.1 Ella ha ben fama d' esser forte a pare 36.14.2 del suo Rinaldo e d' ogni paladino; 36.14.3 ma, per quanto io ne veggo oggi, mi pare 36.14.4 che val più del fratel, più del cugino. -- 36.14.5 Come Ruggier lei sente ricordare, 36.14.6 del vermiglio color che 'l matutino 36.14.7 sparge per l' aria, si dipinge in faccia, 36.14.8 e nel cor triema, e non sa che si faccia. 36.15.1 A questo annunzio, stimulato e punto 36.15.2 da l' amoroso stral, dentro infiammarse, 36.15.3 e per l' ossa sentì tutto in un punto 36.15.4 correre un giaccio che 'l timor vi sparse, 36.15.5 timor ch' un nuovo sdegno abbia consunto 36.15.6 quel grande amor che già per lui sì l' arse. 36.15.7 Di ciò confuso non si risolveva, 36.15.8 s' incontra uscirle, o pur restar doveva. 36.16.1 Or quivi ritrovandosi Marfisa, 36.16.2 che d' uscire alla giostra avea gran voglia, 36.16.3 et era armata, perché in altra guisa 36.16.4 è raro, o notte o dì, che tu la coglia; 36.16.5 sentendo che Ruggier s' arma, s' avisa 36.16.6 che di quella vittoria ella si spoglia 36.16.7 se lascia che Ruggiero esca fuor prima: 36.16.8 pensa ire inanzi, e averne il pregio stima. 36.17.1 Salta a cavallo, e vien spronando in fretta 36.17.2 ove nel campo la figlia d' Amone 36.17.3 con palpitante cor Ruggiero aspetta, 36.17.4 disiderosa farselo prigione, 36.17.5 e pensa solo ove la lancia metta, 36.17.6 perché del colpo abbia minor lesione. 36.17.7 Marfisa se ne vien fuor de la porta, 36.17.8 e sopra l' elmo una fenice porta; 36.18.1 o sia per sua superbia, dinotando 36.18.2 se stessa unica al mondo in esser forte, 36.18.3 o pur sua casta intenzïon lodando 36.18.4 di viver sempremai senza consorte. 36.18.5 La figliuola d' Amon la mira; e quando 36.18.6 le fattezze ch' amava non ha scorte, 36.18.7 come si nomi le domanda, et ode 36.18.8 esser colei che del suo amor si gode; 36.19.1 o per dir meglio, esser colei che crede 36.19.2 che goda del suo amor, colei che tanto 36.19.3 ha in odio e in ira, che morir si vede, 36.19.4 se sopra lei non vendica il suo pianto. 36.19.5 Volta il cavallo, e con gran furia riede, 36.19.6 non per desir di porla in terra, quanto 36.19.7 di passarle con l' asta in mezzo il petto, 36.19.8 e libera restar d' ogni suspetto. 36.20.1 Forza è a Marfisa ch' a quel colpo vada 36.20.2 a provar se 'l terreno è duro o molle; 36.20.3 e cosa tanto insolita le accada, 36.20.4 ch' ella n' è per venir di sdegno folle. 36.20.5 Fu in terra a pena, che trasse la spada, 36.20.6 e vendicar di quel cader si volle. 36.20.7 La figliuola d' Amon non meno altiera 36.20.8 gridò: -- Che fai? tu sei mia prigioniera. 36.21.1 Se bene uso con gli altri cortesia, 36.21.2 usar teco, Marfisa, non la voglio, 36.21.3 come a colei che d' ogni villania 36.21.4 odo che sei dotata e d' ogni orgoglio. -- 36.21.5 Marfisa a quel parlar fremer s' udia 36.21.6 come un vento marino in uno scoglio. 36.21.7 Grida, ma sì per rabbia si confonde, 36.21.8 che non può esprimer fuor quel che risponde. 36.22.1 Mena la spada, e più ferir non mira 36.22.2 lei, che 'l destrier, nel petto e ne la pancia: 36.22.3 ma Bradamante al suo la briglia gira, 36.22.4 e quel da parte subito si lancia; 36.22.5 e tutto a un tempo con isdegno et ira 36.22.6 la figliuola d' Amon spinge la lancia, 36.22.7 e con quella Marfisa tocca a pena, 36.22.8 che la fa riversar sopra l' arena. 36.23.1 A pena ella fu in terra, che rizzosse, 36.23.2 cercando far con la spada mal' opra. 36.23.3 Di nuovo l' asta Bradamante mosse, 36.23.4 e Marfisa di nuovo andò sozzopra. 36.23.5 Ben che possente Bradamante fosse, 36.23.6 non però sì a Marfisa era di sopra, 36.23.7 che l' avesse ogni colpo riversata; 36.23.8 ma tal virtù ne l' asta era incantata. 36.24.1 Alcuni cavallieri in questo mezzo, 36.24.2 alcuni, dico, de la parte nostra, 36.24.3 se n' erano venuti dove, in mezzo 36.24.4 l' un campo e l' altro, si facea la giostra 36.24.5 (che non eran lontani un miglio e mezzo), 36.24.6 veduta la virtù che 'l suo dimostra; 36.24.7 il suo che non conoscono altrimente 36.24.8 che per un cavallier de la lor gente. 36.25.1 Questi vedendo il generoso figlio 36.25.2 di Troiano alle mura approssimarsi, 36.25.3 per ogni caso, per ogni periglio 36.25.4 non vòlse sproveduto ritrovarsi; 36.25.5 e fe' che molti all' arme dier di piglio, 36.25.6 e che fuor dei ripari appresentârsi. 36.25.7 Tra questi fu Ruggiero, a cui la fretta 36.25.8 di Marfisa la giostra avea intercetta. 36.26.1 L' inamorato giovene mirando 36.26.2 stava il successo, e gli tremava il core, 36.26.3 de la sua cara moglie dubitando; 36.26.4 che di Marfisa ben sapea il valore. 36.26.5 Dubitò, dico, nel principio, quando 36.26.6 si mosse l' una e l' altra con furore; 36.26.7 ma visto poi come successe il fatto, 36.26.8 restò maraviglioso e stupefatto: 36.27.1 e poi che fin la lite lor non ebbe, 36.27.2 come avean l' altre avute, al primo incontro, 36.27.3 nel cor profundamente gli ne 'ncrebbe, 36.27.4 dubbioso pur di qualche strano incontro. 36.27.5 De l' una egli e de l' altra il ben vorrebbe; 36.27.6 ch' ama amendue: non che da porre incontro 36.27.7 sien questi amori: è l' un fiamma e furore, 36.27.8 l' altro benivolenza più ch' amore. 36.28.1 Partita volentier la pugna avria, 36.28.2 se con suo onor potuto avesse farlo. 36.28.3 Ma quei ch' egli avea seco in compagnia, 36.28.4 perché non vinca la parte di Carlo, 36.28.5 che già lor par che superior ne sia, 36.28.6 saltan nel campo, e vogliono turbarlo. 36.28.7 Da l' altra parte i cavallier cristiani 36.28.8 si fanno inanzi, e son quivi alle mani. 36.29.1 Di qua di là gridar si sente all' arme, 36.29.2 come usati eran far quasi ogni giorno. 36.29.3 Monti chi è a piè, chi non è armato s' arme, 36.29.4 alla bandiera ognun faccia ritorno! 36.29.5 dicea con chiaro e bellicoso carme 36.29.6 più d' una tromba che scorrea d' intorno: 36.29.7 e come quelle svegliano i cavalli, 36.29.8 svegliano i fanti i timpani e i taballi. 36.30.1 La scaramuccia fiera e sanguinosa, 36.30.2 quanto si possa imaginar, si mesce. 36.30.3 La donna di Dordona valorosa, 36.30.4 a cui mirabilmente aggrava e incresce 36.30.5 che quel di ch' era tanto disïosa, 36.30.6 di por Marfisa a morte, non riesce; 36.30.7 di qua di là si volge e si raggira, 36.30.8 se Ruggier può veder, per cui sospira. 36.31.1 Lo riconosce all' aquila d' argento 36.31.2 c' ha nello scudo azzurro il giovinetto. 36.31.3 Ella con gli occhi e col pensiero intento 36.31.4 si ferma a contemplar le spalle e 'l petto, 36.31.5 le leggiadre fattezze, e 'l movimento 36.31.6 pieno di grazia; e poi con gran dispetto, 36.31.7 imaginando ch' altra ne gioisse, 36.31.8 da furore assalita così disse: 36.32.1 -- Dunque baciar sì belle e dolce labbia 36.32.2 deve altra, se baciar non le poss' io? 36.32.3 Ah non sia vero già ch' altra mai t' abbia; 36.32.4 che d' altra esser non déi, se non sei mio. 36.32.5 Più tosto che morir sola di rabbia, 36.32.6 che meco di mia man mori, disio; 36.32.7 che se ben qui ti perdo, almen l' inferno 36.32.8 poi mi ti renda, e stii meco in eterno. 36.33.1 Se tu m' occidi, è ben ragion che deggi 36.33.2 darmi de la vendetta anco conforto; 36.33.3 che voglion tutti gli ordini e le leggi, 36.33.4 che chi dà morte altrui debba esser morto. 36.33.5 Né par ch' anco il tuo danno il mio pareggi; 36.33.6 che tu mori a ragione, io moro a torto. 36.33.7 Farò morir chi brama, ohimè! ch' io muora; 36.33.8 ma tu, crudel, chi t' ama e chi t' adora. 36.34.1 Perché non déi tu, mano, essere ardita 36.34.2 d' aprir col ferro al mio nimico il core? 36.34.3 che tante volte a morte m' ha ferita 36.34.4 sotto la pace in sicurtà d' amore, 36.34.5 et or può consentir tormi la vita, 36.34.6 né pur aver pietà del mio dolore. 36.34.7 Contra questo empio ardisci, animo forte: 36.34.8 vendica mille mie con la sua morte. -- 36.35.1 Gli sprona contra in questo dir, ma prima: 36.35.2 -- Guàrdati (grida), perfido Ruggiero: 36.35.3 tu non andrai, s' io posso, de la opima 36.35.4 spoglia del cor d' una donzella altiero. -- 36.35.5 Come Ruggiero ode il parlare, estima 36.35.6 che sia la moglie sua, com' era in vero, 36.35.7 la cui voce in memoria sì bene ebbe, 36.35.8 ch' in mille riconoscer la potrebbe. 36.36.1 Ben pensa quel che le parole denno 36.36.2 volere inferir più; ch' ella l' accusa 36.36.3 che la convenzïon ch' insieme fenno, 36.36.4 non le osservava: onde per farne iscusa, 36.36.5 di volerle parlar le fece cenno: 36.36.6 ma quella già con la visiera chiusa 36.36.7 venìa dal dolor spinta e da la rabbia, 36.36.8 per porlo, e forse ove non era sabbia. 36.37.1 Quando Ruggier la vede tanto accesa, 36.37.2 si ristringe ne l' arme e ne la sella: 36.37.3 la lancia arresta; ma la tien sospesa, 36.37.4 piegata in parte ove non nuoccia a quella. 36.37.5 La donna, ch' a ferirlo e a fargli offesa 36.37.6 venìa con mente di pietà rubella, 36.37.7 non poté sofferir, come fu appresso, 36.37.8 di porlo in terra e fargli oltraggio espresso. 36.38.1 Così lor lancie van d' effetto vòte 36.38.2 a quello incontro; e basta ben s' Amore 36.38.3 con l' un giostra e con l' altro, e gli percuote 36.38.4 d' una amorosa lancia in mezzo il core. 36.38.5 Poi che la donna sofferir non puote 36.38.6 di far onta a Ruggier, volge il furore 36.38.7 che l' arde il petto, altrove; e vi fa cose 36.38.8 che saran, fin che giri il ciel, famose. 36.39.1 In poco spazio ne gittò per terra 36.39.2 trecento e più con quella lancia d' oro. 36.39.3 Ella sola quel dì vinse la guerra, 36.39.4 messe ella sola in fuga il popul Moro. 36.39.5 Ruggier di qua di là s' aggira et erra 36.39.6 tanto, che se le accosta e dice: -- Io moro, 36.39.7 s' io non ti parlo: ohimè! che t' ho fatto io, 36.39.8 che mi debbi fuggire? Odi, per Dio! -- 36.40.1 Come ai meridional tiepidi venti, 36.40.2 che spirano dal mare il fiato caldo, 36.40.3 le nievi si disciolveno e i torrenti, 36.40.4 e il ghiaccio che pur dianzi era sì saldo; 36.40.5 così a quei prieghi, a quei brevi lamenti 36.40.6 il cor de la sorella di Rinaldo 36.40.7 subito ritornò pietoso e molle, 36.40.8 che l' ira, più che marmo, indurar volle. 36.41.1 Non vuol dargli, o non puote, altra risposta; 36.41.2 ma da traverso sprona Rabicano, 36.41.3 e quanto può dagli altri si discosta, 36.41.4 et a Ruggiero accenna con la mano. 36.41.5 Fuor de la moltitudine in reposta 36.41.6 valle si trasse, ov' era un piccol piano 36.41.7 ch' in mezzo avea un boschetto di cipressi 36.41.8 che parean d' una stampa tutti impressi. 36.42.1 In quel boschetto era di bianchi marmi 36.42.2 fatta di nuovo un' alta sepoltura. 36.42.3 Chi dentro giaccia, era con brevi carmi 36.42.4 notato a chi saperlo avesse cura. 36.42.5 Ma quivi giunta Bradamante, parmi 36.42.6 che già non pose mente alla scrittura. 36.42.7 Ruggier dietro il cavallo affretta e punge 36.42.8 tanto, ch' al bosco e alla donzella giunge. 36.43.1 Ma ritorniamo a Marfisa che s' era 36.43.2 in questo mezzo in sul destrier rimessa, 36.43.3 e venìa per trovar quella guerriera 36.43.4 che l' avea al primo scontro in terra messa: 36.43.5 e la vide partir fuor de la schiera, 36.43.6 e partir Ruggier vide e seguir essa; 36.43.7 né si pensò che per amor seguisse, 36.43.8 ma per finir con l' arme ingiurie e risse. 36.44.1 Urta il cavallo, e vien dietro alla pésta 36.44.2 tanto, ch' a un tempo con lor quasi arriva. 36.44.3 Quanto sua giunta ad ambi sia molesta, 36.44.4 chi vive amando, il sa, senza ch' io 'l scriva. 36.44.5 Ma Bradamante offesa più ne resta, 36.44.6 che colei vede, onde il suo mal deriva. 36.44.7 Chi le può tor che non creda esser vero 36.44.8 che l' amor ve la sproni di Ruggiero? 36.45.1 E perfido Ruggier di nuovo chiama. 36.45.2 -- Non ti bastava, perfido (disse ella), 36.45.3 che tua perfidia sapessi per fama, 36.45.4 se non mi facevi anco veder quella? 36.45.5 Di cacciarmi da te veggo c' hai brama: 36.45.6 e per sbramar tua voglia iniqua e fella, 36.45.7 io vo' morir; ma sforzerommi ancora 36.45.8 che muora meco chi è cagion ch' io mora. -- 36.46.1 Sdegnosa più che vipera, si spicca, 36.46.2 così dicendo, e va contra Marfisa; 36.46.3 et allo scudo l' asta sì le appicca, 36.46.4 che la fa a dietro riversare in guisa, 36.46.5 che quasi mezzo l' elmo in terra ficca; 36.46.6 né si può dir che sia colta improvisa: 36.46.7 anzi fa incontra ciò che far si puote; 36.46.8 e pure in terra del capo percuote. 36.47.1 La figliuola d' Amon, che vuol morire 36.47.2 o dar morte a Marfisa, è in tanta rabbia, 36.47.3 che non ha mente di nuovo a ferire 36.47.4 con l' asta, onde a gittar di nuovo l' abbia; 36.47.5 ma le pensa dal busto dipartire 36.47.6 il capo mezzo fitto ne la sabbia: 36.47.7 getta da sé la lancia d' oro, e prende 36.47.8 la spada, e del destrier subito scende. 36.48.1 Ma tarda è la sua giunta; che si trova 36.48.2 Marfisa incontra, e di tanta ira piena 36.48.3 (poi che s' ha vista alla seconda prova 36.48.4 cader sì facilmente su l' arena), 36.48.5 che pregar nulla, e nulla gridar giova 36.48.6 a Ruggier che di questo avea gran pena: 36.48.7 sì l' odio e l' ira le guerriere abbaglia, 36.48.8 che fan da disperate la battaglia. 36.49.1 A mezza spada vengono di botto; 36.49.2 e per la gran superbia che l' ha accese, 36.49.3 van pur inanzi, e si son già sì sotto, 36.49.4 ch' altro non puon che venire alle prese. 36.49.5 Le spade, il cui bisogno era interrotto, 36.49.6 lascian cadere, e cercan nuove offese. 36.49.7 Priega Ruggiero e supplica amendue, 36.49.8 ma poco frutto han le parole sue. 36.50.1 Quando pur vede che 'l pregar non vale, 36.50.2 di partirle per forza si dispone: 36.50.3 leva di mano ad amendua il pugnale, 36.50.4 et al piè d' un cipresso li ripone. 36.50.5 Poi che ferro non han più da far male, 36.50.6 con prieghi e con minaccie s' interpone: 36.50.7 ma tutto è invan; che la battaglia fanno 36.50.8 a pugni e a calci, poi ch' altro non hanno. 36.51.1 Ruggier non cessa: or l' una or l' altra prende 36.51.2 per le man, per le braccia, e la ritira; 36.51.3 e tanto fa, che di Marfisa accende 36.51.4 contra di sé, quanto si può più, l' ira. 36.51.5 Quella che tutto il mondo vilipende, 36.51.6 alla amicizia di Ruggier non mira. 36.51.7 Poi che da Bradamante si distacca, 36.51.8 corre alla spada, e con Ruggier s' attacca. 36.52.1 -- Tu fai da discortese e da villano, 36.52.2 Ruggiero, a disturbar la pugna altrui; 36.52.3 ma ti farò pentir con questa mano 36.52.4 che vo' che basti a vincervi ambedui. -- 36.52.5 Cerca Ruggier con parlar molto umano 36.52.6 Marfisa mitigar; ma contra lui 36.52.7 la trova in modo disdegnosa e fiera, 36.52.8 ch' un perder tempo ogni parlar seco era. 36.53.1 All' ultimo Ruggier la spada trasse, 36.53.2 poi che l' ira anco lui fe' rubicondo. 36.53.3 Non credo che spettacolo mirasse 36.53.4 Atene o Roma o luogo altro del mondo, 36.53.5 che così a' riguardanti dilettasse, 36.53.6 come dilettò questo e fu giocondo 36.53.7 alla gelosa Bradamante, quando 36.53.8 questo le pose ogni sospetto in bando. 36.54.1 La sua spada avea tolta ella di terra, 36.54.2 e tratta s' era a riguardar da parte; 36.54.3 e le parea veder che 'l dio di guerra 36.54.4 fosse Ruggiero alla possanza e all' arte. 36.54.5 Una furia infernal quando si sferra 36.54.6 sembra Marfisa, se quel sembra Marte. 36.54.7 Vero è ch' un pezzo il giovene gagliardo 36.54.8 di non far il potere ebbe riguardo. 36.55.1 Sapea ben la virtù de la sua spada; 36.55.2 che tante esperïenze n' ha già fatto. 36.55.3 Ove giunge, convien che se ne vada 36.55.4 l' incanto, o nulla giovi, e stia di piatto: 36.55.5 sì che ritien che 'l colpo suo non cada 36.55.6 di taglio o punta, ma sempre di piatto. 36.55.7 Ebbe a questo Ruggier lunga avvertenza: 36.55.8 ma perdé pure un tratto la pazienza; 36.56.1 perché Marfisa una percossa orrenda 36.56.2 gli mena per dividergli la testa. 36.56.3 Leva lo scudo che 'l capo difenda 36.56.4 Ruggiero, e 'l colpo in su l' aquila pesta. 36.56.5 Vieta lo 'ncanto che lo spezzi o fenda; 36.56.6 ma di stordir non però il braccio resta: 36.56.7 e s' avea altr' arme che quelle d' Ettorre, 36.56.8 gli potea il fiero colpo il braccio tôrre: 36.57.1 e saria sceso indi alla testa, dove 36.57.2 disegnò di ferir l' aspra donzella. 36.57.3 Ruggiero il braccio manco a pena muove, 36.57.4 a pena più sostien l' aquila bella. 36.57.5 Per questo ogni pietà da sé rimuove; 36.57.6 par che negli occhi avampi una facella: 36.57.7 e quanto può cacciar, caccia una punta. 36.57.8 Marfisa, mal per te se n' eri giunta! 36.58.1 Io non vi so ben dir come si fosse: 36.58.2 la spada andò a ferire in un cipresso, 36.58.3 e un palmo e più ne l' arbore cacciosse: 36.58.4 in modo era piantato il luogo spesso. 36.58.5 In quel momento il monte e il piano scosse 36.58.6 un gran tremuoto; e si sentì con esso 36.58.7 da quell' avel ch' in mezzo il bosco siede, 36.58.8 gran voce uscir, ch' ogni mortale eccede. 36.59.1 Grida la voce orribile: -- Non sia 36.59.2 lite tra voi: gli è ingiusto et inumano 36.59.3 ch' alla sorella il fratel morte dia, 36.59.4 o la sorella uccida il suo germano. 36.59.5 Tu, mio Ruggiero, e tu, Marfisa mia, 36.59.6 credete al mio parlar che non è vano: 36.59.7 in un medesimo utero d' un seme 36.59.8 foste concetti, e usciste al mondo insieme. 36.60.1 Concetti foste da Ruggier secondo: 36.60.2 vi fu Galacïella genitrice, 36.60.3 i cui fratelli avendole dal mondo 36.60.4 cacciato il genitor vostro infelice, 36.60.5 senza guardar ch' avesse in corpo il pondo 36.60.6 di voi, ch' usciste pur di lor radice, 36.60.7 la fêr, perché s' avesse ad affogare, 36.60.8 s' un debol legno porre in mezzo al mare. 36.61.1 Ma Fortuna che voi, ben che non nati, 36.61.2 avea già eletti a glorïose imprese, 36.61.3 fece che 'l legno ai liti inabitati 36.61.4 sopra le Sirti a salvamento scese; 36.61.5 ove, poi che nel mondo v' ebbe dati, 36.61.6 l' anima eletta al paradiso ascese. 36.61.7 Come Dio vòlse e fu vostro destino, 36.61.8 a questo caso io mi trovai vicino. 36.62.1 Diedi alla madre sepoltura onesta, 36.62.2 qual potea darsi in sì deserta arena; 36.62.3 e voi teneri avolti ne la vesta 36.62.4 meco portai sul monte di Carena; 36.62.5 e mansueta uscir de la foresta 36.62.6 feci e lasciare i figli una leena, 36.62.7 de le cui poppe dieci mesi e dieci 36.62.8 ambi nutrir con molto studio feci. 36.63.1 Un giorno che d' andar per la contrada 36.63.2 e da la stanza allontanar m' occorse, 36.63.3 vi sopravenne a caso una masnada 36.63.4 d' Arabi (e ricordarvene de' forse), 36.63.5 che te, Marfisa, tolser ne la strada; 36.63.6 ma non potêr Ruggier, che meglio corse. 36.63.7 Restai de la tua perdita dolente, 36.63.8 e di Ruggier guardian più diligente. 36.64.1 Ruggier, se ti guardò, mentre che visse, 36.64.2 il tuo maestro Atlante, tu lo sai. 36.64.3 Di te senti' predir le stelle fisse, 36.64.4 che tra' cristiani a tradigion morrai; 36.64.5 e perché il male influsso non seguisse, 36.64.6 tenertene lontan m' affaticai: 36.64.7 né ostare al fin potendo alla tua voglia, 36.64.8 infermo caddi, e mi mori' di doglia. 36.65.1 Ma inanzi a morte, qui dove previdi 36.65.2 che con Marfisa aver pugna dovevi, 36.65.3 feci raccor con infernal sussidi 36.65.4 a formar questa tomba i sassi grevi; 36.65.5 et a Caron dissi con alti gridi: 36.65.6 " Dopo morte non vo' lo spirto levi 36.65.7 di questo bosco, fin che non ci giugna 36.65.8 Ruggier con la sorella per far pugna". 36.66.1 Così lo spirto mio per le belle ombre 36.66.2 ha molti dì aspettato il venir vostro: 36.66.3 sì che mai gelosia più non t' ingombre, 36.66.4 o Bradamante, ch' ami Ruggier nostro. 36.66.5 Ma tempo è ormai che de la luce io sgombre, 36.66.6 e mi conduca al tenebroso chiostro. -- 36.66.7 Qui si tacque; e a Marfisa et alla figlia 36.66.8 d' Amon lasciò e a Ruggier gran maraviglia. 36.67.1 Riconosce Marfisa per sorella 36.67.2 Ruggier con molto gaudio, et ella lui; 36.67.3 e ad abbracciarsi, senza offender quella 36.67.4 che per Ruggiero ardea, vanno ambidui: 36.67.5 e ramentando de l' età novella 36.67.6 alcune cose: i' feci, io dissi, io fui; 36.67.7 vengon trovando con più certo effetto, 36.67.8 tutto esser ver quel c' ha lo spirto detto. 36.68.1 Ruggiero alla sorella non ascose 36.68.2 quanto avea nel cor fissa Bradamante; 36.68.3 e narrò con parole affettuose 36.68.4 de le obligazïon che le avea tante: 36.68.5 e non cessò, ch' in grand' amor compose 36.68.6 le discordie ch' insieme ebbono avante; 36.68.7 e fe', per segno di pacificarsi, 36.68.8 ch' umanamente andaro ad abbracciarsi. 36.69.1 A domandar poi ritornò Marfisa 36.69.2 chi stato fosse, e di che gente il padre; 36.69.3 e chi l' avesse morto, et a che guisa, 36.69.4 s' in campo chiuso o fra l' armate squadre; 36.69.5 e chi commesso avea che fosse uccisa 36.69.6 dal mar atroce la misera madre: 36.69.7 che se già l' avea udito da fanciulla, 36.69.8 or ne tenea poca memoria o nulla. 36.70.1 Ruggiero incominciò, che da' Troiani 36.70.2 per la linea d' Ettorre erano scesi; 36.70.3 che poi che Astïanatte de le mani 36.70.4 campò d' Ulisse e da li aguati tesi, 36.70.5 avendo un de' fanciulli coetani 36.70.6 per lui lasciato, uscì di quei paesi; 36.70.7 e dopo un lungo errar per la marina, 36.70.8 venne in Sicilia e dominò Messina. 36.71.1 -- I descendenti suoi di qua dal Faro 36.71.2 signoreggiâr de la Calabria parte; 36.71.3 e dopo più successïoni andaro 36.71.4 ad abitar ne la città di Marte. 36.71.5 Più d' uno imperatore e re preclaro 36.71.6 fu di quel sangue in Roma e in altra parte, 36.71.7 cominciando a Costante e a Costantino, 36.71.8 sino a re Carlo figlio de Pipino. 36.72.1 Fu Ruggier primo e Gianbaron di questi, 36.72.2 Buovo, Rambaldo, al fin Ruggier secondo, 36.72.3 che fe', come d' Atlante udir potesti, 36.72.4 di nostra madre l' utero fecondo. 36.72.5 De la progenie nostra i chiari gesti 36.72.6 per l' istorie vedrai celebri al mondo. 36.72.7 Seguì poi, come venne il re Agolante 36.72.8 con Almonte e col padre d' Agramante; 36.73.1 e come menò seco una donzella 36.73.2 ch' era sua figlia, tanto valorosa, 36.73.3 che molti paladin gittò di sella; 36.73.4 e di Ruggiero al fin venne amorosa, 36.73.5 e per suo amor del padre fu ribella, 36.73.6 e battezzossi, e diventògli sposa. 36.73.7 Narrò come Beltramo traditore 36.73.8 per la cognata arse d' incesto amore; 36.74.1 e che la patria e 'l padre e duo fratelli 36.74.2 tradì, così sperando acquistar lei; 36.74.3 aperse Risa agli nimici, e quelli 36.74.4 fêr di lor tutti i portamenti rei; 36.74.5 come Agolante e i figli iniqui e felli 36.74.6 poser Galacïella, che di sei 36.74.7 mesi era grave, in mar senza governo, 36.74.8 quando fu tempestoso al maggior verno. 36.75.1 Stava Marfisa con serena fronte 36.75.2 fisa al parlar che 'l suo german facea; 36.75.3 et esser scesa da la bella fonte 36.75.4 ch' avea sì chiari rivi, si godea. 36.75.5 Quinci Mongrana e quindi Chiaramonte 36.75.6 le due progenie derivar sapea, 36.75.7 ch' al mondo fur molti e molt' anni e lustri 36.75.8 splendide, e senza par d' uomini illustri. 36.76.1 Poi che 'l fratello al fin le venne a dire 36.76.2 che 'l padre d' Agramante e l' avo e 'l zio 36.76.3 Ruggiero a tradigion feron morire, 36.76.4 e posero la moglie a caso rio; 36.76.5 non lo poté più la sorella udire, 36.76.6 che lo 'nterroppe, e disse: -- Fratel mio 36.76.7 (salva tua grazia), avuto hai troppo torto 36.76.8 a non ti vendicar del padre morto. 36.77.1 Se in Almonte e in Troian non ti potevi 36.77.2 insanguinar, ch' erano morti inante, 36.77.3 dei figli vendicar tu ti dovevi. 36.77.4 Perché, vivendo tu, vive Agramante? 36.77.5 Questa è una macchia che mai non ti levi 36.77.6 dal viso; poi che dopo offese tante 36.77.7 non pur posto non hai questo re a morte, 36.77.8 ma vivi al soldo suo ne la sua corte. 36.78.1 Io fo ben voto a Dio (ch' adorar voglio 36.78.2 Cristo Dio vero, ch' adorò mio padre) 36.78.3 che di questa armatura non mi spoglio, 36.78.4 fin che Ruggier non vendico e mia madre. 36.78.5 E vo' dolermi, e fin ora mi doglio, 36.78.6 di te, se più ti veggo fra le squadre 36.78.7 del re Agramante o d' altro signor Moro, 36.78.8 se non col ferro in man per danno loro. -- 36.79.1 Oh come a quel parlar leva la faccia 36.79.2 la bella Bradamante, e ne gioisce! 36.79.3 E conforta Ruggier che così faccia 36.79.4 come Marfisa sua ben l' ammonisce; 36.79.5 e venga a Carlo, e conoscer si faccia, 36.79.6 che tanto onora, lauda e riverisce 36.79.7 del suo padre Ruggier la chiara fama, 36.79.8 ch' ancor guerrier senza alcun par lo chiama. 36.80.1 Ruggiero accortamente le rispose 36.80.2 che da principio questo far dovea; 36.80.3 ma per non bene aver note le cose, 36.80.4 come ebbe poi, tardato troppo avea. 36.80.5 Ora, essendo Agramante che gli pose 36.80.6 la spada al fianco, farebbe opra rea 36.80.7 dandogli morte, e saria traditore; 36.80.8 che già tolto l' avea per suo signore. 36.81.1 Ben, come a Bradamante già promesse, 36.81.2 promettea a lei di tentare ogni via, 36.81.3 tanto ch' occasïone, onde potesse 36.81.4 levarsi con suo onor, nascer faria. 36.81.5 E se già fatto non l' avea, non desse 36.81.6 la colpa a lui, m' al re di Tartaria, 36.81.7 dal qual ne la battaglia che seco ebbe, 36.81.8 lasciato fu, come saper si debbe. 36.82.1 Et ella ch' ogni dì gli venìa al letto, 36.82.2 buon testimon, quanto alcun altro, n' era. 36.82.3 Fu sopra questo assai risposto e detto 36.82.4 da l' una e da l' altra inclita guerriera. 36.82.5 L' ultima conclusion, l' ultimo effetto 36.82.6 è che Ruggier ritorni alla bandiera 36.82.7 del suo signor, fin che cagion gli accada, 36.82.8 che giustamente a Carlo se ne vada. 36.83.1 -- Lascialo pur andar (dicea Marfisa 36.83.2 a Bradamante), e non aver timore: 36.83.3 fra pochi giorni io farò bene in guisa 36.83.4 che non gli fia Agramante più signore. -- 36.83.5 Così dice ella, né però devisa 36.83.6 quanto di voler fare abbia nel core. 36.83.7 Tolta da lor licenzia, al fin Ruggiero 36.83.8 per tornare al suo re volgea il destriero; 36.84.1 quando un pianto s' udì da le vicine 36.84.2 valli sonar, che li fe' tutti attenti. 36.84.3 A quella voce fan l' orecchie chine, 36.84.4 che di femina par che si lamenti. 36.84.5 Ma voglio questo canto abbia qui fine, 36.84.6 e di quel che voglio io, siate contenti; 36.84.7 che miglior cose vi prometto dire, 36.84.8 s' all' altro canto mi verrete a udire.
CANTO XXXVII
37.1.1 Se, come in acquistar qualch' altro dono 37.1.2 che senza industria non può dar Natura, 37.1.3 affaticate notte e dì si sono 37.1.4 con somma diligenzia e lunga cura 37.1.5 le valorose donne, e se con buono 37.1.6 successo n' è uscit' opra non oscura; 37.1.7 così si fosson poste a quelli studi 37.1.8 ch' immortal fanno le mortal virtudi; 37.2.1 e che per se medesime potuto 37.2.2 avesson dar memoria alle sue lode, 37.2.3 non mendicar dagli scrittori aiuto, 37.2.4 ai quali astio et invidia il cor sì rode, 37.2.5 che 'l ben che ne puon dir, spesso è taciuto, 37.2.6 e 'l mal, quanto ne san, per tutto s' ode; 37.2.7 tanto il lor nome sorgeria, che forse 37.2.8 viril fama a tal grado unqua non sorse. 37.3.1 Non basta a molti di prestarsi l' opra 37.3.2 in far l' un l' altro glorïoso al mondo, 37.3.3 ch' anco studian di far che si discuopra 37.3.4 ciò che le donne hanno fra lor d' immondo. 37.3.5 Non le vorrian lasciar venir di sopra, 37.3.6 e quanto puon, fan per cacciarle al fondo: 37.3.7 dico gli antiqui; quasi l' onor debbia 37.3.8 d' esse il lor oscurar, come il sol nebbia. 37.4.1 Ma non ebbe e non ha mano né lingua, 37.4.2 formando in voce o discrivendo in carte 37.4.3 (quantunque il mal, quanto può, accresce e impingua, 37.4.4 e minuendo il ben va con ogni arte), 37.4.5 poter però, che de le donne estingua 37.4.6 la gloria sì, che non ne resti parte; 37.4.7 ma non già tal, che presso al segno giunga, 37.4.8 né ch' anco se gli accosti di gran lunga: 37.5.1 ch' Arpalice non fu, non fu Tomiri, 37.5.2 non fu chi Turno, non chi Ettor soccorse; 37.5.3 non chi seguita da Sidonii e Tiri 37.5.4 andò per lungo mare in Libia a porse; 37.5.5 non Zenobia, non quella che gli Assiri, 37.5.6 i Persi e gl' Indi con vittoria scórse: 37.5.7 non fur queste e poch' altre degne sole, 37.5.8 di cui per arme eterna fama vole. 37.6.1 E di fedeli e caste e saggie e forti 37.6.2 stato ne son, non pur in Grecia e in Roma, 37.6.3 ma in ogni parte ove fra gl' Indi e gli Orti 37.6.4 de le Esperide il Sol spiega la chioma: 37.6.5 de le quai sono i pregi agli onor morti, 37.6.6 sì ch' a pena di mille una si noma; 37.6.7 e questo, perché avuto hanno ai lor tempi 37.6.8 gli scrittori bugiardi, invidi et empi. 37.7.1 Non restate però, donne, a cui giova 37.7.2 il bene oprar, di seguir vostra via; 37.7.3 né da vostra alta impresa vi rimuova 37.7.4 tema che degno onor non vi si dia: 37.7.5 che, come cosa buona non si trova 37.7.6 che duri sempre, così ancor né ria. 37.7.7 Se le carte sin qui state e gl' inchiostri 37.7.8 per voi non sono, or sono a' tempi nostri. 37.8.1 Dianzi Marullo et il Pontan per vui 37.8.2 sono, e duo Strozzi, il padre e 'l figlio, stati: 37.8.3 c' è il Bembo, c' è il Capel, c' è chi, qual lui 37.8.4 vediamo, ha tali i cortigian formati: 37.8.5 c' è un Luigi Alaman: ce ne son dui, 37.8.6 di par da Marte e da le Muse amati, 37.8.7 ambi del sangue che regge la terra 37.8.8 che 'l Menzo fende e d' alti stagni serra. 37.9.1 Di questi l' uno, oltre che 'l proprio instinto 37.9.2 ad onorarvi e a riverirvi inchina, 37.9.3 e far Parnasso risonare e Cinto 37.9.4 di vostra laude, e porla al ciel vicina; 37.9.5 l' amor, la fede, il saldo e non mai vinto 37.9.6 per minacciar di strazii e di ruina, 37.9.7 animo ch' Issabella gli ha dimostro, 37.9.8 lo fa, assai più che di se stesso, vostro: 37.10.1 sì che non è per mai trovarsi stanco 37.10.2 di farvi onor nei suoi vivaci carmi: 37.10.3 e s' altri vi dà biasmo, non è ch' anco 37.10.4 sia più pronto di lui per pigliar l' armi: 37.10.5 e non ha il mondo cavallier che manco 37.10.6 la vita sua per la virtù rispiarmi. 37.10.7 Dà insieme egli materia ond' altri scriva, 37.10.8 e fa la gloria altrui, scrivendo, viva. 37.11.1 Et è ben degno che sì ricca donna, 37.11.2 ricca di tutto quel valor che possa 37.11.3 esser fra quante al mondo portin gonna, 37.11.4 mai non si sia di sua constanzia mossa; 37.11.5 e sia stata per lui vera colonna, 37.11.6 sprezzando di Fortuna ogni percossa: 37.11.7 di lei degno egli, e degna ella di lui; 37.11.8 né meglio s' accoppiaro unque altri dui. 37.12.1 Nuovi trofei pon su la riva d' Oglio; 37.12.2 ch' in mezzo a ferri, a fuochi, a navi, a ruote 37.12.3 ha sparso alcun tanto ben scritto foglio, 37.12.4 che 'l vicin fiume invidia aver gli puote. 37.12.5 Appresso a questo un Ercol Bentivoglio 37.12.6 fa chiaro il vostro onor con chiare note, 37.12.7 e Renato Trivulcio, e 'l mio Guidetto, 37.12.8 e 'l Molza, a dir di voi da Febo eletto. 37.13.1 C' è 'l duca de' Carnuti Ercol, figliuolo 37.13.2 del duca mio, che spiega l' ali come 37.13.3 canoro cigno, e va cantando a volo, 37.13.4 e fin al cielo udir fa il vostro nome. 37.13.5 C' è il mio signor del Vasto, a cui non solo 37.13.6 di dare a mille Atene e a mille Rome 37.13.7 di sé materia basta, ch' anco accenna 37.13.8 volervi eterne far con la sua penna. 37.14.1 Et oltre a questi et altri ch' oggi avete, 37.14.2 che v' hanno dato gloria e ve la dànno, 37.14.3 voi per voi stesse dar ve la potete; 37.14.4 poi che molte, lasciando l' ago e 'l panno, 37.14.5 son con le Muse a spegnersi la sete 37.14.6 al fonte d' Aganippe andate, e vanno; 37.14.7 e ne ritornan tai che l' opra vostra 37.14.8 è più bisogno a noi, ch' a voi la nostra. 37.15.1 Se chi sian queste, e di ciascun voglio 37.15.2 render buon conto, e degno pregio darle, 37.15.3 bisognerà ch' io verghi più d' un foglio, 37.15.4 e ch' oggi il canto mio d' altro non parle: 37.15.5 e s' a lodarne cinque o sei ne toglio, 37.15.6 io potrei l' altre offendere e sdegnarle. 37.15.7 Che farò dunque? Ho da tacer d' ognuna, 37.15.8 o pur fra tante sceglierne sol una? 37.16.1 Sceglieronne una; e sceglierolla tale, 37.16.2 che superato avrà l' invidia in modo, 37.16.3 che nessun' altra potrà avere a male, 37.16.4 se l' altre taccio, e se lei sola lodo. 37.16.5 Quest' una ha non pur sé fatta immortale 37.16.6 col dolce stil di che il meglior non odo; 37.16.7 ma può qualunque di cui parli o scriva, 37.16.8 trar del sepolcro, e far ch' eterno viva. 37.17.1 Come Febo la candida sorella 37.17.2 fa più di luce adorna, e più la mira 37.17.3 che Venere o che Maia o ch' altra stella 37.17.4 che va col cielo o che da sé si gira: 37.17.5 così facundia, più ch' all' altre, a quella 37.17.6 di ch' io vi parlo, e più dolcezza spira; 37.17.7 e dà tal forza all' alte sue parole, 37.17.8 ch' orna a' dì nostri il ciel d' un altro sole. 37.18.1 Vittoria è 'l nome; e ben conviensi a nata 37.18.2 fra le vittorie, et a chi, o vada o stanzi, 37.18.3 di trofei sempre e di trionfi ornata, 37.18.4 la vittoria abbia seco, o dietro o inanzi. 37.18.5 Questa è un' altra Artemisia, che lodata 37.18.6 fu di pietà verso il suo Mausolo; anzi 37.18.7 tanto maggior, quanto è più assai bell' opra, 37.18.8 che por sotterra un uom, trarlo di sopra. 37.19.1 Se Laodamìa, se la moglier di Bruto, 37.19.2 s' Arria, s' Argia, s' Evadne, e s' altre molte 37.19.3 meritâr laude per aver voluto, 37.19.4 morti i mariti, esser con lor sepolte; 37.19.5 quanto onore a Vittoria è più dovuto, 37.19.6 che di Lete e del rio che nove volte 37.19.7 l' ombre circonda, ha tratto il suo consorte, 37.19.8 mal grado de le Parche e de la Morte! 37.20.1 S' al fiero Achille invidia de la chiara 37.20.2 meonia tromba il Macedonico ebbe, 37.20.3 quanto, invitto Francesco di Pescara, 37.20.4 maggiore a te, se vivesse or, l' avrebbe! 37.20.5 che sì casta mogliere e a te sì cara 37.20.6 canti l' eterno onor che ti si debbe, 37.20.7 e che per lei sì 'l nome tuo rimbombe, 37.20.8 che da bramar non hai più chiare trombe. 37.21.1 Se quanto dir se ne potrebbe, o quanto 37.21.2 io n' ho desir, volessi porre in carte, 37.21.3 ne direi lungamente; ma non tanto, 37.21.4 ch' a dir non ne restasse anco gran parte: 37.21.5 e di Marfisa e dei compagni intanto 37.21.6 la bella istoria rimarria da parte, 37.21.7 la quale io vi promisi di seguire, 37.21.8 s' in questo canto mi verreste a udire. 37.22.1 Ora essendo voi qui per ascoltarmi, 37.22.2 et io per non mancar de la promessa, 37.22.3 serberò a maggior ozio di provarmi 37.22.4 ch' ogni laude di lei sia da me espressa; 37.22.5 non perch' io creda bisognar miei carmi 37.22.6 a chi se ne fa copia da se stessa; 37.22.7 ma sol per satisfare a questo mio, 37.22.8 c' ho d' onorarla e di lodar, disio. 37.23.1 Donne, io conchiudo in somma, ch' ogni etate 37.23.2 molte ha di voi degne d' istoria avute; 37.23.3 ma per invidia di scrittori state 37.23.4 non sète dopo morte conosciute: 37.23.5 il che più non sarà, poi che voi fate 37.23.6 per voi stesse immortal vostra virtute. 37.23.7 Se far le due cognate sapean questo, 37.23.8 si sapria meglio ogni lor degno gesto. 37.24.1 Di Bradamante e di Marfisa dico, 37.24.2 le cui vittorïose inclite prove 37.24.3 di ritornare in luce m' affatico; 37.24.4 ma de le diece mancanmi le nove. 37.24.5 Queste ch' io so, ben volentieri esplìco; 37.24.6 sì perché ogni bell' opra si de', dove 37.24.7 occulta sia, scoprir, sì perché bramo 37.24.8 a voi, donne, aggradir, ch' onoro et amo. 37.25.1 Stava Ruggier, com' io vi dissi, in atto 37.25.2 di partirsi, et avea commiato preso, 37.25.3 e dall' arbore il brando già ritratto, 37.25.4 che, come dianzi, non gli fu conteso; 37.25.5 quando un gran pianto, che non lungo tratto 37.25.6 era lontan, lo fe' restar sospeso; 37.25.7 e con le donne a quella via si mosse, 37.25.8 per aiutar, dove bisogno fosse. 37.26.1 Spingonsi inanzi, e via più chiaro il suon ne 37.26.2 viene, e via più son le parole intese. 37.26.3 Giunti ne la vallea, trovan tre donne 37.26.4 che fan quel duolo, assai strane in arnese; 37.26.5 che fin all' ombilico ha lor le gonne 37.26.6 scorciate non so chi poco cortese: 37.26.7 e per non saper meglio elle celarsi, 37.26.8 sedeano in terra, e non ardian levarsi. 37.27.1 Come quel figlio di Vulcan, che venne 37.27.2 fuor de la polve senza madre in vita, 37.27.3 e Pallade nutrir fe' con solenne 37.27.4 cura d' Aglauro, al veder troppo ardita, 37.27.5 sedendo, ascosi i brutti piedi tenne 37.27.6 su la quadriga da lui prima ordita; 37.27.7 così quelle tre giovani le cose 37.27.8 secrete lor tenean, sedendo, ascose. 37.28.1 Lo spettacolo enorme e disonesto 37.28.2 l' una e l' altra magnanima guerriera 37.28.3 fe' del color che nei giardin di Pesto 37.28.4 esser la rosa suol da primavera. 37.28.5 Riguardò Bradamante, e manifesto 37.28.6 tosto le fu ch' Ullania una d' esse era, 37.28.7 Ullania che da l' Isola Perduta 37.28.8 in Francia messaggiera era venuta: 37.29.1 e riconobbe non men l' altre due; 37.29.2 che dove vide lei, vide esse ancora. 37.29.3 Ma se n' andaron le parole sue 37.29.4 a quella de le tre ch' ella più onora; 37.29.5 e le domanda chi sì iniquo fue, 37.29.6 e sì di legge e di costumi fuora, 37.29.7 che quei segreti agli occhi altrui riveli, 37.29.8 che, quanto può, par che Natura celi. 37.30.1 Ullania che conosce Bradamante, 37.30.2 non meno ch' alle insegne, alla favella, 37.30.3 esser colei che pochi giorni inante 37.30.4 avea gittati i tre guerrier di sella, 37.30.5 narra che ad un castel poco distante 37.30.6 una ria gente e di pietà ribella, 37.30.7 oltre all' ingiuria di scorciarle i panni, 37.30.8 l' avea battuta e fattol' altri danni. 37.31.1 Né le sa dir che de lo scudo sia, 37.31.2 né dei tre re che per tanti paesi 37.31.3 fatto le avean sì lunga compagnia: 37.31.4 non sa se morti, o sian restati presi; 37.31.5 e dice c' ha pigliata questa via, 37.31.6 ancor ch' andare a piè molto le pesi, 37.31.7 per richiamarsi de l' oltraggio a Carlo, 37.31.8 sperando che non sia per tolerarlo. 37.32.1 Alle guerriere et a Ruggier, che meno 37.32.2 non han pietosi i cor, ch' audaci e forti, 37.32.3 de' bei visi turbò l' aer sereno 37.32.4 l' udire, e più il veder sì gravi torti: 37.32.5 et oblïando ogn' altro affar che avieno, 37.32.6 e senza che li prieghi o che gli esorti 37.32.7 la donna afflitta a far la sua vendetta, 37.32.8 piglian la via verso quel luogo in fretta. 37.33.1 Di commune parer le sopraveste, 37.33.2 mosse da gran bontà, s' aveano tratte, 37.33.3 ch' a ricoprir le parti meno oneste 37.33.4 di quelle sventurate assai furo atte. 37.33.5 Bradamante non vuol ch' Ullania peste 37.33.6 le strade a piè, ch' avea a piede anco fatte, 37.33.7 e se la leva in groppa del destriero; 37.33.8 l' altra Marfisa, l' altra il buon Ruggiero. 37.34.1 Ullania a Bradamante che la porta 37.34.2 mostra la via che va al castel più dritta: 37.34.3 Bradamante all' incontro lei conforta 37.34.4 che la vendicherà di chi l' ha afflitta. 37.34.5 Lascian la valle, e per via lunga e torta 37.34.6 sagliono un colle or a man manca or ritta; 37.34.7 e prima il sol fu dentro il mare ascoso, 37.34.8 che volesser tra via prender riposo. 37.35.1 Trovaro una villetta che la schena 37.35.2 d' un erto colle, aspro a salir, tenea; 37.35.3 ove ebbon buono albergo e buona cena, 37.35.4 quale avere in quel loco si potea. 37.35.5 Si mirano d' intorno, e quivi piena 37.35.6 ogni parte di donne si vedea, 37.35.7 quai giovani, quai vecchie; e in tanto stuolo 37.35.8 faccia non v' apparia d' un uomo solo. 37.36.1 Non più a Iason di maraviglia denno, 37.36.2 né agli Argonauti che venian con lui, 37.36.3 le donne che i mariti morir fenno 37.36.4 e i figli e i padri coi fratelli sui, 37.36.5 sì che per tutta l' isola di Lenno 37.36.6 di viril faccia non si vider dui; 37.36.7 che Ruggier quivi, e chi con Ruggier era 37.36.8 maraviglia ebbe all' alloggiar la sera. 37.37.1 Fêro ad Ullania et alle damigelle 37.37.2 che venivan con lei, le due guerriere 37.37.3 la sera proveder di tre gonnelle, 37.37.4 se non così polite, almeno intere. 37.37.5 A sé chiama Ruggiero una di quelle 37.37.6 donne ch' abitan quivi, e vuol sapere 37.37.7 ove gli uomini sian, ch' un non ne vede; 37.37.8 et ella a lui questa risposta diede: 37.38.1 -- Questa che forse è maraviglia a voi, 37.38.2 che tante donne senza uomini siamo, 37.38.3 è grave e intolerabil pena a noi, 37.38.4 che qui bandite misere viviamo. 37.38.5 E perché il duro esilio più ci annoi, 37.38.6 padri, figli e mariti, che sì amiamo, 37.38.7 aspro e lungo divorzio da noi fanno, 37.38.8 come piace al crudel nostro tiranno. 37.39.1 Da le sue terre, le quai son vicine 37.39.2 a noi due leghe, e dove noi siàn nate, 37.39.3 qui ci ha mandato il barbaro in confine, 37.39.4 prima di mille scorni ingiurïate; 37.39.5 et ha gli uomini nostri e noi meschine 37.39.6 di morte e d' ogni strazio minacciate, 37.39.7 se quelli a noi verranno, o gli fia detto 37.39.8 che noi diàn lor, venendoci, ricetto. 37.40.1 Nimico è sì costui del nostro nome, 37.40.2 che non ci vuol, più ch' io vi dico, appresso, 37.40.3 né ch' a noi venga alcun de' nostri, come 37.40.4 l' odor l' ammorbi del femineo sesso. 37.40.5 Già due volte l' onor de le lor chiome 37.40.6 s' hanno spogliato gli alberi e rimesso, 37.40.7 da indi in qua che 'l rio signor vaneggia 37.40.8 in furor tanto: e non è chi 'l correggia; 37.41.1 che 'l populo ha di lui quella paura 37.41.2 che maggior aver può l' uom de la morte; 37.41.3 ch' aggiunto al mal voler gli ha la natura 37.41.4 una possanza fuor d' umana sorte. 37.41.5 Il corpo suo di gigantea statura, 37.41.6 è più che di cent' altri insieme forte. 37.41.7 Né pur a noi sue suddite è molesto, 37.41.8 ma fa alle strane ancor peggio di questo. 37.42.1 Se l' onor vostro, e queste tre vi sono 37.42.2 punto care, ch' avete in compagnia, 37.42.3 più vi sarà sicuro, utile e buono 37.42.4 non gir più inanzi, e trovar altra via. 37.42.5 Questa al castel de l' uom di ch' io ragiono, 37.42.6 a provar mena la costuma ria 37.42.7 che v' ha posta il crudel con scorno e danno 37.42.8 di donne e di guerrier che di là vanno. 37.43.1 Marganor il fellon (così si chiama 37.43.2 il signore, il tiran di quel castello), 37.43.3 del qual Nerone, o s' altri è ch' abbia fama 37.43.4 di crudeltà, non fu più iniquo e fello, 37.43.5 il sangue uman, ma 'l feminil più brama, 37.43.6 che 'l lupo non lo brama de l' agnello. 37.43.7 Fa con onta scacciar le donne tutte 37.43.8 da lor ria sorte a quel castel condutte. -- 37.44.1 Perché quell' empio in tal furor venisse, 37.44.2 vòlson le donne intendere e Ruggiero: 37.44.3 pregâr colei, ch' in cortesia seguisse, 37.44.4 anzi che cominciasse il conto intero. 37.44.5 -- Fu il signor del castel (la donna disse) 37.44.6 sempre crudel, sempre inumano e fiero; 37.44.7 ma tenne un tempo il cor maligno ascosto, 37.44.8 né si lasciò conoscer così tosto: 37.45.1 che mentre duo suoi figli erano vivi, 37.45.2 molto diversi dai paterni stili 37.45.3 (ch' amavan forestieri, et eran schivi 37.45.4 di crudeltade e degli altri atti vili), 37.45.5 quivi le cortesie fiorivan, quivi 37.45.6 i bei costumi e l' opere gentili; 37.45.7 che 'l padre mai, quantunque avaro fosse, 37.45.8 da quel che lor piacea non li rimosse. 37.46.1 Le donne e i cavallier che questa via 37.46.2 facean talor, venian sì ben raccolti, 37.46.3 che si partian de l' alta cortesia 37.46.4 dei duo germani inamorati molti. 37.46.5 Amendui questi di cavalleria 37.46.6 parimente i santi ordini avean tolti: 37.46.7 Cilandro l' un, l' altro Tanacro detto, 37.46.8 gagliardi, arditi e di reale aspetto. 37.47.1 Et eran veramente, e sarian stati 37.47.2 sempre di laude degni e d' ogni onore, 37.47.3 s' in preda non si fossino sì dati 37.47.4 a quel desir che nominiamo amore; 37.47.5 per cui dal buon sentier fur travïati 37.47.6 al labirinto et al camin d' errore; 37.47.7 e ciò che mai di buono aveano fatto, 37.47.8 restò contaminato e brutto a un tratto. 37.48.1 Capitò quivi un cavallier di corte 37.48.2 del greco imperator, che seco avea 37.48.3 una sua donna di maniere accorte, 37.48.4 bella quanto bramar più si potea. 37.48.5 Cilandro in lei s' inamorò sì forte, 37.48.6 che morir, non l' avendo, gli parea: 37.48.7 gli parea che dovesse, alla partita 37.48.8 di lei, partire insieme la sua vita. 37.49.1 E perché i prieghi non v' avriano loco, 37.49.2 di volerla per forza si dispose. 37.49.3 Armossi, e dal castel lontano un poco, 37.49.4 ove passar dovean, cheto s' ascose. 37.49.5 L' usata audacia e l' amoroso fuoco 37.49.6 non gli lasciò pensar troppo le cose: 37.49.7 sì che vedendo il cavallier venire, 37.49.8 l' andò lancia per lancia ad assalire. 37.50.1 Al primo incontro credea porlo in terra, 37.50.2 portar la donna e la vittoria indietro; 37.50.3 ma 'l cavallier, che mastro era di guerra, 37.50.4 l' osbergo gli spezzò come di vetro. 37.50.5 Venne la nuova al padre ne la terra, 37.50.6 che lo fe' riportar sopra un ferètro; 37.50.7 e ritrovandol morto, con gran pianto 37.50.8 gli diè sepulcro agli antiqui avi a canto. 37.51.1 Né più però né manco si contese 37.51.2 l' albergo e l' accoglienza a questo e a quello, 37.51.3 perché non men Tanacro era cortese, 37.51.4 né meno era gentil di suo fratello. 37.51.5 L' anno medesmo di lontan paese 37.51.6 con la moglie un baron venne al castello, 37.51.7 a maraviglia egli gagliardo, et ella, 37.51.8 quanto si possa dir, leggiadra e bella; 37.52.1 né men che bella, onesta e valorosa, 37.52.2 e degna veramente d' ogni loda: 37.52.3 il cavallier, di stirpe generosa, 37.52.4 di tanto ardir, quanto più d' altri s' oda. 37.52.5 E ben conviensi a tal valor, che cosa 37.52.6 di tanto prezzo e sì eccellente goda. 37.52.7 Olindro il cavallier da Lungavilla, 37.52.8 la donna nominata era Drusilla. 37.53.1 Non men di questa il giovene Tanacro 37.53.2 arse, che 'l suo fratel di quella ardesse, 37.53.3 che gli fe' gustar fine acerbo et acro 37.53.4 del desiderio ingiusto ch' in lei messe. 37.53.5 Non men di lui di vïolar del sacro 37.53.6 e santo ospizio ogni ragione ellesse, 37.53.7 più tosto che patir che 'l duro e forte 37.53.8 nuovo desir lo conducesse a morte. 37.54.1 Ma perch' avea dinanzi agli occhi il tema 37.54.2 del suo fratel che n' era stato morto, 37.54.3 pensa di torla in guisa, che non tema 37.54.4 ch' Olindro s' abbia a vendicar del torto. 37.54.5 Tosto s' estingue in lui, non pur si scema 37.54.6 quella virtù su che solea star sorto; 37.54.7 che non lo sommergean dei vizii l' acque, 37.54.8 de le quai sempre al fondo il padre giacque. 37.55.1 Con gran silenzio fece quella notte 37.55.2 seco raccor da vent' uomini armati; 37.55.3 e lontan dal castel, fra certe grotte 37.55.4 che si trovan tra via, messe gli aguati. 37.55.5 Quivi ad Olindro il dì le strade rotte, 37.55.6 e chiusi i passi fur da tutti i lati; 37.55.7 e ben che fe' lunga difesa e molta, 37.55.8 pur la moglie e la vita gli fu tolta. 37.56.1 Ucciso Olindro, ne menò captiva 37.56.2 la bella donna, addolorata in guisa, 37.56.3 ch' a patto alcun restar non volea viva, 37.56.4 e di grazia chiedea d' essere uccisa. 37.56.5 Per morir si gittò giù d' una riva 37.56.6 che vi trovò sopra un vallone assisa; 37.56.7 e non poté morir, ma con la testa 37.56.8 rotta rimase, e tutta fiacca e pesta. 37.57.1 Altrimente Tanacro riportarla 37.57.2 a casa non poté che s' una bara. 37.57.3 Fece con diligenzia medicarla; 37.57.4 che perder non volea preda sì cara. 37.57.5 E mentre che s' indugia a risanarla, 37.57.6 di celebrar le nozze si prepara; 37.57.7 ch' aver sì bella donna e sì pudica 37.57.8 debbe nome di moglie, e non d' amica. 37.58.1 Non pensa altro Tanacro, altro non brama, 37.58.2 d' altro non cura, e d' altro mai non parla. 37.58.3 Si vede averla offesa, e se ne chiama 37.58.4 in colpa, e ciò che può, fa d' emendarla. 37.58.5 Ma tutto è invano: quanto egli più l' ama, 37.58.6 quanto più s' affatica di placarla, 37.58.7 tant' ella odia più lui, tanto è più forte, 37.58.8 tanto è più ferma in voler porlo a morte. 37.59.1 Ma non però quest' odio così ammorza 37.59.2 la conoscenza in lei, che non comprenda 37.59.3 che, se vuol far quanto disegna, è forza 37.59.4 che simuli, et occulte insidie tenda; 37.59.5 e che 'l desir sotto contraria scorza 37.59.6 (il quale è sol come Tanacro offenda) 37.59.7 veder gli faccia; e che si mostri tolta 37.59.8 dal primo amore, e tutto a lui rivolta. 37.60.1 Simula il viso pace; ma vendetta 37.60.2 chiama il cor dentro, e ad altro non attende. 37.60.3 Molte cose rivolge, alcune accetta, 37.60.4 altre ne lascia, et altre in dubbio appende. 37.60.5 Le par che quando essa a morir si metta, 37.60.6 avrà il suo intento; e quivi al fin s' apprende. 37.60.7 E dove meglio può morire, o quando, 37.60.8 che 'l suo caro marito vendicando? 37.61.1 Ella si mostra tutta lieta, e finge 37.61.2 di queste nozze aver sommo disio; 37.61.3 e ciò che può indugiarle, a dietro spinge, 37.61.4 non ch' ella mostri averne il cor restio. 37.61.5 Più de l' altre s' adorna e si dipinge: 37.61.6 Olindro al tutto par messo in oblio. 37.61.7 Ma che sian fatte queste nozze vuole, 37.61.8 come ne la sua patria far si suole. 37.62.1 Non era però ver che questa usanza 37.62.2 che dir volea, ne la sua patria fosse: 37.62.3 ma, perché in lei pensier mai non avanza, 37.62.4 che spender possa altrove, imaginosse 37.62.5 una bugia, la qual le diè speranza 37.62.6 di far morir chi 'l suo signor percosse: 37.62.7 e disse di voler le nozze a guisa 37.62.8 de la sua patria, e 'l modo gli devisa. 37.63.1 La vedovella che marito prende, 37.63.2 deve, prima (dicea) ch' a lui s' appresse, 37.63.3 placar l' alma del morto ch' ella offende, 37.63.4 facendo celebrargli offici e messe, 37.63.5 in remission de le passate mende, 37.63.6 nel tempio ove di quel son l' ossa messe; 37.63.7 e dato fin ch' al sacrificio sia, 37.63.8 alla sposa l' annel lo sposo dia: 37.64.1 ma ch' abbia in questo mezzo il sacerdote 37.64.2 sul vino ivi portato a tale effetto 37.64.3 approprïate orazïon devote, 37.64.4 sempre il liquor benedicendo, detto; 37.64.5 indi che 'l fiasco in una coppa vòte, 37.64.6 e dia alli sposi il vino benedetto: 37.64.7 ma portare alla sposa il vino tocca, 37.64.8 et esser prima a porvi su la bocca". 37.65.1 Tanacro, che non mira quanto importe 37.65.2 ch' ella le nozze alla sua usanza faccia, 37.65.3 le dice:" Pur che 'l termine si scorte 37.65.4 d' essere insieme, in questo si compiaccia". 37.65.5 Né s' avede il meschin ch' essa la morte 37.65.6 d' Olindro vendicar così procaccia, 37.65.7 e sì la voglia ha in uno oggetto intensa, 37.65.8 che sol di quello, e mai d' altro non pensa. 37.66.1 Avea seco Drusilla una sua vecchia, 37.66.2 che seco presa, seco era rimasa. 37.66.3 A sé chiamolla, e le disse all' orecchia, 37.66.4 sì che non poté udire uomo di casa: 37.66.5 " Un subitano tòsco m' apparecchia, 37.66.6 qual so che sai comporre, e me lo invasa; 37.66.7 c' ho trovato la via di vita tôrre 37.66.8 il traditor figliuol di Marganorre. 37.67.1 E me so come, e te salvar non meno: 37.67.2 ma diferisco a dirtelo più ad agio. 37.67.3 Andò la vecchia, e apparecchiò il veneno, 37.67.4 et acconciollo, e ritornò al palagio. 37.67.5 Di vin dolce di Candia un fiasco pieno 37.67.6 trovò da por con quel succo malvagio, 37.67.7 e lo serbò pel giorno de le nozze; 37.67.8 ch' omai tutte l' indugie erano mozze. 37.68.1 Lo statuito giorno al tempio venne, 37.68.2 di gemme ornata e di leggiadre gonne, 37.68.3 ove d' Olindro, come gli convenne, 37.68.4 fatto avea l' arca alzar su due colonne. 37.68.5 Quivi l' officio si cantò solenne: 37.68.6 trasseno a udirlo tutti, uomini e donne; 37.68.7 e lieto Marganor più de l' usato, 37.68.8 venne col figlio e con gli amici a lato. 37.69.1 Tosto ch' al fin le sante esequie fôro 37.69.2 e fu col tòsco il vino benedetto, 37.69.3 il sacerdote in una coppa d' oro 37.69.4 lo versò, come avea Drusilla detto. 37.69.5 Ella ne bebbe quanto al suo decoro 37.69.6 si conveniva, e potea far l' effetto: 37.69.7 poi diè allo sposo con viso giocondo 37.69.8 il nappo; e quel gli fe' apparire il fondo. 37.70.1 Renduto il nappo al sacerdote, lieto 37.70.2 per abbracciar Drusilla apre le braccia. 37.70.3 Or quivi il dolce stile e mansueto 37.70.4 in lei si cangia e quella gran bonaccia. 37.70.5 Lo spinge a dietro, e gli ne fa divieto, 37.70.6 e par ch' arda negli occhi e ne la faccia; 37.70.7 e con voce terribile e incomposta 37.70.8 gli grida:" Traditor, da me ti scosta! 37.71.1 Tu dunque avrai da me solazzo e gioia, 37.71.2 io lagrime da te, martìri e guai? 37.71.3 Io vo' per le mie man ch' ora tu muoia: 37.71.4 questo è stato venen, se tu nol sai. 37.71.5 Ben mi duol c' hai troppo onorato boia, 37.71.6 che troppo lieve e facil morte fai; 37.71.7 che mani e pene io non so sì nefande, 37.71.8 che fosson pari al tuo peccato grande. 37.72.1 Mi duol di non vedere in questa morte 37.72.2 il sacrificio mio tutto perfetto: 37.72.3 che s' io 'l poteva far di quella sorte 37.72.4 ch' era il disio, non avria alcun difetto. 37.72.5 Di ciò mi scusi il dolce mio consorte: 37.72.6 riguardi al buon volere, e l' abbia accetto; 37.72.7 che non potendo come avrei voluto, 37.72.8 io t' ho fatto morir come ho potuto. 37.73.1 E la punizïon che qui, secondo 37.73.2 il desiderio mio, non posso darti, 37.73.3 spero l' anima tua ne l' altro mondo 37.73.4 veder patire; et io starò a mirarti". 37.73.5 Poi disse, alzando con viso giocondo 37.73.6 i turbidi occhi alle superne parti: 37.73.7 " Questa vittima, Olindro, in tua vendetta 37.73.8 col buon voler de la tua moglie accetta; 37.74.1 et impetra per me dal Signor nostro 37.74.2 grazia, ch' in paradiso oggi io sia teco. 37.74.3 Se ti dirà che senza merto al vostro 37.74.4 regno anima non vien, di' ch' io l' ho meco; 37.74.5 che di questo empio e scelerato mostro 37.74.6 le spoglie opime al santo tempio arreco. 37.74.7 E che merti esser puon maggior di questi, 37.74.8 spenger sì brutte e abominose pesti?" 37.75.1 Finì il parlare insieme con la vita; 37.75.2 e morta anco parea lieta nel volto 37.75.3 d' aver la crudeltà così punita 37.75.4 di chi il caro marito le avea tolto. 37.75.5 Non so se prevenuta, o se seguita 37.75.6 fu da lo spirto di Tanacro sciolto: 37.75.7 fu prevenuta, credo; ch' effetto ebbe 37.75.8 prima il veneno in lui, perché più bebbe. 37.76.1 Marganor che cader vede il figliuolo, 37.76.2 e poi restar ne le sue braccia estinto, 37.76.3 fu per morir con lui, dal grave duolo 37.76.4 ch' alla sprovista lo trafisse, vinto. 37.76.5 Duo n' ebbe un tempo, or si ritrova solo: 37.76.6 due femine a quel termine l' han spinto. 37.76.7 La morte a l' un da l' una fu causata; 37.76.8 e l' altra all' altro di sua man l' ha data. 37.77.1 Amor, pietà, sdegno, dolore et ira, 37.77.2 disio di morte e di vendetta insieme 37.77.3 quell' infelice et orbo padre aggira, 37.77.4 che, come il mar che turbi il vento, freme. 37.77.5 Per vendicarsi va a Drusilla, e mira 37.77.6 che di sua vita ha chiuse l' ore estreme; 37.77.7 e come il punge e sferza l' odio ardente, 37.77.8 cerca offendere il corpo che non sente. 37.78.1 Qual serpe che ne l' asta ch' alla sabbia 37.78.2 la tenga fissa, indarno i denti metta; 37.78.3 o qual mastin ch' al ciottolo che gli abbia 37.78.4 gittato il vïandante, corra in fretta, 37.78.5 e morda invano con stizza e con rabbia, 37.78.6 né se ne voglia andar senza vendetta: 37.78.7 tal Marganor d' ogni mastin, d' ogni angue 37.78.8 via più crudel, fa contra il corpo esangue. 37.79.1 E poi che per stracciarlo e farne scempio 37.79.2 non si sfoga il fellon né disacerba, 37.79.3 vien fra le donne di che è pieno il tempio, 37.79.4 né più l' una de l' altra ci riserba; 37.79.5 ma di noi fa col brando crudo et empio 37.79.6 quel che fa con la falce il villan d' erba. 37.79.7 Non vi fu alcun ripar, ch' in un momento 37.79.8 trenta n' uccise, e ne ferì ben cento. 37.80.1 Egli da la sua gente è sì temuto, 37.80.2 ch' uomo non fu ch' ardisse alzar la testa. 37.80.3 Fuggon le donne col popul minuto 37.80.4 fuor de la chiesa, e chi può uscir, non resta. 37.80.5 Quel pazzo impeto al fin fu ritenuto 37.80.6 dagli amici con prieghi e forza onesta, 37.80.7 e lasciando ogni cosa in pianto al basso, 37.80.8 fatto entrar ne la ròcca in cima al sasso. 37.81.1 E tuttavia la còlera durando, 37.81.2 di cacciar tutte per partito prese; 37.81.3 poi che gli amici e 'l populo pregando, 37.81.4 che non ci uccise a fatto, gli contese: 37.81.5 e quel medesmo dì fe' andare un bando, 37.81.6 che tutte gli sgombrassimo il paese; 37.81.7 e darci qui gli piacque le confine. 37.81.8 Misera chi al castel più s' avvicine! 37.82.1 Da le mogli così furo i mariti, 37.82.2 da le madri così i figli divisi. 37.82.3 S' alcuni sono a noi venire arditi, 37.82.4 nol sappia già chi Marganor n' avisi; 37.82.5 che di multe gravissime puniti 37.82.6 n' ha molti, e molti crudelmente uccisi. 37.82.7 Al suo castello ha poi fatto una legge, 37.82.8 di cui peggior non s' ode né si legge. 37.83.1 Ogni donna che trovin ne la valle, 37.83.2 la legge vuol (ch' alcuna pur vi cade) 37.83.3 che percuotan con vimini alle spalle, 37.83.4 e la faccian sgombrar queste contrade: 37.83.5 ma scorciar prima i panni, e mostrar fàlle 37.83.6 quel che Natura asconde et Onestade; 37.83.7 e s' alcuna vi va, ch' armata scorta 37.83.8 abbia di cavallier, vi resta morta. 37.84.1 Quelle c' hanno per scorta cavallieri, 37.84.2 son da questo nimico di pietate, 37.84.3 come vittime, tratte ai cimiteri 37.84.4 dei morti figli, e di sua man scannate. 37.84.5 Leva con ignominia arme e destrieri, 37.84.6 e poi caccia in prigion chi l' ha guidate: 37.84.7 e lo può far; che sempre notte e giorno 37.84.8 si trova più di mille uomini intorno. 37.85.1 E dir di più vi voglio ancora, ch' esso, 37.85.2 s' alcun ne lascia, vuol che prima giuri 37.85.3 su l' ostia sacra, che 'l femineo sesso 37.85.4 in odio avrà fin che la vita duri. 37.85.5 Se perder queste donne e voi appresso 37.85.6 dunque vi pare, ite a veder quei muri 37.85.7 ove alberga il fellone, e fate prova 37.85.8 s' in lui più forza o crudeltà si trova. -- 37.86.1 Così dicendo, le guerriere mosse 37.86.2 prima a pietade, e poscia a tanto sdegno, 37.86.3 che se, come era notte, giorno fosse, 37.86.4 sarian corse al castel senza ritegno. 37.86.5 La bella compagnia quivi pososse; 37.86.6 e tosto che l' Aurora fece segno 37.86.7 che dar dovesse al Sol loco ogni stella, 37.86.8 ripigliò l' arme e si rimesse in sella. 37.87.1 Già sendo in atto di partir, s' udiro 37.87.2 le strade risonar dietro le spalle 37.87.3 d' un lungo calpestio, che gli occhi in giro 37.87.4 fece a tutti voltar giù ne la valle. 37.87.5 E lungi quanto esser potrebbe un tiro 37.87.6 di mano, andar per uno istretto calle 37.87.7 vider da forse venti armati in schiera, 37.87.8 di che parte in arcion, parte a pied' era; 37.88.1 e che traean con lor sopra un cavallo 37.88.2 donna ch' al viso aver parea molt' anni, 37.88.3 a guisa che si mena un che per fallo 37.88.4 a fuoco o a ceppo o a laccio si condanni: 37.88.5 la qual fu, non ostante l' intervallo, 37.88.6 tosto riconosciuta al viso e ai panni. 37.88.7 La riconobber queste de la villa 37.88.8 esser la cameriera di Drusilla: 37.89.1 la cameriera che con lei fu presa 37.89.2 dal rapace Tanacro, come ho detto, 37.89.3 et a chi fu dipoi data l' impresa 37.89.4 di quel venen che fe' 'l crudele effetto. 37.89.5 Non era entrata ella con l' altre in chiesa; 37.89.6 che di quel che seguì stava in sospetto: 37.89.7 anzi in quel tempo, de la villa uscita, 37.89.8 ove esser sperò salva, era fugita. 37.90.1 Avuto Marganor poi di lei spia, 37.90.2 la qual s' era ridotta in Ostericche, 37.90.3 non ha cessato mai di cercar via 37.90.4 come in man l' abbia, acciò l' abruci o impicche: 37.90.5 e finalmente l' Avarizia ria, 37.90.6 mossa da doni e da proferte ricche, 37.90.7 ha fatto ch' un baron, ch' assicurata 37.90.8 l' avea in sua terra, a Marganor l' ha data: 37.91.1 e mandata glie l' ha fin a Costanza 37.91.2 sopra un somier, come la merce s' usa, 37.91.3 legata e stretta, e toltole possanza 37.91.4 di far parole, e in una cassa chiusa: 37.91.5 onde poi questa gente l' ha ad instanza 37.91.6 de l' uom ch' ogni pietade ha da sé esclusa, 37.91.7 quivi condotta con disegno ch' abbia 37.91.8 l' empio a sfogar sopra di lei sua rabbia. 37.92.1 Come il gran fiume che di Vesulo esce, 37.92.2 quanto più inanzi e verso il mar discende, 37.92.3 e che con lui Lambra e Ticin si mesce, 37.92.4 et Ada e gli altri onde tributo prende, 37.92.5 tanto più altiero e impetuoso cresce; 37.92.6 così Ruggier, quante più colpe intende 37.92.7 di Marganor, così le due guerriere 37.92.8 se gli fan contra più sdegnose e fiere. 37.93.1 Elle fur d' odio, elle fur d' ira tanta 37.93.2 contra il crudel, per tante colpe, accese, 37.93.3 che di punirlo, mal grado di quanta 37.93.4 gente egli avea, conclusïon si prese. 37.93.5 Ma dargli presta morte troppo santa 37.93.6 pena lor parve e indegna a tante offese; 37.93.7 et era meglio fargliela sentire, 37.93.8 fra strazio prolungandola e martìre. 37.94.1 Ma prima liberar la donna è onesto, 37.94.2 che sia condotta da quei birri a morte. 37.94.3 Lentar di briglia col calcagno presto 37.94.4 fece a' presti destrier far le vie corte. 37.94.5 Non ebbon gli assaliti mai di questo 37.94.6 uno incontro più acerbo né più forte; 37.94.7 sì che han di grazia di lasciar gli scudi 37.94.8 e la donna e l' arnese, e fuggir nudi: 37.95.1 sì come il lupo che di preda vada 37.95.2 carco alla tana, e quando più si crede 37.95.3 d' esser sicur, dal cacciator la strada 37.95.4 e da' suoi cani attraversar si vede, 37.95.5 getta la soma, e dove appar men rada 37.95.6 la scura macchia inanzi, affretta il piede. 37.95.7 Già men presti non fur quelli a fuggire, 37.95.8 che li fusson quest' altri ad assalire. 37.96.1 Non pur la donna e l' arme vi lasciaro, 37.96.2 ma de' cavalli ancor lasciaron molti, 37.96.3 e da rive e da grotte si lanciaro, 37.96.4 parendo lor così d' esser più sciolti. 37.96.5 Il che alle donne et a Ruggier fu caro; 37.96.6 che tre di quei cavalli ebbono tolti 37.96.7 per portar quelle tre che 'l giorno d' ieri 37.96.8 feron sudar le groppe ai tre destrieri. 37.97.1 Quindi espediti segueno la strada 37.97.2 verso l' infame e dispietata villa. 37.97.3 Voglion che seco quella vecchia vada, 37.97.4 per veder la vendetta di Drusilla. 37.97.5 Ella che teme che non ben le accada, 37.97.6 lo niega indarno, e piange e grida e strilla; 37.97.7 ma per forza Ruggier la leva in groppa 37.97.8 del buon Frontino, e via con lei galoppa. 37.98.1 Giunseno in somma onde vedeano al basso 37.98.2 di molte case un ricco borgo e grosso, 37.98.3 che non serrava d' alcun lato il passo, 37.98.4 perché né muro intorno avea né fosso. 37.98.5 Avea nel mezzo un rilevato sasso 37.98.6 ch' un' alta ròcca sostenea sul dosso. 37.98.7 A quella si drizzâr con gran baldanza, 37.98.8 ch' esser sapean di Marganor la stanza. 37.99.1 Tosto che son nel borgo, alcuni fanti 37.99.2 che v' erano alla guardia de l' entrata, 37.99.3 dietro chiudon la sbarra, e già davanti 37.99.4 veggion che l' altra uscita era serrata: 37.99.5 et ecco Marganorre, e seco alquanti 37.99.6 a piè e a cavallo, e tutta gente armata; 37.99.7 che con brevi parole, ma orgogliose, 37.99.8 la ria costuma di sua terra espose. 37.100.1 Marfisa, la qual prima avea composta 37.100.2 con Bradamante e con Ruggier la cosa, 37.100.3 gli spronò incontro in cambio di risposta; 37.100.4 e com' era possente e valorosa, 37.100.5 senza ch' abbassi lancia, o che sia posta 37.100.6 in opra quella spada sì famosa, 37.100.7 col pugno in guisa l' elmo gli martella, 37.100.8 che lo fa tramortir sopra la sella. 37.101.1 Con Marfisa la giovane di Francia 37.101.2 spinge a un tempo il destrier, né Ruggier resta, 37.101.3 ma con tanto valor corre la lancia, 37.101.4 che sei, senza levarsela di resta, 37.101.5 n' uccide, uno ferito ne la pancia, 37.101.6 duo nel petto, un nel collo, un ne la testa: 37.101.7 nel sesto che fuggia l' asta si roppe, 37.101.8 ch' entrò alle schene e riuscì alle poppe. 37.102.1 La figliuola d' Amon quanti ne tocca 37.102.2 con la sua lancia d' or, tanti n' atterra: 37.102.3 fulmine par, che 'l cielo ardendo scocca, 37.102.4 che ciò ch' incontra spezza e getta a terra. 37.102.5 Il popul sgombra, chi verso la ròcca, 37.102.6 chi verso il piano; altri si chiude e serra, 37.102.7 chi ne le chiese e chi ne le sue case; 37.102.8 né, fuor che morti, in piazza uomo rimase. 37.103.1 Marfisa Marganorre avea legato 37.103.2 intanto con le man dietro alle rene, 37.103.3 et alla vecchia di Drusilla dato, 37.103.4 ch' appagata e contenta se ne tiene. 37.103.5 D' arder quel borgo poi fu ragionato, 37.103.6 s' a penitenzia del suo error non viene: 37.103.7 levi la legge ria di Marganorre, 37.103.8 e questa accetti, ch' essa vi vuol porre. 37.104.1 Non fu già d' ottener questo fatica; 37.104.2 che quella gente, oltre al timor ch' avea 37.104.3 che più faccia Marfisa che non dica, 37.104.4 ch' uccider tutti et abbruciar volea, 37.104.5 di Marganorre affatto era nimica 37.104.6 e de la legge sua crudele e rea. 37.104.7 Ma 'l populo facea come i più fanno, 37.104.8 ch' ubbidiscon più a quei che più in odio hanno. 37.105.1 Però che l' un de l' altro non si fida, 37.105.2 e non ardisce conferir sua voglia, 37.105.3 lo lascian ch' un bandisca, un altro uccida, 37.105.4 a quel l' avere, a questo l' onor toglia. 37.105.5 Ma il cor che tace qui, su nel ciel grida, 37.105.6 fin che Dio e santi alla vendetta invoglia; 37.105.7 la qual, se ben tarda a venir, compensa 37.105.8 l' indugio poi con punizione immensa. 37.106.1 Or quella turba d' ira e d' odio pregna 37.106.2 con fatti e con mal dir cerca vendetta: 37.106.3 com' è in proverbio, ognun corre a far legna 37.106.4 all' arbore che 'l vento in terra getta. 37.106.5 Sia Marganorre essempio di chi regna; 37.106.6 che chi mal opra, male al fine aspetta. 37.106.7 Di vederlo punir de' suoi nefandi 37.106.8 peccati, avean piacer piccioli e grandi. 37.107.1 Molti a chi fur le mogli o le sorelle 37.107.2 o le figlie o le madri da lui morte, 37.107.3 non più celando l' animo ribelle, 37.107.4 correan per dargli di lor man la morte: 37.107.5 e con fatica lo difeser quelle 37.107.6 magnanime guerriere e Ruggier forte; 37.107.7 che disegnato avean farlo morire 37.107.8 d' affanno, di disagio e di martìre. 37.108.1 A quella vecchia che l' odiava quanto 37.108.2 femina odiare alcun nimico possa, 37.108.3 nudo in mano lo dier, legato tanto, 37.108.4 che non si scioglierà per una scossa; 37.108.5 et ella, per vendetta del suo pianto, 37.108.6 gli andò facendo la persona rossa 37.108.7 con un stimulo aguzzo ch' un villano, 37.108.8 che quivi si trovò, le pose in mano. 37.109.1 La messaggiera e le sue giovani anco, 37.109.2 che quell' onta non son mai per scordarsi, 37.109.3 non s' hanno più a tener le mani al fianco, 37.109.4 né meno che la vecchia, a vendicarsi; 37.109.5 ma sì è il desir d' offenderlo, che manco 37.109.6 viene il potere, e pur vorrian sfogarsi: 37.109.7 chi con sassi il percuote, chi con l' unge; 37.109.8 altra lo morde, altra cogli aghi il punge. 37.110.1 Come torrente che superbo faccia 37.110.2 lunga pioggia talvolta o nievi sciolte, 37.110.3 va ruinoso, e giù da' monti caccia 37.110.4 gli arbori e i sassi e i campi e le ricolte; 37.110.5 vien tempo poi, che l' orgogliosa faccia 37.110.6 gli cade, e sì le forze gli son tolte, 37.110.7 ch' un fanciullo, una femina per tutto 37.110.8 passar lo puote, e spesso a piede asciutto: 37.111.1 così già fu che Marganorre intorno 37.111.2 fece tremar, dovunque udiasi il nome; 37.111.3 or venuto è chi gli ha spezzato il corno 37.111.4 di tanto orgoglio, e sì le forze dome, 37.111.5 che gli puon far sin a' bambini scorno, 37.111.6 chi pelargli la barba e chi le chiome. 37.111.7 Quindi Ruggiero e le donzelle il passo 37.111.8 alla ròcca voltâr, ch' era sul sasso. 37.112.1 La diè senza contrasto in poter loro 37.112.2 chi v' era dentro, e così i ricchi arnesi, 37.112.3 ch' in parte messi a sacco, in parte fôro 37.112.4 dati ad Ullania et a' compagni offesi. 37.112.5 Ricovrato vi fu lo scudo d' oro, 37.112.6 e quei tre re ch' avea il tiranno presi, 37.112.7 li quai venendo quivi, come parmi 37.112.8 d' avervi detto, erano a piè senz' armi; 37.113.1 perché dal dì che fur tolti di sella 37.113.2 da Bradamante, a piè sempre eran iti 37.113.3 senz' arme, in compagnia de la donzella 37.113.4 la qual venìa da sì lontani liti. 37.113.5 Non so se meglio o peggio fu di quella, 37.113.6 che di lor armi non fusson guerniti. 37.113.7 Era ben meglio esser da lor difesa; 37.113.8 ma peggio assai, se ne perdean l' impresa: 37.114.1 perché stata saria, com' eran tutte 37.114.2 quelle ch' armate avean seco le scorte, 37.114.3 al cimitero misere condutte 37.114.4 dei duo fratelli, e in sacrificio morte. 37.114.5 Gli è pur men che morir, mostrar le brutte 37.114.6 e disoneste parti, duro e forte; 37.114.7 e sempre questo e ogn' altro obbrobrio amorza 37.114.8 il poter dir che le sia fatto a forza. 37.115.1 Prima ch' indi si partan le guerriere, 37.115.2 fan venir gli abitanti a giuramento, 37.115.3 che daranno i mariti alle mogliere 37.115.4 de la terra e del tutto il reggimento; 37.115.5 e castigato con pene severe 37.115.6 sarà chi contrastare abbia ardimento. 37.115.7 In somma quel ch' altrove è del marito, 37.115.8 che sia qui de la moglie è statuito. 37.116.1 Poi si fecion promettere ch' a quanti 37.116.2 mai verrian quivi, non darian ricetto, 37.116.3 o fosson cavallieri, o fosson fanti, 37.116.4 né 'ntrar li lascerian pur sotto un tetto, 37.116.5 se per Dio non giurassino e per santi, 37.116.6 o s' altro giuramento v' è più stretto, 37.116.7 che sarian sempre de le donne amici, 37.116.8 e dei nimici lor sempre nimici; 37.117.1 e s' avranno in quel tempo, e se saranno, 37.117.2 tardi o più tosto, mai per aver moglie, 37.117.3 che sempre a quelle sudditi saranno, 37.117.4 e ubbidïenti a tutte le lor voglie. 37.117.5 Tornar Marfisa, prima ch' esca l' anno, 37.117.6 disse, e che perdan gli arbori le foglie; 37.117.7 e se la legge in uso non trovasse, 37.117.8 fuoco e ruina il borgo s' aspettasse. 37.118.1 Né quindi si partîr, che de l' immondo 37.118.2 luogo dov' era, fêr Drusilla tôrre, 37.118.3 e col marito in uno avel, secondo 37.118.4 ch' ivi potean più riccamente porre. 37.118.5 La vecchia facea intanto rubicondo 37.118.6 con lo stimulo il dosso a Marganorre: 37.118.7 sol si dolea di non aver tal lena, 37.118.8 che potesse non dar triegua alla pena. 37.119.1 L' animose guerriere a lato un tempio 37.119.2 videno quivi una colonna in piazza, 37.119.3 ne la qual fatt' avea quel tiranno empio 37.119.4 scriver la legge sua crudele e pazza. 37.119.5 Elle, imitando d' un trofeo l' esempio, 37.119.6 lo scudo v' attaccaro e la corazza 37.119.7 di Marganorre e l' elmo; e scriver fenno 37.119.8 la legge appresso, ch' esse al loco denno. 37.120.1 Quivi s' indugiâr tanto, che Marfisa 37.120.2 fe' por la legge sua ne la colonna, 37.120.3 contraria a quella che già v' era incisa 37.120.4 a morte et ignominia d' ogni donna. 37.120.5 Da questa compagnia restò divisa 37.120.6 quella d' Islanda, per rifar la gonna; 37.120.7 che comparire in corte obbrobrio stima, 37.120.8 se non si veste et orna come prima. 37.121.1 Quivi rimase Ullania; e Marganorre 37.121.2 di lei restò in potere: et essa poi, 37.121.3 perché non s' abbia in qualche modo a sciorre, 37.121.4 e le donzelle un' altra volta annoi, 37.121.5 lo fe' un giorno saltar giù d' una torre, 37.121.6 che non fe' il maggior salto a' giorni suoi. 37.121.7 Non più di lei, né più dei suoi si parli, 37.121.8 ma de la compagnia che va verso Arli. 37.122.1 Tutto quel giorno, e l' altro fin appresso 37.122.2 l' ora di terza andaro; e poi che furo 37.122.3 giunti dove in due strade è il camin fesso 37.122.4 (l' una va al campo, e l' altra d' Arli al muro) 37.122.5 tornâr gli amanti ad abbracciarsi, e spesso 37.122.6 a tor commiato, e sempre acerbo e duro. 37.122.7 Al fin le donne in campo, e in Arli è gito 37.122.8 Ruggiero; et io il mio canto ho qui finito.
CANTO XXXVIII
38.1.1 Cortesi donne, che benigna udienza 38.1.2 date a' miei versi, io vi veggo al sembiante, 38.1.3 che quest' altra sì subita partenza 38.1.4 che fa Ruggier da la sua fida amante, 38.1.5 vi dà gran noia, e avete displicenza 38.1.6 poco minor ch' avesse Bradamante; 38.1.7 e fate anco argumento ch' esser poco 38.1.8 in lui dovesse l' amoroso fuoco. 38.2.1 Per ogni altra cagion ch' allontanato 38.2.2 contra la voglia d' essa se ne fusse, 38.2.3 ancor ch' avesse più tesor sperato 38.2.4 che Creso o Crasso insieme non ridusse, 38.2.5 io crederia con voi, che penetrato 38.2.6 non fosse al cor lo stral che lo percusse; 38.2.7 ch' un almo gaudio, un così gran contento 38.2.8 non potrebbe comprare oro né argento. 38.3.1 Pur, per salvar l' onor, non solamente 38.3.2 d' escusa, ma di laude è degno ancora; 38.3.3 per salvar, dico, in caso ch' altrimente 38.3.4 facendo, biasmo et ignominia fôra: 38.3.5 e se la donna fosse renitente 38.3.6 et ostinata in fargli far dimora, 38.3.7 darebbe di sé indizio e chiaro segno 38.3.8 o d' amar poco o d' aver poco ingegno. 38.4.1 Che se l' amante de l' amato deve 38.4.2 la vita amar più de la propria, o tanto 38.4.3 (io parlo d' uno amante a cui non lieve 38.4.4 colpo d' Amor passò più là del manto); 38.4.5 al piacer tanto più, ch' esso riceve, 38.4.6 l' onor di quello antepor deve, quanto 38.4.7 l' onore è di più pregio che la vita, 38.4.8 ch' a tutti altri piaceri è preferita. 38.5.1 Fece Ruggiero il debito a seguire 38.5.2 il suo signor, che non se ne potea, 38.5.3 se non con ignominia, dipartire; 38.5.4 che ragion di lasciarlo non avea. 38.5.5 E s' Almonte gli fe' il padre morire, 38.5.6 tal colpa in Agramante non cadea; 38.5.7 ch' in molti effetti avea con Ruggier poi 38.5.8 emendato ogni error dei maggior suoi. 38.6.1 Farà Ruggiero il debito a tornare 38.6.2 al suo signore; et ella ancor lo fece, 38.6.3 che sforzar non lo vòlse di restare, 38.6.4 come potea, con iterata prece. 38.6.5 Ruggier potrà alla donna satisfare 38.6.6 a un altro tempo, s' or non satisfece: 38.6.7 ma all' onor, chi gli manca d' un momento, 38.6.8 non può in cento anni satisfar né in cento. 38.7.1 Torna Ruggiero in Arli, ove ha ritratta 38.7.2 Agramante la gente che gli avanza. 38.7.3 Bradamante e Marfisa, che contratta 38.7.4 col parentado avean grande amistanza, 38.7.5 andaro insieme ove re Carlo fatta 38.7.6 la maggior prova avea di sua possanza, 38.7.7 sperando, o per battaglia o per assedio, 38.7.8 levar di Francia così lungo tedio. 38.8.1 Di Bradamante, poi che conosciuta 38.8.2 in campo fu, si fe' letizia e festa: 38.8.3 ogniun la riverisce e la saluta; 38.8.4 et ella a questo e a quel china la testa. 38.8.5 Rinaldo, come udì la sua venuta, 38.8.6 le venne incontra; né Ricciardo resta, 38.8.7 né Ricciardetto od altri di sua gente, 38.8.8 e la raccoglion tutti allegramente. 38.9.1 Come s' intese poi che la compagna 38.9.2 era Marfisa, in arme sì famosa, 38.9.3 che dal Cataio ai termini di Spagna 38.9.4 di mille chiare palme iva pomposa; 38.9.5 non è povero o ricco che rimagna 38.9.6 nel padiglion: la turba disïosa 38.9.7 vien quinci e quindi, e s' urta, storpia e preme 38.9.8 sol per veder sì bella coppia insieme. 38.10.1 A Carlo riverenti appresentârsi. 38.10.2 Questo fu il primo dì (scrive Turpino) 38.10.3 che fu vista Marfisa inginocchiarsi; 38.10.4 che sol le parve il figlio di Pipino 38.10.5 degno, a cui tanto onor dovesse farsi, 38.10.6 tra quanti, o mai nel popul saracino 38.10.7 o nel cristiano, imperatori e regi 38.10.8 per virtù vide o per ricchezza egregi. 38.11.1 Carlo benignamente la raccolse, 38.11.2 e le uscì incontra fuor dei padiglioni; 38.11.3 e che sedesse a lato suo poi vòlse 38.11.4 sopra tutti re, principi e baroni. 38.11.5 Si diè licenzia a chi non se la tolse; 38.11.6 sì che tosto restaro in pochi e buoni: 38.11.7 restaro i paladini e i gran signori; 38.11.8 la vilipesa plebe andò di fuori. 38.12.1 Marfisa cominciò con grata voce: 38.12.2 -- Eccelso, invitto e glorïoso Augusto, 38.12.3 che dal mar Indo alla Tirinzia foce, 38.12.4 dal bianco Scita all' Etïope adusto 38.12.5 riverir fai la tua candida croce, 38.12.6 né di te regna il più saggio o 'l più giusto; 38.12.7 tua fama, ch' alcun termine non serra, 38.12.8 qui tratto m' ha fin da l' estrema terra. 38.13.1 E, per narrarti il ver, sola mi mosse 38.13.2 invidia, e sol per farti guerra io venni, 38.13.3 acciò che sì possente un re non fosse, 38.13.4 che non tenesse la legge ch' io tenni. 38.13.5 Per questo ho fatto le campagne rosse 38.13.6 del cristian sangue; et altri fieri cenni 38.13.7 era per farti da crudel nimica, 38.13.8 se non cadea chi mi t' ha fatto amica. 38.14.1 Quando nuocer pensai più alle tue squadre, 38.14.2 io trovo (e come sia dirò più ad agio) 38.14.3 che 'l bon Ruggier di Risa fu mio padre, 38.14.4 tradito a torto dal fratel malvagio. 38.14.5 Portommi in corpo mia misera madre 38.14.6 di là dal mare, e nacqui in gran disagio. 38.14.7 Nutrimmi un mago infin al settimo anno, 38.14.8 a cui gli Arabi poi rubata m' hanno. 38.15.1 E mi vendero in Persia per ischiava 38.15.2 a un re che poi cresciuta io posi a morte: 38.15.3 che mia virginità tor mi cercava. 38.15.4 Uccisi lui con tutta la sua corte; 38.15.5 tutta cacciai la sua progenie prava, 38.15.6 e presi il regno; e tal fu la mia sorte, 38.15.7 che diciotto anni d' uno o di duo mesi 38.15.8 io non passai, che sette regni presi. 38.16.1 E di tua fama invidïosa, come 38.16.2 io t' ho già detto, avea fermo nel core 38.16.3 la grande altezza abbatter del tuo nome: 38.16.4 forse il faceva, o forse era in errore. 38.16.5 Ma ora avvien che questa voglia dome, 38.16.6 e faccia cader l' ale al mio furore, 38.16.7 l' aver inteso, poi che qui son giunta, 38.16.8 come io ti son d' affinità congiunta. 38.17.1 E come il padre mio parente e servo 38.17.2 ti fu, ti son parente e serva anch' io: 38.17.3 e quella invidia e quell' odio protervo 38.17.4 il qual io t' ebbi un tempo, or tutto oblio; 38.17.5 anzi contra Agramante io lo riservo, 38.17.6 e contra ogn' altro che sia al padre o al zio 38.17.7 di lui stato parente, che fur rei 38.17.8 di porre a morte i genitori miei. -- 38.18.1 E seguitò, voler cristiana farsi, 38.18.2 e dopo ch' avrà estinto il re Agramante, 38.18.3 voler, piacendo a Carlo, ritornarsi 38.18.4 a battezzare il suo regno in Levante; 38.18.5 et indi contra tutto il mondo armarsi, 38.18.6 ove Macon s' adori e Trivigante; 38.18.7 e con promissïon, ch' ogni suo acquisto 38.18.8 sia de l' Imperio e de la fé di Cristo. 38.19.1 L' imperator, che non meno eloquente 38.19.2 era, che fosse valoroso e saggio, 38.19.3 molto esaltando la donna eccellente, 38.19.4 e molto il padre e molto il suo lignaggio, 38.19.5 rispose ad ogni parte umanamente, 38.19.6 e mostrò in fronte aperto il suo coraggio; 38.19.7 e conchiuse ne l' ultima parola 38.19.8 per parente accettarla e per figliuola. 38.20.1 E qui si leva, e di nuovo l' abbraccia, 38.20.2 e, come figlia, bacia ne la fronte. 38.20.3 Vengono tutti con allegra faccia 38.20.4 quei di Mongrana e quei di Chiaramonte. 38.20.5 Lungo a dir fôra, quanto onor le faccia 38.20.6 Rinaldo, che di lei le prove conte 38.20.7 vedute avea più volte al paragone, 38.20.8 quando Albracca assediâr col suo girone. 38.21.1 Lungo a dir fôra, quanto il giovinetto 38.21.2 Guidon s' allegri di veder costei, 38.21.3 Aquilante e Grifone e Sansonetto 38.21.4 ch' alla città crudel furon con lei; 38.21.5 Malagigi e Viviano e Ricciardetto, 38.21.6 ch' all' occision de' Maganzesi rei 38.21.7 e di quei venditori empii di Spagna 38.21.8 l' aveano avuta sì fedel compagna. 38.22.1 Apparecchiâr per lo seguente giorno, 38.22.2 et ebbe cura Carlo egli medesmo, 38.22.3 che fosse un luogo riccamente adorno, 38.22.4 ove prendesse Marfisa battesmo. 38.22.5 I vescovi e gran chierici d' intorno, 38.22.6 che le leggi sapean del cristianesmo, 38.22.7 fece raccorre, acciò da loro in tutta 38.22.8 la santa fé fosse Marfisa instrutta. 38.23.1 Venne in pontificale abito sacro 38.23.2 l' arcivesco Turpino, e battizzolla: 38.23.3 Carlo dal salutifero lavacro 38.23.4 con cerimonie debite levolla. 38.23.5 Ma tempo è ormai ch' al capo vòto e macro 38.23.6 di senno si soccorra con l' ampolla, 38.23.7 con che dal ciel più basso ne venìa 38.23.8 il duca Astolfo sul carro d' Elia. 38.24.1 Sceso era Astolfo dal giro lucente 38.24.2 alla maggiore altezza de la terra, 38.24.3 con la felice ampolla che la mente 38.24.4 dovea sanare al gran mastro di guerra. 38.24.5 Un' erba quivi di virtù eccellente 38.24.6 mostra Giovanni al duca d' Inghilterra: 38.24.7 con essa vuol ch' al suo ritorno tocchi 38.24.8 al re di Nubia e gli risani gli occhi; 38.25.1 acciò per questi e per li primi merti 38.25.2 gente gli dia con che Biserta assaglia. 38.25.3 E come poi quei populi inesperti 38.25.4 armi et acconci ad uso di battaglia, 38.25.5 e senza danno passi pei deserti 38.25.6 ove l' arena gli uomini abbarbaglia, 38.25.7 a punto a punto l' ordine che tegna, 38.25.8 tutto il vecchio santissimo gl' insegna. 38.26.1 Poi lo fe' rimontar su quello alato 38.26.2 che di Ruggiero, e fu prima d' Atlante. 38.26.3 Il paladin lasciò, licenzïato 38.26.4 da San Giovanni, le contrade sante; 38.26.5 e secondando il Nilo a lato a lato, 38.26.6 tosto i Nubi apparir si vide inante; 38.26.7 e ne la terra che del regno è capo 38.26.8 scese da l' aria, e ritrovò il Senapo. 38.27.1 Molto fu il gaudio e molta fu la gioia 38.27.2 che portò a quel signor nel suo ritorno; 38.27.3 che ben si raccordava de la noia 38.27.4 che gli avea tolta, de l' arpie, d' intorno. 38.27.5 Ma poi che la grossezza gli discuoia 38.27.6 di quello umor che già gli tolse il giorno 38.27.7 e che gli rende la vista di prima, 38.27.8 l' adora e cole, e come un Dio sublima: 38.28.1 sì che non pur la gente che gli chiede 38.28.2 per muover guerra al regno di Biserta, 38.28.3 ma cento mila sopra gli ne diede, 38.28.4 e gli fe' ancor di sua persona offerta. 38.28.5 La gente a pena, ch' era tutta a piede, 38.28.6 potea capir ne la campagna aperta; 38.28.7 che di cavalli ha quel paese inopia, 38.28.8 ma d' elefanti e de camelli copia. 38.29.1 La notte inanzi il dì che a suo camino 38.29.2 l' esercito di Nubia dovea porse, 38.29.3 montò su l' ippogrifo il paladino, 38.29.4 e verso mezzodì con fretta corse, 38.29.5 tanto che giunse al monte che l' austrino 38.29.6 vento produce, e spira contra l' Orse. 38.29.7 Trovò la cava, onde per stretta bocca, 38.29.8 quando si desta, il furïoso scocca. 38.30.1 E come raccordògli il suo maestro, 38.30.2 avea seco arrecato un utre vòto, 38.30.3 il qual, mentre ne l' antro oscuro e alpestro, 38.30.4 affaticato dorme il fiero Noto, 38.30.5 allo spiraglio pon tacito e destro: 38.30.6 et è l' aguato in modo al vento ignoto, 38.30.7 che, credendosi uscir fuor la dimane, 38.30.8 preso e legato in quello utre rimane. 38.31.1 Di tanta preda il paladino allegro, 38.31.2 ritorna in Nubia, e la medesma luce 38.31.3 si pone a caminar col popul negro, 38.31.4 e vettovaglia dietro si conduce. 38.31.5 A salvamento con lo stuolo integro 38.31.6 verso l' Atlante il glorïoso duce 38.31.7 pel mezzo vien de la minuta sabbia, 38.31.8 senza temer che 'l vento a nuocer gli abbia. 38.32.1 E giunto poi di qua dal giogo, in parte 38.32.2 onde il pian si discuopre e la marina, 38.32.3 Astolfo elegge la più nobil parte 38.32.4 del campo, e la meglio atta a disciplina; 38.32.5 e qua e là per ordine la parte 38.32.6 a piè d' un colle, ove nel pian confina. 38.32.7 Quivi la lascia, e su la cima ascende 38.32.8 in vista d' uom ch' a gran pensieri intende. 38.33.1 Poi che, inchinando le ginocchia, fece 38.33.2 al santo suo maestro orazïone, 38.33.3 sicuro che sia udita la sua prece, 38.33.4 copia di sassi a far cader si pone. 38.33.5 Oh quanto a chi ben crede in Cristo, lece! 38.33.6 I sassi, fuor di natural ragione 38.33.7 crescendo, si vedean venire in giuso, 38.33.8 e formar ventre e gambe e collo e muso: 38.34.1 e con chiari anitrir giù per quei calli 38.34.2 venian saltando, e giunti poi nel piano 38.34.3 scuotean le groppe, e fatti eran cavalli, 38.34.4 chi baio e chi leardo e chi rovano. 38.34.5 La turba ch' aspettando ne le valli 38.34.6 stava alla posta, lor dava di mano: 38.34.7 sì che in poche ore fur tutti montati; 38.34.8 che con sella e con freno erano nati. 38.35.1 Ottanta mila cento e dua in un giorno 38.35.2 fe', di pedoni, Astolfo cavallieri. 38.35.3 Con questi tutta scórse Africa intorno, 38.35.4 facendo prede, incendi e prigionieri. 38.35.5 Posto Agramante avea fin al ritorno 38.35.6 il re di Fersa e 'l re degli Algazeri, 38.35.7 col re Branzardo a guardia del paese: 38.35.8 e questi si fêr contra al duca inglese; 38.36.1 prima avendo spacciato un suttil legno 38.36.2 ch' a vele e a remi andò battendo l' ali, 38.36.3 ad Agramante aviso, come il regno 38.36.4 patia dal re de' Nubi oltraggi e mali. 38.36.5 Giorno e notte andò quel senza ritegno, 38.36.6 tanto che giunse ai liti provenzali; 38.36.7 e trovò in Arli il suo re mezzo oppresso, 38.36.8 che 'l campo avea di Carlo un miglio appresso. 38.37.1 Sentendo il re Agramante a che periglio, 38.37.2 per guadagnare il regno di Pipino, 38.37.3 lasciava il suo, chiamar fece a consiglio 38.37.4 principi e re del popul saracino. 38.37.5 E poi ch' una o due volte girò il ciglio 38.37.6 quinci a Marsilio e quindi al re Sobrino, 38.37.7 i quai d' ogni altro fur, che vi venisse, 38.37.8 i duo più antiqui e saggi, così disse: 38.38.1 -- Quantunque io sappia come mal convegna 38.38.2 a un capitano dir: non mel pensai, 38.38.3 pur lo dirò; che quando un danno vegna 38.38.4 da ogni discorso uman lontano assai, 38.38.5 a quel fallir par che sia escusa degna: 38.38.6 e qui si versa il caso mio; ch' errai 38.38.7 a lasciar d' arme l' Africa sfornita, 38.38.8 se da li Nubi esser dovea assalita. 38.39.1 Ma chi pensato avria, fuor che Dio solo, 38.39.2 a cui non è cosa futura ignota, 38.39.3 che dovesse venir con sì gran stuolo 38.39.4 a farne danno gente sì remota? 38.39.5 tra i quali e noi giace l' instabil suolo 38.39.6 di quella arena ognior da' venti mota. 38.39.7 Pur è venuta ad assediar Biserta, 38.39.8 et ha in gran parte l' Africa deserta. 38.40.1 Or sopra ciò vostro consiglio chieggio: 38.40.2 se partirmi di qui senza far frutto, 38.40.3 o pur seguir tanto l' impresa deggio, 38.40.4 che prigion Carlo meco abbi condutto; 38.40.5 o come insieme io salvi il nostro seggio, 38.40.6 e questo imperïal lasci distrutto. 38.40.7 S' alcun di voi sa dir, priego nol taccia, 38.40.8 acciò si trovi il meglio, e quel si faccia. -- 38.41.1 Così disse Agramante; e volse gli occhi 38.41.2 al re di Spagna, che gli sedea appresso, 38.41.3 come mostrando di voler che tocchi 38.41.4 di quel c' ha detto, la risposta ad esso. 38.41.5 E quel, poi che surgendo ebbe i ginocchi 38.41.6 per riverenzia, e così il capo flesso, 38.41.7 nel suo onorato seggio si raccolse; 38.41.8 indi la lingua a tai parole sciolse: 38.42.1 -- O bene o mal che la Fama ci apporti, 38.42.2 signor, di sempre accrescere ha in usanza. 38.42.3 Perciò non sarà mai ch' io mi sconforti, 38.42.4 o mai più del dover pigli baldanza 38.42.5 per casi o buoni o rei, che sieno sorti: 38.42.6 ma sempre avrò di par tema e speranza 38.42.7 ch' esser debban minori, e non del modo 38.42.8 ch' a noi per tante lingue venir odo. 38.43.1 E tanto men prestar gli debbo fede, 38.43.2 quanto più al verisimile s' oppone. 38.43.3 Or se gli è verisimile si vede, 38.43.4 ch' abbia con tanto numer di persone 38.43.5 posto ne la pugnace Africa il piede 38.43.6 un re di sì lontana regïone, 38.43.7 traversando l' arene a cui Cambise 38.43.8 con male augurio il popul suo commise. 38.44.1 Crederò ben, che sian gli Arabi scesi 38.44.2 da le montagne, et abbian dato il guasto, 38.44.3 e saccheggiato, e morti uomini e presi, 38.44.4 ove trovato avran poco contrasto; 38.44.5 e che Branzardo che di quei paesi 38.44.6 luogotenente e viceré è rimasto, 38.44.7 per le decine scriva le migliaia, 38.44.8 acciò la scusa sua più degna paia. 38.45.1 Vo' concedergli ancor che sieno i Nubi 38.45.2 per miracol dal ciel forse piovuti: 38.45.3 o forse ascosi venner ne le nubi; 38.45.4 poi che non fur mai per camin veduti. 38.45.5 Temi tu che tal gente Africa rubi, 38.45.6 se ben di più soccorso non l' aiuti? 38.45.7 Il tuo presidio avria ben trista pelle, 38.45.8 quando temesse un populo sì imbelle. 38.46.1 Ma se tu mandi ancor che poche navi, 38.46.2 pur che si veggan gli stendardi tuoi, 38.46.3 non scioglieran di qua sì tosto i cavi, 38.46.4 che fuggiranno nei confini suoi 38.46.5 questi, o sien Nubi o sieno Arabi ignavi, 38.46.6 ai quali il ritrovarti qui con noi, 38.46.7 separato pel mar da la tua terra, 38.46.8 ha dato ardir di romperti la guerra. 38.47.1 Or piglia il tempo che, per esser senza 38.47.2 il suo nipote Carlo, hai di vendetta: 38.47.3 poi ch' Orlando non c' è, far resistenza 38.47.4 non ti può alcun de la nimica setta. 38.47.5 Se per non veder lasci, o negligenza, 38.47.6 l' onorata vittoria che t' aspetta, 38.47.7 volterà il calvo, ove ora il crin ne mostra, 38.47.8 con molto danno e lunga infamia nostra. -- 38.48.1 Con questo et altri detti accortamente 38.48.2 l' Ispano persuader vuol nel concilio 38.48.3 che non esca di Francia questa gente, 38.48.4 fin che Carlo non sia spinto in esilio. 38.48.5 Ma il re Sobrin, che vide apertamente 38.48.6 il camino a che andava il re Marsilio, 38.48.7 che più per l' util proprio queste cose, 38.48.8 che pel commun dicea, così rispose: 38.49.1 -- Quando io ti confortava a stare in pace, 38.49.2 fosse io stato, signor, falso indovino; 38.49.3 o tu, se io dovea pure esser verace, 38.49.4 creduto avessi al tuo fedel Sobrino, 38.49.5 e non più tosto a Rodomonte audace, 38.49.6 a Marbalusto, a Alzirdo e a Martasino, 38.49.7 li quali ora vorrei qui avere a fronte: 38.49.8 ma vorrei più degli altri Rodomonte, 38.50.1 per rinfacciargli che volea di Francia 38.50.2 far quel che si faria d' un fragil vetro, 38.50.3 e in cielo e ne lo 'nferno la tua lancia 38.50.4 seguire, anzi lasciarsela di dietro; 38.50.5 poi nel bisogno si gratta la pancia 38.50.6 ne l' ozio immerso abominoso e tetro: 38.50.7 et io, che per predirti il vero allora 38.50.8 codardo detto fui, son teco ancora; 38.51.1 e sarò sempremai, fin ch' io finisca 38.51.2 questa vita ch' ancor che d' anni grave, 38.51.3 porsi incontra ogni dì per te s' arrisca 38.51.4 a qualunque di Francia più nome have. 38.51.5 Né sarà alcun, sia chi si vuol, ch' ardisca 38.51.6 di dir che l' opre mie mai fosser prave: 38.51.7 e non han più di me fatto, né tanto, 38.51.8 molti che si donâr di me più vanto. 38.52.1 Dico così, per dimostrar che quello 38.52.2 ch' io dissi allora, e che ti voglio or dire, 38.52.3 né da viltade vien né da cor fello, 38.52.4 ma d' amor vero e da fedel servire. 38.52.5 Io ti conforto ch' al paterno ostello, 38.52.6 più tosto che tu pòi, vogli redire; 38.52.7 che poco saggio si può dir colui 38.52.8 che perde il suo per acquistar l' altrui. 38.53.1 S' acquisto c' è, tu 'l sai. Trentadui fummo 38.53.2 re tuoi vassalli a uscir teco del porto: 38.53.3 or, se di nuovo il conto ne rassummo, 38.53.4 c' è a pena il terzo, e tutto 'l resto è morto. 38.53.5 Che non ne cadan più, piaccia a Dio summo: 38.53.6 ma se tu vuoi seguir, temo di corto, 38.53.7 che non ne rimarrà quarto né quinto; 38.53.8 e 'l miser popul tuo fia tutto estinto. 38.54.1 Ch' Orlando non ci sia, ne aiuta; ch' ove 38.54.2 siàn pochi, forse alcun non ci saria. 38.54.3 Ma per questo il periglio non rimuove, 38.54.4 se ben prolunga nostra sorte ria. 38.54.5 Ecci Rinaldo, che per molte prove 38.54.6 mostra che non minor d' Orlando sia: 38.54.7 c' è il suo lignaggio e tutti i paladini, 38.54.8 timore eterno a' nostri Saracini. 38.55.1 Et hanno appresso quel secondo Marte 38.55.2 (ben che i nimici al mio dispetto lodo), 38.55.3 io dico il valoroso Brandimarte, 38.55.4 non men d' Orlando ad ogni prova sodo; 38.55.5 del qual provata ho la virtude in parte, 38.55.6 parte ne veggo all' altrui spese et odo. 38.55.7 Poi son più dì che non c' è Orlando stato; 38.55.8 e più perduto abbiàn che guadagnato. 38.56.1 Se per adietro abbiàn perduto, io temo 38.56.2 che da qui inanzi perderen più in grosso. 38.56.3 Del nostro campo Mandricardo è scemo: 38.56.4 Gradasso il suo soccorso n' ha rimosso: 38.56.5 Marfisa n' ha lasciata al punto estremo, 38.56.6 e così il re d' Algier, di cui dir posso 38.56.7 che, se fosse fedel come gagliardo, 38.56.8 poco uopo era Gradasso o Mandricardo. 38.57.1 Ove sono a noi tolti questi aiuti, 38.57.2 e tante mila son dei nostri morti; 38.57.3 e quei ch' a venir han, son già venuti, 38.57.4 né s' aspetta altro legno che n' apporti: 38.57.5 quattro son giunti a Carlo, non tenuti 38.57.6 manco d' Orlando o di Rinaldo forti; 38.57.7 e con ragion; che da qui sino a Battro 38.57.8 potresti mal trovar tali altri quattro. 38.58.1 Non so se sai chi sia Guidon Selvaggio 38.58.2 e Sansonetto e i figli d' Oliviero. 38.58.3 Di questi fo più stima e più tema aggio, 38.58.4 che d' ogni altro lor duca e cavalliero 38.58.5 che di Lamagna o d' altro stran linguaggio 38.58.6 sia contra noi per aiutar l' Impero: 38.58.7 ben ch' importa anco assai la gente nuova 38.58.8 ch' a' nostri danni in campo si ritrova. 38.59.1 Quante volte uscirai alla campagna, 38.59.2 tanto avrai la peggiore, o sarai rotto. 38.59.3 Se spesso perdé il campo Africa e Spagna, 38.59.4 quando siàn stati sedici per otto, 38.59.5 che sarà poi ch' Italia e che Lamagna 38.59.6 con Francia è unita, e 'l populo anglo e scotto, 38.59.7 e che sei contra dodici saranno? 38.59.8 Ch' altro si può sperar, che biasmo e danno? 38.60.1 La gente qui, là perdi a un tempo il regno, 38.60.2 s' in questa impresa più duri ostinato; 38.60.3 ove, s' al ritornar muti disegno, 38.60.4 l' avanzo di noi servi con lo stato. 38.60.5 Lasciar Marsilio è di te caso indegno, 38.60.6 ch' ognun te ne terrebbe molto ingrato; 38.60.7 ma c' è rimedio, far con Carlo pace: 38.60.8 ch' a lui deve piacer, se a te pur piace. 38.61.1 Pur se ti par che non ci sia il tuo onore, 38.61.2 se tu, che prima offeso sei, la chiedi; 38.61.3 e la battaglia più ti sta nel core, 38.61.4 che, come sia fin qui successa, vedi; 38.61.5 studia almen di restarne vincitore: 38.61.6 il che forse averrà, se tu mi credi; 38.61.7 se d' ogni tua querela a un cavalliero 38.61.8 darai l' assunto, e se quel fia Ruggiero. 38.62.1 Io 'l so, e tu 'l sai che Ruggier nostro è tale, 38.62.2 che già da solo a sol con l' arme in mano 38.62.3 non men d' Orlando o di Rinaldo vale, 38.62.4 né d' alcun altro cavallier cristiano. 38.62.5 Ma se tu vuoi far guerra univirsale, 38.62.6 ancor che 'l valor suo sia sopraumano, 38.62.7 egli però non sarà più ch' un solo, 38.62.8 et avrà di par suoi contra uno stuolo. 38.63.1 A me par, s' a te par, ch' a dir si mandi 38.63.2 al re cristian, che per finir le liti, 38.63.3 e perché cessi il sangue che tu spandi 38.63.4 ognior de' suoi, egli de' tuo' infiniti; 38.63.5 che contra un tuo guerrier tu gli domandi 38.63.6 che metta in campo uno dei suoi più arditi; 38.63.7 e faccian questi duo tutta la guerra, 38.63.8 fin che l' un vinca, e l' altro resti in terra: 38.64.1 con patto, che qual d' essi perde, faccia 38.64.2 che 'l suo re all' altro re tributo dia. 38.64.3 Questa condizïon non credo spiaccia 38.64.4 a Carlo, ancor che sul vantaggio sia. 38.64.5 Mi fido sì ne le robuste braccia 38.64.6 poi di Ruggier, che vincitor ne fia; 38.64.7 e ragion tanta è da la nostra parte, 38.64.8 che vincerà, s' avesse incontra Marte. -- 38.65.1 Con questi et altri più efficaci detti 38.65.2 fece Sobrin sì che 'l partito ottenne; 38.65.3 e gl' interpreti fur quel giorno eletti, 38.65.4 e quel dì a Carlo l' imbasciata venne. 38.65.5 Carlo ch' avea tanti guerrier perfetti, 38.65.6 vinta per sé quella battaglia tenne, 38.65.7 di cui l' impresa al buon Rinaldo diede, 38.65.8 in ch' avea, dopo Orlando, maggior fede. 38.66.1 Di questo accordo lieto parimente 38.66.2 l' uno esercito e l' altro si godea; 38.66.3 che 'l travaglio del corpo e de la mente 38.66.4 tutti avea stanchi e a tutti rincrescea. 38.66.5 Ognun di riposare il rimanente 38.66.6 de la sua vita disegnato avea; 38.66.7 ogniun maledicea l' ire e i furori 38.66.8 ch' a risse e a gare avean lor desti i cori. 38.67.1 Rinaldo che esaltar molto si vede, 38.67.2 che Carlo in lui di quel che tanto pesa, 38.67.3 via più ch' in tutti gli altri, ha avuto fede, 38.67.4 lieto si mette all' onorata impresa. 38.67.5 Ruggier non stima; e veramente crede 38.67.6 che contra sé non potrà far difesa: 38.67.7 che suo pari esser possa non gli è aviso, 38.67.8 se ben in campo ha Mandricardo ucciso. 38.68.1 Ruggier da l' altra parte, ancor che molto 38.68.2 onor gli sia che 'l suo re l' abbia eletto, 38.68.3 e pel miglior di tutti i buoni tolto, 38.68.4 a cui commetta un sì importante effetto; 38.68.5 pur mostra affanno e gran mestizia in volto, 38.68.6 non per paura che gli turbi il petto; 38.68.7 che non ch' un sol Rinaldo, ma non teme 38.68.8 se fosse con Rinaldo Orlando insieme: 38.69.1 ma perché vede esser di lui sorella 38.69.2 la sua cara e fidissima consorte 38.69.3 ch' ognior scrivendo stimula e martella, 38.69.4 come colei ch' è ingiurïata forte. 38.69.5 Or s' alle vecchie offese aggiunge quella 38.69.6 d' entrare in campo a porle il frate a morte, 38.69.7 se la farà, d' amante, così odiosa, 38.69.8 ch' a placarla mai più fia dura cosa. 38.70.1 Se tacito Ruggier s' affligge et ange 38.70.2 de la battaglia che mal grado prende, 38.70.3 la sua cara moglier lacrima e piange, 38.70.4 come la nuova indi a poche ore intende. 38.70.5 Batte il bel petto, e l' auree chiome frange, 38.70.6 e le guancie innocenti irriga e offende; 38.70.7 e chiama con ramarichi e querele 38.70.8 Ruggiero ingrato, e il suo destin crudele. 38.71.1 D' ogni fin che sortisca la contesa, 38.71.2 a lei non può venirne altro che doglia. 38.71.3 Ch' abbia a morir Ruggiero in questa impresa, 38.71.4 pensar non vuol; che par che 'l cor le toglia. 38.71.5 Quando anco, per punir più d' una offesa, 38.71.6 la ruina di Francia Cristo voglia, 38.71.7 oltre che sarà morto il suo fratello, 38.71.8 seguirà un danno a lei più acerbo e fello: 38.72.1 che non potrà, se non con biasmo e scorno, 38.72.2 e nimicizia di tutta sua gente, 38.72.3 fare al marito suo mai più ritorno, 38.72.4 sì che lo sappia ognun publicamente, 38.72.5 come s' avea, pensando notte e giorno, 38.72.6 più volte disegnato ne la mente: 38.72.7 e tra lor era la promessa tale, 38.72.8 che 'l ritrarsi e il pentir più poco vale. 38.73.1 Ma quella usata ne le cose avverse 38.73.2 di non mancarle di soccorsi fidi, 38.73.3 dico Melissa maga, non sofferse 38.73.4 udirne il pianto e i dolorosi gridi; 38.73.5 e venne a consolarla, e le proferse, 38.73.6 quando ne fosse il tempo, alti sussidi, 38.73.7 e disturbar quella pugna futura 38.73.8 di ch' ella piange e si pon tanta cura. 38.74.1 Rinaldo intanto e l' inclito Ruggiero 38.74.2 apparechiavan l' arme alla tenzone, 38.74.3 di cui dovea l' eletta al cavalliero 38.74.4 che del romano Imperio era campione: 38.74.5 e come quel, che poi che 'l buon destriero 38.74.6 perdé Baiardo, andò sempre pedone, 38.74.7 si elesse a piè, coperto a piastra e a maglia 38.74.8 con l' azza e col pugnal far la battaglia. 38.75.1 O fosse caso, o fosse pur ricordo 38.75.2 di Malagigi suo provido e saggio, 38.75.3 che sapea quanto Balisarda ingordo 38.75.4 il taglio avea di fare all' arme oltraggio; 38.75.5 combatter senza spada fur d' accordo 38.75.6 l' uno e l' altro guerrier, come detto aggio. 38.75.7 Del luogo s' accordâr presso alle mura 38.75.8 de l' antiquo Arli, in una gran pianura. 38.76.1 A pena avea la vigilante Aurora 38.76.2 da l' ostel di Titon fuor messo il capo, 38.76.3 per dare al giorno terminato, e all' ora 38.76.4 ch' era prefissa alla battaglia, capo; 38.76.5 quando di qua e di là vennero fuora 38.76.6 i deputati; e questi in ciascun capo 38.76.7 degli steccati i padiglion tiraro, 38.76.8 appresso ai quali ambi un altar fermaro. 38.77.1 Non molto dopo, instrutto a schiera a schiera, 38.77.2 si vide uscir l' esercito pagano. 38.77.3 In mezzo armato e suntuoso v' era 38.77.4 di barbarica pompa il re africano; 38.77.5 e s' un baio corsier di chioma nera, 38.77.6 di fronte bianca, e di duo piè balzano, 38.77.7 a par a par con lui venìa Ruggiero, 38.77.8 a cui servir non è Marsilio altiero. 38.78.1 L' elmo, che dianzi con travaglio tanto 38.78.2 trasse di testa al re di Tartaria, 38.78.3 l' elmo, che celebrato in maggior canto 38.78.4 portò il troiano Ettòr mill' anni pria, 38.78.5 gli porta il re Marsilio a canto a canto: 38.78.6 altri principi et altra baronia 38.78.7 s' hanno partite l' altr' arme fra loro, 38.78.8 ricche di gioie e ben fregiate d' oro. 38.79.1 Da l' altra parte fuor dei gran ripari 38.79.2 re Carlo uscì con la sua gente d' arme, 38.79.3 con gli ordini medesmi e modi pari 38.79.4 che terria se venisse al fatto d' arme. 38.79.5 Cingonlo intorno i suoi famosi pari; 38.79.6 e Rinaldo è con lui con tutte l' arme, 38.79.7 fuor che l' elmo che fu del re Mambrino, 38.79.8 che porta Ugier Danese paladino. 38.80.1 E di due azze ha il duca Namo l' una, 38.80.2 e l' altra Salamon re di Bretagna. 38.80.3 Carlo da un lato i suoi tutti raguna; 38.80.4 da l' altro son quei d' Africa e di Spagna. 38.80.5 Nel mezzo non appar persona alcuna: 38.80.6 vòto riman gran spazio di campagna, 38.80.7 che per bando commune a chi vi sale, 38.80.8 eccetto ai duo guerrieri, è capitale. 38.81.1 Poi che de l' arme la seconda eletta 38.81.2 si diè al campion del populo pagano, 38.81.3 duo sacerdoti, l' un de l' una setta, 38.81.4 l' altro de l' altra, uscîr coi libri in mano. 38.81.5 In quel del nostro è la vita perfetta 38.81.6 scritta di Cristo; e l' altro è l' Alcorano. 38.81.7 Con quel de l' Evangelio si fe' inante 38.81.8 l' imperator, con l' altro il re Agramante. 38.82.1 Giunto Carlo all' altar che statuito 38.82.2 i suoi gli aveano, al ciel levò le palme, 38.82.3 e disse: -- O Dio, c' hai di morir patito 38.82.4 per redimer da morte le nostr' alme; 38.82.5 o Donna, il cui valor fu sì gradito, 38.82.6 che Dio prese da te l' umane salme, 38.82.7 e nove mesi fu nel tuo santo alvo, 38.82.8 sempre serbando il fior virgineo salvo: 38.83.1 siatemi testimoni, ch' io prometto 38.83.2 per me e per ogni mia successïone 38.83.3 al re Agramante, et a chi dopo eletto 38.83.4 sarà al governo di sua regïone, 38.83.5 dar venti some ogni anno d' oro schietto, 38.83.6 s' oggi qui riman vinto il mio campione; 38.83.7 e ch' io prometto subito la triegua 38.83.8 incominciar, che poi perpetua segua: 38.84.1 e se 'n ciò manco, subito s' accenda 38.84.2 la formidabil ira d' ambidui, 38.84.3 la qual me solo e i miei figliuoli offenda, 38.84.4 non alcun altro che sia qui con nui; 38.84.5 sì che in brevissima ora si comprenda 38.84.6 che sia il mancar de la promessa a vui. -- 38.84.7 Così dicendo, Carlo sul Vangelo 38.84.8 tenea la mano, e gli occhi fissi al cielo. 38.85.1 Si levan quindi, e poi vanno all' altare 38.85.2 che riccamente avean pagani adorno; 38.85.3 ove giurò Agramante, ch' oltre al mare 38.85.4 con l' esercito suo faria ritorno, 38.85.5 et a Carlo daria tributo pare, 38.85.6 se restasse Ruggier vinto quel giorno; 38.85.7 e perpetua tra lor triegua saria, 38.85.8 coi patti ch' avea Carlo detti pria. 38.86.1 E similmente con parlar non basso, 38.86.2 chiamando in testimonio il gran Maumette, 38.86.3 sul libro ch' in man tiene il suo papasso, 38.86.4 ciò che detto ha, tutto osservar promette. 38.86.5 Poi del campo si partono a gran passo, 38.86.6 e tra i suoi l' uno e l' altro si rimette: 38.86.7 poi quel par di campioni a giurar venne; 38.86.8 e 'l giuramento lor questo contenne: 38.87.1 Ruggier promette, se de la tenzone 38.87.2 il suo re viene o manda a disturbarlo, 38.87.3 che né suo guerrier più, né suo barone 38.87.4 esser mai vuol, ma darsi tutto a Carlo. 38.87.5 Giura Rinaldo ancor, che se cagione 38.87.6 sarà del suo signor quindi levarlo, 38.87.7 fin che non resti vinto egli o Ruggiero, 38.87.8 si farà d' Agramante cavalliero. 38.88.1 Poi che le cerimonie finite hanno, 38.88.2 si ritorna ciascun da la sua parte; 38.88.3 né v' indugiano molto, che lor dànno 38.88.4 le chiare trombe segno al fiero marte. 38.88.5 Or gli animosi a ritrovar si vanno, 38.88.6 con senno i passi dispensando et arte. 38.88.7 Ecco si vede incominciar l' assalto, 38.88.8 sonar il ferro, or girar basso, or alto. 38.89.1 Or inanzi col calce, or col martello 38.89.2 accennan quando al capo e quando al piede, 38.89.3 con tal destrezza e con modo sì snello, 38.89.4 ch' ogni credenza il raccontarlo eccede. 38.89.5 Ruggier che combattea contra il fratello 38.89.6 di chi la misera alma gli possiede, 38.89.7 a ferir lo venìa con tal riguardo, 38.89.8 che stimato ne fu manco gagliardo. 38.90.1 Era a parar, più ch' a ferire, intento, 38.90.2 e non sapea egli stesso il suo desire: 38.90.3 spegner Rinaldo saria malcontento, 38.90.4 né vorria volentieri egli morire. 38.90.5 Ma ecco giunto al termine mi sento, 38.90.6 ove convien l' istoria diferire. 38.90.7 Ne l' altro canto il resto intenderete, 38.90.8 s' udir ne l' altro canto mi vorrete.
CANTO XXXIX
39.1.1 L' affanno di Ruggier ben veramente 39.1.2 è sopra ogn' altro duro, acerbo e forte, 39.1.3 di cui travaglia il corpo, e più la mente, 39.1.4 poi che di due fuggir non può una morte; 39.1.5 o da Rinaldo, se di lui possente 39.1.6 fia meno, o se fia più, da la consorte: 39.1.7 che se 'l fratel le uccide, sa ch' incorre 39.1.8 ne l' odio suo, che più che morte aborre. 39.2.1 Rinaldo, che non ha simil pensiero, 39.2.2 in tutti i modi alla vittoria aspira: 39.2.3 mena de l' azza dispettoso e fiero; 39.2.4 quando alle braccia e quando al capo mira. 39.2.5 Volteggiando con l' asta il buon Ruggiero 39.2.6 ribatte il colpo, e quinci e quindi gira; 39.2.7 e se percuote pur, disegna loco 39.2.8 ove possa a Rinaldo nuocer poco. 39.3.1 Alla più parte dei signor pagani 39.3.2 troppo par disegual esser la zuffa: 39.3.3 troppo è Ruggier pigro a menar le mani, 39.3.4 troppo Rinaldo il giovine ribuffa. 39.3.5 Smarrito in faccia il re degli Africani 39.3.6 mira l' assalto, e ne sospira e sbuffa: 39.3.7 et accusa Sobrin, da cui procede 39.3.8 tutto l' error, che 'l mal consiglio diede. 39.4.1 Melissa in questo tempo, ch' era fonte 39.4.2 di quanto sappia incantatore o mago, 39.4.3 avea cangiata la feminil fronte, 39.4.4 e del gran re d' Algier presa l' imago: 39.4.5 sembrava al viso, ai gesti Rodomonte, 39.4.6 e parea armata di pelle di drago; 39.4.7 e tal lo scudo e tal la spada al fianco 39.4.8 avea, quale usava egli, e nulla manco. 39.5.1 Spinse il demonio inanzi al mesto figlio 39.5.2 del re Troiano, in forma di cavallo; 39.5.3 e con gran voce e con turbato ciglio 39.5.4 disse: -- Signor, questo è pur troppo fallo, 39.5.5 ch' un giovene inesperto a far periglio, 39.5.6 contra un sì forte e sì famoso Gallo 39.5.7 abbiate eletto in cosa di tal sorte, 39.5.8 che 'l regno e l' onor d' Africa n' importe. 39.6.1 Non si lassi seguir questa battaglia, 39.6.2 che ne sarebbe in troppo detrimento. 39.6.3 Su Rodomonte sia, né ve ne caglia 39.6.4 l' avere il patto rotto e 'l giuramento. 39.6.5 Dimostri ognun come sua spada taglia: 39.6.6 poi ch' io ci sono, ognun di voi val cento. -- 39.6.7 Poté questo parlar sì in Agramante, 39.6.8 che senza più pensar si cacciò inante. 39.7.1 Il creder d' aver seco il re d' Algieri 39.7.2 fece che si curò poco del patto; 39.7.3 e non avria di mille cavallieri 39.7.4 giunti in suo aiuto sì gran stima fatto. 39.7.5 Perciò lancie abbassar, spronar destrieri 39.7.6 di qua di là veduto fu in un tratto. 39.7.7 Melissa, poi che con sue finte larve 39.7.8 la battaglia attaccò, subito sparve. 39.8.1 I duo campion che vedeno turbarsi 39.8.2 contra ogni accordo, contra ogni promessa, 39.8.3 senza più l' un con l' altro travagliarsi, 39.8.4 anzi ogni ingiuria avendosi rimessa, 39.8.5 fede si dan, né qua né là impacciarsi, 39.8.6 fin che la cosa non sia meglio espressa, 39.8.7 chi stato sia che i patti ha rotto inante, 39.8.8 o 'l vecchio Carlo, o 'l giovene Agramante. 39.9.1 E replican con nuovi giuramenti 39.9.2 d' esser nimici a chi mancò di fede. 39.9.3 Sozzopra se ne van tutte le genti: 39.9.4 chi porta inanzi, e chi ritorna il piede. 39.9.5 Chi sia fra i vili, e chi tra i più valenti 39.9.6 in un atto medesimo si vede: 39.9.7 son tutti parimente al correr presti; 39.9.8 ma quei corrono inanzi, e indietro questi. 39.10.1 Come levrier che la fugace fera 39.10.2 correre intorno et aggirarsi mira, 39.10.3 né può con gli altri cani andare in schiera, 39.10.4 che 'l cacciator lo tien, si strugge d' ira, 39.10.5 si tormenta, s' affligge e si dispera, 39.10.6 schiattisce indarno, e si dibatte e tira; 39.10.7 così sdegnosa infin allora stata 39.10.8 Marfisa era quel dì con la cognata. 39.11.1 Fin a quell' ora avean quel dì vedute 39.11.2 sì ricche prede in spazïoso piano; 39.11.3 e che fosser dal patto ritenute 39.11.4 di non poter seguirle e porvi mano, 39.11.5 ramaricate s' erano e dolute, 39.11.6 e n' avean molto sospirato invano. 39.11.7 Or che i patti e le triegue vider rotte, 39.11.8 liete saltâr ne l' africane frotte. 39.12.1 Marfisa cacciò l' asta per lo petto 39.12.2 al primo che scontrò, due braccia dietro: 39.12.3 poi trasse il brando, e in men che non l' ho detto, 39.12.4 spezzò quattro elmi, che sembrâr di vetro. 39.12.5 Bradamante non fe' minore effetto; 39.12.6 ma l' asta d' or tenne diverso metro: 39.12.7 tutti quei che toccò, per terra mise; 39.12.8 duo tanti fur, né però alcuno uccise. 39.13.1 Questo sì presso l' una all' altra fêro, 39.13.2 che testimonie se ne fur tra loro; 39.13.3 poi si scostaro, et a ferir si diero, 39.13.4 ove le trasse l' ira, il popul Moro. 39.13.5 Chi potrà conto aver d' ogni guerriero 39.13.6 ch' a terra mandi quella lancia d' oro? 39.13.7 o d' ogni testa che tronca o divisa 39.13.8 sia da la orribil spada di Marfisa? 39.14.1 Come al soffiar de' più benigni venti, 39.14.2 quando Apennin scuopre l' erbose spalle, 39.14.3 muovonsi a par duo turbidi torrenti 39.14.4 che nel cader fan poi diverso calle; 39.14.5 svellono i sassi e gli arbori eminenti 39.14.6 da l' alte ripe, e portan ne la valle 39.14.7 le biade e i campi; e quasi a gara fanno 39.14.8 a chi far può nel suo camin più danno: 39.15.1 così le due magnanime guerriere, 39.15.2 scorrendo il campo per diversa strada, 39.15.3 gran strage fan ne l' africane schiere, 39.15.4 l' una con l' asta, e l' altra con la spada. 39.15.5 Tiene Agramante a pena alle bandiere 39.15.6 la gente sua, ch' in fuga non ne vada. 39.15.7 Invan domanda, invan volge la fronte; 39.15.8 né può saper che sia di Rodomonte. 39.16.1 A conforto di lui rotto avea il patto 39.16.2 (così credea) che fu solennemente, 39.16.3 i dèi chiamando in testimonio, fatto; 39.16.4 poi s' era dileguato sì repente. 39.16.5 Né Sobrin vede ancor: Sobrin ritratto 39.16.6 in Arli s' era, e dettosi innocente; 39.16.7 perché di quel pergiuro aspra vendetta 39.16.8 sopra Agramante il dì medesmo aspetta. 39.17.1 Marsilio anco è fuggito ne la terra: 39.17.2 sì la religïon gli preme il core. 39.17.3 Perciò male Agramante il passo serra 39.17.4 a quei che mena Carlo imperatore, 39.17.5 d' Italia, di Lamagna e d' Inghilterra, 39.17.6 che tutte gente son d' alto valore; 39.17.7 et hanno i paladin sparsi tra loro, 39.17.8 come le gemme in un riccamo d' oro: 39.18.1 e presso ai paladini alcun perfetto 39.18.2 quanto esser possa al mondo cavalliero, 39.18.3 Guidon Selvaggio, l' intrepido petto, 39.18.4 e i duo famosi figli d' Oliviero. 39.18.5 Io non voglio ridir, ch' io l' ho già detto, 39.18.6 di quel par di donzelle ardito e fiero. 39.18.7 Questi uccidean di genti saracine 39.18.8 tanto, che non v' è numero né fine. 39.19.1 Ma differendo questa pugna alquanto, 39.19.2 io vo' passar senza navilio il mare. 39.19.3 Non ho con quei di Francia da far tanto, 39.19.4 ch' io non m' abbia d' Astolfo a ricordare. 39.19.5 La grazia che gli diè l' apostol santo 39.19.6 io v' ho già detto, e detto aver mi pare, 39.19.7 che 'l re Branzardo e il re de l' Algazera 39.19.8 per girli incontra armasse ogni sua schiera. 39.20.1 Furon di quei ch' aver poteano in fretta, 39.20.2 le schiere di tutta Africa raccolte, 39.20.3 non men d' inferma età che di perfetta; 39.20.4 quasi ch' ancor le femine fur tolte. 39.20.5 Agramante ostinato alla vendetta 39.20.6 avea già vòta l' Africa due volte. 39.20.7 Poche genti rimase erano, e quelle 39.20.8 esercito facean timido e imbelle. 39.21.1 Ben lo mostrâr; che gli nimici a pena 39.21.2 vider lontan, che se n' andaron rotti. 39.21.3 Astolfo, come pecore, li mena 39.21.4 dinanzi ai suoi di guerreggiar più dotti, 39.21.5 e fa restarne la campagna piena: 39.21.6 pochi a Biserta se ne son ridotti. 39.21.7 Prigion rimase Bucifar gagliardo; 39.21.8 salvossi ne la terra il re Branzardo, 39.22.1 via più dolente sol di Bucifaro, 39.22.2 che se tutto perduto avesse il resto. 39.22.3 Biserta è grande, e farle gran riparo 39.22.4 bisogna, e senza lui mal può far questo: 39.22.5 poterlo riscattar molto avria caro. 39.22.6 Mentre vi pensa e ne sta afflitto e mesto, 39.22.7 gli viene in mente come tien prigione 39.22.8 già molti mesi il paladin Dudone. 39.23.1 Lo prese sotto a Monaco in riviera 39.23.2 il re di Sarza nel primo passaggio. 39.23.3 Da indi in qua prigion sempre stato era 39.23.4 Dudon che del Danese fu lignaggio. 39.23.5 Mutar costui col re de l' Algazera 39.23.6 pensò Branzardo, e ne mandò messaggio 39.23.7 al capitan de' Nubi, perché intese 39.23.8 per vera spia ch' egli era Astolfo inglese. 39.24.1 Essendo Astolfo paladin, comprende 39.24.2 che dee aver caro un paladino sciorre. 39.24.3 Il gentil duca, come il caso intende, 39.24.4 col re Branzardo in un voler concorre. 39.24.5 Liberato Dudon, grazie ne rende 39.24.6 al duca, e seco si mette a disporre 39.24.7 le cose che appertengono alla guerra, 39.24.8 così quelle da mar, come da terra. 39.25.1 Avendo Astolfo esercito infinito 39.25.2 da non gli far sette Afriche difesa; 39.25.3 e rammentando come fu ammonito 39.25.4 dal santo vecchio che gli diè l' impresa 39.25.5 di tor Provenza e d' Acquamorta il lito 39.25.6 di man di Saracin che l' avean presa; 39.25.7 d' una gran turba fece nuova eletta, 39.25.8 quella ch' al mar gli parve manco inetta. 39.26.1 Et avendosi piene ambe le palme, 39.26.2 quanto potean capir, di varie fronde 39.26.3 a lauri, a cedri tolte, a olive, a palme, 39.26.4 venne sul mare, e le gittò ne l' onde. 39.26.5 Oh felici, e dal ciel ben dilette alme! 39.26.6 Grazia che Dio raro a' mortali infonde! 39.26.7 Oh stupendo miracolo che nacque 39.26.8 di quelle frondi, come fur ne l' acque! 39.27.1 Crebbero in quantità fuor d' ogni stima; 39.27.2 si feron curve e grosse e lunghe e gravi; 39.27.3 le vene ch' attraverso aveano prima, 39.27.4 mutaro in dure spranghe e in grosse travi: 39.27.5 e rimanendo acute invêr la cima, 39.27.6 tutte in un tratto diventaro navi 39.27.7 di differenti qualitadi, e tante, 39.27.8 quante raccolte fur da varie piante. 39.28.1 Miracol fu veder le fronde sparte 39.28.2 produr fuste, galee, navi da gabbia. 39.28.3 Fu mirabile ancor, che vele e sarte 39.28.4 e remi avean, quanto alcun legno n' abbia. 39.28.5 Non mancò al duca poi chi avesse l' arte 39.28.6 di governarsi alla ventosa rabbia; 39.28.7 che di Sardi e di Corsi non remoti, 39.28.8 nocchier, padron, pennesi ebbe e piloti. 39.29.1 Quelli che entraro in mar, contati fôro 39.29.2 ventisei mila, e gente d' ogni sorte. 39.29.3 Dudon andò per capitano loro, 39.29.4 cavallier saggio, e in terra e in acqua forte. 39.29.5 Stava l' armata ancora al lito moro, 39.29.6 miglior vento aspettando, che la porte, 39.29.7 quando un navilio giunse a quella riva, 39.29.8 che di presi guerrier carco veniva. 39.30.1 Portava quei ch' al periglioso ponte, 39.30.2 ove alle giostre il campo era sì stretto, 39.30.3 pigliato avea l' audace Rodomonte, 39.30.4 come più volte io v' ho di sopra detto. 39.30.5 Il cognato tra questi era del conte, 39.30.6 e 'l fedel Brandimarte e Sansonetto, 39.30.7 et altri ancor, che dir non mi bisogna, 39.30.8 d' Alemagna, d' Italia e di Guascogna. 39.31.1 Quivi il nocchier, ch' ancor non s' era accorto 39.31.2 degli inimici, entrò con la galea, 39.31.3 lasciando molte miglia a dietro il porto 39.31.4 d' Algieri, ove calar prima volea, 39.31.5 per un vento gagliardo ch' era sorto, 39.31.6 e spinto oltre il dover la poppa avea. 39.31.7 Venir tra i suoi credette e in loco fido, 39.31.8 come vien Progne al suo loquace nido. 39.32.1 Ma come poi l' imperïale augello, 39.32.2 i gigli d' oro e i pardi vide appresso, 39.32.3 restò pallido in faccia, come quello 39.32.4 che 'l piede incauto d' improviso ha messo 39.32.5 sopra il serpente venenoso e fello, 39.32.6 dal pigro sonno in mezzo l' erbe oppresso; 39.32.7 che spaventato e smorto si ritira, 39.32.8 fuggendo quel, ch' è pien di tòsco e d' ira. 39.33.1 Già non poté fuggir quindi il nocchiero, 39.33.2 né tener seppe i prigion suoi di piatto. 39.33.3 Con Brandimarte fu, con Oliviero, 39.33.4 con Sansonetto e con molti altri tratto 39.33.5 ove dal duca e dal figliuol d' Uggiero 39.33.6 fu lieto viso agli suo' amici fatto; 39.33.7 e per mercede lui che li condusse, 39.33.8 vòlson che condannato al remo fusse. 39.34.1 Come io vi dico, dal figliuol d' Otone 39.34.2 i cavallier cristian furon ben visti, 39.34.3 e di mensa onorati al padiglione, 39.34.4 d' arme e di ciò che bisognò provisti. 39.34.5 Per amor d' essi differì Dudone 39.34.6 l' andata sua; che non minori acquisti 39.34.7 di ragionar con tai baroni estima, 39.34.8 che d' esser gito uno o duo giorni prima. 39.35.1 In che stato, in che termine si trove 39.35.2 e Francia e Carlo, instruzïon vera ebbe; 39.35.3 e dove più sicuramente, e dove, 39.35.4 per far miglior effetto, calar debbe. 39.35.5 Mentre da lor venìa intendendo nuove, 39.35.6 s' udì un rumor che tuttavia più crebbe; 39.35.7 e un dar all' arme ne seguì sì fiero, 39.35.8 che fece a tutti far più d' un pensiero. 39.36.1 Il duca Astolfo e la compagnia bella, 39.36.2 che ragionando insieme si trovaro, 39.36.3 in un momento armati furo e in sella, 39.36.4 e verso il maggior grido in fretta andaro, 39.36.5 di qua di là cercando pur novella 39.36.6 di quel romore; e in loco capitaro, 39.36.7 ove videro un uom tanto feroce, 39.36.8 che nudo e solo a tutto 'l campo nuoce. 39.37.1 Menava un suo baston di legno in volta, 39.37.2 che era sì duro e sì grave e sì fermo, 39.37.3 che declinando quel, facea ogni volta 39.37.4 cader in terra un uom peggio ch' infermo. 39.37.5 Già a più di cento avea la vita tolta; 39.37.6 né più se gli facea riparo o schermo, 39.37.7 se non tirando di lontan saette: 39.37.8 d' appresso non è alcun già che l' aspette. 39.38.1 Dudone, Astolfo, Brandimarte, essendo 39.38.2 corso in fretta al romore, et Oliviero, 39.38.3 de la gran forza e del valor stupendo 39.38.4 stavan maravigliosi di quel fiero; 39.38.5 quando venir s' un palafren correndo 39.38.6 videro una donzella in vestir nero, 39.38.7 che corse a Brandimarte e salutollo, 39.38.8 e gli alzò a un tempo ambe le braccia al collo. 39.39.1 Questa era Fiordiligi, che sì acceso 39.39.2 avea d' amor per Brandimarte il core, 39.39.3 che quando al ponte stretto il lasciò preso, 39.39.4 vicina ad impazzar fu di dolore. 39.39.5 Di là dal mare era passata, inteso 39.39.6 avendo dal pagan che ne fu autore, 39.39.7 che mandato con molti cavallieri 39.39.8 era prigion ne la città d' Algieri. 39.40.1 Quando fu per passare, avea trovato 39.40.2 a Marsilia una nave di Levante, 39.40.3 ch' un vecchio cavalliero avea portato 39.40.4 de la famiglia del re Monodante; 39.40.5 il qual molte provincie avea cercato, 39.40.6 quando per mar, quando per terra errante, 39.40.7 per trovar Brandimarte; che nuova ebbe 39.40.8 tra via di lui, ch' in Francia il troverebbe. 39.41.1 Et ella, conosciuto che Bardino 39.41.2 era costui, Bardino che rapito 39.41.3 al padre Brandimarte piccolino, 39.41.4 et a Ròcca Silvana avea notrito, 39.41.5 e la cagione intesa del camino, 39.41.6 seco fatto l' avea scioglier dal lito, 39.41.7 avendogli narrato in che maniera 39.41.8 Brandimarte passato in Africa era. 39.42.1 Tosto che furo a terra, udîr le nuove, 39.42.2 ch' assediata d' Astolfo era Biserta: 39.42.3 che seco Brandimarte si ritrove 39.42.4 udito avean, ma non per cosa certa. 39.42.5 Or Fiordiligi in tal fretta si muove, 39.42.6 come lo vede, che ben mostra aperta 39.42.7 quella allegrezza ch' i precessi guai 39.42.8 le fêro la maggior ch' avesse mai. 39.43.1 Il gentil cavallier, non men giocondo 39.43.2 di veder la diletta e fida moglie 39.43.3 ch' amava più che cosa altra del mondo, 39.43.4 l' abraccia e stringe e dolcemente accoglie: 39.43.5 né per saziare al primo né al secondo 39.43.6 né al terzo bacio era l' accese voglie; 39.43.7 se non ch' alzando gli occhi ebbe veduto 39.43.8 Bardin che con la donna era venuto. 39.44.1 Stese le mani, et abbracciar lo volle, 39.44.2 e insieme domandar perché venìa; 39.44.3 ma di poterlo far tempo gli tolle 39.44.4 il campo ch' in disordine fuggia 39.44.5 dinanzi a quel baston che 'l nudo folle 39.44.6 menava intorno, e gli facea dar via. 39.44.7 Fiordiligi mirò quel nudo in fronte, 39.44.8 e gridò a Brandimarte: -- Eccovi il conte! -- 39.45.1 Astolfo tutto a un tempo, ch' era quivi, 39.45.2 che questo Orlando fosse, ebbe palese 39.45.3 per alcun segno che dai vecchi divi 39.45.4 su nel terrestre paradiso intese. 39.45.5 Altrimente restavan tutti privi 39.45.6 di cognizion di quel signor cortese; 39.45.7 che per lungo sprezzarsi, come stolto, 39.45.8 avea di fera, più che d' uomo, il volto. 39.46.1 Astolfo per pietà che gli trafisse 39.46.2 il petto e il cor, si volse lacrimando; 39.46.3 et a Dudon (che gli era appresso) disse, 39.46.4 et indi ad Oliviero: -- Eccovi Orlando! -- 39.46.5 Quei gli occhi alquanto e le palpèbre fisse 39.46.6 tenendo in lui, l' andâr raffigurando; 39.46.7 e 'l ritrovarlo in tal calamitade, 39.46.8 gli empì di maraviglia e di pietade. 39.47.1 Piangeano quei signor per la più parte: 39.47.2 sì lor ne dolse, e lor ne 'ncrebbe tanto. 39.47.3 -- Tempo è (lor disse Astolfo) trovar arte 39.47.4 di risanarlo, e non di fargli il pianto. -- 39.47.5 E saltò a piedi, e così Brandimarte, 39.47.6 Sansonetto, Oliviero e Dudon santo; 39.47.7 e s' aventaro al nipote di Carlo 39.47.8 tutti in un tempo; che volean pigliarlo. 39.48.1 Orlando che si vide fare il cerchio, 39.48.2 menò il baston da disperato e folle; 39.48.3 et a Dudon che si facea coperchio 39.48.4 al capo de lo scudo et entrar volle, 39.48.5 fe' sentir ch' era grave di soperchio: 39.48.6 e se non che Olivier col brando tolle 39.48.7 parte del colpo, avria il bastone ingiusto 39.48.8 rotto lo scudo, l' elmo, il capo e il busto. 39.49.1 Lo scudo roppe solo, e su l' elmetto 39.49.2 tempestò sì, che Dudon cadde in terra. 39.49.3 Menò la spada a un tempo Sansonetto; 39.49.4 e del baston più di duo braccia afferra 39.49.5 con valor tal, che tutto il taglia netto. 39.49.6 Brandimante ch' adosso se gli serra, 39.49.7 gli cinge i fianchi, quanto può, con ambe 39.49.8 le braccia, e Astolfo il piglia ne le gambe. 39.50.1 Scuotesi Orlando, e lungi dieci passi 39.50.2 da sé l' Inglese fe' cader riverso: 39.50.3 non fa però che Brandimarte il lassi, 39.50.4 che con più forza l' ha preso a traverso. 39.50.5 Ad Olivier che troppo inanzi fassi, 39.50.6 menò un pugno sì duro e sì perverso, 39.50.7 che lo fe' cader pallido et esangue, 39.50.8 e dal naso e dagli occhi uscirgli il sangue. 39.51.1 E se non era l' elmo più che buono, 39.51.2 ch' avea Olivier, l' avria quel pugno ucciso: 39.51.3 cadde però, come se fatto dono 39.51.4 avesse de lo spirto al paradiso. 39.51.5 Dudone e Astolfo che levati sono, 39.51.6 ben che Dudone abbia gonfiato il viso, 39.51.7 e Sansonetto che 'l bel colpo ha fatto, 39.51.8 adosso a Orlando son tutti in un tratto. 39.52.1 Dudon con gran vigor dietro l' abbraccia, 39.52.2 pur tentando col piè farlo cadere: 39.52.3 Astolfo e gli altri gli han prese le braccia, 39.52.4 né lo puon tutti insieme anco tenere. 39.52.5 C' ha visto toro a cui si dia la caccia, 39.52.6 e ch' alle orecchie abbia le zanne fiere, 39.52.7 correr mugliando, e trarre ovunque corre 39.52.8 i cani seco, e non potersi sciorre; 39.53.1 imagini ch' Orlando fosse tale, 39.53.2 che tutti quei guerrier seco traea. 39.53.3 In quel tempo Olivier di terra sale, 39.53.4 là dove steso il gran pugno l' avea; 39.53.5 e visto che così si potea male 39.53.6 far di lui quel ch' Astolfo far volea, 39.53.7 si pensò un modo, et ad effetto il messe, 39.53.8 di far cader Orlando, e gli successe. 39.54.1 Si fe' quivi arrecar più d' una fune, 39.54.2 e con nodi correnti adattò presto; 39.54.3 et alle gambe et alle braccia alcune 39.54.4 fe' porre al conte, et a traverso il resto. 39.54.5 Di quelle i capi poi partì in commune, 39.54.6 e li diede a tenere a quello e a questo. 39.54.7 Per quella via che maniscalco atterra 39.54.8 cavallo o bue, fu tratto Orlando in terra. 39.55.1 Come egli è in terra, gli son tutti adosso, 39.55.2 e gli legan più forte e piedi e mani. 39.55.3 Assai di qua di là s' è Orlando scosso, 39.55.4 ma sono i suoi risforzi tutti vani. 39.55.5 Commanda Astolfo che sia quindi mosso, 39.55.6 che dice voler far che si risani. 39.55.7 Dudon ch' è grande, il leva in su le schene, 39.55.8 e porta al mar sopra l' estreme arene. 39.56.1 Lo fa lavar Astolfo sette volte, 39.56.2 e sette volte sotto acqua l' attuffa; 39.56.3 sì che dal viso e da le membra stolte 39.56.4 leva la brutta rugine e la muffa: 39.56.5 poi con certe erbe, a questo effetto colte, 39.56.6 la bocca chiuder fa, che soffia e buffa; 39.56.7 che non volea ch' avesse altro meato 39.56.8 onde spirar, che per lo naso, il fiato. 39.57.1 Aveasi Astolfo apparecchiato il vaso 39.57.2 in che il senno d' Orlando era rinchiuso; 39.57.3 e quello in modo appropinquògli al naso, 39.57.4 che nel tirar che fece il fiato in suso, 39.57.5 tutto il votò: maraviglioso caso! 39.57.6 che ritornò la mente al primier uso; 39.57.7 e ne' suoi bei discorsi l' intelletto 39.57.8 rivenne, più che mai lucido e netto. 39.58.1 Come chi da noioso e grave sonno, 39.58.2 ove o vedere abominevol forme 39.58.3 di mostri che non son, né ch' esser ponno, 39.58.4 o gli par cosa far strana et enorme, 39.58.5 ancor si maraviglia, poi che donno 39.58.6 è fatto de' suoi sensi, e che non dorme; 39.58.7 così, poi che fu Orlando d' error tratto, 39.58.8 restò maraviglioso e stupefatto. 39.59.1 E Brandimarte, e il fratel d' Aldabella, 39.59.2 e quel che 'l senno in capo gli ridusse, 39.59.3 pur pensando riguarda, e non favella, 39.59.4 come egli quivi e quando si condusse. 39.59.5 Girava gli occhi in questa parte e in quella, 39.59.6 né sapea imaginar dove si fusse. 39.59.7 Si maraviglia che nudo si vede, 39.59.8 e tante funi ha da le spalle al piede. 39.60.1 Poi disse, come già disse Sileno 39.60.2 a quei che lo legâr nel cavo speco: 39.60.3 --Solvite me, -- con viso sì sereno, 39.60.4 con guardo sì men de l' usato bieco, 39.60.5 che fu slegato; e de' panni ch' avieno 39.60.6 fatti arrecar participaron seco, 39.60.7 consolandolo tutti del dolore, 39.60.8 che lo premea, di quel passato errore. 39.61.1 Poi che fu all' esser primo ritornato 39.61.2 Orlando più che mai saggio e virile, 39.61.3 d' amor si trovò insieme liberato; 39.61.4 sì che colei, che sì bella e gentile 39.61.5 gli parve dianzi, e ch' avea tanto amato, 39.61.6 non stima più se non per cosa vile. 39.61.7 Ogni suo studio, ogni disio rivolse 39.61.8 a racquistar quanto già amor gli tolse. 39.62.1 Narrò Bardino intanto a Brandimarte, 39.62.2 che morto era il suo padre Monodante; 39.62.3 e che a chiamarlo al regno egli da parte 39.62.4 veniva prima del fratel Gigliante, 39.62.5 poi de le genti ch' abitan le sparte 39.62.6 isole in mare, e l' ultime in Levante; 39.62.7 di che non era un altro regno al mondo 39.62.8 sì ricco, populoso, o sì giocondo. 39.63.1 Disse, tra più ragion che dovea farlo, 39.63.2 che dolce cosa era la patria; e quando 39.63.3 si disponesse di voler gustarlo, 39.63.4 avria poi sempre in odio andare errando. 39.63.5 Brandimarte rispose voler Carlo 39.63.6 servir per tutta questa guerra e Orlando; 39.63.7 e se potea vederne il fin, che poi 39.63.8 penseria meglio sopra i casi suoi. 39.64.1 Il dì seguente la sua armata spinse 39.64.2 verso Provenza il figlio del Danese. 39.64.3 Indi Orlando col duca si ristrinse, 39.64.4 et in che stato era la guerra, intese: 39.64.5 tutta Biserta poi d' assedio cinse, 39.64.6 dando però l' onore al duca inglese 39.64.7 d' ogni vittoria; ma quel duca il tutto 39.64.8 facea, come dal conte venia instrutto. 39.65.1 Ch' ordine abbian tra lor, come s' assaglia 39.65.2 la gran Biserta, e da che lato e quando, 39.65.3 come fu presa alla prima battaglia, 39.65.4 chi ne l' onor parte ebbe con Orlando, 39.65.5 s' io non vi seguito ora, non vi caglia; 39.65.6 ch' io non me ne vo molto dilungando. 39.65.7 In questo mezzo di saper vi piaccia, 39.65.8 come dai Franchi i Mori hanno la caccia. 39.66.1 Fu quasi il re Agramante abbandonato 39.66.2 nel pericol maggior di quella guerra; 39.66.3 che con molti pagani era tornato 39.66.4 Marsilio e 'l re Sobrin dentro alla terra; 39.66.5 poi su l' armata è questo e quel montato, 39.66.6 che dubbio avean di non salvarsi in terra; 39.66.7 e duci e cavallier del popul Moro 39.66.8 molti seguito avean l' esempio loro. 39.67.1 Pure Agramante la pugna sostiene; 39.67.2 e quando finalmente più non puote, 39.67.3 volta le spalle, e la via dritta tiene 39.67.4 alle porte non troppo indi remote. 39.67.5 Rabican dietro in gran fretta gli viene, 39.67.6 che Bradamante stimola e percuote: 39.67.7 d' ucciderlo era disïosa molto; 39.67.8 che tante volte il suo Ruggier le ha tolto. 39.68.1 Il medesmo desir Marfisa avea, 39.68.2 per far del padre suo tarda vendetta; 39.68.3 e con gli sproni, quanto più potea, 39.68.4 facea il destrier sentir ch' ella avea fretta. 39.68.5 Ma né l' una né l' altra vi giungea 39.68.6 sì a tempo, che la via fosse intercetta 39.68.7 al re d' entrar ne la città serrata, 39.68.8 et indi poi salvarsi in su l' armata. 39.69.1 Come due belle e generose parde 39.69.2 che fuor del lascio sien di pari uscite, 39.69.3 poscia ch' i cervi o le capre gagliarde 39.69.4 indarno aver si veggano seguite, 39.69.5 vergognandosi quasi, che fur tarde, 39.69.6 sdegnose se ne tornano e pentite; 39.69.7 così tornâr le due donzelle, quando 39.69.8 videro il pagan salvo, sospirando. 39.70.1 Non però si fermâr; ma ne la frotta 39.70.2 degli altri che fuggivano cacciârsi, 39.70.3 di qua di là facendo ad ogni botta 39.70.4 molti cader senza mai più levarsi. 39.70.5 A mal partito era la gente rotta, 39.70.6 che per fuggir non potea ancor salvarsi; 39.70.7 ch' Agramante avea fatto per suo scampo 39.70.8 chiuder la porta ch' uscia verso il campo, 39.71.1 e fatto sopra il Rodano tagliare 39.71.2 i ponti tutti. Ah sfortunata plebe, 39.71.3 che dove del tiranno utile appare, 39.71.4 sempre è in conto di pecore e di zebe! 39.71.5 Chi s' affoga nel fiume e chi nel mare, 39.71.6 chi sanguinose fa di sé le glebe. 39.71.7 Molti perîr, pochi restâr prigioni; 39.71.8 che pochi a farsi taglia erano buoni. 39.72.1 De la gran moltitudine ch' uccisa 39.72.2 fu da ogni parte in questa ultima guerra 39.72.3 (ben che la cosa non fu ugual divisa; 39.72.4 ch' assai più andâr dei Saracin sotterra 39.72.5 per man di Bradamante e di Marfisa), 39.72.6 se ne vede ancor segno in quella terra; 39.72.7 che presso ad Arli, ove il Rodano stagna, 39.72.8 piena di sepolture è la campagna. 39.73.1 Fatto avea intanto il re Agramante sciorre, 39.73.2 e ritirar in alto i legni gravi, 39.73.3 lasciando alcuni, e i più leggieri, a tôrre 39.73.4 quei che volean salvarsi in su le navi. 39.73.5 Vi ste' duo dì per chi fuggia raccorre, 39.73.6 e perché venti eran contrari e pravi: 39.73.7 fece lor dar le vele il terzo giorno; 39.73.8 ch' in Africa credea di far ritorno. 39.74.1 Il re Marsilio che sta in gran paura 39.74.2 ch' alla sua Spagna il fio pagar non tocche, 39.74.3 e la tempesta orribilmente oscura 39.74.4 sopra suoi campi all' ultimo non scocche; 39.74.5 si fe' porre a Valenza, e con gran cura 39.74.6 cominciò a riparar castella e ròcche, 39.74.7 e preparar la guerra che fu poi 39.74.8 la sua ruina e degli amici suoi. 39.75.1 Verso Africa Agramante alzò le vele 39.75.2 de' legni male armati, e vòti quasi; 39.75.3 d' uomini vòti, e pieni di querele, 39.75.4 perch' in Francia i tre quarti eran rimasi. 39.75.5 Chi chiama il re superbo, chi crudele, 39.75.6 chi stolto; e come avviene in simil casi, 39.75.7 tutti gli voglion mal ne' lor secreti; 39.75.8 ma timor n' hanno, e stan per forza cheti. 39.76.1 Pur duo talora o tre schiudon le labbia, 39.76.2 ch' amici sono, e che tra lor s' han fede, 39.76.3 e sfogano la còlera e la rabbia; 39.76.4 e 'l misero Agramante ancor si crede 39.76.5 ch' ognun gli porti amore, e pietà gli abbia: 39.76.6 e questo gl' intervien, perché non vede 39.76.7 mai visi se non finti, e mai non ode 39.76.8 se non adulazion, menzogne e frode. 39.77.1 Erasi consigliato il re africano 39.77.2 di non smontar nel porto di Biserta, 39.77.3 però ch' avea del popul nubïano, 39.77.4 che quel lito tenea, novella certa; 39.77.5 ma tenersi di sopra sì lontano, 39.77.6 che non fosse acre la discesa et erta; 39.77.7 mettersi in terra, e ritornare al dritto 39.77.8 a dar soccorso al suo populo afflitto. 39.78.1 Ma il suo fiero destin che non risponde 39.78.2 a quella intenzïon provida e saggia, 39.78.3 vuol che l' armata che nacque di fronde 39.78.4 miracolosamente ne la spiaggia, 39.78.5 e vien solcando inverso Francia l' onde, 39.78.6 con questa ad incontrar di notte s' aggia, 39.78.7 a nubiloso tempo, oscuro e tristo, 39.78.8 perché sia in più disordine sprovisto. 39.79.1 Non ha avuto Agramante ancora spia, 39.79.2 ch' Astolfo mandi una armata sì grossa; 39.79.3 né creduto anco a chi 'l dicesse, avria, 39.79.4 che cento navi un ramuscel far possa: 39.79.5 e vien senza temer ch' intorno sia 39.79.6 che contra lui s' ardisca di far mossa; 39.79.7 né pone guardie né veletta in gabbia, 39.79.8 che di ciò che si scuopre avisar abbia. 39.80.1 Sì che i navili che d' Astolfo avuti 39.80.2 avea Dudon, di buona gente armati, 39.80.3 e che la sera avean questi veduti, 39.80.4 et alla volta lor s' eran drizzati, 39.80.5 assalîr gli nimici sproveduti, 39.80.6 gittaro i ferri, e sonsi incatenati, 39.80.7 poi ch' al parlar certificati fôro, 39.80.8 ch' erano Mori e gli nimici loro. 39.81.1 Ne l' arrivar che i gran navili fenno 39.81.2 (spirando il vento a' lor desir secondo), 39.81.3 nei Saracin con tale impeto denno, 39.81.4 che molti legni ne cacciaro al fondo. 39.81.5 Poi cominciaro oprar le mani e il senno, 39.81.6 e ferro e fuoco e sassi di gran pondo 39.81.7 tirar con tanta e sì fiera tempesta, 39.81.8 che mai non ebbe il mar simile a questa. 39.82.1 Quei di Dudone, a cui possanza e ardire 39.82.2 più del solito è lor dato di sopra 39.82.3 (che venuto era il tempo di punire 39.82.4 i Saracin di più d' una mal' opra), 39.82.5 sanno appresso e lontan sì ben ferire, 39.82.6 che non trova Agramante ove si cuopra. 39.82.7 Gli cade sopra un nembo di saette; 39.82.8 da lato ha spade e graffi e picche e accette. 39.83.1 D' alto cader sente gran sassi e gravi 39.83.2 da machine cacciati e da tormenti; 39.83.3 e prore e poppe fraccassar de navi, 39.83.4 et aprire usci al mar larghi e patenti; 39.83.5 e 'l maggior danno è de l' incendi pravi, 39.83.6 a nascer presti, ad ammorzarsi lenti. 39.83.7 La sfortunata ciurma si vuol tôrre 39.83.8 del gran periglio, e via più ognor vi corre. 39.84.1 Altri che 'l ferro e l' inimico caccia, 39.84.2 nel mar si getta, e vi s' affoga e resta: 39.84.3 altri che muove a tempo piedi e braccia, 39.84.4 va per salvarsi o in quella barca o in questa; 39.84.5 ma quella, grave oltre il dover, lo scaccia, 39.84.6 e la man, per salir troppo molesta, 39.84.7 fa restare attaccata ne la sponda: 39.84.8 ritorna il resto a far sanguigna l' onda. 39.85.1 Altri che spera in mar salvar la vita, 39.85.2 o perderlavi almen con minor pena, 39.85.3 poi che notando non ritrova aita, 39.85.4 e mancar sente l' animo e la lena, 39.85.5 alla vorace fiamma c' ha fuggita, 39.85.6 la tema di annegarsi anco rimena: 39.85.7 s' abbraccia a un legno ch' arde, e per timore 39.85.8 c' ha di due morte, in ambe se ne muore. 39.86.1 Altri per tema di spiedo o d' accetta 39.86.2 che vede appresso, al mar ricorre invano, 39.86.3 perché dietro gli vien pietra o saetta 39.86.4 che non lo lascia andar troppo lontano. 39.86.5 Ma saria forse, mentre che diletta 39.86.6 il mio cantar, consiglio utile e sano 39.86.7 di finirlo, più tosto che seguire 39.86.8 tanto, che v' annoiasse il troppo dire.
CANTO XL
40.1.1 Lungo sarebbe, se i diversi casi 40.1.2 volessi dir di quel naval conflitto; 40.1.3 e raccontarlo a voi mi parria quasi, 40.1.4 magnanimo figliuol d' Ercole invitto, 40.1.5 portar, come si dice, a Samo vasi, 40.1.6 nottole ' Atene, e crocodili a Egitto; 40.1.7 che quanto per udita io ve ne parlo, 40.1.8 Signor, miraste, e fêste altrui mirarlo. 40.2.1 Ebbe lungo spettacolo il fedele 40.2.2 vostro popul la notte e 'l dì che stette, 40.2.3 come in teatro, l' inimiche vele 40.2.4 mirando in Po tra ferro e fuoco astrette. 40.2.5 Che gridi udir si possano e querele, 40.2.6 ch' onde veder di sangue umano infette, 40.2.7 per quanti modi in tal pugna si muora 40.2.8 vedeste, e a molti il dimostraste allora. 40.3.1 Nol vide io già, ch' era sei giorni inanti, 40.3.2 mutando ogn' ora altre vetture, corso 40.3.3 con molta fretta e molta ai piedi santi 40.3.4 del gran Pastore a domandar soccorso: 40.3.5 poi né cavalli bisognâr né fanti; 40.3.6 ch' intanto al Leon d' or l' artiglio e 'l morso 40.3.7 fu da voi rotto sì, che più molesto 40.3.8 non l' ho sentito da quel giorno a questo. 40.4.1 Ma Alfonsin Trotto il qual si trovò in fatto, 40.4.2 Annibal e Pier Moro e Afranio e Alberto, 40.4.3 e tre Arïosti, e il Bagno e il Zerbinatto 40.4.4 tanto me ne contâr, ch' io ne fui certo: 40.4.5 me ne chiarîr poi le bandiere affatto, 40.4.6 vistone al tempio il gran numero offerto, 40.4.7 e quindice galee ch' a queste rive 40.4.8 con mille legni star vidi captive. 40.5.1 Chi vide quelli incendii e quei naufragi, 40.5.2 le tante uccisïoni e sì diverse, 40.5.3 che, vendicando i nostri arsi palagi, 40.5.4 fin che fu preso ogni navilio, fêrse; 40.5.5 potrà veder le morti anco e i disagi 40.5.6 che 'l miser popul d' Africa sofferse 40.5.7 col re Agramante in mezzo l' onde salse, 40.5.8 la scura notte che Dudon l' assalse. 40.6.1 Era la notte, e non si vedea lume, 40.6.2 quando s' incominciâr l' aspre contese: 40.6.3 ma poi che 'l zolfo e la pece e 'l bitume 40.6.4 sparso in gran copia, ha prore e sponde accese, 40.6.5 e la vorace fiamma arde e consume 40.6.6 le navi e le galee poco difese; 40.6.7 sì chiaramente ognun si vedea intorno, 40.6.8 che la notte parea mutata in giorno. 40.7.1 Onde Agramante che per l' aer scuro 40.7.2 non avea l' inimico in sì gran stima, 40.7.3 né aver contrasto si credea sì duro, 40.7.4 che, resistendo, al fin non lo reprima; 40.7.5 poi che rimosse le tenèbre furo, 40.7.6 e vide quel che non credeva in prima, 40.7.7 che le navi nimiche eran duo tante, 40.7.8 fece pensier diverso a quel d' avante. 40.8.1 Smonta con pochi, ove in più lieve barca 40.8.2 ha Brigliadoro e l' altre cose care. 40.8.3 Tra legno e legno taciturno varca, 40.8.4 fin che si trova in più sicuro mare 40.8.5 da' suoi lontan, che Dudon preme e carca, 40.8.6 e mena a condizioni acri et amare. 40.8.7 Gli arde il foco, il mar sorbe, il ferro strugge: 40.8.8 egli che n' è cagion, via se ne fugge. 40.9.1 Fugge Agramante, et ha con lui Sobrino, 40.9.2 con cui si duol di non gli aver creduto, 40.9.3 quando previde con occhio divino, 40.9.4 e 'l mal gli annunzïò, ch' or gli è avvenuto. 40.9.5 Ma torniamo ad Orlando paladino, 40.9.6 che, prima che Biserta abbia altro aiuto, 40.9.7 consiglia Astolfo che la getti in terra, 40.9.8 sì che a Francia mai più non faccia guerra. 40.10.1 E così fu publicamente detto 40.10.2 che 'l campo in arme al terzo dì sia instrutto. 40.10.3 Molti navili Astolfo a questo effetto 40.10.4 tenuti avea, né Dudon n' ebbe il tutto; 40.10.5 di quai diede il governo a Sansonetto, 40.10.6 sì buon guerrier al mar come all' asciutto: 40.10.7 e quel si pose, in su l' ancore sorto, 40.10.8 contra a Biserta, un miglio appresso al porto. 40.11.1 Come veri cristiani Astolfo e Orlando, 40.11.2 che senza Dio non vanno a rischio alcuno, 40.11.3 ne l' esercito fan publico bando, 40.11.4 che sieno orazïon fatte e digiuno; 40.11.5 e che si trovi il terzo giorno, quando 40.11.6 si darà il segno, apparecchiato ogniuno 40.11.7 per espugnar Biserta, che data hanno, 40.11.8 vinta che s' abbia, a fuoco e a saccomanno. 40.12.1 E così, poi che le astinenzie e i voti 40.12.2 devotamente celebrati fôro, 40.12.3 parenti, amici, e gli altri insieme noti 40.12.4 si cominciaro a convitar tra loro. 40.12.5 Dato restauro a' corpi esausti e vòti, 40.12.6 abbracciandosi insieme lacrimoro, 40.12.7 tra loro usando i modi e le parole 40.12.8 che tra i più cari al dipartir si suole. 40.13.1 Dentro a Biserta i sacerdoti santi 40.13.2 supplicando col populo dolente, 40.13.3 battonsi il petto, e con dirotti pianti 40.13.4 chiamano il lor Macon che nulla sente. 40.13.5 Quante vigilie, quante offerte, quanti 40.13.6 doni promessi son privatamente! 40.13.7 quanto in publico templi, statue, altari, 40.13.8 memoria eterna de' lor casi amari! 40.14.1 E poi che dal Cadì fu benedetto, 40.14.2 prese il populo l' arme, e tornò al muro. 40.14.3 Ancor giacea col suo Titon nel letto 40.14.4 la bella Aurora, et era il cielo oscuro, 40.14.5 quando Astolfo da un canto, e Sansonetto 40.14.6 da un altro, armati agli ordini lor furo: 40.14.7 e poi che 'l segno che diè il conte udiro, 40.14.8 Biserta con grande impeto assaliro. 40.15.1 Avea Biserta da duo canti il mare, 40.15.2 sedea dagli altri duo nel lito asciutto. 40.15.3 Con fabrica eccellente e singulare 40.15.4 fu antiquamente il suo muro construtto. 40.15.5 Poco altro ha che l' aiuti o la ripare; 40.15.6 che poi che 'l re Branzardo fu ridutto 40.15.7 dentro da quella, pochi mastri, e poco 40.15.8 poté aver tempo a riparare il loco. 40.16.1 Astolfo dà l' assunto al re de' Neri, 40.16.2 che faccia a' merli tanto nocumento 40.16.3 con falariche, fonde e con arcieri, 40.16.4 che levi d' affacciarsi ogni ardimento; 40.16.5 sì che passin pedoni e cavallieri 40.16.6 fin sotto la muraglia a salvamento, 40.16.7 che vengon, chi di pietre e chi di travi, 40.16.8 chi d' asce e chi d' altra materia gravi. 40.17.1 Chi questa cosa e chi quell' altra getta 40.17.2 dentro alla fossa, e vien di mano in mano; 40.17.3 di cui l' acqua il dì inanzi fu intercetta, 40.17.4 sì che in più parte si scopria il pantano. 40.17.5 Ella fu piena et atturata in fretta, 40.17.6 e fatto uguale insin al muro il piano. 40.17.7 Astolfo, Orlando et Olivier procura 40.17.8 di far salir i fanti in su le mura. 40.18.1 I Nubi d' ogni indugio impazïenti, 40.18.2 da la speranza del guadagno tratti, 40.18.3 non mirando a' pericoli imminenti, 40.18.4 coperti da testuggini e da gatti, 40.18.5 con arïeti e loro altri instrumenti 40.18.6 a forar torri, e porte rompere atti, 40.18.7 tosto si fêro alla città vicini; 40.18.8 né trovaro sprovisti i Saracini: 40.19.1 che ferro e fuoco e merli e tetti gravi 40.19.2 cader facendo a guisa di tempeste, 40.19.3 per forza aprian le tavole e le travi 40.19.4 de le machine in lor danno conteste. 40.19.5 Ne l' aria oscura e nei principii pravi 40.19.6 molto patîr le battezzate teste; 40.19.7 ma poi che 'l sole uscì del ricco albergo, 40.19.8 voltò Fortuna ai Saracini il tergo. 40.20.1 Da tutti i canti risforzar l' assalto 40.20.2 fe' il conte Orlando e da mare e da terra. 40.20.3 Sansonetto ch' avea l' armata in alto, 40.20.4 entrò nel porto e s' accostò alla terra; 40.20.5 e con frombe e con archi facea d' alto, 40.20.6 e con varii tormenti estrema guerra; 40.20.7 e facea insieme espedir lance e scale, 40.20.8 ogni apparecchio e munizion navale. 40.21.1 Facea Oliviero, Orlando e Brandimarte, 40.21.2 e quel che fu sì dianzi in aria ardito, 40.21.3 aspra e fiera battaglia da la parte 40.21.4 che lungi al mare era più dentro al lito. 40.21.5 Ciascun d' essi venìa con una parte 40.21.6 de l' oste che s' avean quadripartito. 40.21.7 Quale a mur, quale a porte, e quale altrove, 40.21.8 tutti davan di sé lucide prove. 40.22.1 Il valor di ciascun meglio si puote 40.22.2 veder così, che se fosser confusi: 40.22.3 chi sia degno di premio e chi di note, 40.22.4 appare inanzi a mill' occhi non chiusi. 40.22.5 Torri di legno trannosi con ruote, 40.22.6 e gli elefanti altre ne portano usi, 40.22.7 che su lor dossi così in alto vanno, 40.22.8 che i merli sotto a molto spazio stanno. 40.23.1 Vien Brandimarte, e pon la scala a' muri, 40.23.2 e sale, e di salir altri conforta: 40.23.3 lo seguon molti intrepidi e sicuri; 40.23.4 che non può dubitar chi l' ha in sua scorta. 40.23.5 Non è chi miri, o chi mirar si curi, 40.23.6 se quella scala il gran peso comporta. 40.23.7 Sol Brandimarte agli nimici attende; 40.23.8 pugnando sale, e al fine un merlo prende. 40.24.1 E con mano e con piè quivi s' attacca, 40.24.2 salta sui merli, e mena il brando in volta, 40.24.3 urta, riversa e fende e fora e ammacca, 40.24.4 e di sé mostra esperïenzia molta. 40.24.5 Ma tutto a un tempo la scala si fiacca, 40.24.6 che troppa soma e di soperchio ha tolta: 40.24.7 e for che Brandimarte, giù nel fosso 40.24.8 vanno sozzopra, e l' uno all' altro adosso. 40.25.1 Per ciò non perde il cavallier l' ardire, 40.25.2 né pensa riportare a dietro il piede; 40.25.3 ben che de' suoi non vede alcun seguire, 40.25.4 ben che berzaglio alla città si vede. 40.25.5 Pregavan molti (e non vòlse egli udire) 40.25.6 che ritornasse; ma dentro si diede: 40.25.7 dico che giù ne la città d' un salto 40.25.8 dal muro entrò, che trenta braccia era alto. 40.26.1 Come trovato avesse o piume o paglia, 40.26.2 presse il duro terren senza alcun danno; 40.26.3 e quei c' ha intorno affrappa e fora e taglia, 40.26.4 come s' affrappa e taglia e fora il panno. 40.26.5 Or contra questi, or contra quei si scaglia; 40.26.6 e quelli e questi in fuga se ne vanno. 40.26.7 Pensano quei di fuor, che l' han veduto 40.26.8 dentro saltar, che tardo fia ogni aiuto. 40.27.1 Per tutto 'l campo alto rumor si spande 40.27.2 di voce in voce, e 'l mormorio e 'l bisbiglio. 40.27.3 La vaga Fama intorno si fa grande, 40.27.4 e narra, et accrescendo va il periglio. 40.27.5 Ove era Orlando (perché da più bande 40.27.6 si dava assalto), ove d' Otone il figlio, 40.27.7 ove Olivier, quella volando venne, 40.27.8 senza posar mai le veloci penne. 40.28.1 Questi guerrier, e più di tutti Orlando, 40.28.2 ch' amano Brandimarte e l' hanno in pregio, 40.28.3 udendo che se van troppo indugiando, 40.28.4 perderanno un compagno così egregio, 40.28.5 piglian le scale, e qua e là montando, 40.28.6 mostrano a gara animo altiero e regio, 40.28.7 con sì audace sembiante e sì gagliardo, 40.28.8 che i nimici tremar fan con lo sguardo. 40.29.1 Come nel mar che per tempesta freme, 40.29.2 assaglion l' acque il temerario legno, 40.29.3 ch' or da la prora, or da le parti estreme 40.29.4 cercano entrar con rabbia e con isdegno; 40.29.5 il pallido nocchier sospira e geme, 40.29.6 ch' aiutar deve, e non ha cor né ingegno; 40.29.7 una onda viene al fin, ch' occupa il tutto, 40.29.8 e dove quella entrò, segue ogni flutto: 40.30.1 così dipoi ch' ebbono presi i muri 40.30.2 questi tre primi, fu sì largo il passo, 40.30.3 che gli altri ormai seguir ponno sicuri, 40.30.4 che mille scale hanno fermate al basso. 40.30.5 Aveano intanto gli arïeti duri 40.30.6 rotto in più lochi, e con sì gran fraccasso, 40.30.7 che si poteva in più che in una parte 40.30.8 soccorrer l' animoso Brandimarte. 40.31.1 Con quel furor che 'l re de' fiumi altiero, 40.31.2 quando rompe talvolta argini e sponde, 40.31.3 e che nei campi Ocnei s' apre il sentiero, 40.31.4 e i grassi solchi e le biade feconde, 40.31.5 e con le sue capanne il gregge intero, 40.31.6 e coi cani i pastor porta ne l' onde; 40.31.7 guizzano i pesci agli olmi in su la cima, 40.31.8 ove solean volar gli augelli in prima: 40.32.1 con quel furor l' impetuosa gente, 40.32.2 là dove avea in più parti il muro rotto, 40.32.3 entrò col ferro e con la face ardente 40.32.4 a distrugere il popul mal condotto. 40.32.5 Omicidio, rapina e man violente 40.32.6 nel sangue e ne l' aver, trasse di botto 40.32.7 la ricca e trionfal città a ruina, 40.32.8 che fu di tutta l' Africa regina. 40.33.1 D' uomini morti pieno era per tutto; 40.33.2 e de le innumerabili ferite 40.33.3 fatto era un stagno più scuro e più brutto 40.33.4 di quel che cinge la città di Dite. 40.33.5 Di casa in casa un lungo incendio indutto 40.33.6 ardea palagi, portici e meschite. 40.33.7 Di pianti e d' urli e di battuti petti 40.33.8 suonano i vòti e depredati tetti. 40.34.1 I vincitori uscir de le funeste 40.34.2 porte vedeansi di gran preda onusti, 40.34.3 chi con bei vasi e chi con ricche veste, 40.34.4 chi con rapiti argenti a' dèi vetusti: 40.34.5 chi traea i figli, e chi le madri meste: 40.34.6 fur fatti stupri e mille altri atti ingiusti, 40.34.7 dei quali Orlando una gran parte intese, 40.34.8 né lo poté vietar, né 'l duca inglese. 40.35.1 Fu Bucifar de l' Algazera morto 40.35.2 con esso un colpo da Olivier gagliardo. 40.35.3 Perduta ogni speranza, ogni conforto, 40.35.4 s' uccise di sua mano il re Branzardo. 40.35.5 Con tre ferite, onde morì di corto, 40.35.6 fu preso Folvo dal duca dal Pardo. 40.35.7 Questi eran tre ch' al suo partir lasciato 40.35.8 avea Agramante a guardia de lo stato. 40.36.1 Agramante ch' intanto avea deserta 40.36.2 l' armata, e con Sobrin n' era fuggito, 40.36.3 pianse da lungi e sospirò Biserta, 40.36.4 veduto sì gran fiamma arder sul lito. 40.36.5 Poi più d' appresso ebbe novella certa 40.36.6 come de la sua terra il caso era ito: 40.36.7 e d' uccider se stesso in pensier venne, 40.36.8 e lo facea; ma il re Sobrin lo tenne. 40.37.1 Dicea Sobrin: -- Che più vittoria lieta 40.37.2 signor, potrebbe il tuo inimico avere, 40.37.3 che la tua morte udire, onde quïeta 40.37.4 si speraria poi l' Africa godere? 40.37.5 Questo contento il viver tuo gli vieta: 40.37.6 quindi avrà cagion sempre di temere. 40.37.7 Sa ben che lungamente Africa sua 40.37.8 esser non può, se non per morte tua. 40.38.1 Tutti i sudditi tuoi, morendo, privi 40.38.2 de la speranza, un ben che sol ne resta. 40.38.3 Spero che n' abbi a liberar, se vivi, 40.38.4 e trar d' affanno e ritornarne in festa. 40.38.5 So che, se muori, siàn sempre captivi, 40.38.6 Africa sempre tributaria e mesta. 40.38.7 Dunque, s' in util tuo viver non vuoi, 40.38.8 vivi, signor, per non far danno ai tuoi. 40.39.1 Dal soldano d' Egitto, tuo vicino, 40.39.2 certo esser puoi d' aver danari e gente: 40.39.3 malvolentieri il figlio di Pipino 40.39.4 in Africa vedrà tanto potente. 40.39.5 Verrà con ogni sforzo Norandino 40.39.6 per ritornarti in regno, il tuo parente: 40.39.7 Armeni, Turchi, Persi, Arabi e Medi, 40.39.8 tutti in soccorso avrai, se tu li chiedi. -- 40.40.1 Con tali e simil detti il vecchio accorto 40.40.2 studia tornare il suo signore in speme 40.40.3 di racquistarsi l' Africa di corto; 40.40.4 ma nel suo cor forse il contrario teme: 40.40.5 sa ben quanto è a mal termine e a mal porto, 40.40.6 e come spesso invan sospira e geme 40.40.7 chiunque il regno suo si lascia tôrre, 40.40.8 e per soccorso a' barbari ricorre. 40.41.1 Annibal e Iugurta di ciò fôro 40.41.2 buon testimoni, et altri al tempo antico: 40.41.3 al tempo nostro Ludovico il Moro, 40.41.4 dato in poter d' un altro Ludovico. 40.41.5 Vostro fratello Alfonso da costoro 40.41.6 ben ebbe esempio (a voi, Signor mio, dico), 40.41.7 che sempre ha riputato pazzo espresso 40.41.8 chi più si fida in altri ch' in se stesso. 40.42.1 E però ne la guerra che gli mosse 40.42.2 del pontifice irato un duro sdegno, 40.42.3 ancor che ne le deboli sue posse 40.42.4 non potessi egli far molto disegno, 40.42.5 e chi lo difendea, d' Italia fosse 40.42.6 spinto, e n' avesse il suo nimico il regno; 40.42.7 né per minaccie mai né per promesse 40.42.8 s' indusse che lo stato altrui cedesse. 40.43.1 Il re Agramante all' orïente avea 40.43.2 volta la prora, e s' era spinto in alto, 40.43.3 quando da terra una tempesta rea 40.43.4 mosse da banda impetuoso assalto. 40.43.5 Il nocchier ch' al governo vi sedea: 40.43.6 -- Io veggo (disse alzando gli occhi ad alto) 40.43.7 una procella apparecchiar sì grave, 40.43.8 che contrastar non le potrà la nave. 40.44.1 S' attendete, signori, al mio consiglio, 40.44.2 qui da man manca ha un' isola vicina, 40.44.3 a cui mi par ch' abbiamo a dar di piglio, 40.44.4 fin che passi il furor de la marina. -- 40.44.5 Consentì il re Agramante; e di periglio 40.44.6 uscì, pigliando la spiaggia mancina, 40.44.7 che per salute de' nocchieri giace 40.44.8 tra gli Afri e di Vulcan l' alta fornace. 40.45.1 D' abitazioni è l' isoletta vòta, 40.45.2 piena d' umil mortelle e di ginepri, 40.45.3 ioconda solitudine e remota 40.45.4 a cervi, a daini, a capriuoli, a lepri; 40.45.5 e fuor ch' a piscatori, è poco nota, 40.45.6 ove sovente a rimondati vepri 40.45.7 sospendon, per seccar, l' umide reti: 40.45.8 dormeno intanto i pesci in mar quïeti. 40.46.1 Quivi trovâr che s' era un altro legno, 40.46.2 cacciato da fortuna, già ridutto: 40.46.3 il gran guerrier ch' in Sericana ha regno, 40.46.4 levato d' Arli, avea quivi condutto. 40.46.5 Con modo riverente e di sé degno 40.46.6 l' un re con l' altro s' abbracciò all' asciutto; 40.46.7 ch' erano amici, e poco inanzi furo 40.46.8 compagni d' arme al parigino muro. 40.47.1 Con molto dispiacer Gradasso intese 40.47.2 del re Agramante le fortune avverse: 40.47.3 poi confortollo, e, come re cortese, 40.47.4 con la propria persona se gli offerse: 40.47.5 ma che egli andasse all' infedel paese 40.47.6 d' Egitto, per aiuto, non sofferse. 40.47.7 -- Che vi sia (disse) periglioso gire, 40.47.8 dovria Pompeio i profugi ammonire. 40.48.1 E perché detto m' hai che con l' aiuto 40.48.2 degli Etïopi, sudditi al Senapo, 40.48.3 Astolfo a tôrti l' Africa è venuto, 40.48.4 e ch' arsa ha la città che n' era capo; 40.48.5 e ch' Orlando è con lui, che diminuto 40.48.6 poco inanzi di senno aveva il capo; 40.48.7 mi pare al tutto un ottimo rimedio 40.48.8 aver pensato a farti uscir di tedio. 40.49.1 Io piglierò per amor tuo l' impresa 40.49.2 d' entrar col conte a singular certame. 40.49.3 Contra me so che non avrà difesa, 40.49.4 se tutto fosse di ferro o di rame. 40.49.5 Morto lui, stimo la cristiana Chiesa, 40.49.6 quel che l' agnelle il lupo ch' abbia fame. 40.49.7 Ho poi pensato (e mi fia cosa lieve) 40.49.8 di fare i Nubi uscir d' Africa in breve. 40.50.1 Farò che gli altri Nubi che da loro 40.50.2 il Nilo parte e la diversa legge, 40.50.3 e gli Arabi e i Macrobi, questi d' oro 40.50.4 ricchi e di gente, e quei d' equino gregge, 40.50.5 Persi e Caldei (perché tutti costoro 40.50.6 con altri molti il mio scettro corregge); 40.50.7 farò ch' in Nubia lor faran tal guerra, 40.50.8 che non si fermeran ne la tua terra. -- 40.51.1 Al re Agramante assai parve oportuna 40.51.2 del re Gradasso la seconda offerta; 40.51.3 e si chiamò obligato alla Fortuna, 40.51.4 che l' avea tratto all' isola deserta: 40.51.5 ma non vuol tôrre a condizione alcuna, 40.51.6 se racquistar credesse indi Biserta, 40.51.7 che battaglia per lui Gradasso prenda; 40.51.8 che 'n ciò gli par che l' onor troppo offenda. 40.52.1 -- S' a disfidar s' ha Orlando, son quell' io 40.52.2 (rispose) a cui la pugna più conviene: 40.52.3 e pronto vi sarò; poi faccia Dio 40.52.4 di me, come gli pare, o male o bene. -- 40.52.5 -- Facciàn (disse Gradasso) al modo mio, 40.52.6 a un nuovo modo ch' in pensier mi viene: 40.52.7 questa battaglia pigliamo ambedui 40.52.8 incontra Orlando, e un altro sia con lui. -- 40.53.1 -- Pur ch' io non resti fuor, non me ne lagno 40.53.2 (disse Agramante), o sia primo o secondo: 40.53.3 ben so ch' in arme ritrovar compagno 40.53.4 di te miglior non si può in tutto 'l mondo. -- 40.53.5 -- Et io (disse Sobrin) dove rimagno? 40.53.6 E se vecchio vi paio, vi rispondo 40.53.7 ch' io debbo esser più esperto; e nel periglio 40.53.8 presso alla forza è buono aver consiglio. -- 40.54.1 D' una vecchiezza valida e robusta 40.54.2 era Sobrino, e di famosa prova; 40.54.3 e dice ch' invigor l' età vetusta 40.54.4 si sente pari alla già verde e nuova. 40.54.5 Stimata fu la sua domanda giusta; 40.54.6 e senza indugio un messo si ritrova, 40.54.7 il qual si mandi agli africani lidi, 40.54.8 e da lor parte il conte Orlando sfidi; 40.55.1 che s' abbia a ritrovar con numer pare 40.55.2 di cavallieri armati in Lipadusa. 40.55.3 Una isoletta è questa, che dal mare 40.55.4 medesmo che li cinge, è circonfusa. 40.55.5 Non cessa il messo a vela e a remi andare, 40.55.6 come quel che prestezza al bisogno usa, 40.55.7 che fu a Biserta; e trovò Orlando quivi, 40.55.8 ch' a' suoi le spoglie dividea e i captivi. 40.56.1 Lo 'nvito di Gradasso e d' Agramante 40.56.2 e di Sobrino in publico fu espresso, 40.56.3 tanto giocondo al principe d' Anglante, 40.56.4 che d' ampli doni onorar fece il messo. 40.56.5 Avea dai suoi compagni udito inante, 40.56.6 che Durindana al fianco s' avea messo 40.56.7 il re Gradasso: onde egli, per desire 40.56.8 di racquistarla, in India volea gire, 40.57.1 stimando non aver Gradasso altrove, 40.57.2 poi ch' udì che di Francia era partito. 40.57.3 Or più vicin gli è offerto luogo, dove 40.57.4 spera che 'l suo gli fia restituito. 40.57.5 Il bel corno d' Almonte anco lo muove 40.57.6 ad accettar sì volentier lo 'nvito, 40.57.7 e Brigliador non men; che sapea in mano 40.57.8 esser venuti al figlio di Troiano. 40.58.1 Per compagno s' elegge alla battaglia 40.58.2 il fedel Brandimarte e 'l suo cognato. 40.58.3 Provato ha quanto l' uno e l' altro vaglia; 40.58.4 sa che da trambi è sommamente amato. 40.58.5 Buon destrier, buona piastra e buona maglia, 40.58.6 e spade cerca e lancie in ogni lato 40.58.7 a sé e a' compagni: che sappiate parme, 40.58.8 che nessun d' essi avea le solite arme. 40.59.1 Orlando (come io v' ho detto più volte) 40.59.2 de le sue sparse per furor la terra: 40.59.3 agli altri ha Rodomonte le lor tolte, 40.59.4 ch' or alta torre in ripa un fiume serra. 40.59.5 Non se ne può per Africa aver molte; 40.59.6 sì perché in Francia avea tratto alla guerra 40.59.7 il re Agramante ciò ch' era di buono, 40.59.8 sì perché poche in Africa ne sono. 40.60.1 Ciò che di ruginoso e di brunito 40.60.2 aver si può, fa ragunare Orlando; 40.60.3 e coi compagni intanto va pel lito 40.60.4 de la futura pugna ragionando. 40.60.5 Gli avvien ch' essendo fuor del campo uscito 40.60.6 più di tre miglia, e gli occhi al mare alzando, 40.60.7 vide calar con le vele alte un legno 40.60.8 verso il lito african senza ritegno. 40.61.1 Senza nocchieri e senza naviganti, 40.61.2 sol come il vento e sua fortuna il mena, 40.61.3 venìa con le vele alte il legno avanti, 40.61.4 tanto che se ritenne in su l' arena. 40.61.5 Ma prima che di questo più vi canti, 40.61.6 l' amor ch' a Ruggier porto mi rimena 40.61.7 alla sua istoria, e vuol ch' io vi racconte 40.61.8 di lui e del guerrier di Chiaramonte. 40.62.1 Di questi duo guerrier dissi che tratti 40.62.2 s' erano fuor del marzïale agone, 40.62.3 viste convenïon rompere e patti, 40.62.4 e turbarsi ogni squadra e legïone. 40.62.5 Chi prima i giuramenti abbia disfatti, 40.62.6 e stato sia di tanto mal cagione, 40.62.7 o l' imperator Carlo, o il re Agramante, 40.62.8 studian saper da chi lor passa avante. 40.63.1 Un servitor intanto di Ruggiero, 40.63.2 ch' era fedele e pratico et astuto, 40.63.3 né pel conflitto dei duo campi fiero 40.63.4 avea di vista il patron mai perduto, 40.63.5 venne a trovarlo, e la spada e 'l destriero 40.63.6 gli diede, perché a' suoi fosse in aiuto. 40.63.7 Montò Ruggiero e la sua spada tolse, 40.63.8 ma ne la zuffa entrar non però vòlse. 40.64.1 Quindi si parte; ma prima rinuova 40.64.2 la convenzion che con Rinaldo avea; 40.64.3 che se pergiuro il suo Agramante trova, 40.64.4 lo lascierà con la sua setta rea. 40.64.5 Per quel giorno Ruggier fare altra prova 40.64.6 d' arme non vòlse; ma solo attendea 40.64.7 a fermar questo e quello, e a domandarlo 40.64.8 chi prima roppe, o 'l re Agramante, o Carlo. 40.65.1 Ode da tutto 'l mondo, che la parte 40.65.2 del re Agramante fu, che roppe prima. 40.65.3 Ruggiero ama Agramante, e se si parte 40.65.4 da lui per questo, error non lieve stima. 40.65.5 Fur le gente africane e rotte e sparte 40.65.6 (questo ho già detto inanzi), e da la cima 40.65.7 de la volubil ruota tratte al fondo, 40.65.8 come piacque a colei ch' aggira il mondo. 40.66.1 Tra sé volve Ruggiero e fa discorso, 40.66.2 se restar deve, o il suo signor seguire. 40.66.3 Gli pon l' amor de la sua donna un morso 40.66.4 per non lasciarlo in Africa più gire: 40.66.5 lo volta e gira, et a contrario corso 40.66.6 lo sprona, e lo minaccia di punire, 40.66.7 se 'l patto e 'l giuramento non tien saldo, 40.66.8 che fatto avea col paladin Rinaldo. 40.67.1 Non men da l' altra parte sferza e sprona 40.67.2 la vigilante e stimulosa cura, 40.67.3 che s' Agramante in quel caso abbandona, 40.67.4 a viltà gli sia ascritto et a paura. 40.67.5 Se del restar la causa parrà buona 40.67.6 a molti, a molti ad accettar fia dura. 40.67.7 Molti diran che non si de' osservare 40.67.8 quel ch' era ingiusto e illicito a giurare. 40.68.1 Tutto quel giorno e la notte seguente 40.68.2 stette solingo, e così l' altro giorno, 40.68.3 pur travagliando la dubbiosa mente, 40.68.4 se partir deve o far quivi soggiorno. 40.68.5 Pel signor suo conclude finalmente 40.68.6 di fargli dietro in Africa ritorno. 40.68.7 Potea in lui molto il coniugale amore, 40.68.8 ma vi potea più il debito e l' onore. 40.69.1 Torna verso Arli; che trovarvi spera 40.69.2 l' armata ancor, ch' in Africa il transporti: 40.69.3 né legno in mar né dentro alla rivera, 40.69.4 né Saracini vede, se non morti. 40.69.5 Seco al partire ogni legno che v' era 40.69.6 trasse Agramante, e 'l resto arse nei porti. 40.69.7 Fallitogli il pensier, prese il camino 40.69.8 verso Marsilia pel lito marino. 40.70.1 A qualche legno pensa dar di piglio, 40.70.2 ch' a prieghi o forza il porti all' altra riva. 40.70.3 Già v' era giunto del Danese il figlio 40.70.4 con l' armata de' barbari captiva. 40.70.5 Non si avrebbe potuto un gran di miglio 40.70.6 gittar ne l' acqua: tanto la copriva 40.70.7 la spessa moltitudine de navi, 40.70.8 di vincitori e di prigioni, gravi. 40.71.1 Le navi de' pagani, ch' avanzaro 40.71.2 dal fuoco e dal naufragio quella notte, 40.71.3 eccetto poche ch' in fuga n' andaro, 40.71.4 tutte a Marsilia avea Dudon condotte. 40.71.5 Sette di quei ch' in Africa regnaro, 40.71.6 che, poi che le lor genti vider rotte, 40.71.7 con sette legni lor s' eran renduti, 40.71.8 stavan dolenti, lacrimosi e muti. 40.72.1 Era Dudon sopra la spiaggia uscito, 40.72.2 ch' a trovar Carlo andar volea quel giorno; 40.72.3 e de' captivi e de lor spoglie ordito 40.72.4 con lunga pompa avea un trionfo adorno. 40.72.5 Eran tutti i prigion stesi nel lito, 40.72.6 e i Nubi vincitori allegri intorno, 40.72.7 che faceano del nome di Dudone 40.72.8 intorno risonar la regïone. 40.73.1 Venne in speranza di lontan Ruggiero, 40.73.2 che questa fosse armata d' Agramante; 40.73.3 e, per saperne il vero, urtò il destriero: 40.73.4 ma riconobbe, come fu più inante, 40.73.5 il re de Nasamona prigionero, 40.73.6 Baliverzo, Agricalte e Farurante, 40.73.7 Manilardo e Clarindo e Rimedonte, 40.73.8 che piangendo tenean bassa la fronte. 40.74.1 Ruggier che gli ama, sofferir non puote 40.74.2 che stian ne la miseria in che li trova. 40.74.3 Quivi sa ch' a venir con le man vòte, 40.74.4 senza usar forza, il pregar poco giova. 40.74.5 La lancia abbassa, e chi li tien percuote; 40.74.6 e fa del suo valor l' usata prova: 40.74.7 stringe la spada, e in un piccol momento 40.74.8 ne fa cadere intorno più di cento. 40.75.1 Dudone ode il rumor, la strage vede 40.75.2 che fa Ruggier, ma chi sia non conosce. 40.75.3 Vede i suoi c' hanno in fuga volto il piede 40.75.4 con gran timor, con pianto e con angosce. 40.75.5 Presto il destrier, lo scudo e l' elmo chiede; 40.75.6 che già avea armato e petto e braccia e cosce: 40.75.7 salta a cavallo e si fa dar la lancia, 40.75.8 e non oblia ch' è paladin di Francia. 40.76.1 Grida che si ritiri ognun da canto, 40.76.2 spinge il cavallo e fa sentir gli sproni. 40.76.3 Ruggier cent' altri n' avea uccisi intanto, 40.76.4 e gran speranza dato a quei prigioni: 40.76.5 e come venir vide Dudon santo 40.76.6 solo a cavallo, e gli altri esser pedoni, 40.76.7 stimò che capo e che signor lor fosse; 40.76.8 e contra lui con gran desir si mosse. 40.77.1 Già mosso prima era Dudon; ma quando 40.77.2 senza lancia Ruggier vide venire, 40.77.3 lunge da sé la sua gittò, sdegnando 40.77.4 con tal vantaggio il cavallier ferire. 40.77.5 Ruggiero, al cortese atto riguardando, 40.77.6 disse fra sé: -- Costui non può mentire, 40.77.7 ch' uno non sia di quei guerrier perfetti 40.77.8 che paladin di Francia sono detti. 40.78.1 S' impetrar lo potrò, vo' che 'l suo nome, 40.78.2 inanzi che segua altro, mi palese; -- 40.78.3 e così domandollo: e seppe come 40.78.4 era Dudon figliuol d' Uggier danese. 40.78.5 Dudon gravò Ruggier poi d' ugual some, 40.78.6 e parimente lo trovò cortese. 40.78.7 Poi che i nomi tra lor s' ebbono detti, 40.78.8 si disfidaro, e vennero agli effetti. 40.79.1 Avea Dudon quella ferrata mazza 40.79.2 ch' in mille imprese gli diè eterno onore: 40.79.3 con essa mostra ben ch' egli è di razza 40.79.4 di quel Danese pien d' alto valore. 40.79.5 La spada ch' apre ogni elmo, ogni corazza, 40.79.6 di che non era al mondo la migliore, 40.79.7 trasse Ruggiero, e fece paragone 40.79.8 di sua virtude al paladin Dudone. 40.80.1 Ma perché in mente ogniora avea di meno 40.80.2 offender la sua donna, che potea; 40.80.3 et era certo, se spargea il terreno 40.80.4 del sangue di costui, che la offendea 40.80.5 (de le case di Francia instrutto a pieno, 40.80.6 la madre di Dudone esser sapea 40.80.7 Armelina sorella di Beatrice, 40.80.8 ch' era di Bradamante genitrice): 40.81.1 per questo mai di punta non gli trasse, 40.81.2 e di taglio rarissimo ferìa. 40.81.3 Schermiasi, ovunque la mazza calasse, 40.81.4 or ribattendo, or dandole la via. 40.81.5 Crede Turpin che per Ruggier restasse, 40.81.6 che Dudon morto in pochi colpi avria: 40.81.7 né mai, qualunque volta si scoperse, 40.81.8 ferir, se non di piatto, lo sofferse. 40.82.1 Di piatto usar potea, come di taglio, 40.82.2 Ruggier la spada sua ch' avea gran schena; 40.82.3 e quivi a strano giuoco di sonaglio 40.82.4 sopra Dudon con tanta forza mena, 40.82.5 che spesso agli occhi gli pon tal barbaglio, 40.82.6 che si ritien di non cadere a pena. 40.82.7 Ma per esser più grato a chi m' ascolta, 40.82.8 io differisco il canto a un' altra volta.
CANTO XLI
41.1.1 L' odor ch' è sparso in ben notrita e bella 41.1.2 o chioma o barba o delicata vesta 41.1.3 di giovene leggiadro o di donzella, 41.1.4 ch' Amor sovente lacrimando desta, 41.1.5 se spira e fa sentir di sé novella, 41.1.6 e dopo molti giorni ancora resta, 41.1.7 mostra con chiaro et evidente effetto, 41.1.8 come a principio buono era e perfetto. 41.2.1 L' almo liquor che ai meditori suoi 41.2.2 fece Icaro gustar con suo gran danno, 41.2.3 e che si dice che già Celte e Boi 41.2.4 fe' passar l' Alpe, e non sentir l' affanno, 41.2.5 mostra che dolce era a principio, poi 41.2.6 che si serva ancor dolce al fin de l' anno. 41.2.7 L' arbor ch' al tempo rio foglia non perde, 41.2.8 mostra ch' a primavera era ancor verde. 41.3.1 L' inclita stirpe che per tanti lustri 41.3.2 mostrò di cortesia sempre gran lume, 41.3.3 e par ch' ognor più ne risplenda e lustri, 41.3.4 fa che con chiaro indizio si presume, 41.3.5 che chi progenerò gli Estensi illustri, 41.3.6 dovea d' ogni laudabile costume 41.3.7 che sublimar al ciel gli uomini suole, 41.3.8 splender non men che fra le stelle il sole. 41.4.1 Ruggier, come in ciascun suo degno gesto, 41.4.2 d' alto valor, di cortesia solea 41.4.3 dimostrar chiaro segno e manifesto, 41.4.4 e sempre più magnanimo apparea; 41.4.5 così verso Dudon lo mostrò in questo, 41.4.6 col qual (come di sopra io vi dicea) 41.4.7 dissimulato avea quanto era forte, 41.4.8 per pietà che gli avea di porlo a morte. 41.5.1 Avea Dudon ben conosciuto certo, 41.5.2 ch' ucciderlo Ruggier non l' ha voluto; 41.5.3 perch' or s' ha ritrovato allo scoperto, 41.5.4 or stanco sì, che più non ha potuto. 41.5.5 Poi che chiaro comprende, e vede aperto 41.5.6 che gli ha rispetto, e che va ritenuto; 41.5.7 quando di forza e di vigor val meno, 41.5.8 di cortesia non vuol cedergli almeno. 41.6.1 -- Per Dio (dice), signor, pace facciamo; 41.6.2 ch' esser non può più la vittoria mia: 41.6.3 esser non può più mia; che già mi chiamo 41.6.4 vinto e prigion de la tua cortesia. -- 41.6.5 Ruggier rispose: -- Et io la pace bramo 41.6.6 non men di te; ma che con patto sia, 41.6.7 che questi sette re c' hai qui legati, 41.6.8 lasci ch' in libertà mi sieno dati. -- 41.7.1 E gli mostrò quei sette re ch' io dissi 41.7.2 che stavano legati a capo chino; 41.7.3 e gli soggiunse che non gli impedissi 41.7.4 pigliar con essi in Africa il camino. 41.7.5 E così furo in libertà remissi 41.7.6 quei re; che gliel concesse il paladino; 41.7.7 e gli concesse ancor ch' un legno tolse, 41.7.8 quel ch' a lui parve, e verso Africa sciolse. 41.8.1 Il legno sciolse, e fe' scioglier la vela, 41.8.2 e se diè al vento perfido in possanza, 41.8.3 che da principio la gonfiata tela 41.8.4 drizzò a camino, e diè al nocchier baldanza. 41.8.5 Il lito fugge, e in tal modo si cela, 41.8.6 che par che ne sia il mar rimaso sanza. 41.8.7 Ne l' oscurar del giorno fece il vento 41.8.8 chiara la sua perfidia e 'l tradimento. 41.9.1 Mutossi da la poppa ne le sponde, 41.9.2 indi alla prora, e qui non rimase anco: 41.9.3 ruota la nave, et i nocchier confonde; 41.9.4 ch' or di dietro, or dinanzi, or loro è al fianco. 41.9.5 Surgono altiere e minacciose l' onde: 41.9.6 mugliando sopra il mar va il gregge bianco. 41.9.7 Di tante morti in dubbio e in pena stanno, 41.9.8 quanto son l' acque ch' a ferir li vanno. 41.10.1 Or da fronte, or da tergo il vento spira; 41.10.2 e questo inanzi, e quello a dietro caccia: 41.10.3 un altro da traverso il legno aggira; 41.10.4 e ciascun pur naufragio gli minaccia. 41.10.5 Quel che siede al governo, alto sospira 41.10.6 pallido e sbigottito ne la faccia; 41.10.7 e grida invano, e invan con mano accenna 41.10.8 or di voltare, or di calar l' antenna. 41.11.1 Ma poco il cenno, e 'l gridar poco vale: 41.11.2 tolto è 'l veder da la piovosa notte. 41.11.3 La voce, senza udirsi, in aria sale, 41.11.4 in aria che ferìa con maggior botte 41.11.5 de' naviganti il grido universale, 41.11.6 e 'l fremito de l' onde insieme rotte: 41.11.7 e in prora e in poppa e in amendue le bande 41.11.8 non si può cosa udir, che si commande. 41.12.1 Da la rabbia del vento che si fende 41.12.2 ne le ritorte, escono orribil suoni: 41.12.3 di spessi lampi l' aria si raccende, 41.12.4 risuona 'l ciel di spaventosi tuoni. 41.12.5 V' è chi corre al timon, chi i remi prende; 41.12.6 van per uso agli uffici a che son buoni: 41.12.7 chi s' affatica a sciorre e chi a legare; 41.12.8 vòta altri l' acqua, e torna il mar nel mare. 41.13.1 Ecco stridendo l' orribil procella 41.13.2 che 'l repentin furor di borea spinge, 41.13.3 la vela contra l' arbore flagella: 41.13.4 il mar si leva, e quasi il cielo attinge. 41.13.5 Frangonsi i remi; e di fortuna fella 41.13.6 tanto la rabbia impetuosa stringe, 41.13.7 che la prora si volta, e verso l' onda 41.13.8 fa rimaner la disarmata sponda. 41.14.1 Tutta sotto acqua va la destra banda, 41.14.2 e sta per riversar di sopra il fondo. 41.14.3 Ognun, gridando, a Dio si raccomanda; 41.14.4 che più che certi son gire al profondo. 41.14.5 D' uno in un altro mal fortuna manda: 41.14.6 il primo scorre, e vien dietro il secondo. 41.14.7 Il legno vinto in più parti si lassa, 41.14.8 e dentro l' inimica onda vi passa. 41.15.1 Muove crudele e spaventoso assalto 41.15.2 da tutti i lati il tempestoso verno. 41.15.3 Veggon talvolta il mar venir tant' alto, 41.15.4 che par ch' arrivi insin al ciel superno. 41.15.5 Talor fan sopra l' onde in su tal salto, 41.15.6 ch' a mirar giù par lor veder lo 'nferno. 41.15.7 O nulla o poca speme è che conforte; 41.15.8 e sta presente inevitabil morte. 41.16.1 Tutta la notte per diverso mare 41.16.2 scórsero errando ove cacciolli il vento; 41.16.3 il fiero vento che dovea cessare 41.16.4 nascendo il giorno, e ripigliò augumento. 41.16.5 Ecco dinanzi un nudo scoglio appare: 41.16.6 voglion schivarlo, e non v' hanno argumento. 41.16.7 Li porta, lor mal grado, a quella via 41.16.8 il crudo vento e la tempesta ria. 41.17.1 Tre volte e quattro il pallido nocchiero 41.17.2 mette vigor perché 'l timon sia volto 41.17.3 e trovi più sicuro altro sentiero; 41.17.4 ma quel si rompe, e poi dal mar gli è tolto. 41.17.5 Ha sì la vela piena il vento fiero, 41.17.6 che non si può calar poco né molto: 41.17.7 né tempo han di riparo o di consiglio; 41.17.8 che troppo appresso è quel mortal periglio. 41.18.1 Poi che senza rimedio si comprende 41.18.2 la irreparabil rotta de la nave, 41.18.3 ciascuno al suo privato utile attende, 41.18.4 ciascun salvar la vita sua cura have. 41.18.5 Chi può più presto al palischermo scende; 41.18.6 ma quello è fatto subito sì grave 41.18.7 per tanta gente che sopra v' abbonda, 41.18.8 che poco avanza a gir sotto la sponda. 41.19.1 Ruggier che vide il comite e 'l padrone 41.19.2 e gli altri abbandonar con fretta il legno, 41.19.3 come senz' arme si trovò in giubbone, 41.19.4 campar su quel battel fece disegno: 41.19.5 ma lo trovò sì carco di persone, 41.19.6 e tante venner poi, che l' acque il segno 41.19.7 passaro in guisa, che per troppo pondo 41.19.8 con tutto il carco andò il legnetto al fondo: 41.20.1 del mare al fondo; e seco trasse quanti 41.20.2 lasciaro a sua speranza il maggior legno. 41.20.3 Allor s' udì con dolorosi pianti 41.20.4 chiamar soccorso dal celeste regno: 41.20.5 ma quelle voci andaro poco inanti, 41.20.6 che venne il mar pien d' ira e di disdegno, 41.20.7 e subito occupò tutta la via 41.20.8 onde il lamento e il flebil grido uscia. 41.21.1 Altri là giù, senza apparir più, resta; 41.21.2 altri risorge e sopra l' onde sbalza; 41.21.3 chi vien nuotando e mostra fuor la testa, 41.21.4 chi mostra un braccio, e chi una gamba scalza. 41.21.5 Ruggier che 'l minacciar de la tempesta 41.21.6 temer non vuol, dal fondo al sommo s' alza, 41.21.7 e vede il nudo scoglio non lontano, 41.21.8 ch' egli e i compagni avean fuggito invano. 41.22.1 Spera, per forza di piedi e di braccia 41.22.2 nuotando, di salir sul lito asciutto. 41.22.3 Soffiando viene, e lungi da la faccia 41.22.4 l' onda respinge e l' importuno flutto. 41.22.5 Il vento intanto e la tempesta caccia 41.22.6 il legno vòto, e abbandonato in tutto 41.22.7 da quelli che per lor pessima sorte 41.22.8 il disio di campar trasse alla morte. 41.23.1 Oh fallace degli uomini credenza! 41.23.2 Campò la nave che dovea perire, 41.23.3 quando il padrone e i galleotti senza 41.23.4 governo alcun l' avean lasciata gire. 41.23.5 Parve che si mutasse di sentenza 41.23.6 il vento, poi che ogni uom vide fuggire: 41.23.7 fece che 'l legno a miglior via si torse, 41.23.8 né toccò terra, e in sicura onda corse. 41.24.1 E dove col nocchier tenne via incerta, 41.24.2 poi che non l' ebbe, andò in Africa al dritto, 41.24.3 e venne a capitar presso a Biserta 41.24.4 tre miglia o due, dal lato verso Egitto; 41.24.5 e ne l' arena sterile e deserta 41.24.6 restò, mancando il vento e l' acqua, fitto. 41.24.7 Or quivi sopravenne, a spasso andando, 41.24.8 come di sopra io vi narrava, Orlando. 41.25.1 E disïoso di saper se fusse 41.25.2 la nave sola, e fusse o vòta o carca, 41.25.3 con Brandimarte a quella si condusse 41.25.4 e col cognato, in su una lieve barca. 41.25.5 Poi che sotto coverta s' introdusse, 41.25.6 tutta la ritrovò d' uomini scarca: 41.25.7 vi trovò sol Frontino il buon destriero, 41.25.8 l' armatura e la spada di Ruggiero; 41.26.1 di cui fu per campar tanto la fretta, 41.26.2 ch' a tor la spada non ebbe pur tempo. 41.26.3 Conobbe quella il paladin, che detta 41.26.4 fu Balisarda, e che già sua fu un tempo. 41.26.5 So che tutta l' istoria avete letta, 41.26.6 come la tolse a Falerina, al tempo 41.26.7 che le distrusse anco il giardin sì bello, 41.26.8 e come a lui poi la rubò Brunello; 41.27.1 e come sotto il monte di Carena 41.27.2 Brunel ne fe' a Ruggier libero dono. 41.27.3 Di che taglio ella fosse e di che schena, 41.27.4 n' avea già fatto esperimento buono; 41.27.5 io dico Orlando: e però n' ebbe piena 41.27.6 letizia, e ringrazionne il sommo Trono; 41.27.7 e si credette (e spesso il disse dopo) 41.27.8 che Dio gliele mandasse a sì grande uopo: 41.28.1 a sì grande uopo, come era, dovendo 41.28.2 condursi col signor di Sericana; 41.28.3 ch' oltre che di valor fosse tremendo, 41.28.4 sapea ch' avea Baiardo e Durindana. 41.28.5 L' altra armatura, non la conoscendo, 41.28.6 non apprezzò per cosa sì soprana, 41.28.7 come chi ne fe' prova apprezzò quella, 41.28.8 per buona sì, ma per più ricca e bella. 41.29.1 E perché gli facean poco mestiero 41.29.2 l' arme (ch' era inviolabile e affatato), 41.29.3 contento fu che l' avesse Oliviero; 41.29.4 il brando no, che sel pose egli a lato: 41.29.5 a Brandimarte consegnò il destriero. 41.29.6 Così diviso et ugualmente dato 41.29.7 vòlse che fosse a ciaschedun compagno 41.29.8 ch' insieme si trovâr, di quel guadagno. 41.30.1 Pel dì de la battaglia ogni guerriero 41.30.2 studia aver ricco e nuovo abito indosso. 41.30.3 Orlando riccamar fa nel quartiero 41.30.4 l' alto Babel dal fulmine percosso. 41.30.5 Un can d' argento aver vuole Oliviero, 41.30.6 che giaccia, e che la lassa abbia sul dosso, 41.30.7 con un motto che dica: Fin che vegna: 41.30.8 e vuol d' oro la vesta e di sé degna. 41.31.1 Fece disegno Brandimarte, il giorno 41.31.2 de la battaglia, per amor del padre, 41.31.3 e per suo onor, di non andare adorno 41.31.4 se non di sopraveste oscure et adre. 41.31.5 Fiordiligi le fe' con fregio intorno, 41.31.6 quanto più seppe far, belle e leggiadre. 41.31.7 Di ricche gemme il fregio era contesto; 41.31.8 d' un schietto drappo e tutto nero il resto. 41.32.1 Fece la donna di sua man le sopra- 41.32.2 vesti a cui l' arme converrian più fine, 41.32.3 de' quai l' osbergo il cavallier si cuopra, 41.32.4 e la groppa al cavallo e 'l petto e 'l crine. 41.32.5 Ma da quel dì che cominciò quest' opra, 41.32.6 continuando a quel che le diè fine, 41.32.7 e dopo ancora, mai segno di riso 41.32.8 far non poté, né d' allegrezza in viso. 41.33.1 Sempre ha timor nel cor, sempre tormento 41.33.2 che Brandimarte suo non le sia tolto. 41.33.3 Già l' ha veduto in cento lochi e cento 41.33.4 in gran battaglie e perigliose avvolto; 41.33.5 né mai, come ora, simile spavento 41.33.6 le agghiacciò il sangue e impallidille il volto: 41.33.7 e questa novità d' aver timore 41.33.8 le fa tremar di doppia tema il core. 41.34.1 Poi che son d' arme e d' ogni arnese in punto, 41.34.2 alzano al vento i cavallier le vele. 41.34.3 Astolfo e Sansonetto con l' assunto 41.34.4 riman del grande esercito fedele. 41.34.5 Fiordiligi col cor di timor punto, 41.34.6 empiendo il ciel di voti e di querele, 41.34.7 quanto con vista seguitar le puote, 41.34.8 segue le vele in alto mar remote. 41.35.1 Astolfo a gran fatica e Sansonetto 41.35.2 poté levarla da mirar ne l' onda, 41.35.3 e ritrarla al palagio, ove sul letto 41.35.4 la lasciaro affannata e tremebonda. 41.35.5 Portava intanto il bel numero eletto 41.35.6 dei tre buon cavallier l' aura seconda. 41.35.7 Andò il legno a trovar l' isola al dritto, 41.35.8 ove far si dovea tanto conflitto. 41.36.1 Sceso nel lito il cavallier d' Anglante, 41.36.2 il cognato Oliviero e Brandimarte, 41.36.3 col padiglione il lato di levante 41.36.4 primi occupâr; né forse il fêr senz' arte. 41.36.5 Giunse quel dì medesimo Agramante, 41.36.6 e s' accampò da la contraria parte; 41.36.7 ma perché molto era inchinata l' ora, 41.36.8 differîr la battaglia ne l' aurora. 41.37.1 Di qua e di là sin alla nuova luce 41.37.2 stanno alla guardia i servitori armati. 41.37.3 La sera Brandimarte si conduce 41.37.4 là dove i Saracin sono alloggiati, 41.37.5 e parla, con licenzia del suo duce, 41.37.6 al re african; ch' amici erano stati; 41.37.7 e Brandimarte già con la bandiera 41.37.8 del re Agramante in Francia passato era. 41.38.1 Dopo i saluti e 'l giunger mano a mano, 41.38.2 molte ragion, sì come amico, disse 41.38.3 il fedel cavalliero al re pagano, 41.38.4 perché a questa battaglia non venisse: 41.38.5 e di riporgli ogni cittade in mano, 41.38.6 che sia tra 'l Nilo e 'l segno ch' Ercol fisse, 41.38.7 con volontà d' Orlando gli offeria, 41.38.8 se creder volea al Figlio di Maria. 41.39.1 -- Perché sempre v' ho amato et amo molto, 41.39.2 questo consiglio (gli dicea) vi dono; 41.39.3 e quando già, signor, per me l' ho tolto, 41.39.4 creder potete ch' io l' estimo buono. 41.39.5 Cristo conobbi Dio, Maumette stolto; 41.39.6 e bramo voi por ne la via in ch' io sono: 41.39.7 ne la via di salute, signor, bramo 41.39.8 che siate meco, e tutti gli altri ch' amo. 41.40.1 Qui consiste il ben vostro; né consiglio 41.40.2 altro potete prender, che vi vaglia; 41.40.3 e men di tutti gli altri, se col figlio 41.40.4 di Milon vi mettete alla battaglia; 41.40.5 che 'l guadagno del vincere al periglio 41.40.6 de la perdita grande non si agguaglia. 41.40.7 Vincendo voi, poco acquistar potete; 41.40.8 ma non perder già poco, se perdete. 41.41.1 Quando uccidiate Orlando, e noi venuti 41.41.2 qui per morire o vincere con lui, 41.41.3 io non veggo per questo che i perduti 41.41.4 dominii a racquistar s' abbian per vui. 41.41.5 Né dovete sperar che sì si muti 41.41.6 lo stato de le cose, morti nui, 41.41.7 ch' uomini a Carlo manchino da porre 41.41.8 quivi a guardar fin all' estrema torre. -- 41.42.1 Così parlava Brandimarte, et era 41.42.2 per suggiungere ancor molte altre cose; 41.42.3 ma fu con voce irata e faccia altiera 41.42.4 dal pagano interrotto, che rispose: 41.42.5 -- Temerità per certo e pazzia vera 41.42.6 è la tua, e di qualunque che si pose 41.42.7 a consigliar mai cosa o buona o ria, 41.42.8 ove chiamato a consigliar non sia. 41.43.1 E che 'l consiglio che mi dài, proceda 41.43.2 da ben che m' hai voluto e vuommi ancora, 41.43.3 io non so, a dire il ver, come io tel creda, 41.43.4 quando qui con Orlando ti veggo ora. 41.43.5 Crederò ben, tu che ti vedi in preda 41.43.6 di quel dragon che l' anime devora, 41.43.7 che brami teco nel dolore eterno 41.43.8 tutto 'l mondo poter trarre all' inferno. 41.44.1 Ch' io vinca o perda, o debba nel mio regno 41.44.2 tornare antiquo, o sempre starne in bando, 41.44.3 in mente sua n' ha Dio fatto disegno, 41.44.4 il qual né io, né tu, né vede Orlando. 41.44.5 Sia quel che vuol, non potrà ad atto indegno 41.44.6 di re inchinarmi mai timor nefando. 41.44.7 S' io fossi certo di morir, vo' morto 41.44.8 prima restar, ch' al sangue mio far torto. 41.45.1 Or ti puoi ritornar; che se migliore 41.45.2 non sei dimani in questo campo armato, 41.45.3 che tu mi sia paruto oggi oratore, 41.45.4 mal troverassi Orlando accompagnato. -- 41.45.5 Queste ultime parole usciron fuore 41.45.6 del petto acceso d' Agramante irato. 41.45.7 Ritornò l' uno e l' altro, e ripososse, 41.45.8 fin che del mare il giorno uscito fosse. 41.46.1 Nel biancheggiar de la nuova alba armati, 41.46.2 e in un momento fur tutti a cavallo. 41.46.3 Pochi sermon si son tra loro usati: 41.46.4 non vi fu indugio, non vi fu intervallo, 41.46.5 che i ferri de le lancie hanno abbassati. 41.46.6 Ma mi parria, Signor, far troppo fallo, 41.46.7 se, per voler di costor dir, lasciassi 41.46.8 tanto Ruggier nel mar, che v' affogassi. 41.47.1 Il giovinetto con piedi e con braccia 41.47.2 percotendo venìa l' orribil onde. 41.47.3 Il vento e la tempesta gli minaccia; 41.47.4 ma più la conscïenzia lo confonde. 41.47.5 Teme che Cristo ora vendetta faccia; 41.47.6 che, poi che battezzar ne l' acque monde, 41.47.7 quando ebbe tempo, sì poco gli calse, 41.47.8 or si battezzi in queste amare e salse. 41.48.1 Gli ritornano a mente le promesse 41.48.2 che tante volte alla sua donna fece; 41.48.3 quel che giurato avea quando si messe 41.48.4 contra Rinaldo, e nulla satisfece. 41.48.5 A Dio, ch' ivi punir non lo volesse, 41.48.6 pentito disse quattro volte e diece; 41.48.7 e fece voto di core e di fede 41.48.8 d' esser cristian, se ponea in terra il piede: 41.49.1 e mai più non pigliar spada né lancia 41.49.2 contra ai fedeli in aiuto de' Mori; 41.49.3 ma che ritorneria subito in Francia, 41.49.4 e a Carlo renderia debiti onori; 41.49.5 né Bradamante più terrebbe a ciancia, 41.49.6 e verria a fine onesto dei suo' amori. 41.49.7 Miracol fu, che sentì al fin del voto 41.49.8 crescersi forza e agevolarsi il nuoto. 41.50.1 Cresce la forza e l' animo indefesso: 41.50.2 Ruggier percuote l' onde e le respinge, 41.50.3 l' onde che seguon l' una all' altra presso, 41.50.4 di che una il leva, un' altra lo sospinge. 41.50.5 Così montando e discendendo spesso 41.50.6 con gran travaglio, al fin l' arena attinge; 41.50.7 e da la parte onde s' inchina il colle 41.50.8 più verso il mar, esce bagnato e molle. 41.51.1 Fur tutti gli altri che nel mar si diero, 41.51.2 vinti da l' onde, e al fin restâr ne l' acque. 41.51.3 Nel solitario scoglio uscì Ruggiero, 41.51.4 come all' alta Bontà divina piacque. 41.51.5 Poi che fu sopra il monte inculto e fiero 41.51.6 sicur dal mar, nuovo timor gli nacque 41.51.7 d' avere esilio in sì strette confine, 41.51.8 e di morirvi di disagio al fine. 41.52.1 Ma pur col core indomito, e constante 41.52.2 di patir quanto è in ciel di lui prescritto, 41.52.3 pei duri sassi l' intrepide piante 41.52.4 mosse, poggiando invêr la cima al dritto. 41.52.5 Non era cento passi andato inante, 41.52.6 che vide d' anni e d' astinenzie afflitto 41.52.7 uom ch' avea d' eremita abito e segno, 41.52.8 di molta riverenzia e d' onor degno; 41.53.1 che, come gli fu presso: -- Saulo, Saulo 41.53.2 (gridò), perché persegui la mia fede? 41.53.3 (come allor il Signor disse a san Paulo, 41.53.4 che 'l colpo salutifero gli diede). 41.53.5 Passar credesti il mar, né pagar naulo, 41.53.6 e defraudare altrui de la mercede. 41.53.7 Vedi che Dio, c' ha lunga man, ti giunge 41.53.8 quando tu gli pensasti esser più lunge. -- 41.54.1 E seguitò il santissimo eremita, 41.54.2 il qual la notte inánzi avuto avea 41.54.3 in visïon da Dio, che con sua aita 41.54.4 allo scoglio Ruggier giunger dovea: 41.54.5 e di lui tutta la passata vita, 41.54.6 e la futura, e ancor la morte rea, 41.54.7 figli e nipoti et ogni discendente 41.54.8 gli avea Dio rivelato interamente. 41.55.1 Seguitò l' eremita riprendendo 41.55.2 prima Ruggiero; e al fin poi confortollo. 41.55.3 Lo riprendea ch' era ito differendo 41.55.4 sotto il soave giogo a porre il collo; 41.55.5 e quel che dovea far, libero essendo, 41.55.6 mentre Cristo pregando a sé chiamollo, 41.55.7 fatto avea poi con poca grazia, quando 41.55.8 venir con sferza il vide minacciando. 41.56.1 Poi confortollo che non niega il cielo 41.56.2 tardi o per tempo Cristo a chi gliel chiede; 41.56.3 e di quelli operarii del Vangelo 41.56.4 narrò, che tutti ebbono ugual mercede. 41.56.5 Con caritade e con devoto zelo 41.56.6 lo venne ammaestrando ne la fede, 41.56.7 verso la cella sua con lento passo, 41.56.8 ch' era cavata a mezzo il duro sasso. 41.57.1 Di sopra siede alla devota cella 41.57.2 una piccola chiesa che risponde 41.57.3 all' orïente, assai commoda e bella: 41.57.4 di sotto un bosco scende sin all' onde, 41.57.5 di lauri e di ginepri e di mortella, 41.57.6 e di palme fruttifere e feconde; 41.57.7 che riga sempre una liquida fonte, 41.57.8 che mormorando cade giù dal monte. 41.58.1 Eran degli anni ormai presso a quaranta 41.58.2 che su lo scoglio il fraticel si messe; 41.58.3 ch' a menar vita solitaria e santa 41.58.4 luogo oportuno il Salvator gli elesse. 41.58.5 Di frutte colte or d' una or d' altra pianta, 41.58.6 e d' acqua pura la sua vita resse, 41.58.7 che valida e robusta e senza affanno 41.58.8 era venuta all' ottantesimo anno. 41.59.1 Dentro la cella il vecchio accese il fuoco, 41.59.2 e la mensa ingombrò di varii frutti, 41.59.3 ove si ricreò Ruggiero un poco, 41.59.4 poscia ch' i panni e i capelli ebbe asciutti. 41.59.5 Imparò poi più ad agio in questo loco 41.59.6 de nostra fede i gran misterii tutti; 41.59.7 et alla pura fonte ebbe battesmo 41.59.8 il dì seguente dal vecchio medesmo. 41.60.1 Secondo il luogo, assai contento stava 41.60.2 quivi Ruggier; che 'l buon servo di Dio 41.60.3 fra pochi giorni intenzïon gli dava 41.60.4 di rimandarlo ove più avea disio. 41.60.5 Di molte cose intanto ragionava 41.60.6 con lui sovente, or al regno di Dio, 41.60.7 or agli proprii casi appertinenti, 41.60.8 or del suo sangue alle future genti. 41.61.1 Avea il Signor, che 'l tutto intende e vede, 41.61.2 rivelato al santissimo eremita, 41.61.3 che Ruggier da quel dì ch' ebbe la fede, 41.61.4 dovea sette anni, e non più, stare in vita; 41.61.5 che per la morte che sua donna diede 41.61.6 a Pinabel, ch' a-llui fia attribuita, 41.61.7 saria, e per quella ancor di Bertolagi, 41.61.8 morto dai Maganzesi empi e malvagi. 41.62.1 E che quel tradimento andrà sì occulto, 41.62.2 che non se n' udirà di fuor novella; 41.62.3 perché nel proprio loco fia sepulto, 41.62.4 ove anco ucciso da la gente fella: 41.62.5 per questo tardi vendicato et ulto 41.62.6 fia da la moglie e da la sua sorella. 41.62.7 E che col ventre pien per lunga via 41.62.8 da la moglie fedel cercato fia. 41.63.1 Fra l' Adice e la Brenta a piè de' colli 41.63.2 ch' al troiano Antenòr piacqueno tanto, 41.63.3 con le sulfuree vene e rivi molli, 41.63.4 con lieti solchi e prati ameni a canto, 41.63.5 che con l' alta Ida volentier mutolli, 41.63.6 col sospirato Ascanio e caro Xanto, 41.63.7 a parturir verrà ne le foreste 41.63.8 che son poco lontane al frigio Ateste. 41.64.1 E ch' in bellezza et in valor cresciuto 41.64.2 il parto suo, che pur Ruggier fia detto, 41.64.3 e del sangue troian riconosciuto 41.64.4 da quei Troiani, in lor signor fia elletto; 41.64.5 e poi da Carlo, a cui sarà in aiuto 41.64.6 incontra i Longobardi giovinetto, 41.64.7 dominio giusto avrà del bel paese, 41.64.8 e titolo onorato di marchese. 41.65.1 E perché dirà Carlo in latino: --Este 41.65.2 signori qui, -- quando faràgli il dono, 41.65.3 nel secolo futur nominato Este 41.65.4 sarà il bel luogo con augurio buono; 41.65.5 e così lascierà il nome d' Ateste 41.65.6 de le due prime note il vecchio suono. 41.65.7 Avea Dio ancora al servo suo predetta 41.65.8 di Ruggier la futura aspra vendetta: 41.66.1 ch' in visïone alla fedel consorte 41.66.2 apparirà dinanzi al giorno un poco; 41.66.3 e le dirà chi l' avrà messo a morte, 41.66.4 e, dove giacerà, mostrerà il loco: 41.66.5 onde ella poi con la cognata forte 41.66.6 distruggerà Pontieri a ferro e a fuoco; 41.66.7 né farà a' Maganzesi minor danni 41.66.8 il figlio suo Ruggiero, ov' abbia gli anni. 41.67.1 D' Azzi, d' Alberti, d' Obici discorso 41.67.2 fatto gli aveva, e di lor stirpe bella, 41.67.3 insino a Nicolò, Leonello, Borso, 41.67.4 Ercole, Alfonso, Ippolito, e Issabella. 41.67.5 Ma il santo vecchio, ch' alla lingua ha il morso, 41.67.6 non di quanto egli sa però favella: 41.67.7 narra a Ruggier quel che narrar conviensi; 41.67.8 e quel ch' in sé de' ritener, ritiensi. 41.68.1 In questo tempo Orlando e Brandimarte 41.68.2 e 'l marchese Olivier col ferro basso 41.68.3 vanno a trovare il saracino Marte 41.68.4 (che così nominar si può Gradasso) 41.68.5 e gli altri duo che da contraria parte 41.68.6 han mosso i buon destrier più che di passo; 41.68.7 io dico il re Agramante e 'l re Sobrino: 41.68.8 rimbomba al corso il lito e 'l mar vicino. 41.69.1 Quando allo scontro vengono a trovarsi, 41.69.2 e in tronchi vola al ciel rotta ogni lancia, 41.69.3 del gran rumor fu visto il mar gonfiarsi, 41.69.4 del gran rumor che s' udì sino in Francia. 41.69.5 Venne Orlando e Gradasso a riscontrarsi; 41.69.6 e potea stare ugual questa bilancia, 41.69.7 se non era il vantaggio di Baiardo, 41.69.8 che fe' parer Gradasso più gagliardo. 41.70.1 Percosse egli il destrier di minor forza, 41.70.2 ch' Orlando avea, d' un urto così strano, 41.70.3 che lo fece piegare a poggia e ad orza, 41.70.4 e poi cader, quanto era lungo, al piano. 41.70.5 Orlando di levarlo si risforza 41.70.6 tre volte e quattro, e con sproni e con mano; 41.70.7 e quando al fin nol può levar, ne scende, 41.70.8 lo scudo imbraccia, e Balisarda prende. 41.71.1 Scontrossi col re d' Africa Oliviero; 41.71.2 e fur di quello incontro a paro a paro. 41.71.3 Brandimarte restar senza destriero 41.71.4 fece Sobrin: ma non si seppe chiaro 41.71.5 se v' ebbe il destrier colpa o il cavalliero; 41.71.6 ch' avezzo era cader Sobrin di raro. 41.71.7 O del destriero o suo pur fosse il fallo, 41.71.8 Sobrin si ritrovò giù del cavallo. 41.72.1 Or Brandimarte che vide per terra 41.72.2 il re Sobrin, non l' assalì altrimente, 41.72.3 ma contra il re Gradasso si disserra, 41.72.4 ch' avea abbattuto Orlando parimente. 41.72.5 Tra il marchese e Agramante andò la guerra 41.72.6 come fu cominciata primamente: 41.72.7 poi che si roppon l' aste negli scudi, 41.72.8 s' eran tornati incontra a stocchi ignudi. 41.73.1 Orlando, che Gradasso in atto vede, 41.73.2 che par ch' a lui tornar poco gli caglia; 41.73.3 né tornar Brandimarte gli concede, 41.73.4 tanto lo stringe e tanto lo travaglia; 41.73.5 si volge intorno, e similmente a piede 41.73.6 vede Sobrin che sta senza battaglia. 41.73.7 Vêr lui s' aventa; e al muover de le piante 41.73.8 fa il ciel tremar del suo fiero sembiante. 41.74.1 Sobrin che di tanto uom vede l' assalto, 41.74.2 stretto ne l' arme s' apparecchia tutto: 41.74.3 come nocchiero a cui vegna a gran salto 41.74.4 muggendo incontra il minaccioso flutto, 41.74.5 drizza la prora; e quando il mar tant' alto 41.74.6 vede salire, esser vorria all' asciutto. 41.74.7 Sobrin lo scudo oppone alla ruina 41.74.8 che da la spada vien di Falerina. 41.75.1 Di tal finezza è quella Balisarda, 41.75.2 che l' arme le puon far poco riparo; 41.75.3 in man poi di persona sì gagliarda, 41.75.4 in man d' Orlando, unico al mondo o raro, 41.75.5 taglia lo scudo; e nulla la ritarda, 41.75.6 perché cerchiato sia tutto d' acciaro: 41.75.7 taglia lo scudo e sino al fondo fende, 41.75.8 e sotto a quello in su la spalla scende. 41.76.1 Scende alla spalla; e perché la ritrovi 41.76.2 di doppia lama e di maglia coperta, 41.76.3 non vuol però che molto ella le giovi, 41.76.4 che di gran piaga non la lasci aperta. 41.76.5 Mena Sobrin; ma indarno è che si provi 41.76.6 ferire Orlando, a cui per grazia certa 41.76.7 diede il Motor del cielo e de le stelle, 41.76.8 che mai forar non se gli può la pelle. 41.77.1 Radoppia il colpo il valoroso conte, 41.77.2 e pensa da le spalle il capo torgli. 41.77.3 Sobrin che sa il valor di Chiaramonte, 41.77.4 e che poco gli val lo scudo opporgli, 41.77.5 s' arretra, ma non tanto, che la fronte 41.77.6 non venisse anco Balisarda a corgli. 41.77.7 Di piatto fu, ma il colpo tanto fello, 41.77.8 ch' amaccò l' elmo, e gl' intronò il cervello. 41.78.1 Cadde Sobrin del fiero colpo in terra, 41.78.2 onde a gran pezzo poi non è risorto. 41.78.3 Crede finita aver con lui la guerra 41.78.4 il paladino, e che si giaccia morto; 41.78.5 e verso il re Gradasso si disserra, 41.78.6 che Brandimarte non meni a mal porto: 41.78.7 che 'l pagan d' arme e di spada l' avanza 41.78.8 e di destriero, e forse di possanza. 41.79.1 L' ardito Brandimarte in su Frontino, 41.79.2 quel buon destrier che di Ruggier fu dianzi, 41.79.3 si porta così ben col Saracino, 41.79.4 che non par già che quel troppo l' avanzi: 41.79.5 e s' egli avesse osbergo così fino 41.79.6 come il pagan, gli staria meglio inanzi; 41.79.7 ma gli convien (che mal si sente armato) 41.79.8 spesso dar luogo or d' uno or d' altro lato. 41.80.1 Altro destrier non è che meglio intenda 41.80.2 di quel Frontino il cavalliero a cenno: 41.80.3 par che dovunque Durindana scenda, 41.80.4 or quinci or quindi abbia a schivarla senno. 41.80.5 Agramante e Olivier battaglia orrenda 41.80.6 altrove fanno, e giudicar si denno 41.80.7 per duo guerrier di pari in arme accorti, 41.80.8 e pochi differenti in esser forti. 41.81.1 Avea lasciato, come io dissi, Orlando 41.81.2 Sobrino in terra; e contra il re Gradasso, 41.81.3 soccorrer Brandimarte disïando, 41.81.4 come si trovò a piè, venìa a gran passo. 41.81.5 Era vicin per assalirlo, quando 41.81.6 vide in mezzo del campo andare a spasso 41.81.7 il buon cavallo onde Sobrin fu spinto; 41.81.8 e per averlo, presto si fu accinto. 41.82.1 Ebbe il destrier, che non trovò contesa, 41.82.2 e levò un salto, et entrò ne la sella. 41.82.3 Ne l' una man la spada tien sospesa, 41.82.4 mette l' altra alla briglia ricca e bella. 41.82.5 Gradasso vede Orlando, e non gli pesa, 41.82.6 ch' a lui ne viene, e per nome l' appella. 41.82.7 Ad esso e a Brandimarte e all' altro spera 41.82.8 far parer notte, e che non sia ancor sera. 41.83.1 Voltasi al conte, e Brandimarte lassa, 41.83.2 e d' una punta lo trova al camaglio: 41.83.3 fuor che la carne, ogni altra cosa passa: 41.83.4 per forar quella è vano ogni travaglio. 41.83.5 Orlando a un tempo Balisarda abbassa: 41.83.6 non vale incanto ov' ella mette il taglio. 41.83.7 L' elmo, lo scudo, l' osbergo e l' arnese, 41.83.8 venne fendendo in giù ciò ch' ella prese; 41.84.1 e nel volto e nel petto e ne la coscia 41.84.2 lasciò ferito il re di Sericana, 41.84.3 di cui non fu mai tratto sangue, poscia 41.84.4 ch' ebbe quell' arme: or gli par cosa strana 41.84.5 che quella spada (e n' ha dispetto e angoscia) 41.84.6 le tagli or sì; né pur è Durindana. 41.84.7 E se più lungo il colpo era o più appresso, 41.84.8 l' avria dal capo insino al ventre fesso. 41.85.1 Non bisogna più aver ne l' arme fede, 41.85.2 come avea dianzi; che la prova è fatta. 41.85.3 Con più riguardo e più ragion procede, 41.85.4 che non solea; meglio al parar si adatta. 41.85.5 Brandimarte ch' Orlando entrato vede, 41.85.6 che gli ha di man quella battaglia tratta, 41.85.7 si pone in mezzo all' una e all' altra pugna, 41.85.8 perché in aiuto, ove è bisogno, giugna. 41.86.1 Essendo la battaglia in tale istato, 41.86.2 Sobrin, ch' era giaciuto in terra molto, 41.86.3 si levò, poi ch' in sé fu ritornato; 41.86.4 e molto gli dolea la spalla e 'l volto: 41.86.5 alzò la vista e mirò in ogni lato; 41.86.6 poi dove vide il suo signor, rivolto, 41.86.7 per dargli aiuto i lunghi passi torse 41.86.8 tacito sì, ch' alcun non se n' accorse. 41.87.1 Vien dietro ad Olivier che tenea gli occhi 41.87.2 al re Agramante e poco altro attendea; 41.87.3 e gli ferì nei deretan ginocchi 41.87.4 il destrier di percossa in modo rea, 41.87.5 che senza indugio è forza che trabocchi. 41.87.6 Cade Olivier, né 'l piede aver potea, 41.87.7 il manco piè, ch' al non pensato caso 41.87.8 sotto il cavallo in staffa era rimaso. 41.88.1 Sobrin radoppia il colpo, e di riverso 41.88.2 gli mena, e se gli crede il capo tôrre; 41.88.3 ma lo vieta l' acciar lucido e terso, 41.88.4 che temprò già Vulcan, portò già Ettorre. 41.88.5 Vede il periglio Brandimarte, e verso 41.88.6 il re Sobrino a tutta briglia corre; 41.88.7 e lo fere in sul capo, e gli dà d' urto: 41.88.8 ma il fiero vecchio è tosto in piè risurto; 41.89.1 E torna ad Olivier per dargli spaccio, 41.89.2 sì ch' espedito all' altra vita vada; 41.89.3 o non lasciare almen ch' esca d' impaccio, 41.89.4 ma che si stia sotto 'l cavallo a bada. 41.89.5 Olivier c' ha di sopra il miglior braccio, 41.89.6 sì che si può difender con la spada, 41.89.7 di qua di là tanto percuote e punge, 41.89.8 che, quanta è lunga, fa Sobrin star lunge. 41.90.1 Spera, s' alquanto il tien da sé rispinto, 41.90.2 in poco spazio uscir di quella pena. 41.90.3 Tutto di sangue il vede molle e tinto, 41.90.4 e che ne versa tanto in su l' arena, 41.90.5 che gli par ch' abbia tosto a restar vinto: 41.90.6 debole è sì, che si sostiene a pena. 41.90.7 Fa per levarsi Olivier molte prove, 41.90.8 né da dosso il destrier però si muove. 41.91.1 Trovato ha Brandimarte il re Agramante, 41.91.2 e cominciato a tempestargli intorno: 41.91.3 or con Frontin gli è al fianco, or gli è davante, 41.91.4 con quel Frontin che gira come un torno. 41.91.5 Buon cavallo ha il figliuol di Monodante; 41.91.6 non l' ha peggiore il re di Mezzogiorno: 41.91.7 ha Brigliador, che gli donò Ruggiero 41.91.8 poi che lo tolse a Mandricardo altiero. 41.92.1 Vantaggio ha bene assai de l' armatura; 41.92.2 a tutta prova l' ha buona e perfetta. 41.92.3 Brandimarte la sua tolse a ventura, 41.92.4 qual poté avere a tal bisogno in fretta: 41.92.5 ma sua animosità sì l' assicura, 41.92.6 ch' in miglior tosto di cangiarla aspetta; 41.92.7 come che 'l re african d' aspra percossa 41.92.8 la spalla destra gli avea fatta rossa; 41.93.1 e serbi da Gradasso anco nel fianco 41.93.2 piaga da non pigliar però da giuoco. 41.93.3 Tanto l' attese al varco il guerrier franco, 41.93.4 che di cacciar la spada trovò loco. 41.93.5 Spezzò lo scudo, e ferì il braccio manco, 41.93.6 e poi ne la man destra il toccò un poco. 41.93.7 Ma questo un scherzo si può dire e un spasso 41.93.8 verso quel che fa Orlando e 'l re Gradasso. 41.94.1 Gradasso ha mezzo Orlando disarmato; 41.94.2 l' elmo gli ha in cima e da dui lati rotto, 41.94.3 e fattogli cader lo scudo al prato, 41.94.4 osbergo e maglia apertagli di sotto: 41.94.5 non l' ha ferito già, ch' era affatato. 41.94.6 Ma il paladino ha lui peggio condotto: 41.94.7 in faccia, ne la gola, in mezzo il petto 41.94.8 l' ha ferito, oltre a quel che già v' ho detto. 41.95.1 Gradasso disperato, che si vede 41.95.2 del proprio sangue tutto molle e brutto, 41.95.3 e ch' Orlando del suo dal capo al piede 41.95.4 sta dopo tanti colpi ancora asciutto; 41.95.5 leva il brando a due mani, e ben si crede 41.95.6 partirgli il capo, il petto, il ventre e 'l tutto: 41.95.7 e a punto, come vuol, sopra la fronte 41.95.8 percuote a mezza spada il fiero conte. 41.96.1 E s' era altro ch' Orlando, l' avria fatto, 41.96.2 l' avria sparato fin sopra la sella: 41.96.3 ma, come colto l' avesse di piatto, 41.96.4 la spada ritornò lucida e bella. 41.96.5 De la percossa Orlando stupefatto, 41.96.6 vide, mirando in terra, alcuna stella: 41.96.7 lasciò la briglia, e 'l brando avria lasciato; 41.96.8 ma di catena al braccio era legato. 41.97.1 Del suon del colpo fu tanto smarrito 41.97.2 il corridor ch' Orlando avea sul dorso, 41.97.3 che discorrendo il polveroso lito, 41.97.4 mostrando gìa quanto era buono al corso. 41.97.5 De la percossa il conte tramortito, 41.97.6 non ha valor di ritenergli il morso. 41.97.7 Segue Gradasso, e l' avria tosto giunto, 41.97.8 poco più che Baiardo avesse punto. 41.98.1 Ma nel voltar degli occhi, il re Agramante 41.98.2 vide condotto all' ultimo periglio: 41.98.3 che ne l' elmo il figliuol di Monodante 41.98.4 col braccio manco gli ha dato di piglio; 41.98.5 e glie l' ha dislacciato già davante, 41.98.6 e tenta col pugnal nuovo consiglio: 41.98.7 né gli può far quel re difesa molta, 41.98.8 perché di man gli ha ancor la spada tolta. 41.99.1 Volta Gradasso, e più non segue Orlando, 41.99.2 ma, dove vede il re Agramante, accorre. 41.99.3 L' incauto Brandimarte, non pensando 41.99.4 ch' Orlando costui lasci da sé tôrre, 41.99.5 non gli ha né gli occhi né 'l pensiero, instando 41.99.6 il coltel ne la gola al pagan porre. 41.99.7 Giunge Gradasso, e a tutto suo potere 41.99.8 con la spada a due man l' elmo gli fere. 41.100.1 Padre del ciel, dà fra gli eletti tuoi 41.100.2 spiriti luogo al martir tuo fedele, 41.100.3 che giunto al fin de' tempestosi suoi 41.100.4 vïaggi, in porto ormai lega le vele. 41.100.5 Ah Durindana, dunque esser tu puoi 41.100.6 al tuo signore Orlando sì crudele, 41.100.7 che la più grata compagnia e più fida 41.100.8 ch' egli abbia al mondo, inanzi tu gli uccida? 41.101.1 Di ferro un cerchio grosso era duo dita 41.101.2 intorno all' elmo, e fu tagliato e rotto 41.101.3 dal gravissimo colpo, e fu partita 41.101.4 la cuffia de l' acciar ch' era di sotto. 41.101.5 Brandimarte con faccia sbigottita 41.101.6 giù del destrier si riversciò di botto; 41.101.7 e fuor del capo fe' con larga vena 41.101.8 correr di sangue un fiume in su l' arena. 41.102.1 Il conte si risente, e gli occhi gira, 41.102.2 et ha il suo Brandimarte in terra scorto; 41.102.3 e sopra in atto il Serican gli mira, 41.102.4 che ben conoscer può che glie l' ha morto. 41.102.5 Non so se in lui poté più il duolo o l' ira; 41.102.6 ma da piangere il tempo avea sì corto, 41.102.7 che restò il duolo, e l' ira uscì più in fretta. 41.102.8 Ma tempo è omai che fine al canto io metta.
CANTO XLII
42.1.1 Qual duro freno o qual ferrigno nodo, 42.1.2 qual, s' esser può, catena di diamante 42.1.3 farà che l' ira servi ordine e modo, 42.1.4 che non trascorra oltre al prescritto inante, 42.1.5 quando persona che con saldo chiodo 42.1.6 t' abbia già fissa Amor nel cor constante, 42.1.7 tu vegga o per violenzia o per inganno 42.1.8 patire o disonore o mortal danno? 42.2.1 E s' a crudel, s' ad inumano effetto 42.2.2 quell' impeto talor l' animo svia, 42.2.3 merita escusa, perché allor del petto 42.2.4 non ha ragione imperio né balìa. 42.2.5 Achille, poi che sotto il falso elmetto 42.2.6 vide Patròclo insanguinar la via, 42.2.7 d' uccider chi l' uccise non fu sazio, 42.2.8 se nol traea, se non ne facea strazio. 42.3.1 Invitto Alfonso, simile ira accese 42.3.2 la vostra gente il dì che vi percosse 42.3.3 la fronte il grave sasso, e sì v' offese, 42.3.4 ch' ognun pensò che l' alma gita fosse: 42.3.5 l' accese in tal furor, che non difese 42.3.6 vostri inimici argini o mura o fosse, 42.3.7 che non fossino insieme tutti morti, 42.3.8 senza lasciar chi la novella porti. 42.4.1 Il vedervi cader causò il dolore 42.4.2 che i vostri a furor mosse e a crudeltade. 42.4.3 S' eravate in piè voi, forse minore 42.4.4 licenzia avriano avute le lor spade. 42.4.5 Eravi assai, che la Bastia in manche ore 42.4.6 v' aveste ritornata in potestade, 42.4.7 che tolta in giorni a voi non era stata 42.4.8 da gente cordovese e di Granata. 42.5.1 Forse fu da Dio vindice permesso 42.5.2 che vi trovaste a quel caso impedito, 42.5.3 acciò che 'l crudo e scelerato eccesso 42.5.4 che dianzi fatto avean, fosse punito; 42.5.5 che, poi ch' in lor man vinto si fu messo 42.5.6 il miser Vestidel, lasso e ferito, 42.5.7 senz' arme fu tra cento spade ucciso 42.5.8 dal popul la più parte circonciso. 42.6.1 Ma perch' io vo' concludere, vi dico 42.6.2 che nessun' altra quell' ira pareggia, 42.6.3 quando signor, parente, o sozio antico 42.6.4 dinanzi agli occhi ingiurïar ti veggia. 42.6.5 Dunque è ben dritto per sì caro amico, 42.6.6 che subit' ira il cor d' Orlando feggia; 42.6.7 che de l' orribil colpo che gli diede 42.6.8 il re Gradasso, morto in terra il vede. 42.7.1 Qual nomade pastor che vedut' abbia 42.7.2 fuggir strisciando l' orrido serpente 42.7.3 che il figliuol che giocava ne la sabbia 42.7.4 ucciso gli ha col venenoso dente, 42.7.5 stringe il baston con còlera e con rabbia; 42.7.6 tal la spada, d' ogni altra più tagliente, 42.7.7 stringe con ira il cavallier d' Anglante: 42.7.8 il primo che trovò, fu 'l re Agramante; 42.8.1 che sanguinoso e de la spada privo, 42.8.2 con mezzo scudo e con l' elmo disciolto, 42.8.3 e ferito in più parti ch' io non scrivo, 42.8.4 s' era di man di Brandimarte tolto, 42.8.5 come di piè all' astor sparvier mal vivo, 42.8.6 a cui lasciò alla coda invido o stolto. 42.8.7 Orlando giunse, e messe il colpo giusto 42.8.8 ove il capo si termina col busto. 42.9.1 Sciolto era l' elmo e disarmato il collo, 42.9.2 sì che lo tagliò netto come un giunco. 42.9.3 Cadde, e diè nel sabbion l' ultimo crollo 42.9.4 del regnator di Libia il grave trunco. 42.9.5 Corse lo spirto all' acque, onde tirollo 42.9.6 Caron nel legno suo col graffio adunco. 42.9.7 Orlando sopra lui non si ritarda, 42.9.8 ma trova il Serican con Balisarda. 42.10.1 Come vide Gradasso d' Agramante 42.10.2 cadere il busto dal capo diviso; 42.10.3 quel ch' accaduto mai non gli era inante, 42.10.4 tremò nel core e si smarrì nel viso; 42.10.5 e all' arrivar del cavallier d' Anglante, 42.10.6 presago del suo mal, parve conquiso. 42.10.7 Per schermo suo partito alcun non prese, 42.10.8 quando il colpo mortal sopra gli scese. 42.11.1 Orlando lo ferì nel destro fianco 42.11.2 sotto l' ultima costa; e il ferro, immerso 42.11.3 nel ventre, un palmo uscì dal lato manco, 42.11.4 di sangue sin all' elsa tutto asperso. 42.11.5 Mostrò ben che di man fu del più franco 42.11.6 e del meglior guerrier de l' universo 42.11.7 il colpo ch' un signor condusse a morte, 42.11.8 di cui non era in Pagania il più forte. 42.12.1 Di tal vittoria non troppo gioioso, 42.12.2 presto di sella il paladin si getta; 42.12.3 e col viso turbato e lacrimoso 42.12.4 a Brandimarte suo corre a gran fretta. 42.12.5 Gli vede intorno il campo sanguinoso: 42.12.6 l' elmo che par ch' aperto abbia una accetta, 42.12.7 se fosse stato fral più che di scorza, 42.12.8 difeso non l' avria con minor forza. 42.13.1 Orlando l' elmo gli levò dal viso, 42.13.2 e ritrovò che 'l capo sino al naso 42.13.3 fra l' uno e l' altro ciglio era diviso: 42.13.4 ma pur gli è tanto spirto anco rimaso, 42.13.5 che de' suoi falli al Re del paradiso 42.13.6 può domandar perdono anzi l' occaso; 42.13.7 e confortare il conte, che le gote 42.13.8 sparge di pianto, a pazïenzia puote; 42.14.1 e dirgli: -- Orlando, fa che ti raccordi 42.14.2 di me ne l' orazion tue grate a Dio; 42.14.3 né men ti raccomando la mia Fiordi... -- 42.14.4 ma dir non poté: --...ligi --, e qui finio. 42.14.5 E voci e suoni d' angeli concordi 42.14.6 tosto in aria s' udîr, che l' alma uscìo; 42.14.7 la qual disciolta dal corporeo velo 42.14.8 fra dolce melodia salì nel cielo. 42.15.1 Orlando, ancor che far dovea allegrezza 42.15.2 di sì devoto fine, e sapea certo 42.15.3 che Brandimarte alla suprema altezza 42.15.4 salito era (che 'l ciel gli vide aperto), 42.15.5 pur da la umana volontade, avezza 42.15.6 coi fragil sensi, male era sofferto 42.15.7 ch' un tal più che fratel gli fosse tolto, 42.15.8 e non aver di pianto umido il volto. 42.16.1 Sobrin che molto sangue avea perduto, 42.16.2 che gli piovea sul fianco e su le gote, 42.16.3 riverso già gran pezzo era caduto, 42.16.4 e aver ne dovea ormai le vene vòte. 42.16.5 Ancor giacea Olivier, né rïavuto 42.16.6 il piede avea, né rïaver lo puote 42.16.7 se non ismosso, e de lo star che tanto 42.16.8 gli fece il destrier sopra, mezzo infranto: 42.17.1 e se 'l cognato non venìa ad aitarlo 42.17.2 (sì come lacrimoso era e dolente), 42.17.3 per se medesmo non potea ritrarlo; 42.17.4 e tanta doglia e tal martìr ne sente, 42.17.5 che ritratto che l' ebbe, né a mutarlo 42.17.6 né a fermarvisi sopra era possente; 42.17.7 e n' ha insieme la gamba sì stordita, 42.17.8 che muover non si può, se non si aita. 42.18.1 De la vittoria poco rallegrosse 42.18.2 Orlando; e troppo gli era acerbo e duro 42.18.3 veder che morto Brandimarte fosse, 42.18.4 né del cognato molto esser sicuro. 42.18.5 Sobrin, che vivea ancora, ritrovosse, 42.18.6 ma poco chiaro avea con molto oscuro; 42.18.7 che la sua vita per l' uscito sangue 42.18.8 era vicina a rimanere esangue. 42.19.1 Lo fece tor, che tutto era sanguigno, 42.19.2 il conte, e medicar discretamente; 42.19.3 e confortollo con parlar benigno, 42.19.4 come se stato gli fosse parente; 42.19.5 che dopo il fatto nulla di maligno 42.19.6 in sé tenea, ma tutto era clemente. 42.19.7 Fece dei morti arme e cavalli tôrre; 42.19.8 del resto a' servi lor lasciò disporre. 42.20.1 Qui de la istoria mia, che non sia vera, 42.20.2 Federigo Fulgoso è in dubbio alquanto, 42.20.3 che con l' armata avendo la riviera 42.20.4 di Barberia trascorsa in ogni canto, 42.20.5 capitò quivi, e l' isola sì fiera, 42.20.6 montuosa e inegual ritrovò tanto, 42.20.7 che non è, dice, in tutto il luogo strano, 42.20.8 ove un sol piè si possa metter piano: 42.21.1 né verisimil tien che ne l' alpestre 42.21.2 scoglio sei cavallieri, il fior del mondo, 42.21.3 potesson far quella battaglia equestre. 42.21.4 Alla quale obiezion così rispondo: 42.21.5 ch' a quel tempo una piazza de le destre, 42.21.6 che sieno a questo, avea lo scoglio al fondo; 42.21.7 ma poi, ch' un sasso che 'l tremuoto aperse, 42.21.8 le cadde sopra, e tutta la coperse. 42.22.1 Sì che, o chiaro fulgor de la Fulgosa 42.22.2 stirpe, o serena, o sempre viva luce, 42.22.3 se mai mi riprendeste in questa cosa, 42.22.4 e forse inanti a quello invitto duce 42.22.5 per cui la vostra patria or si riposa, 42.22.6 lascia ogni odio, e in amor tutta s' induce; 42.22.7 vi priego che non siate a dirgli tardo, 42.22.8 ch' esser può che né in questo io sia bugiardo. 42.23.1 In questo tempo, alzando gli occhi al mare, 42.23.2 vide Orlando venire a vela in fretta 42.23.3 un navilio leggier, che di calare 42.23.4 facea sembiante sopra l' isoletta. 42.23.5 Di chi si fosse, io non voglio or contare, 42.23.6 perc' ho più d' uno altrove che m' aspetta. 42.23.7 Veggiamo in Francia, poi che spinto n' hanno 42.23.8 i Saracin, se mesti o lieti stanno. 42.24.1 Veggiàn che fa quella fedele amante 42.24.2 che vede il suo contento ir sì lontano; 42.24.3 dico la travagliata Bradamante, 42.24.4 poi che ritrova il giuramento vano, 42.24.5 ch' avea fatto Ruggier pochi dì inante, 42.24.6 udendo il nostro e l' altro stuol pagano. 42.24.7 Poi ch' in questo ancor manca, non le avanza 42.24.8 in ch' ella debba più metter speranza. 42.25.1 E ripetendo i pianti e le querele 42.25.2 che pur troppo domestiche le furo, 42.25.3 tornò a sua usanza a nominar crudele 42.25.4 Ruggiero, e 'l suo destin spietato e duro. 42.25.5 Indi sciogliendo al gran dolor le vele, 42.25.6 il ciel, che consentia tanto pergiuro, 42.25.7 né fatto n' avea ancor segno evidente, 42.25.8 ingiusto chiama, debole e impotente. 42.26.1 Ad accusar Melissa si converse, 42.26.2 e maledir l' oracol de la grotta; 42.26.3 ch' a lor mendace suasïon s' immerse 42.26.4 nel mar d' amore, ov' è a morir condotta. 42.26.5 Poi con Marfisa ritornò a dolerse 42.26.6 del suo fratel che le ha la fede rotta: 42.26.7 con lei grida e si sfoga, e le domanda, 42.26.8 piangendo, aiuto, e se le raccomanda. 42.27.1 Marfisa si ristringe ne le spalle, 42.27.2 e, quel sol che pò far, le dà conforto; 42.27.3 né crede che Ruggier mai così falle, 42.27.4 ch' a lei non debba ritornar di corto. 42.27.5 E se non torna pur, sua fede dàlle, 42.27.6 ch' ella non patirà sì grave torto; 42.27.7 o che battaglia piglierà con esso, 42.27.8 o gli farà osservar ciò c' ha promesso. 42.28.1 Così fa ch' ella un poco il duol raffrena; 42.28.2 ch' avendo ove sfogarlo, è meno acerbo. 42.28.3 Or ch' abbiam vista Bradamante in pena, 42.28.4 chiamar Ruggier pergiuro, empio e superbo; 42.28.5 veggiamo ancor, se miglior vita mena 42.28.6 il fratel suo che non ha polso o nerbo, 42.28.7 osso o medolla che non senta caldo 42.28.8 de le fiamme d' amor; dico Rinaldo: 42.29.1 dico Rinaldo, il qual, come sapete, 42.29.2 Angelica la bella amava tanto; 42.29.3 né l' avea tratto all' amorosa rete 42.29.4 sì la beltà di lei, come l' incanto. 42.29.5 Aveano gli altri paladin quïete, 42.29.6 essendo ai Mori ogni vigore affranto: 42.29.7 tra i vincitori era rimaso solo 42.29.8 egli captivo in amoroso duolo. 42.30.1 Cento messi a cercar che di lei fusse 42.30.2 avea mandato, e cerconne egli stesso. 42.30.3 Al fine a Malagigi si ridusse, 42.30.4 che nei bisogni suoi l' aiutò spesso. 42.30.5 A narrar il suo amor se gli condusse 42.30.6 col viso rosso e col ciglio demesso; 42.30.7 indi lo priega che gli insegni dove 42.30.8 la desïata Angelica si trove. 42.31.1 Gran maraviglia di sì strano caso 42.31.2 va rivolgendo a Malagigi il petto. 42.31.3 Sa che sol per Rinaldo era rimaso 42.31.4 d' averla cento volte e più nel letto: 42.31.5 et egli stesso, acciò che persuaso 42.31.6 fosse di questo, avea assai fatto e detto 42.31.7 con prieghi e con minaccie per piegarlo; 42.31.8 né mai avuto avea poter di farlo: 42.32.1 e tanto più, ch' allor Rinaldo avrebbe 42.32.2 tratto fuor Malagigi di prigione. 42.32.3 Fare or spontaneamente lo vorrebbe, 42.32.4 che nulla giova, e n' ha minor cagione. 42.32.5 Poi priega lui che ricordar si debbe 42.32.6 pur quanto ha offeso in questo oltr' a ragione; 42.32.7 che per negargli già, vi mancò poco 42.32.8 di non farlo morire in scuro loco. 42.33.1 Ma quanto a Malagigi le domande 42.33.2 di Rinaldo importune più pareano, 42.33.3 tanto, che l' amor suo fosse più grande, 42.33.4 indizio manifesto gli faceano. 42.33.5 I prieghi che con lui vani non spande, 42.33.6 fan che subito immerge ne l' oceano 42.33.7 ogni memoria de la ingiuria vecchia, 42.33.8 e che a dargli soccorso s' apparecchia. 42.34.1 Termine tolse alla risposta, e spene 42.34.2 gli diè, che favorevol gli saria, 42.34.3 e che gli saprà dir la via che tiene 42.34.4 Angelica, o sia in Francia o dove sia. 42.34.5 E quindi Malagigi al luogo viene 42.34.6 ove i demoni scongiurar solìa, 42.34.7 ch' era fra monti inaccessibil grotta: 42.34.8 apre il libro, e li spirti chiama in frotta. 42.35.1 Poi ne sceglie un che de' casi d' amore 42.35.2 avea notizia, e da lui saper volle, 42.35.3 come sia che Rinaldo ch' avea il core 42.35.4 dianzi sì duro, or l' abbia tanto molle: 42.35.5 e di quelle due fonti ode il tenore, 42.35.6 di che l' una dà il fuoco, e l' altra il tolle; 42.35.7 e al mal che l' una fa, nulla soccorre, 42.35.8 se non l' altra acqua che contraria corre. 42.36.1 Et ode come avendo già di quella 42.36.2 che l' amor caccia, beuto Rinaldo, 42.36.3 ai lunghi prieghi d' Angelica bella 42.36.4 si dimostrò così ostinato e saldo; 42.36.5 e che poi giunto per sua iniqua stella 42.36.6 a ber ne l' altra l' amoroso caldo, 42.36.7 tornò ad amar, per forza di quelle acque, 42.36.8 lei che pur dianzi oltr' al dover gli spiacque. 42.37.1 Da iniqua stella e fier destin fu giunto 42.37.2 a ber la fiamma in quel ghiacciato rivo; 42.37.3 perché Angelica venne quasi a un punto 42.37.4 a ber ne l' altro di dolcezza privo, 42.37.5 che d' ogni amor le lasciò il cor sì emunto, 42.37.6 ch' indi ebbe lui più che le serpi a schivo: 42.37.7 egli amò lei, e l' amor giunse al segno 42.37.8 in ch' era già di lei l' odio e lo sdegno. 42.38.1 Del caso strano di Rinaldo a pieno 42.38.2 fu Malagigi dal demonio instrutto, 42.38.3 che gli narrò d' Angelica non meno, 42.38.4 ch' a un giovine african si donò in tutto; 42.38.5 e come poi lasciato avea il terreno 42.38.6 tutto d' Europa, e per l' instabil flutto 42.38.7 verso India sciolto avea dai liti ispani 42.38.8 su l' audaci galee de' Catallani. 42.39.1 Poi che venne il cugin per la risposta, 42.39.2 molto gli disuase Malagigi 42.39.3 di più Angelica amar, che s' era posta 42.39.4 d' un vilissimo barbaro ai servigi; 42.39.5 et ora sì da Francia si discosta, 42.39.6 che mal seguir se ne potria i vestigi: 42.39.7 ch' era oggimai più là ch' a mezza strada, 42.39.8 per andar con Medoro in sua contrada. 42.40.1 La partita d' Angelica non molto 42.40.2 sarebbe grave all' animoso amante; 42.40.3 né pur gli avria turbato il sonno, o tolto 42.40.4 il pensier di tornarsene in Levante: 42.40.5 ma sentendo ch' avea del suo amor colto 42.40.6 un Saracino le primizie inante, 42.40.7 tal passïone e tal cordoglio sente, 42.40.8 che non fu in vita sua, mai, più dolente. 42.41.1 Non ha poter d' una risposta sola; 42.41.2 triema il cor dentro, e trieman fuor le labbia; 42.41.3 non può la lingua disnodar parola; 42.41.4 la bocca ha amara, e par che tòsco v' abbia. 42.41.5 Da Malagigi subito s' invola; 42.41.6 e come il caccia la gelosa rabbia, 42.41.7 dopo gran pianto e gran ramaricarsi, 42.41.8 verso Levante fa pensier tornarsi. 42.42.1 Chiede licenzia al figlio di Pipino; 42.42.2 e trova scusa che 'l destrier Baiardo, 42.42.3 che ne mena Gradasso saracino 42.42.4 contra il dover di cavallier gagliardo, 42.42.5 lo muove per suo onore a quel camino, 42.42.6 acciò che vieti al Serican bugiardo 42.42.7 di mai vantarsi che con spada o lancia 42.42.8 l' abbia levato a un paladin di Francia. 42.43.1 Lasciollo andar con sua licenzia Carlo, 42.43.2 ben che ne fu con tutta Francia mesto; 42.43.3 ma finalmente non seppe negarlo, 42.43.4 tanto gli parve il desiderio onesto. 42.43.5 Vuol Dudon, vuol Guidone accompagnarlo; 42.43.6 ma lo niega Rinaldo a quello e a questo. 42.43.7 Lascia Parigi, e se ne va via solo, 42.43.8 pien di sospiri e d' amoroso duolo. 42.44.1 Sempre ha in memoria, e mai non se gli tolle, 42.44.2 ch' averla mille volte avea potuto, 42.44.3 e mille volte avea ostinato e folle 42.44.4 di sì rara beltà fatto rifiuto; 42.44.5 e di tanto piacer ch' aver non volle, 42.44.6 sì bello e sì buon tempo era perduto: 42.44.7 et ora eleggerebbe un giorno corto 42.44.8 averne solo, e rimaner poi morto. 42.45.1 Ha sempre in mente, e mai non se ne parte, 42.45.2 come esser puote ch' un povero fante 42.45.3 abbia del cor di lei spinto da parte 42.45.4 merito e amor d' ogni altro primo amante. 42.45.5 Con tal pensier che 'l cor gli straccia e parte, 42.45.6 Rinaldo se ne va verso Levante; 42.45.7 e dritto al Reno e a Basilea si tiene, 42.45.8 fin che d' Ardenna alla gran selva viene. 42.46.1 Poi che fu dentro a molte miglia andato 42.46.2 il paladin pel bosco aventuroso, 42.46.3 da ville e da castella allontanato, 42.46.4 ove aspro era più il luogo e periglioso, 42.46.5 tutto in un tratto vide il ciel turbato, 42.46.6 sparito il sol tra nuvoli nascoso, 42.46.7 et uscir fuor d' una caverna oscura 42.46.8 un strano mostro in feminil figura. 42.47.1 Mill' occhi in capo avea senza palpèbre; 42.47.2 non può serrarli, e non credo che dorma: 42.47.3 non men che gli occhi, avea l' orecchie crebre; 42.47.4 avea in loco de crin serpi a gran torma. 42.47.5 Fuor de le dïaboliche tenèbre 42.47.6 nel mondo uscì la spaventevol forma. 42.47.7 Un fiero e maggior serpe ha per la coda, 42.47.8 che pel petto si gira e che l' annoda. 42.48.1 Quel ch' a Rinaldo in mille e mille imprese 42.48.2 più non avvenne mai, quivi gli avviene; 42.48.3 che come vede il mostro ch' all' offese 42.48.4 se gli apparecchia, e ch' a trovar lo viene, 42.48.5 tanta paura, quanta mai non scese 42.48.6 in altri forse, gli entra ne le vene: 42.48.7 ma pur l' usato ardir simula e finge, 42.48.8 e con trepida man la spada stringe. 42.49.1 S' acconcia il mostro in guisa al fiero assalto, 42.49.2 che si può dir che sia mastro di guerra: 42.49.3 vibra il serpente venenoso in alto, 42.49.4 e poi contra Rinaldo si disserra; 42.49.5 di qua di là gli vien sopra a gran salto. 42.49.6 Rinaldo contra lui vaneggia et erra: 42.49.7 colpi a dritto e a riverso tira assai, 42.49.8 ma non ne tira alcun che fera mai. 42.50.1 Il mostro al petto il serpe ora gli appicca, 42.50.2 che sotto l' arme e sin nel cor l' agghiaccia; 42.50.3 ora per la visiera gliele ficca, 42.50.4 e fa ch' erra pel collo e per la faccia. 42.50.5 Rinaldo da l' impresa si dispicca, 42.50.6 e quanto può con sproni il destrier caccia: 42.50.7 ma la Furia infernal già non par zoppa, 42.50.8 che spicca un salto, e gli è subito in groppa. 42.51.1 Vada al traverso, al dritto, ove si voglia, 42.51.2 sempre ha con lui la maledetta peste; 42.51.3 né sa modo trovar, che se ne scioglia, 42.51.4 ben che 'l destrier di calcitrar non reste. 42.51.5 Triema a Rinaldo il cor come una foglia: 42.51.6 non ch' altrimente il serpe lo moleste; 42.51.7 ma tanto orror ne sente e tanto schivo, 42.51.8 che stride e geme, e duolsi ch' egli è vivo. 42.52.1 Nel più tristo sentier, nel peggior calle 42.52.2 scorrendo va, nel più intricato bosco, 42.52.3 ove ha più asprezza il balzo, ove la valle 42.52.4 è più spinosa, ov' è l' aer più fosco, 42.52.5 così sperando tôrsi da le spalle 42.52.6 quel brutto, abominoso, orrido tòsco; 42.52.7 e ne saria mal capitato forse, 42.52.8 se tosto non giungea chi lo soccorse. 42.53.1 Ma lo soccorse a tempo un cavalliero 42.53.2 di bello armato e lucido metallo, 42.53.3 che porta un giogo rotto per cimiero, 42.53.4 di rosse fiamme ha pien lo scudo giallo; 42.53.5 così trapunto il suo vestire altiero, 42.53.6 così la sopravesta del cavallo: 42.53.7 la lancia ha in pugno, e la spada al suo loco, 42.53.8 e la mazza all' arcion, che getta foco. 42.54.1 Piena d' un foco eterno è quella mazza, 42.54.2 che senza consumarsi ognora avampa: 42.54.3 né per buon scudo o tempra di corazza 42.54.4 o per grossezza d' elmo se ne scampa. 42.54.5 Dunque si debbe il cavallier far piazza, 42.54.6 giri ove vuol l' inestinguibil lampa: 42.54.7 né manco bisognava al guerrier nostro, 42.54.8 per levarlo di man del crudel mostro. 42.55.1 E come cavallier d' animo saldo, 42.55.2 ove ha udito il rumor, corre e galoppa, 42.55.3 tanto che vede il mostro che Rinaldo 42.55.4 col brutto serpe in mille nodi agroppa, 42.55.5 e sentir fagli a un tempo freddo e caldo; 42.55.6 che non ha via di torlosi di groppa. 42.55.7 Va il cavalliero, e fere il mostro al fianco 42.55.8 e lo fa trabboccar dal lato manco. 42.56.1 Ma quello è a pena in terra che si rizza, 42.56.2 e il lungo serpe intorno aggira e vibra. 42.56.3 Quest' altro più con l' asta non l' attizza; 42.56.4 ma di farla col fuoco si delibra. 42.56.5 La mazza impugna, e dove il serpe guizza, 42.56.6 spessi come tempesta i colpi libra; 42.56.7 né lascia tempo a quel brutto animale, 42.56.8 che possa farne un solo o bene o male: 42.57.1 e mentre a dietro il caccia o tiene a bada, 42.57.2 e lo percuote, e vendica mille onte, 42.57.3 consiglia il paladin che se ne vada 42.57.4 per quella via che s' alza verso il monte. 42.57.5 Quel s' appiglia al consiglio et alla strada; 42.57.6 e senza dietro mai volger la fronte, 42.57.7 non cessa, che di vista se gli tolle, 42.57.8 ben che molto aspro era a salir quel colle. 42.58.1 Il cavallier, poi ch' alla scura buca 42.58.2 fece tornare il mostro da l' inferno, 42.58.3 ove rode se stesso e si manuca, 42.58.4 e da mille occhi versa il pianto eterno; 42.58.5 per esser di Rinaldo guida e duca 42.58.6 gli salì dietro, e sul giogo superno 42.58.7 gli fu alle spalle, e si mise con lui 42.58.8 per trarlo fuor de' luoghi oscuri e bui. 42.59.1 Come Rinaldo il vide ritornato, 42.59.2 gli disse che gli avea grazia infinita, 42.59.3 e ch' era debitore in ogni lato 42.59.4 di porre a beneficio suo la vita. 42.59.5 Poi lo domanda come sia nomato, 42.59.6 acciò dir sappia chi gli ha dato aita, 42.59.7 e tra guerrieri possa e inanzi a Carlo 42.59.8 de l' alta sua bontà sempre esaltarlo. 42.60.1 Rispose il cavallier: -- Non ti rincresca 42.60.2 se 'l nome mio scoprir non ti vogli' ora: 42.60.3 ben tel dirò prima ch' un passo cresca 42.60.4 l' ombra; che ci sarà poca dimora. -- 42.60.5 Trovaro, andando insieme, un' acqua fresca 42.60.6 che col suo mormorio facea talora 42.60.7 pastori e vïandanti al chiaro rio 42.60.8 venire, e berne l' amoroso oblio. 42.61.1 Signor, queste eran quelle gelide acque, 42.61.2 quelle che spengon l' amoroso caldo; 42.61.3 di cui bevendo, ad Angelica nacque 42.61.4 l' odio ch' ebbe dipoi sempre a Rinaldo. 42.61.5 E s' ella un tempo a lui prima dispiacque, 42.61.6 e se ne l' odio il ritrovò sì saldo, 42.61.7 non derivò, Signor, la causa altronde, 42.61.8 se non d' aver beuto di queste onde. 42.62.1 Il cavallier che con Rinaldo viene, 42.62.2 come si vede inanzi al chiaro rivo, 42.62.3 caldo per la fatica il destrier tiene, 42.62.4 e dice: -- Il posar qui non fia nocivo. -- 42.62.5 -- Non fia (disse Rinaldo) se non bene; 42.62.6 ch' oltre che prema il mezzogiorno estivo, 42.62.7 m' ha così il brutto mostro travagliato, 42.62.8 che 'l riposar mi fia commodo e grato. -- 42.63.1 L' un e l' altro smontò del suo cavallo, 42.63.2 e pascer lo lasciò per la foresta; 42.63.3 e nel fiorito verde a rosso e a giallo 42.63.4 ambi si trasson l' elmo de la testa. 42.63.5 Corse Rinaldo al liquido cristallo, 42.63.6 spinto dal caldo e da sete molesta, 42.63.7 e cacciò, a un sorso del freddo liquore, 42.63.8 dal petto ardente e la sete e l' amore. 42.64.1 Quando lo vide l' altro cavalliero 42.64.2 la bocca sollevar de l' acqua molle, 42.64.3 e ritrarne pentito ogni pensiero 42.64.4 di quel desir ch' ebbe d' amor sì folle; 42.64.5 si levò ritto, e con sembiante altiero 42.64.6 gli disse quel che dianzi dir non volle: 42.64.7 -- Sappi, Rinaldo, il nome mio è lo Sdegno, 42.64.8 venuto sol per sciorti il giogo indegno. -- 42.65.1 Così dicendo, subito gli sparve, 42.65.2 e sparve insieme il suo destrier con lui. 42.65.3 Questo a Rinaldo un gran miracol parve; 42.65.4 s' aggirò intorno, e disse: -- Ove è costui? -- 42.65.5 Stimar non sa se sian magiche larve, 42.65.6 che Malagigi un de' ministri sui 42.65.7 gli abbia mandato a romper la catena 42.65.8 che lungamente l' ha tenuto in pena: 42.66.1 o pur che Dio da l' alta ierarchia 42.66.2 gli abbia per ineffabil sua bontade 42.66.3 mandato, come già mandò a Tobia, 42.66.4 un angelo a levar di cecitade. 42.66.5 Ma buono o rio demonio, o quel che sia, 42.66.6 che gli ha renduta la sua libertade, 42.66.7 ringrazia e loda; e da lui sol conosce 42.66.8 che sano ha il cor da l' amorose angosce. 42.67.1 Gli fu nel primier odio ritornata 42.67.2 Angelica; e gli parve troppo indegna 42.67.3 d' esser, non che sì lungi seguitata, 42.67.4 ma che per lei pur mezza lega vegna. 42.67.5 Per Baiardo riaver tutta fïata 42.67.6 verso India in Sericana andar disegna, 42.67.7 sì perché l' onor suo lo stringe a farlo, 42.67.8 sì per averne già parlato a Carlo. 42.68.1 Giunse il giorno seguente a Basilea, 42.68.2 ove la nuova era venuta inante, 42.68.3 che 'l conte Orlando aver pugna dovea 42.68.4 contra Gradasso e contra il re Agramante. 42.68.5 Né questo per aviso si sapea, 42.68.6 ch' avesse dato il cavallier d' Anglante; 42.68.7 ma di Sicilia in fretta venut' era 42.68.8 chi la novella v' apportò per vera. 42.69.1 Rinaldo vuol trovarsi con Orlando 42.69.2 alla battaglia, e se ne vede lunge. 42.69.3 Di dieci in dieci miglia va mutando 42.69.4 cavalli e guide, e corre e sferza e punge. 42.69.5 Passa il Reno a Costanza, e in su volando, 42.69.6 traversa l' Alpe, et in Italia giunge. 42.69.7 Verona a dietro, a dietro Mantua lassa; 42.69.8 sul Po si trova, e con gran fretta il passa. 42.70.1 Già s' inchinava il sol molto alla sera, 42.70.2 e già apparia nel ciel la prima stella, 42.70.3 quando Rinaldo in ripa alla riviera 42.70.4 stando in pensier s' avea da mutar sella, 42.70.5 o tanto soggiornar, che l' aria nera 42.70.6 fuggisse inanzi all' altra aurora bella, 42.70.7 venir si vede un cavalliero inanti 42.70.8 cortese ne l' aspetto e nei sembianti. 42.71.1 Costui, dopo il saluto, con bel modo 42.71.2 gli domandò s' aggiunto a moglie fosse. 42.71.3 Disse Rinaldo: -- Io son nel giugal nodo; -- 42.71.4 ma di tal domandar maravigliosse. 42.71.5 Soggiunse quel: -- Che sia così, ne godo. -- 42.71.6 Poi, per chiarir perché tal detto mosse, 42.71.7 disse: -- Io ti priego che tu sia contento 42.71.8 ch' io ti dia questa sera alloggiamento; 42.72.1 che ti farò veder cosa che debbe 42.72.2 ben volentier veder chi ha moglie a lato. -- 42.72.3 Rinaldo, sì perché posar vorrebbe, 42.72.4 ormai di correr tanto affaticato; 42.72.5 sì perché di vedere e d' udire ebbe 42.72.6 sempre aventure un desiderio innato; 42.72.7 accettò l' offerir del cavalliero, 42.72.8 e dietro gli pigliò nuovo sentiero. 42.73.1 Un tratto d' arco fuor di strada usciro, 42.73.2 e inanzi un gran palazzo si trovaro, 42.73.3 onde scudieri in gran frotta veniro 42.73.4 con torchi accesi, e fêro intorno chiaro. 42.73.5 Entrò Rinaldo, e voltò gli occhi in giro, 42.73.6 e vide loco il qual si vede raro, 42.73.7 di gran fabrica e bella e bene intesa; 42.73.8 né a privato uom convenia tanta spesa. 42.74.1 Di serpentin, di porfido le dure 42.74.2 pietre fan de la porta il ricco vòlto. 42.74.3 Quel che chiude è di bronzo, con figure 42.74.4 che sembrano spirar, muovere il volto. 42.74.5 Sotto un arco poi s' entra, ove misture 42.74.6 di bel musaico ingannan l' occhio molto. 42.74.7 Quindi si va in un quadro ch' ogni faccia 42.74.8 de le sue loggie ha lunga cento braccia. 42.75.1 La sua porta ha per sé ciascuna loggia, 42.75.2 e tra la porta e sé ciascuna ha un arco: 42.75.3 d' ampiezza pari son, ma varia foggia 42.75.4 fe' d' ornamenti il mastro lor non parco. 42.75.5 Da ciascuno arco s' entra, ove si poggia 42.75.6 sì facil, ch' un somier vi può gir carco. 42.75.7 Un altro arco di su trova ogni scala; 42.75.8 e s' entra per ogni arco in una sala. 42.76.1 Gli archi di sopra escono fuor del segno 42.76.2 tanto, che fan coperchio alle gran porte; 42.76.3 e ciascun due colonne ha per sostegno, 42.76.4 altre di bronzo, altre di pietra forte. 42.76.5 Lungo sarà, se tutti vi disegno 42.76.6 gli ornati alloggiamenti de la corte; 42.76.7 e oltr' a quel ch' appar, quanti agi sotto 42.76.8 la cava terra il mastro avea ridotto. 42.77.1 L' alte colonne e i capitelli d' oro, 42.77.2 da che i gemmati palchi eran suffulti, 42.77.3 i peregrini marmi che vi fôro 42.77.4 da dotta mano in varie forme sculti, 42.77.5 pitture e getti, e tant' altro lavoro 42.77.6 (ben che la notte agli occhi il più ne occulti), 42.77.7 mostran che non bastaro a tanta mole 42.77.8 di duo re insieme le ricchezze sole. 42.78.1 Sopra gli altri ornamenti ricchi e belli, 42.78.2 ch' erano assai ne la gioconda stanza, 42.78.3 v' era una fonte che per più ruscelli 42.78.4 spargea freschissime acque in abondanza. 42.78.5 Poste le mense avean quivi i donzelli; 42.78.6 ch' era nel mezzo per ugual distanza: 42.78.7 vedeva, e parimente veduta era 42.78.8 da quattro porte de la casa altiera. 42.79.1 Fatta da mastro diligente e dotto 42.79.2 la fonte era con molta e suttil opra, 42.79.3 di loggia a guisa, o padiglion ch' in otto 42.79.4 faccie distinto, intorno adombri e cuopra. 42.79.5 Un ciel d' oro, che tutto era di sotto 42.79.6 colorito di smalto, le sta sopra; 42.79.7 et otto statue son di marmo bianco, 42.79.8 che sostengon quel ciel col braccio manco. 42.80.1 Ne la man destra il corno d' Amaltea 42.80.2 sculto avea lor l' ingenïoso mastro, 42.80.3 onde con grato murmure cadea 42.80.4 l' acqua di fuore in vaso d' alabastro; 42.80.5 et a sembianza di gran donna avea 42.80.6 ridutto con grande arte ogni pilastro. 42.80.7 Son d' abito e di faccia differente, 42.80.8 ma grazia hanno e beltà tutte ugualmente. 42.81.1 Fermava il piè ciascun di questi segni 42.81.2 sopra due belle imagini più basse, 42.81.3 che con la bocca aperta facean segni 42.81.4 che 'l canto e l' armonia lor dilettasse; 42.81.5 e quell' atto in che son, par che disegni 42.81.6 che l' opra e studio lor tutto lodasse 42.81.7 le belle donne che sugli omeri hanno, 42.81.8 se fosser quei di cu' in sembianza stanno. 42.82.1 I simulacri inferïori in mano 42.82.2 avean lunghe et amplissime scritture, 42.82.3 ove facean con molta laude piano 42.82.4 i nomi de le più degne figure; 42.82.5 e mostravano ancor poco lontano 42.82.6 i propri loro in note non oscure. 42.82.7 Mirò Rinaldo a lume di doppieri 42.82.8 le donne ad una ad una e i cavallieri. 42.83.1 La prima inscrizïon ch' agli occhi occorre, 42.83.2 con lungo onor Lucrezia Borgia noma, 42.83.3 la cui bellezza et onestà preporre 42.83.4 debbe all' antiqua la sua patria Roma. 42.83.5 I duo che voluto han sopra sé tôrre 42.83.6 tanto eccellente et onorata soma, 42.83.7 noma lo scritto: Antonio Tebaldeo, 42.83.8 Ercole Strozza; un Lino et uno Orfeo. 42.84.1 Non men gioconda statua né men bella 42.84.2 si vede appresso, e la scrittura dice: 42.84.3 -- Ecco la figlia d' Ercole, Issabella, 42.84.4 per cui Ferrara si terrà felice 42.84.5 via più, perché in lei nata sarà quella, 42.84.6 che d' altro ben che prospera e fautrice 42.84.7 e benigna Fortuna dar le deve, 42.84.8 volgendo gli anni nel suo corso lieve. -- 42.85.1 I duo che mostran disïosi affetti 42.85.2 che la gloria di lei sempre risuone, 42.85.3 Gian Iacobi ugualmente erano detti, 42.85.4 l' uno Calandra, e l' altro Bardelone. 42.85.5 Nel terzo e quarto loco ove per stretti 42.85.6 rivi l' acqua esce fuor del padiglione, 42.85.7 due donne son, che patria, stirpe, onore 42.85.8 hanno di par, di par beltà e valore. 42.86.1 Elissabetta l' una, e Leonora 42.86.2 nominata era l' altra: e fia, per quanto 42.86.3 narrava il marmo sculto, d' esse ancora 42.86.4 sì glorïosa la terra di Manto, 42.86.5 che di Vergilio, che tanto l' onora, 42.86.6 più che di queste, non si darà vanto. 42.86.7 Avea la prima a piè del sacro lembo 42.86.8 Iacobo Sadoletto e Pietro Bembo. 42.87.1 Uno elegante Castiglione, e un culto 42.87.2 Muzio Arelio de l' altra eran sostegni. 42.87.3 Di questi nomi era il bel marmo sculto, 42.87.4 ignoti allora, or sì famosi e degni. 42.87.5 Veggon poi quella a cui dal cielo indulto 42.87.6 tanta virtù sarà, quanta ne regni, 42.87.7 o mai regnata in alcun tempo sia, 42.87.8 versata da Fortuna or buona or ria. 42.88.1 Lo scritto d' oro esser costei dichiara 42.88.2 Lucrezia Bentivoglia; e fra le lode 42.88.3 pone di lei, che 'l duca di Ferrara 42.88.4 d' esserle padre si rallegra e gode. 42.88.5 Di costei canta con soave e chiara 42.88.6 voce un Camil che 'l Reno e Felsina ode 42.88.7 con tanta attenzïon, tanto stupore, 42.88.8 con quanta Anfriso udì già il suo pastore; 42.89.1 et un per cui la terra, ove l' Isauro 42.89.2 le sue dolci acque insala in maggior vase, 42.89.3 nominata sarà da l' Indo al Mauro, 42.89.4 e da l' austrine all' iperboree case, 42.89.5 via più che per pesare il romano auro, 42.89.6 di che perpetuo nome le rimase: 42.89.7 Guido Postumo, a cui doppia corona 42.89.8 Pallade quinci, e quindi Febo dona. 42.90.1 L' altra che segue in ordine, è Dïana. 42.90.2 -- Non guardar (dice il marmo scritto) ch' ella 42.90.3 sia altiera in vista; che nel core umana 42.90.4 non sarà però men ch' in viso bella. -- 42.90.5 Il dotto Celio Calcagnin lontana 42.90.6 farà la gloria e 'l bel nome di quella 42.90.7 nel regno di Monese, in quel di Iuba, 42.90.8 in India e Spagna udir con chiara tuba; 42.91.1 et un Marco Cavallo, che tal fonte 42.91.2 farà di poesia nascer d' Ancona, 42.91.3 qual fe' il cavallo alato uscir del monte, 42.91.4 non so se di Parnasso o d' Elicona. 42.91.5 Beatrice appresso a questo alza la fronte, 42.91.6 di cui lo scritto suo così ragiona: 42.91.7 -- Beatrice bea, vivendo, il suo consorte, 42.91.8 e lo lascia infelice alla sua morte; 42.92.1 anzi tutta l' Italia, che con lei 42.92.2 fia triunfante, e senza lei, captiva. -- 42.92.3 Un signor di Coreggio di costei 42.92.4 con alto stil par che cantando scriva, 42.92.5 e Timoteo, l' onor de' Bendedei: 42.92.6 ambi faran tra l' una e l' altra riva 42.92.7 fermare al suon de' lor soavi plettri 42.92.8 il fiume ove sudâr gli antiqui elettri. 42.93.1 Tra questo loco e quel de la colonna 42.93.2 che fu sculpita in Borgia, com' è detto, 42.93.3 formata in alabastro una gran donna 42.93.4 era di tanto e sì sublime aspetto, 42.93.5 che sotto puro velo, in nera gonna, 42.93.6 senza oro e gemme, in un vestire schietto, 42.93.7 tra le più adorne non parea men bella, 42.93.8 che sia tra l' altre la ciprigna stella. 42.94.1 Non si potea, ben contemplando fiso, 42.94.2 conoscer se più grazia o più beltade, 42.94.3 o maggior maestà fosse nel viso, 42.94.4 o più indizio d' ingegno o d' onestade. 42.94.5 -- Chi vorrà di costei (dicea l' inciso 42.94.6 marmo) parlar, quanto parlar n' accade, 42.94.7 ben torrà impresa più d' ogn' altra degna; 42.94.8 ma non però ch' a fin mai se ne vegna. -- 42.95.1 Dolce quantunque e pien di grazia tanto 42.95.2 fosse il suo bello e ben formato segno, 42.95.3 parea sdegnarsi che con umil canto 42.95.4 ardisse lei lodar sì rozzo ingegno, 42.95.5 com' era quel che sol, senz' altri a canto 42.95.6 (non so perché), le fu fatto sostegno. 42.95.7 Di tutto 'l resto erano i nomi sculti; 42.95.8 sol questi duo l' artefice avea occulti. 42.96.1 Fanno le statue in mezzo un luogo tondo, 42.96.2 che 'l pavimento asciutto ha di corallo, 42.96.3 di freddo soavissimo giocondo, 42.96.4 che rendea il puro e liquido cristallo, 42.96.5 che di fuor cade in un canal fecondo, 42.96.6 che 'l prato verde, azzurro, bianco e giallo 42.96.7 rigando, scorre per vari ruscelli, 42.96.8 grato alle morbide erbe e agli arbuscelli. 42.97.1 Col cortese oste ragionando stava 42.97.2 il paladino a mensa; e spesso spesso, 42.97.3 senza più differir, gli ricordava 42.97.4 che gli attenesse quanto avea promesso: 42.97.5 e ad or ad or mirandolo, osservava 42.97.6 ch' avea di grande affanno il core oppresso; 42.97.7 che non può star momento che non abbia 42.97.8 un cocente sospiro in su le labbia. 42.98.1 Spesso la voce dal disio cacciata 42.98.2 viene a Rinaldo sin presso alla bocca 42.98.3 per domandarlo; e quivi, raffrenata 42.98.4 da cortese modestia, fuor non scocca. 42.98.5 Ora essendo la cena terminata, 42.98.6 ecco un donzello a chi l' ufficio tocca, 42.98.7 pon su la mensa un bel nappo d' or fino, 42.98.8 di fuor di gemme, e dentro pien di vino. 42.99.1 Il signor de la casa allora alquanto 42.99.2 sorridendo, a Rinaldo levò il viso; 42.99.3 ma chi ben lo notava, più di pianto 42.99.4 parea ch' avesse voglia che di riso. 42.99.5 Disse: -- Ora a quel che mi ricordi tanto, 42.99.6 che tempo sia di sodisfar m' è aviso; 42.99.7 mostrarti un paragon ch' esser de' grato 42.99.8 di vedere a ciascun c' ha moglie allato. 42.100.1 Ciascun marito, a mio giudizio, deve 42.100.2 sempre spiar se la sua donna l' ama; 42.100.3 saper s' onore o biasmo ne riceve, 42.100.4 se per lei bestia, o se pur uom si chiama. 42.100.5 L' incarco de le corna è lo più lieve 42.100.6 ch' al mondo sia, se ben l' uom tanto infama: 42.100.7 lo vede quasi tutta l' altra gente; 42.100.8 e chi l' ha in capo, mai non se lo sente. 42.101.1 Se tu sai che fedel la moglie sia, 42.101.2 hai di più amarla e d' onorar ragione, 42.101.3 che non ha quel che la conosce ria, 42.101.4 o quel che ne sta in dubbio e in passïone. 42.101.5 Di molte n' hanno a torto gelosia 42.101.6 i lor mariti, che son caste e buone: 42.101.7 molti di molte anco sicuri stanno, 42.101.8 che con le corna in capo se ne vanno. 42.102.1 Se vuoi saper se la tua sia pudica 42.102.2 (come io credo che credi, e creder déi; 42.102.3 ch' altrimente far credere è fatica, 42.102.4 se chiaro già per prova non ne sei), 42.102.5 tu per te stesso, senza ch' altri il dica, 42.102.6 te n' avvedrai, s' in questo vaso béi; 42.102.7 che per altra cagion non è qui messo, 42.102.8 che per mostrarti quanto io t' ho promesso. 42.103.1 Se béi con questo, vedrai grande effetto; 42.103.2 che se porti il cimier di Cornovaglia, 42.103.3 il vin ti spargerai tutto sul petto, 42.103.4 né gocciola sarà ch' in bocca saglia: 42.103.5 ma s' hai moglie fedel, tu berai netto. 42.103.6 Or di veder tua sorte ti travaglia. -- 42.103.7 Così dicendo, per mirar tien gli occhi, 42.103.8 ch' in seno il vin Rinaldo si trabbocchi. 42.104.1 Quasi Rinaldo di cercar suaso 42.104.2 quel che poi ritrovar non vorria forse, 42.104.3 messa la mano inanzi, e preso il vaso, 42.104.4 fu presso di volere in prova pôrse: 42.104.5 poi, quanto fosse periglioso il caso 42.104.6 a porvi i labri, col pensier discorse. 42.104.7 Ma lasciate, Signor, ch' io mi ripose; 42.104.8 poi dirò quel che 'l paladin rispose.
CANTO XLIII
43.1.1 O esecrabile Avarizia, o ingorda 43.1.2 fame d' avere, io non mi maraviglio 43.1.3 ch' ad alma vile e d' altre macchie lorda, 43.1.4 sì facilmente dar possi di piglio; 43.1.5 ma che meni legato in una corda, 43.1.6 e che tu impiaghi del medesmo artiglio 43.1.7 alcun, che per altezza era d' ingegno, 43.1.8 se te schivar potea, d' ogni onor degno. 43.2.1 Alcun la terra e 'l mare e 'l ciel misura, 43.2.2 e render sa tutte le cause a pieno 43.2.3 d' ogni opra, d' ogni effetto di Natura, 43.2.4 e poggia sì ch' a Dio riguarda in seno; 43.2.5 e non può aver più ferma e maggior cura, 43.2.6 morso dal tuo mortifero veleno, 43.2.7 ch' unir tesoro: e questo sol gli preme, 43.2.8 e ponvi ogni salute, ogni sua speme. 43.3.1 Rompe eserciti alcuno, e ne le porte 43.3.2 si vede entrar di bellicose terre, 43.3.3 et esser primo a porre il petto forte, 43.3.4 ultimo a trarre, in perigliose guerre; 43.3.5 e non può riparar che sino a morte 43.3.6 tu nel tuo cieco carcere nol serre. 43.3.7 Altri d' altre arti e d' altri studi industri, 43.3.8 oscuri fai, che sarian chiari e illustri. 43.4.1 Che d' alcune dirò belle e gran donne 43.4.2 ch' a bellezza, a virtù de fidi amanti, 43.4.3 a lunga servitù, più che colonne 43.4.4 io veggo dure, immobili e constanti? 43.4.5 Veggo venir poi l' Avarizia, e ponne 43.4.6 far sì, che par che subito le incanti: 43.4.7 in un dì, senza amor (chi fia che 'l creda?) 43.4.8 a un vecchio, a un brutto, a un mostro le dà in preda. 43.5.1 Non è senza cagion s' io me ne doglio: 43.5.2 intendami chi può, che m' intend' io. 43.5.3 Né però di proposito mi toglio, 43.5.4 né la materia del mio canto oblio; 43.5.5 ma non più a quel c' ho detto, adattar voglio, 43.5.6 ch' a quel ch' io v' ho da dire, il parlar mio. 43.5.7 Or torniamo a contar del paladino 43.5.8 ch' ad assaggiar il vaso fu vicino. 43.6.1 Io vi dicea ch' alquanto pensar volle, 43.6.2 prima ch' ai labri il vaso s' appressasse. 43.6.3 Pensò, e poi disse: -- Ben sarebbe folle 43.6.4 chi quel che non vorria trovar, cercasse. 43.6.5 Mia donna è donna, et ogni donna è molle: 43.6.6 lasciàn star mia credenza come stasse. 43.6.7 Sin qui m' ha il creder mio giovato, e giova: 43.6.8 che poss' io megliorar per farne prova? 43.7.1 Potria poco giovare e nuocer molto; 43.7.2 che 'l tentar qualche volta Idio disdegna. 43.7.3 Non so s' in questo io mi sia saggio o stolto; 43.7.4 ma non vo' più saper, che mi convegna. 43.7.5 Or questo vin dinanzi mi sia tolto: 43.7.6 sete non n' ho, né vo' che me ne vegna; 43.7.7 che tal certezza ha Dio più proibita, 43.7.8 ch' al primo padre l' arbor de la vita. 43.8.1 Che come Adam, poi che gustò del pomo 43.8.2 che Dio con propria bocca gl' interdisse, 43.8.3 da la letizia al pianto fece un tomo, 43.8.4 onde in miseria poi sempre s' afflisse; 43.8.5 così, se de la moglie sua vuol l' uomo 43.8.6 tutto saper quanto ella fece e disse, 43.8.7 cade de l' allegrezze in pianti e in guai, 43.8.8 onde non può più rilevarsi mai. -- 43.9.1 Così dicendo il buon Rinaldo, e intanto 43.9.2 respingendo da sé l' odiato vase, 43.9.3 vide abondare un gran rivo di pianto 43.9.4 dagli occhi del signor di quelle case, 43.9.5 che disse, poi che racchetossi alquanto: 43.9.6 -- Sia maledetto chi mi persuase 43.9.7 ch' io facesse la prova, ohimè! di sorte, 43.9.8 che mi levò la dolce mia consorte. 43.10.1 Perché non ti conobbi già dieci anni, 43.10.2 sì che io mi fossi consigliato teco, 43.10.3 prima che cominciassero gli affanni, 43.10.4 e 'l lungo pianto onde io son quasi cieco? 43.10.5 Ma vo' levarti da la scena i panni; 43.10.6 che 'l mio mal vegghi, e te ne dogli meco: 43.10.7 e ti dirò il principio e l' argumento 43.10.8 del mio non comparabile tormento. 43.11.1 Qua su lasciasti una città vicina, 43.11.2 a cui fa intorno un chiaro fiume laco, 43.11.3 che poi si stende e in questo Po declina, 43.11.4 e l' origine sua vien di Benaco. 43.11.5 Fu fatta la città, quando a ruina 43.11.6 le mura andâr de l' agenoreo draco. 43.11.7 Quivi nacque io di stirpe assai gentile, 43.11.8 ma in pover tetto e in facultade umìle. 43.12.1 Se Fortuna di me non ebbe cura 43.12.2 sì che mi desse al nascer mio ricchezza, 43.12.3 al difetto di lei supplì Natura, 43.12.4 che sopra ogni mio ugual mi diè bellezza. 43.12.5 Donne e donzelle già di mia figura 43.12.6 arder più d' una vidi in giovanezza; 43.12.7 ch' io ci seppi accoppiar cortesi modi; 43.12.8 ben che stia mal che l' uom se stesso lodi. 43.13.1 Ne la nostra cittade era un uom saggio, 43.13.2 di tutte l' arti oltre ogni creder dotto, 43.13.3 che quando chiuse gli occhi al febeo raggio, 43.13.4 contava gli anni suoi cento e ventotto. 43.13.5 Visse tutta sua età solo e selvaggio, 43.13.6 se non l' estrema; che d' Amor condotto, 43.13.7 con premio ottenne una matrona bella, 43.13.8 e n' ebbe di nascosto una cittella. 43.14.1 E per vietar che simil la figliuola 43.14.2 alla matre non sia, che per mercede 43.14.3 vendé sua castità che valea sola 43.14.4 più che quanto oro al mondo si possiede, 43.14.5 fuor del commercio popular la invola; 43.14.6 et ove più solingo il luogo vede, 43.14.7 questo amplo e bel palagio e ricco tanto 43.14.8 fece fare a' demonii per incanto. 43.15.1 A vecchie donne e caste fe' nutrire 43.15.2 la figlia qui, ch' in gran beltà poi venne; 43.15.3 né che potesse altr' uom veder, né udire 43.15.4 pur ragionarne in quella età, sostenne. 43.15.5 E perch' avesse esempio da seguire, 43.15.6 ogni pudica donna che mai tenne 43.15.7 contra illicito amor chiuse le sbarre, 43.15.8 ci fe' d' intaglio o di color ritrarre: 43.16.1 non quelle sol che di virtude amiche 43.16.2 hanno sì il mondo all' età prisca adorno; 43.16.3 di quai la fama per l' istorie antiche 43.16.4 non è per veder mai l' ultimo giorno: 43.16.5 ma nel futuro ancora altre pudiche 43.16.6 che faran bella Italia d' ogn' intorno, 43.16.7 ci fe' ritrarre in lor fattezze conte, 43.16.8 come otto che ne vedi a questa fonte. 43.17.1 Poi che la figlia al vecchio par matura 43.17.2 sì, che ne possa l' uom cogliere i frutti; 43.17.3 o fosse mia disgrazia o mia aventura, 43.17.4 eletto fui degno di lei fra tutti. 43.17.5 I lati campi oltre alle belle mura, 43.17.6 non meno i pescarecci, che gli asciutti, 43.17.7 che ci son d' ogn' intorno a venti miglia, 43.17.8 mi consegnò per dote de la figlia. 43.18.1 Ella era bella e costumata tanto, 43.18.2 che più desiderar non si potea. 43.18.3 Di bei trapunti e di riccami, quanto 43.18.4 mai ne sapesse Pallade, sapea. 43.18.5 Vedila andare, odine il suono e 'l canto: 43.18.6 celeste e non mortal cosa parea. 43.18.7 E in modo all' arti liberali attese, 43.18.8 che, quanto il padre, o poco men n' intese. 43.19.1 Con grande ingegno, e non minor bellezza 43.19.2 che fatta l' avria amabil fin ai sassi, 43.19.3 era giunto un amore, una dolcezza, 43.19.4 che par ch' a rimembrarne il cor mi passi. 43.19.5 Non avea più piacer né più vaghezza, 43.19.6 che d' esser meco ov' io mi stessi o andassi. 43.19.7 Senza aver lite mai stemmo gran pezzo: 43.19.8 l' avemmo poi, per colpa mia, da sezzo. 43.20.1 Morto il suocero mio dopo cinque anni 43.20.2 ch' io sottoposi il collo al giugal nodo, 43.20.3 non stêro molto a cominciar gli affanni 43.20.4 ch' io sento ancora, e ti dirò in che modo. 43.20.5 Mentre mi richiudea tutto coi vanni 43.20.6 l' amor di questa mia che sì ti lodo, 43.20.7 una femina nobil del paese, 43.20.8 quanto accender si può, di me s' accese. 43.21.1 Ella sapea d' incanti e di malie 43.21.2 quel che saper ne possa alcuna maga: 43.21.3 rendea la notte chiara, oscuro il die, 43.21.4 fermava il sol, facea la terra vaga. 43.21.5 Non potea trar però le voglie mie, 43.21.6 che le sanassin l' amorosa piaga 43.21.7 col rimedio che dar non le potria 43.21.8 senza alta ingiuria de la donna mia. 43.22.1 Non perché fosse assai gentile e bella, 43.22.2 né perché sapess' io che sì me amassi, 43.22.3 né per gran don, né per promesse ch' ella 43.22.4 mi fêsse molte, e di continuo instassi, 43.22.5 ottener poté mai ch' una fiammella, 43.22.6 per darla a lei, del primo amor levassi; 43.22.7 ch' a dietro ne traea tutte mie voglie 43.22.8 il conoscermi fida la mia moglie. 43.23.1 La speme, la credenza, la certezza 43.23.2 che de la fede di mia moglie avea, 43.23.3 m' avria fatto sprezzar quanta bellezza 43.23.4 avesse mai la giovane ledea, 43.23.5 o quanto offerto mai senno e ricchezza 43.23.6 fu al gran pastor de la montagna Idea. 43.23.7 Ma le repulse mie non valean tanto, 43.23.8 che potesson levarmela da canto. 43.24.1 Un dì che mi trovò fuor del palagio 43.24.2 la maga, che nomata era Melissa, 43.24.3 e mi poté parlare a suo grande agio, 43.24.4 modo trovò da por mia pace in rissa, 43.24.5 e con lo spron di gelosia malvagio 43.24.6 cacciar del cor la fé che v' era fissa. 43.24.7 Comincia a comendar la intenzion mia, 43.24.8 ch' io sia fedele a chi fedel mi sia. 43.25.1 " Ma che ti sia fedel, tu non puoi dire, 43.25.2 prima che di sua fé prova non vedi. 43.25.3 S' ella non falle, e che potria fallire, 43.25.4 che sia fedel, che sia pudica credi. 43.25.5 Ma se mai senza te non la lasci ire, 43.25.6 se mai vedere altr' uom non le conciedi, 43.25.7 onde hai questa baldanza, che tu dica 43.25.8 e mi vogli affermar che sia pudica? 43.26.1 Scòstati un poco, scòstati da casa; 43.26.2 fa che le cittadi odano e i villaggi, 43.26.3 che tu sia andato, e ch' ella sia rimasa; 43.26.4 agli amanti dà commodo e ai messaggi. 43.26.5 S' a prieghi, a doni non fia persuasa 43.26.6 di fare al letto maritale oltraggi, 43.26.7 e che, facendol, creda che si cele, 43.26.8 allora dir potrai che sia fedele". 43.27.1 Con tal parole e simili non cessa 43.27.2 l' incantatrice, fin che mi dispone 43.27.3 che de la donna mia la fede espressa 43.27.4 veder voglia e provare a paragone. 43.27.5 " Ora pogniamo (le soggiungo) ch' essa 43.27.6 sia qual non posso averne opinïone: 43.27.7 come potrò di lei poi farmi certo 43.27.8 che sia di punizion degna o di merto?" 43.28.1 Disse Melissa:" Io ti darò un vasello 43.28.2 fatto da ber, di virtù rara e strana; 43.28.3 qual già per fare accorto il suo fratello 43.28.4 del fallo di Genevra, fe' Morgana. 43.28.5 Chi la moglie ha pudica, bee con quello: 43.28.6 ma non vi può già ber chi l' ha puttana; 43.28.7 che 'l vin, quando lo crede in bocca porre, 43.28.8 tutto si sparge, e fuor nel petto scorre. 43.29.1 Prima che parti, ne farai la prova, 43.29.2 e per lo creder mio tu berai netto; 43.29.3 che credo ch' ancor netta si ritrova 43.29.4 la moglie tua: pur ne vedrai l' effetto. 43.29.5 Ma s' al ritorno esperïenza nuova 43.29.6 poi ne farai, non t' assicuro il petto: 43.29.7 che se tu non lo immolli, e netto béi, 43.29.8 d' ogni marito il più felice sei". 43.30.1 L' offerta accetto; il vaso ella mi dona: 43.30.2 ne fo la prova, e mi succede a punto; 43.30.3 che, com' era il disio, pudica e buona 43.30.4 la cara moglie mia trovo a quel punto. 43.30.5 Dice Melissa:" Un poco l' abbandona; 43.30.6 per un mese o per duo stanne disgiunto: 43.30.7 poi torna; poi di nuovo il vaso tolli; 43.30.8 prova se bevi, o pur se 'l petto immolli". 43.31.1 A me duro parea pur di partire; 43.31.2 non perché di sua fé sì dubitassi, 43.31.3 come ch' io non potea duo dì patire, 43.31.4 né un' ora pur, che senza me restassi. 43.31.5 Disse Melissa:" Io ti farò venire 43.31.6 a conoscere il ver con altri passi. 43.31.7 Vo' che muti il parlare e i vestimenti, 43.31.8 e sotto viso altrui te l' appresenti". 43.32.1 Signor, qui presso una città difende 43.32.2 il Po fra minacciose e fiere corna; 43.32.3 la cui iuridizion di qui si stende 43.32.4 fin dove il mar fugge dal lito e torna. 43.32.5 Cede d' antiquità, ma ben contende 43.32.6 con le vicine in esser ricca e adorna. 43.32.7 Le reliquie troiane la fondaro, 43.32.8 che dal flagello d' Attila camparo. 43.33.1 Astringe e lenta a questa terra il morso 43.33.2 un cavallier giovene, ricco e bello, 43.33.3 che dietro un giorno a un suo falcone iscorso, 43.33.4 essendo capitato entro il mio ostello, 43.33.5 vide la donna, e sì nel primo occorso 43.33.6 gli piacque, che nel cor portò il suggello; 43.33.7 né cessò molte pratice far poi, 43.33.8 per inchinarla ai desiderii suoi. 43.34.1 Ella gli fece dar tante repulse, 43.34.2 che più tentarla al fine egli non vòlse; 43.34.3 ma la beltà di lei, ch' Amor vi sculse, 43.34.4 di memoria però non se gli tolse. 43.34.5 Tanto Melissa allosingommi e mulse, 43.34.6 ch' a tor la forma di colui mi volse; 43.34.7 e mi mutò (né so ben dirti come) 43.34.8 di faccia, di parlar, d' occhi e di chiome. 43.35.1 Già con mia moglie avendo simulato 43.35.2 d' esser partito e gitone in Levante, 43.35.3 nel giovene amator così mutato 43.35.4 l' andar, la voce, l' abito e 'l sembiante, 43.35.5 me ne ritorno, et ho Melissa a lato, 43.35.6 che s' era trasformata, e parea un fante; 43.35.7 e le più ricche gemme avea con lei, 43.35.8 che mai mandassin gl' Indi o gli Eritrei. 43.36.1 Io che l' uso sapea del mio palagio, 43.36.2 entro sicuro, e vien Melissa meco; 43.36.3 e madonna ritrovo a sì grande agio, 43.36.4 che non ha né scudier né donna seco. 43.36.5 I miei prieghi le espongo, indi il malvagio 43.36.6 stimulo inanzi del mal far le arreco: 43.36.7 i rubini, i diamanti e gli smeraldi, 43.36.8 che mosso arebbon tutti i cor più saldi. 43.37.1 E le dico che poco è questo dono 43.37.2 verso quel che sperar da me dovea: 43.37.3 de la commodità poi le ragiono, 43.37.4 che, non v' essendo il suo marito, avea: 43.37.5 e le ricordo che gran tempo sono 43.37.6 stato suo amante, com' ella sapea; 43.37.7 e che l' amar mio lei con tanta fede 43.37.8 degno era avere al fin qualche mercede. 43.38.1 Turbossi nel principio ella non poco, 43.38.2 divenne rossa, et ascoltar non volle; 43.38.3 ma il veder fiammeggiar poi, come fuoco, 43.38.4 le belle gemme, il duro cor fe' molle: 43.38.5 e con parlar rispose breve e fioco, 43.38.6 quel che la vita a rimembrar mi tolle; 43.38.7 che mi compiaceria, quando credesse 43.38.8 ch' altra persona mai nol risapesse. 43.39.1 Fu tal risposta un venenato telo 43.39.2 di che me ne senti' l' alma traffissa: 43.39.3 per l' ossa andommi e per le vene un gielo; 43.39.4 ne le fauci restò la voce fissa. 43.39.5 Levando allora del suo incanto il velo, 43.39.6 ne la mia forma mi tornò Melissa. 43.39.7 Pensa di che color dovesse farsi, 43.39.8 ch' in tanto error da me vide trovarsi. 43.40.1 Divenimmo ambi di color di morte, 43.40.2 muti ambi, ambi restiàn con gli occhi bassi. 43.40.3 Potei la lingua a pena aver sì forte, 43.40.4 e tanta voce a pena, ch' io gridassi: 43.40.5 " Me tradiresti dunque tu, consorte, 43.40.6 quando tu avessi chi 'l mio onor comprassi?" 43.40.7 Altra risposta darmi ella non puote, 43.40.8 che di rigar di lacrime le gote. 43.41.1 Ben la vergogna è assai, ma più lo sdegno 43.41.2 ch' ella ha, da me veder farsi quella onta; 43.41.3 e multiplica sì senza ritegno, 43.41.4 ch' in ira al fine e in crudele odio monta. 43.41.5 Da me fuggirsi tosto fa disegno; 43.41.6 e ne l' ora che 'l Sol del carro smonta, 43.41.7 al fiume corre, e in una sua barchetta 43.41.8 si fa calar tutta la notte in fretta: 43.42.1 e la matina s' appresenta avante 43.42.2 al cavallier che l' avea un tempo amata, 43.42.3 sotto il cui viso, sotto il cui sembiante 43.42.4 fu contra l' onor mio da me tentata. 43.42.5 A lui che n' era stato et era amante, 43.42.6 creder si può che fu la giunta grata. 43.42.7 Quindi ella mi fe' dir ch' io non sperassi 43.42.8 che mai più fosse mia, né più m' amassi. 43.43.1 Ah lasso! da quel dì con lui dimora 43.43.2 in gran piacere, e di me prende giuoco; 43.43.3 et io del mal che procacciammi allora, 43.43.4 ancor languisco, e non ritrovo loco. 43.43.5 Cresce il mal sempre, e giusto è ch' io ne muora; 43.43.6 e resta omai da consumarci poco. 43.43.7 Ben credo che 'l primo anno sarei morto, 43.43.8 se non mi dava aiuto un sol conforto. 43.44.1 Il conforto ch' io prendo, è che di quanti 43.44.2 per dieci anni mai fur sotto al mio tetto 43.44.3 (ch' a tutti questo vaso ho messo inanti), 43.44.4 non ne trovo un che non s' immolli il petto. 43.44.5 Aver nel caso mio compagni tanti 43.44.6 mi dà fra tanto mal qualche diletto. 43.44.7 Tu tra infiniti sol sei stato saggio, 43.44.8 che far negasti il periglioso saggio. 43.45.1 Il mio voler cercare oltre alla meta 43.45.2 che de la donna sua cercar si deve, 43.45.3 fa che mai più trovare ora quïeta 43.45.4 non può la vita mia, sia lunga o breve. 43.45.5 Di ciò Melissa fu a principio lieta: 43.45.6 ma cessò tosto la sua gioia lieve; 43.45.7 ch' essendo causa del mio mal stata ella, 43.45.8 io l' odiai sì, che non potea vedella. 43.46.1 Ella d' esser odiata impazïente 43.46.2 da me che dicea amar più che sua vita, 43.46.3 ove donna restarne immantinente 43.46.4 creduto avea, che l' altra ne fosse ita; 43.46.5 per non aver sua doglia sì presente, 43.46.6 non tardò molto a far di qui partita; 43.46.7 e in modo abbandonò questo paese, 43.46.8 che dopo mai per me non se n' intese. -- 43.47.1 Così narrava il mesto cavalliero: 43.47.2 e quando fine alla sua istoria pose, 43.47.3 Rinaldo alquanto ste' sopra pensiero, 43.47.4 da pietà vinto, e poi così rispose: 43.47.5 -- Mal consiglio ti diè Melissa in vero, 43.47.6 che d' attizzar le vespe ti propose; 43.47.7 e tu fusti a cercar poco avveduto 43.47.8 quel che tu avresti non trovar voluto. 43.48.1 Se d' avarizia la tua donna vinta 43.48.2 a voler fede romperti fu indutta, 43.48.3 non t' ammirar: né prima ella né quinta 43.48.4 fu de le donne prese in sì gran lutta; 43.48.5 e mente via più salda ancora è spinta 43.48.6 per minor prezzo a far cosa più brutta. 43.48.7 Quanti uomini odi tu, che già per oro 43.48.8 han traditi padroni e amici loro? 43.49.1 Non dovevi assalir con sì fiere armi, 43.49.2 se bramavi veder farle difesa. 43.49.3 Non sai tu, contra l' oro, che né i marmi 43.49.4 né 'l durissimo acciar sta alla contesa? 43.49.5 Che più fallasti tu a tentarla parmi, 43.49.6 di lei che così tosto restò presa. 43.49.7 Se te altretanto avesse ella tentato, 43.49.8 non so se tu più saldo fossi stato. -- 43.50.1 Qui Rinaldo fe' fine, e da la mensa 43.50.2 levossi a un tempo, e domandò dormire; 43.50.3 che riposare un poco, e poi si pensa 43.50.4 inanzi al dì d' un' ora o due partire. 43.50.5 Ha poco tempo, e 'l poco c' ha, dispensa 43.50.6 con gran misura, e invan nol lascia gire. 43.50.7 Il signor di là dentro, a suo piacere, 43.50.8 disse, che si potea porre a giacere; 43.51.1 ch' apparecchiata era la stanza e 'l letto: 43.51.2 ma che se volea far per suo consiglio, 43.51.3 tutta notte dormir potria a diletto, 43.51.4 e dormendo avanzarsi qualche miglio. 43.51.5 -- Acconciar ti farò (disse) un legnetto, 43.51.6 con che volando, e senz' alcun periglio 43.51.7 tutta notte dormendo vo' che vada, 43.51.8 e una giornata avanzi de la strada. -- 43.52.1 La proferta a Rinaldo accettar piacque, 43.52.2 e molto ringraziò l' oste cortese: 43.52.3 poi senza indugio là, dove ne l' acque 43.52.4 da' naviganti era aspettato, scese. 43.52.5 Quivi a grande agio riposato giacque, 43.52.6 mentre il corso del fiume il legno prese, 43.52.7 che da sei remi spinto, lieve e snello 43.52.8 pel fiume andò, come per l' aria augello. 43.53.1 Così tosto come ebbe il capo chino, 43.53.2 il cavallier di Francia adormentosse; 43.53.3 imposto avendo già, come vicino 43.53.4 giungea a Ferrara, che svegliato fosse. 43.53.5 Restò Melara nel lito mancino; 43.53.6 nel lito destro Sermide restosse: 43.53.7 Figarolo e Stellata il legno passa, 43.53.8 ove le corna il Po iracondo abbassa. 43.54.1 De le due corna il nocchier prese il destro, 43.54.2 e lasciò andar verso Vinegia il manco; 43.54.3 passò il Bondeno: e già il color cilestro 43.54.4 si vedea in orïente venir manco, 43.54.5 che votando di fior tutto il canestro, 43.54.6 l' Aurora vi facea vermiglio e bianco; 43.54.7 quando, lontan scoprendo di Tealdo 43.54.8 ambe le ròcche, il capo alzò Rinaldo. 43.55.1 -- O città bene aventurosa (disse), 43.55.2 di cui già Malagigi, il mio cugino, 43.55.3 contemplando le stelle erranti e fisse, 43.55.4 e constringendo alcun spirto indovino, 43.55.5 nei secoli futuri mi predisse 43.55.6 (già ch' io facea con lui questo camino) 43.55.7 ch' ancor la gloria tua salirà tanto, 43.55.8 ch' avrai di tutta Italia il pregio e 'l vanto. -- 43.56.1 Così dicendo, e pur tuttavia in fretta 43.56.2 su quel battel che parea aver le penne, 43.56.3 scorrendo il re de' fiumi, all' isoletta 43.56.4 ch' alla cittade è più propinqua, venne: 43.56.5 e ben che fosse allora erma e negletta, 43.56.6 pur s' allegrò di rivederla, e fenne 43.56.7 non poca festa; che sapea quanto ella, 43.56.8 volgendo gli anni, saria ornata e bella. 43.57.1 Altra fïata che fe' questa via, 43.57.2 udì da Malagigi, il qual seco era, 43.57.3 che settecento volte che si sia 43.57.4 girata col monton la quarta sfera, 43.57.5 questa la più ioconda isola fia 43.57.6 di quante cinga mar, stagno o riviera; 43.57.7 sì che, veduta lei, non sarà ch' oda 43.57.8 dar più alla patria di Nausicaa loda. 43.58.1 Udì che di bei tetti posta inante 43.58.2 sarebbe a quella sì a Tiberio cara; 43.58.3 che cederian l' Esperide alle piante 43.58.4 ch' avria il bel loco, d' ogni sorte rara; 43.58.5 che tante spezie d' animali, quante 43.58.6 vi fien, né in mandra Circe ebbe né in hara; 43.58.7 che v' avria con le Grazie e con Cupido 43.58.8 Venere stanza, e non più in Cipro o in Gnido: 43.59.1 e che sarebbe tal per studio e cura 43.59.2 di chi al sapere et al potere unita 43.59.3 la voglia avendo, d' argini e di mura 43.59.4 avria sì ancor la sua città munita, 43.59.5 che contra tutto il mondo star sicura 43.59.6 potria, senza chiamar di fuori aita; 43.59.7 e che d' Ercol figliuol, d' Ercol sarebbe 43.59.8 padre il signor che questo e quel far debbe. 43.60.1 Così venìa Rinaldo ricordando 43.60.2 quel che già il suo cugin detto gli avea, 43.60.3 de le future cose divinando, 43.60.4 che spesso conferir seco solea. 43.60.5 E tuttavia l' umil città mirando: 43.60.6 -- Come esser può ch' ancor (seco dicea) 43.60.7 debban così fiorir queste paludi 43.60.8 de tutti i liberali e degni studi? 43.61.1 e crescer abbia di sì piccol borgo 43.61.2 ampla cittade e di sì gran bellezza? 43.61.3 e ciò ch' intorno è tutto stagno e gorgo, 43.61.4 sien lieti e pieni campi di ricchezza? 43.61.5 Città, sin ora a riverire assorgo 43.61.6 l' amor, la cortesia, la gentilezza 43.61.7 de' tuoi signori, e gli onorati pregi 43.61.8 dei cavallier, dei cittadini egregi. 43.62.1 L' ineffabil bontà del Redentore, 43.62.2 de' tuoi principi il senno e la iustizia, 43.62.3 sempre con pace, sempre con amore 43.62.4 ti tenga in abondanzia et in letizia; 43.62.5 e ti difenda contra ogni furore 43.62.6 de' tuoi nimici, e scuopra lor malizia: 43.62.7 del tuo contento ogni vicino arrabbi, 43.62.8 più tosto che tu invidia ad alcuno abbi. -- 43.63.1 Mentre Rinaldo così parla, fende 43.63.2 con tanta fretta il suttil legno l' onde, 43.63.3 che con maggiore a logoro non scende 43.63.4 falcon ch' al grido del padron risponde. 43.63.5 Del destro corno il destro ramo prende 43.63.6 quindi il nocchiero, e mura e tetti asconde: 43.63.7 San Georgio a dietro, a dietro s' allontana 43.63.8 la torre e de la Fossa e di Gaibana. 43.64.1 Rinaldo, come accade ch' un pensiero 43.64.2 un altro dietro, e quello un altro mena, 43.64.3 si venne a ricordar del cavalliero 43.64.4 nel cui palagio fu la sera a cena; 43.64.5 che per questa cittade, a dire il vero, 43.64.6 avea giusta cagion di stare in pena: 43.64.7 e ricordossi del vaso da bere, 43.64.8 che mostra altrui l' error de la mogliere; 43.65.1 e ricordossi insieme de la prova 43.65.2 che d' aver fatta il cavallier narrolli; 43.65.3 che di quanti avea esperti, uomo non trova 43.65.4 che bea nel vaso, e 'l petto non s' immolli. 43.65.5 Or si pente, or tra sé dice: -- E' mi giova 43.65.6 ch' a tanto paragon venir non volli. 43.65.7 Riuscendo, accertava il creder mio; 43.65.8 non riuscendo, a che partito era io? 43.66.1 Gli è questo creder mio, come io l' avessi 43.66.2 ben certo, e poco accrescer lo potrei: 43.66.3 sì che, s' al paragon mi succedessi, 43.66.4 poco il meglio saria ch' io ne trarrei; 43.66.5 ma non già poco il mal, quando vedessi 43.66.6 quel di Clarice mia, ch' io non vorrei. 43.66.7 Metter saria mille contra uno a giuoco; 43.66.8 che perder si può molto, e acquistar poco. -- 43.67.1 Stando in questo pensoso il cavalliero 43.67.2 di Chiaramonte, e non alzando il viso, 43.67.3 con molta attenzïon fu da un nocchiero 43.67.4 che gli era incontra, riguardato fiso: 43.67.5 e perché di veder tutto il pensiero 43.67.6 che l' occupava tanto, gli fu aviso, 43.67.7 come uom che ben parlava et avea ardire, 43.67.8 a seco ragionar lo fece uscire. 43.68.1 La somma fu del lor ragionamento, 43.68.2 che colui malaccorto era ben stato, 43.68.3 che ne la moglie sua l' esperimento 43.68.4 maggior che può far donna, avea tentato; 43.68.5 che quella che da l' oro e da l' argento 43.68.6 difende il cor di pudicizia armato, 43.68.7 tra mille spade via più facilmente 43.68.8 difenderallo, e in mezzo al fuoco ardente. 43.69.1 Il nocchier suggiungea: -- Ben gli dicesti, 43.69.2 che non dovea offerirle sì gran doni; 43.69.3 che contrastare a questi assalti e a questi 43.69.4 colpi non sono tutti i petti buoni. 43.69.5 Non so se d' una giovane intendesti 43.69.6 (ch' esser pò che tra voi se ne ragioni), 43.69.7 che nel medesmo error vide il consorte, 43.69.8 di ch' esso avea lei condannata a morte. 43.70.1 Dovea in memoria avere il signor mio, 43.70.2 che l' oro e 'l premio ogni durezza inchina; 43.70.3 ma, quando bisognò, l' ebbe in oblio, 43.70.4 et ei si procacciò la sua ruina. 43.70.5 Così sapea lo esempio egli, com' io, 43.70.6 che fu in questa città di qui vicina, 43.70.7 sua patria e mia, che 'l lago e la palude 43.70.8 del rifrenato Menzo intorno chiude: 43.71.1 d' Adonio voglio dir, che 'l ricco dono 43.71.2 fe' alla moglie del giudice, d' un cane. -- 43.71.3 -- Di questo (disse il paladino) il suono 43.71.4 non passa l' Alpe, e qui tra voi rimane; 43.71.5 perché né in Francia, né dove ito sono, 43.71.6 parlar n' udi' ne le contrade estrane: 43.71.7 sì che di' pur, se non t' incresce il dire; 43.71.8 che volentieri io mi t' acconcio a udire. -- 43.72.1 Il nocchier cominciò: -- Già fu di questa 43.72.2 terra un Anselmo di famiglia degna, 43.72.3 che la sua gioventù con lunga vesta 43.72.4 spese in saper ciò ch' Ulpïano insegna; 43.72.5 e di nobil progenie, bella e onesta 43.72.6 moglie cercò, ch' al grado suo convegna; 43.72.7 e d' una terra quindi non lontana 43.72.8 n' ebbe una di bellezza sopraumana; 43.73.1 e di bei modi e tanto grazïosi, 43.73.2 che parea tutto amore e leggiadria; 43.73.3 e di molto più forse, ch' ai riposi, 43.73.4 ch' allo stato di lui non convenia. 43.73.5 Tosto che l' ebbe, quanti mai gelosi 43.73.6 al mondo fur, passò di gelosia: 43.73.7 non già ch' altra cagion gli ne desse ella, 43.73.8 che d' esser troppo accorta e troppo bella. 43.74.1 Ne la città medesma un cavalliero 43.74.2 era d' antiqua e d' onorata gente, 43.74.3 che discendea da quel lignaggio altiero 43.74.4 ch' uscì d' una mascella di serpente, 43.74.5 onde già Manto, e chi con essa fêro 43.74.6 la patria mia, disceser similmente. 43.74.7 Il cavallier, ch' Adonio nominosse, 43.74.8 di questa bella donna inamorosse. 43.75.1 E per venire a fin di questo amore, 43.75.2 a spender cominciò senza ritegno 43.75.3 in vestire, in conviti, in farsi onore, 43.75.4 quanto può farsi un cavallier più degno. 43.75.5 Il tesor di Tiberio imperatore 43.75.6 non saria stato a tante spese al segno. 43.75.7 Io credo ben che non passâr duo verni, 43.75.8 ch' egli uscì fuor di tutti i ben paterni. 43.76.1 La casa ch' era dianzi frequentata 43.76.2 matina e sera tanto dagli amici, 43.76.3 sola restò, tosto che fu privata 43.76.4 di starne, di fagian, di coturnici. 43.76.5 Egli che capo fu de la brigata, 43.76.6 rimase dietro, e quasi fra mendici. 43.76.7 Pensò, poi ch' in miseria era venuto, 43.76.8 d' andare ove non fosse conosciuto. 43.77.1 Con questa intenzïone una mattina, 43.77.2 senza far motto altrui, la patria lascia; 43.77.3 e con sospiri e lacrime camina 43.77.4 lungo lo stagno che le mura fascia. 43.77.5 La donna che del cor gli era regina, 43.77.6 già non oblia per la seconda ambascia. 43.77.7 Ecco un' alta aventura che lo viene 43.77.8 di sommo male a porre in sommo bene. 43.78.1 Vede un villan che con un gran bastone 43.78.2 intorno alcuni sterpi s' affatica. 43.78.3 Quivi Adonio si ferma, e la cagione 43.78.4 di tanto travagliar vuol che gli dica. 43.78.5 Disse il villan, che dentro a quel macchione 43.78.6 veduto avea una serpe molto antica, 43.78.7 di che più lunga e grossa a' giorni suoi 43.78.8 non vide, né credea mai veder poi; 43.79.1 e che non si voleva indi partire, 43.79.2 che non l' avesse ritrovata e morta. 43.79.3 Come Adonio lo sente così dire, 43.79.4 con poca pazïenza lo sopporta. 43.79.5 Sempre solea le serpi favorire; 43.79.6 che per insegna il sangue suo le porta 43.79.7 in memoria ch' uscì sua prima gente 43.79.8 de' denti seminati di serpente. 43.80.1 E disse e fece col villano in guisa 43.80.2 che, suo mal grado, abbandonò l' impresa; 43.80.3 sì che da lui non fu la serpe uccisa, 43.80.4 né più cercata, né altrimenti offesa. 43.80.5 Adonio ne va poi dove s' avisa 43.80.6 che sua condizïon sia meno intesa; 43.80.7 e dura con disagio e con affanno 43.80.8 fuor de la patria appresso al settimo anno. 43.81.1 Né mai per lontananza, né strettezza 43.81.2 del viver, che i pensier non lascia ir vaghi, 43.81.3 cessa Amor che sì gli ha la mano avezza, 43.81.4 ch' ognor non li arda il core, ognor impiaghi. 43.81.5 È forza al fin che torni alla bellezza 43.81.6 che son di riveder sì gli occhi vaghi. 43.81.7 Barbuto, afflitto, e assai male in arnese, 43.81.8 là donde era venuto, il camin prese. 43.82.1 In questo tempo alla mia patria accade 43.82.2 mandare uno oratore al Padre santo, 43.82.3 che resti appresso alla sua Santitade 43.82.4 per alcun tempo, e non fu detto quanto. 43.82.5 Gettan la sorte, e nel giudice cade. 43.82.6 Oh giorno a lui cagion sempre di pianto! 43.82.7 Fe' scuse, pregò assai, diede e promesse 43.82.8 per non partirsi; e al fin sforzato cesse. 43.83.1 Non gli parea crudele e duro manco 43.83.2 a dover sopportar tanto dolore, 43.83.3 che se veduto aprir s' avesse il fianco, 43.83.4 e vedutosi trar con mano il core. 43.83.5 Di geloso timor pallido e bianco 43.83.6 per la sua donna, mentre staria fuore, 43.83.7 lei con quei modi che giovar si crede, 43.83.8 supplice priega a non mancar di fede: 43.84.1 dicendole ch' a donna né bellezza, 43.84.2 né nobiltà, né gran fortuna basta, 43.84.3 sì che di vero onor monti in altezza, 43.84.4 se per nome e per opre non è casta; 43.84.5 e che quella virtù via più si prezza, 43.84.6 che di sopra riman quando contrasta, 43.84.7 e ch' or gran campo avria per questa absenza, 43.84.8 di far di pudicizia esperïenza. 43.85.1 Con tai le cerca et altre assai parole 43.85.2 persuader ch' ella gli sia fedele. 43.85.3 De la dura partita ella si duole, 43.85.4 con che lacrime, oh Dio! con che querele! 43.85.5 E giura che più tosto oscuro il sole 43.85.6 vedrassi, che gli sia mai sì crudele, 43.85.7 che rompa fede; e che vorria morire 43.85.8 più tosto ch' aver mai questo desire. 43.86.1 Ancor ch' a sue promesse e a suoi scongiuri 43.86.2 desse credenza e si achetasse alquanto, 43.86.3 non resta che più intender non procuri, 43.86.4 e che materia non procacci al pianto. 43.86.5 Avea uno amico suo, che dei futuri 43.86.6 casi predir teneva il pregio e 'l vanto; 43.86.7 e d' ogni sortilegio e magica arte, 43.86.8 o il tutto, o ne sapea la maggior parte. 43.87.1 Diègli, pregando, di vedere assunto, 43.87.2 se la sua moglie, nominata Argia, 43.87.3 nel tempo che da lei starà disgiunto, 43.87.4 fedele e casta, o pel contrario fia. 43.87.5 Colui da prieghi vinto, tolle il punto, 43.87.6 il ciel figura come par che stia. 43.87.7 Anselmo il lascia in opra, e l' altro giorno 43.87.8 a lui per la risposta fa ritorno. 43.88.1 L' astrologo tenea le labra chiuse, 43.88.2 per non dire al dottor cosa che doglia, 43.88.3 e cerca di tacer con molte scuse. 43.88.4 Quando pur del suo mal vede c' ha voglia, 43.88.5 che gli romperà fede gli concluse, 43.88.6 tosto ch' egli abbia il piè fuor de la soglia, 43.88.7 non da bellezza né da prieghi indotta, 43.88.8 ma da guadagno e da prezzo corrotta. 43.89.1 Giunte al timore, al dubbio ch' avea prima, 43.89.2 queste minaccie dei superni moti, 43.89.3 come gli stesse il cor, tu stesso stima, 43.89.4 se d' amor gli accidenti ti son noti. 43.89.5 E sopra ogni mestizia che l' opprima, 43.89.6 e che l' afflitta mente aggiri e arruoti, 43.89.7 è 'l saper come, vinta d' avarizia, 43.89.8 per prezzo abbia a lasciar sua pudicizia. 43.90.1 Or per far quanti potea far ripari 43.90.2 da non lasciarla in quel error cadere 43.90.3 (perché il bisogno a dispogliar gli altari 43.90.4 tra' l' uom talvolta, che sel trova avere), 43.90.5 ciò che tenea di gioie e di danari 43.90.6 (che n' avea somma) pose in suo potere: 43.90.7 rendite e frutti d' ogni possessione, 43.90.8 e ciò c' ha al mondo, in man tutto le pone. 43.91.1 " Con facultade (disse) che ne' tuoi 43.91.2 non sol bisogni te li goda e spenda, 43.91.3 ma che ne possi far ciò che ne vuoi, 43.91.4 li consumi, li getti, e doni e venda; 43.91.5 altro conto saper non ne vo' poi, 43.91.6 pur che, qual ti lascio or, tu mi ti renda: 43.91.7 pur che, come or tu sei, mi sie rimasa 43.91.8 fa che io non trovi né poder né casa". 43.92.1 La prega che non faccia, se non sente 43.92.2 ch' egli ci sia, ne la città dimora; 43.92.3 ma ne la villa, ove più agiatamente 43.92.4 viver potrà d' ogni commercio fuora. 43.92.5 Questo dicea, però che l' umil gente 43.92.6 che nel gregge o ne' campi gli lavora, 43.92.7 non gli era aviso che le caste voglie 43.92.8 contaminar potessero alla moglie. 43.93.1 Tenendo tuttavia le belle braccia 43.93.2 al timido marito al collo Argia, 43.93.3 e di lacrime empiendogli la faccia, 43.93.4 ch' un fiumicel dagli occhi le n' uscia; 43.93.5 s' attrista che colpevole la faccia, 43.93.6 come di fé mancata già gli sia; 43.93.7 che questa sua sospizïon procede, 43.93.8 perché non ha ne la sua fede fede. 43.94.1 Troppo sarà, s' io voglio ir rimembrando 43.94.2 ciò ch' al partir da tramendua sia detto. 43.94.3 " Il mio onor (dice al fin) ti raccomando": 43.94.4 piglia licenzia, e partesi in effetto; 43.94.5 e ben si sente veramente, quando 43.94.6 volge il cavallo, uscire il cor del petto. 43.94.7 Ella lo segue, quanto seguir puote, 43.94.8 con gli occhi che le rigano le gote. 43.95.1 Adonio intanto misero e tapino, 43.95.2 e (come io dissi) pallido e barbuto, 43.95.3 verso la patria avea preso il camino, 43.95.4 sperando di non esser conosciuto. 43.95.5 Sul lago giunse alla città vicino, 43.95.6 là dove avea dato alla biscia aiuto, 43.95.7 ch' era assediata entro la macchia forte 43.95.8 da quel villan che por la volea a morte. 43.96.1 Quivi arrivando in su l' aprir del giorno, 43.96.2 ch' ancor splendea nel cielo alcuna stella, 43.96.3 si vede in peregrino abito adorno 43.96.4 venir pel lito incontra una donzella 43.96.5 in signoril sembiante, ancor ch' intorno 43.96.6 non l' apparisse né scudier né ancella. 43.96.7 Costei con grata vista lo raccolse, 43.96.8 e poi la lingua a tai parole sciolse: 43.97.1 " Se ben non mi conosci, o cavalliero, 43.97.2 son tua parente, e grande obligo t' aggio: 43.97.3 parente son, perché da Cadmo fiero 43.97.4 scende d' amenduo noi l' alto lignaggio. 43.97.5 Io son la fata Manto, che 'l primiero 43.97.6 sasso messi a fondar questo villaggio; 43.97.7 e dal mio nome (come ben forse hai 43.97.8 contare udito) Mantua la nomai. 43.98.1 De le fate io son una; et il fatale 43.98.2 stato per farti anco saper ch' importe, 43.98.3 nascemo a un punto, che d' ogn' altro male 43.98.4 siamo capaci, fuor che de la morte. 43.98.5 Ma giunto è con questo essere immortale 43.98.6 condizïon non men del morir forte; 43.98.7 ch' ogni settimo giorno ogniuna è certa 43.98.8 che la sua forma in biscia si converta. 43.99.1 Il vedersi coprir del brutto scoglio, 43.99.2 e gir serpendo, è cosa tanto schiva, 43.99.3 che non è pare al mondo altro cordoglio; 43.99.4 tal che bestemmia ogniuna d' esser viva. 43.99.5 E l' obligo ch' io t' ho (perché ti voglio 43.99.6 insiememente dire onde deriva), 43.99.7 tu saprai che quel dì, per esser tali, 43.99.8 siamo a periglio d' infiniti mali. 43.100.1 Non è sì odiato altro animale in terra, 43.100.2 come la serpe; e noi, che n' abbiàn faccia, 43.100.3 patimo da ciascuno oltraggio e guerra; 43.100.4 che chi ne vede, ne percuote e caccia. 43.100.5 Se non troviamo ove tornar sotterra, 43.100.6 sentiamo quanto pesa altrui le braccia. 43.100.7 Meglio saria poter morir, che rotte 43.100.8 e storpiate restar sotto le botte. 43.101.1 L' obligo ch' io t' ho grande, è ch' una volta 43.101.2 che tu passavi per quest' ombre amene, 43.101.3 per te di mano fui d' un villan tolta, 43.101.4 che gran travagli m' avea dati e pene. 43.101.5 Se tu non eri, io non andava asciolta, 43.101.6 ch' io non portassi rotto e capo e schene, 43.101.7 e che sciancata non restassi e storta, 43.101.8 se ben non vi potea rimaner morta: 43.102.1 perché quei giorni che per terra il petto 43.102.2 traemo avvolte in serpentile scorza, 43.102.3 il ciel ch' in altri tempi è a noi suggetto, 43.102.4 niega ubbidirci, e prive siàn di forza. 43.102.5 In altri tempi ad un sol nostro detto 43.102.6 il sol si ferma e la sua luce ammorza; 43.102.7 l' immobil terra gira e muta loco; 43.102.8 s' infiamma il ghiaccio, e si congela il fuoco. 43.103.1 Ora io son qui per renderti mercede 43.103.2 del beneficio che mi festi allora. 43.103.3 Nessuna grazia indarno or mi si chiede 43.103.4 ch' io son del manto viperino fuora. 43.103.5 Tre volte più che di tuo padre erede 43.103.6 non rimanesti, io ti fo ricco or ora: 43.103.7 né vo' che mai più povero diventi, 43.103.8 ma quanto spendi più, che più augumenti. 43.104.1 E perché so che ne l' antiquo nodo, 43.104.2 in che già Amor t' avinse, anco ti trovi, 43.104.3 voglioti dimostrar l' ordine e 'l modo 43.104.4 ch' a disbramar tuoi desiderii giovi. 43.104.5 Io voglio, or che lontano il marito odo, 43.104.6 che senza indugio il mio consiglio provi; 43.104.7 vadi a trovar la donna che dimora 43.104.8 fuori alla villa, e sarò teco io ancora". 43.105.1 E seguitò narrandogli in che guisa 43.105.2 alla sua donna vuol che s' appresenti; 43.105.3 dico come vestir, come precisa- 43.105.4 mente abbia a dir, come la prieghi e tenti; 43.105.5 e che forma essa vuol pigliar, devisa; 43.105.6 che, fuor che 'l giorno ch' erra tra serpenti, 43.105.7 in tutti gli altri si può far, secondo 43.105.8 che più le pare, in quante forme ha il mondo. 43.106.1 Messe in abito lui di peregrino 43.106.2 il qual per Dio di porta in porta accatti: 43.106.3 mutosse ella in un cane, il più piccino 43.106.4 di quanti mai n' abbia Natura fatti, 43.106.5 di pel lungo, più bianco ch' armellino, 43.106.6 di grato aspetto e di mirabili atti. 43.106.7 Così trasfigurato, entraro in via 43.106.8 verso la casa de la bella Argia: 43.107.1 e dei lavoratori alle capanne, 43.107.2 prima ch' altrove, il giovene fermosse; 43.107.3 e cominciò a sonar certe sue canne, 43.107.4 al cui suono danzando il can rizzosse. 43.107.5 La voce e 'l grido alla padrona vanne, 43.107.6 e fece sì, che per veder si mosse. 43.107.7 Fece il romeo chiamar ne la sua corte, 43.107.8 sì come del dottor traea la sorte. 43.108.1 E quivi Adonio a comandare al cane 43.108.2 incominciò, et il cane a ubbidir lui, 43.108.3 e far danze nostral, farne d' estrane, 43.108.4 con passi e continenze e modi sui, 43.108.5 e finalmente con maniere umane 43.108.6 far ciò che comandar sapea colui, 43.108.7 con tanta attenzïon, che chi lo mira 43.108.8 non batte gli occhi, e a pena il fiato spira. 43.109.1 Gran maraviglia, et indi gran desire 43.109.2 venne alla donna di quel can gentile; 43.109.3 e ne fa per la balia proferire 43.109.4 al cauto peregrin prezzo non vile. 43.109.5 " S' avessi più tesor, che mai sitire 43.109.6 potesse cupidigia feminile 43.109.7 (colui rispose), non saria mercede 43.109.8 di comprar degna del mio cane un piede". 43.110.1 E per mostrar che veri i detti fôro, 43.110.2 con la balia in un canto si ritrasse, 43.110.3 e disse al cane, ch' una marca d' oro 43.110.4 a quella donna in cortesia donasse. 43.110.5 Scossesi il cane, e videsi il tesoro. 43.110.6 Disse Adonio alla balia, che pigliasse, 43.110.7 soggiungendo:" Ti par che prezzo sia, 43.110.8 per cui sì bello e util cane io dia? 43.111.1 Cosa, qual vogli sia, non gli domando, 43.111.2 di ch' io ne torni mai con le man vòte; 43.111.3 e quando perle, e quando annella, e quando 43.111.4 leggiadra veste e di gran prezzo scuote. 43.111.5 Pur di' a madonna, che fia al suo comando; 43.111.6 per oro no, ch' oro pagar nol puote: 43.111.7 ma se vuol ch' una notte seco io giaccia, 43.111.8 abbiasi il cane, e 'l suo voler ne faccia". 43.112.1 Così dice; e una gemma allora nata 43.112.2 le dà, ch' alla padrona l' appresenti. 43.112.3 Pare alla balia averne più derata, 43.112.4 che di pagar dieci ducati o venti. 43.112.5 Torna alla donna, e le fa l' imbasciata; 43.112.6 e la conforta poi, che si contenti 43.112.7 d' acquistare il bel cane; ch' acquistarlo 43.112.8 per prezzo può, che non si perde a darlo. 43.113.1 La bella Argia sta ritrosetta in prima; 43.113.2 parte, che la sua fé romper non vuole, 43.113.3 parte, ch' esser possibile non stima 43.113.4 tutto ciò che ne suonan le parole. 43.113.5 La balia le ricorda, e rode e lima, 43.113.6 che tanto ben di rado avvenir suole; 43.113.7 e fe' che l' agio un altro dì si tolse, 43.113.8 che 'l can veder senza tanti occhi vòlse. 43.114.1 Quest' altro comparir ch' Adonio fece, 43.114.2 fu la ruina e del dottor la morte. 43.114.3 Facea nascer le doble a diece a diece, 43.114.4 filze di perle, e gemme d' ogni sorte: 43.114.5 sì che il superbo cor mansuefece, 43.114.6 che tanto meno a contrastar fu forte, 43.114.7 quanto poi seppe che costui ch' inante 43.114.8 gli fa partito, è 'l cavallier suo amante. 43.115.1 De la puttana sua balia i conforti, 43.115.2 i prieghi de l' amante e la presenzia, 43.115.3 il veder che guadagno se l' apporti, 43.115.4 del misero dottor la lunga absenzia, 43.115.5 lo sperar ch' alcun mai non lo rapporti, 43.115.6 fêro ai casti pensier tal vïolenzia, 43.115.7 ch' ella accettò il bel cane, e per mercede 43.115.8 in braccio e in preda al suo amator si diede. 43.116.1 Adonio lungamente frutto colse 43.116.2 de la sua bella donna, a cui la fata 43.116.3 grande amor pose, e tanto le ne vòlse, 43.116.4 che sempre star con lei si fu ubligata. 43.116.5 Per tutti i segni il sol prima si volse, 43.116.6 ch' al giudice licenzia fosse data: 43.116.7 al fin tornò, ma pien di gran sospetto 43.116.8 per quel che già l' astrologo avea detto. 43.117.1 Fa, giunto ne la patria, il primo volo 43.117.2 a casa de l' astrologo, e gli chiede, 43.117.3 se la sua donna fatto inganno e dolo, 43.117.4 o pur servato gli abbia amore e fede. 43.117.5 Il sito figurò colui del polo, 43.117.6 et a tutti i pianeti il luogo diede: 43.117.7 poi rispose che quel ch' avea temuto, 43.117.8 come predetto fu, gli era avvenuto: 43.118.1 che da doni grandissimi corrotta, 43.118.2 data ad altri s' avea la donna in preda. 43.118.3 Questa al dottor nel cor fu sì gran botta, 43.118.4 che lancia e spiedo io vo' che ben le ceda. 43.118.5 Per esserne più certo, ne va allotta 43.118.6 (ben che pur troppo allo indivino creda) 43.118.7 ov' è la balia, e la tira da parte, 43.118.8 e per saperne il certo usa grande arte. 43.119.1 Con larghi giri circondando prova 43.119.2 or qua or là di ritrovar la traccia; 43.119.3 e da principio nulla ne ritrova, 43.119.4 con ogni diligenzia che ne faccia; 43.119.5 ch' ella, che non avea tal cosa nuova, 43.119.6 stava negando con immobil faccia; 43.119.7 e come bene instrutta, più d' un mese 43.119.8 tra il dubbio e 'l certo il suo patron sospese. 43.120.1 Quanto dovea parergli il dubio buono, 43.120.2 se pensava il dolor ch' avria del certo! 43.120.3 Poi ch' indarno provò con priego e dono, 43.120.4 che da la balia il ver gli fosse aperto, 43.120.5 né toccò tasto ove sentisse suono 43.120.6 altro che falso; come uom ben esperto, 43.120.7 aspettò che discordia vi venisse; 43.120.8 ch' ove femine son, son liti e risse. 43.121.1 E come egli aspettò, così gli avvenne; 43.121.2 ch' al primo sdegno che tra loro nacque, 43.121.3 senza suo ricercar, la balia venne 43.121.4 il tutto a ricontargli, e nulla tacque. 43.121.5 Lungo a dir fôra ciò che 'l cor sostenne, 43.121.6 come la mente consternata giacque 43.121.7 del giudice meschin, che fu sì oppresso, 43.121.8 che stette per uscir fuor di se stesso: 43.122.1 e si dispose al fin, da l' ira vinto, 43.122.2 morir, ma prima uccider la sua moglie; 43.122.3 e che d' amendue i sangui un ferro tinto 43.122.4 levassi lei di biasmo, e sé di doglie. 43.122.5 Ne la città se ne ritorna, spinto 43.122.6 da così furibonde e cieche voglie; 43.122.7 indi alla villa un suo fidato manda, 43.122.8 e quanto esequir debba, gli commanda. 43.123.1 Commanda al servo, ch' alla moglie Argia 43.123.2 torni alla villa, e in nome suo le dica 43.123.3 ch' egli è da febbre oppresso così ria, 43.123.4 che di trovarlo vivo avrà fatica; 43.123.5 sì che, senza aspettar più compagnia, 43.123.6 venir debba con lui, s' ella gli è amica 43.123.7 (verrà: sa ben che non farà parola); 43.123.8 e che tra via le seghi egli la gola. 43.124.1 A chiamar la patrona andò il famiglio, 43.124.2 per far di lei quanto il signor commesse. 43.124.3 Dato prima al suo cane ella di piglio, 43.124.4 montò a cavallo et a camin si messe. 43.124.5 L' avea il cane avisata del periglio, 43.124.6 ma che d' andar per questo ella non stesse; 43.124.7 ch' avea ben disegnato e proveduto 43.124.8 onde nel gran bisogno avrebbe aiuto. 43.125.1 Levato il servo del camino s' era; 43.125.2 e per diverse e solitarie strade 43.125.3 a studio capitò su una riviera 43.125.4 che d' Apennino in questo fiume cade; 43.125.5 ov' era bosco e selva oscura e nera, 43.125.6 lungi da villa e lungi da cittade. 43.125.7 Gli parve loco tacito e disposto 43.125.8 per l' effetto crudel che gli fu imposto. 43.126.1 Trasse la spada, e alla padrona disse 43.126.2 quanto commesso il suo signor gli avea; 43.126.3 sì che chiedesse, prima che morisse, 43.126.4 perdono a Dio d' ogni sua colpa rea. 43.126.5 Non ti so dir com' ella si coprisse: 43.126.6 quando il servo ferirla si credea, 43.126.7 più non la vide, e molto d' ogn' intorno 43.126.8 l' andò cercando, e al fin restò con scorno. 43.127.1 Torna al patron con gran vergogna et onta, 43.127.2 tutto attonito in faccia e sbigottito, 43.127.3 e l' insolito caso gli racconta, 43.127.4 ch' egli non sa come si sia seguito. 43.127.5 Ch' a' suoi servigi abbia la moglie pronta 43.127.6 la fata Manto, non sapea il marito; 43.127.7 che la balia onde il resto avea saputo, 43.127.8 questo, non so perché, gli avea taciuto. 43.128.1 Non sa che far; che né l' oltraggio grave 43.128.2 vendicato ha, né le sue pene ha sceme. 43.128.3 Quel ch' era una festuca, ora è una trave, 43.128.4 tanto gli pesa, tanto al cor gli preme. 43.128.5 L' error che sapean pochi, or sì aperto have, 43.128.6 che senza indugio si palesi, teme. 43.128.7 Potea il primo celarsi; ma il secondo, 43.128.8 publico in breve fia per tutto il mondo. 43.129.1 Conosce ben che, poi che 'l cor fellone 43.129.2 avea scoperto il misero contra essa, 43.129.3 ch' ella, per non tornargli in suggezione, 43.129.4 d' alcun potente in man si sarà messa; 43.129.5 il qual se la terrà con irrisione 43.129.6 et ignominia del marito espressa; 43.129.7 e forse anco verrà d' alcuno in mano, 43.129.8 che ne fia insieme adultero e ruffiano. 43.130.1 Sì che, per rimediarvi, in fretta manda 43.130.2 intorno messi e lettere a cercarne: 43.130.3 ch' in quel loco, ch' in questo ne domanda 43.130.4 per Lombardia, senza città lasciarne. 43.130.5 Poi va in persona, e non si lascia banda 43.130.6 ove o non vada o mandivi a spiarne: 43.130.7 né mai può ritrovar capo né via 43.130.8 di venire a notizia, che ne sia. 43.131.1 Al fin chiama quel servo a chi fu imposta 43.131.2 l' opra crudel che poi non ebbe effetto, 43.131.3 e fa che lo conduce ove nascosta 43.131.4 se gli era Argia, sì come gli avea detto; 43.131.5 che forse in qualche macchia il dì reposta, 43.131.6 la notte si ripara ad alcun tetto. 43.131.7 Lo guida il servo ove trovar si crede 43.131.8 la folta selva, e un gran palagio vede. 43.132.1 Fatto avea farsi alla sua fata intanto 43.132.2 la bella Argia con subito lavoro 43.132.3 d' alabastri un palagio per incanto, 43.132.4 dentro e di fuor tutto fregiato d' oro. 43.132.5 Né lingua dir, né cor pensar può quanto 43.132.6 avea beltà di fuor, dentro tesoro. 43.132.7 Quello che iersera sì ti parve bello, 43.132.8 del mio signor, saria un tugurio a quello. 43.133.1 E di panni di razza, e di cortine 43.133.2 tessute riccamente e a varie foggie, 43.133.3 ornate eran le stalle e le cantine, 43.133.4 non sale pur, non pur camere e loggie; 43.133.5 vasi d' oro e d' argento senza fine, 43.133.6 gemme cavate, azzurre e verdi e roggie, 43.133.7 e formate in gran piatti e in coppe e in nappi, 43.133.8 e senza fin d' oro e di seta drappi. 43.134.1 Il giudice, sì come io vi dicea, 43.134.2 venne a questo palagio a dar di petto, 43.134.3 quando né una capanna si credea 43.134.4 di ritrovar, ma solo il bosco schietto. 43.134.5 Per l' alta maraviglia che n' avea, 43.134.6 esser si credea uscito d' intelletto: 43.134.7 non sapea se fosse ebbro, o se sognassi, 43.134.8 o pur se 'l cervel scemo a volo andassi. 43.135.1 Vede inanzi alla porta uno Etïopo 43.135.2 con naso e labri grossi; e ben gli è avviso 43.135.3 che non vedesse mai, prima né dopo, 43.135.4 un così sozzo e dispiacevol viso; 43.135.5 poi di fattezze, qual si pinge Esopo, 43.135.6 d' attristar, se vi fosse, il paradiso; 43.135.7 bisunto e sporco, e d' abito mendico: 43.135.8 né a mezzo ancor di sua bruttezza io dico. 43.136.1 Anselmo che non vede altro da cui 43.136.2 possa saper di chi la casa sia, 43.136.3 a lui s' accosta, e ne domanda a lui; 43.136.4 et ei risponde:" Questa casa è mia". 43.136.5 Il giudice è ben certo che colui 43.136.6 lo beffi e che gli dica la bugia: 43.136.7 ma con scongiuri il negro ad affermare 43.136.8 che sua è la casa, e ch' altri non v' ha a fare; 43.137.1 e gli offerisce, se la vuol vedere, 43.137.2 che dentro vada, e cerchi come voglia; 43.137.3 e se v' ha cosa che gli sia in piacere 43.137.4 o per sé o per gli amici, se la toglia. 43.137.5 Diede il cavallo al servo suo a tenere 43.137.6 Anselmo, e messe il piè dentro alla soglia; 43.137.7 e per sale e per camere condutto, 43.137.8 da basso e d' alto andò mirando il tutto. 43.138.1 La forma, il sito, il ricco e bel lavoro 43.138.2 va contemplando, e l' ornamento regio; 43.138.3 e spesso dice:" Non potria quant' oro 43.138.4 è sotto il sol pagare il loco egregio". 43.138.5 A questo gli risponde il brutto Moro, 43.138.6 e dice:" E questo ancor trova il suo pregio: 43.138.7 se non d' oro o d' argento, nondimeno 43.138.8 pagar lo può quel che vi costa meno". 43.139.1 E gli fa la medesima richiesta 43.139.2 ch' avea già Adonio alla sua moglie fatta. 43.139.3 De la brutta domanda e disonesta, 43.139.4 persona lo stimò bestiale e matta. 43.139.5 Per tre repulse e quattro egli non resta; 43.139.6 e tanti modi a persuaderlo adatta, 43.139.7 sempre offerendo in merito il palagio, 43.139.8 che fe' inchinarlo al suo voler malvagio. 43.140.1 La moglie Argia che stava appresso ascosa, 43.140.2 poi che lo vide nel suo error caduto, 43.140.3 saltò fuora gridando:" Ah degna cosa 43.140.4 che io veggo di dottor saggio tenuto!" 43.140.5 Trovato in sì mal' opra e vizïosa, 43.140.6 pensa se rosso far si deve e muto. 43.140.7 O terra, acciò ti si gettassi dentro, 43.140.8 perché allor non t' apristi insino al centro? 43.141.1 La donna in suo discarco, et in vergogna 43.141.2 d' Anselmo, il capo gl' intronò di gridi, 43.141.3 dicendo:" Come te punir bisogna 43.141.4 di quel che far con sì vil uom ti vidi, 43.141.5 se per seguir quel che natura agogna, 43.141.6 me, vinta a' prieghi del mio amante, uccidi? 43.141.7 ch' era bello e gentile; e un dono tale 43.141.8 mi fe', ch' a quel nulla il palagio vale. 43.142.1 S' io ti parvi esser degna d' una morte, 43.142.2 conosci che ne sei degno di cento: 43.142.3 e ben ch' in questo loco io sia sì forte, 43.142.4 ch' io possa di te fare il mio talento; 43.142.5 pure io non vo' pigliar di peggior sorte 43.142.6 altra vendetta del tuo fallimento. 43.142.7 Di par l' avere e 'l dar, marito, poni; 43.142.8 fa, com' io a te, che tu a me ancor perdoni: 43.143.1 e sia la pace e sia l' accordo fatto, 43.143.2 ch' ogni passato error vada in oblio; 43.143.3 né ch' in parole io possa mai né in atto 43.143.4 ricordarti il tuo error, né a me tu il mio". 43.143.5 Il marito ne parve aver buon patto, 43.143.6 né dimostrossi al perdonar restio. 43.143.7 Così a pace e concordia ritornaro, 43.143.8 e sempre poi fu l' uno all' altro caro. -- 43.144.1 Così disse il nocchiero; e mosse a riso 43.144.2 Rinaldo al fin de la sua istoria un poco; 43.144.3 e diventar gli fece a un tratto il viso, 43.144.4 per l' onta del dottor, come di fuoco. 43.144.5 Rinaldo Argia molto lodò, ch' avviso 43.144.6 ebbe d' alzare a quello augello un gioco 43.144.7 ch' alla medesma rete fe' cascallo, 43.144.8 in che cadde ella, ma con minor fallo. 43.145.1 Poi che più in alto il sole il camin prese, 43.145.2 fe' il paladino apparecchiar la mensa, 43.145.3 ch' avea la notte il Mantuan cortese 43.145.4 provista con larghissima dispensa. 43.145.5 Fugge a sinistra intanto il bel paese, 43.145.6 et a man destra la palude immensa: 43.145.7 viene e fuggesi Argenta e 'l suo girone 43.145.8 col lito ove Santerno il capo pone. 43.146.1 Allora la Bastia credo non v' era, 43.146.2 di che non troppo si vantâr Spagnuoli 43.146.3 d' avervi su tenuta la bandiera; 43.146.4 ma più da pianger n' hanno i Romagniuoli. 43.146.5 E quindi a filo alla dritta riviera 43.146.6 cacciano il legno, e fan parer che voli. 43.146.7 Lo volgon poi per una fossa morta, 43.146.8 ch' a mezzodì presso a Ravenna il porta. 43.147.1 Ben che Rinaldo con pochi danari 43.147.2 fosse sovente, pur n' avea sì alora, 43.147.3 che cortesia ne fece a' marinari, 43.147.4 prima che li lasciasse alla buon' ora. 43.147.5 Quindi mutando bestie e cavallari, 43.147.6 Arimino passò la sera ancora; 43.147.7 né in Montefiore aspetta il matutino, 43.147.8 e quasi a par col sol giunge in Urbino. 43.148.1 Quivi non era Federico allora, 43.148.2 né l' Issabetta, né 'l buon Guido v' era, 43.148.3 né Francesco Maria, né Leonora, 43.148.4 che con cortese forza e non altiera 43.148.5 avesse astretto a far seco dimora 43.148.6 sì famoso guerrier più d' una sera; 43.148.7 come fêr già molti anni, et oggi fanno 43.148.8 a donne e a cavallier che di là vanno. 43.149.1 Poi che quivi alla briglia alcun nol prende, 43.149.2 smonta Rinaldo a Cagli alla via dritta. 43.149.3 Pel monte che 'l Metauro o il Gauno fende, 43.149.4 passa Apennino, e più non l' ha a man ritta; 43.149.5 passa gli Ombri e gli Etrusci, e a Roma scende; 43.149.6 da Roma ad Ostia; e quindi si tragitta 43.149.7 per mare alla cittade a cui commise 43.149.8 il pietoso figliuol l' ossa d' Anchise. 43.150.1 Muta ivi legno, e verso l' isoletta 43.150.2 di Lipadusa fa ratto levarsi; 43.150.3 quella che fu dai combattenti eletta, 43.150.4 et ove già stati erano a trovarsi. 43.150.5 Insta Rinaldo, e gli nocchieri affretta, 43.150.6 ch' a vela e a remi fan ciò che può farsi; 43.150.7 ma i venti avversi e per lui mal gagliardi, 43.150.8 lo fecer, ma di poco, arrivar tardi. 43.151.1 Giunse ch' a punto il principe d' Anglante 43.151.2 fatta avea l' utile opra e glorïosa: 43.151.3 avea Gradasso ucciso et Agramante, 43.151.4 ma con dura vittoria e sanguinosa. 43.151.5 Morto n' era il figliuol di Monodante; 43.151.6 e di grave percossa e perigliosa 43.151.7 stava Olivier languendo in su l' arena, 43.151.8 e del piè guasto avea martìre e pena. 43.152.1 Tener non poté il conte asciutto il viso, 43.152.2 quando abbracciò Rinaldo, e che narrolli 43.152.3 che gli era stato Brandimarte ucciso, 43.152.4 che tanta fede e tanto amor portolli. 43.152.5 Né men Rinaldo, quando sì diviso 43.152.6 vide il capo all' amico, ebbe occhi molli: 43.152.7 poi quindi ad abbracciar si fu condotto 43.152.8 Olivier che sedea col piede rotto. 43.153.1 La consolazïon che seppe, tutta 43.153.2 diè lor, ben che per sé tor non la possa; 43.153.3 che giunto si vedea quivi alle frutta, 43.153.4 anzi poi che la mensa era rimossa. 43.153.5 Andaro i servi alla città distrutta, 43.153.6 e di Gradasso e d' Agramante l' ossa 43.153.7 ne le ruine ascoser di Biserta, 43.153.8 e quivi divulgâr la cosa certa. 43.154.1 De la vittoria ch' avea avuto Orlando, 43.154.2 s' allegrò Astolfo e Sansonetto molto; 43.154.3 non sì però, come avrian fatto, quando 43.154.4 non fosse a Brandimarte il lume tolto. 43.154.5 Sentir lui morto il gaudio va scemando 43.154.6 sì, che non ponno asserenare il volto. 43.154.7 Or chi sarà di lor, ch' annunzio voglia 43.154.8 a Fiordiligi dar di sì gran doglia? 43.155.1 La notte che precesse a questo giorno, 43.155.2 Fiordiligi sognò che quella vesta 43.155.3 che, per mandarne Brandimarte adorno, 43.155.4 avea trapunta e di sua man contesta, 43.155.5 vedea per mezzo sparsa e d' ogn' intorno 43.155.6 di goccie rosse, a guisa di tempesta: 43.155.7 parea che di sua man così l' avesse 43.155.8 riccamata ella, e poi se ne dogliesse. 43.156.1 E parea dir: -- Pur hammi il signor mio 43.156.2 commesso ch' io la faccia tutta nera: 43.156.3 or perché dunque riccamata holl' io 43.156.4 contra sua voglia in sì strana maniera? -- 43.156.5 Di questo sogno fe' giudicio rio; 43.156.6 poi la novella giunse quella sera: 43.156.7 ma tanto Astolfo ascosa le la tenne, 43.156.8 ch' a lei con Sansonetto se ne venne. 43.157.1 Tosto ch' entraro, e ch' ella loro il viso 43.157.2 vide di gaudio in tal vittoria privo; 43.157.3 senz' altro annunzio sa, senz' altro avviso, 43.157.4 che Brandimarte suo non è più vivo. 43.157.5 Di ciò le resta il cor così conquiso, 43.157.6 e così gli occhi hanno la luce a schivo, 43.157.7 e così ogn' altro senso se le serra, 43.157.8 che come morta andar si lascia in terra. 43.158.1 Al tornar de lo spirto, ella alle chiome 43.158.2 caccia le mani; et alle belle gote, 43.158.3 indarno ripetendo il caro nome, 43.158.4 fa danno et onta più che far lor puote: 43.158.5 straccia i capelli e sparge; e grida, come 43.158.6 donna talor che 'l demon rio percuote, 43.158.7 o come s' ode che già a suon di corno 43.158.8 Menade corse, et aggirossi intorno. 43.159.1 Or questo or quel pregando va, che porto 43.159.2 le sia un coltel, sì che nel cor si fera: 43.159.3 or correr vuol là dove il legno in porto 43.159.4 dei duo signor defunti arrivato era, 43.159.5 e de l' uno e de l' altro così morto 43.159.6 far crudo strazio e vendetta acra e fiera: 43.159.7 or vuol passare il mare, e cercar tanto, 43.159.8 che possa al suo signor morire a canto. 43.160.1 -- Deh perché, Brandimarte, ti lasciai 43.160.2 senza me andare a tanta impresa? (disse). 43.160.3 Vedendoti partir, non fu più mai 43.160.4 che Fiordiligi tua non ti seguisse. 43.160.5 T' avrei giovato, s' io veniva, assai, 43.160.6 ch' avrei tenute in te le luci fisse; 43.160.7 e se Gradasso avessi dietro avuto, 43.160.8 con un sol grido io t' avrei dato aiuto; 43.161.1 o forse esser potrei stata sì presta, 43.161.2 ch' entrando in mezzo, il colpo t' avrei tolto: 43.161.3 fatto scudo t' avrei con la mia testa; 43.161.4 che morendo io, non era il danno molto. 43.161.5 Ogni modo io morrò; né fia di questa 43.161.6 dolente morte alcun profitto colto; 43.161.7 che, quando io fossi morta in tua difesa, 43.161.8 non potrei meglio aver la vita spesa. 43.162.1 Se pur ad aiutarti i duri fati 43.162.2 avessi avuti e tutto il cielo avverso, 43.162.3 gli ultimi baci almeno io t' avrei dati, 43.162.4 almen t' avrei di pianto il viso asperso; 43.162.5 e prima che con gli angeli beati 43.162.6 fossi lo spirto al suo Fattor converso, 43.162.7 detto gli avrei: Va in pace, e là m' aspetta; 43.162.8 ch' ovunque sei, son per seguirti in fretta. 43.163.1 È questo, Brandimarte, è questo il regno 43.163.2 di che pigliar lo scettro ora dovevi? 43.163.3 Or così teco a Dammogire io vegno? 43.163.4 così nel real seggio mi ricevi? 43.163.5 Ah Fortuna crudel, quanto disegno 43.163.6 mi rompi! oh che speranze oggi mi levi! 43.163.7 Deh, che cesso io, poi c' ho perduto questo 43.163.8 tanto mio ben, ch' io non perdo anco il resto? -- 43.164.1 Questo et altro dicendo, in lei risorse 43.164.2 il furor con tanto impeto e la rabbia, 43.164.3 ch' a stracciare il bel crin di nuovo corse, 43.164.4 come il bel crin tutta la colpa n' abbia. 43.164.5 Le mani insieme si percosse e morse, 43.164.6 nel sen si cacciò l' ugne e ne le labbia. 43.164.7 Ma torno a Orlando et a' compagni, intanto 43.164.8 ch' ella si strugge e si consuma in pianto. 43.165.1 Orlando, col cognato che non poco 43.165.2 bisogno avea di medico e di cura, 43.165.3 et altretanto, perché in degno loco 43.165.4 avesse Brandimarte sepultura, 43.165.5 verso il monte ne va che fa col fuoco 43.165.6 chiara la notte, e il dì di fumo oscura. 43.165.7 Hanno propizio il vento, e a destra mano 43.165.8 non è quel lito lor molto lontano. 43.166.1 Con fresco vento ch' in favor veniva, 43.166.2 sciolser la fune al declinar del giorno, 43.166.3 mostrando lor la taciturna diva 43.166.4 la dritta via col luminoso corno; 43.166.5 e sorser l' altro dì sopra la riva 43.166.6 ch' amena giace ad Agringento intorno. 43.166.7 Quivi Orlando ordinò per l' altra sera 43.166.8 ciò ch' a funeral pompa bisogno era. 43.167.1 Poi che l' ordine suo vide esequito, 43.167.2 essendo omai del sole il lume spento, 43.167.3 fra molta nobiltà ch' era allo 'nvito 43.167.4 de' luoghi intorno corsa in Agringento, 43.167.5 d' accesi torchi tutto ardendo 'l lito, 43.167.6 e di grida sonando e di lamento, 43.167.7 tornò Orlando ove il corpo fu lasciato, 43.167.8 che vivo e morto avea con fede amato. 43.168.1 Quivi Bardin di soma d' anni grave 43.168.2 stava piangendo alla bara funèbre, 43.168.3 che pel gran pianto ch' avea fatto in nave, 43.168.4 dovria gli occhi aver pianti e le palpèbre. 43.168.5 Chiamando il ciel crudel, le stelle prave, 43.168.6 ruggia come un leon ch' abbia la febre. 43.168.7 Le mani erano intanto empie e ribelle 43.168.8 ai crin canuti e alla rugosa pelle. 43.169.1 Levossi, al ritornar del paladino, 43.169.2 maggiore il grido, e raddoppiossi il pianto. 43.169.3 Orlando, fatto al corpo più vicino, 43.169.4 senza parlar stette a mirarlo alquanto, 43.169.5 pallido come colto al matutino 43.169.6 è da sera il ligustro o il molle acanto; 43.169.7 e dopo un gran sospir, tenendo fisse 43.169.8 sempre le luci in lui, così gli disse: 43.170.1 -- O forte, o caro, o mio fedel compagno, 43.170.2 che qui sei morto, e so che vivi in cielo, 43.170.3 e d' una vita v' hai fatto guadagno, 43.170.4 che non ti può mai tor caldo né gielo, 43.170.5 perdonami, se ben vedi ch' io piagno; 43.170.6 perché d' esser rimaso mi querelo, 43.170.7 e ch' a tanta letizia io non son teco; 43.170.8 non già perché qua giù tu non sia meco. 43.171.1 Solo senza te son; né cosa in terra 43.171.2 senza te posso aver più, che mi piaccia. 43.171.3 Se teco era in tempesta e teco in guerra, 43.171.4 perché non anco in ozio et in bonaccia? 43.171.5 Ben grande è 'l mio fallir, poi che mi serra 43.171.6 di questo fango uscir per la tua traccia. 43.171.7 Se negli affanni teco fui, perch' ora 43.171.8 non sono a parte del guadagno ancora? 43.172.1 Tu guadagnato, e perdita ho fatto io: 43.172.2 sol tu all' acquisto, io non son solo al danno. 43.172.3 Partecipe fatto è del dolor mio 43.172.4 l' Italia, il regno franco e l' alemanno. 43.172.5 Oh quanto, quanto il mio signore e zio, 43.172.6 oh quanto i paladin da doler s' hanno! 43.172.7 quanto l' Imperio e la cristiana Chiesa, 43.172.8 che perduto han la sua maggior difesa! 43.173.1 Oh quanto si torrà per la tua morte 43.173.2 di terrore a' nimici e di spavento! 43.173.3 Oh quanto Pagania sarà più forte! 43.173.4 quanto animo n' avrà, quanto ardimento! 43.173.5 Oh come star ne dee la tua consorte! 43.173.6 Sin qui ne veggo il pianto, e 'l grido sento. 43.173.7 So che m' accusa, e forse odio mi porta, 43.173.8 che per me teco ogni sua speme è morta. 43.174.1 Ma, Fiordiligi, almen resti un conforto 43.174.2 a noi che siàn di Brandimarte privi; 43.174.3 ch' invidiar lui con tanta gloria morto 43.174.4 denno tutti i guerrier ch' oggi son vivi. 43.174.5 Quei Decii, e quel nel roman foro absorto, 43.174.6 quel sì lodato Codro dagli Argivi, 43.174.7 non con più altrui profitto e più suo onore 43.174.8 a morte si donâr, del tuo signore. -- 43.175.1 Queste parole et altre dicea Orlando. 43.175.2 Intanto i bigi, i bianchi, i neri frati, 43.175.3 e tutti gli altri chierci, seguitando 43.175.4 andavan con lungo ordine accoppiati, 43.175.5 per l' alma del defunto Dio pregando, 43.175.6 che gli donasse requie tra' beati. 43.175.7 Lumi inanzi e per mezzo e d' ogn' intorno, 43.175.8 mutata aver parean la notte in giorno. 43.176.1 Levan la bara, et a portarla fôro 43.176.2 messi a vicenda conti e cavallieri. 43.176.3 Purpurea seta la copria, che d' oro 43.176.4 e di gran perle avea compassi altieri: 43.176.5 di non men bello e signoril lavoro 43.176.6 avean gemmati e splendidi origlieri; 43.176.7 e giacea quivi il cavallier con vesta 43.176.8 di color pare, e d' un lavor contesta. 43.177.1 Trecento agli altri eran passati inanti, 43.177.2 de' più poveri tolti de la terra, 43.177.3 parimente vestiti tutti quanti 43.177.4 di panni negri e lunghi sin a terra. 43.177.5 Cento paggi seguian sopra altretanti 43.177.6 grossi cavalli e tutti buoni a guerra; 43.177.7 e i cavalli coi paggi ivano il suolo 43.177.8 radendo col lor abito di duolo. 43.178.1 Molte bandiere inanzi e molte dietro, 43.178.2 che di diverse insegne eran dipinte, 43.178.3 spiegate accompagnavano il ferètro; 43.178.4 le quai già tolte a mille schiere vinte, 43.178.5 e guadagnate a Cesare et a Pietro 43.178.6 avean le forze ch' or giaceano estinte. 43.178.7 Scudi v' erano molti, che di degni 43.178.8 guerrieri, a chi fur tolti, aveano i segni. 43.179.1 Venian cento e cent' altri a diversi usi 43.179.2 de l' esequie ordinati; et avean questi, 43.179.3 come anco il resto, accesi torchi; e chiusi, 43.179.4 più che vestiti, eran di nere vesti. 43.179.5 Poi seguia Orlando, e ad or ad or suffusi 43.179.6 di lacrime avea gli occhi e rossi e mesti; 43.179.7 né più lieto di lui Rinaldo venne: 43.179.8 il piè Olivier, che rotto avea, ritenne. 43.180.1 Lungo sarà s' io vi vo' dire in versi 43.180.2 le cerimonie, e raccontarvi tutti 43.180.3 i dispensati manti oscuri e persi, 43.180.4 gli accesi torchi che vi furon strutti. 43.180.5 Quindi alla chiesa catedral conversi, 43.180.6 dovunque andâr, non lasciaro occhi asciutti: 43.180.7 sì bel, sì buon, sì giovene a pietade 43.180.8 mosse ogni sesso, ogni ordine, ogni etade. 43.181.1 Fu posto in chiesa; e poi che da le donne 43.181.2 di lacrime e di pianti inutil opra, 43.181.3 e che dai sacerdoti ebbe eleisonne 43.181.4 e gli altri santi detti avuto sopra, 43.181.5 in una arca il serbâr su due colonne: 43.181.6 e quella vuole Orlando che si cuopra 43.181.7 di ricco drappo d' or, sin che reposto 43.181.8 in un sepulcro sia di maggior costo. 43.182.1 Orlando di Sicilia non si parte, 43.182.2 che manda a trovar porfidi e alabastri. 43.182.3 Fece fare il disegno, e di quell' arte 43.182.4 inarrar con gran premio i miglior mastri. 43.182.5 Fe' le lastre, venendo in questa parte, 43.182.6 poi drizzar Fiordiligi, e i gran pilastri; 43.182.7 che quivi (essendo Orlando già partito) 43.182.8 si fe' portar da l' africano lito. 43.183.1 E vedendo le lacrime indefesse, 43.183.2 et ostinati a uscir sempre i sospiri, 43.183.3 né per far sempre dire uffici e messe, 43.183.4 mai satisfar potendo a' suoi disiri; 43.183.5 di non partirsi quindi in cor si messe, 43.183.6 fin che del corpo l' anima non spiri: 43.183.7 e nel sepolcro fe' fare una cella, 43.183.8 e vi si chiuse, e fe' sua vita in quella. 43.184.1 Oltre che messi e lettere le mande, 43.184.2 vi va in persona Orlando per levarla. 43.184.3 Se viene in Francia, con pension ben grande 43.184.4 compagna vuol di Galerana farla: 43.184.5 quando tornare al padre anco domande, 43.184.6 sin alla Lizza vuole accompagnarla: 43.184.7 edificar le vuole un monastero, 43.184.8 quando servire a Dio faccia pensiero. 43.185.1 Stava ella nel sepulcro; e quivi attrita 43.185.2 da penitenzia, orando giorno e notte, 43.185.3 non durò lunga età, che di sua vita 43.185.4 da la Parca le fur le fila rotte. 43.185.5 Già fatto avea da l' isola partita, 43.185.6 ove i Ciclopi avean l' antique grotte, 43.185.7 i tre guerrier di Francia, afflitti e mesti 43.185.8 che 'l quarto lor compagno a dietro resti. 43.186.1 Non volean senza medico levarsi, 43.186.2 che d' Olivier s' avesse a pigliar cura; 43.186.3 la qual, perché a principio mal pigliarsi 43.186.4 poté, fatt' era faticosa e dura: 43.186.5 e quello udiano in modo lamentarsi, 43.186.6 che del suo caso avean tutti paura. 43.186.7 Tra lor di ciò parlando, al nocchier nacque 43.186.8 un pensiero, e lo disse; e a tutti piacque. 43.187.1 Disse ch' era di là poco lontano 43.187.2 in un solingo scoglio uno eremita, 43.187.3 a cui ricorso mai non s' era invano, 43.187.4 o fosse per consiglio o per aita; 43.187.5 e facea alcuno effetto soprumano, 43.187.6 dar lume a ciechi, e tornar morti a vita, 43.187.7 fermare il vento ad un segno di croce, 43.187.8 e far tranquillo il mar quando è più atroce: 43.188.1 e che non denno dubitare, andando 43.188.2 a ritrovar quel uomo a Dio sì caro, 43.188.3 che lor non renda Olivier sano, quando 43.188.4 fatto ha di sua virtù segno più chiaro. 43.188.5 Questo consiglio sì piacque ad Orlando, 43.188.6 che verso il santo loco si drizzaro; 43.188.7 né mai piegando dal camin la prora, 43.188.8 vider lo scoglio al sorger de l' aurora. 43.189.1 Scorgendo il legno uomini in acqua dotti, 43.189.2 sicuramente s' accostaro a quello. 43.189.3 Quivi aiutando servi e galeotti, 43.189.4 declinano il marchese nel battello: 43.189.5 e per le spumose onde fur condotti 43.189.6 nel duro scoglio, et indi al santo ostello; 43.189.7 al santo ostello, a quel vecchio medesmo, 43.189.8 per le cui mano ebbe Ruggier battesmo. 43.190.1 Il servo del Signor del paradiso 43.190.2 raccolse Orlando et i compagni suoi, 43.190.3 e benedilli con giocondo viso, 43.190.4 e de' lor casi dimandolli poi; 43.190.5 ben che de lor venuta avuto avviso 43.190.6 avesse prima dai celesti eroi. 43.190.7 Orlando gli rispose esser venuto 43.190.8 per ritrovare al suo Oliviero aiuto; 43.191.1 ch' era, pugnando per la fé di Cristo, 43.191.2 a periglioso termine ridutto. 43.191.3 Levògli il santo ogni sospetto tristo, 43.191.4 e gli promisse di sanarlo in tutto. 43.191.5 Né d' unguento trovandosi previsto, 43.191.6 né d' altra umana medicina instrutto, 43.191.7 andò alla chiesa, et orò al Salvatore; 43.191.8 et indi uscì con gran baldanza fuore: 43.192.1 e in nome de le eterne tre Persone, 43.192.2 Padre e Figliuolo e Spirto Santo, diede 43.192.3 ad Olivier la sua benedizione. 43.192.4 Oh virtù che dà Cristo a chi gli crede! 43.192.5 Cacciò dal cavalliero ogni passione, 43.192.6 e ritornolli a sanitade il piede, 43.192.7 più fermo e più espedito che mai fosse: 43.192.8 e presente Sobrino a ciò trovosse. 43.193.1 Giunto Sobrin de le sue piaghe a tanto, 43.193.2 che star peggio ogni giorno se ne sente, 43.193.3 tosto che vede del monaco santo 43.193.4 il miracolo grande et evidente, 43.193.5 si dispon di lasciar Macon da canto, 43.193.6 e Cristo confessar vivo e potente: 43.193.7 e domanda con cor di fede attrito, 43.193.8 d' inicïarsi al nostro sacro rito. 43.194.1 Così l' uom giusto lo battezza, et anco 43.194.2 gli rende, orando, ogni vigor primiero. 43.194.3 Orlando e gli altri cavallier non manco 43.194.4 di tal conversïon letizia fêro, 43.194.5 che di veder che liberato e franco 43.194.6 del periglioso mal fosse Oliviero. 43.194.7 Maggior gaudio degli altri Ruggier ebbe; 43.194.8 e molto in fede e in devozione accrebbe. 43.195.1 Era Ruggier dal dì che giunse a nuoto 43.195.2 su questo scoglio, poi statovi ogniora. 43.195.3 Fra quei guerrieri il vecchiarel devoto 43.195.4 sta dolcemente, e li conforta et ora 43.195.5 a voler, schivi di pantano e loto, 43.195.6 mondi passar per questa morta gora 43.195.7 c' ha nome vita, che sì piace a' sciocchi; 43.195.8 et alla via del ciel sempre aver gli occhi. 43.196.1 Orlando un suo mandò sul legno, e trarne 43.196.2 fece pane e buon vin, cacio e persutti; 43.196.3 e l' uom di Dio, ch' ogni sapor di starne 43.196.4 pose in oblio, poi ch' avvezzossi a' frutti, 43.196.5 per carità mangiar fecero carne, 43.196.6 e ber del vino, e far quel che fêr tutti. 43.196.7 Poi ch' alla mensa consolati fôro, 43.196.8 di molte cose ragionâr tra loro. 43.197.1 E come accade nel parlar sovente, 43.197.2 ch' una cosa vien l' altra dimostrando, 43.197.3 Ruggier riconosciuto finalmente 43.197.4 fu da Rinaldo, da Olivier, da Orlando, 43.197.5 per quel Ruggiero in arme sì eccellente, 43.197.6 il cui valor s' accorda ognun lodando: 43.197.7 né Rinaldo l' avea raffigurato 43.197.8 per quel che provò già ne lo steccato. 43.198.1 Ben l' avea il re Sobrin riconosciuto, 43.198.2 tosto che 'l vide col vecchio apparire; 43.198.3 ma vòlse inanzi star tacito e muto, 43.198.4 che porsi in aventura di fallire. 43.198.5 Poi ch' a notizia agli altri fu venuto 43.198.6 che questo era Ruggier, di cui l' ardire, 43.198.7 la cortesia e 'l valore alto e profondo 43.198.8 si facea nominar per tutto il mondo; 43.199.1 e sapendosi già ch' era cristiano, 43.199.2 tutti con lieta e con serena faccia 43.199.3 vengono a lui: chi gli tocca la mano, 43.199.4 e chi lo bacia, e chi lo stringe e abbraccia. 43.199.5 Sopra gli altri il signor di Montalbano 43.199.6 d' accarezzarlo e fargli onor procaccia. 43.199.7 Perch' esso più degli altri, io 'l serbo a dire 43.199.8 ne l' altro canto, se 'l vorrete udire.
CANTO XLIV
44.1.1 Spesso in poveri alberghi e in picciol tetti, 44.1.2 ne le calamitadi e nei disagi, 44.1.3 meglio s' aggiungon d' amicizia i petti, 44.1.4 che fra ricchezze invidïose et agi 44.1.5 de le piene d' insidie e di sospetti 44.1.6 corti regali e splendidi palagi, 44.1.7 ove la caritade è in tutto estinta, 44.1.8 né si vede amicizia, se non finta. 44.2.1 Quindi avvien che tra principi e signori 44.2.2 patti e convenzïon sono sì frali. 44.2.3 Fan lega oggi re, papi e imperatori; 44.2.4 doman saran nimici capitali: 44.2.5 perché, qual l' apparenze esterïori, 44.2.6 non hanno i cor, non han gli animi tali; 44.2.7 che non mirando al torto più ch' al dritto, 44.2.8 attendon solamente al lor profitto. 44.3.1 Questi, quantunque d' amicizia poco 44.3.2 sieno capaci, perché non sta quella 44.3.3 ove per cose gravi, ove per giuoco 44.3.4 mai senza finzïon non si favella; 44.3.5 pur, se talor gli ha tratti in umil loco 44.3.6 insieme una fortuna acerba e fella, 44.3.7 in poco tempo vengono a notizia 44.3.8 (quel che in molto non fêr) de l' amicizia. 44.4.1 Il santo vecchiarel ne la sua stanza 44.4.2 giunger gli ospiti suoi con nodo forte 44.4.3 ad amor vero meglio ebbe possanza, 44.4.4 ch' altri non avria fatto in real corte. 44.4.5 Fu questo poi di tal perseveranza, 44.4.6 che non si sciolse mai fin alla morte. 44.4.7 Il vecchio li trovò tutti benigni, 44.4.8 candidi più nel cor, che di fuor cigni. 44.5.1 Trovolli tutti amabili e cortesi, 44.5.2 non de la iniquità ch' io v' ho dipinta 44.5.3 di quei che mai non escono palesi, 44.5.4 ma sempre van con apparenza finta. 44.5.5 Di quanto s' eran per adietro offesi 44.5.6 ogni memoria fu tra loro estinta; 44.5.7 e se d' un ventre fossero e d' un seme, 44.5.8 non si potriano amar più tutti insieme. 44.6.1 Sopra gli altri il signor di Montalbano 44.6.2 accarezzava e riveria Ruggiero; 44.6.3 sì perché già l' avea con l' arme in mano 44.6.4 provato quanto era animoso e fiero, 44.6.5 sì per trovarlo affabile et umano 44.6.6 più che mai fosse al mondo cavalliero: 44.6.7 ma molto più, che da diverse bande 44.6.8 si conoscea d' avergli obligo grande. 44.7.1 Sapea che di gravissimo periglio 44.7.2 egli avea liberato Ricciardetto, 44.7.3 quando il re ispano gli fe' dar di piglio 44.7.4 e con la figlia prendere nel letto; 44.7.5 e ch' avea tratto l' uno e l' altro figlio 44.7.6 del duca Buovo (com' io v' ho già detto) 44.7.7 di man dei Saracini e dei malvagi 44.7.8 ch' eran col maganzese Bertolagi. 44.8.1 Questo debito a lui parea di sorte, 44.8.2 ch' ad amar lo stringeano e ad onorarlo; 44.8.3 e gli ne dolse e gli ne 'ncrebbe forte, 44.8.4 che prima non avea potuto farlo, 44.8.5 quando era l' un ne l' africana corte, 44.8.6 e l' altro agli servigi era di Carlo. 44.8.7 Or che fatto cristian quivi lo trova, 44.8.8 quel che non fece prima, or far gli giova. 44.9.1 Proferte senza fine, onore e festa 44.9.2 fece a Ruggiero il paladin cortese. 44.9.3 Il prudente eremita, come questa 44.9.4 benivolenzia vide, adito prese. 44.9.5 Entrò dicendo: -- A fare altro non resta 44.9.6 (e lo spero ottener senza contese), 44.9.7 che come l' amicizia è tra voi fatta, 44.9.8 tra voi sia ancora affinità contratta; 44.10.1 acciò che de le due progenie illustri 44.10.2 che non han par di nobiltade al mondo, 44.10.3 nasca un lignaggio che più chiaro lustri, 44.10.4 che 'l chiaro sol, per quanto gira a tondo; 44.10.5 e come andran più inanzi et anni e lustri, 44.10.6 sarà più bello, e durerà (secondo 44.10.7 che Dio m' inspira, acciò ch' a voi nol celi) 44.10.8 fin che terran l' usato corso i cieli. -- 44.11.1 E seguitando il suo parlar più inante, 44.11.2 fa il santo vecchio sì, che persuade 44.11.3 che Rinaldo a Ruggier dia Bradamante, 44.11.4 ben che pregar né l' un né l' altro accade. 44.11.5 Loda Olivier col principe d' Anglante, 44.11.6 che far si debba questa affinitade; 44.11.7 il che speran ch' approvi Amone e Carlo, 44.11.8 e debba tutta Francia commendarlo. 44.12.1 Così dicean; ma non sapean ch' Amone, 44.12.2 con voluntà del figlio di Pipino, 44.12.3 n' avea dato in quei giorni intenzïone 44.12.4 all' imperator greco Costantino, 44.12.5 che gliele domandava per Leone 44.12.6 suo figlio e successor nel gran domìno. 44.12.7 Se n' era, pel valor che n' avea inteso, 44.12.8 senza vederla, il giovinetto acceso. 44.13.1 Risposto gli avea Amon, che da sé solo 44.13.2 non era per concludere altramente, 44.13.3 né pria che ne parlasse col figliuolo 44.13.4 Rinaldo, da la corte allora absente; 44.13.5 il qual credea che vi verrebbe a volo, 44.13.6 e che di grazia avria sì gran parente: 44.13.7 pur, per molto rispetto che gli avea, 44.13.8 risolver senza lui non si volea. 44.14.1 Or Rinaldo lontan dal padre, quella 44.14.2 pratica imperïal tutta ignorando, 44.14.3 quivi a Ruggier promette la sorella 44.14.4 di suo parere, e di parer d' Orlando 44.14.5 e degli altri ch' avea seco alla cella, 44.14.6 ma sopra tutti l' eremita instando: 44.14.7 e crede veramente che piacere 44.14.8 debba ad Amon quel parentado avere. 44.15.1 Quel dì e la notte, e del seguente giorno 44.15.2 steron gran parte col monaco saggio, 44.15.3 quasi oblïando al legno far ritorno, 44.15.4 ben che il vento spirasse al lor vïaggio. 44.15.5 Ma i lor nocchieri, a cui tanto soggiorno 44.15.6 increscea omai, mandâr più d' un messaggio, 44.15.7 che sì li stimulâr de la partita, 44.15.8 ch' a forza li spiccâr da l' eremita. 44.16.1 Ruggier che stato era in esilio tanto, 44.16.2 né da lo scoglio avea mai mosso il piede, 44.16.3 tolse licenzia da quel mastro santo 44.16.4 ch' insegnata gli avea la vera fede. 44.16.5 La spada Orlando gli rimesse a canto, 44.16.6 l' arme d' Ettorre, e il buon Frontin gli diede; 44.16.7 sì per mostrar del suo amor segno espresso, 44.16.8 sì per saper che dianzi erano d' esso. 44.17.1 E quantunque miglior ne l' incantata 44.17.2 spada ragione avesse il paladino, 44.17.3 che con pena e travaglio già levata 44.17.4 l' avea dal formidabile giardino, 44.17.5 che non avea Ruggiero a cui donata 44.17.6 dal ladro fu, che gli diè ancor Frontino; 44.17.7 pur volentier gliele donò col resto 44.17.8 de l' arme, tosto che ne fu richiesto. 44.18.1 Fur benedetti dal vecchio devoto, 44.18.2 e sul navilio al fin si ritornaro. 44.18.3 I remi all' acqua, e dier le vele al Noto; 44.18.4 e fu lor sì sereno il tempo e chiaro, 44.18.5 che non vi bisognò priego né voto, 44.18.6 fin che nel porto di Marsilia entraro. 44.18.7 Ma quivi stiano tanto, ch' io conduca 44.18.8 insieme Astolfo, il glorïoso duca. 44.19.1 Poi che de la vittoria Astolfo intese, 44.19.2 che sanguinosa e poco lieta s' ebbe; 44.19.3 vedendo che sicura da l' offese 44.19.4 d' Africa oggimai Francia esser potrebbe, 44.19.5 pensò che 'l re de' Nubi in suo paese 44.19.6 con l' esercito suo rimanderebbe 44.19.7 per la strada medesima che tenne 44.19.8 quando contra Biserta se ne venne. 44.20.1 L' armata che i pagan roppe ne l' onde, 44.20.2 già rimandata avea il figliuol d' Ugiero; 44.20.3 di cui, nuovo miracolo, le sponde 44.20.4 (tosto che ne fu uscito il popul nero) 44.20.5 e le poppe e le prore mutò in fronde, 44.20.6 e ritornolle al suo stato primiero: 44.20.7 poi venne il vento, e come cosa lieve 44.20.8 levolle in aria, e fe' sparire in breve. 44.21.1 Chi a piedi e chi in arcion tutte partita 44.21.2 d' Africa fêr le nubïane schiere. 44.21.3 Ma prima Astolfo si chiamò infinita 44.21.4 grazia al Senapo et immortale avere; 44.21.5 che gli venne in persona a dare aita 44.21.6 con ogni sforzo et ogni suo potere. 44.21.7 Astolfo lor ne l' uterino claustro 44.21.8 a portar diede il fiero e turbido austro. 44.22.1 Negli utri, dico, il vento diè lor chiuso, 44.22.2 ch' uscir di mezzodì suol con tal rabbia, 44.22.3 che muove a guisa d' onde, e leva in suso, 44.22.4 e ruota fin in ciel l' àrrida sabbia; 44.22.5 acciò se lo portassero a lor uso, 44.22.6 che per camino a far danno non abbia; 44.22.7 e che poi, giunti ne la lor regione, 44.22.8 avessero a lassar fuor di prigione. 44.23.1 Scrive Turpino, come furo ai passi 44.23.2 de l' alto Atlante, che i cavalli loro 44.23.3 tutti in un tempo diventaron sassi; 44.23.4 sì che, come venîr, se ne tornoro. 44.23.5 Ma tempo è omai ch' Astolfo in Francia passi; 44.23.6 e così, poi che del paese moro 44.23.7 ebbe provisto ai luoghi principali, 44.23.8 all' ippogrifo suo fe' spiegar l' ali. 44.24.1 Volò in Sardigna in un batter di penne, 44.24.2 e di Sardigna andò nel lito còrso; 44.24.3 e quindi sopra il mar la strada tenne, 44.24.4 torcendo alquanto a man sinistra il morso. 44.24.5 Ne le maremme all' ultimo ritenne 44.24.6 de la ricca Provenza il leggier corso; 44.24.7 dove seguì de l' ippogrifo quanto 44.24.8 gli disse già l' evangelista santo. 44.25.1 Hagli commesso il santo evangelista, 44.25.2 che più, giunto in Provenza, non lo sproni; 44.25.3 e ch' all' impeto fier più non resista 44.25.4 con sella e fren, ma libertà gli doni. 44.25.5 Già avea il più basso ciel che sempre acquista 44.25.6 del perder nostro, al corno tolti i suoni; 44.25.7 che muto era restato, non che roco, 44.25.8 tosto ch' entrò 'l guerrier nel divin loco. 44.26.1 Venne Astolfo a Marsilia, e venne a punto 44.26.2 il dì che v' era Orlando et Oliviero 44.26.3 e quel da Montalbano insieme giunto 44.26.4 col buon Sobrino e col meglior Ruggiero. 44.26.5 La memoria del sozio lor defunto 44.26.6 vietò che i paladini non potero 44.26.7 insieme così a punto rallegrarsi, 44.26.8 come in tanta vittoria dovea farsi. 44.27.1 Carlo avea di Sicilia avuto avviso 44.27.2 dei duo re morti e di Sobrino preso, 44.27.3 e ch' era stato Brandimarte ucciso; 44.27.4 poi di Ruggiero avea non meno inteso: 44.27.5 e ne stava col cor lieto e col viso 44.27.6 d' aver gittato intolerabil peso, 44.27.7 che gli fu sopra gli omeri sì greve, 44.27.8 che starà un pezzo pria che si rileve. 44.28.1 Per onorar costor ch' eran sostegno 44.28.2 del santo Imperio e la maggior colonna, 44.28.3 Carlo mandò la nobiltà del regno 44.28.4 ad incontrarli fin sopra la Sonna. 44.28.5 Egli uscì poi col suo drappel più degno 44.28.6 di re e di duci, e con la propria donna, 44.28.7 fuor de le mura, in compagnia di belle 44.28.8 e ben ornate e nobili donzelle. 44.29.1 L' imperator con chiara e lieta fronte, 44.29.2 i paladini e gli amici e i parenti, 44.29.3 la nobiltà, la plebe fanno al conte 44.29.4 et agli altri d' amor segni evidenti: 44.29.5 gridar s' ode Mongrana e Chiaramonte. 44.29.6 Sì tosto non finîr gli abbracciamenti, 44.29.7 Rinaldo e Orlando insieme et Oliviero 44.29.8 al signor loro appresentâr Ruggiero; 44.30.1 e gli narrâr che di Ruggier di Risa 44.30.2 era figliuol, di virtù uguale al padre: 44.30.3 se sia animoso e forte, et a che guisa 44.30.4 sappia ferir, san dir le nostre squadre. 44.30.5 Con Bradamante in questo vien Marfisa, 44.30.6 le due compagne nobili e leggiadre: 44.30.7 ad abbracciar Ruggier vien la sorella; 44.30.8 con più rispetto sta l' altra donzella. 44.31.1 L' imperator Ruggier fa risalire, 44.31.2 ch' era per riverenzia sceso a piede, 44.31.3 e lo fa a par a par seco venire, 44.31.4 e di ciò ch' a onorarlo si richiede, 44.31.5 un punto sol non lassa preterire. 44.31.6 Ben sapea che tornato era alla fede; 44.31.7 che tosto che i guerrier furo all' asciutto, 44.31.8 certificato avean Carlo del tutto. 44.32.1 Con pompa trionfal, con festa grande 44.32.2 tornaro insieme dentro alla cittade, 44.32.3 che di frondi verdeggia e di ghirlande: 44.32.4 coperte a panni son tutte le strade: 44.32.5 nembo d' erbe e di fior d' alto si spande, 44.32.6 e sopra e intorno ai vincitori cade, 44.32.7 che da verroni e da finestre amene 44.32.8 donne e donzelle gittano a man piene. 44.33.1 Al volgersi dei canti in varii lochi 44.33.2 trovano archi e trofei subito fatti, 44.33.3 che di Biserta le ruine e i fochi 44.33.4 mostran dipinti, et altri degni fatti; 44.33.5 altrove palchi con diversi giuochi 44.33.6 e spettacoli e mimmi e scenici atti: 44.33.7 et è per tutti i canti il titol vero 44.33.8 scritto: -- Ai liberatori de l' Impero. -- 44.34.1 Fra il suon d' argute trombe e di canore 44.34.2 pifare e d' ogni musica armonia, 44.34.3 fra riso e plauso, iubilo e favore 44.34.4 del populo ch' a pena vi capia, 44.34.5 smontò al palazzo il magno imperatore, 44.34.6 ove più giorni quella compagnia 44.34.7 con torniamenti, personaggi e farse, 44.34.8 danze e conviti attese a dilettarse. 44.35.1 Rinaldo un giorno al padre fe' sapere 44.35.2 che la sorella a Ruggier dar volea; 44.35.3 ch' in presenzia d' Orlando per mogliere, 44.35.4 e d' Olivier, promessa glie l' avea; 44.35.5 li quali erano seco d' un parere, 44.35.6 che parentado far non si potea 44.35.7 per nobiltà di sangue e per valore, 44.35.8 che fosse a questo par, non che migliore. 44.36.1 Ode Amone il figliuol con qualche sdegno, 44.36.2 che, senza conferirlo seco, gli osa 44.36.3 la figlia maritar, ch' esso ha disegno 44.36.4 che del figliuol di Costantin sia sposa, 44.36.5 non di Ruggier, il qual non ch' abbi regno, 44.36.6 ma non può al mondo dir: questa è mia cosa; 44.36.7 né sa che nobiltà poco si prezza, 44.36.8 e men virtù, se non v' è ancor ricchezza. 44.37.1 Ma più d' Amon la moglie Beatrice 44.37.2 biasma il figliuolo e chiamalo arrogante; 44.37.3 e in segreto e in palese contradice 44.37.4 che di Ruggier sia moglie Bradamante: 44.37.5 a tutta sua possanza imperatrice 44.37.6 ha disegnato farla di Levante. 44.37.7 Sta Rinaldo ostinato, che non vuole 44.37.8 che manchi un iota de le sue parole. 44.38.1 La madre, ch' aver crede alle sue voglie 44.38.2 la magnanima figlia, la conforta 44.38.3 che dica che, più tosto ch' esser moglie 44.38.4 d' un pover cavallier, vuole esser morta; 44.38.5 né mai più per figliuola la raccoglie, 44.38.6 se questa ingiuria dal fratel sopporta: 44.38.7 nieghi pur con audacia, e tenga saldo; 44.38.8 che per sforzar non la sarà Rinaldo. 44.39.1 Sta Bradamante tacita, né al detto 44.39.2 de la madre s' arrisca a contradire; 44.39.3 che l' ha in tal riverenzia e in tal rispetto, 44.39.4 che non potria pensar non l' ubbidire. 44.39.5 Da l' altra parte terria gran difetto, 44.39.6 se quel che non vuol far, volesse dire. 44.39.7 Non vuol, perché non può; che 'l poco e 'l molto 44.39.8 poter di sé disporre Amor le ha tolto. 44.40.1 Né negar, né mostrarsene contenta 44.40.2 s' ardisce; e sol sospira, e non risponde: 44.40.3 poi quando è in luogo ch' altri non la senta, 44.40.4 versan lacrime gli occhi a guisa d' onde; 44.40.5 e parte del dolor che la tormenta, 44.40.6 sentir fa al petto et alle chiome bionde, 44.40.7 che l' un percuote, e l' altro straccia e frange; 44.40.8 e così parla, e così seco piange: 44.41.1 -- Ahimè! vorrò quel che non vuol chi deve 44.41.2 poter del voler mio più che poss' io? 44.41.3 Il voler di mia madre avrò in sì lieve 44.41.4 stima, ch' io lo posponga al voler mio? 44.41.5 Deh! qual peccato puote esser sì grieve 44.41.6 a una donzella, qual biasmo sì rio, 44.41.7 come questo sarà, se, non volendo 44.41.8 chi sempre ho da ubbidir, marito prendo? 44.42.1 Avrà, misera me! dunque possanza 44.42.2 la materna pietà, ch' io t' abandoni, 44.42.3 o mio Ruggiero, e ch' a nuova speranza, 44.42.4 a desir nuovo, a nuovo amor mi doni? 44.42.5 O pur la riverenzia e l' osservanza 44.42.6 ch' ai buoni padri denno i figli buoni, 44.42.7 porrò da parte, e solo avrò rispetto 44.42.8 al mio bene, al mio gaudio, al mio diletto? 44.43.1 So quanto, ahi lassa! debbo far, so quanto 44.43.2 di buona figlia al debito conviensi; 44.43.3 io 'l so: ma che mi val, se non può tanto 44.43.4 la ragion, che non possino più i sensi? 44.43.5 s' Amor la caccia e la fa star da canto, 44.43.6 né lassa ch' io disponga, né ch' io pensi 44.43.7 di me dispor, se non quanto a lui piaccia, 44.43.8 e sol, quanto egli detti, io dica e faccia? 44.44.1 Figlia d' Amone e di Beatrice sono, 44.44.2 e son, misera me! serva d' Amore. 44.44.3 Dai genitori miei trovar perdono 44.44.4 spero e pietà, s' io caderò in errore: 44.44.5 ma s' io offenderò Amor, chi sarà buono 44.44.6 a schivarmi con prieghi il suo furore, 44.44.7 che sol voglia una di mie scuse udire, 44.44.8 e non mi faccia subito morire? 44.45.1 Ohimè! con lunga et ostinata prova 44.45.2 ho cercato Ruggier trarre alla fede; 44.45.3 et hollo tratto al fin: ma che mi giova, 44.45.4 se 'l mio ben fare in util d' altri cede? 44.45.5 Così, ma non per sé, l' ape rinuova 44.45.6 il mèle ogni anno, e mai non lo possiede. 44.45.7 Ma vo' prima morir, che mai sia vero, 44.45.8 ch' io pigli altro marito, che Ruggiero. 44.46.1 S' io non sarò al mio padre ubbidïente, 44.46.2 né alla mia madre, io sarò al mio fratello, 44.46.3 che molto e molto è più di lor prudente, 44.46.4 né gli ha la troppa età tolto il cervello. 44.46.5 E a questo che Rinaldo vuol, consente 44.46.6 Orlando ancora; e per me ho questo e quello: 44.46.7 li quali duo più onora il mondo e teme, 44.46.8 che l' altra nostra gente tutta insieme. 44.47.1 Se questi il fior, se questi ognuno stima 44.47.2 la gloria e lo splendor di Chiaramonte; 44.47.3 se sopra gli altri ognun gli alza e sublima 44.47.4 più che non è del piede alta la fronte; 44.47.5 perché debbo voler che di me prima 44.47.6 Amon disponga, che Rinaldo e 'l conte? 44.47.7 Voler nol debbo, tanto men, che messa 44.47.8 in dubbio al Greco, e a Ruggier fui promessa. -- 44.48.1 Se la donna s' affligge e si tormenta, 44.48.2 né di Ruggier la mente è più quïeta; 44.48.3 ch' ancor che di ciò nuova non si senta 44.48.4 per la città, pur non è a lui segreta. 44.48.5 Seco di sua fortuna si lamenta, 44.48.6 la qual fruir tanto suo ben gli vieta, 44.48.7 poi che ricchezze non gli ha date e regni, 44.48.8 di che è stata sì larga a mille indegni. 44.49.1 Di tutti gli altri beni, o che concede 44.49.2 Natura al mondo, o proprio studio acquista, 44.49.3 aver tanta e tal parte egli si vede, 44.49.4 qual e quanta altri aver mai s' abbia vista; 44.49.5 ch' a sua bellezza ogni bellezza cede, 44.49.6 ch' a sua possanza è raro chi resista: 44.49.7 di magnanimità, di splendor regio 44.49.8 a nessun, più ch' a lui, si debbe il pregio. 44.50.1 Ma il volgo, nel cui arbitrio son gli onori, 44.50.2 che, come pare a lui, li leva e dona 44.50.3 (né dal nome del volgo voglio fuori, 44.50.4 eccetto l' uom prudente, trar persona; 44.50.5 che né papi né re né imperatori 44.50.6 non ne tra' scettro, mitra né corona; 44.50.7 ma la prudenzia, ma il giudizio buono, 44.50.8 grazie che dal ciel date a pochi sono); 44.51.1 questo volgo (per dir quel ch' io vo' dire) 44.51.2 ch' altro non riverisce che ricchezza, 44.51.3 né vede cosa al mondo, che più ammire, 44.51.4 e senza, nulla cura e nulla apprezza, 44.51.5 sia quanto voglia la beltà, l' ardire, 44.51.6 la possanza del corpo, la destrezza, 44.51.7 la virtù, il senno, la bontà; e più in questo 44.51.8 di ch' ora vi ragiono, che nel resto. 44.52.1 Dicea Ruggier: -- Se pur è Amon disposto 44.52.2 che la figliuola imperatrice sia, 44.52.3 con Leon non concluda così tosto: 44.52.4 almen termine un anno anco mi dia; 44.52.5 ch' io spero intanto, che da me deposto 44.52.6 Leon col padre de l' imperio fia; 44.52.7 e poi che tolto avrò lor le corone, 44.52.8 genero indegno non sarò d' Amone. 44.53.1 Ma se fa senza indugio, come ha detto, 44.53.2 suocero de la figlia Costantino; 44.53.3 s' alla promessa non avrà rispetto 44.53.4 di Rinaldo e d' Orlando suo cugino, 44.53.5 fattami inanzi al vecchio benedetto, 44.53.6 al marchese Uliviero, al re Sobrino, 44.53.7 che farò? vo' patir sì grave torto? 44.53.8 o, prima che patirlo, esser pur morto? 44.54.1 Deh che farò? farò dunque vendetta 44.54.2 contra il padre di lei di questo oltraggio? 44.54.3 Non miro ch' io non son per farlo in fretta, 44.54.4 o s' in tentarlo io mi sia stolto o saggio. 44.54.5 Ma voglio presupor ch' a morte io metta 44.54.6 l' iniquo vecchio e tutto il suo lignaggio: 44.54.7 questo non mi farà però contento; 44.54.8 anzi in tutto sarà contra al mio intento. 44.55.1 E fu sempre il mio intento, et è, che m' ami 44.55.2 la bella donna, e non che mi sia odiosa: 44.55.3 ma, quando Amone uccida, o facci o trami 44.55.4 cosa al fratello o agli altri suoi dannosa, 44.55.5 non le do iusta causa che mi chiami 44.55.6 nimico, e più non voglia essermi sposa? 44.55.7 Che debbo dunque far? debbol patire? 44.55.8 Ah non, per Dio! più tosto io vo' morire. 44.56.1 Anzi non vo' morir; ma vo' che muoia 44.56.2 con più ragion questo Leone Augusto, 44.56.3 venuto a disturbar tanta mia gioia: 44.56.4 io vo' che muoia egli e 'l suo padre ingiusto. 44.56.5 Elena bella all' amator di Troia 44.56.6 non costò sì, né a tempo più vetusto 44.56.7 Proserpina a Piritoo, come voglio 44.56.8 ch' al padre e al figlio costi il mio cordoglio. 44.57.1 Può esser, vita mia, che non ti doglia 44.57.2 lasciare il tuo Ruggier per questo Greco? 44.57.3 Potrà tuo padre far che tu lo toglia, 44.57.4 ancor ch' avesse i tuoi fratelli seco? 44.57.5 Ma sto in timor, ch' abbi più tosto voglia 44.57.6 d' esser d' accordo con Amon, che meco; 44.57.7 e che ti paia assai miglior partito 44.57.8 Cesare aver, ch' un privato uom marito. 44.58.1 Sarà possibil mai che nome regio, 44.58.2 titolo imperïal, grandezza e pompa, 44.58.3 di Bradamante mia l' animo egregio, 44.58.4 il gran valor, l' alta virtù corrompa? 44.58.5 sì ch' abbia da tenere in minor pregio 44.58.6 la data fede, e le promesse rompa? 44.58.7 né più tosto d' Amon farsi nimica, 44.58.8 che quel che detto m' ha, sempre non dica? -- 44.59.1 Diceva queste et altre cose molte 44.59.2 ragionando fra sé Ruggiero; e spesso 44.59.3 le dicea in guisa ch' erano raccolte 44.59.4 da chi talor se gli trovava appresso: 44.59.5 sì che il tormento suo più di due volte 44.59.6 era a colei per cui pativa, espresso, 44.59.7 a cui non dolea meno il sentir lui 44.59.8 così doler, che i proprii affanni sui. 44.60.1 Ma più d' ogni altro duol che le sia detto, 44.60.2 che tormenti Ruggier, di questo ha doglia, 44.60.3 ch' intende che s' affligge per sospetto 44.60.4 ch' ella lui lasci, e che quel Greco voglia. 44.60.5 Onde, acciò si conforti, e che del petto 44.60.6 questa credenza e questo error si toglia, 44.60.7 per una di sue fide cameriere 44.60.8 gli fe' queste parole un dì sapere: 44.61.1 -- Ruggier, qual sempre fui, tal esser voglio 44.61.2 fin alla morte, e più, se più si puote. 44.61.3 O siami Amor benigno o m' usi orgoglio, 44.61.4 o me Fortuna in alto o in basso ruote, 44.61.5 immobil son di vera fede scoglio 44.61.6 che d' ogn' intorno il vento e il mar percuote: 44.61.7 né già mai per bonaccia né per verno 44.61.8 luogo mutai, né muterò in eterno. 44.62.1 Scarpello si vedrà di piombo o lima 44.62.2 formare in varie imagini diamante, 44.62.3 prima che colpo di Fortuna, o prima 44.62.4 ch' ira d' Amor rompa il mio cor costante; 44.62.5 e si vedrà tornar verso la cima 44.62.6 de l' alpe il fiume turbido e sonante, 44.62.7 che per nuovi accidenti, o buoni o rei, 44.62.8 faccino altro vïaggio i pensier miei. 44.63.1 A voi, Ruggier, tutto il dominio ho dato 44.63.2 di me, che forse è più ch' altri non crede. 44.63.3 So ben ch' a nuovo principe giurato 44.63.4 non fu di questa mai la maggior fede. 44.63.5 So che né al mondo il più sicuro stato 44.63.6 di questo, re né imperator possiede. 44.63.7 Non vi bisogna far fossa né torre, 44.63.8 per dubbio ch' altri a voi lo venga a tôrre. 44.64.1 Che, senza ch' assoldiate altra persona, 44.64.2 non verrà assalto a cui non si resista. 44.64.3 Non è ricchezza ad espugnarmi buona, 44.64.4 né sì vil prezzo un cor gentile acquista. 44.64.5 Né nobiltà, né altezza di corona, 44.64.6 ch' al sciocco volgo abbagliar suol la vista, 44.64.7 non beltà, ch' in lieve animo può assai, 44.64.8 vedrò, che più di voi mi piaccia mai. 44.65.1 Non avete a temer ch' in forma nuova 44.65.2 intagliare il mio cor mai più si possa: 44.65.3 sì l' imagine vostra si ritrova 44.65.4 sculpita in lui, ch' esser non può rimossa. 44.65.5 Che 'l cor non ho di cera, è fatto prova; 44.65.6 che gli diè cento, non ch' una percossa, 44.65.7 Amor, prima che scaglia ne levasse, 44.65.8 quando all' imagin vostra lo ritrasse. 44.66.1 Avorio e gemma et ogni pietra dura 44.66.2 che meglio da l' intaglio si difende, 44.66.3 romper si può; ma non ch' altra figura 44.66.4 prenda, che quella ch' una volta prende. 44.66.5 Non è il mio cor diverso alla natura 44.66.6 del marmo o d' altro ch' al ferro contende. 44.66.7 Prima esser può che tutto Amor lo spezze, 44.66.8 che lo possa sculpir d' altre bellezze. -- 44.67.1 Suggiunse a queste altre parole molte, 44.67.2 piene d' amor, di fede e di conforto, 44.67.3 da ritornarlo in vita mille volte, 44.67.4 se stato mille volte fosse morto. 44.67.5 Ma quando più de la tempesta tolte 44.67.6 queste speranze esser credeano in porto, 44.67.7 da un nuovo turbo impetuoso e scuro 44.67.8 rispinte in mar, lungi dal lito, furo: 44.68.1 però che Bradamante, ch' eseguire 44.68.2 vorria molto più ancor, che non ha detto, 44.68.3 rivocando nel cor l' usato ardire, 44.68.4 e lasciando ir da parte ogni rispetto, 44.68.5 s' appresenta un dì a Carlo, e dice: -- Sire, 44.68.6 s' a vostra Maestade alcuno effetto 44.68.7 io feci mai, che le paresse buono, 44.68.8 contenta sia di non negarmi un dono. 44.69.1 E prima che più espresso io le lo chieggia, 44.69.2 su la real sua fede mi prometta 44.69.3 farmene grazia; e vorrò poi, che veggia 44.69.4 che sarà iusta la domanda e retta. -- 44.69.5 -- Merta la tua virtù che dar ti deggia 44.69.6 ciò che domandi, o giovane diletta 44.69.7 (rispose Carlo); e giuro, se ben parte 44.69.8 chiedi del regno mio, di contentarte. -- 44.70.1 -- Il don ch' io bramo da l' Altezza vostra, 44.70.2 è che non lasci mai marito darme 44.70.3 (disse la damigella), se non mostra 44.70.4 che più di me sia valoroso in arme. 44.70.5 Con qualunche mi vuol, prima o con giostra 44.70.6 o con la spada in mano ho da provarme. 44.70.7 Il primo che mi vinca, mi guadagni: 44.70.8 chi vinto sia, con altra s' accompagni. -- 44.71.1 Disse l' imperator con viso lieto, 44.71.2 che la domanda era di lei ben degna; 44.71.3 e che stesse con l' animo quïeto, 44.71.4 che farà a punto quanto ella disegna. 44.71.5 Non è questo parlar fatto in segreto 44.71.6 sì, ch' a notizia altrui tosto non vegna; 44.71.7 e quel giorno medesimo alla vecchia 44.71.8 Beatrice e al vecchio Amon corre all' orecchia. 44.72.1 Li quali parimente arser di grande 44.72.2 sdegno contra alla figlia, e di grand' ira; 44.72.3 che vider ben con queste sue domande, 44.72.4 ch' ella a Ruggier più ch' a Leone aspira: 44.72.5 e presti per vietar che non si mande 44.72.6 questo ad effetto, a ch' ella intende e mira, 44.72.7 la levaro con fraude de la corte, 44.72.8 e la menaron seco a Roccaforte. 44.73.1 Quest' era una fortezza ch' ad Amone 44.73.2 donato Carlo avea pochi dì inante, 44.73.3 tra Pirpignano assisa e Carcassone, 44.73.4 in loco a ripa il mar, molto importante. 44.73.5 Quivi la ritenean come in prigione, 44.73.6 con pensier di mandarla un dì in Levante; 44.73.7 sì ch' ogni modo, voglia ella o non voglia 44.73.8 lasci Ruggier da parte, e Leon toglia. 44.74.1 La valorosa donna, che non meno 44.74.2 era modesta, ch' animosa e forte; 44.74.3 ancor che posto guardia non l' avieno, 44.74.4 e potea entrare e uscir fuor de le porte; 44.74.5 pur stava ubbidïente sotto il freno 44.74.6 del padre: ma patir prigione e morte, 44.74.7 ogni martìre e crudeltà più tosto 44.74.8 che mai lasciar Ruggier, s' avea proposto. 44.75.1 Rinaldo, che si vide la sorella 44.75.2 per astuzia d' Amon tolta di mano, 44.75.3 e che dispor non potrà più di quella, 44.75.4 e ch' a Ruggier l' avrà promessa invano; 44.75.5 si duol del padre, e contra a lui favella, 44.75.6 posto il rispetto filïal lontano. 44.75.7 Ma poco cura Amon di tai parole, 44.75.8 e di sua figlia a modo suo far vuole. 44.76.1 Ruggier, che questo sente, et ha timore 44.76.2 di rimaner de la sua donna privo, 44.76.3 e che l' abbia o per forza o per amore 44.76.4 Leon, se resta lungamente vivo; 44.76.5 senza parlarne altrui si mette in core 44.76.6 di far che muoia, e sia d' Augusto, Divo; 44.76.7 e tor, se non l' inganna la sua speme, 44.76.8 al padre e a lui la vita e 'l regno insieme. 44.77.1 L' arme che fur già del troiano Ettorre, 44.77.2 e poi di Mandricardo, si riveste, 44.77.3 e fa la sella al buon Frontino porre, 44.77.4 e cimier muta, scudo e sopraveste. 44.77.5 A questa impresa non gli piacque tôrre 44.77.6 l' aquila bianca nel color celeste, 44.77.7 ma un candido liocorno come giglio, 44.77.8 vuol ne lo scudo, e 'l campo abbia vermiglio. 44.78.1 Sceglie de' suoi scudieri il più fedele, 44.78.2 e quel vuole e non altri in compagnia; 44.78.3 e gli fa commission, che non rivele 44.78.4 in alcun loco mai, che Ruggier sia. 44.78.5 Passa la Mosa e 'l Reno, e passa de le 44.78.6 contrade d' Ostericche, in Ungheria; 44.78.7 e lungo l' Istro per la destra riva 44.78.8 tanto cavalca, ch' a Belgrado arriva. 44.79.1 Ove la Sava nel Danubio scende, 44.79.2 e verso il mar maggior con lui dà volta, 44.79.3 vede gran gente in padiglioni e tende 44.79.4 sotto l' insegne imperïal raccolta; 44.79.5 che Costantino ricovrare intende 44.79.6 quella città che i Bulgari gli han tolta. 44.79.7 Costantin v' è in persona, e 'l figliuol seco 44.79.8 con quanto può tutto l' imperio greco. 44.80.1 Dentro a Belgrado, e fuor per tutto il monte, 44.80.2 e giù fin dove il fiume il piè gli lava, 44.80.3 l' esercito dei Bulgari gli è a fronte; 44.80.4 e l' uno e l' altro a ber viene alla Sava. 44.80.5 Sul fiume il Greco per gittare il ponte, 44.80.6 il Bulgar per vietarlo armato stava, 44.80.7 quando Ruggier vi giunse; e zuffa grande 44.80.8 attaccata trovò fra le due bande. 44.81.1 I Greci son quattro contr' uno, et hanno 44.81.2 navi coi ponti da gittar ne l' onda; 44.81.3 e di voler fiero sembiante fanno 44.81.4 passar per forza alla sinistra sponda. 44.81.5 Leone intanto con occulto inganno, 44.81.6 dal fiume discostandosi, circonda 44.81.7 molto paese, e poi vi torna, e getta 44.81.8 ne l' altra ripa i ponti, e passa in fretta: 44.82.1 e con gran gente, chi in arcion, chi a piede 44.82.2 (che non n' avea di venti mila un manco), 44.82.3 cavalcò lungo la riviera, e diede 44.82.4 con fiero assalto agl' inimici al fianco. 44.82.5 L' imperator, tosto che 'l figlio vede 44.82.6 sul fiume comparirsi al lato manco, 44.82.7 ponte aggiungendo a ponte e nave a nave, 44.82.8 passa di là con quanto esercito have. 44.83.1 Il capo, il re de' Bulgari Vatrano, 44.83.2 animoso e prudente e pro' guerriero, 44.83.3 di qua e di là s' affaticava invano 44.83.4 per riparare a un impeto sì fiero; 44.83.5 quando cingendol con robusta mano 44.83.6 Leon, gli fe' cader sotto il destriero: 44.83.7 e poi che dar prigion mai non si vòlse, 44.83.8 con mille spade la vita gli tolse. 44.84.1 I Bulgari sin qui fatto avean testa; 44.84.2 ma quando il lor signor si vider tolto, 44.84.3 e crescer d' ogn' intorno la tempesta, 44.84.4 voltâr le spalle ove avean prima il volto. 44.84.5 Ruggier, che misto vien fra i Greci, e questa 44.84.6 sconfitta vede, senza pensar molto, 44.84.7 i Bulgari soccorrer si dispone, 44.84.8 perch' odia Costantino e più Leone. 44.85.1 Sprona Frontin che sembra al corso un vento, 44.85.2 e inanzi a tutti i corridori passa; 44.85.3 e tra la gente vien, che per spavento 44.85.4 al monte fugge, e la pianura lassa. 44.85.5 Molti ne ferma, e fa voltare il mento 44.85.6 contra i nimici, e poi la lancia abassa; 44.85.7 e con sì fier sembiante il destrier muove, 44.85.8 che fin nel ciel Marte ne teme e Giove. 44.86.1 Dinanzi agli altri un cavalliero adocchia, 44.86.2 che riccamato nel vestir vermiglio 44.86.3 avea d' oro e di seta una pannocchia 44.86.4 con tutto il gambo, che parea di miglio; 44.86.5 nipote a Costantin per la sirocchia, 44.86.6 ma che non gli era men caro, che figlio: 44.86.7 gli spezza scudo e osbergo, come vetro, 44.86.8 e fa la lancia un palmo apparir dietro. 44.87.1 Lascia quel morto, e Balisarda stringe 44.87.2 verso uno stuol che più si vede appresso; 44.87.3 e contra a questo e contra a quel si spinge, 44.87.4 et a chi tronco et a chi il capo ha fesso: 44.87.5 a chi nel petto, a chi nel fianco tinge 44.87.6 il brando, e a chi l' ha ne la gola messo: 44.87.7 taglia busti, anche, braccia, mani e spalle; 44.87.8 e il sangue, come un rio, corre alla valle. 44.88.1 Non è, visti quei colpi, chi gli faccia 44.88.2 contrasto più, così n' è ogniun smarrito; 44.88.3 sì che si cangia subito la faccia 44.88.4 de la battaglia; che tornando ardito, 44.88.5 il petto volge, e ai Greci dà la caccia 44.88.6 il Bulgaro che dianzi era fuggito: 44.88.7 in un momento ogni ordine disciolto 44.88.8 si vede, e ogni stendardo a fuggir volto. 44.89.1 Leone Augusto s' un poggio eminente, 44.89.2 vedendo i suoi fuggir, s' era ridutto; 44.89.3 e sbigottito e mesto ponea mente 44.89.4 (perch' era in loco che scopriva il tutto) 44.89.5 al cavallier ch' uccidea tanta gente, 44.89.6 che per lui sol quel campo era distrutto: 44.89.7 e non può far, se ben n' è offeso tanto, 44.89.8 che non lo lodi e gli dia in arme il vanto. 44.90.1 Ben comprende all' insegne e sopravesti, 44.90.2 all' arme luminose e ricche d' oro, 44.90.3 che quantunque il guerrier dia aiuto a questi 44.90.4 nimici suoi, non sia però di loro. 44.90.5 Stupido mira i soprumani gesti, 44.90.6 e talor pensa che dal sommo coro 44.90.7 sia per punire i Greci un agnol sceso, 44.90.8 che tante e tante volte hanno Dio offeso. 44.91.1 E come uom d' alto e di sublime core, 44.91.2 ove l' avrian molt' altri in odio avuto, 44.91.3 egli s' innamorò del suo valore, 44.91.4 né veder fargli oltraggio avria voluto: 44.91.5 gli sarebbe per un de' suoi che muore, 44.91.6 vederne morir sei manco spiaciuto, 44.91.7 e perder anco parte del suo regno, 44.91.8 che veder morto un cavallier sì degno. 44.92.1 Come bambin, se ben la cara madre 44.92.2 iraconda lo batte e da sé caccia, 44.92.3 non ha ricorso alla sorella o al padre, 44.92.4 ma a lei ritorna, e con dolcezza abbraccia; 44.92.5 così Leon, se ben le prime squadre 44.92.6 Ruggier gli uccide, e l' altre gli minaccia, 44.92.7 non lo può odiar, perch' all' amor più tira 44.92.8 l' alto valor, che quella offesa all' ira. 44.93.1 Ma se Leon Ruggiero ammira et ama, 44.93.2 mi par che duro cambio ne riporte; 44.93.3 che Ruggiero odia lui, né cosa brama 44.93.4 più che di dargli di sua man la morte. 44.93.5 Molto con gli occhi il cerca, et alcun chiama, 44.93.6 che gliele mostri; ma la buona sorte 44.93.7 e la prudenzia de l' esperto Greco 44.93.8 non lasciò mai che s' affrontasse seco. 44.94.1 Leone, acciò che la sua gente affatto 44.94.2 non fosse uccisa, fe' sonar raccolta; 44.94.3 et all' imperatore un messo ratto 44.94.4 a pregarlo mandò, che desse volta, 44.94.5 e ripassasse il fiume; e che buon patto 44.94.6 n' avrebbe, se la via non gli era tolta: 44.94.7 et esso con non molti che raccolse, 44.94.8 al ponte ond' era entrato, i passi volse. 44.95.1 Molti in poter de' Bulgari restaro 44.95.2 per tutto il monte, e sin al fiume uccisi; 44.95.3 e vi restavan tutti, se 'l riparo 44.95.4 non gli avesse del rio tosto divisi. 44.95.5 Molti cadêr dai ponti e s' affogaro; 44.95.6 e molti, senza mai volgere i visi, 44.95.7 quindi lontano iro a trovare il guado; 44.95.8 e molti fur prigion tratti in Belgrado. 44.96.1 Finita la battaglia di quel giorno, 44.96.2 ne la qual, poi che il lor signor fu estinto, 44.96.3 danno i Bulgari avriano avuto e scorno, 44.96.4 se per lor non avesse il guerrier vinto, 44.96.5 il buon guerrier che 'l candido liocorno 44.96.6 ne lo scudo vermiglio avea dipinto; 44.96.7 a lui si trasson tutti, da cui questa 44.96.8 vittoria conoscean, con gioia e festa. 44.97.1 Uno il saluta, un altro se gl' inchina, 44.97.2 altri la mano, altri gli bacia il piede: 44.97.3 ognun, quanto più può, se gli avvicina, 44.97.4 e beato si tien chi appresso il vede, 44.97.5 e più chi 'l tocca; che toccar divina 44.97.6 e sopranatural cosa si crede. 44.97.7 Lo pregan tutti, e vanno al ciel le grida, 44.97.8 che sia lor re, lor capitan, lor guida. 44.98.1 Ruggier rispose lor, che capitano 44.98.2 e re sarà, quel che fia lor più a grado; 44.98.3 ma né a baston né a scettro ha da por mano, 44.98.4 né per quel giorno entrar vuole in Belgrado: 44.98.5 che prima che si faccia più lontano 44.98.6 Leon Augusto, e che ripassi il guado, 44.98.7 lo vuol seguir, né tôrsi da la traccia, 44.98.8 fin che nol giunga e che morir nol faccia; 44.99.1 che mille miglia e più, per questo solo 44.99.2 era venuto, e non per altro effetto. 44.99.3 Così senza indugiar lascia lo stuolo, 44.99.4 e si volge al camin che gli vien detto, 44.99.5 che verso il ponte fa Leone a volo, 44.99.6 forse per dubbio che gli sia intercetto. 44.99.7 Gli va dietro per l' orma in tanta fretta, 44.99.8 che 'l suo scudier non chiama e non aspetta. 44.100.1 Leone ha nel fuggir tanto vantaggio 44.100.2 (fuggir si può ben dir, più che ritrarse), 44.100.3 che trova aperto e libero il passaggio; 44.100.4 poi rompe il ponte, e lascia le navi arse. 44.100.5 Non v' arriva Ruggier, ch' ascoso il raggio 44.100.6 era del sol, né sa dove alloggiarse. 44.100.7 Cavalca inanzi, che lucea la luna, 44.100.8 né mai trova castel né villa alcuna. 44.101.1 Perché non sa dove si por, camina 44.101.2 tutta la notte, né d' arcion mai scende. 44.101.3 Ne lo spuntar del nuovo sol vicina 44.101.4 a man sinistra una città comprende; 44.101.5 ove di star tutto quel dì destina, 44.101.6 acciò l' ingiuria al suo Frontino emende, 44.101.7 a cui, senza posarlo o trargli briglia, 44.101.8 la notte fatto avea far tante miglia. 44.102.1 Ungiardo era signor di quella terra, 44.102.2 suddito e caro a Costantino molto, 44.102.3 ove avea per cagion di quella guerra 44.102.4 da cavallo e da piè buon numer tolto. 44.102.5 Quivi ove altrui l' entrata non si serra, 44.102.6 entra Ruggiero, e v' è sì ben raccolto, 44.102.7 che non gli accade di passar più avante 44.102.8 per aver miglior loco e più abondante. 44.103.1 Nel medesimo albergo in su la sera 44.103.2 un cavallier di Romania alloggiosse, 44.103.3 che si trovò ne la battaglia fiera, 44.103.4 quando Ruggier pei Bulgari si mosse, 44.103.5 et a pena di man fuggito gli era, 44.103.6 ma spaventato più ch' altri mai fosse; 44.103.7 sì ch' ancor triema, e pargli ancora intorno 44.103.8 avere il cavallier dal lïocorno. 44.104.1 Conosce, tosto che lo scudo vede, 44.104.2 che 'l cavallier che quella insegna porta, 44.104.3 è quel che la sconfitta ai Greci diede, 44.104.4 per le cui mani è tanta gente morta. 44.104.5 Corre al palazzo, et udïenzia chiede, 44.104.6 per dire a quel signor cosa ch' importa; 44.104.7 e subito intromesso, dice quanto 44.104.8 io mi riserbo a dir ne l' altro canto.
CANTO XLV
45.1.1 Quanto più su l' instabil ruota vedi 45.1.2 di Fortuna ire in alto il miser uomo, 45.1.3 tanto più tosto hai da vedergli i piedi 45.1.4 ove ora ha il capo, e far cadendo il tomo. 45.1.5 Di questo, esempio è Policràte, e il re di 45.1.6 Lidia, e Dionigi, et altri ch' io non nomo, 45.1.7 che ruinati son da la suprema 45.1.8 gloria in un dì ne la miseria estrema. 45.2.1 Così all' incontro, quanto più depresso, 45.2.2 quanto è più l' uom di questa ruota al fondo, 45.2.3 tanto a quel punto più si trova appresso, 45.2.4 c' ha da salir, se de' girarsi in tondo. 45.2.5 Alcun sul ceppo quasi il capo ha messo, 45.2.6 che l' altro giorno ha dato legge al mondo. 45.2.7 Servio e Mario e Ventidio l' hanno mostro 45.2.8 al tempo antico, e il re Luigi al nostro: 45.3.1 il re Luigi, suocero del figlio 45.3.2 del duca mio; che rotto a Santo Albino, 45.3.3 e giunto al suo nimico ne l' artiglio, 45.3.4 a restar senza capo fu vicino. 45.3.5 Scórse di questo anco maggior periglio, 45.3.6 non molto inanzi, il gran Matia Corvino. 45.3.7 Poi l' un, de' Franchi, passato quel punto, 45.3.8 l' altro al regno degli Ungari fu assunto. 45.4.1 Si vede per gli essempii di che piene 45.4.2 sono l' antiche e le moderne istorie, 45.4.3 che 'l ben va dietro al male, e 'l male al bene, 45.4.4 e fin son l' un de l' altro e biasmi e glorie; 45.4.5 e che fidarsi a l' uom non si conviene 45.4.6 in suo tesor, suo regno e sue vittorie, 45.4.7 né disperarsi per Fortuna avversa, 45.4.8 che sempre la sua ruota in giro versa. 45.5.1 Ruggier per la vittoria ch' avea avuto 45.5.2 di Leone e del padre imperatore, 45.5.3 in tanta confidenzia era venuto 45.5.4 di sua fortuna e di suo gran valore, 45.5.5 che senza compagnia, senz' altro aiuto, 45.5.6 di poter egli sol gli dava il core 45.5.7 fra cento a piè e a cavallo armate squadre 45.5.8 uccider di sua mano il figlio e il padre. 45.6.1 Ma quella, che non vuol che si prometta 45.6.2 alcun di lei, gli mostrò in pochi giorni, 45.6.3 come tosto alzi e tosto al basso metta, 45.6.4 e tosto avversa e tosto amica torni. 45.6.5 Lo fe' conoscer quivi da chi in fretta 45.6.6 a procacciargli andò disagi e scorni, 45.6.7 dal cavallier che ne la pugna fiera 45.6.8 di man fuggito a gran fatica gli era. 45.7.1 Costui fece ad Ungiardo saper, come 45.7.2 quivi il guerrier ch' avea le genti rotte 45.7.3 di Costantino e per molt' anni dome, 45.7.4 stato era il giorno, e vi staria la notte; 45.7.5 e che Fortuna presa per le chiome, 45.7.6 senza che più travagli o che più lotte, 45.7.7 darà al suo re, se fa costui prigione; 45.7.8 ch' a' Bulgari, lui preso, il giogo pone. 45.8.1 Ungiardo da la gente, che fuggita 45.8.2 de la battaglia, a lui s' era ridutta 45.8.3 (ch' a parte a parte v' arrivò infinita, 45.8.4 perch' al ponte passar non potea tutta), 45.8.5 sapea come la strage era seguita, 45.8.6 che la metà de' Greci avea distrutta; 45.8.7 e come un cavallier solo era stato, 45.8.8 ch' un campo rotto, e l' altro avea salvato: 45.9.1 e che sia da se stesso senza caccia 45.9.2 venuto a dar del capo ne la rete, 45.9.3 si maraviglia, e mostra che gli piaccia, 45.9.4 con viso e gesti e con parole liete. 45.9.5 Aspetta che Ruggier dormendo giaccia; 45.9.6 poi manda le sue gente chete chete, 45.9.7 e fa il buon cavallier, ch' alcun sospetto 45.9.8 di questo non avea, prender nel letto. 45.10.1 Accusato Ruggier dal proprio scudo, 45.10.2 ne la città di Novengrado resta 45.10.3 prigion d' Ungiardo, il più d' ogni altro crudo, 45.10.4 che fa di ciò maravigliosa festa. 45.10.5 E che può far Ruggier, poi che gli è nudo, 45.10.6 et è legato già, quando si desta? 45.10.7 Ungiardo un suo corrier spaccia a staffetta 45.10.8 a dar la nuova a Costantino in fretta. 45.11.1 Avea levato Costantin la notte 45.11.2 da le ripe di Sava ogni sua schiera; 45.11.3 e seco a Beleticche avea ridotte, 45.11.4 che città del cognato Androfilo era, 45.11.5 padre di quello a cui forate e rotte 45.11.6 (come se state fossino di cera) 45.11.7 al primo incontro l' arme avea il gagliardo 45.11.8 cavallier, or prigion del fiero Ungiardo. 45.12.1 Quivi fortificar facea le mura 45.12.2 l' imperatore, e riparar le porte; 45.12.3 che de' Bulgari ben non s' assicura, 45.12.4 che con la guida d' un guerrier sì forte 45.12.5 non gli faccino peggio che paura, 45.12.6 e 'l resto ponghin di sua gente a morte. 45.12.7 Or che l' ode prigion, né quelli teme, 45.12.8 né se con lor sia il mondo tutto insieme. 45.13.1 L' imperator nuota in un mar di latte, 45.13.2 né per letizia sa quel che si faccia. 45.13.3 -- Ben son le genti bulgare disfatte, -- 45.13.4 dice con lieta e con sicura faccia. 45.13.5 Come de la vittoria, chi combatte, 45.13.6 se troncasse al nimico ambe le braccia, 45.13.7 certo saria, cosi n' è certo, e gode 45.13.8 l' imperator, poi che 'l guerrier preso ode. 45.14.1 Non ha minor cagion di rallegrarsi 45.14.2 del patre il figlio; ch' oltre che si spera 45.14.3 di racquistar Belgrado, e soggiugarsi 45.14.4 ogni contrada che de' Bulgari era; 45.14.5 disegna anco il guerriero amico farsi 45.14.6 con benefici, e seco averlo in schiera. 45.14.7 Né Rinaldo né Orlando a Carlo Magno 45.14.8 ha da invidiar, se gli è costui compagno. 45.15.1 Da questa voglia è ben diversa quella 45.15.2 di Teodora, a chi 'l figliuolo uccise 45.15.3 Ruggier con l' asta che da la mammella 45.15.4 passò alle spalle, e un palmo fuor si mise. 45.15.5 A Costantin, del quale era sorella, 45.15.6 costei si gittò a' piedi, e gli conquise 45.15.7 e intenerìgli il cor d' alta pietade 45.15.8 col largo pianto che nel sen le cade. 45.16.1 -- Io non mi leverò da questi piedi 45.16.2 (diss' ella), signor mio, se del fellone 45.16.3 ch' uccise il mio figliuol, non mi conciedi 45.16.4 di vendicare, or che l' abbiàn prigione. 45.16.5 Oltre che stato t' è nipote, vedi 45.16.6 quanto t' amò, vedi quant' opre buone 45.16.7 ha per te fatto, e vedi s' avrai torto 45.16.8 di non lo vendicar di chi l' ha morto. 45.17.1 Vedi che per pietà del nostro duolo 45.17.2 ha Dio fatto levar da la campagna 45.17.3 questo crudele, e come augello a volo, 45.17.4 a dar ce l' ha condotto ne la ragna, 45.17.5 acciò in ripa di Stige il mio figliuolo 45.17.6 molto senza vendetta non rimagna. 45.17.7 Dammi costui, signore, e sii contento 45.17.8 ch' io disacerbi il mio col suo tormento. -- 45.18.1 Così ben piange, e così ben si duole, 45.18.2 e così bene et efficace parla; 45.18.3 né dai piedi levar mai se gli vuole, 45.18.4 ben che tre volte e quattro per levarla 45.18.5 usasse Costantino atti e parole; 45.18.6 ch' egli è forzato al fin di contentarla: 45.18.7 e così comandò che si facesse 45.18.8 colui condurre, e in man di lei si desse. 45.19.1 E per non fare in ciò lunga dimora, 45.19.2 condotto hanno il guerrier del lïocorno, 45.19.3 e dato in mano alla crudel Teodora, 45.19.4 che non vi fu intervallo più d' un giorno. 45.19.5 Il far che sia squartato vivo, e muora 45.19.6 publicamente con obbrobrio e scorno, 45.19.7 poca pena le pare, e studia e pensa 45.19.8 altra trovarne inusitata e immensa. 45.20.1 La femina crudel lo fece porre, 45.20.2 incatenato e mani e piedi e collo, 45.20.3 nel tenebroso fondo d' una torre, 45.20.4 ove mai non entrò raggio d' Apollo. 45.20.5 Fuor ch' un poco di pan muffato, tôrre 45.20.6 gli fe' ogni cibo, e senza ancor lassollo 45.20.7 duo dì talora; e lo diè in guardia a tale, 45.20.8 ch' era di lei più pronto a fargli male. 45.21.1 Oh! se d' Amon la valorosa e bella 45.21.2 figlia, oh se la magnanima Marfisa 45.21.3 avesse avuto di Ruggier novella, 45.21.4 ch' in prigion tormentasse a questa guisa; 45.21.5 per liberarlo saria questa e quella 45.21.6 postasi al rischio di restarne uccisa; 45.21.7 né Bradamante avria, per dargli aiuto, 45.21.8 a Beatrice o Amon rispetto avuto. 45.22.1 Re Carlo intanto avendo la promessa 45.22.2 a costei fatta in mente, che consorte 45.22.3 dar non le lascierà, che sia men d' essa 45.22.4 al paragon de l' arme ardito e forte; 45.22.5 questa sua voluntà con trombe espressa 45.22.6 non solamente fe' ne la sua corte, 45.22.7 ma in ogni terra al suo imperio soggetta; 45.22.8 onde la fama andò pel mondo in fretta. 45.23.1 Questa condizïon contiene il bando: 45.23.2 chi la figlia d' Amon per moglie vuole, 45.23.3 star con lei debba a paragon del brando 45.23.4 da l' apparire al tramontar del sole; 45.23.5 e fin a questo termine durando, 45.23.6 e non sia vinto, senz' altre parole 45.23.7 la donna da lui vinta esser s' intenda, 45.23.8 né possa ella negar che non lo prenda; 45.24.1 e che l' eletta ella de l' arme dona, 45.24.2 senza mirar chi sia di lor, che chiede. 45.24.3 E lo potea ben far, perch' era buona 45.24.4 con tutte l' arme, o sia a cavallo o a piede. 45.24.5 Amon, che contrastar con la Corona 45.24.6 non può né vuole, al fin sforzato cede; 45.24.7 e ritornare a corte si consiglia, 45.24.8 dopo molti discorsi, egli e la figlia. 45.25.1 Ancor che sdegno e còlera la madre 45.25.2 contra la figlia avea, pur per suo onore 45.25.3 vesti le fece far ricche e leggiadre 45.25.4 a varie foggie e di più d' un colore. 45.25.5 Bradamante alla corte andò col padre; 45.25.6 e quando quivi non trovò il suo amore, 45.25.7 più non le parve quella corte, quella 45.25.8 che le solea parer già così bella. 45.26.1 Come chi visto abbia, l' aprile o il maggio, 45.26.2 giardin di frondi e di bei fiori adorno, 45.26.3 e lo rivegga poi che 'l sol il raggio 45.26.4 all' austro inchina, e lascia breve il giorno, 45.26.5 lo trova deserto, orrido e selvaggio; 45.26.6 così pare alla donna al suo ritorno, 45.26.7 che da Ruggier la corte abandonata 45.26.8 quella non sia, ch' avea al partir lasciata. 45.27.1 Domandar non ardisce che ne sia, 45.27.2 acciò di sé non dia maggior sospetto; 45.27.3 ma pon l' orecchia, e cerca tuttavia 45.27.4 che senza domandar le ne sia detto. 45.27.5 Si sa ch' egli è partito, ma che via 45.27.6 pres' abbia, non fa alcun vero concetto; 45.27.7 perché partendo ad altri non fe' motto, 45.27.8 ch' allo scudier che seco avea condotto. 45.28.1 Oh come ella sospira! oh come teme, 45.28.2 sentendo che se n' è come fuggito! 45.28.3 Oh come sopra ogni timor le preme, 45.28.4 che per porla in oblio se ne sia gito! 45.28.5 che vistosi Amon contra, et ogni speme 45.28.6 perduta mai più d' esserle marito, 45.28.7 si sia fatto da lei lontano, forse 45.28.8 così sperando dal suo amor disciorse: 45.29.1 e che fatt' abbia ancor qualche disegno, 45.29.2 per più tosto levarsela dal core, 45.29.3 d' andar cercando d' uno in altro regno 45.29.4 donna per cui si scordi il primo amore, 45.29.5 come si dice che si suol d' un legno 45.29.6 talor chiodo con chiodo cacciar fuore. 45.29.7 Nuovo pensier ch' a questo poi succede, 45.29.8 le dipinge Ruggier pieno di fede; 45.30.1 e lei, che dato orecchie abbia, riprende, 45.30.2 a tanta iniqua suspizione e stolta. 45.30.3 E così l' un pensier Ruggier difende, 45.30.4 l' altro l' accusa: et ella amenduo ascolta, 45.30.5 e quando a questo e quando a quel s' apprende, 45.30.6 né risoluta a questo o a quel si volta. 45.30.7 Pur all' opinïon più tosto corre, 45.30.8 che più le giova, e la contraria aborre. 45.31.1 E talor anco che le torna a mente 45.31.2 quel che più volte il suo Ruggier le ha detto, 45.31.3 come di grave error, si duole e pente, 45.31.4 ch' avuto n' abbia gelosia e sospetto; 45.31.5 e come fosse al suo Ruggier presente, 45.31.6 chiamasi in colpa, e se ne batte il petto. 45.31.7 -- Ho fatto error (dice ella), e me n' aveggio; 45.31.8 ma chi n' è causa, è causa ancor di peggio. 45.32.1 Amor n' è causa, che nel cor m' ha impresso 45.32.2 la forma tua così leggiadra e bella; 45.32.3 e posto ci ha l' ardir, l' ingegno appresso, 45.32.4 e la virtù di che ciascun favella; 45.32.5 ch' impossibil mi par, ch' ove concesso 45.32.6 ne sia il veder, ch' ogni donna e donzella 45.32.7 non ne sia accesa, e che non usi ogni arte 45.32.8 di sciorti dal mio amore e al suo legarte. 45.33.1 Deh avesse Amor così nei pensier miei 45.33.2 il tuo pensier, come ci ha il viso sculto! 45.33.3 Io son ben certa che lo troverei 45.33.4 palese tal, qual io lo stimo occulto; 45.33.5 e che sì fuor di gelosia sarei, 45.33.6 ch' ad or ad or non mi farebbe insulto; 45.33.7 e dove a pena or è da me respinta, 45.33.8 rimarria morta, non che rotta e vinta. 45.34.1 Son simile all' avar c' ha il cor sì intento 45.34.2 al suo tesoro, e sì ve l' ha sepolto, 45.34.3 che non ne può lontan viver contento, 45.34.4 né non sempre temer che gli sia tolto. 45.34.5 Ruggiero, or può, ch' io non ti veggo e sento, 45.34.6 in me, più de la speme, il timor molto, 45.34.7 il qual ben che bugiardo e vano io creda, 45.34.8 non posso far di non mi dargli in preda. 45.35.1 Ma non apparirà il lume sì tosto 45.35.2 agli occhi miei del tuo viso giocondo, 45.35.3 contra ogni mia credenza a me nascosto, 45.35.4 non so in qual parte, o Ruggier mio, del mondo, 45.35.5 come il falso timor sarà deposto 45.35.6 da la vera speranza e messo al fondo. 45.35.7 Deh torna a me, Ruggier, torna, e conforta 45.35.8 la speme che 'l timor quasi m' ha morta! 45.36.1 Come al partir del sol si fa maggiore 45.36.2 l' ombra, onde nasce poi vana paura; 45.36.3 e come all' apparir del suo splendore 45.36.4 vien meno l' ombra, e 'l timido assicura: 45.36.5 così senza Ruggier sento timore; 45.36.6 se Ruggier veggo, in me timor non dura. 45.36.7 Deh torna a me, Ruggier, deh torna prima 45.36.8 che 'l timor la speranza in tutto opprima! 45.37.1 Come la notte ogni fiammella è viva, 45.37.2 e riman spenta subito ch' aggiorna; 45.37.3 così, quando il mio sol di sé mi priva, 45.37.4 mi leva incontra il rio timor le corna: 45.37.5 ma non sì tosto all' orizzonte arriva, 45.37.6 che 'l timor fugge, e la speranza torna. 45.37.7 Deh torna a me, deh torna, o caro lume, 45.37.8 e scaccia il rio timor che mi consume! 45.38.1 Se 'l sol si scosta, e lascia i giorni brevi, 45.38.2 quanto di bello avea la terra asconde; 45.38.3 fremono i venti, e portan ghiacci e nievi; 45.38.4 non canta augel, né fior si vede o fronde: 45.38.5 così, qualora avvien che da me levi, 45.38.6 o mio bel sol, le tue luci gioconde, 45.38.7 mille timori, e tutti iniqui, fanno 45.38.8 un aspro verno in me più volte l' anno. 45.39.1 Deh torna a me, mio sol, torna, e rimena 45.39.2 la desïata dolce primavera! 45.39.3 Sgombra i ghiacci e le nievi, e rasserena 45.39.4 la mente mia sì nubilosa e nera. -- 45.39.5 Qual Progne si lamenta o Filomena 45.39.6 ch' a cercar esca ai figliolini ita era, 45.39.7 e trova il nido vòto; o qual si lagna 45.39.8 turture c' ha perduto la compagna: 45.40.1 tal Bradamante si dolea, che tolto 45.40.2 le fosse stato il suo Ruggier temea, 45.40.3 di lacrime bagnando spesso il volto, 45.40.4 ma più celatamente che potea. 45.40.5 Oh quanto, quanto si dorria più molto, 45.40.6 s' ella sapesse quel che non sapea, 45.40.7 che con pena e con strazio il suo consorte 45.40.8 era in prigion, dannato a crudel morte! 45.41.1 La crudeltà ch' usa l' iniqua vecchia 45.41.2 contra il buon cavallier che preso tiene, 45.41.3 e che di dargli morte s' apparecchia 45.41.4 con nuovi strazii e non usate pene, 45.41.5 la superna Bontà fa ch' all' orecchia 45.41.6 del cortese figliuol di Cesar viene; 45.41.7 e che gli mette in cor, come l' aiute, 45.41.8 e non lasci perir tanta virtute. 45.42.1 Il cortese Leon che Ruggiero ama 45.42.2 (non che sappi però che Ruggier sia), 45.42.3 mosso da quel valor ch' unico chiama, 45.42.4 e che gli par che soprumano sia, 45.42.5 molto fra sé discorre, ordisce e trama, 45.42.6 e di salvarlo al fin trova la via, 45.42.7 in guisa che da lui la zia crudele 45.42.8 offesa non si tenga, e si querele. 45.43.1 Parlò in secreto a chi tenea la chiave 45.43.2 de la prigione; e che volea, gli disse, 45.43.3 vedere il cavallier pria che sì grave 45.43.4 sentenzia, contra lui data, seguisse. 45.43.5 Giunta la notte, un suo fedel seco have 45.43.6 audace e forte, et atto a zuffe e a risse; 45.43.7 e fa che 'l castellan, senz' altrui dire 45.43.8 ch' egli fosse Leon, gli viene aprire. 45.44.1 Il castellan, senza ch' alcun de' sui 45.44.2 seco abbia, occultamente Leon mena 45.44.3 col compagno alla torre ove ha colui 45.44.4 che si serba all' estrema d' ogni pena. 45.44.5 Giunti là dentro, gettano amendui 45.44.6 al castellan che volge lor la schena 45.44.7 per aprir lo sportello, al collo un laccio, 45.44.8 e subito gli dan l' ultimo spaccio. 45.45.1 Apron la cataratta, onde sospeso 45.45.2 al canape, ivi a tal bisogno posto, 45.45.3 Leon si cala, e in mano ha un torchio acceso, 45.45.4 là dove era Ruggier dal sol nascosto. 45.45.5 Tutto legato, e s' una grata steso 45.45.6 lo trova, all' acqua un palmo e men discosto. 45.45.7 L' avria in un mese e in termine più corto, 45.45.8 per sé, senz' altro aiuto, il luogo morto. 45.46.1 Leon Ruggier con gran pietade abbraccia, 45.46.2 e dice: -- Cavallier, la tua virtute 45.46.3 indissolubilmente a te m' allaccia 45.46.4 di voluntaria eterna servitute; 45.46.5 e vuol che più il tuo ben, che 'l mio, mi piaccia, 45.46.6 né curi per la tua la mia salute, 45.46.7 e che la tua amicizia al padre e a quanti 45.46.8 parenti io m' abbia al mondo, io metta inanti. 45.47.1 Io son Leone, acciò tu intenda, figlio 45.47.2 di Costantin, che vengo a darti aiuto, 45.47.3 come vedi, in persona, con periglio 45.47.4 (se mai dal padre mio sarà saputo) 45.47.5 d' esser cacciato, o con turbato ciglio 45.47.6 perpetuamente esser da lui veduto; 45.47.7 che per la gente la qual rotta e morta 45.47.8 da te gli fu a Belgrado, odio ti porta. -- 45.48.1 E seguitò, più cose altre dicendo 45.48.2 da farlo ritornar da morte a vita; 45.48.3 e lo vien tuttavolta disciogliendo. 45.48.4 Ruggier gli dice: -- Io v' ho grazia infinita; 45.48.5 e questa vita ch' or mi date, intendo 45.48.6 che sempremai vi sia restituita, 45.48.7 che la vogliate rïavere, et ogni 45.48.8 volta che per voi spenderla bisogni. -- 45.49.1 Ruggier fu tratto di quel loco oscuro, 45.49.2 e in vece sua morto il guardian rimase; 45.49.3 né conosciuto egli né gli altri furo. 45.49.4 Leon menò Ruggiero alle sue case, 45.49.5 ove a star seco tacito e sicuro 45.49.6 per quattro o per sei dì gli persuase; 45.49.7 che rïaver l' arme e 'l destrier gagliardo 45.49.8 gli faria intanto, che gli tolse Ungiardo. 45.50.1 Ruggier fuggito, il suo guardian strozzato 45.50.2 si trova il giorno, e aperta la prigione. 45.50.3 Chi quel, chi questo pensa che sia stato; 45.50.4 ne parla ognun, né però alcun s' appone. 45.50.5 Ben di tutti gli altri uomini pensato 45.50.6 più tosto si saria, che di Leone; 45.50.7 che pare a molti ch' avria causa avuto 45.50.8 di farne strazio, e non di dargli aiuto. 45.51.1 Riman di tanta cortesia Ruggiero 45.51.2 confuso sì, sì pien di maraviglia, 45.51.3 e tramutato sì da quel pensiero 45.51.4 che quivi tratto l' avea tante miglia, 45.51.5 che mettendo il secondo col primiero, 45.51.6 né a questo quel, né questo a quel simiglia. 45.51.7 Il primo tutto era odio, ira e veneno; 45.51.8 di pietade è il secondo e d' amor pieno. 45.52.1 Molto la notte e molto il giorno pensa, 45.52.2 d' altro non cura et altro non disia, 45.52.3 che da l' obligazion che gli avea immensa, 45.52.4 sciorsi con pari e maggior cortesia. 45.52.5 Gli par, se tutta sua vita dispensa 45.52.6 in lui servire, o breve o lunga sia, 45.52.7 e se s' espone a mille morti certe, 45.52.8 non gli può tanto far, che più non merte. 45.53.1 Venuta quivi intanto era la nuova 45.53.2 del bando ch' avea fatto il re di Francia, 45.53.3 che chi vuol Bradamante, abbia a far prova 45.53.4 con lei di forza, con spada e con lancia. 45.53.5 Questo udir a Leon sì poco giova, 45.53.6 che se gli vede impallidir la guancia; 45.53.7 perché, come uom che le sue forze ha note, 45.53.8 sa ch' a lei pare in arme esser non puote. 45.54.1 Fra sé discorre, e vede che supplire 45.54.2 può con l' ingegno, ove il vigor sia manco, 45.54.3 facendo con sue insegne comparire 45.54.4 questo guerrier di cui non sa il nome anco; 45.54.5 che di possanza iudica e d' ardire 45.54.6 poter star contra a qualsivoglia Franco: 45.54.7 e crede ben, s' a lui ne dà l' impresa, 45.54.8 che ne fia vinta Bradamante e presa. 45.55.1 Ma due cose ha da far: l' una, disporre 45.55.2 il cavallier, che questa impresa accetti; 45.55.3 l' altra, nel campo in vece sua lui porre 45.55.4 in modo che non sia chi ne sospetti. 45.55.5 A sé lo chiama, e 'l caso gli discorre, 45.55.6 e pregal poi con efficaci detti, 45.55.7 ch' egli sia quel ch' a questa pugna vegna 45.55.8 col nome altrui, sotto mentita insegna. 45.56.1 L' eloquenzia del Greco assai potea; 45.56.2 ma più de l' eloquenzia potea molto 45.56.3 l' obligo grande che Ruggier gli avea, 45.56.4 da mai non ne dovere essere isciolto: 45.56.5 sì che quantunque duro gli parea, 45.56.6 e non possibil quasi; pur con volto, 45.56.7 più che con cor giocondo, gli rispose 45.56.8 ch' era per far per lui tutte le cose. 45.57.1 Ben che da fier dolor, tosto che questa 45.57.2 parola ha detta, il cor ferir si senta, 45.57.3 che giorno e notte e sempre lo molesta, 45.57.4 sempre l' affligge e sempre lo tormenta, 45.57.5 e vegga la sua morte manifesta; 45.57.6 pur non è mai per dir che se ne penta; 45.57.7 che prima ch' a Leon non ubbidire, 45.57.8 mille volte, non ch' una, è per morire. 45.58.1 Ben certo è di morir; perché, se lascia 45.58.2 la donna, ha da lasciar la vita ancora: 45.58.3 o che l' accorerà il duolo e l' ambascia; 45.58.4 o se 'l duolo e l' ambascia non l' accora, 45.58.5 con le man proprie squarcierà la fascia 45.58.6 che cinge l' alma, e ne la trarrà fuora; 45.58.7 ch' ogni altra cosa più facil gli fia, 45.58.8 che poter lei veder, che sua non sia. 45.59.1 Gli è di morir disposto; ma che sorte 45.59.2 di morte voglia far, non sa dir anco. 45.59.3 Pensa talor di fingersi men forte, 45.59.4 e porger nudo alla donzella il fianco; 45.59.5 che non fu mai la più beata morte, 45.59.6 che se per man di lei venisse manco. 45.59.7 Poi vede, se per lui resta che moglie 45.59.8 sia di Leon, che l' obligo non scioglie: 45.60.1 perché ha promesso contra Bradamante 45.60.2 entrare in campo a singular battaglia; 45.60.3 non simulare, e farne sol sembiante, 45.60.4 sì che Leon di lui poco si vaglia. 45.60.5 Dunque starà nel detto suo constante; 45.60.6 e ben che or questo or quel pensier l' assaglia, 45.60.7 tutti li scaccia, e solo a questo cede, 45.60.8 il qual l' esorta a non mancar di fede. 45.61.1 Avea già fatto apparecchiar Leone, 45.61.2 con licenzia del patre Costantino, 45.61.3 arme e cavalli, e un numer di persone 45.61.4 qual gli convenne, e entrato era in camino; 45.61.5 e seco avea Ruggiero, a cui le buone 45.61.6 arme avea fatto rendere e Frontino: 45.61.7 e tanto un giorno e un altro e un altro andaro, 45.61.8 ch' in Francia et a Parigi si trovaro. 45.62.1 Non vòlse entrar Leon ne la cittate, 45.62.2 e i padiglioni alla campagna tese; 45.62.3 e fe' il medesmo dì per imbasciate, 45.62.4 che di sua giunta il re di Francia intese. 45.62.5 L' ebbe il re caro; e gli fu più fïate, 45.62.6 donando e visitandolo, cortese. 45.62.7 De la venuta sua la cagion disse 45.62.8 Leone, e lo pregò che l' espedisse: 45.63.1 ch' entrar facesse in campo la donzella 45.63.2 che marito non vuol di lei men forte; 45.63.3 quando venuto era per fare o ch' ella 45.63.4 moglier gli fosse, o che gli desse morte. 45.63.5 Carlo tolse l' assunto, e fece quella 45.63.6 comparir l' altro dì fuor de le porte, 45.63.7 ne lo steccato che la notte sotto 45.63.8 all' alte mura fu fatto di botto. 45.64.1 La notte ch' andò inanzi al terminato 45.64.2 giorno de la battaglia, Ruggiero ebbe 45.64.3 simile a quella che suole il dannato 45.64.4 aver, che la matina morir debbe. 45.64.5 Eletto avea combatter tutto armato, 45.64.6 perch' esser conosciuto non vorrebbe; 45.64.7 né lancia né destriero adoprar vòlse, 45.64.8 né, fuor che 'l brando, arme d' offesa tolse. 45.65.1 Lancia non tolse; non perché temesse 45.65.2 di quella d' or, che fu de l' Argalia, 45.65.3 e poi d' Astolfo a cui costei successe, 45.65.4 che far gli arcion votar sempre solia: 45.65.5 perché nessun, ch' ella tal forza avesse, 45.65.6 o fosse fatta per negromanzia, 45.65.7 avea saputo, eccetto quel re solo 45.65.8 che far la fece e la donò al figliuolo. 45.66.1 Anzi Astolfo e la donna, che portata 45.66.2 l' aveano poi, credean che non l' incanto, 45.66.3 ma la propria possanza fosse stata, 45.66.4 che dato loro in giostra avesse il vanto; 45.66.5 e che con ogni altra asta ch' incontrata 45.66.6 fosse da lor, farebbono altretanto. 45.66.7 La cagion sola, che Ruggier non giostra, 45.66.8 è per non far del suo Frontino mostra: 45.67.1 che lo potria la donna facilmente 45.67.2 conoscer, se da lei fosse veduto; 45.67.3 però che cavalcato, e lungamente 45.67.4 in Montalban l' avea seco tenuto. 45.67.5 Ruggier che solo studia e solo ha mente 45.67.6 come da lei non sia riconosciuto, 45.67.7 né vuol Frontin, né vuol cos' altra avere, 45.67.8 che di far di sé indizio abbia potere. 45.68.1 A questa impresa un' altra spada volle; 45.68.2 che ben sapea che contra a Balisarda 45.68.3 saria ogn' osbergo, come pasta, molle; 45.68.4 ch' alcuna tempra quel furor non tarda: 45.68.5 e tutto 'l taglio anco a quest' altra tolle 45.68.6 con un martello, e la fa men gagliarda. 45.68.7 Con quest' arme Ruggiero al primo lampo 45.68.8 ch' apparve all' orizzonte, entrò nel campo. 45.69.1 E per parer Leon, le sopraveste 45.69.2 che dianzi ebbe Leon, s' ha messe indosso; 45.69.3 e l' aquila de l' or con le due teste 45.69.4 porta dipinta ne lo scudo rosso. 45.69.5 E facilmente si potean far queste 45.69.6 finzion; ch' era ugualmente grande e grosso 45.69.7 l' un come l' altro. Appresentossi l' uno; 45.69.8 l' altro non si lasciò veder d' alcuno. 45.70.1 Era la voluntà de la donzella 45.70.2 da quest' altra diversa di gran lunga; 45.70.3 che, se Ruggier su la spada martella 45.70.4 per rintuzzarla, che non tagli o punga, 45.70.5 la sua la donna aguzza, e brama ch' ella 45.70.6 entri nel ferro, e sempre al vivo giunga, 45.70.7 anzi ogni colpo sì ben tagli e fore, 45.70.8 che vada sempre a ritrovargli il core. 45.71.1 Qual su le mosse il barbaro si vede, 45.71.2 che 'l cenno del partir fugoso attende, 45.71.3 né qua né là poter fermare il piede, 45.71.4 gonfiar le nare, e che l' orecchie tende; 45.71.5 tal l' animosa donna che non crede 45.71.6 che questo sia Ruggier con chi contende, 45.71.7 aspettando la tromba, par che fuoco 45.71.8 ne le vene abbia, e non ritrovi loco. 45.72.1 Qual talor, dopo il tuono, orrido vento 45.72.2 subito segue, che sozzopra volve 45.72.3 l' ondoso mare, e leva in un momento 45.72.4 da terra fin al ciel l' oscura polve; 45.72.5 fuggon le fiere, e col pastor l' armento; 45.72.6 l' aria in grandine e in pioggia si risolve: 45.72.7 udito il segno la donzella, tale 45.72.8 stringe la spada, e 'l suo Ruggiero assale. 45.73.1 Ma non più quercia antica, o grosso muro 45.73.2 di ben fondata torre a borea cede, 45.73.3 né più all' irato mar lo scoglio duro, 45.73.4 che d' ogni intorno il dì e la notte il fiede; 45.73.5 che sotto l' arme il buon Ruggier sicuro, 45.73.6 che già al troiano Ettòr Vulcano diede, 45.73.7 ceda all' odio e al furor che lo tempesta 45.73.8 or ne' fianchi, or nel petto, or ne la testa. 45.74.1 Quando di taglio la donzella, quando 45.74.2 mena di punta; e tutta intenta mira 45.74.3 ove cacciar tra ferro e ferro il brando, 45.74.4 sì che si sfoghi e disacerbi l' ira. 45.74.5 Or da un lato, or da un altro il va tentando; 45.74.6 quando di qua, quando di là s' aggira: 45.74.7 e si rode e si duol che non le avegna 45.74.8 mai fatta alcuna cosa che disegna. 45.75.1 Come chi assedia una città che forte 45.75.2 sia di buon fianchi e di muraglia grossa, 45.75.3 spesso l' assalta, or vuol batter le porte, 45.75.4 or l' alte torri, or atturar la fossa; 45.75.5 e pone indarno le sue genti a morte, 45.75.6 né via sa ritrovar ch' entrar vi possa: 45.75.7 così molto s' affanna e si travaglia, 45.75.8 né può la donna aprir piastra né maglia. 45.76.1 Quando allo scudo e quando al buono elmetto, 45.76.2 quando all' osbergo fa gittar scintille 45.76.3 con colpi ch' alle braccia, al capo, al petto 45.76.4 mena dritti e riversi, e mille e mille, 45.76.5 e spessi più, che sul sonante tetto 45.76.6 la grandine far soglia de le ville. 45.76.7 Ruggier sta su l' avviso, e si difende 45.76.8 con gran destrezza, e lei mai non offende. 45.77.1 Or si ferma, or volteggia, or si ritira, 45.77.2 e con la man spesso accompagna il piede. 45.77.3 Porge or lo scudo, et or la spada gira 45.77.4 ove girar la man nimica vede. 45.77.5 O lei non fere, o se la fere, mira 45.77.6 ferirla in parte ove men nuocer crede. 45.77.7 La donna, prima che quel dì s' inchine, 45.77.8 brama di dare alla battaglia fine. 45.78.1 Si ricordò del bando, e si ravvide 45.78.2 del suo periglio, se non era presta; 45.78.3 che se in un dì non prende o non uccide 45.78.4 il suo domandator, presa ella resta. 45.78.5 Era già presso ai termini d' Alcide 45.78.6 per attuffar nel mar Febo la testa, 45.78.7 quando ella cominciò di sua possanza 45.78.8 a difidarsi, e perder la speranza. 45.79.1 Quanto mancò più la speranza, crebbe 45.79.2 tanto più l' ira, e radoppiò le botte; 45.79.3 che pur quell' arme rompere vorrebbe, 45.79.4 ch' in tutto un dì non avea ancora rotte: 45.79.5 come colui ch' al lavorio che debbe, 45.79.6 sia stato lento, e già vegga esser notte, 45.79.7 s' affretta indarno, si travaglia e stanca, 45.79.8 fin che la forza a un tempo e il dì gli manca. 45.80.1 O misera donzella, se costui 45.80.2 tu conoscessi, a cui dar morte brami, 45.80.3 se lo sapessi esser Ruggier, da cui 45.80.4 de la tua vita pendono li stami; 45.80.5 so ben ch' uccider te, prima che lui, 45.80.6 vorresti; che di te so che più l' ami: 45.80.7 e quando lui Ruggiero esser saprai, 45.80.8 di questi colpi ancor, so, ti dorrai. 45.81.1 Carlo e molt' altri seco, che Leone 45.81.2 esser costui credeansi, e non Ruggiero, 45.81.3 veduto come in arme, al paragone 45.81.4 di Bradamante, forte era e leggiero; 45.81.5 e, senza offender lei, con che ragione 45.81.6 difender si sapea; mutan pensiero, 45.81.7 e dicon: -- Ben convengono amendui; 45.81.8 ch' egli è di lei ben degno, ella di lui. -- 45.82.1 Poi che Febo nel mar tutt' è nascoso, 45.82.2 Carlo, fatta partir quella battaglia, 45.82.3 giudica che la donna per suo sposo 45.82.4 prenda Leon, né ricusar lo vaglia. 45.82.5 Ruggier, senza pigliar quivi riposo, 45.82.6 senz' elmo trarsi o alleggierirsi maglia, 45.82.7 sopra un picciol ronzin torna in gran fretta 45.82.8 ai padiglioni ove Leon l' aspetta. 45.83.1 Gittò Leone al cavallier le braccia 45.83.2 due volte e più fraternamente al collo; 45.83.3 e poi, trattogli l' elmo da la faccia, 45.83.4 di qua e di là con grande amor baciollo. 45.83.5 -- Vo' (disse) che di me sempre tu faccia 45.83.6 come ti par; che mai trovar satollo 45.83.7 non mi potrai, che me e lo stato mio 45.83.8 spender tu possa ad ogni tuo disio. 45.84.1 Né veggo ricompensa che mai questa 45.84.2 obligazion ch' io t' ho, possi disciorre; 45.84.3 e non, s' ancora io mi levi di testa 45.84.4 la mia corona, e a te la venghi a porre. -- 45.84.5 Ruggier, di cui la mente ange e molesta 45.84.6 alto dolore, e che la vita aborre, 45.84.7 poco risponde, e l' insegne gli rende, 45.84.8 che n' avea aute, e 'l suo liocorno prende. 45.85.1 E stanco dimostrandosi e svogliato, 45.85.2 più tosto che poté, da lui levosse; 45.85.3 et al suo alloggiamento ritornato, 45.85.4 poi che fu mezzanotte, tutto armosse; 45.85.5 e sellato il destrier, senza commiato, 45.85.6 e senza che d' alcun sentito fosse, 45.85.7 sopra vi salse, e si drizzò al camino 45.85.8 che più piacer gli parve al suo Frontino. 45.86.1 Frontino or per via dritta or per via torta, 45.86.2 quando per selve e quando per campagna 45.86.3 il suo signor tutta la notte porta, 45.86.4 che non cessa un momento che non piagna: 45.86.5 chiama la morte, e in quella si conforta, 45.86.6 che l' ostinata doglia sola fragna; 45.86.7 né vede, altro che morte, chi finire 45.86.8 possa l' insopportabil suo martìre. 45.87.1 -- Di chi mi debbo, ohimè! (dicea) dolere, 45.87.2 che così m' abbia a un punto ogni ben tolto? 45.87.3 Deh, s' io non vo' l' ingiuria sostenere 45.87.4 senza vendetta, incontra a cui mi volto? 45.87.5 Fuor che me stesso, altri non so vedere, 45.87.6 che m' abbia offeso et in miseria volto. 45.87.7 Io m' ho dunque di me contra a me stesso 45.87.8 da vendicar, c' ho tutto il mal commesso. 45.88.1 Pur, quando io avessi fatto solamente 45.88.2 a me l' ingiuria, a me forse potrei 45.88.3 donar perdon, se ben difficilmente; 45.88.4 anzi vo' dir che far non lo vorrei: 45.88.5 or quanto, poi che Bradamante sente 45.88.6 meco l' ingiuria ugual, men lo farei? 45.88.7 Quando bene a me ancora io perdonassi, 45.88.8 lei non convien ch' invendicata lassi. 45.89.1 Per vendicar lei dunque debbo e voglio 45.89.2 ogni modo morir, né ciò mi pesa; 45.89.3 ch' altra cosa non so ch' al mio cordoglio, 45.89.4 fuor che la morte, far possa difesa. 45.89.5 Ma sol, ch' allora io non mori', mi doglio, 45.89.6 che fatto ancora io non le aveva offesa. 45.89.7 Oh me felice, s' io moriva allora 45.89.8 ch' era prigion de la crudel Teodora! 45.90.1 Se ben m' avesse ucciso, tormentato 45.90.2 prima ad arbitrio di sua crudeltade, 45.90.3 da Bradamante almeno avrei sperato 45.90.4 di ritrovare al mio caso pietade. 45.90.5 Ma quando ella saprà ch' avrò più amato 45.90.6 Leon di lei, e di mia volontade 45.90.7 io me ne sia, perch' egli l' abbia, privo; 45.90.8 avrà ragion d' odiarmi e morto e vivo. -- 45.91.1 Questo dicendo e molte altre parole 45.91.2 che sospiri accompagnano e singulti, 45.91.3 si trova all' apparir del nuovo sole 45.91.4 fra scuri boschi, in luoghi strani e inculti; 45.91.5 e perché è disperato, e morir vuole, 45.91.6 e, più che può, che 'l suo morir s' occulti, 45.91.7 questo luogo gli par molto nascosto, 45.91.8 et atto a far quant' ha di sé disposto. 45.92.1 Entra nel folto bosco, ove più spesse 45.92.2 l' ombrose frasche e più intricate vede; 45.92.3 ma Frontin prima al tutto sciolto messe 45.92.4 da sé lontano, e libertà gli diede. 45.92.5 -- O mio Frontin (gli disse), s' a me stesse 45.92.6 di dare a' merti tuoi degna mercede, 45.92.7 avresti a quel destrier da invidiar poco, 45.92.8 che volò al cielo, e fra le stelle ha loco. 45.93.1 Cillaro, so, non fu, non fu Arïone 45.93.2 di te miglior, né meritò più lode; 45.93.3 né alcun altro destrier di cui menzione 45.93.4 fatta da' Greci o da' Latini s' ode. 45.93.5 Se ti fur par ne l' altre parti buone, 45.93.6 di questa so ch' alcun di lor non gode, 45.93.7 di potersi vantar ch' avuto mai 45.93.8 abbia il pregio e l' onor che tu avuto hai; 45.94.1 poi ch' alla più che mai sia stata o sia 45.94.2 donna gentile e valorosa e bella 45.94.3 sì caro stato sei, che ti nutria, 45.94.4 e di sua man ti ponea freno e sella. 45.94.5 Caro eri alla mia donna: ah perché mia 45.94.6 la dirò più, se mia non è più quella? 45.94.7 s' io l' ho donata ad altri? Ohimè! che cesso 45.94.8 di volger questa spada ora in me stesso? -- 45.95.1 Se Ruggier qui s' affligge e si tormenta, 45.95.2 e le fere e gli augelli a pietà muove 45.95.3 (ch' altri non è che questi gridi senta 45.95.4 né vegga il pianto che nel sen gli piove), 45.95.5 non dovete pensar che più contenta 45.95.6 Bradamante in Parigi si ritrove, 45.95.7 poi che scusa non ha che la difenda, 45.95.8 o più l' indugi, che Leon non prenda. 45.96.1 Ella, prima ch' avere altro consorte 45.96.2 che 'l suo Ruggier, vuol far ciò che può farsi; 45.96.3 mancar del detto suo; Carlo e la corte, 45.96.4 i parenti e gli amici inimicarsi: 45.96.5 e quando altro non possa, al fin la morte 45.96.6 o col veneno o con la spada darsi; 45.96.7 che le par meglio assai non esser viva, 45.96.8 che, vivendo, restar di Ruggier priva. 45.97.1 -- Deh, Ruggier mio (dicea), dove sei gito? 45.97.2 Puote esser che tu sia tanto discosto, 45.97.3 che tu non abbi questo bando udito, 45.97.4 a nessun altro, fuor ch' a te, nascosto? 45.97.5 Se tu 'l sapesse, io so che comparito 45.97.6 nessun altro saria di te più tosto. 45.97.7 Misera me! ch' altro pensar mi deggio, 45.97.8 se non quel che pensar si possa peggio? 45.98.1 Come è, Ruggier, possibil che tu solo 45.98.2 non abbi quel che tutto il mondo ha inteso? 45.98.3 Se inteso l' hai, né sei venuto a volo, 45.98.4 come esser può che non sii morto o preso? 45.98.5 Ma chi sapesse il ver, questo figliuolo 45.98.6 di Costantin t' avrà alcun laccio teso; 45.98.7 il traditor t' avrà chiusa la via, 45.98.8 acciò prima di lui tu qui non sia. 45.99.1 Da Carlo impetrai grazia, ch' a nessuno 45.99.2 men di me forte avessi ad esser data, 45.99.3 con credenza che tu fossi quell' uno 45.99.4 a cui star contra io non potessi armata. 45.99.5 Fuor che te solo, io non stimava alcuno: 45.99.6 ma de l' audacia mia m' ha Dio pagata; 45.99.7 poi che costui che mai più non fe' impresa 45.99.8 d' onore in vita sua, così m' ha presa. 45.100.1 Se però presa son per non avere 45.100.2 uccider lui né prenderlo potuto; 45.100.3 il che non mi par giusto; né al parere 45.100.4 mai son per star, ch' in questo ha Carlo avuto. 45.100.5 So ch' inconstante io mi farò tenere, 45.100.6 se da quel c' ho già detto ora mi muto; 45.100.7 ma né la prima son né la sezzaia, 45.100.8 la qual paruta sia inconstante, e paia. 45.101.1 Basti che nel servar fede al mio amante, 45.101.2 d' ogni scoglio più salda mi ritrovi, 45.101.3 e passi in questo di gran lunga quante 45.101.4 mai furo ai tempi antichi, o sieno ai nuovi. 45.101.5 Che nel resto mi dichino incostante, 45.101.6 non curo, pur che l' incostanzia giovi: 45.101.7 pur ch' io non sia di costui tôrre astretta, 45.101.8 volubil più che foglia anco sia detta. -- 45.102.1 Queste parole et altre, ch' interrotte 45.102.2 da sospiri e da pianti erano spesso, 45.102.3 seguì dicendo tutta quella notte 45.102.4 ch' all' infelice giorno venne appresso. 45.102.5 Ma poi che dentro alle cimerie grotte 45.102.6 con l' ombre sue Notturno fu rimesso, 45.102.7 il ciel, ch' eternamente avea voluto 45.102.8 farla di Ruggier moglie, le diè aiuto. 45.103.1 Fe' la mattina la donzella altiera 45.103.2 Marfisa inanzi a Carlo comparire, 45.103.3 dicendo ch' al fratel suo Ruggier era 45.103.4 fatto gran torto, e nol volea patire, 45.103.5 che gli fosse levata la mogliera, 45.103.6 né pure una parola gliene dire: 45.103.7 e contra chi si vuol di provar toglie, 45.103.8 che Bradamante di Ruggiero è moglie. 45.104.1 E inanzi agli altri, a lei provar lo vuole, 45.104.2 quando pur di negarlo fosse ardita, 45.104.3 ch' in sua presenzia ella ha quelle parole 45.104.4 dette a Ruggier, che fa chi si marita; 45.104.5 e con la cerimonia che si suole, 45.104.6 già sì tra lor la cosa è stabilita, 45.104.7 che più di sé non possono disporre, 45.104.8 né l' un l' altro lasciar, per altri tôrre. 45.105.1 Marfisa, o 'l vero o 'l falso che dicesse, 45.105.2 pur lo dicea, ben credo con pensiero, 45.105.3 perché Leon più tosto interrompesse 45.105.4 a dritto e a torto, che per dire il vero; 45.105.5 e che di volontade lo facesse 45.105.6 di Bradamante, che a riaver Ruggiero 45.105.7 et escluder Leon, né la più onesta 45.105.8 né la più breve via vedea di questa. 45.106.1 Turbato il re di questa cosa molto, 45.106.2 Bradamante chiamar fa immantinente; 45.106.3 e quanto di provar Marfisa ha tolto, 45.106.4 le fa sapere, et ecci Amon presente. 45.106.5 Tien Bradamante chino a terra il volto, 45.106.6 e confusa non niega né consente, 45.106.7 in guisa che comprender di leggiero 45.106.8 si può che Marfisa abbia detto il vero. 45.107.1 Piace a Rinaldo, e piace a quel d' Anglante 45.107.2 tal cosa udir, ch' esser potrà cagione 45.107.3 che 'l parentado non andrà più inante, 45.107.4 che già conchiuso aver credea Leone; 45.107.5 e pur Ruggier la bella Bradamante 45.107.6 mal grado avrà de l' ostinato Amone; 45.107.7 e potran senza lite, e senza trarla 45.107.8 di man per forza al padre, a Ruggier darla. 45.108.1 Che se tra lor queste parole stanno, 45.108.2 la cosa è ferma, e non andrà per terra. 45.108.3 Così atterràn quel che promesso gli hanno, 45.108.4 più onestamente e senza nuova guerra. 45.108.5 -- Questo è (diceva Amon), questo è un inganno 45.108.6 contra me ordito: ma 'l pensier vostro erra; 45.108.7 ch' ancor che fosse ver quanto voi finto 45.108.8 tra voi v' avete, io non son però vinto. 45.109.1 Che prosuposto (che né ancor confesso, 45.109.2 né vo' credere ancor) ch' abbia costei 45.109.3 scioccamente a Ruggier così promesso, 45.109.4 come voi dite, e Ruggiero abbia a lei; 45.109.5 quando e dove fu questo? che più espresso, 45.109.6 più chiaro e piano intenderlo vorrei. 45.109.7 Stato so che non è, se non è stato 45.109.8 prima che Ruggier fosse battezzato. 45.110.1 Ma se gli è stato inanzi che cristiano 45.110.2 fosse Ruggier, non vo' che me ne caglia; 45.110.3 ch' essendo ella fedele, egli pagano, 45.110.4 non crederò che 'l matrimonio vaglia. 45.110.5 Non si debbe per questo essere invano 45.110.6 posto al risco Leon de la battaglia; 45.110.7 né il nostro imperator credo vogli anco 45.110.8 venir del detto suo per questo manco. 45.111.1 Quel ch' or mi dite, era da dirmi quando 45.111.2 era intera la cosa, né ancor fatto 45.111.3 a prieghi di costei Carlo avea il bando 45.111.4 che qui Leone alla battaglia ha tratto. -- 45.111.5 Così contra Rinaldo e contra Orlando 45.111.6 Amon dicea, per rompere il contratto 45.111.7 fra quei duo amanti; e Carlo stava a udire, 45.111.8 Né per l' un né per l' altro volea dire. 45.112.1 Come si senton, s' austro o borea spira, 45.112.2 per l' alte selve murmurar le fronde; 45.112.3 o come soglion, s' Eolo s' adira 45.112.4 contra Nettunno, al lito fremer l' onde: 45.112.5 così un rumor che corre e che s' aggira, 45.112.6 e che per tutta Francia si difonde, 45.112.7 di questo dà da dire e da udir tanto, 45.112.8 ch' ogni altra cosa è muta in ogni canto. 45.113.1 Chi parla per Ruggier, chi per Leone; 45.113.2 ma la più parte è con Ruggiero in lega: 45.113.3 son dieci e più per un che n' abbia Amone. 45.113.4 L' imperator né qua né là si piega; 45.113.5 ma la causa rimette alla ragione, 45.113.6 et al suo parlamento la delega. 45.113.7 Or vien Marfisa, poi ch' è diferito 45.113.8 lo sponsalizio, e pon nuovo partito; 45.114.1 e dice: -- Con ciò sia ch' esser non possa 45.114.2 d' altri costei, fin che 'l fratel mio vive; 45.114.3 se Leon la vuol pur, suo ardire e possa 45.114.4 adopri sì, che lui di vita prive: 45.114.5 e chi manda di lor l' altro alla fossa, 45.114.6 senza rivale al suo contento arrive. -- 45.114.7 Tosto Carlo a Leon fa intender questo, 45.114.8 come anco intender gli avea fatto il resto. 45.115.1 Leon che, quando seco il cavalliero 45.115.2 del lïocorno sia, si tien sicuro 45.115.3 di riportar vittoria di Ruggiero, 45.115.4 né gli abbia alcun assunto a parer duro; 45.115.5 non sappiendo che l' abbia il dolor fiero 45.115.6 tratto nel bosco solitario e oscuro, 45.115.7 ma che, per tornar tosto, uno o due miglia 45.115.8 sia andato a spasso, il mal partito piglia. 45.116.1 Ben se ne pente in breve; che colui 45.116.2 del qual più del dover si promettea, 45.116.3 non comparve quel dì, né gli altri dui 45.116.4 che lo seguîr, né nuova se n' avea; 45.116.5 e tor questa battaglia senza lui 45.116.6 contra Ruggier, sicur non gli parea: 45.116.7 mandò, per schivar dunque danno e scorno, 45.116.8 per trovar il guerrier dal lïocorno. 45.117.1 Per cittadi mandò, ville e castella, 45.117.2 d' appresso e da lontan, per ritrovarlo; 45.117.3 né contento di questo, montò in sella 45.117.4 egli in persona, e si pose a cercarlo. 45.117.5 Ma non n' avrebbe avuto già novella, 45.117.6 né l' avria avuta uomo di quei di Carlo, 45.117.7 se non era Melissa che fe' quanto 45.117.8 mi serbo a farvi udir ne l' altro canto.
CANTO XLVI
46.1.1 Or, se mi mostra la mia carta il vero, 46.1.2 non è lontano a discoprirsi il porto; 46.1.3 sì che nel lito i voti scioglier spero 46.1.4 a chi nel mar per tanta via m' ha scorto; 46.1.5 ove, o di non tornar col legno intero, 46.1.6 o d' errar sempre, ebbi già il viso smorto. 46.1.7 Ma mi par di veder, ma veggo certo, 46.1.8 veggo la terra, e veggo il lito aperto. 46.2.1 Sento venir per allegrezza un tuono 46.2.2 che fremer l' aria e rimbombar fa l' onde: 46.2.3 odo di squille, odo di trombe un suono 46.2.4 che l' alto popular grido confonde. 46.2.5 Or comincio a discernere chi sono 46.2.6 questi che empion del porto ambe le sponde. 46.2.7 Par che tutti s' allegrino ch' io sia 46.2.8 venuto a fin di così lunga via. 46.3.1 Oh di che belle e saggie donne veggio, 46.3.2 oh di che cavallieri il lito adorno! 46.3.3 Oh di ch' amici, a chi in eterno deggio 46.3.4 per la letizia c' han del mio ritorno! 46.3.5 Mamma e Ginevra e l' altre da Correggio 46.3.6 veggo del molo in su l' estremo corno: 46.3.7 Veronica da Gambera è con loro, 46.3.8 sì grata a Febo e al santo aonio coro. 46.4.1 Veggo un' altra Genevra, pur uscita 46.4.2 del medesimo sangue, e Iulia seco; 46.4.3 veggo Ippolita Sforza, e la notrita 46.4.4 Damigella Trivulzia al sacro speco: 46.4.5 veggo te, Emilia Pia, te, Margherita, 46.4.6 ch' Angela Borgia e Grazïosa hai teco. 46.4.7 Con Ricciarda da Este ecco le belle 46.4.8 Bianca e Dïana, e l' altre lor sorelle. 46.5.1 Ecco la bella, ma più saggia e onesta, 46.5.2 Barbara Turca, e la compagna è Laura: 46.5.3 non vede il sol di più bontà di questa 46.5.4 coppia da l' Indo all' estrema onda maura. 46.5.5 Ecco Genevra che la Malatesta 46.5.6 casa col suo valor sì ingemma e inaura, 46.5.7 che mai palagi imperïali o regi 46.5.8 non ebbon più onorati e degni fregi. 46.6.1 S' a quella etade ella in Arimino era, 46.6.2 quando superbo de la Gallia doma 46.6.3 Cesar fu in dubbio, s' oltre alla riviera 46.6.4 dovea passando inimicarsi Roma; 46.6.5 crederò che piegata ogni bandiera, 46.6.6 e scarca di trofei la ricca soma, 46.6.7 tolto avria leggi e patti a voglia d' essa, 46.6.8 né forse mai la libertade oppressa. 46.7.1 Del mio signor di Bozolo la moglie, 46.7.2 la madre, le sirocchie e le cugine, 46.7.3 e le Torelle con le Bentivoglie, 46.7.4 e le Visconte e le Palavigine; 46.7.5 ecco chi a quante oggi ne sono, toglie, 46.7.6 e a quante o greche o barbere o latine 46.7.7 ne furon mai, di quai la fama s' oda, 46.7.8 di grazia e di beltà la prima loda, 46.8.1 Iulia Gonzaga, che dovunque il piede 46.8.2 volge, e dovunque i sereni occhi gira, 46.8.3 non pur ogn' altra di beltà le cede, 46.8.4 ma, come scesa dal ciel dea, l' ammira. 46.8.5 La cognata è con lei, che di sua fede 46.8.6 non mosse mai, perché l' avesse in ira 46.8.7 Fortuna che le fe' lungo contrasto. 46.8.8 Ecco Anna d' Aragon, luce del Vasto; 46.9.1 Anna, bella, gentil, cortese e saggia, 46.9.2 di castità, di fede e d' amor tempio. 46.9.3 La sorella è con lei, ch' ove ne irraggia 46.9.4 l' alta beltà, ne pate ogn' altra scempio. 46.9.5 Ecco chi tolto ha da la scura spiaggia 46.9.6 di Stige, e fa con non più visto esempio, 46.9.7 mal grado de le Parche e de la Morte, 46.9.8 splender nel ciel l' invitto suo consorte. 46.10.1 Le Ferrarese mie qui sono, e quelle 46.10.2 de la corte d' Urbino; e riconosco 46.10.3 quelle di Mantua, e quante donne belle 46.10.4 ha Lombardia, quante il paese tósco. 46.10.5 Il cavallier che tra lor viene, e ch' elle 46.10.6 onoran sì, s' io non ho l' occhio losco, 46.10.7 da la luce offuscato de' bei volti, 46.10.8 è 'l gran lume aretin, l' Unico Accolti. 46.11.1 Benedetto, il nipote, ecco là veggio, 46.11.2 c' ha purpureo il capel, purpureo il manto, 46.11.3 col cardinal di Mantua e col Campeggio, 46.11.4 gloria e splendor del consistorio santo: 46.11.5 e ciascun d' essi noto (o ch' io vaneggio) 46.11.6 al viso e ai gesti rallegrarsi tanto 46.11.7 del mio ritorno, che non facil parmi 46.11.8 ch' io possa mai di tanto obligo trarmi. 46.12.1 Con lor Lattanzio e Claudio Tolomei, 46.12.2 e Paulo Pansa e 'l Dresino e Latino 46.12.3 Iuvenal parmi, e i Capilupi miei, 46.12.4 e 'l Sasso e 'l Molza e Florïan Montino; 46.12.5 e quel che per guidarci ai rivi ascrei 46.12.6 mostra piano e più breve altro camino, 46.12.7 Iulio Camillo; e par ch' anco io ci scerna 46.12.8 Marco Antonio Flaminio, il Sanga, il Berna. 46.13.1 Ecco Alessandro, il mio signor, Farnese: 46.13.2 oh dotta compagnia che seco mena! 46.13.3 Fedro, Capella, Porzio, il bolognese 46.13.4 Filippo, il Volterano, il Madalena, 46.13.5 Blosio, Pïerio, il Vida cremonese, 46.13.6 d' alta facondia inessicabil vena, 46.13.7 e Lascari e Mussuro e Navagero, 46.13.8 e Andrea Marone e 'l monaco Severo. 46.14.1 Ecco altri duo Alessandri in quel drappello, 46.14.2 dagli Orologi l' un, l' altro il Guarino. 46.14.3 Ecco Mario d' Olvito, ecco il flagello 46.14.4 de' principi, il divin Pietro Aretino. 46.14.5 Duo Ieronimi veggo, l' uno è quello 46.14.6 di Veritade, e l' altro il Cittadino. 46.14.7 Veggo il Mainardo, veggo il Leoniceno, 46.14.8 il Pannizzato, e Celio e il Teocreno. 46.15.1 Là Bernardo Capel, là veggo Pietro 46.15.2 Bembo, che 'l puro e dolce idioma nostro, 46.15.3 levato fuor del volgare uso tetro, 46.15.4 quale esser dee, ci ha col suo esempio mostro. 46.15.5 Guasparro Obizi è quel che gli vien dietro, 46.15.6 ch' ammira e osserva il sì ben speso inchiostro. 46.15.7 Io veggo il Fracastorio, il Bevazano, 46.15.8 Trifon Gabriele, e il Tasso più lontano. 46.16.1 Veggo Nicolò Tiepoli, e con esso 46.16.2 Nicolò Amanio in me affissar le ciglia; 46.16.3 Anton Fulgoso ch' a vedermi appresso 46.16.4 al lito mostra gaudio e maraviglia. 46.16.5 Il mio Valerio è quel che là s' è messo 46.16.6 fuor de le donne; e forse si consiglia 46.16.7 col Barignan c' ha seco, come, offeso 46.16.8 sempre da lor, non ne sia sempre acceso. 46.17.1 Veggo sublimi e soprumani ingegni 46.17.2 di sangue e d' amor giunti, il Pico e il Pio. 46.17.3 Colui che con lor viene, e da' più degni 46.17.4 ha tanto onor, mai più non conobbi io; 46.17.5 ma, se me ne fur dati veri segni, 46.17.6 è l' uom che di veder tanto desio, 46.17.7 Iacobo Sanazar, ch' alle Camene 46.17.8 lasciar fa i monti et abitar l' arene. 46.18.1 Ecco il dotto, il fedele, il diligente 46.18.2 secretario Pistofilo, ch' insieme 46.18.3 con gli Acciaiuoli e con l' Angiar mio sente 46.18.4 piacer, che più del mar per me non teme. 46.18.5 Annibal Malaguzzo, il mio parente, 46.18.6 veggo con l' Adoardo, che gran speme 46.18.7 mi dà, ch' ancor del mio nativo nido 46.18.8 udir farà da Calpe agli Indi il grido. 46.19.1 Fa Vittor Fausto, fa il Tancredi festa 46.19.2 di rivedermi, e la fanno altri cento. 46.19.3 Veggo le donne e gli uomini di questa 46.19.4 mia ritornata ognun parer contento. 46.19.5 Dunque a finir la breve via che resta, 46.19.6 non sia più indugio, or c' ho propizio il vento; 46.19.7 e torniamo a Melissa, e con che aita 46.19.8 salvò, diciamo, al buon Ruggier la vita. 46.20.1 Questa Melissa, come so che detto 46.20.2 v' ho molte volte, avea sommo desire 46.20.3 che Bradamante con Ruggier di stretto 46.20.4 nodo s' avesse in matrimonio a unire; 46.20.5 e d' ambi il bene e il male avea sì a petto, 46.20.6 che d' ora in ora ne volea sentire. 46.20.7 Per questo spirti avea sempre per via, 46.20.8 che quando andava l' un, l' altro venìa. 46.21.1 In preda del dolor tenace e forte 46.21.2 Ruggier tra le scure ombre vide posto, 46.21.3 il qual di non gustar d' alcuna sorte 46.21.4 mai più vivanda fermo era e disposto, 46.21.5 e col digiun si volea dar la morte: 46.21.6 ma fu l' aiuto di Melissa tosto; 46.21.7 che, del suo albergo uscita, la via tenne 46.21.8 ove in Leone ad incontrar si venne: 46.22.1 il qual mandato, l' un a l' altro appresso, 46.22.2 sua gente avea per tutti i luoghi intorno; 46.22.3 e poscia era in persona andato anch' esso 46.22.4 per trovare il guerrier dal lïocorno. 46.22.5 La saggia incantatrice, la qual messo 46.22.6 freno e sella a uno spirto avea quel giorno, 46.22.7 e l' avea sotto in forma di ronzino, 46.22.8 trovò questo figliuol di Costantino. 46.23.1 -- Se de l' animo è tal la nobiltate, 46.23.2 qual fuor, signor (diss' ella), il viso mostra; 46.23.3 se la cortesia dentro e la bontate 46.23.4 ben corrisponde alla presenzia vostra, 46.23.5 qualche conforto, qualche aiuto date 46.23.6 al miglior cavallier de l' età nostra; 46.23.7 che s' aiuto non ha tosto e conforto, 46.23.8 non è molto lontano a restar morto. 46.24.1 Il miglior cavallier, che spada a lato 46.24.2 e scudo in braccio mai portassi o porti; 46.24.3 il più bello e gentil ch' al mondo stato 46.24.4 mai sia di quanti ne son vivi o morti, 46.24.5 sol per un' alta cortesia c' ha usato, 46.24.6 sta per morir, se non ha chi 'l conforti. 46.24.7 Per Dio, signor, venite, e fate prova 46.24.8 s' allo suo scampo alcun consiglio giova. -- 46.25.1 Ne l' animo a Leon subito cade 46.25.2 che 'l cavallier di chi costei ragiona, 46.25.3 sia quel che per trovar fa le contrade 46.25.4 cercare intorno, e cerca egli in persona; 46.25.5 sì ch' a lei dietro, che gli persuade 46.25.6 sì pietosa opra, in molta fretta sprona: 46.25.7 la qual lo trasse (e non fêr gran camino) 46.25.8 ove alla morte era Ruggier vicino. 46.26.1 Lo ritrovâr che senza cibo stato 46.26.2 era tre giorni, e in modo lasso e vinto, 46.26.3 ch' in piè a fatica si saria levato, 46.26.4 per ricader, se ben non fosse spinto. 46.26.5 Giacea disteso in terra tutto armato, 46.26.6 con l' elmo in testa, e de la spada cinto; 46.26.7 e guancial de lo scudo s' avea fatto, 46.26.8 in che 'l bianco liocorno era ritratto. 46.27.1 Quivi pensando quanta ingiuria egli abbia 46.27.2 fatto alla donna, e quanto ingrato e quanto 46.27.3 isconoscente le sia stato, arrabbia, 46.27.4 non pur si duole; e se n' affligge tanto, 46.27.5 che si morde le man, morde le labbia, 46.27.6 sparge le guancie di continuo pianto; 46.27.7 e per la fantasia che v' ha sì fissa, 46.27.8 né Leon venir sente né Melissa; 46.28.1 né per questo interrompe il suo lamento, 46.28.2 né cessano i sospir, né il pianto cessa. 46.28.3 Leon si ferma, e sta ad udire intento; 46.28.4 poi smonta del cavallo, e se gli appressa. 46.28.5 Amore esser cagion di quel tormento 46.28.6 conosce ben; ma la persona espressa 46.28.7 non gli è, per cui sostien tanto martìre; 46.28.8 ch' anco Ruggier non glie l' ha fatto udire. 46.29.1 Più inanzi, e poi più inanzi i passi muta, 46.29.2 tanto che se gli accosta a faccia a faccia; 46.29.3 e con fraterno affetto lo saluta, 46.29.4 e se gli china a lato, e al collo abbraccia. 46.29.5 Io non so quanto ben questa venuta 46.29.6 di Leone improvisa a Ruggier piaccia; 46.29.7 che teme che lo turbi e gli dia noia, 46.29.8 e se gli voglia oppor, perché non muoia. 46.30.1 Leon con le più dolci e più soavi 46.30.2 parole che sa dir, con quel più amore 46.30.3 che può mostrar, gli dice: -- Non ti gravi 46.30.4 d' aprirmi la cagion del tuo dolore; 46.30.5 che pochi mali al mondo son sì pravi, 46.30.6 che l' uomo trar non se ne possa fuore, 46.30.7 se la cagion si sa; né debbe privo 46.30.8 di speranza esser mai, fin che sia vivo. 46.31.1 Ben mi duol che celar t' abbi voluto 46.31.2 da me, che sai s' io ti son vero amico, 46.31.3 non sol dipoi ch' io ti son sì tenuto, 46.31.4 che mai dal nodo tuo non mi districo, 46.31.5 ma fin allora ch' avrei causa avuto 46.31.6 d' esserti sempre capital nimico; 46.31.7 e déi sperar ch' io sia per darti aita 46.31.8 con l' aver, con gli amici e con la vita. 46.32.1 Di meco conferir non ti rincresca 46.32.2 il tuo dolore, e lasciami far prova, 46.32.3 se forza, se lusinga, acciò tu n' esca, 46.32.4 se gran tesor, s' arte, s' astuzia giova. 46.32.5 Poi, quando l' opra mia non ti riesca, 46.32.6 la morte sia ch' al fin te ne rimuova: 46.32.7 ma non voler venir prima a quest' atto, 46.32.8 che ciò che si può far, non abbi fatto. -- 46.33.1 E seguitò con sì efficaci prieghi, 46.33.2 e con parlar sì umano e sì benigno, 46.33.3 che non può far Ruggier che non si pieghi; 46.33.4 che né di ferro ha il cor né di macigno, 46.33.5 e vede, quando la risposta nieghi, 46.33.6 che farà discortese atto e maligno. 46.33.7 Risponde; ma due volte o tre s' incocca 46.33.8 prima il parlar, ch' uscir voglia di bocca. 46.34.1 -- Signor mio (disse al fin), quando saprai 46.34.2 colui ch' io son (che son per dirtel ora), 46.34.3 mi rendo certo che di me sarai 46.34.4 non men contento, e forse più, ch' io muora. 46.34.5 Sappi ch' io son colui che sì in odio hai: 46.34.6 io son Ruggier ch' ebbi te in odio ancora; 46.34.7 e che con intenzion di porti a morte, 46.34.8 già son più giorni, usci' di questa corte; 46.35.1 acciò per te non mi vedessi tolta 46.35.2 Bradamante, sentendo esser d' Amone 46.35.3 la voluntade a tuo favor rivolta. 46.35.4 Ma perché ordina l' uomo, e Dio dispone, 46.35.5 venne il bisogno ove mi fe' la molta 46.35.6 tua cortesia mutar d' opinïone; 46.35.7 e non pur l' odio ch' io t' avea, deposi, 46.35.8 ma fe' ch' esser tuo sempre io mi disposi. 46.36.1 Tu mi pregasti, non sapendo ch' io 46.36.2 fossi Ruggier, ch' io ti facessi avere 46.36.3 la donna; ch' altretanto saria il mio 46.36.4 cor fuor del corpo, o l' anima volere. 46.36.5 Se sodisfar più tosto al tuo disio, 46.36.6 ch' al mio, ho voluto, t' ho fatto vedere. 46.36.7 Tua fatta è Bradamante; abbila in pace: 46.36.8 molto più che 'l mio bene, il tuo mi piace. 46.37.1 Piaccia a te ancora, se privo di lei 46.37.2 mi son, ch' insieme io sia di vita privo; 46.37.3 che più tosto senz' anima potrei, 46.37.4 che senza Bradamante restar vivo. 46.37.5 Appresso, per averla tu non sei 46.37.6 mai legitimamente, fin ch' io vivo; 46.37.7 che tra noi sponsalizio è già contratto, 46.37.8 né duo mariti ella può avere a un tratto. -- 46.38.1 Riman Leon sì pien di maraviglia, 46.38.2 quando Ruggiero esser costui gli è noto, 46.38.3 che senza muover bocca o batter ciglia 46.38.4 o mutar piè, come una statua, è immoto: 46.38.5 a statua, più ch' ad uomo, s' assimiglia, 46.38.6 che ne le chiese alcun metta per voto. 46.38.7 Ben sì gran cortesia questa gli pare, 46.38.8 che non ha avuto e non avrà mai pare. 46.39.1 E conosciutol per Ruggier, non solo 46.39.2 non scema il ben che gli voleva pria; 46.39.3 ma sì l' accresce, che non men del duolo 46.39.4 di Ruggiero egli, che Ruggier, patia. 46.39.5 Per questo, e per mostrarsi che figliuolo 46.39.6 d' imperator meritamente sia, 46.39.7 non vuol, se ben nel resto a Ruggier cede, 46.39.8 ch' in cortesia gli metta inanzi il piede. 46.40.1 E dice: -- Se quel dì, Ruggier, ch' offeso 46.40.2 fu il campo mio dal valor tuo stupendo, 46.40.3 ancor ch' io t' avea in odio, avessi inteso 46.40.4 che tu fossi Ruggier, come ora intendo; 46.40.5 così la tua virtù m' avrebbe preso, 46.40.6 come fece anco allor, non lo sapendo; 46.40.7 e così spinto dal cor l' odio, e tosto 46.40.8 questo amor ch' io ti porto, v' avria posto. 46.41.1 Che prima il nome di Ruggiero odiassi, 46.41.2 ch' io sapessi che tu fosse Ruggiero, 46.41.3 non negherò; ma ch' or più inanzi passi 46.41.4 l' odio ch' io t' ebbi, t' esca del pensiero. 46.41.5 E se, quando di carcere io ti trassi, 46.41.6 n' avesse, come or n' ho, saputo il vero, 46.41.7 il medesimo avrei fatto anco allora, 46.41.8 ch' a benefizio tuo son per far ora. 46.42.1 E s' allor volentier fatto l' avrei, 46.42.2 ch' io non t' era, come or sono, obligato; 46.42.3 quant' or più farlo debbo, che sarei, 46.42.4 non lo facendo, il più d' ogn' altro ingrato; 46.42.5 poi che negando il tuo voler, ti sei 46.42.6 privo d' ogni tuo bene, e a me l' hai dato. 46.42.7 Ma te lo rendo, e più contento sono 46.42.8 renderlo a te, ch' aver io avuto il dono. 46.43.1 Molto più a te, ch' a me, costei conviensi, 46.43.2 la qual, ben ch' io per li suoi merit' ami, 46.43.3 non è però, s' altri l' avrà, ch' io pensi, 46.43.4 come tu, al viver mio romper li stami. 46.43.5 Non vo' che la tua morte mi dispensi, 46.43.6 che possi, sciolto ch' ella avrà i legami 46.43.7 che son del matrimonio ora fra voi, 46.43.8 per legitima moglie averla io poi. 46.44.1 Non che di lei, ma restar privo voglio 46.44.2 di ciò c' ho al mondo, e de la vita appresso, 46.44.3 prima che s' oda mai ch' abbia cordoglio 46.44.4 per mia cagion tal cavalliero oppresso. 46.44.5 De la tua difidenzia ben mi doglio; 46.44.6 che tu che puoi, non men che di te stesso, 46.44.7 di me dispor, più tosto abbi voluto 46.44.8 morir di duol, che da me avere aiuto. -- 46.45.1 Queste parole et altre suggiungendo, 46.45.2 che tutte saria lungo riferire, 46.45.3 e sempre le ragion redarguendo, 46.45.4 ch' in contrario Ruggier gli potea dire; 46.45.5 fe' tanto, ch' al fin disse: -- Io mi ti rendo, 46.45.6 e contento sarò di non morire. 46.45.7 Ma quando ti sciorrò l' obligo mai, 46.45.8 che due volte la vita dato m' hai? -- 46.46.1 Cibo soave e precïoso vino 46.46.2 Melissa ivi portar fece in un tratto; 46.46.3 e confortò Ruggier, ch' era vicino, 46.46.4 non s' aiutando, a rimaner disfatto. 46.46.5 Sentito in questo tempo avea Frontino 46.46.6 cavalli quivi, e v' era accorso ratto. 46.46.7 Leon pigliar da li scudieri suoi 46.46.8 lo fe' e sellare, et a Ruggier dar poi; 46.47.1 il qual con gran fatica, ancor ch' aiuto 46.47.2 avesse da Leon, sopra vi salse: 46.47.3 così quel vigor manco era venuto, 46.47.4 che pochi giorni inanzi in modo valse, 46.47.5 che vincer tutto un campo avea potuto, 46.47.6 e far quel che fe' poi con l' arme false. 46.47.7 Quindi partiti, giunser, che più via 46.47.8 non fêr di mezza lega, a una badia: 46.48.1 ove posaro il resto di quel giorno, 46.48.2 e l' altro appresso, e l' altro tutto intero, 46.48.3 tanto che 'l cavallier dal lïocorno 46.48.4 tornato fu nel suo vigor primiero. 46.48.5 Poi con Melissa e con Leon ritorno 46.48.6 alla città real fece Ruggiero, 46.48.7 e vi trovò che la passata sera 46.48.8 l' imbasciaria de' Bulgari giunt' era. 46.49.1 Che quella nazïon, la qual s' avea 46.49.2 Ruggiero eletto re, quivi a chiamarlo 46.49.3 mandava questi suoi, che si credea 46.49.4 d' averlo in Francia appresso al magno Carlo: 46.49.5 perché giurargli fedeltà volea, 46.49.6 e dar di sé dominio, e coronarlo. 46.49.7 Lo scudier di Ruggier, che si ritrova 46.49.8 con questa gente, ha di lui dato nuova. 46.50.1 De la battaglia ha detto, ch' in favore 46.50.2 de' Bulgari a Belgrado egli avea fatta, 46.50.3 ove Leon col padre imperatore 46.50.4 vinto, e sua gente avea morta e disfatta; 46.50.5 e per questo l' avean fatto signore, 46.50.6 messo da parte ogni uomo di sua schiatta: 46.50.7 e come a Novengrado era poi stato 46.50.8 preso da Ungiardo, e a Teodora dato: 46.51.1 e che venuta era la nuova certa, 46.51.2 che 'l suo guardian s' era trovato ucciso, 46.51.3 e lui fuggito, e la prigione aperta: 46.51.4 che poi ne fosse, non v' era altro avviso. 46.51.5 Entrò Ruggier per via molto coperta 46.51.6 ne la città, né fu veduto in viso. 46.51.7 La seguente mattina egli e 'l compagno 46.51.8 Leone appresentossi a Carlo Magno. 46.52.1 S' appresentò Ruggier con l' augel d' oro 46.52.2 che nel campo vermiglio avea due teste, 46.52.3 e come disegnato era fra loro, 46.52.4 con le medesme insegne e sopraveste 46.52.5 che, come dianzi ne la pugna fôro, 46.52.6 eran tagliate ancor, forate e peste; 46.52.7 sì che tosto per quel fu conosciuto, 46.52.8 ch' avea con Bradamante combattuto. 46.53.1 Con ricche vesti e regalmente ornato 46.53.2 Leon senz' arme a par con lui venìa; 46.53.3 e dinanzi e di dietro e d' ogni lato 46.53.4 avea onorata e degna compagnia. 46.53.5 A Carlo s' inchinò, che già levato 46.53.6 se gli era incontra; e avendo tuttavia 46.53.7 Ruggier per man, nel qual intente e fisse 46.53.8 ognuno avea le luci, così disse: 46.54.1 -- Questo è il buon cavalliero il qual difeso 46.54.2 s' è dal nascer del giorno al giorno estinto; 46.54.3 e poi che Bradamante o morto o preso 46.54.4 o fuor non l' ha de lo steccato spinto, 46.54.5 magnanimo signor, se bene inteso 46.54.6 ha il vostro bando, è certo d' aver vinto, 46.54.7 e d' aver lei per moglie guadagnata; 46.54.8 e così viene, acciò che gli sia data. 46.55.1 Oltre che di ragion, per lo tenore 46.55.2 del bando, non v' ha altr' uom da far disegno: 46.55.3 se s' ha da meritarla per valore, 46.55.4 qual cavallier più di costui n' è degno? 46.55.5 s' aver la dee chi più le porta amore, 46.55.6 non è chi 'l passi o ch' arrivi al suo segno. 46.55.7 Et è qui presto contra a chi s' oppone, 46.55.8 per difender con l' arme sua ragione. -- 46.56.1 Carlo e tutta la corte stupefatta, 46.56.2 questo udendo, restò; ch' avea creduto 46.56.3 che Leon la battaglia avesse fatta, 46.56.4 non questo cavallier non conosciuto. 46.56.5 Marfisa, che con gli altri quivi tratta 46.56.6 s' era ad udire, e ch' a pena potuto 46.56.7 avea tacer fin che Leon finisse 46.56.8 il suo parlar, si fece inanzi e disse: 46.57.1 -- Poi che non c' è Ruggier, che la contesa 46.57.2 de la moglier fra sé e costui discioglia; 46.57.3 acciò per mancamento di difesa 46.57.4 così senza rumor non se gli toglia, 46.57.5 io che gli son sorella, questa impresa 46.57.6 piglio contra a ciascun, sia chi si voglia, 46.57.7 che dica aver ragione in Bradamante, 46.57.8 o di merto a Ruggiero andare inante. -- 46.58.1 E con tant' ira e tanto sdegno espresse 46.58.2 questo parlar, che molti ebber sospetto, 46.58.3 che senza attender Carlo che le desse 46.58.4 campo, ella avesse a far quivi l' effetto. 46.58.5 Or non parve a Leon che più dovesse 46.58.6 Ruggier celarsi, e gli cavò l' elmetto; 46.58.7 e rivolto a Marfisa: -- Ecco lui pronto 46.58.8 a rendervi di sé (disse) buon conto. -- 46.59.1 Quale il canuto Egeo rimase, quando 46.59.2 si fu alla mensa scelerata accorto 46.59.3 che quello era il suo figlio, al quale, instando 46.59.4 l' iniqua moglie, avea il veneno pòrto; 46.59.5 e poco più che fosse ito indugiando 46.59.6 di conoscer la spada, l' avria morto: 46.59.7 tal fu Marfisa, quando il cavalliero 46.59.8 ch' odiato avea, conobbe esser Ruggiero. 46.60.1 E corse senza indugio ad abbracciarlo, 46.60.2 né dispiccar se gli sapea dal collo. 46.60.3 Rinaldo, Orlando, e di lor prima Carlo 46.60.4 di qua e di là con grand' amor baciollo. 46.60.5 Né Dudon né Olivier d' accarezzarlo, 46.60.6 né 'l re Sobrin si può veder satollo. 46.60.7 Dei paladini e dei baron nessuno 46.60.8 di far festa a Ruggier restò digiuno. 46.61.1 Leone, il qual sapea molto ben dire, 46.61.2 finiti che si fur gli abbracciamenti, 46.61.3 cominciò inanzi a Carlo a riferire, 46.61.4 udendo tutti quei ch' eran presenti, 46.61.5 come la gagliardia, come l' ardire 46.61.6 (ancor che con gran danno di sue genti) 46.61.7 di Ruggier, ch' a Belgrado avea veduto, 46.61.8 più d' ogni offesa avea di sé potuto; 46.62.1 sì ch' essendo dipoi preso e condutto 46.62.2 a colei ch' ogni strazio n' avria fatto, 46.62.3 di prigione egli, mal grado di tutto 46.62.4 il parentado suo, l' aveva tratto; 46.62.5 e come il buon Ruggier, per render frutto 46.62.6 e mercede a Leon del suo riscatto, 46.62.7 fe' l' alta cortesia che sempre a quante 46.62.8 ne furo o saran mai, passarà inante. 46.63.1 E seguendo narrò di punto in punto 46.63.2 ciò che per lui fatto Ruggiero avea; 46.63.3 e come poi da gran dolor compunto, 46.63.4 che di lasciar la moglie gli premea, 46.63.5 s' era disposto di morire; e giunto 46.63.6 v' era vicin, se non si soccorrea. 46.63.7 E con sì dolci affetti il tutto espresse, 46.63.8 che quivi occhio non fu ch' asciutto stesse. 46.64.1 Rivolse poi con sì efficaci preghi 46.64.2 le sue parole all' ostinato Amone, 46.64.3 che non sol che lo muova, che lo pieghi, 46.64.4 che lo faccia mutar d' opinïone; 46.64.5 ma fa ch' egli in persona andar non nieghi 46.64.6 a supplicar Ruggier che gli perdone, 46.64.7 e per padre e per suocero l' accette: 46.64.8 e così Bradamante gli promette. 46.65.1 A cui là dove, de la vita in forse, 46.65.2 piangea i suoi casi in camera segreta, 46.65.3 con lieti gridi in molta fretta corse 46.65.4 per più d' un messo la novella lieta: 46.65.5 onde il sangue ch' al cor, quando lo morse 46.65.6 prima il dolor, fu tratto da la pieta, 46.65.7 a questo annunzio il lasciò solo in guisa, 46.65.8 che quasi il gaudio ha la donzella uccisa. 46.66.1 Ella riman d' ogni vigor sì vòta, 46.66.2 che di tenersi in piè non ha balìa; 46.66.3 ben che di quella forza ch' esser nota 46.66.4 vi debbe, e di quel grande animo sia. 46.66.5 Non più di lei, chi a ceppo, a laccio, a ruota 46.66.6 sia condannato o ad altra morte ria, 46.66.7 e che già agli occhi abbia la benda negra, 46.66.8 gridar sentendo grazia, si rallegra. 46.67.1 Si rallegra Mongrana e Chiaramonte, 46.67.2 di nuovo nodo i dui raggiunti rami: 46.67.3 altretanto si duol Gano col conte 46.67.4 Anselmo, e con Falcon, Gini e Ginami; 46.67.5 ma pur coprendo sotto un' altra fronte 46.67.6 van lor pensieri invidïosi e grami; 46.67.7 e occasïone attendon di vendetta, 46.67.8 come la volpe al varco il lepre aspetta. 46.68.1 Oltre che già Rinaldo e Orlando ucciso 46.68.2 molti in più volte avean di quei malvagi; 46.68.3 ben che l' ingiurie fur con saggio avviso 46.68.4 dal re acchetate, et i commun disagi; 46.68.5 avea di nuovo lor levato il riso 46.68.6 l' ucciso Pinabello e Bertolagi: 46.68.7 ma pur la fellonia tenean coperta, 46.68.8 dissimulando aver la cosa certa. 46.69.1 Gli imbasciatori bulgari che in corte 46.69.2 di Carlo eran venuti, come ho detto, 46.69.3 con speme di trovare il guerrier forte 46.69.4 del lïocorno, al regno loro eletto; 46.69.5 sentendol quivi, chiamâr buona sorte 46.69.6 la lor, che dato avea alla speme effetto; 46.69.7 e riverenti ai piè se gli gittaro, 46.69.8 e che tornassi in Bulgheria il pregaro; 46.70.1 ove in Adrïanopoli servato 46.70.2 gli era lo scettro e la real corona: 46.70.3 ma venga egli a difendersi lo stato; 46.70.4 ch' a danni lor di nuovo si ragiona 46.70.5 che più numer di gente apparecchiato 46.70.6 ha Costantino, e torna anco in persona: 46.70.7 et essi, se 'l suo re ponno aver seco, 46.70.8 speran di tôrre a lui l' imperio greco. 46.71.1 Ruggiero accettò il regno, e non contese 46.71.2 ai preghi loro, e in Bulgheria promesse 46.71.3 di ritrovarsi dopo il terzo mese, 46.71.4 quando Fortuna altro di lui non fêsse. 46.71.5 Leone Augusto che la cosa intese, 46.71.6 disse a Ruggier, ch' alla sua fede stesse, 46.71.7 che, poi ch' egli de' Bulgari ha il domìno, 46.71.8 la pace è tra lor fatta e Costantino: 46.72.1 né da partir di Francia s' avrà in fretta, 46.72.2 per esser capitan de le sue squadre; 46.72.3 che d' ogni terra ch' abbiano suggetta, 46.72.4 far la rinunzia gli farà dal padre. 46.72.5 Non è virtù che di Ruggier sia detta, 46.72.6 ch' a muover sì l' ambizïosa madre 46.72.7 di Bradamante, e far che 'l genero ami, 46.72.8 vaglia, come ora udir, che re si chiami. 46.73.1 Fansi le nozze splendide e reali, 46.73.2 convenïenti a chi cura ne piglia: 46.73.3 Carlo ne piglia cura, e le fa quali 46.73.4 farebbe, maritando una sua figlia. 46.73.5 I merti de la donna erano tali, 46.73.6 oltre a quelli di tutta sua famiglia, 46.73.7 ch' a quel signor non parria uscir del segno, 46.73.8 se spendesse per lei mezzo il suo regno. 46.74.1 Libera corte fa bandire intorno, 46.74.2 ove sicuro ognun possa venire; 46.74.3 e campo franco sin al nono giorno 46.74.4 concede a chi contese ha da partire. 46.74.5 Fe' alla campagna l' apparato adorno 46.74.6 di rami intesti e di bei fiori ordire, 46.74.7 d' oro e di seta poi, tanto giocondo, 46.74.8 che 'l più bel luogo mai non fu nel mondo. 46.75.1 Dentro a Parigi non sariano state 46.75.2 l' innumerabil genti peregrine, 46.75.3 povare e ricche e d' ogni qualitate, 46.75.4 che v' eran, greche, barbare e latine. 46.75.5 Tanti signori, e imbascierie mandate 46.75.6 di tutto 'l mondo, non aveano fine: 46.75.7 erano in padiglion, tende e frascati 46.75.8 con gran commodità tutti alloggiati. 46.76.1 Con eccellente e singulare ornato 46.76.2 la notte inanzi avea Melissa maga 46.76.3 il maritale albergo apparecchiato, 46.76.4 di ch' era stata già gran tempo vaga. 46.76.5 Già molto tempo inanzi desïato 46.76.6 questa copula avea quella presaga: 46.76.7 de l' avvenir presaga, sapea quanta 46.76.8 bontade uscir dovea da la lor pianta. 46.77.1 Posto avea il genïal letto fecondo 46.77.2 in mezzo un padiglione amplo e capace, 46.77.3 il più ricco, il più ornato, il più giocondo 46.77.4 che già mai fosse o per guerra o per pace, 46.77.5 o prima o dopo, teso in tutto 'l mondo; 46.77.6 e tolto ella l' avea dal lito trace: 46.77.7 l' avea di sopra a Costantin levato, 46.77.8 ch' a diporto sul mar s' era attendato. 46.78.1 Melissa di consenso di Leone, 46.78.2 o più tosto per dargli maraviglia, 46.78.3 e mostrargli de l' arte paragone, 46.78.4 ch' al gran vermo infernal mette la briglia, 46.78.5 e che di lui, come a lei par, dispone, 46.78.6 e de la a Dio nimica empia famiglia; 46.78.7 fe' da Costantinopoli a Parigi 46.78.8 portare il padiglion dai messi stigi. 46.79.1 Di sopra a Costantin ch' avea l' impero 46.79.2 di Grecia, lo levò da mezzo giorno, 46.79.3 con le corde e col fusto, e con l' intero 46.79.4 guernimento ch' avea dentro e d' intorno: 46.79.5 lo fe' portar per l' aria, e di Ruggiero 46.79.6 quivi lo fece alloggiamento adorno. 46.79.7 Poi, finite le nozze, anco tornollo 46.79.8 miraculosamente onde levollo. 46.80.1 Eran degli anni appresso che duo milia 46.80.2 che fu quel ricco padiglion trapunto. 46.80.3 Una donzella de la terra d' Ilia, 46.80.4 ch' avea il furor profetico congiunto, 46.80.5 con studio di gran tempo e con vigilia 46.80.6 lo fece di sua man di tutto punto. 46.80.7 Cassandra fu nomata, et al fratello 46.80.8 inclito Ettòr fece un bel don di quello. 46.81.1 Il più cortese cavallier che mai 46.81.2 dovea del ceppo uscir del suo germano 46.81.3 (ben che sapea, da la radice assai 46.81.4 che quel per molti rami era lontano) 46.81.5 ritratto avea nei bei ricami gai 46.81.6 d' oro e di varia seta, di sua mano. 46.81.7 L' ebbe, mentre che visse, Ettorre in pregio 46.81.8 per chi lo fece, e pel lavoro egregio. 46.82.1 Ma poi ch' a tradimento ebbe la morte, 46.82.2 e fu 'l popul troian da' Greci afflitto; 46.82.3 che Sinon falso aperse lor le porte, 46.82.4 e peggio seguitò, che non è scritto; 46.82.5 Menelao ebbe il padiglione in sorte, 46.82.6 col quale a capitar venne in Egitto, 46.82.7 ove al re Proteo lo lasciò, se vòlse 46.82.8 la moglie aver, che quel tiràn gli tolse. 46.83.1 Elena nominata era colei 46.83.2 per cui lo padiglione a Proteo diede; 46.83.3 che poi successe in man de' Tolomei, 46.83.4 tanto che Cleopatra ne fu erede. 46.83.5 Da le genti d' Agrippa tolto a lei 46.83.6 nel mar Leucadio fu con altre prede: 46.83.7 in man d' Augusto e di Tiberio venne, 46.83.8 e in Roma sin a Costantin si tenne; 46.84.1 quel Costantin di cui doler si debbe 46.84.2 la bella Italia, fin che giri il cielo. 46.84.3 Costantin, poi che 'l Tevero gl' increbbe, 46.84.4 portò in Bisanzio il prezïoso velo: 46.84.5 da un altro Costantin Melissa l' ebbe. 46.84.6 Oro le corde, avorio era lo stelo; 46.84.7 tutto trapunto con figure belle, 46.84.8 più che mai con pennel facesse Apelle. 46.85.1 Quivi le Grazie in abito giocondo 46.85.2 una regina aiutavano al parto: 46.85.3 sì bello infante n' apparia, che 'l mondo 46.85.4 non ebbe un tal dal secol primo al quarto. 46.85.5 Vedeasi Iove, e Mercurio facondo, 46.85.6 Venere e Marte, che l' aveano sparto 46.85.7 a man piene e spargean d' eterei fiori, 46.85.8 di dolce ambrosia e di celesti odori. 46.86.1 Ippolito diceva una scrittura 46.86.2 sopra le fasce in lettere minute. 46.86.3 In età poi più ferma l' Aventura 46.86.4 l' avea per mano, e inanzi era Virtute. 46.86.5 Mostrava nòve genti la pittura 46.86.6 con veste e chiome lunghe, che venute 46.86.7 a domandar da parte di Corvino 46.86.8 erano al padre il tenero bambino. 46.87.1 Da Ercole partirsi riverente 46.87.2 si vede, e da la madre Leonora; 46.87.3 e venir sul Danubio, ove la gente 46.87.4 corre a vederlo, e come un dio l' adora. 46.87.5 Vedesi il re degli Ungari prudente, 46.87.6 che 'l maturo sapere ammira e onora 46.87.7 in non matura età tenera e molle, 46.87.8 e sopra tutti i suoi baron l' estolle. 46.88.1 V' è che negli infantili e teneri anni 46.88.2 lo scettro di Strigonia in man gli pone: 46.88.3 sempre il fanciullo se gli vede a' panni, 46.88.4 sia nel palagio, sia nel padiglione: 46.88.5 o contra Turchi, o contra gli Alemanni 46.88.6 quel re possente faccia espedizione, 46.88.7 Ippolito gli è appresso, e fiso attende 46.88.8 a' magnanimi gesti, e virtù apprende. 46.89.1 Quivi si vede, come il fior dispensi 46.89.2 de' suoi primi anni in disciplina et arte. 46.89.3 Fusco gli è appresso, che gli occulti sensi 46.89.4 chiari gli espone de l' antiche carte. 46.89.5 -- Questo schivar, questo seguir conviensi, 46.89.6 se immortal brami e glorïoso farte, -- 46.89.7 par che gli dica: così avea ben finti 46.89.8 i gesti lor chi già gli avea dipinti. 46.90.1 Poi cardinale appar, ma giovinetto, 46.90.2 sedere in Vaticano a consistoro, 46.90.3 e con facondia aprir l' alto intelletto, 46.90.4 e far di sé stupir tutto quel coro. 46.90.5 -- Qual fia dunque costui d' età perfetto? 46.90.6 (parean con maraviglia dir tra loro). 46.90.7 Oh se di Pietro mai gli tocca il manto, 46.90.8 che fortunata età! che secol santo! -- 46.91.1 In altra parte i liberali spassi 46.91.2 erano e i giuochi del giovene illustre. 46.91.3 Or gli orsi affronta sugli alpini sassi, 46.91.4 ora i cingiali in valle ima e palustre: 46.91.5 or s' un gianetto par che 'l vento passi, 46.91.6 seguendo o caprio o cerva multilustre, 46.91.7 che giunta par che bipartita cada 46.91.8 in parti uguali a un sol colpo di spada. 46.92.1 Di filosofi altrove e di poeti 46.92.2 si vede in mezzo un' onorata squadra. 46.92.3 Quel gli dipinge il corso de' pianeti, 46.92.4 questi la terra, quello il ciel gli squadra: 46.92.5 questi meste elegie, quel versi lieti, 46.92.6 quel canta eroici, o qualche oda leggiadra. 46.92.7 Musici ascolta, e varii suoni altrove; 46.92.8 né senza somma grazia un passo muove. 46.93.1 In questa prima parte era dipinta 46.93.2 del sublime garzon la puerizia. 46.93.3 Cassandra l' altra avea tutta distinta 46.93.4 di gesti di prudenzia, di iustizia, 46.93.5 di valor, di modestia, e de la quinta 46.93.6 che tien con lor strettissima amicizia, 46.93.7 dico de la virtù che dona e spende; 46.93.8 de le qual tutte illuminato splende. 46.94.1 In questa parte il giovene si vede 46.94.2 col duca sfortunato degl' Insubri, 46.94.3 ch' ora in pace a consiglio con lui siede, 46.94.4 or armato con lui spiega i colubri; 46.94.5 e sempre par d' una medesma fede, 46.94.6 o ne' felici tempi o nei lugubri: 46.94.7 ne la fuga lo segue, lo conforta 46.94.8 ne l' afflizion, gli è nel periglio scorta. 46.95.1 Si vede altrove, a gran pensieri intento 46.95.2 per salute d' Alfonso e di Ferrara, 46.95.3 che va cercando per strano argumento, 46.95.4 e trova, e fa veder per cosa chiara 46.95.5 al giustissimo frate il tradimento 46.95.6 che gli usa la famiglia sua più cara: 46.95.7 e per questo si fa del nome erede, 46.95.8 che Roma a Ciceron libera diede. 46.96.1 Vedesi altrove in arme relucente, 46.96.2 ch' ad aiutar la Chiesa in fretta corre; 46.96.3 e con tumultuaria e poca gente 46.96.4 a un esercito instrutto si va opporre; 46.96.5 e solo il ritrovarsi egli presente 46.96.6 tanto agli Ecclesïastici soccorre, 46.96.7 che 'l fuoco estingue pria ch' arder comince: 46.96.8 sì che può dir, che viene e vede e vince. 46.97.1 Vedesi altrove da la patria riva 46.97.2 pugnar incontra la più forte armata, 46.97.3 che contra Turchi o contra gente argiva 46.97.4 da' Veneziani mai fosse mandata: 46.97.5 la rompe e vince, et al fratel captiva 46.97.6 con la gran preda l' ha tutta donata; 46.97.7 né per sé vedi altro serbarsi lui, 46.97.8 che l' onor sol, che non può dare altrui. 46.98.1 Le donne e i cavallier mirano fisi, 46.98.2 senza trarne construtto, le figure; 46.98.3 perché non hanno appresso che gli avvisi 46.98.4 che tutte quelle sien cose future. 46.98.5 Prendon piacere a riguardare i visi 46.98.6 belli e ben fatti, e legger le scritture. 46.98.7 Sol Bradamante da Melissa instrutta 46.98.8 gode tra sé; che sa l' istoria tutta. 46.99.1 Ruggiero, ancor ch' a par di Bradamante 46.99.2 non ne sia dotto, pur gli torna a mente 46.99.3 che fra i nipoti suoi gli solea Atlante 46.99.4 commendar questo Ippolito sovente. 46.99.5 Chi potria in versi a pieno dir le tante 46.99.6 cortesie che fa Carlo ad ogni gente? 46.99.7 Di varii giochi è sempre festa grande, 46.99.8 e la mensa ognor piena di vivande. 46.100.1 Vedesi quivi chi è buon cavalliero; 46.100.2 che vi son mille lancie il giorno rotte: 46.100.3 fansi battaglie a piedi et a destriero, 46.100.4 altre accoppiate, altre confuse in frotte. 46.100.5 Più degli altri valor mostra Ruggiero, 46.100.6 che vince sempre, e giostra il dì e la notte; 46.100.7 e così in danza, in lotta et in ogni opra 46.100.8 sempre con molto onor resta di sopra. 46.101.1 L' ultimo dì, ne l' ora che 'l solenne 46.101.2 convito era a gran festa incominciato; 46.101.3 che Carlo a man sinistra Ruggier tenne, 46.101.4 e Bradamante avea dal destro lato; 46.101.5 di verso la campagna in fretta venne 46.101.6 contra le mense un cavalliero armato, 46.101.7 tutto coperto egli e 'l destrier di nero, 46.101.8 di gran persona, e di sembiante altiero. 46.102.1 Quest' era il re d' Algier, che per lo scorno 46.102.2 che gli fe' sopra il ponte la donzella, 46.102.3 giurato avea di non porsi arme intorno, 46.102.4 né stringer spada, né montare in sella, 46.102.5 fin che non fosse un anno, un mese e un giorno 46.102.6 stato, come eremita, entro una cella. 46.102.7 Così a quel tempo solean per se stessi 46.102.8 punirsi i cavallier di tali eccessi. 46.103.1 Se ben di Carlo in questo mezzo intese 46.103.2 e del re suo signore ogni successo; 46.103.3 per non disdirsi, non più l' arme prese, 46.103.4 che se non pertenesse il fatto ad esso. 46.103.5 Ma poi che tutto l' anno e tutto 'l mese 46.103.6 vede finito, e tutto 'l giorno appresso, 46.103.7 con nuove arme e cavallo e spada e lancia 46.103.8 alla corte or ne vien quivi di Francia. 46.104.1 Senza smontar, senza chinar la testa, 46.104.2 e senza segno alcun di riverenzia, 46.104.3 mostra Carlo sprezzar con la sua gesta, 46.104.4 e de tanti signor l' alta presenzia. 46.104.5 Maraviglioso e attonito ognun resta, 46.104.6 che si pigli costui tanta licenzia. 46.104.7 Lasciano i cibi e lascian le parole 46.104.8 per ascoltar ciò che 'l guerrier dir vuole. 46.105.1 Poi che fu a Carlo et a Ruggiero a fronte, 46.105.2 con alta voce et orgoglioso grido: 46.105.3 -- Son (disse) il re di Sarza, Rodomonte, 46.105.4 che te, Ruggiero, alla battaglia sfido; 46.105.5 e qui ti vo', prima che 'l sol tramonte, 46.105.6 provar ch' al tuo signor sei stato infido; 46.105.7 e che non merti, che sei traditore, 46.105.8 fra questi cavallieri alcuno onore. 46.106.1 Ben che tua fellonia si vegga aperta, 46.106.2 perché essendo cristian non pòi negarla; 46.106.3 pur per farla apparere anco più certa, 46.106.4 in questo campo vengoti a provarla: 46.106.5 e se persona hai qui che faccia offerta 46.106.6 di combatter per te, voglio accettarla. 46.106.7 Se non basta una, e quattro e sei n' accetto; 46.106.8 e a tutte manterrò quel ch' io t' ho detto. -- 46.107.1 Ruggiero a quel parlar ritto levosse, 46.107.2 e con licenzia rispose di Carlo, 46.107.3 che mentiva egli, e qualunqu' altro fosse, 46.107.4 che traditor volesse nominarlo; 46.107.5 che sempre col suo re così portosse, 46.107.6 che giustamente alcun non può biasmarlo; 46.107.7 e ch' era apparecchiato sostenere 46.107.8 che verso lui fe' sempre il suo dovere: 46.108.1 e ch' a difender la sua causa era atto, 46.108.2 senza tôrre in aiuto suo veruno; 46.108.3 e che sperava di mostrargli in fatto, 46.108.4 ch' assai n' avrebbe e forse troppo d' uno. 46.108.5 Quivi Rinaldo, quivi Orlando tratto, 46.108.6 quivi il marchese, e 'l figlio bianco e 'l bruno, 46.108.7 Dudon, Marfisa, contra il pagan fiero 46.108.8 s' eran per la difesa di Ruggiero; 46.109.1 mostrando ch' essendo egli nuovo sposo, 46.109.2 non dovea conturbar le proprie nozze. 46.109.3 Ruggier rispose lor: -- State in riposo; 46.109.4 che per me fôran queste scuse sozze. -- 46.109.5 L' arme che tolse al Tartaro famoso, 46.109.6 vennero, e fur tutte le lunghe mozze. 46.109.7 Gli sproni il conte Orlando a Ruggier strinse, 46.109.8 e Carlo al fianco la spada gli cinse. 46.110.1 Bradamante e Marfisa la corazza 46.110.2 posta gli aveano, e tutto l' altro arnese. 46.110.3 Tenne Astolfo il destrier di buona razza, 46.110.4 tenne la staffa il figlio del Danese. 46.110.5 Feron d' intorno far subito piazza 46.110.6 Rinaldo, Namo et Olivier marchese: 46.110.7 cacciaro in fretta ognun de lo steccato 46.110.8 a tal bisogni sempre apparecchiato. 46.111.1 Donne e donzelle con pallida faccia 46.111.2 timide a guisa di columbe stanno, 46.111.3 che da' granosi paschi ai nidi caccia 46.111.4 rabbia de' venti che fremendo vanno 46.111.5 con tuoni e lampi, e 'l nero aer minaccia 46.111.6 grandine e pioggia, e a' campi strage e danno: 46.111.7 timide stanno per Ruggier; che male 46.111.8 a quel fiero pagan lor parea uguale. 46.112.1 Così a tutta la plebe e alla più parte 46.112.2 dei cavallieri e dei baron parea; 46.112.3 che di memoria ancor lor non si parte 46.112.4 quel ch' in Parigi il pagan fatto avea; 46.112.5 che, solo, a ferro e a fuoco una gran parte 46.112.6 n' avea distrutta, e ancor vi rimanea, 46.112.7 e rimarrà per molti giorni il segno: 46.112.8 né maggior danno altronde ebbe quel regno. 46.113.1 Tremava, più ch' a tutti gli altri, il core 46.113.2 a Bradamante; non ch' ella credesse 46.113.3 che 'l Saracin di forza, e del valore 46.113.4 che vien dal cor, più di Ruggier potesse; 46.113.5 né che ragion, che spesso dà l' onore 46.113.6 a chi l' ha seco, Rodomonte avesse: 46.113.7 pur stare ella non può senza sospetto; 46.113.8 che di temere, amando, ha degno effetto. 46.114.1 Oh quanto volentier sopra sé tolta 46.114.2 l' impresa avria di quella pugna incerta, 46.114.3 ancor che rimaner di vita sciolta 46.114.4 per quella fosse stata più che certa! 46.114.5 Avria eletto a morir più d' una volta, 46.114.6 se può più d' una morte esser sofferta, 46.114.7 più tosto che patir che 'l suo consorte 46.114.8 si ponesse a pericol de la morte. 46.115.1 Ma non sa ritrovar priego che vaglia, 46.115.2 perché Ruggiero a lei l' impresa lassi. 46.115.3 A riguardare adunque la battaglia 46.115.4 con mesto viso e cor trepido stassi. 46.115.5 Quinci Ruggier, quindi il pagan si scaglia, 46.115.6 e vengonsi a trovar coi ferri bassi. 46.115.7 Le lancie all' incontrar parver di gielo; 46.115.8 i tronchi, augelli a salir verso il cielo. 46.116.1 La lancia del pagan, che venne a côrre 46.116.2 lo scudo a mezzo, fe' debole effetto: 46.116.3 tanto l' acciar, che pel famoso Ettorre 46.116.4 temprato avea Vulcano, era perfetto. 46.116.5 Ruggier la lancia parimente a porre 46.116.6 gli andò allo scudo, e gliele passò netto; 46.116.7 tutto che fosse appresso un palmo grosso, 46.116.8 dentro e di fuor d' acciaro, e in mezzo d' osso. 46.117.1 E se non che la lancia non sostenne 46.117.2 il grave scontro, e mancò al primo assalto, 46.117.3 e rotta in scheggie e in tronchi aver le penne 46.117.4 parve per l' aria, tanto volò in alto; 46.117.5 l' osbergo apria (sì furïosa venne), 46.117.6 se fosse stato adamantino smalto, 46.117.7 e finia la battaglia; ma si roppe: 46.117.8 posero in terra ambi i destrier le groppe. 46.118.1 Con briglia e sproni i cavallieri instando, 46.118.2 risalir feron subito i destrieri; 46.118.3 e donde gittâr l' aste, preso il brando, 46.118.4 si tornaro a ferir crudeli e fieri: 46.118.5 di qua di là con maestria girando 46.118.6 gli animosi cavalli atti e leggieri, 46.118.7 con le pungenti spade incominciaro 46.118.8 a tentar dove il ferro era più raro. 46.119.1 Non si trovò lo scoglio del serpente, 46.119.2 che fu sì duro, al petto Rodomonte, 46.119.3 né di Nembrotte la spada tagliente, 46.119.4 né 'l solito elmo ebbe quel dì alla fronte; 46.119.5 che l' usate arme, quando fu perdente 46.119.6 contra la donna di Dordona al ponte, 46.119.7 lasciato avea sospese ai sacri marmi, 46.119.8 come di sopra avervi detto parmi. 46.120.1 Egli avea un' altra assai buona armatura, 46.120.2 non come era la prima già perfetta: 46.120.3 ma né questa né quella né più dura 46.120.4 a Balisarda si sarebbe retta; 46.120.5 a cui non osta incanto né fattura, 46.120.6 né finezza d' acciar né tempra eletta. 46.120.7 Ruggier di qua di là sì ben lavora, 46.120.8 ch' al pagan l' arme in più d' un loco fora. 46.121.1 Quando si vide in tante parti rosse 46.121.2 il pagan l' arme, e non poter schivare 46.121.3 che la più parte di quelle percosse 46.121.4 non gli andasse la carne a ritrovare; 46.121.5 a maggior rabbia, a più furor si mosse, 46.121.6 ch' a mezzo il verno il tempestoso mare: 46.121.7 getta lo scudo, e a tutto suo potere 46.121.8 su l' elmo di Ruggiero a due man fere. 46.122.1 Con quella estrema forza che percuote 46.122.2 la machina ch' in Po sta su due navi, 46.122.3 e levata con uomini e con ruote 46.122.4 cader si lascia su le aguzze travi; 46.122.5 fere il pagan Ruggier, quanto più puote, 46.122.6 con ambe man sopra ogni peso gravi: 46.122.7 giova l' elmo incantato; che senza esso, 46.122.8 lui col cavallo avria in un colpo fesso. 46.123.1 Ruggiero andò due volte a capo chino, 46.123.2 e per cadere e braccia e gambe aperse. 46.123.3 Raddoppia il fiero colpo il Saracino, 46.123.4 che quel non abbia tempo a rïaverse: 46.123.5 poi vien col terzo ancor; ma il brando fino 46.123.6 sì lungo martellar più non sofferse; 46.123.7 che volò in pezzi, et al crudel pagano 46.123.8 disarmata lasciò di sé la mano. 46.124.1 Rodomonte per questo non s' arresta, 46.124.2 ma s' aventa a Ruggier che nulla sente; 46.124.3 in tal modo intronata avea la testa, 46.124.4 in tal modo offuscata avea la mente. 46.124.5 Ma ben dal sonno il Saracin lo desta: 46.124.6 gli cinge il collo col braccio possente; 46.124.7 e con tal nodo e tanta forza afferra, 46.124.8 che de l' arcion lo svelle, e caccia in terra. 46.125.1 Non fu in terra sì tosto, che risorse, 46.125.2 via più che d' ira, di vergogna pieno; 46.125.3 però che a Bradamante gli occhi torse, 46.125.4 e turbar vide il bel viso sereno. 46.125.5 Ella al cader di lui rimase in forse, 46.125.6 e fu la vita sua per venir meno. 46.125.7 Ruggiero ad emendar presto quell' onta, 46.125.8 stringe la spada, e col pagan s' affronta. 46.126.1 Quel gli urta il destrier contra, ma Ruggiero 46.126.2 lo cansa accortamente, e si ritira, 46.126.3 e nel passare, al fren piglia il destriero 46.126.4 con la man manca, e intorno lo raggira; 46.126.5 e con la destra intanto al cavalliero 46.126.6 ferire il fianco o il ventre o il petto mira; 46.126.7 e di due punte fe' sentirgli angoscia, 46.126.8 l' una nel fianco, e l' altra ne la coscia. 46.127.1 Rodomonte, ch' in mano ancor tenea 46.127.2 il pome e l' elsa de la spada rotta, 46.127.3 Ruggier su l' elmo in guisa percotea, 46.127.4 che lo potea stordire all' altra botta. 46.127.5 Ma Ruggier ch' a ragion vincer dovea, 46.127.6 gli prese il braccio, e tirò tanto allotta, 46.127.7 aggiungendo alla destra l' altra mano, 46.127.8 che fuor di sella al fin trasse il pagano. 46.128.1 Sua forza o sua destrezza vuol che cada 46.128.2 il pagan sì, ch' a Ruggier resti al paro: 46.128.3 vo' dir che cadde in piè; che per la spada 46.128.4 Ruggiero averne il meglio giudicaro. 46.128.5 Ruggier cerca il pagan tenere a bada 46.128.6 lungi da sé, né di accostarsi ha caro: 46.128.7 per lui non fa lasciar venirsi adosso 46.128.8 un corpo così grande e così grosso. 46.129.1 E insanguinargli pur tuttavia il fianco 46.129.2 vede e la coscia e l' altre sue ferite. 46.129.3 Spera che venga a poco a poco manco, 46.129.4 sì che al fin gli abbia a dar vinta la lite. 46.129.5 L' elsa e 'l pome avea in mano il pagan anco, 46.129.6 e con tutte le forze insieme unite 46.129.7 da sé scagliolli, e sì Ruggier percosse, 46.129.8 che stordito ne fu più che mai fosse. 46.130.1 Ne la guancia de l' elmo, e ne la spalla 46.130.2 fu Ruggier colto, e sì quel colpo sente, 46.130.3 che tutto ne vacilla e ne traballa, 46.130.4 e ritto se sostien difficilmente. 46.130.5 Il pagan vuole entrar, ma il piè gli falla, 46.130.6 che per la coscia offesa era impotente: 46.130.7 e 'l volersi affrettar più del potere, 46.130.8 con un ginocchio in terra il fa cadere. 46.131.1 Ruggier non perde il tempo, e di grande urto 46.131.2 lo percuote nel petto e ne la faccia; 46.131.3 e sopra gli martella, e tien sì curto, 46.131.4 che con la mano in terra anco lo caccia. 46.131.5 Ma tanto fa il pagan, che gli è risurto; 46.131.6 si stringe con Ruggier sì, che l' abbraccia: 46.131.7 l' uno e l' altro s' aggira, e scuote e preme, 46.131.8 arte aggiungendo alle sue forze estreme. 46.132.1 Di forza a Rodomonte una gran parte 46.132.2 la coscia e 'l fianco aperto aveano tolto. 46.132.3 Ruggiero avea destrezza, avea grande arte, 46.132.4 era alla lotta esercitato molto: 46.132.5 sente il vantaggio suo, né se ne parte; 46.132.6 e donde il sangue uscir vede più sciolto, 46.132.7 e dove più ferito il pagan vede, 46.132.8 puon braccia e petto, e l' uno e l' altro piede. 46.133.1 Rodomonte pien d' ira e di dispetto 46.133.2 Ruggier nel collo e ne le spalle prende: 46.133.3 or lo tira, or lo spinge, or sopra il petto 46.133.4 sollevato da terra lo sospende, 46.133.5 quinci e quindi lo ruota, e lo tien stretto, 46.133.6 e per farlo cader molto contende. 46.133.7 Ruggier sta in sé raccolto, e mette in opra 46.133.8 senno e valor, per rimaner di sopra. 46.134.1 Tanto le prese andò mutando il franco 46.134.2 e buon Ruggier, che Rodomonte cinse: 46.134.3 calcògli il petto sul sinistro fianco, 46.134.4 e con tutta sua forza ivi lo strinse. 46.134.5 La gamba destra a un tempo inanzi al manco 46.134.6 ginocchio e all' altro attraversògli e spinse; 46.134.7 e da la terra in alto sollevollo, 46.134.8 e con la testa in giù steso tornollo. 46.135.1 Del capo e de le schene Rodomonte 46.135.2 la terra impresse; e tal fu la percossa, 46.135.3 che da le piaghe sue, come da fonte, 46.135.4 lungi andò il sangue a far la terra rossa. 46.135.5 Ruggier, c' ha la Fortuna per la fronte, 46.135.6 perché levarsi il Saracin non possa, 46.135.7 l' una man col pugnal gli ha sopra gli occhi, 46.135.8 l' altra alla gola, al ventre gli ha i ginocchi. 46.136.1 Come talvolta, ove si cava l' oro 46.136.2 là tra' Pannoni o ne le mine ibere, 46.136.3 se improvisa ruina su coloro 46.136.4 che vi condusse empia avarizia, fere, 46.136.5 ne restano sì oppressi, che può il loro 46.136.6 spirto a pena, onde uscire, adito avere: 46.136.7 così fu il Saracin non meno oppresso 46.136.8 dal vincitor, tosto ch' in terra messo. 46.137.1 Alla vista de l' elmo gli appresenta 46.137.2 la punta del pugnal ch' avea già tratto; 46.137.3 e che si renda, minacciando, tenta, 46.137.4 e di lasciarlo vivo gli fa patto. 46.137.5 Ma quel, che di morir manco paventa, 46.137.6 che di mostrar viltade a un minimo atto, 46.137.7 si torce e scuote, e per por lui di sotto 46.137.8 mette ogni suo vigor, né gli fa motto. 46.138.1 Come mastin sotto il feroce alano 46.138.2 che fissi i denti ne la gola gli abbia, 46.138.3 molto s' affanna e si dibatte invano 46.138.4 con occhi ardenti e con spumose labbia, 46.138.5 e non può uscire al predator di mano, 46.138.6 che vince di vigor, non già di rabbia: 46.138.7 così falla al pagano ogni pensiero 46.138.8 d' uscir di sotto al vincitor Ruggiero. 46.139.1 Pur si torce e dibatte sì, che viene 46.139.2 ad espedirsi col braccio migliore; 46.139.3 e con la destra man che 'l pugnal tiene, 46.139.4 che trasse anch' egli in quel contrasto fuore, 46.139.5 tenta ferir Ruggier sotto le rene: 46.139.6 ma il giovene s' accorse de l' errore 46.139.7 in che potea cader, per differire 46.139.8 di far quel empio Saracin morire. 46.140.1 E due e tre volte ne l' orribil fronte, 46.140.2 alzando, più ch' alzar si possa, il braccio, 46.140.3 il ferro del pugnale a Rodomonte 46.140.4 tutto nascose, e si levò d' impaccio. 46.140.5 Alle squalide ripe d' Acheronte, 46.140.6 sciolta dal corpo più freddo che giaccio, 46.140.7 bestemmiando fuggì l' alma sdegnosa, 46.140.8 che fu sì altiera al mondo e sì orgogliosa.