Ariosto, Orlando furioso
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CANTO I
1.1.1 Le donne, i cavallier, l' arme, gli amori,
1.1.2 le cortesie, l' audaci imprese io canto,
1.1.3 che furo al tempo che passaro i Mori
1.1.4 d' Africa il mare, e in Francia nocquer tanto,
1.1.5 seguendo l' ire e i giovenil furori
1.1.6 d' Agramante lor re, che si diè vanto
1.1.7 di vendicar la morte di Troiano
1.1.8 sopra re Carlo imperator romano.
1.2.1 Dirò d' Orlando in un medesmo tratto
1.2.2 cosa non detta in prosa mai né in rima:
1.2.3 che per amor venne in furore e matto,
1.2.4 d' uom che sì saggio era stimato prima;
1.2.5 se da colei che tal quasi m' ha fatto,
1.2.6 che 'l poco ingegno ad or ad or mi lima,
1.2.7 me ne sarà però tanto concesso,
1.2.8 che mi basti a finir quanto ho promesso.
1.3.1 Piacciavi, generosa Erculea prole,
1.3.2 ornamento e splendor del secol nostro,
1.3.3 Ippolito, aggradir questo che vuole
1.3.4 e darvi sol può l' umil servo vostro.
1.3.5 Quel ch' io vi debbo, posso di parole
1.3.6 pagare in parte, e d' opera d' inchiostro;
1.3.7 né che poco io vi dia da imputar sono;
1.3.8 che quanto io posso dar, tutto vi dono.
1.4.1 Voi sentirete fra i più degni eroi,
1.4.2 che nominar con laude m' apparecchio,
1.4.3 ricordar quel Ruggier, che fu di voi
1.4.4 e de' vostri avi illustri il ceppo vecchio.
1.4.5 L' alto valore e' chiari gesti suoi
1.4.6 vi farò udir, se voi mi date orecchio,
1.4.7 e vostri alti pensier cedino un poco,
1.4.8 sì che tra lor miei versi abbiano loco.
1.5.1 Orlando, che gran tempo inamorato
1.5.2 fu de la bella Angelica, e per lei
1.5.3 in India, in Media, in Tartaria lasciato
1.5.4 avea infiniti et immortal trofei,
1.5.5 in Ponente con essa era tornato,
1.5.6 dove sotto i gran monti Pirenei
1.5.7 con la gente di Francia e de Lamagna
1.5.8 re Carlo era attendato alla campagna,
1.6.1 per far al re Marsilio e al re Agramante
1.6.2 battersi ancor del folle ardir la guancia,
1.6.3 d' aver condotto, l' un, d' Africa quante
1.6.4 genti erano atte a portar spada e lancia;
1.6.5 l' altro, d' aver spinta la Spagna inante
1.6.6 a destruzion del bel regno di Francia.
1.6.7 E così Orlando arrivò quivi a punto:
1.6.8 ma tosto si pentì d' esservi giunto;
1.7.1 che vi fu tolta la sua donna poi:
1.7.2 ecco il giudicio uman come spesso erra!
1.7.3 Quella che dagli esperii ai liti eoi
1.7.4 avea difesa con sì lunga guerra,
1.7.5 or tolta gli è fra tanti amici suoi,
1.7.6 senza spada adoprar, ne la sua terra.
1.7.7 Il savio imperator, ch' estinguer vòlse
1.7.8 un grave incendio, fu che gli la tolse.
1.8.1 Nata pochi dì inanzi era una gara
1.8.2 tra il conte Orlando e il suo cugin Rinaldo;
1.8.3 che ambi avean per la bellezza rara
1.8.4 d' amoroso disio l' animo caldo.
1.8.5 Carlo, che non avea tal lite cara,
1.8.6 che gli rendea l' aiuto lor men saldo,
1.8.7 questa donzella, che la causa n' era,
1.8.8 tolse, e diè in mano al duca di Bavera;
1.9.1 in premio promettendola a quel d' essi
1.9.2 ch' in quel conflitto, in quella gran giornata,
1.9.3 degli infideli più copia uccidessi,
1.9.4 e di sua man prestassi opra più grata.
1.9.5 Contrari ai voti poi furo i successi;
1.9.6 ch' in fuga andò la gente battezzata,
1.9.7 e con molti altri fu 'l duca prigione,
1.9.8 e restò abbandonato il padiglione.
1.10.1 Dove, poi che rimase la donzella
1.10.2 ch' esser dovea del vincitor mercede,
1.10.3 inanzi al caso era salita in sella,
1.10.4 e quando bisognò le spalle diede,
1.10.5 presaga che quel giorno esser rubella
1.10.6 dovea Fortuna alla cristiana fede:
1.10.7 entrò in un bosco, e ne la stretta via
1.10.8 rincontrò un cavallier ch' a piè venìa.
1.11.1 Indosso la corazza, l' elmo in testa,
1.11.2 la spada al fianco, e in braccio avea lo scudo;
1.11.3 e più leggier correa per la foresta,
1.11.4 ch' al pallio rosso il villan mezzo ignudo.
1.11.5 Timida pastorella mai sì presta
1.11.6 non volse piede inanzi a serpe crudo,
1.11.7 come Angelica tosto il freno torse,
1.11.8 che del guerrier, ch' a piè venìa, s' accorse.
1.12.1 Era costui quel paladin gagliardo,
1.12.2 figliuol d' Amon, signor di Montalbano,
1.12.3 a cui pur dianzi il suo destrier Baiardo
1.12.4 per strano caso uscito era di mano.
1.12.5 Come alla donna egli drizzò lo sguardo,
1.12.6 riconobbe, quantunque di lontano,
1.12.7 l' angelico sembiante e quel bel volto
1.12.8 ch' all' amorose reti il tenea involto.
1.13.1 La donna il palafreno a dietro volta,
1.13.2 e per la selva a tutta briglia il caccia;
1.13.3 né per la rara più che per la folta,
1.13.4 la più sicura e miglior via procaccia:
1.13.5 ma pallida, tremando, e di sé tolta,
1.13.6 lascia cura al destrier che la via faccia.
1.13.7 Di su di giù, ne l' alta selva fiera
1.13.8 tanto girò, che venne a una riviera.
1.14.1 Su la riviera Ferraù trovosse
1.14.2 di sudor pieno e tutto polveroso.
1.14.3 Da la battaglia dianzi lo rimosse
1.14.4 un gran disio di bere e di riposo;
1.14.5 e poi, mal grado suo, quivi fermosse,
1.14.6 perché, de l' acqua ingordo e frettoloso,
1.14.7 l' elmo nel fiume si lasciò cadere,
1.14.8 né l' avea potuto anco rïavere.
1.15.1 Quanto potea più forte, ne veniva
1.15.2 gridando la donzella ispaventata.
1.15.3 A quella voce salta in su la riva
1.15.4 il Saracino, e nel viso la guata;
1.15.5 e la conosce subito ch' arriva,
1.15.6 ben che di timor pallida e turbata,
1.15.7 e sien più dì che non n' udì novella,
1.15.8 che senza dubbio ell' è Angelica bella.
1.16.1 E perché era cortese, e n' avea forse
1.16.2 non men dei dui cugini il petto caldo,
1.16.3 l' aiuto che potea, tutto le porse,
1.16.4 pur come avesse l' elmo, ardito e baldo:
1.16.5 trasse la spada, e minacciando corse
1.16.6 dove poco di lui temea Rinaldo.
1.16.7 Più volte s' eran già non pur veduti,
1.16.8 m' al paragon de l' arme conosciuti.
1.17.1 Cominciâr quivi una crudel battaglia,
1.17.2 come a piè si trovâr, coi brandi ignudi:
1.17.3 non che le piastre e la minuta maglia,
1.17.4 ma ai colpi lor non reggerian gl' incudi.
1.17.5 Or, mentre l' un con l' altro si travaglia,
1.17.6 bisogna al palafren che 'l passo studi;
1.17.7 che quanto può menar de le calcagna,
1.17.8 colei lo caccia al bosco e alla campagna.
1.18.1 Poi che s' affaticâr gran pezzo invano
1.18.2 i duo guerrier per por l' un l' altro sotto,
1.18.3 quando non meno era con l' arme in mano
1.18.4 questo di quel, né quel di questo dotto;
1.18.5 fu primiero il signor di Montalbano,
1.18.6 ch' al cavallier di Spagna fece motto,
1.18.7 sì come quel c' ha nel cor tanto fuoco,
1.18.8 che tutto n' arde e non ritrova loco.
1.19.1 Disse al pagan: -- Me sol creduto avrai,
1.19.2 e pur avrai te meco ancora offeso:
1.19.3 se questo avvien perché i fulgenti rai
1.19.4 del nuovo sol t' abbino il petto acceso,
1.19.5 di farmi qui tardar che guadagno hai?
1.19.6 che quando ancor tu m' abbi morto o preso,
1.19.7 non però tua la bella donna fia;
1.19.8 che, mentre noi tardian, se ne va via.
1.20.1 Quanto fia meglio, amandola tu ancora,
1.20.2 che tu le venga a traversar la strada,
1.20.3 a ritenerla e farle far dimora,
1.20.4 prima che più lontana se ne vada!
1.20.5 Come l' avremo in potestate, allora
1.20.6 di ch' esser de' si provi con la spada:
1.20.7 non so altrimenti, dopo un lungo affanno,
1.20.8 che possa riuscirci altro che danno. --
1.21.1 Al pagan la proposta non dispiacque:
1.21.2 così fu differita la tenzone;
1.21.3 e tal tregua tra lor subito nacque,
1.21.4 sì l' odio e l' ira va in oblivïone,
1.21.5 che 'l pagano al partir da le fresche acque
1.21.6 non lasciò a piedi il buon figliol d' Amone:
1.21.7 con preghi invita, et al fin toglie in groppa,
1.21.8 e per l' orme d' Angelica galoppa.
1.22.1 Oh gran bontà de' cavallieri antiqui!
1.22.2 Eran rivali, eran di fé diversi,
1.22.3 e si sentian degli aspri colpi iniqui
1.22.4 per tutta la persona anco dolersi;
1.22.5 e pur per selve oscure e calli obliqui
1.22.6 insieme van senza sospetto aversi.
1.22.7 Da quattro sproni il destrier punto arriva
1.22.8 ove una strada in due si dipartiva.
1.23.1 E come quei che non sapean se l' una
1.23.2 o l' altra via facesse la donzella
1.23.3 (però che senza differenzia alcuna
1.23.4 apparia in amendue l' orma novella),
1.23.5 si messero ad arbitrio di fortuna,
1.23.6 Rinaldo a questa, il Saracino a quella.
1.23.7 Pel bosco Ferraù molto s' avvolse,
1.23.8 e ritrovossi al fine onde si tolse.
1.24.1 Pur si ritrova ancor su la riviera,
1.24.2 là dove l' elmo gli cascò ne l' onde.
1.24.3 Poi che la donna ritrovar non spera,
1.24.4 per aver l' elmo che 'l fiume gli asconde,
1.24.5 in quella parte onde caduto gli era
1.24.6 discende ne l' estreme umide sponde:
1.24.7 ma quello era sì fitto ne la sabbia,
1.24.8 che molto avrà da far prima che l' abbia.
1.25.1 Con un gran ramo d' albero rimondo,
1.25.2 di ch' avea fatto una pertica lunga,
1.25.3 tenta il fiume e ricerca sino al fondo,
1.25.4 né loco lascia ove non batta e punga.
1.25.5 Mentre con la maggior stizza del mondo
1.25.6 tanto l' indugio suo quivi prolunga,
1.25.7 vede di mezzo il fiume un cavalliero
1.25.8 insino al petto uscir, d' aspetto fiero.
1.26.1 Era, fuor che la testa, tutto armato,
1.26.2 et avea un elmo ne la destra mano:
1.26.3 avea il medesimo elmo che cercato
1.26.4 da Ferraù fu lungamente invano.
1.26.5 A Ferraù parlò come adirato,
1.26.6 e disse: -- Ah mancator di fé, marano!
1.26.7 perché di lasciar l' elmo anche t' aggrevi,
1.26.8 che render già gran tempo mi dovevi?
1.27.1 Ricordati, pagan, quando uccidesti
1.27.2 d' Angelica il fratel (che son quell' io),
1.27.3 dietro all' altr' arme tu mi promettesti
1.27.4 gittar fra pochi dì l' elmo nel rio.
1.27.5 Or se Fortuna (quel che non volesti
1.27.6 far tu) pone ad effetto il voler mio,
1.27.7 non ti turbare; e se turbar ti déi,
1.27.8 turbati che di fé mancato sei.
1.28.1 Ma se desir pur hai d' un elmo fino,
1.28.2 trovane un altro, et abbil con più onore;
1.28.3 un tal ne porta Orlando paladino,
1.28.4 un tal Rinaldo, e forse anco migliore:
1.28.5 l' un fu d' Almonte, e l' altro di Mambrino:
1.28.6 acquista un di quei duo col tuo valore;
1.28.7 e questo, c' hai già di lasciarmi detto,
1.28.8 farai bene a lasciarmi con effetto. --
1.29.1 All' apparir che fece all' improvviso
1.29.2 de l' acqua l' ombra, ogni pelo arricciossi,
1.29.3 e scolorossi al Saracino il viso;
1.29.4 la voce, ch' era per uscir, fermossi.
1.29.5 Udendo poi da l' Argalia, ch' ucciso
1.29.6 quivi avea già (che l' Argalia nomossi),
1.29.7 la rotta fede così improverarse,
1.29.8 di scorno e d' ira dentro e di fuor arse.
1.30.1 Né tempo avendo a pensar altra scusa,
1.30.2 e conoscendo ben che 'l ver gli disse,
1.30.3 restò senza risposta a bocca chiusa;
1.30.4 ma la vergogna il cor sì gli traffisse,
1.30.5 che giurò per la vita di Lanfusa
1.30.6 non voler mai ch' altro elmo lo coprisse,
1.30.7 se non quel buono che già in Aspramonte
1.30.8 trasse del capo Orlando al fiero Almonte.
1.31.1 E servò meglio questo giuramento,
1.31.2 che non avea quell' altro fatto prima.
1.31.3 Quindi si parte tanto malcontento,
1.31.4 che molti giorni poi si rode e lima.
1.31.5 Sol di cercare è il paladino intento
1.31.6 di qua di là, dove trovarlo stima.
1.31.7 Altra ventura al buon Rinaldo accade,
1.31.8 che da costui tenea diverse strade.
1.32.1 Non molto va Rinaldo, che si vede
1.32.2 saltare inanzi il suo destrier feroce:
1.32.3 -- Ferma, Baiardo mio, deh, ferma il piede!
1.32.4 che l' esser senza te troppo mi nuoce. --
1.32.5 Per questo il destrier sordo a lui non riede,
1.32.6 anzi più se ne va sempre veloce.
1.32.7 Segue Rinaldo, e d' ira si distrugge:
1.32.8 ma seguitiamo Angelica che fugge.
1.33.1 Fugge tra selve spaventose e scure,
1.33.2 per lochi inabitati, ermi e selvaggi.
1.33.3 Il mover de le frondi e di verzure,
1.33.4 che di cerri sentia, d' olmi e di faggi,
1.33.5 fatto le avea con subite paure
1.33.6 trovar di qua di là strani vïaggi;
1.33.7 ch' ad ogni ombra veduta o in monte o in valle,
1.33.8 temea Rinaldo aver sempre alle spalle.
1.34.1 Qual pargoletta o damma o capriuola,
1.34.2 che tra le fronde del natio boschetto
1.34.3 alla madre veduta abbia la gola
1.34.4 stringer dal pardo, o aprirle 'l fianco o 'l petto,
1.34.5 di selva in selva dal crudel s' invola,
1.34.6 e di paura triema e di sospetto:
1.34.7 ad ogni sterpo che passando tocca,
1.34.8 esser si crede all' empia fera in bocca.
1.35.1 Quel dì e la notte e mezzo l' altro giorno
1.35.2 s' andò aggirando, e non sapeva dove.
1.35.3 Trovossi al fine in un boschetto adorno,
1.35.4 che lievemente la fresca aura muove.
1.35.5 Duo chiari rivi, mormorando intorno,
1.35.6 sempre l' erbe vi fan tenere e nuove;
1.35.7 e rendea ad ascoltar dolce concento,
1.35.8 rotto tra picciol sassi, il correr lento.
1.36.1 Quivi parendo a lei d' esser sicura
1.36.2 e lontana a Rinaldo mille miglia,
1.36.3 da la via stanca e da l' estiva arsura,
1.36.4 di riposare alquanto si consiglia:
1.36.5 tra' fiori smonta, e lascia alla pastura
1.36.6 andare il palafren senza la briglia;
1.36.7 e quel va errando intorno alle chiare onde,
1.36.8 che di fresca erba avean piene le sponde.
1.37.1 Ecco non lungi un bel cespuglio vede
1.37.2 di prun fioriti e di vermiglie rose,
1.37.3 che de le liquide onde al specchio siede,
1.37.4 chiuso dal sol fra l' alte quercie ombrose;
1.37.5 così vòto nel mezzo, che concede
1.37.6 fresca stanza fra l' ombre più nascose:
1.37.7 e la foglia coi rami in modo è mista,
1.37.8 che 'l sol non v' entra, non che minor vista.
1.38.1 Dentro letto vi fan tenere erbette,
1.38.2 ch' invitano a posar chi s' appresenta.
1.38.3 La bella donna in mezzo a quel si mette;
1.38.4 ivi si corca, et ivi s' addormenta.
1.38.5 Ma non per lungo spazio così stette,
1.38.6 che un calpestio le par che venir senta:
1.38.7 cheta si leva, e appresso alla riviera
1.38.8 vede ch' armato un cavallier giunt' era.
1.39.1 Se gli è amico o nemico non comprende:
1.39.2 tema e speranza il dubbio cuor le scuote;
1.39.3 e di quella aventura il fine attende,
1.39.4 né pur d' un sol sospir l' aria percuote.
1.39.5 Il cavalliero in riva al fiume scende
1.39.6 sopra l' un braccio a riposar le gote;
1.39.7 e in un suo gran pensier tanto penètra,
1.39.8 che par cangiato in insensibil pietra.
1.40.1 Pensoso più d' un' ora a capo basso
1.40.2 stette, Signore, il cavallier dolente;
1.40.3 poi cominciò con suono afflitto e lasso
1.40.4 a lamentarsi sì soavemente,
1.40.5 ch' avrebbe di pietà spezzato un sasso,
1.40.6 una tigre crudel fatta clemente.
1.40.7 Sospirando piangea, tal ch' un ruscello
1.40.8 parean le guancie, e 'l petto un Mongibello.
1.41.1 -- Pensier (dicea) che 'l cor m' aggiacci et ardi,
1.41.2 e causi il duol che sempre il rode e lima,
1.41.3 che debbo far, poi ch' io son giunto tardi,
1.41.4 e ch' altri a côrre il frutto è andato prima?
1.41.5 a pena avuto io n' ho parole e sguardi,
1.41.6 et altri n' ha tutta la spoglia opima.
1.41.7 Se non ne tocca a me frutto né fiore,
1.41.8 perché affliger per lei mi vuo' più il core?
1.42.1 La verginella è simile alla rosa,
1.42.2 ch' in bel giardin su la nativa spina
1.42.3 mentre sola e sicura si riposa,
1.42.4 né gregge né pastor se le avicina;
1.42.5 l' aura soave e l' alba rugiadosa,
1.42.6 l' acqua, la terra al suo favor s' inchina:
1.42.7 gioveni vaghi e donne inamorate
1.42.8 amano averne e seni e tempie ornate.
1.43.1 Ma non sì tosto dal materno stelo
1.43.2 rimossa viene e dal suo ceppo verde,
1.43.3 che quanto avea dagli uomini e dal cielo
1.43.4 favor, grazia e bellezza, tutto perde.
1.43.5 La vergine che 'l fior, di che più zelo
1.43.6 che de' begli occhi e de la vita aver de',
1.43.7 lascia altrui côrre, il pregio ch' avea inanti
1.43.8 perde nel cor di tutti gli altri amanti.
1.44.1 Sia vile agli altri, e da quel solo amata
1.44.2 a cui di sé fece sì larga copia.
1.44.3 Ah, Fortuna crudel, Fortuna ingrata!
1.44.4 trionfan gli altri, e ne moro io d' inopia.
1.44.5 Dunque esser può che non mi sia più grata?
1.44.6 dunque io posso lasciar mia vita propia?
1.44.7 Ah, più tosto oggi manchino i dì miei,
1.44.8 ch' io viva più, s' amar non debbo lei! --
1.45.1 Se mi domanda alcun chi costui sia,
1.45.2 che versa sopra il rio lacrime tante,
1.45.3 io dirò ch' egli è il re di Circassia,
1.45.4 quel d' amor travagliato Sacripante;
1.45.5 io dirò ancor, che di sua pena ria
1.45.6 sia prima e sola causa essere amante,
1.45.7 e pur un degli amanti di costei:
1.45.8 e ben riconosciuto fu da lei.
1.46.1 Appresso ove il sol cade, per suo amore
1.46.2 venuto era dal capo d' Orïente;
1.46.3 che seppe in India con suo gran dolore,
1.46.4 come ella Orlando sequitò in Ponente:
1.46.5 poi seppe in Francia che l' imperatore
1.46.6 sequestrata l' avea da l' altra gente,
1.46.7 per darla all' un de' duo che contra il Moro
1.46.8 più quel giorno aiutasse i Gigli d' oro.
1.47.1 Stato era in campo, e inteso avea di quella
1.47.2 rotta crudel che dianzi ebbe re Carlo:
1.47.3 cercò vestigio d' Angelica bella,
1.47.4 né potuto avea ancora ritrovarlo.
1.47.5 Questa è dunque la trista e ria novella
1.47.6 che d' amorosa doglia fa penarlo,
1.47.7 affligger, lamentare e dir parole
1.47.8 che di pietà potrian fermare il sole.
1.48.1 Mentre costui così s' affligge e duole,
1.48.2 e fa degli occhi suoi tepida fonte,
1.48.3 e dice queste e molte altre parole,
1.48.4 che non mi par bisogno esser racconte;
1.48.5 l' aventurosa sua fortuna vuole
1.48.6 ch' alle orecchie d' Angelica sian conte:
1.48.7 e così quel ne viene a un' ora, a un punto,
1.48.8 ch' in mille anni o mai più non è raggiunto.
1.49.1 Con molta attenzïon la bella donna
1.49.2 al pianto, alle parole, al modo attende
1.49.3 di colui ch' in amarla non assonna;
1.49.4 né questo è il primo dì ch' ella l' intende:
1.49.5 ma dura e fredda più d' una colonna,
1.49.6 ad averne pietà non però scende;
1.49.7 come colei c' ha tutto il mondo a sdegno,
1.49.8 e non le par ch' alcun sia di lei degno.
1.50.1 Pur tra quei boschi il ritrovarsi sola
1.50.2 le fa pensar di tor costui per guida;
1.50.3 che chi ne l' acqua sta fin alla gola,
1.50.4 ben è ostinato se mercé non grida.
1.50.5 Se questa occasïone or se l' invola,
1.50.6 non troverà mai più scorta sì fida;
1.50.7 ch' a lunga prova conosciuto inante
1.50.8 s' avea quel re fedel sopra ogni amante.
1.51.1 Ma non però disegna de l' affanno
1.51.2 che lo distrugge alleggierir chi l' ama,
1.51.3 e ristorar d' ogni passato danno
1.51.4 con quel piacer ch' ogni amator più brama:
1.51.5 ma alcuna finzïone, alcuno inganno
1.51.6 di tenerlo in speranza ordisce e trama;
1.51.7 tanto ch' a quel bisogno se ne serva,
1.51.8 poi torni all' uso suo dura e proterva.
1.52.1 E fuor di quel cespuglio oscuro e cieco
1.52.2 fa di sé bella et improvisa mostra,
1.52.3 come di selva o fuor d' ombroso speco
1.52.4 Dïana in scena o Citerea si mostra;
1.52.5 e dice all' apparir: -- Pace sia teco;
1.52.6 teco difenda Dio la fama nostra,
1.52.7 e non comporti, contra ogni ragione,
1.52.8 ch' abbi di me sì falsa opinïone. --
1.53.1 Non mai con tanto gaudio o stupor tanto
1.53.2 levò gli occhi al figliuolo alcuna madre,
1.53.3 ch' avea per morto sospirato e pianto,
1.53.4 poi che senza esso udì tornar le squadre;
1.53.5 con quanto gaudio il Saracin, con quanto
1.53.6 stupor l' alta presenza e le leggiadre
1.53.7 maniere e il vero angelico sembiante,
1.53.8 improviso apparir si vide inante.
1.54.1 Pieno di dolce e d' amoroso affetto,
1.54.2 alla sua donna, alla sua diva corse,
1.54.3 che con le braccia al collo il tenne stretto,
1.54.4 quel ch' al Catai non avria fatto forse.
1.54.5 Al patrio regno, al suo natio ricetto,
1.54.6 seco avendo costui, l' animo torse:
1.54.7 subito in lei s' avviva la speranza
1.54.8 di tosto riveder sua ricca stanza.
1.55.1 Ella gli rende conto pienamente
1.55.2 dal giorno che mandato fu da lei
1.55.3 a domandar soccorso in Orïente
1.55.4 al re de' Sericani e Nabatei;
1.55.5 e come Orlando la guardò sovente
1.55.6 da morte, da disnor, da casi rei;
1.55.7 e che 'l fior virginal così avea salvo,
1.55.8 come se lo portò del materno alvo.
1.56.1 Forse era ver, ma non però credibile
1.56.2 a chi del senso suo fosse signore;
1.56.3 ma parve facilmente a lui possibile,
1.56.4 ch' era perduto in via più grave errore.
1.56.5 Quel che l' uom vede, Amor gli fa invisibile,
1.56.6 e l' invisibil fa vedere Amore.
1.56.7 Questo creduto fu; che 'l miser suole
1.56.8 dar facile credenza a quel che vuole.
1.57.1 -- Se mal si seppe il cavallier d' Anglante
1.57.2 pigliar per sua sciochezza il tempo buono,
1.57.3 il danno se ne avrà; che da qui inante
1.57.4 nol chiamerà Fortuna a sì gran dono
1.57.5 (tra sé tacito parla Sacripante):
1.57.6 ma io per imitarlo già non sono,
1.57.7 che lasci tanto ben che m' è concesso,
1.57.8 e ch' a doler poi m' abbia di me stesso.
1.58.1 Corrò la fresca e matutina rosa,
1.58.2 che, tardando, stagion perder potria.
1.58.3 So ben ch' a donna non si può far cosa
1.58.4 che più soave e più piacevol sia,
1.58.5 ancor che se ne mostri disdegnosa,
1.58.6 e talor mesta e flebil se ne stia:
1.58.7 non starò per repulsa o finto sdegno,
1.58.8 ch' io non adombri e incarni il mio disegno. --
1.59.1 Così dice egli; e mentre s' apparecchia
1.59.2 al dolce assalto, un gran rumor che suona
1.59.3 dal vicin bosco gl' intruona l' orecchia,
1.59.4 sì che mal grado l' impresa abbandona:
1.59.5 e si pon l' elmo (ch' avea usanza vecchia
1.59.6 di portar sempre armata la persona),
1.59.7 viene al destriero e gli ripon la briglia,
1.59.8 rimonta in sella e la sua lancia piglia.
1.60.1 Ecco pel bosco un cavallier venire,
1.60.2 il cui sembiante è d' uom gagliardo e fiero:
1.60.3 candido come nieve è il suo vestire,
1.60.4 un bianco pennoncello ha per cimiero.
1.60.5 Re Sacripante, che non può patire
1.60.6 che quel con l' importuno suo sentiero
1.60.7 gli abbia interrotto il gran piacer ch' avea,
1.60.8 con vista il guarda disdegnosa e rea.
1.61.1 Come è più presso, lo sfida a battaglia;
1.61.2 che crede ben fargli votar l' arcione.
1.61.3 Quel che di lui non stimo già che vaglia
1.61.4 un grano meno, e ne fa paragone,
1.61.5 l' orgogliose minaccie a mezzo taglia,
1.61.6 sprona a un tempo, e la lancia in resta pone.
1.61.7 Sacripante ritorna con tempesta,
1.61.8 e corronsi a ferir testa per testa.
1.62.1 Non si vanno i leoni o i tori in salto
1.62.2 a dar di petto, ad accozzar sì crudi,
1.62.3 sì come i duo guerrieri al fiero assalto,
1.62.4 che parimente si passâr gli scudi.
1.62.5 Fe' lo scontro tremar dal basso all' alto
1.62.6 l' erbose valli insino ai poggi ignudi;
1.62.7 e ben giovò che fur buoni e perfetti
1.62.8 gli osberghi sì, che lor salvaro i petti.
1.63.1 Già non fêro i cavalli un correr torto,
1.63.2 anzi cozzaro a guisa di montoni:
1.63.3 quel del guerrier pagan morì di corto,
1.63.4 ch' era vivendo in numero de' buoni;
1.63.5 quell' altro cadde ancor, ma fu risorto
1.63.6 tosto ch' al fianco si sentì gli sproni.
1.63.7 Quel del re saracin restò disteso
1.63.8 adosso al suo signor con tutto il peso.
1.64.1 L' incognito campion che restò ritto,
1.64.2 e vide l' altro col cavallo in terra,
1.64.3 stimando avere assai di quel conflitto,
1.64.4 non si curò di rinovar la guerra;
1.64.5 ma dove per la selva è il camin dritto,
1.64.6 correndo a tutta briglia si disserra;
1.64.7 e prima che di briga esca il pagano,
1.64.8 un miglio o poco meno è già lontano.
1.65.1 Qual istordito e stupido aratore,
1.65.2 poi ch' è passato il fulmine, si leva
1.65.3 di là dove l' altissimo fragore
1.65.4 appresso ai morti buoi steso l' aveva;
1.65.5 che mira senza fronde e senza onore
1.65.6 il pin che di lontan veder soleva:
1.65.7 tal si levò il pagano a piè rimaso,
1.65.8 Angelica presente al duro caso.
1.66.1 Sospira e geme, non perché l' annoi
1.66.2 che piede o braccia s' abbi rotto o mosso,
1.66.3 ma per vergogna sola, onde a' dì suoi
1.66.4 né pria né dopo il viso ebbe sì rosso:
1.66.5 e più, ch' oltre al cader, sua donna poi
1.66.6 fu che gli tolse il gran peso d' adosso.
1.66.7 Muto restava, mi cred' io, se quella
1.66.8 non gli rendea la voce e la favella.
1.67.1 -- Deh! (diss' ella) signor, non vi rincresca!
1.67.2 che del cader non è la colpa vostra,
1.67.3 ma del cavallo, a cui riposo et esca
1.67.4 meglio si convenia che nuova giostra.
1.67.5 Né perciò quel guerrier sua gloria accresca;
1.67.6 che d' esser stato il perditor dimostra:
1.67.7 così, per quel ch' io me ne sappia, stimo,
1.67.8 quando a lasciare il campo è stato primo. --
1.68.1 Mentre costei conforta il Saracino,
1.68.2 ecco col corno e con la tasca al fianco,
1.68.3 galoppando venir sopra un ronzino
1.68.4 un messaggier che parea afflitto e stanco;
1.68.5 che come a Sacripante fu vicino,
1.68.6 gli domandò se con un scudo bianco
1.68.7 e con un bianco pennoncello in testa
1.68.8 vide un guerrier passar per la foresta.
1.69.1 Rispose Sacripante: -- Come vedi,
1.69.2 m' ha qui abbattuto, e se ne parte or ora;
1.69.3 e perch' io sappia chi m' ha messo a piedi,
1.69.4 fa che per nome io lo conosca ancora. --
1.69.5 Et egli a lui: -- Di quel che tu mi chiedi
1.69.6 io ti satisfarò senza dimora:
1.69.7 tu déi saper che ti levò di sella
1.69.8 l' alto valor d' una gentil donzella.
1.70.1 Ella è gagliarda, et è più bella molto;
1.70.2 né il suo famoso nome anco t' ascondo:
1.70.3 fu Bradamante quella che t' ha tolto
1.70.4 quanto onor mai tu guadagnasti al mondo. --
1.70.5 Poi ch' ebbe così detto, a freno sciolto
1.70.6 il Saracin lasciò poco giocondo,
1.70.7 che non sa che si dica o che si faccia,
1.70.8 tutto avvampato di vergogna in faccia.
1.71.1 Poi che gran pezzo al caso intervenuto
1.71.2 ebbe pensato invano, e finalmente
1.71.3 si trovò da una femina abbattuto,
1.71.4 che pensandovi più, più dolor sente;
1.71.5 montò l' altro destrier, tacito e muto:
1.71.6 e senza far parola, chetamente
1.71.7 tolse Angelica in groppa, e differilla
1.71.8 a più lieto uso, a stanza più tranquilla.
1.72.1 Non furo iti duo miglia, che sonare
1.72.2 odon la selva che li cinge intorno,
1.72.3 con tal rumore e strepito, che pare
1.72.4 che triemi la foresta d' ogn' intorno;
1.72.5 e poco dopo un gran destrier n' appare,
1.72.6 d' oro guernito, e riccamente adorno,
1.72.7 che salta macchie e rivi, et a fracasso
1.72.8 arbori mena e ciò che vieta il passo.
1.73.1 -- Se l' intricati rami e l' aer fosco
1.73.2 (disse la donna) agli occhi non contende,
1.73.3 Baiardo è quel destrier ch' in mezzo il bosco
1.73.4 con tal rumor la chiusa via si fende.
1.73.5 Questo è certo Baiardo, io 'l riconosco:
1.73.6 deh, come ben nostro bisogno intende!
1.73.7 ch' un sol ronzin per dui saria mal atto,
1.73.8 e ne viene egli a satisfarci ratto. --
1.74.1 Smonta il Circasso et al destrier s' accosta,
1.74.2 e si pensava dar di mano al freno.
1.74.3 Colle groppe il destrier gli fa risposta,
1.74.4 che fu presto a girar come un baleno;
1.74.5 ma non arriva dove i calci apposta:
1.74.6 misero il cavallier se giungea a pieno!
1.74.7 che nei calci tal possa avea il cavallo,
1.74.8 ch' avria spezzato un monte di metallo.
1.75.1 Indi va mansueto alla donzella,
1.75.2 con umile sembiante e gesto umano,
1.75.3 come intorno al padrone il can saltella,
1.75.4 che sia duo giorni o tre stato lontano.
1.75.5 Baiardo ancora avea memoria d' ella,
1.75.6 ch' in Albracca il servia già di sua mano
1.75.7 nel tempo che da lei tanto era amato
1.75.8 Rinaldo, allor crudele, allor ingrato.
1.76.1 Con la sinistra man prende la briglia,
1.76.2 con l' altra tocca e palpa il collo e 'l petto:
1.76.3 quel destrier, ch' avea ingegno a maraviglia,
1.76.4 a lei, come un agnel, si fa suggetto.
1.76.5 Intanto Sacripante il tempo piglia:
1.76.6 monta Baiardo, e l' urta e lo tien stretto.
1.76.7 Del ronzin disgravato la donzella
1.76.8 lascia la groppa, e si ripone in sella.
1.77.1 Poi rivolgendo a caso gli occhi, mira
1.77.2 venir sonando d' arme un gran pedone.
1.77.3 Tutta s' avvampa di dispetto e d' ira;
1.77.4 che conosce il figliuol del duca Amone.
1.77.5 Più che sua vita l' ama egli e desira;
1.77.6 l' odia e fugge ella più che gru falcone.
1.77.7 Già fu ch' esso odiò lei più che la morte;
1.77.8 ella amò lui: or han cangiato sorte.
1.78.1 E questo hanno causato due fontane
1.78.2 che di diverso effetto hanno liquore,
1.78.3 ambe in Ardenna, e non sono lontane:
1.78.4 d' amoroso disio l' una empie il core;
1.78.5 chi bee de l' altra, senza amor rimane,
1.78.6 e volge tutto in ghiaccio il primo ardore.
1.78.7 Rinaldo gustò d' una, e amor lo strugge;
1.78.8 Angelica de l' altra, e l' odia e fugge.
1.79.1 Quel liquor di secreto venen misto,
1.79.2 che muta in odio l' amorosa cura,
1.79.3 fa che la donna che Rinaldo ha visto,
1.79.4 nei sereni occhi subito s' oscura;
1.79.5 e con voce tremante e viso tristo
1.79.6 supplica Sacripante e lo scongiura
1.79.7 che quel guerrier più appresso non attenda,
1.79.8 ma ch' insieme con lei la fuga prenda.
1.80.1 -- Son dunque (disse il Saracino), sono
1.80.2 dunque in sì poco credito con vui,
1.80.3 che mi stimiate inutile, e non buono
1.80.4 da potervi difender da costui?
1.80.5 Le battaglie d' Albracca già vi sono
1.80.6 di mente uscite, e la notte ch' io fui
1.80.7 per la salute vostra, solo e nudo,
1.80.8 contra Agricane e tutto il campo, scudo? --
1.81.1 Non risponde ella, e non sa che si faccia,
1.81.2 perché Rinaldo ormai l' è troppo appresso,
1.81.3 che da lontano al Saracin minaccia,
1.81.4 come vide il cavallo e conobbe esso,
1.81.5 e riconobbe l' angelica faccia
1.81.6 che l' amoroso incendio in cor gli ha messo.
1.81.7 Quel che seguì tra questi duo superbi
1.81.8 vo' che per l' altro canto si riserbi.
CANTO II
2.1.1 Ingiustissimo Amor, perché sì raro
2.1.2 corrispondenti fai nostri desiri?
2.1.3 onde, perfido, avvien che t' è sì caro
2.1.4 il discorde voler ch' in duo cor miri?
2.1.5 Gir non mi lasci al facil guado e chiaro,
2.1.6 e nel più cieco e maggior fondo tiri:
2.1.7 da chi disia il mio amor tu mi richiami,
2.1.8 e chi m' ha in odio vuoi ch' adori et ami.
2.2.1 Fai ch' a Rinaldo Angelica par bella,
2.2.2 quando esso a lei brutto e spiacevol pare:
2.2.3 quando le parea bello e l' amava ella,
2.2.4 egli odiò lei quanto si può più odiare.
2.2.5 Ora s' affligge indarno e si flagella;
2.2.6 così renduto ben gli è pare a pare:
2.2.7 ella l' ha in odio, e l' odio è di tal sorte,
2.2.8 che più tosto che lui vorria la morte.
2.3.1 Rinaldo al Saracin con molto orgoglio
2.3.2 gridò: -- Scendi, ladron, del mio cavallo!
2.3.3 Che mi sia tolto il mio, patir non soglio,
2.3.4 ma ben fo, a chi lo vuol, caro costallo:
2.3.5 e levar questa donna anco ti voglio;
2.3.6 che sarebbe a lasciartela gran fallo.
2.3.7 Sì perfetto destrier, donna sì degna
2.3.8 a un ladron non mi par che si convegna. --
2.4.1 -- Tu te ne menti che ladrone io sia
2.4.2 (rispose il Saracin non meno altiero):
2.4.3 chi dicesse a te ladro, lo diria
2.4.4 (quanto io n' odo per fama) più con vero.
2.4.5 La pruova or si vedrà, chi di noi sia
2.4.6 più degno de la donna e del destriero;
2.4.7 ben che, quanto a lei, teco io mi convegna
2.4.8 che non è cosa al mondo altra sì degna. --
2.5.1 Come soglion talor duo can mordenti,
2.5.2 o per invidia o per altro odio mossi,
2.5.3 avicinarsi digrignando i denti,
2.5.4 con occhi bieci e più che bracia rossi;
2.5.5 indi a' morsi venir, di rabbia ardenti,
2.5.6 con aspri ringhi e ribuffati dossi:
2.5.7 così alle spade e dai gridi e da l' onte
2.5.8 venne il Circasso e quel di Chiaramonte.
2.6.1 A piedi è l' un, l' altro a cavallo: or quale
2.6.2 credete ch' abbia il Saracin vantaggio?
2.6.3 Né ve n' ha però alcun; che così vale
2.6.4 forse ancor men ch' uno inesperto paggio;
2.6.5 che 'l destrier per instinto naturale
2.6.6 non volea fare al suo signore oltraggio:
2.6.7 né con man né con spron potea il Circasso
2.6.8 farlo a voluntà sua muover mai passo.
2.7.1 Quando crede cacciarlo, egli s' arresta;
2.7.2 e se tener lo vuole, o corre o trotta:
2.7.3 poi sotto il petto si caccia la testa,
2.7.4 giuoca di schiene, e mena calci in frotta.
2.7.5 Vedendo il Saracin ch' a domar questa
2.7.6 bestia superba era mal tempo allotta,
2.7.7 ferma le man sul primo arcione e s' alza,
2.7.8 e dal sinistro fianco in piede sbalza.
2.8.1 Sciolto che fu il pagan con leggier salto
2.8.2 da l' ostinata furia di Baiardo,
2.8.3 si vide cominciar ben degno assalto
2.8.4 d' un par di cavallier tanto gagliardo.
2.8.5 Suona l' un brando e l' altro, or basso or alto:
2.8.6 il martel di Vulcano era più tardo
2.8.7 ne la spelunca affumicata, dove
2.8.8 battea all' incude i folgori di Giove.
2.9.1 Fanno or con lunghi, ora con finti e scarsi
2.9.2 colpi veder che mastri son del giuoco:
2.9.3 or li vedi ire altieri, or rannicchiarsi,
2.9.4 ora coprirsi, ora mostrarsi un poco,
2.9.5 ora crescere inanzi, ora ritrarsi,
2.9.6 ribatter colpi e spesso lor dar loco,
2.9.7 girarsi intorno; e donde l' uno cede,
2.9.8 l' altro aver posto immantinente il piede.
2.10.1 Ecco Rinaldo con la spada adosso
2.10.2 a Sacripante tutto s' abbandona;
2.10.3 e quel porge lo scudo, ch' era d' osso,
2.10.4 con la piastra d' acciar temprata e buona.
2.10.5 Taglial Fusberta, ancor che molto grosso:
2.10.6 ne geme la foresta e ne risuona.
2.10.7 L' osso e l' acciar ne va che par di ghiaccio,
2.10.8 e lascia al Saracin stordito il braccio.
2.11.1 Quando vide la timida donzella
2.11.2 dal fiero colpo uscir tanta ruina,
2.11.3 per gran timor cangiò la faccia bella,
2.11.4 qual il reo ch' al supplicio s' avvicina;
2.11.5 né le par che vi sia da tardar, s' ella
2.11.6 non vuol di quel Rinaldo esser rapina,
2.11.7 di quel Rinaldo ch' ella tanto odiava,
2.11.8 quanto esso lei miseramente amava.
2.12.1 Volta il cavallo, e ne la selva folta
2.12.2 lo caccia per un aspro e stretto calle:
2.12.3 e spesso il viso smorto a dietro volta;
2.12.4 che le par che Rinaldo abbia alle spalle.
2.12.5 Fuggendo non avea fatto via molta,
2.12.6 che scontrò un eremita in una valle,
2.12.7 ch' avea lunga la barba a mezzo il petto,
2.12.8 devoto e venerabile d' aspetto.
2.13.1 Dagli anni e dal digiuno attenuato,
2.13.2 sopra un lento asinel se ne veniva;
2.13.3 e parea, più ch' alcun fosse mai stato,
2.13.4 di conscïenza scrupolosa e schiva.
2.13.5 Come egli vide il viso delicato
2.13.6 de la donzella che sopra gli arriva,
2.13.7 debil quantunque e mal gagliarda fosse,
2.13.8 tutta per carità se gli commosse.
2.14.1 La donna al fraticel chiede la via
2.14.2 che la conduca ad un porto di mare,
2.14.3 perché levar di Francia si vorria
2.14.4 per non udir Rinaldo nominare.
2.14.5 Il frate, che sapea negromanzia,
2.14.6 non cessa la donzella confortare
2.14.7 che presto la trarrà d' ogni periglio;
2.14.8 et ad una sua tasca diè di piglio.
2.15.1 Trassene un libro, e mostrò grande effetto;
2.15.2 che legger non finì la prima faccia,
2.15.3 ch' uscir fa un spirto in forma di valletto,
2.15.4 e gli commanda quanto vuol ch' el faccia.
2.15.5 Quel se ne va, da la scrittura astretto,
2.15.6 dove i dui cavallieri a faccia a faccia
2.15.7 eran nel bosco, e non stavano al rezzo;
2.15.8 fra' quali entrò con grande audacia in mezzo.
2.16.1 -- Per cortesia (disse), un di voi mi mostre,
2.16.2 quando anco uccida l' altro, che gli vaglia:
2.16.3 che merto avrete alle fatiche vostre,
2.16.4 finita che tra voi sia la battaglia,
2.16.5 se 'l conte Orlando, senza liti o giostre,
2.16.6 e senza pur aver rotta una maglia,
2.16.7 verso Parigi mena la donzella
2.16.8 che v' ha condotti a questa pugna fella?
2.17.1 Vicino un miglio ho ritrovato Orlando
2.17.2 che ne va con Angelica a Parigi,
2.17.3 di voi ridendo insieme, e motteggiando
2.17.4 che senza frutto alcun siate in litigi.
2.17.5 Il meglio forse vi sarebbe, or quando
2.17.6 non son più lungi, a seguir lor vestigi;
2.17.7 che s' in Parigi Orlando la può avere,
2.17.8 non ve la lascia mai più rivedere. --
2.18.1 Veduto avreste i cavallier turbarsi
2.18.2 a quel annunzio, e mesti e sbigottiti,
2.18.3 senza occhi e senza mente nominarsi,
2.18.4 che gli avesse il rival così scherniti;
2.18.5 ma il buon Rinaldo al suo cavallo trarsi
2.18.6 con sospir che parean del fuoco usciti,
2.18.7 e giurar per isdegno e per furore,
2.18.8 se giungea Orlando, di cavargli il core.
2.19.1 E dove aspetta il suo Baiardo, passa,
2.19.2 e sopra vi si lancia, e via galoppa,
2.19.3 né al cavallier, ch' a piè nel bosco lassa,
2.19.4 pur dice a Dio, non che lo 'nviti in groppa.
2.19.5 L' animoso cavallo urta e fracassa,
2.19.6 punto dal suo signor, ciò ch' egli 'ntoppa:
2.19.7 non ponno fosse o fiumi o sassi o spine
2.19.8 far che dal corso il corridor decline.
2.20.1 Signor, non voglio che vi paia strano
2.20.2 se Rinaldo or sì tosto il destrier piglia,
2.20.3 che già più giorni ha seguitato invano,
2.20.4 né gli ha possuto mai toccar la briglia.
2.20.5 Fece il destrier, ch' avea intelletto umano,
2.20.6 non per vizio seguirsi tante miglia,
2.20.7 ma per guidar dove la donna giva,
2.20.8 il suo signor, da chi bramar l' udiva.
2.21.1 Quando ella si fuggì dal padiglione,
2.21.2 la vide et appostolla il buon destriero,
2.21.3 che si trovava aver vòto l' arcione,
2.21.4 però che n' era sceso il cavalliero
2.21.5 per combatter di par con un barone,
2.21.6 che men di lui non era in arme fiero;
2.21.7 poi ne seguitò l' orme di lontano,
2.21.8 bramoso porla al suo signore in mano.
2.22.1 Bramoso di ritrarlo ove fosse ella,
2.22.2 per la gran selva inanzi se gli messe;
2.22.3 né lo volea lasciar montare in sella,
2.22.4 perché ad altro camin non lo volgesse.
2.22.5 Per lui trovò Rinaldo la donzella
2.22.6 una e due volte, e mai non gli successe;
2.22.7 che fu da Ferraù prima impedito,
2.22.8 poi dal Circasso, come avete udito.
2.23.1 Ora al demonio che mostrò a Rinaldo
2.23.2 de la donzella li falsi vestigi,
2.23.3 credette Baiardo anco, e stette saldo
2.23.4 e mansueto ai soliti servigi.
2.23.5 Rinaldo il caccia, d' ira e d' amor caldo,
2.23.6 a tutta briglia, e sempre invêr Parigi;
2.23.7 e vola tanto col disio, che lento,
2.23.8 non ch' un destrier, ma gli parrebbe il vento.
2.24.1 La notte a pena di seguir rimane,
2.24.2 per affrontarsi col signor d' Anglante:
2.24.3 tanto ha creduto alle parole vane
2.24.4 del messaggier del cauto negromante.
2.24.5 Non cessa cavalcar sera e dimane,
2.24.6 che si vede apparir la terra avante,
2.24.7 dove re Carlo, rotto e mal condutto,
2.24.8 con le reliquie sue s' era ridutto:
2.25.1 e perché dal re d' Africa battaglia
2.25.2 et assedio v' aspetta, usa gran cura
2.25.3 a raccor buona gente e vettovaglia,
2.25.4 far cavamenti e riparar le mura.
2.25.5 Ciò ch' a difesa spera che gli vaglia,
2.25.6 senza gran diferir, tutto procura:
2.25.7 pensa mandare in Inghilterra, e trarne
2.25.8 gente onde possa un novo campo farne;
2.26.1 che vuole uscir di nuovo alla campagna,
2.26.2 e ritentar la sorte de la guerra.
2.26.3 Spaccia Rinaldo subito in Bretagna,
2.26.4 Bretagna che fu poi detta Inghilterra.
2.26.5 Ben de l' andata il paladin si lagna:
2.26.6 non ch' abbia così in odio quella terra;
2.26.7 ma perché Carlo il manda allora allora,
2.26.8 né pur lo lascia un giorno far dimora.
2.27.1 Rinaldo mai di ciò non fece meno
2.27.2 volentier cosa; poi che fu distolto
2.27.3 di gir cercando il bel viso sereno
2.27.4 che gli avea il cor di mezzo il petto tolto:
2.27.5 ma, per ubidir Carlo, nondimeno
2.27.6 a quella via si fu subito volto,
2.27.7 et a Calesse in poche ore trovossi;
2.27.8 e giunto, il dì medesimo imbarcossi.
2.28.1 Contra la voluntà d' ogni nocchiero,
2.28.2 pel gran desir che di tornare avea,
2.28.3 entrò nel mar ch' era turbato e fiero,
2.28.4 e gran procella minacciar parea.
2.28.5 Il Vento si sdegnò, che da l' altiero
2.28.6 sprezzar si vide; e con tempesta rea
2.28.7 sollevò il mar intorno, e con tal rabbia,
2.28.8 che gli mandò a bagnar sino alla gabbia.
2.29.1 Calano tosto i marinari accorti
2.29.2 le maggior vele, e pensano dar volta,
2.29.3 e ritornar ne li medesmi porti
2.29.4 donde in mal punto avean la nave sciolta.
2.29.5 -- Non convien (dice il Vento) ch' io comporti
2.29.6 tanta licenzia che v' avete tolta; --
2.29.7 e soffia e grida e naufragio minaccia,
2.29.8 s' altrove van, che dove egli li caccia.
2.30.1 Or a poppa, or all' orza hann' il crudele,
2.30.2 che mai non cessa, e vien più ognor crescendo:
2.30.3 essi di qua di là con umil vele
2.30.4 vansi aggirando, e l' alto mar scorrendo.
2.30.5 Ma perché varie fila a varie tele
2.30.6 uopo mi son, che tutte ordire intendo,
2.30.7 lascio Rinaldo e l' agitata prua,
2.30.8 e torno a dir di Bradamante sua.
2.31.1 Io parlo di quella inclita donzella,
2.31.2 per cui re Sacripante in terra giacque,
2.31.3 che di questo signor degna sorella,
2.31.4 del duca Amone e di Beatrice nacque.
2.31.5 La gran possanza e il molto ardir di quella
2.31.6 non meno a Carlo e tutta Francia piacque
2.31.7 (che più d' un paragon ne vide saldo),
2.31.8 che 'l lodato valor del buon Rinaldo.
2.32.1 La donna amata fu da un cavalliero
2.32.2 che d' Africa passò col re Agramante,
2.32.3 che partorì del seme di Ruggiero
2.32.4 la disperata figlia d' Agolante:
2.32.5 e costei, che né d' orso né di fiero
2.32.6 leone uscì, non sdegnò tal amante;
2.32.7 ben che concesso, fuor che vedersi una
2.32.8 volta e parlarsi, non ha lor Fortuna.
2.33.1 Quindi cercando Bradamante gìa
2.33.2 l' amante suo, ch' avea nome dal padre,
2.33.3 così sicura senza compagnia,
2.33.4 come avesse in sua guardia mille squadre:
2.33.5 e fatto ch' ebbe il re di Circassia
2.33.6 battere il volto de l' antiqua madre,
2.33.7 traversò un bosco, e dopo il bosco un monte,
2.33.8 tanto che giunse ad una bella fonte.
2.34.1 La fonte discorrea per mezzo un prato,
2.34.2 d' arbori antiqui e di bell' ombre adorno,
2.34.3 ch' i vïandanti col mormorio grato
2.34.4 a ber invita e a far seco soggiorno:
2.34.5 un culto monticel dal manco lato
2.34.6 le difende il calor del mezzo giorno.
2.34.7 Quivi, come i begli occhi prima torse,
2.34.8 d' un cavallier la giovane s' accorse;
2.35.1 d' un cavallier, ch' all' ombra d' un boschetto,
2.35.2 nel margin verde e bianco e rosso e giallo
2.35.3 sedea pensoso, tacito e soletto
2.35.4 sopra quel chiaro e liquido cristallo.
2.35.5 Lo scudo non lontan pende e l' elmetto
2.35.6 dal faggio, ove legato era il cavallo;
2.35.7 et avea gli occhi molli e 'l viso basso,
2.35.8 e si mostrava addolorato e lasso.
2.36.1 Questo disir, ch' a tutti sta nel core,
2.36.2 de' fatti altrui sempre cercar novella,
2.36.3 fece a quel cavallier del suo dolore
2.36.4 la cagion domandar da la donzella.
2.36.5 Egli l' aperse e tutta mostrò fuore,
2.36.6 dal cortese parlar mosso di quella,
2.36.7 e dal sembiante altier, ch' al primo sguardo
2.36.8 gli sembrò di guerrier molto gagliardo.
2.37.1 E cominciò: -- Signor, io conducea
2.37.2 pedoni e cavallieri, e venìa in campo
2.37.3 là dove Carlo Marsilio attendea,
2.37.4 perch' al scender del monte avesse inciampo;
2.37.5 e una giovane bella meco avea,
2.37.6 del cui fervido amor nel petto avampo:
2.37.7 e ritrovai presso a Rodonna armato
2.37.8 un che frenava un gran destriero alato.
2.38.1 Tosto che 'l ladro, o sia mortale, o sia
2.38.2 una de l' infernali anime orrende,
2.38.3 vede la bella e cara donna mia;
2.38.4 come falcon che per ferir discende,
2.38.5 cala e poggia in uno atimo, e tra via
2.38.6 getta le mani, e lei smarrita prende.
2.38.7 Ancor non m' era accorto de l' assalto,
2.38.8 che de la donna io senti' il grido in alto.
2.39.1 Così il rapace nibio furar suole
2.39.2 il misero pulcin presso alla chioccia,
2.39.3 che di sua inavvertenza poi si duole,
2.39.4 e invan gli grida, e invan dietro gli croccia.
2.39.5 Io non posso seguir un uom che vole,
2.39.6 chiuso tra' monti, a piè d' un' erta roccia:
2.39.7 stanco ho il destrier, che muta a pena i passi
2.39.8 ne l' aspre vie de' faticosi sassi.
2.40.1 Ma, come quel che men curato avrei
2.40.2 vedermi trar di mezzo il petto il core,
2.40.3 lasciai lor via seguir quegli altri miei,
2.40.4 senza mia guida e senza alcun rettore:
2.40.5 per li scoscesi poggi e manco rei
2.40.6 presi la via che mi mostrava Amore,
2.40.7 e dove mi parea che quel rapace
2.40.8 portassi il mio conforto e la mia pace.
2.41.1 Sei giorni me n' andai matina e sera
2.41.2 per balze e per pendici orride e strane,
2.41.3 dove non via, dove sentier non era,
2.41.4 dove né segno di vestigie umane;
2.41.5 poi giunse in una valle inculta e fiera,
2.41.6 di ripe cinta e spaventose tane,
2.41.7 che nel mezzo s' un sasso avea un castello
2.41.8 forte e ben posto, a maraviglia bello.
2.42.1 Da lungi par che come fiamma lustri,
2.42.2 né sia di terra cotta, né di marmi.
2.42.3 Come più m' avicino ai muri illustri,
2.42.4 l' opra più bella e più mirabil parmi.
2.42.5 E seppi poi, come i demoni industri,
2.42.6 da suffumigi tratti e sacri carmi,
2.42.7 tutto d' acciaio avean cinto il bel loco,
2.42.8 temprato all' onda et allo stigio foco.
2.43.1 Di sì forbito acciar luce ogni torre,
2.43.2 che non vi può né ruggine né macchia.
2.43.3 Tutto il paese giorno e notte scorre,
2.43.4 e poi là dentro il rio ladron s' immacchia.
2.43.5 Cosa non ha ripar che voglia tôrre:
2.43.6 sol dietro invan se li bestemia e gracchia.
2.43.7 Quivi la donna, anzi il mio cor mi tiene,
2.43.8 che di mai ricovrar lascio ogni spene.
2.44.1 Ah lasso! che poss' io più che mirare
2.44.2 la ròcca lungi, ove il mio ben m' è chiuso?
2.44.3 come la volpe, che 'l figlio gridare
2.44.4 nel nido oda de l' aquila di giuso,
2.44.5 s' aggira intorno, e non sa che si fare,
2.44.6 poi che l' ali non ha da gir là suso.
2.44.7 Erto è quel sasso sì, tale è il castello,
2.44.8 che non vi può salir chi non è augello.
2.45.1 Mentre io tardava quivi, ecco venire
2.45.2 duo cavallier ch' avean per guida un nano,
2.45.3 che la speranza aggiunsero al desire;
2.45.4 ma ben fu la speranza e il desir vano.
2.45.5 Ambi erano guerrier di sommo ardire:
2.45.6 era Gradasso l' un, re sericano;
2.45.7 era l' altro Ruggier, giovene forte,
2.45.8 pregiato assai ne l' africana corte.
2.46.1 " Vengon (mi disse il nano) per far pruova
2.46.2 di lor virtù col sir di quel castello,
2.46.3 che per via strana, inusitata e nuova
2.46.4 cavalca armato il quadrupede augello".
2.46.5 " Deh, signor (dissi io lor), pietà vi muova
2.46.6 del duro caso mio spietato e fello!
2.46.7 Quando, come ho speranza, voi vinciate,
2.46.8 vi prego la mia donna mi rendiate".
2.47.1 E come mi fu tolta lor narrai,
2.47.2 con lacrime affermando il dolor mio.
2.47.3 Quei, lor mercé, mi proferiro assai,
2.47.4 e giù calaro il poggio alpestre e rio.
2.47.5 Di lontan la battaglia io riguardai,
2.47.6 pregando per la lor vittoria Dio.
2.47.7 Era sotto il castel tanto di piano,
2.47.8 quanto in due volte si può trar con mano.
2.48.1 Poi che fur giunti a piè de l' alta ròcca,
2.48.2 l' uno e l' altro volea combatter prima;
2.48.3 pur a Gradasso, o fosse sorte, tocca,
2.48.4 o pur che non ne fe' Ruggier più stima.
2.48.5 Quel Serican si pone il corno a bocca:
2.48.6 rimbomba il sasso e la fortezza in cima.
2.48.7 Ecco apparire il cavalliero armato
2.48.8 fuor de la porta, e sul cavallo alato.
2.49.1 Cominciò a poco a poco indi a levarse,
2.49.2 come suol far la peregrina grue,
2.49.3 che corre prima, e poi vediamo alzarse
2.49.4 alla terra vicina un braccio o due;
2.49.5 e quando tutte sono all' aria sparse,
2.49.6 velocissime mostra l' ale sue.
2.49.7 Sì ad alto il negromante batte l' ale,
2.49.8 ch' a tanta altezza a pena aquila sale.
2.50.1 Quando gli parve poi, volse il destriero,
2.50.2 che chiuse i vanni e venne a terra a piombo,
2.50.3 come casca dal ciel falcon maniero
2.50.4 che levar veggia l' anitra o il colombo.
2.50.5 Con la lancia arrestata il cavalliero
2.50.6 l' aria fendendo vien d' orribil rombo.
2.50.7 Gradasso a pena del calar s' avede,
2.50.8 che se lo sente addosso e che lo fiede.
2.51.1 Sopra Gradasso il mago l' asta roppe;
2.51.2 ferì Gradasso il vento e l' aria vana:
2.51.3 per questo il volator non interroppe
2.51.4 il batter l' ale, e quindi s' allontana.
2.51.5 Il grave scontro fa chinar le groppe
2.51.6 sul verde prato alla gagliarda alfana.
2.51.7 Gradasso avea una alfana, la più bella
2.51.8 e la miglior che mai portasse sella.
2.52.1 Sin alle stelle il volator trascorse;
2.52.2 indi girossi e tornò in fretta al basso,
2.52.3 e percosse Ruggier che non s' accorse,
2.52.4 Ruggier che tutto intento era a Gradasso.
2.52.5 Ruggier del grave colpo si distorse,
2.52.6 e 'l suo destrier più rinculò d' un passo:
2.52.7 e quando si voltò per lui ferire,
2.52.8 da sé lontano il vide al ciel salire.
2.53.1 Or su Gradasso, or su Ruggier percote
2.53.2 ne la fronte, nel petto e ne la schiena,
2.53.3 e le botte di quei lascia ognor vòte,
2.53.4 perché è sì presto, che si vede a pena.
2.53.5 Girando va con spazïose rote,
2.53.6 e quando all' uno accenna, all' altro mena:
2.53.7 all' uno e all' altro sì gli occhi abbarbaglia,
2.53.8 che non ponno veder donde gli assaglia.
2.54.1 Fra duo guerrieri in terra et uno in cielo
2.54.2 la battaglia durò sin a quella ora,
2.54.3 che spiegando pel mondo oscuro velo,
2.54.4 tutte le belle cose discolora.
2.54.5 Fu quel ch' io dico, e non v' aggiungo un pelo:
2.54.6 io 'l vidi, i' 'l so; né m' assicuro ancora
2.54.7 di dirlo altrui; che questa maraviglia
2.54.8 al falso più ch' al ver si rassimiglia.
2.55.1 D' un bel drappo di seta avea coperto
2.55.2 lo scudo in braccio il cavallier celeste.
2.55.3 Come avesse, non so, tanto sofferto
2.55.4 di tenerlo nascosto in quella veste;
2.55.5 ch' immantinente che lo mostra aperto,
2.55.6 forza è, chi 'l mira, abbarbagliato reste,
2.55.7 e cada come corpo morto cade,
2.55.8 e venga al negromante in potestade.
2.56.1 Splende lo scudo a guisa di piropo,
2.56.2 e luce altra non è tanto lucente.
2.56.3 Cadere in terra allo splendor fu d' uopo
2.56.4 con gli occhi abbacinati, e senza mente.
2.56.5 Perdei da lungi anch' io li sensi, e dopo
2.56.6 gran spazio mi rïebbi finalmente;
2.56.7 né più i guerrier né più vidi quel nano,
2.56.8 ma vòto il campo, e scuro il monte e il piano.
2.57.1 Pensai per questo che l' incantatore
2.57.2 avesse amendui colti a un tratto insieme,
2.57.3 e tolto per virtù de lo splendore
2.57.4 la libertade a-lloro, e a me la speme.
2.57.5 Così a quel loco, che chiudea il mio core,
2.57.6 dissi, partendo, le parole estreme.
2.57.7 Or giudicate s' altra pena ria,
2.57.8 che causi Amor, può pareggiar la mia. --
2.58.1 Ritornò il cavallier nel primo duolo,
2.58.2 fatta che n' ebbe la cagion palese.
2.58.3 Questo era il conte Pinabel, figliuolo
2.58.4 d' Anselmo d' Altaripa, maganzese;
2.58.5 che tra sua gente scelerata, solo
2.58.6 leale esser non vòlse né cortese,
2.58.7 ma ne li vizii abominandi e brutti
2.58.8 non pur gli altri adeguò, ma passò tutti.
2.59.1 La bella donna con diverso aspetto
2.59.2 stette ascoltando il Maganzese cheta;
2.59.3 che come prima di Ruggier fu detto,
2.59.4 nel viso si mostrò più che mai lieta:
2.59.5 ma quando sentì poi ch' era in distretto,
2.59.6 turbossi tutta d' amorosa pieta;
2.59.7 né per una o due volte contentosse
2.59.8 che ritornato a replicar le fosse.
2.60.1 E poi ch' al fin le parve esserne chiara,
2.60.2 gli disse: -- Cavallier, datti riposo;
2.60.3 che ben può la mia giunta esserti cara,
2.60.4 parerti questo giorno aventuroso.
2.60.5 Andiam pur tosto a quella stanza avara,
2.60.6 che sì ricco tesor ci tiene ascoso;
2.60.7 né spesa sarà invan questa fatica,
2.60.8 se Fortuna non m' è troppo nemica. --
2.61.1 Rispose il cavallier: -- Tu vòi ch' io passi
2.61.2 di nuovo i monti, e mostriti la via?
2.61.3 A me molto non è perdere i passi,
2.61.4 perduta avendo ogni altra cosa mia;
2.61.5 ma tu per balze e ruinosi sassi
2.61.6 cerchi entrar in pregione; e così sia.
2.61.7 Non hai di che dolerti di me, poi
2.61.8 ch' io tel predìco, e tu pur gir vi vòi. --
2.62.1 Così dice egli, e torna al suo destriero,
2.62.2 e di quella animosa si fa guida,
2.62.3 che si mette a periglio per Ruggiero,
2.62.4 che la pigli quel mago o che la ancida.
2.62.5 In questo, ecco alle spalle il messaggiero,
2.62.6 ch': -- Aspetta, aspetta! -- a tutta voce grida,
2.62.7 il messaggier da chi il Circasso intese
2.62.8 che costei fu ch' all' erba lo distese.
2.63.1 A Bradamante il messaggier novella
2.63.2 di Mompolier e di Narbona porta,
2.63.3 ch' alzato li stendardi di Castella
2.63.4 avean, con tutto il lito d' Acquamorta;
2.63.5 e che Marsilia, non v' essendo quella
2.63.6 che la dovea guardar, mal si conforta,
2.63.7 e consiglio e soccorso le domanda
2.63.8 per questo messo, e se le raccomanda.
2.64.1 Questa cittade, e intorno a molte miglia
2.64.2 ciò che fra Varo e Rodano al mar siede,
2.64.3 avea l' imperator dato alla figlia
2.64.4 del duca Amon, in ch' avea speme e fede;
2.64.5 però che 'l suo valor con maraviglia
2.64.6 riguardar suol, quando armeggiar la vede.
2.64.7 Or, com' io dico, a domandar aiuto
2.64.8 quel messo da Marsilia era venuto.
2.65.1 Tra sì e no la giovane suspesa,
2.65.2 di voler ritornar dubita un poco:
2.65.3 quinci l' onore e il debito le pesa,
2.65.4 quindi l' incalza l' amoroso foco.
2.65.5 Fermasi al fin di seguitar l' impresa,
2.65.6 e trar Ruggier de l' incantato loco;
2.65.7 e quando sua virtù non possa tanto,
2.65.8 almen restargli prigioniera a canto.
2.66.1 E fece iscusa tal, che quel messaggio
2.66.2 parve contento rimanere e cheto.
2.66.3 Indi girò la briglia al suo vïaggio,
2.66.4 con Pinabel che non ne parve lieto;
2.66.5 che seppe esser costei di quel lignaggio
2.66.6 che tanto ha in odio in publico e in secreto:
2.66.7 e già s' avisa le future angosce,
2.66.8 se lui per maganzese ella conosce.
2.67.1 Tra casa di Maganza e di Chiarmonte
2.67.2 era odio antico e inimicizia intensa;
2.67.3 e più volte s' avean rotta la fronte,
2.67.4 e sparso di lor sangue copia immensa:
2.67.5 e però nel suo cor l' iniquo conte
2.67.6 tradir l' incauta giovane si pensa;
2.67.7 o, come prima commodo gli accada,
2.67.8 lasciarla sola, e trovar altra strada.
2.68.1 E tanto gli occupò la fantasia
2.68.2 il nativo odio, il dubbio e la paura,
2.68.3 ch' inavedutamente uscì di via:
2.68.4 e ritrovossi in una selva oscura,
2.68.5 che nel mezzo avea un monte che finia
2.68.6 la nuda cima in una pietra dura;
2.68.7 e la figlia del duca di Dordona
2.68.8 gli è sempre dietro, e mai non l' abandona.
2.69.1 Come si vide il Maganzese al bosco,
2.69.2 pensò tôrsi la donna da le spalle.
2.69.3 Disse: -- Prima che 'l ciel torni più fosco,
2.69.4 verso uno albergo è meglio farsi il calle.
2.69.5 Oltra quel monte, s' io lo riconosco,
2.69.6 siede un ricco castel giù ne la valle.
2.69.7 Tu qui m' aspetta; che dal nudo scoglio
2.69.8 certificar con gli occhi me ne voglio. --
2.70.1 Così dicendo, alla cima superna
2.70.2 del solitario monte il destrier caccia,
2.70.3 mirando pur s' alcuna via discerna,
2.70.4 come lei possa tor da la sua traccia.
2.70.5 Ecco nel sasso truova una caverna,
2.70.6 che si profonda più di trenta braccia.
2.70.7 Tagliato a picchi et a scarpelli il sasso
2.70.8 scende giù al dritto, et ha una porta al basso.
2.71.1 Nel fondo avea una porta ampla e capace,
2.71.2 ch' in maggior stanza largo adito dava;
2.71.3 e fuor n' uscia splendor, come di face
2.71.4 ch' ardesse in mezzo alla montana cava.
2.71.5 Mentre quivi il fellon suspeso tace,
2.71.6 la donna, che da lungi il seguitava
2.71.7 (perché perderne l' orme si temea),
2.71.8 alla spelonca gli sopragiungea.
2.72.1 Poi che si vide il traditore uscire,
2.72.2 quel ch' avea prima disegnato, invano,
2.72.3 o da sé torla, o di farla morire,
2.72.4 nuovo argumento imaginossi e strano.
2.72.5 Le si fe' incontra, e su la fe' salire
2.72.6 là dove il monte era forato e vano;
2.72.7 e le disse ch' avea visto nel fondo
2.72.8 una donzella di viso giocondo,
2.73.1 ch' a' bei sembianti et alla ricca vesta
2.73.2 esser parea di non ignobil grado;
2.73.3 ma, quanto più potea, turbata e mesta,
2.73.4 mostrava esservi chiusa suo mal grado:
2.73.5 e per saper la condizion di questa,
2.73.6 ch' avea già cominciato a entrar nel guado;
2.73.7 e che era uscito de l' interna grotta
2.73.8 un che dentro a furor l' avea ridotta.
2.74.1 Bradamante, che come era animosa,
2.74.2 così mal cauta, a Pinabel diè fede;
2.74.3 e d' aiutar la donna disïosa,
2.74.4 si pensa come por colà giù il piede.
2.74.5 Ecco d' un olmo alla cima frondosa
2.74.6 volgendo gli occhi, un lungo ramo vede;
2.74.7 e con la spada quel subito tronca,
2.74.8 e lo declina giù ne la spelonca.
2.75.1 Dove è tagliato, in man lo raccomanda
2.75.2 a Pinabello, e poscia a quel s' apprende:
2.75.3 prima giù i piedi ne la tana manda,
2.75.4 e su le braccia tutta si suspende.
2.75.5 Sorride Pinabello, e le domanda
2.75.6 come ella salti; e le man apre e stende,
2.75.7 dicendole: -- Qui fosser teco insieme
2.75.8 tutti li tuoi, ch' io ne spegnessi il seme! --
2.76.1 Non come vòlse Pinabello avenne
2.76.2 de l' innocente giovane la sorte;
2.76.3 perché, giù diroccando, a ferir venne
2.76.4 prima nel fondo il ramo saldo e forte.
2.76.5 Ben si spezzò, ma tanto la sostenne,
2.76.6 che 'l suo favor la liberò da morte.
2.76.7 Giacque stordita la donzella alquanto,
2.76.8 come io vi seguirò ne l' altro canto.
CANTO III
3.1.1 Chi mi darà la voce e le parole
3.1.2 convenïenti a sì nobil suggetto?
3.1.3 chi l' ale al verso presterà, che vole
3.1.4 tanto ch' arrivi all' alto mio concetto?
3.1.5 Molto maggior di quel furor che suole,
3.1.6 ben or convien che mi riscaldi il petto;
3.1.7 che questa parte al mio signor si debbe,
3.1.8 che canta gli avi onde l' origine ebbe:
3.2.1 di cui fra tutti li signori illustri,
3.2.2 dal ciel sortiti a governar la terra,
3.2.3 non vedi, o Febo, che 'l gran mondo lustri,
3.2.4 più glorïosa stirpe o in pace o in guerra;
3.2.5 né che sua nobiltade abbia più lustri
3.2.6 servata, e servarà (s' in me non erra
3.2.7 quel profetico lume che m' inspiri)
3.2.8 fin che d' intorno al polo il ciel s' aggiri.
3.3.1 E volendone a pien dicer gli onori,
3.3.2 bisogna non la mia, ma quella cetra
3.3.3 con che tu dopo i gigantei furori
3.3.4 rendesti grazia al regnator de l' etra.
3.3.5 S' instrumenti avrò mai da te migliori,
3.3.6 atti a sculpire in così degna pietra,
3.3.7 in queste belle imagini disegno
3.3.8 porre ogni mia fatica, ogni mio ingegno.
3.4.1 Levando intanto queste prime rudi
3.4.2 scaglie n' andrò con lo scarpello inetto:
3.4.3 forse ch' ancor con più solerti studi
3.4.4 poi ridurrò questo lavor perfetto.
3.4.5 Ma ritorniamo a quello, a cui né scudi
3.4.6 potran né usberghi assicurare il petto:
3.4.7 parlo di Pinabello di Maganza,
3.4.8 che d' uccider la donna ebbe speranza.
3.5.1 Il traditor pensò che la donzella
3.5.2 fosse ne l' alto precipizio morta;
3.5.3 e con pallida faccia lasciò quella
3.5.4 trista e per lui contaminata porta,
3.5.5 e tornò presto a rimontare in sella:
3.5.6 e come quel ch' avea l' anima torta,
3.5.7 per giunger colpa a colpa e fallo a fallo,
3.5.8 di Bradamante ne menò il cavallo.
3.6.1 Lasciàn costui, che mentre all' altrui vita
3.6.2 ordisce inganno, il suo morir procura;
3.6.3 e torniamo alla donna che, tradita,
3.6.4 quasi ebbe a un tempo e morte e sepoltura.
3.6.5 Poi ch' ella si levò tutta stordita,
3.6.6 ch' avea percosso in su la pietra dura,
3.6.7 dentro la porta andò, ch' adito dava
3.6.8 ne la seconda assai più larga cava.
3.7.1 La stanza, quadra e spazïosa, pare
3.7.2 una devota e venerabil chiesa,
3.7.3 che su colonne alabastrine e rare
3.7.4 con bella architettura era suspesa.
3.7.5 Surgea nel mezzo un ben locato altare,
3.7.6 ch' avea dinanzi una lampada accesa;
3.7.7 e quella di splendente e chiaro foco
3.7.8 rendea gran lume all' uno e all' altro loco.
3.8.1 Di devota umiltà la donna tocca,
3.8.2 come si vide in loco sacro e pio,
3.8.3 incominciò col core e con la bocca,
3.8.4 inginocchiata, a mandar prieghi a Dio.
3.8.5 Un picciol uscio intanto stride e crocca,
3.8.6 ch' era all' incontro, onde una donna uscìo
3.8.7 discinta e scalza, e sciolte avea le chiome,
3.8.8 che la donzella salutò per nome.
3.9.1 E disse: -- O generosa Bradamante,
3.9.2 non giunta qui senza voler divino,
3.9.3 di te più giorni m' ha predetto inante
3.9.4 il profetico spirto di Merlino,
3.9.5 che visitar le sue reliquie sante
3.9.6 dovevi per insolito camino:
3.9.7 e qui son stata acciò ch' io ti riveli
3.9.8 quel c' han di te già statuito i cieli.
3.10.1 Questa è l' antiqua e memorabil grotta
3.10.2 ch' edificò Merlino, il savio mago
3.10.3 che forse ricordare odi talotta,
3.10.4 dove ingannollo la Donna del Lago.
3.10.5 Il sepolcro è qui giù, dove corrotta
3.10.6 giace la carne sua; dove egli, vago
3.10.7 di sodisfare a lei, che glil suase,
3.10.8 vivo corcossi, e morto ci rimase.
3.11.1 Col corpo morto il vivo spirto alberga,
3.11.2 sin ch' oda il suon de l' angelica tromba
3.11.3 che dal ciel lo bandisca o che ve l' erga,
3.11.4 secondo che sarà corvo o colomba.
3.11.5 Vive la voce; e come chiara emerga,
3.11.6 udir potrai da la marmorea tomba,
3.11.7 che le passate e le future cose
3.11.8 a chi gli domandò, sempre rispose.
3.12.1 Più giorni son ch' in questo cimiterio
3.12.2 venni di remotissimo paese,
3.12.3 perché circa il mio studio alto misterio
3.12.4 mi facesse Merlin meglio palese:
3.12.5 e perché ebbi vederti desiderio,
3.12.6 poi ci son stata oltre il disegno un mese;
3.12.7 che Merlin, che 'l ver sempre mi predisse,
3.12.8 termine al venir tuo questo dì fisse. --
3.13.1 Stassi d' Amon la sbigottita figlia
3.13.2 tacita e fissa al ragionar di questa;
3.13.3 et ha sì pieno il cor di maraviglia,
3.13.4 che non sa s' ella dorme o s' ella è desta:
3.13.5 e con rimesse e vergognose ciglia
3.13.6 (come quella che tutta era modesta)
3.13.7 rispose: -- Di che merito son io,
3.13.8 ch' antiveggian profeti il venir mio? --
3.14.1 E lieta de l' insolita aventura,
3.14.2 dietro alla maga subito fu mossa,
3.14.3 che la condusse a quella sepoltura
3.14.4 che chiudea di Merlin l' anima e l' ossa.
3.14.5 Era quella arca d' una pietra dura,
3.14.6 lucida e tersa, e come fiamma rossa;
3.14.7 tal ch' alla stanza, ben che di sol priva,
3.14.8 dava splendore il lume che n' usciva.
3.15.1 O che natura sia d' alcuni marmi
3.15.2 che muovin l' ombre a guisa di facelle,
3.15.3 o forza pur di suffumigi e carmi
3.15.4 e segni impressi all' osservate stelle
3.15.5 (come più questo verisimil parmi),
3.15.6 discopria lo splendor più cose belle
3.15.7 e di scultura e di color, ch' intorno
3.15.8 il venerabil luogo aveano adorno.
3.16.1 A pena ha Bradamante da la soglia
3.16.2 levato il piè ne la secreta cella,
3.16.3 che 'l vivo spirto da la morta spoglia
3.16.4 con chiarissima voce le favella:
3.16.5 -- Favorisca Fortuna ogni tua voglia,
3.16.6 o casta e nobilissima donzella,
3.16.7 del cui ventre uscirà il seme fecondo
3.16.8 che onorar deve Italia e tutto il mondo.
3.17.1 L' antiquo sangue che venne da Troia,
3.17.2 per li duo miglior rivi in te commisto,
3.17.3 produrrà l' ornamento, il fior, la gioia
3.17.4 d' ogni lignaggio ch' abbi il sol mai visto
3.17.5 tra l' Indo e 'l Tago e 'l Nilo e la Danoia,
3.17.6 tra quanto è 'n mezzo Antartico e Calisto.
3.17.7 Ne la progenie tua con sommi onori
3.17.8 saran marchesi, duci e imperatori.
3.18.1 I capitani e i cavallier robusti
3.18.2 quindi usciran, che col ferro e col senno
3.18.3 ricuperar tutti gli onor vetusti
3.18.4 de l' arme invitte alla sua Italia denno.
3.18.5 Quindi terran lo scettro i signor giusti,
3.18.6 che, come il savio Augusto e Numa fenno,
3.18.7 sotto il benigno e buon governo loro
3.18.8 ritorneran la prima età de l' oro.
3.19.1 Acciò dunque il voler del ciel si metta
3.19.2 in effetto per te, che di Ruggiero
3.19.3 t' ha per moglier fin da principio eletta,
3.19.4 segue animosamente il tuo sentiero;
3.19.5 che cosa non sarà che s' intrometta
3.19.6 da poterti turbar questo pensiero,
3.19.7 sì che non mandi al primo assalto in terra
3.19.8 quel rio ladron ch' ogni tuo ben ti serra. --
3.20.1 Tacque Merlino avendo così detto,
3.20.2 et agio all' opre de la maga diede,
3.20.3 ch' a Bradamante dimostrar l' aspetto
3.20.4 si preparava di ciascun suo erede.
3.20.5 Avea de spirti un gran numero eletto,
3.20.6 non so se da l' inferno o da qual sede,
3.20.7 e tutti quelli in un luogo raccolti
3.20.8 sotto abiti diversi e varii volti.
3.21.1 Poi la donzella a sé richiama in chiesa,
3.21.2 là dove prima avea tirato un cerchio
3.21.3 che la potea capir tutta distesa,
3.21.4 et avea un palmo ancora di superchio.
3.21.5 E perché da li spirti non sia offesa,
3.21.6 le fa d' un gran pentacolo coperchio;
3.21.7 e le dice che taccia e stia a mirarla:
3.21.8 poi scioglie il libro, e coi demoni parla.
3.22.1 Eccovi fuor de la prima spelonca,
3.22.2 che gente intorno al sacro cerchio ingrossa;
3.22.3 ma, come vuole entrar, la via l' è tronca,
3.22.4 come lo cinga intorno muro e fossa.
3.22.5 In quella stanza, ove la bella conca
3.22.6 in sé chiudea del gran profeta l' ossa,
3.22.7 entravan l' ombre, poi ch' avean tre volte
3.22.8 fatto d' intorno lor debite volte.
3.23.1 -- Se i nomi e i gesti di ciascun vo' dirti
3.23.2 (dicea l' incantatrice a Bradamante),
3.23.3 di questi ch' or per gl' incantati spirti,
3.23.4 prima che nati sien, ci sono avante,
3.23.5 non so veder quando abbia da espedirti;
3.23.6 che non basta una notte a cose tante:
3.23.7 sì ch' io te ne verrò scegliendo alcuno,
3.23.8 secondo il tempo, e che sarà oportuno.
3.24.1 Vedi quel primo che ti rassimiglia
3.24.2 ne' bei sembianti e nel giocondo aspetto:
3.24.3 capo in Italia fia di tua famiglia,
3.24.4 del seme di Ruggiero in te concetto.
3.24.5 Veder del sangue di Pontier vermiglia
3.24.6 per mano di costui la terra aspetto,
3.24.7 e vendicato il tradimento e il torto
3.24.8 contra quei che gli avranno il padre morto.
3.25.1 Per opra di costui sarà deserto
3.25.2 il re de' Longobardi Desiderio:
3.25.3 d' Este e di Calaon per questo merto
3.25.4 il bel domìno avrà dal sommo Imperio.
3.25.5 Quel che gli è dietro, è il tuo nipote Uberto,
3.25.6 onor de l' arme e del paese esperio:
3.25.7 per costui contra barbari difesa
3.25.8 più d' una volta fia la santa Chiesa.
3.26.1 Vedi qui Alberto, invitto capitano
3.26.2 ch' ornerà di trofei tanti delubri:
3.26.3 Ugo il figlio è con lui, che di Milano
3.26.4 farà l' acquisto, e spiegherà i colubri.
3.26.5 Azzo è quell' altro, a cui resterà in mano,
3.26.6 dopo il fratello, il regno degl' Insubri.
3.26.7 Ecco Albertazzo, il cui savio consiglio
3.26.8 torrà d' Italia Beringario e il figlio;
3.27.1 e sarà degno a cui Cesare Otone
3.27.2 Alda, sua figlia, in matrimonio aggiunga.
3.27.3 Vedi un altro Ugo: oh bella successione,
3.27.4 che dal patrio valor non si dislunga!
3.27.5 Costui sarà, che per giusta cagione
3.27.6 ai superbi Roman l' orgoglio emunga,
3.27.7 che 'l terzo Otone e il pontefice tolga
3.27.8 de le man loro, e 'l grave assedio sciolga.
3.28.1 Vedi Folco, che par ch' al suo germano,
3.28.2 ciò che in Italia avea, tutto abbi dato,
3.28.3 e vada a possedere indi lontano
3.28.4 in mezzo agli Alamanni un gran ducato;
3.28.5 e dia alla casa di Sansogna mano,
3.28.6 che caduta sarà tutta da un lato;
3.28.7 e per la linea de la madre, erede,
3.28.8 con la progenie sua la terrà in piede.
3.29.1 Questo ch' or a nui viene è il secondo Azzo,
3.29.2 di cortesia più che di guerre amico,
3.29.3 tra dui figli, Bertoldo et Albertazzo.
3.29.4 Vinto da l' un sarà il secondo Enrico,
3.29.5 e del sangue tedesco orribil guazzo
3.29.6 Parma vedrà per tutto il campo aprico;
3.29.7 de l' altro la contessa glorïosa,
3.29.8 saggia e casta Matilde, sarà sposa.
3.30.1 Virtù il farà di tal connubio degno;
3.30.2 ch' a quella età non poca laude estimo
3.30.3 quasi di mezza Italia in dote il regno,
3.30.4 e la nipote aver d' Enrico primo.
3.30.5 Ecco di quel Bertoldo il caro pegno,
3.30.6 Rinaldo tuo, ch' avrà l' onor opimo
3.30.7 d' aver la Chiesa de le man riscossa
3.30.8 de l' empio Federico Barbarossa.
3.31.1 Ecco un altro Azzo, et è quel che Verona
3.31.2 avrà in poter col suo bel tenitorio;
3.31.3 e sarà detto marchese d' Ancona
3.31.4 dal quarto Otone e dal secondo Onorio.
3.31.5 Lungo sarà s' io mostro ogni persona
3.31.6 del sangue tuo, ch' avrà del consistorio
3.31.7 il confalone, e s' io narro ogni impresa
3.31.8 vinta da lor per la romana Chiesa.
3.32.1 Obizzo vedi e Folco, altri Azzi, altri Ughi,
3.32.2 ambi gli Enrichi, il figlio al padre a canto;
3.32.3 duo Guelfi, di quai l' uno Umbria suggiughi,
3.32.4 e vesta di Spoleti il ducal manto.
3.32.5 Ecco che 'l sangue e le gran piaghe asciughi
3.32.6 d' Italia afflitta, e volga in riso il pianto:
3.32.7 di costui parlo (e mostrolle Azzo quinto)
3.32.8 onde Ezellin fia rotto, preso, estinto.
3.33.1 Ezellino, immanissimo tiranno,
3.33.2 che fia creduto figlio del demonio,
3.33.3 farà, troncando i sudditi, tal danno,
3.33.4 e distruggendo il bel paese ausonio,
3.33.5 che pietosi apo lui stati saranno
3.33.6 Mario, Silla, Neron, Caio et Antonio.
3.33.7 E Federico imperator secondo
3.33.8 fia per questo Azzo rotto e messo al fondo.
3.34.1 Terrà costui con più felice scettro
3.34.2 la bella terra che siede sul fiume
3.34.3 dove chiamò con lacrimoso plettro
3.34.4 Febo il figliuol ch' avea mal retto il lume,
3.34.5 quando fu pianto il fabuloso elettro,
3.34.6 e Cigno si vestì di bianche piume;
3.34.7 e questa di mille oblighi mercede
3.34.8 gli donerà l' Apostolica sede.
3.35.1 Dove lascio il fratel Aldrobandino?
3.35.2 che per dar al pontefice soccorso
3.35.3 contra Oton quarto e il campo ghibellino
3.35.4 che sarà presso al Campidoglio corso,
3.35.5 et avrà preso ogni luogo vicino,
3.35.6 e posto agli Umbri e alli Piceni il morso;
3.35.7 né potendo prestargli aiuto senza
3.35.8 molto tesor, ne chiederà a Fiorenza;
3.36.1 e non avendo gioie o miglior pegni,
3.36.2 per sicurtà daralle il frate in mano.
3.36.3 Spiegherà i suoi vittorïosi segni,
3.36.4 e romperà l' esercito germano;
3.36.5 in seggio riporrà la Chiesa, e degni
3.36.6 darà supplicii ai conti di Celano;
3.36.7 et al servizio del sommo Pastore
3.36.8 finirà gli anni suoi nel più bel fiore.
3.37.1 Et Azzo, il suo fratel, lascierà erede
3.37.2 del dominio d' Ancona e di Pisauro,
3.37.3 d' ogni città che da Troento siede
3.37.4 tra il mare e l' Apenin fin all' Isauro,
3.37.5 e di grandezza d' animo e di fede,
3.37.6 e di virtù, miglior che gemme et auro:
3.37.7 che dona e tolle ogn' altro ben Fortuna;
3.37.8 sol in virtù non ha possanza alcuna.
3.38.1 Vedi Rinaldo, in cui non minor raggio
3.38.2 splenderà di valor, pur che non sia
3.38.3 a tanta essaltazion del bel lignaggio
3.38.4 Morte o Fortuna invidïosa e ria.
3.38.5 Udirne il duol fin qui da Napoli aggio,
3.38.6 dove del padre allor statico fia.
3.38.7 Or Obizzo ne vien, che giovinetto
3.38.8 dopo l' avo sarà principe eletto.
3.39.1 Al bel dominio accrescerà costui
3.39.2 Reggio giocondo e Modona feroce.
3.39.3 Tal sarà il suo valor, che signor lui
3.39.4 domanderanno i populi a una voce.
3.39.5 Vedi Azzo sesto, un de' figliuoli sui,
3.39.6 confalonier de la cristiana croce:
3.39.7 avrà il ducato d' Andria con la figlia
3.39.8 del secondo re Carlo di Siciglia.
3.40.1 Vedi in un bello et amichevol groppo
3.40.2 de li principi illustri l' eccellenza:
3.40.3 Obizzo, Aldrobandin, Nicolò zoppo,
3.40.4 Alberto, d' amor pieno e di clemenza.
3.40.5 Io tacerò, per non tenerti troppo,
3.40.6 come al bel regno aggiungeran Favenza,
3.40.7 e con maggior fermezza Adria, che valse
3.40.8 da sé nomar l' indomite acque salse;
3.41.1 come la terra, il cui produr di rose
3.41.2 le diè piacevol nome in greche voci,
3.41.3 e la città ch' in mezzo alle piscose
3.41.4 paludi, del Po teme ambe le foci,
3.41.5 dove abitan le genti disïose
3.41.6 che 'l mar si turbi e sieno i venti atroci.
3.41.7 Taccio d' Argenta, di Lugo e di mille
3.41.8 altre castella e populose ville.
3.42.1 Ve' Nicolò, che tenero fanciullo
3.42.2 il popul crea signor de la sua terra,
3.42.3 e di Tideo fa il pensier vano e nullo,
3.42.4 che contra lui le civil arme afferra.
3.42.5 Sarà di questo il pueril trastullo
3.42.6 sudar nel ferro e travagliarsi in guerra;
3.42.7 e da lo studio del tempo primiero
3.42.8 il fior riuscirà d' ogni guerriero.
3.43.1 Farà de' suoi ribelli uscire a vòto
3.43.2 ogni disegno, e lor tornare in danno;
3.43.3 et ogni stratagema avrà sì noto,
3.43.4 che sarà duro il poter fargli inganno.
3.43.5 Tardi di questo s' avedrà il Terzo Oto,
3.43.6 e di Reggio e di Parma aspro tiranno,
3.43.7 che da costui spogliato a un tempo fia
3.43.8 e del dominio e de la vita ria.
3.44.1 Avrà il bel regno poi sempre augumento
3.44.2 senza torcer mai piè dal camin dritto;
3.44.3 né ad alcuno farà mai nocumento,
3.44.4 da cui prima non sia d' ingiuria afflitto:
3.44.5 et è per questo il gran Motor contento
3.44.6 che non gli sia alcun termine prescritto;
3.44.7 ma duri prosperando in meglio sempre,
3.44.8 fin che si volga il ciel ne le sue tempre.
3.45.1 Vedi Leonello, e vedi il primo duce,
3.45.2 fama de la sua età, l' inclito Borso,
3.45.3 che siede in pace, e più trionfo adduce
3.45.4 di quanti in altrui terre abbino corso.
3.45.5 Chiuderà Marte ove non veggia luce,
3.45.6 e stringerà al Furor le mani al dorso.
3.45.7 Di questo signor splendido ogni intento
3.45.8 sarà che 'l popul suo viva contento.
3.46.1 Ercole or vien, ch' al suo vicin rinfaccia,
3.46.2 col piè mezzo arso e con quei debol passi,
3.46.3 come a Budrio col petto e con la faccia
3.46.4 il campo volto in fuga gli fermassi;
3.46.5 non perché in premio poi guerra gli faccia,
3.46.6 né, per cacciarlo, fin nel Barco passi.
3.46.7 Questo è il signor, di cui non so esplicarme
3.46.8 se fia maggior la gloria o in pace o in arme.
3.47.1 Terran Pugliesi, Calabri e Lucani
3.47.2 de' gesti di costui lunga memoria,
3.47.3 là dove avrà dal re de' Catalani
3.47.4 di pugna singular la prima gloria;
3.47.5 e nome tra gl' invitti capitani
3.47.6 s' acquisterà con più d' una vittoria:
3.47.7 avrà per sua virtù la signoria
3.47.8 più di trenta anni, a lui debita pria.
3.48.1 E quanto più aver obligo si possa
3.48.2 a principe, sua terra avrà a costui;
3.48.3 non perché fia de le paludi mossa
3.48.4 tra campi fertilissimi da lui;
3.48.5 non perché la farà con muro e fossa
3.48.6 meglio capace a' cittadini sui,
3.48.7 e l' ornarà di templi e di palagi,
3.48.8 di piazze, di teatri e di mille agi;
3.49.1 non perché dagli artigli de l' audace
3.49.2 aligero Leon terrà difesa;
3.49.3 non perché, quando la gallica face
3.49.4 per tutto avrà la bella Italia accesa,
3.49.5 si starà sola col suo stato in pace,
3.49.6 e dal timore e dai tributi illesa;
3.49.7 non sì per questi et altri benefici
3.49.8 saran sue genti ad Ercol debitrici:
3.50.1 quanto che darà lor l' inclita prole,
3.50.2 il giusto Alfonso e Ippolito benigno,
3.50.3 che saran quai l' antiqua fama suole
3.50.4 narrar de' figli del Tindareo cigno,
3.50.5 ch' alternamente si privan del sole
3.50.6 per trar l' un l' altro de l' aer maligno.
3.50.7 Sarà ciascuno d' essi e pronto e forte
3.50.8 l' altro salvar con sua perpetua morte.
3.51.1 Il grande amor di questa bella coppia
3.51.2 renderà il popul suo via più sicuro,
3.51.3 che se, per opra di Vulcan, di doppia
3.51.4 cinta di ferro avesse intorno il muro.
3.51.5 Alfonso è quel che col saper accoppia
3.51.6 sì la bontà, ch' al secolo futuro
3.51.7 la gente crederà che sia dal cielo
3.51.8 tornata Astrea dove può il caldo e il gielo.
3.52.1 A grande uopo gli fia l' esser prudente,
3.52.2 e di valore assimigliarsi al padre;
3.52.3 che si ritroverà, con poca gente,
3.52.4 da un lato aver le veneziane squadre,
3.52.5 colei da l' altro, che più giustamente
3.52.6 non so se devrà dir matrigna o madre;
3.52.7 ma se pur madre, a lui poco più pia,
3.52.8 che Medea ai figli o Progne stata sia.
3.53.1 E quante volte uscirà giorno o notte
3.53.2 col suo popul fedel fuor de la terra,
3.53.3 tante sconfitte e memorabil rotte
3.53.4 darà a' nimici o per acqua o per terra.
3.53.5 Le genti di Romagna mal condotte,
3.53.6 contra i vicini e lor già amici, in guerra,
3.53.7 se n' avedranno, insanguinando il suolo
3.53.8 che serra il Po, Santerno e Zannïolo.
3.54.1 Nei medesmi confini anco saprallo
3.54.2 del gran Pastore il mercenario Ispano,
3.54.3 che gli avrà dopo con poco intervallo
3.54.4 la Bastìa tolta, e morto il castellano,
3.54.5 quando l' avrà già preso; e per tal fallo
3.54.6 non fia, dal minor fante al capitano,
3.54.7 che del racquisto e del presidio ucciso
3.54.8 a Roma riportar possa l' aviso.
3.55.1 Costui sarà, col senno e con la lancia,
3.55.2 ch' avrà l' onor, nei campi di Romagna,
3.55.3 d' aver dato all' esercito di Francia
3.55.4 la gran vittoria contra Iulio e Spagna.
3.55.5 Nuoteranno i destrier fin alla pancia
3.55.6 nel sangue uman per tutta la campagna;
3.55.7 ch' a sepelire il popul verrà manco
3.55.8 tedesco, ispano, greco, italo e franco.
3.56.1 Quel ch' in pontificale abito imprime
3.56.2 del purpureo capel la sacra chioma,
3.56.3 è il liberal, magnanimo, sublime,
3.56.4 gran cardinal de la Chiesa di Roma
3.56.5 Ippolito, ch' a prose, a versi, a rime
3.56.6 darà materia eterna in ogni idioma;
3.56.7 la cui fiorita età vuol il ciel iusto
3.56.8 ch' abbia un Maron, come un altro ebbe Augusto.
3.57.1 Adornerà la sua progenie bella,
3.57.2 come orna il sol la machina del mondo
3.57.3 molto più de la luna e d' ogni stella;
3.57.4 ch' ogn' altro lume a lui sempre è secondo.
3.57.5 Costui con pochi a piedi e meno in sella
3.57.6 veggio uscir mesto, e poi tornar iocondo;
3.57.7 che quindici galee mena captive,
3.57.8 oltra mill' altri legni, alle sue rive.
3.58.1 Vedi poi l' uno e l' altro Sigismondo.
3.58.2 Vedi d' Alfonso i cinque figli cari,
3.58.3 alla cui fama ostar, che di sé il mondo
3.58.4 non empia, i monti non potran né i mari:
3.58.5 gener del re di Francia, Ercol secondo
3.58.6 è l' un; quest' altro (acciò tutti gl' impari)
3.58.7 Ippolito è, che non con minor raggio
3.58.8 che 'l zio, risplenderà nel suo lignaggio;
3.59.1 Francesco, il terzo; Alfonsi gli altri dui
3.59.2 ambi son detti. Or, come io dissi prima,
3.59.3 s' ho da mostrarti ogni tuo ramo, il cui
3.59.4 valor la stirpe sua tanto sublima,
3.59.5 bisognerà che si rischiari e abbui
3.59.6 più volte prima il ciel, ch' io te li esprima:
3.59.7 e sarà tempo ormai, quando ti piaccia,
3.59.8 ch' io dia licenzia all' ombre, e ch' io mi taccia. --
3.60.1 Così con voluntà de la donzella
3.60.2 la dotta incantatrice il libro chiuse.
3.60.3 Tutti gli spirti allora ne la cella
3.60.4 spariro in fretta, ove eran l' ossa chiuse.
3.60.5 Qui Bradamante, poi che la favella
3.60.6 le fu concessa usar, la bocca schiuse,
3.60.7 e domandò: -- Chi son li dua sì tristi,
3.60.8 che tra Ippolito e Alfonso abbiamo visti?
3.61.1 Veniano sospirando, e gli occhi bassi
3.61.2 parean tener d' ogni baldanza privi;
3.61.3 e gir lontan da loro io vedea i passi
3.61.4 dei frati sì, che ne pareano schivi. --
3.61.5 Parve ch' a tal domanda si cangiassi
3.61.6 la maga in viso, e fe' degli occhi rivi,
3.61.7 e gridò: -- Ah sfortunati, a quanta pena
3.61.8 lungo instigar d' uomini rei vi mena!
3.62.1 O bona prole, o degna d' Ercol buono,
3.62.2 non vinca il lor fallir vostra bontade:
3.62.3 di vostro sangue i miseri pur sono:
3.62.4 qui ceda la iustizia alla pietade. --
3.62.5 Indi soggiunse con più basso suono:
3.62.6 -- Di ciò dirti più inanzi non accade.
3.62.7 Statti col dolcie in bocca, e non ti doglia
3.62.8 ch' amareggiare al fin non te la voglia.
3.63.1 Tosto che spunti in ciel la prima luce,
3.63.2 piglierai meco la più dritta via
3.63.3 ch' al lucente castel d' acciai' conduce,
3.63.4 dove Ruggier vive in altrui balìa.
3.63.5 Io tanto ti sarò compagna e duce,
3.63.6 che tu sia fuor de l' aspra selva ria:
3.63.7 t' insegnerò, poi che saren sul mare,
3.63.8 sì ben la via, che non potresti errare. --
3.64.1 Quivi l' audace giovane rimase
3.64.2 tutta la notte, e gran pezzo ne spese
3.64.3 a parlar con Merlin, che le suase
3.64.4 rendersi tosto al suo Ruggier cortese.
3.64.5 Lasciò di poi le sotterranee case,
3.64.6 che di nuovo splendor l' aria s' accese,
3.64.7 per un camin gran spazio oscuro e cieco,
3.64.8 avendo la spirtal femina seco.
3.65.1 E riusciro in un burrone ascoso
3.65.2 tra monti inaccessibili alle genti;
3.65.3 e tutto 'l dì senza pigliar riposo
3.65.4 saliron balze e traversâr torrenti.
3.65.5 E perché men l' andar fosse noioso,
3.65.6 di piacevoli e bei ragionamenti,
3.65.7 di quel che fu più conferir soave,
3.65.8 l' aspro camin facean parer men grave:
3.66.1 di quali era però la maggior parte,
3.66.2 ch' a Bradamante vien la dotta maga
3.66.3 mostrando con che astuzia e con qual arte
3.66.4 proceder de', se di Ruggiero è vaga.
3.66.5 -- Se tu fossi (dicea) Pallade o Marte,
3.66.6 e conducessi gente alla tua paga
3.66.7 più che non ha il re Carlo e il re Agramante,
3.66.8 non dureresti contra il negromante;
3.67.1 che, oltre che d' acciar murata sia
3.67.2 la ròcca inespugnabile, e tant' alta;
3.67.3 oltre che 'l suo destrier si faccia via
3.67.4 per mezzo l' aria, ove galoppa e salta;
3.67.5 ha lo scudo mortal, che come pria
3.67.6 si scopre, il suo splendor sì gli occhi assalta,
3.67.7 la vista tolle, e tanto occupa i sensi,
3.67.8 che come morto rimaner conviensi.
3.68.1 E se forse ti pensi che ti vaglia
3.68.2 combattendo tener serrati gli occhi,
3.68.3 come potrai saper ne la battaglia
3.68.4 quando ti schivi, o l' aversario tocchi?
3.68.5 Ma per fuggire il lume ch' abbarbaglia,
3.68.6 e gli altri incanti di colui far sciocchi,
3.68.7 ti mostrerò un rimedio, una via presta;
3.68.8 né altra in tutto 'l mondo è se non questa.
3.69.1 Il re Agramante d' Africa uno annello,
3.69.2 che fu rubato in India a una regina,
3.69.3 ha dato a un suo baron detto Brunello,
3.69.4 che poche miglia inanzi ne camina;
3.69.5 di tal virtù, che chi nel dito ha quello,
3.69.6 contra il mal degl' incanti ha medicina.
3.69.7 Sa de furti e d' inganni Brunel, quanto
3.69.8 colui, che tien Ruggier, sappia d' incanto.
3.70.1 Questo Brunel sì pratico e sì astuto,
3.70.2 come io ti dico, è dal suo re mandato
3.70.3 acciò che col suo ingegno e con l' aiuto
3.70.4 di questo annello, in tal cose provato,
3.70.5 di quella ròcca dove è ritenuto,
3.70.6 traggia Ruggier, che così s' è vantato,
3.70.7 et ha così promesso al suo signore,
3.70.8 a cui Ruggiero è più d' ogn' altro a core.
3.71.1 Ma perché il tuo Ruggiero a te sol abbia,
3.71.2 e non al re Agramante, ad obligarsi
3.71.3 che tratto sia de l' incantata gabbia,
3.71.4 t' insegnerò il remedio che de' usarsi.
3.71.5 Tu te n' andrai tre dì lungo la sabbia
3.71.6 del mar, ch' è oramai presso a dimostrarsi;
3.71.7 il terzo giorno in un albergo teco
3.71.8 arriverà costui c' ha l' annel seco.
3.72.1 La sua statura, acciò tu lo conosca,
3.72.2 non è sei palmi; et ha il capo ricciuto;
3.72.3 le chiome ha nere, et ha la pelle fosca;
3.72.4 pallido il viso, oltre il dover barbuto;
3.72.5 gli occhi gonfiati e guardatura losca;
3.72.6 schiacciato il naso, e ne le ciglia irsuto;
3.72.7 l' abito, acciò ch' io lo dipinga intero,
3.72.8 è stretto e corto, e sembra di corriero.
3.73.1 Con esso lui t' accaderà soggetto
3.73.2 di ragionar di quelli incanti strani:
3.73.3 mostra d' aver, come tu avra' in effetto,
3.73.4 disio che 'l mago sia teco alle mani;
3.73.5 ma non monstrar che ti sia stato detto
3.73.6 di quel suo annel che fa gl' incanti vani.
3.73.7 Egli t' offerirà mostrar la via
3.73.8 fin alla ròcca, e farti compagnia.
3.74.1 Tu gli va dietro: e come t' avicini
3.74.2 a quella ròcca sì ch' ella si scopra,
3.74.3 dàgli la morte; né pietà t' inchini
3.74.4 che tu non metta il mio consiglio in opra.
3.74.5 Né far ch' egli il pensier tuo s' indovini,
3.74.6 e ch' abbia tempo che l' annel lo copra;
3.74.7 perché ti spariria dagli occhi, tosto
3.74.8 ch' in bocca il sacro annel s' avesse posto. --
3.75.1 Così parlando, giunsero sul mare,
3.75.2 dove presso a Bordea mette Garonna.
3.75.3 Quivi, non senza alquanto lagrimare,
3.75.4 si dipartì l' una da l' altra donna.
3.75.5 La figliuola d' Amon, che per slegare
3.75.6 di prigione il suo amante non assonna,
3.75.7 caminò tanto, che venne una sera
3.75.8 ad uno albergo, ove Brunel prim' era.
3.76.1 Conosce ella Brunel come lo vede,
3.76.2 di cui la forma avea sculpita in mente:
3.76.3 onde ne viene, ove ne va, gli chiede;
3.76.4 quel le risponde, e d' ogni cosa mente.
3.76.5 La donna, già prevista, non gli cede
3.76.6 in dir menzogne, e simula ugualmente
3.76.7 e patria e stirpe e setta e nome e sesso;
3.76.8 e gli volta alle man pur gli occhi spesso.
3.77.1 Gli va gli occhi alle man spesso voltando,
3.77.2 in dubbio sempre esser da lui rubata;
3.77.3 né lo lascia venir troppo accostando,
3.77.4 di sua condizïon bene informata.
3.77.5 Stavano insieme in questa guisa, quando
3.77.6 l' orecchia da un rumor lor fu intruonata.
3.77.7 Poi vi dirò, Signor, che ne fu causa,
3.77.8 ch' avrò fatto al cantar debita pausa.
CANTO IV
4.1.1 Quantunque il simular sia le più volte
4.1.2 ripreso, e dia di mala mente indici,
4.1.3 si truova pur in molte cose e molte
4.1.4 aver fatti evidenti benefici,
4.1.5 e danni e biasmi e morti aver già tolte;
4.1.6 che non conversiam sempre con gli amici
4.1.7 in questa assai più oscura che serena
4.1.8 vita mortal, tutta d' invidia piena.
4.2.1 Se, dopo lunga prova, a gran fatica
4.2.2 trovar si può chi ti sia amico vero,
4.2.3 et a chi senza alcun sospetto dica
4.2.4 e discoperto mostri il tuo pensiero;
4.2.5 che de' far di Ruggier la bella amica
4.2.6 con quel Brunel non puro e non sincero,
4.2.7 ma tutto simulato e tutto finto,
4.2.8 come la maga le l' avea dipinto?
4.3.1 Simula anch' ella; e così far conviene
4.3.2 con esso lui di finzïoni padre;
4.3.3 e, come io dissi, spesso ella gli tiene
4.3.4 gli occhi alle man, ch' eran rapaci e ladre.
4.3.5 Ecco all' orecchie un gran rumor lor viene.
4.3.6 Disse la donna: -- O glorïosa Madre,
4.3.7 o Re del ciel, che cosa sarà questa? --
4.3.8 E dove era il rumor si trovò presta.
4.4.1 E vede l' oste e tutta la famiglia,
4.4.2 e chi a finestre e chi fuor ne la via,
4.4.3 tener levati al ciel gli occhi e le ciglia,
4.4.4 come l' ecclisse o la cometa sia.
4.4.5 Vede la donna un' alta maraviglia,
4.4.6 che di leggier creduta non saria:
4.4.7 vede passar un gran destriero alato,
4.4.8 che porta in aria un cavalliero armato.
4.5.1 Grandi eran l' ale e di color diverso,
4.5.2 e vi sedea nel mezzo un cavalliero,
4.5.3 di ferro armato luminoso e terso;
4.5.4 e vêr ponente avea dritto il sentiero.
4.5.5 Calossi, e fu tra le montagne immerso:
4.5.6 e, come dicea l' oste (e dicea il vero),
4.5.7 quel era un negromante, e facea spesso
4.5.8 quel varco, or più da lungi, or più da presso.
4.6.1 Volando, talor s' alza ne le stelle,
4.6.2 e poi quasi talor la terra rade;
4.6.3 e ne porta con lui tutte le belle
4.6.4 donne che trova per quelle contrade:
4.6.5 talmente che le misere donzelle
4.6.6 ch' abbino o aver si credano beltade
4.6.7 (come affatto costui tutte le invole)
4.6.8 non escon fuor sì che le veggia il sole.
4.7.1 -- Egli sul Pireneo tiene un castello
4.7.2 (narrava l' oste) fatto per incanto,
4.7.3 tutto d' acciaio, e sì lucente e bello,
4.7.4 ch' altro al mondo non è mirabil tanto.
4.7.5 Già molti cavallier sono iti a quello,
4.7.6 e nessun del ritorno si dà vanto:
4.7.7 sì ch' io penso, signore, e temo forte,
4.7.8 o che sian presi, o sian condotti a morte. --
4.8.1 La donna il tutto ascolta, e le ne giova,
4.8.2 credendo far, come farà per certo,
4.8.3 con l' annello mirabile tal prova,
4.8.4 che ne fia il mago e il suo castel deserto;
4.8.5 e dice a l' oste: -- Or un de' tuoi mi trova,
4.8.6 che più di me sia del vïaggio esperto;
4.8.7 ch' io non posso durar, tanto ho il cor vago
4.8.8 di far battaglia contra a questo mago. --
4.9.1 -- Non ti mancherà guida (le rispose
4.9.2 Brunello allora), e ne verrò teco io:
4.9.3 meco ho la strada in scritto, et altre cose
4.9.4 che ti faran piacere il venir mio. --
4.9.5 Vòlse dir de l' annel; ma non l' espose
4.9.6 né chiarì più, per non pagarne il fio.
4.9.7 -- Grato mi fia (disse ella) il venir tuo; --
4.9.8 volendo dir ch' indi l' annel fia suo.
4.10.1 Quel ch' era utile a dir, disse; e quel tacque,
4.10.2 che nuocer le potea col Saracino.
4.10.3 Avea l' oste un destrier ch' a costei piacque,
4.10.4 ch' era buon da battaglia e da camino:
4.10.5 comperollo, e partissi come nacque
4.10.6 del bel giorno seguente il matutino.
4.10.7 Prese la via per una stretta valle,
4.10.8 con Brunello ora inanzi, ora alle spalle.
4.11.1 Di monte in monte e d' uno in altro bosco
4.11.2 giunseno ove l' altezza di Pirene
4.11.3 può dimostrar, se non è l' aer fosco,
4.11.4 e Francia e Spagna e due diverse arene,
4.11.5 come Apennin scopre il mar schiavo e il tósco
4.11.6 dal giogo onde a Camaldoli si viene.
4.11.7 Quindi per aspro e faticoso calle
4.11.8 si discendea ne la profonda valle.
4.12.1 Vi sorge in mezzo un sasso che la cima
4.12.2 d' un bel muro d' acciar tutta si fascia;
4.12.3 e quella tanto inverso il ciel sublima,
4.12.4 che quanto ha intorno, inferïor si lascia.
4.12.5 Non faccia, chi non vola, andarvi stima;
4.12.6 che spesa indarno vi saria ogni ambascia.
4.12.7 Brunel disse: -- Ecco dove prigionieri
4.12.8 il mago tien le donne e i cavallieri. --
4.13.1 Da quattro canti era tagliato, e tale
4.13.2 che parea dritto a fil de la sinopia.
4.13.3 Da nessun lato né sentier né scale
4.13.4 v' eran, che di salir facesser copia:
4.13.5 e ben appar che d' animal ch' abbia ale
4.13.6 sia quella stanza nido e tana propia.
4.13.7 Quivi la donna esser conosce l' ora
4.13.8 di tor l' annello e far che Brunel mora.
4.14.1 Ma le par atto vile a insanguinarsi
4.14.2 d' un uom senza arme e di sì ignobil sorte;
4.14.3 che ben potrà posseditrice farsi
4.14.4 del ricco annello, e lui non porre a morte.
4.14.5 Brunel non avea mente a riguardarsi;
4.14.6 sì ch' ella il prese, e lo legò ben forte
4.14.7 ad uno abete ch' alta avea la cima:
4.14.8 ma di dito l' annel gli trasse prima.
4.15.1 Né per lacrime, gemiti o lamenti
4.15.2 che facesse Brunel, lo vòlse sciorre.
4.15.3 Smontò de la montagna a passi lenti,
4.15.4 tanto che fu nel pian sotto la torre.
4.15.5 E perché alla battaglia s' appresenti
4.15.6 il negromante, al corno suo ricorre:
4.15.7 e dopo il suon, con minacciose grida
4.15.8 lo chiama al campo, et alla pugna 'l sfida.
4.16.1 Non stette molto a uscir fuor de la porta
4.16.2 l' incantator, ch' udì 'l suono e la voce.
4.16.3 L' alato corridor per l' aria il porta
4.16.4 contra costei, che sembra uomo feroce.
4.16.5 La donna da principio si conforta,
4.16.6 che vede che colui poco le nuoce:
4.16.7 non porta lancia né spada né mazza,
4.16.8 ch' a forar l' abbia o romper la corazza.
4.17.1 Da la sinistra sol lo scudo avea,
4.17.2 tutto coperto di seta vermiglia;
4.17.3 ne la man destra un libro, onde facea
4.17.4 nascer, leggendo, l' alta maraviglia:
4.17.5 che la lancia talor correr parea,
4.17.6 e fatto avea a più d' un batter le ciglia;
4.17.7 talor parea ferir con mazza o stocco,
4.17.8 e lontano era, e non avea alcun tocco.
4.18.1 Non è finto il destrier, ma naturale,
4.18.2 ch' una giumenta generò d' un grifo:
4.18.3 simile al padre avea la piuma e l' ale,
4.18.4 li piedi anterïori, il capo e il grifo;
4.18.5 in tutte l' altre membra parea quale
4.18.6 era la madre, e chiamasi ippogrifo;
4.18.7 che nei monti Rifei vengon, ma rari,
4.18.8 molto di là dagli aghiacciati mari.
4.19.1 Quivi per forza lo tirò d' incanto;
4.19.2 e poi che l' ebbe, ad altro non attese,
4.19.3 e con studio e fatica operò tanto,
4.19.4 ch' a sella e briglia il cavalcò in un mese:
4.19.5 così ch' in terra e in aria e in ogni canto
4.19.6 lo facea volteggiar senza contese.
4.19.7 Non finzïon d' incanto, come il resto,
4.19.8 ma vero e natural si vedea questo.
4.20.1 Del mago ogn' altra cosa era figmento;
4.20.2 che comparir facea pel rosso il giallo:
4.20.3 ma con la donna non fu di momento;
4.20.4 che per l' annel non può vedere in fallo.
4.20.5 Più colpi tuttavia diserra al vento,
4.20.6 e quinci e quindi spinge il suo cavallo;
4.20.7 e si dibatte e si travaglia tutta,
4.20.8 come era, inanzi che venisse, instrutta.
4.21.1 E poi che esercitata si fu alquanto
4.21.2 sopra il destrier, smontar vòlse anco a piede,
4.21.3 per poter meglio al fin venir di quanto
4.21.4 la cauta maga instruzïon le diede.
4.21.5 Il mago vien per far l' estremo incanto;
4.21.6 che del fatto ripar né sa né crede:
4.21.7 scuopre lo scudo, e certo si prosume
4.21.8 farla cader con l' incantato lume.
4.22.1 Potea così scoprirlo al primo tratto,
4.22.2 senza tenere i cavallieri a bada;
4.22.3 ma gli piacea veder qualche bel tratto
4.22.4 di correr l' asta o di girar la spada:
4.22.5 come si vede ch' all' astuto gatto
4.22.6 scherzar col topo alcuna volta aggrada;
4.22.7 e poi che quel piacer gli viene a noia,
4.22.8 dargli di morso, e al fin voler che muoia.
4.23.1 Dico che 'l mago al gatto, e gli altri al topo
4.23.2 s' assimigliâr ne le battaglie dianzi;
4.23.3 ma non s' assimigliâr già così, dopo
4.23.4 che con l' annel si fe' la donna inanzi.
4.23.5 Attenta e fissa stava a quel ch' era uopo,
4.23.6 acciò che nulla seco il mago avanzi;
4.23.7 e come vide che lo scudo aperse,
4.23.8 chiuse gli occhi, e lasciò quivi caderse.
4.24.1 Non che il fulgor del lucido metallo,
4.24.2 come soleva agli altri, a lei nocesse;
4.24.3 ma così fece acciò che dal cavallo
4.24.4 contra sé il vano incantator scendesse:
4.24.5 né parte andò del suo disegno in fallo;
4.24.6 che tosto ch' ella il capo in terra messe,
4.24.7 accelerando il volator le penne,
4.24.8 con larghe ruote in terra a por si venne.
4.25.1 Lascia all' arcion lo scudo, che già posto
4.25.2 avea ne la coperta, e a piè discende
4.25.3 verso la donna che, come reposto
4.25.4 lupo alla macchia il caprïolo, attende.
4.25.5 Senza più indugio ella si leva tosto
4.25.6 che l' ha vicino, e ben stretto lo prende.
4.25.7 Avea lasciato quel misero in terra
4.25.8 il libro che facea tutta la guerra:
4.26.1 e con una catena ne correa,
4.26.2 che solea portar cinta a simil uso;
4.26.3 perché non men legar colei credea,
4.26.4 che per adietro altri legare era uso.
4.26.5 La donna in terra posto già l' avea:
4.26.6 se quel non si difese, io ben l' escuso;
4.26.7 che troppo era la cosa differente
4.26.8 tra un debol vecchio e lei tanto possente.
4.27.1 Disegnando levargli ella la testa,
4.27.2 alza la man vittorïosa in fretta;
4.27.3 ma poi che 'l viso mira, il colpo arresta,
4.27.4 quasi sdegnando sì bassa vendetta;
4.27.5 un venerabil vecchio in faccia mesta
4.27.6 vede esser quel ch' ella ha giunto alla stretta,
4.27.7 che mostra al viso crespo e al pelo bianco
4.27.8 età di settanta anni o poco manco.
4.28.1 -- Tommi la vita, giovene, per Dio, --
4.28.2 dicea il vecchio pien d' ira e di dispetto;
4.28.3 ma quella a torla avea sì il cor restio,
4.28.4 come quel di lasciarla avria diletto.
4.28.5 La donna di sapere ebbe disio
4.28.6 chi fosse il negromante, et a che effetto
4.28.7 edificasse in quel luogo selvaggio
4.28.8 la ròcca, e faccia a tutto il mondo oltraggio.
4.29.1 -- Né per maligna intenzïone, ahi lasso!
4.29.2 (disse piangendo il vecchio incantatore)
4.29.3 feci la bella ròcca in cima al sasso,
4.29.4 né per avidità son rubatore;
4.29.5 ma per ritrar sol dall' estremo passo
4.29.6 un cavallier gentil, mi mosse amore,
4.29.7 che, come il ciel mi mostra, in tempo breve
4.29.8 morir cristiano a tradimento deve.
4.30.1 Non vede il sol tra questo e il polo austrino
4.30.2 un giovene sì bello e sì prestante:
4.30.3 Ruggiero ha nome, il qual da piccolino
4.30.4 da me nutrito fu, ch' io sono Atlante.
4.30.5 Disio d' onore e suo fiero destino
4.30.6 l' han tratto in Francia dietro al re Agramante;
4.30.7 et io, che l' amai sempre più che figlio,
4.30.8 lo cerco trar di Francia e di periglio.
4.31.1 La bella ròcca solo edificai
4.31.2 per tenervi Ruggier sicuramente,
4.31.3 che preso fu da me, come sperai
4.31.4 che fossi oggi tu preso similmente;
4.31.5 e donne e cavallier, che tu vedrai,
4.31.6 poi ci ho ridotti, et altra nobil gente,
4.31.7 acciò che quando a voglia sua non esca,
4.31.8 avendo compagnia, men gli rincresca.
4.32.1 Pur ch' uscir di là su non si domande,
4.32.2 d' ogn' altro gaudio lor cura mi tocca;
4.32.3 che quanto averne da tutte le bande
4.32.4 si può del mondo, è tutto in quella ròcca:
4.32.5 suoni, canti, vestir, giuochi, vivande,
4.32.6 quanto può cor pensar, può chieder bocca.
4.32.7 Ben seminato avea, ben cogliea il frutto;
4.32.8 ma tu sei giunto a disturbarmi il tutto.
4.33.1 Deh, se non hai del viso il cor men bello,
4.33.2 non impedir il mio consiglio onesto!
4.33.3 Piglia lo scudo (ch' io tel dono) e quello
4.33.4 destrier che va per l' aria così presto;
4.33.5 e non t' impacciar oltra nel castello,
4.33.6 o tranne uno o duo amici, e lascia il resto;
4.33.7 o tranne tutti gli altri, e più non chero,
4.33.8 se non che tu mi lasci il mio Ruggiero.
4.34.1 E se disposto sei volermel tôrre,
4.34.2 deh, prima almen che tu 'l rimeni in Francia,
4.34.3 piacciati questa afflitta anima sciorre
4.34.4 de la sua scorza, ormai putrida e rancia! --
4.34.5 Rispose la donzella: -- Lui vo' porre
4.34.6 in libertà: tu, se sai, gracchia e ciancia;
4.34.7 né mi offerir di dar lo scudo in dono,
4.34.8 o quel destrier, che miei, non più tuoi sono:
4.35.1 né s' anco stesse a te di tôrre e darli,
4.35.2 mi parrebbe che 'l cambio convenisse.
4.35.3 Tu di' che Ruggier tieni per vietarli
4.35.4 il male influsso di sue stelle fisse.
4.35.5 O che non puoi saperlo, o non schivarli,
4.35.6 sappiendol, ciò che 'l ciel di lui prescrisse:
4.35.7 ma se 'l mal tuo, c' hai sì vicin, non vedi,
4.35.8 peggio l' altrui c' ha da venir prevedi.
4.36.1 Non pregar ch' io t' uccida, ch' i tuoi preghi
4.36.2 sariano indarno; e se pur vuoi la morte,
4.36.3 ancor che tutto il mondo dar la nieghi,
4.36.4 da sé la può aver sempre animo forte.
4.36.5 Ma pria che l' alma da la carne sleghi,
4.36.6 a tutti i tuoi prigioni apri le porte. --
4.36.7 Così dice la donna, e tuttavia
4.36.8 il mago preso incontra al sasso invia.
4.37.1 Legato de la sua propria catena
4.37.2 andava Atlante, e la donzella appresso,
4.37.3 che così ancor se ne fidava a pena,
4.37.4 ben che in vista parea tutto rimesso.
4.37.5 Non molti passi dietro se la mena,
4.37.6 ch' a piè del monte han ritrovato il fesso,
4.37.7 e li scaglioni onde si monta in giro,
4.37.8 fin ch' alla porta del castel saliro.
4.38.1 Di su la soglia Atlante un sasso tolle,
4.38.2 di caratteri e strani segni insculto.
4.38.3 Sotto, vasi vi son, che chiamano olle,
4.38.4 che fuman sempre, e dentro han foco occulto.
4.38.5 L' incantator le spezza; e a un tratto il colle
4.38.6 riman deserto, inospite et inculto;
4.38.7 né muro appar né torre in alcun lato,
4.38.8 come se mai castel non vi sia stato.
4.39.1 Sbrigossi dalla donna il mago alora,
4.39.2 come fa spesso il tordo da la ragna;
4.39.3 e con lui sparve il suo castello a un' ora,
4.39.4 e lasciò in libertà quella compagna.
4.39.5 Le donne e i cavallier si trovâr fuora
4.39.6 de le superbe stanze alla campagna:
4.39.7 e furon di lor molte a chi ne dolse;
4.39.8 che tal franchezza un gran piacer lor tolse.
4.40.1 Quivi è Gradasso, quivi è Sacripante,
4.40.2 quivi è Prasildo, il nobil cavalliero
4.40.3 che con Rinaldo venne di Levante,
4.40.4 e seco Iroldo, il par d' amici vero.
4.40.5 Al fin trovò la bella Bradamante
4.40.6 quivi il desiderato suo Ruggiero,
4.40.7 che, poi che n' ebbe certa conoscenza,
4.40.8 le fe' buona e gratissima accoglienza;
4.41.1 come a colei che più che gli occhi sui,
4.41.2 più che 'l suo cor, più che la propria vita
4.41.3 Ruggiero amò dal dì ch' essa per lui
4.41.4 si trasse l' elmo, onde ne fu ferita.
4.41.5 Lungo sarebbe a dir come, e da cui,
4.41.6 e quanto ne la selva aspra e romita
4.41.7 si cercâr poi la notte e il giorno chiaro;
4.41.8 né, se non qui, mai più si ritrovaro.
4.42.1 Or che quivi la vede, e sa ben ch' ella
4.42.2 è stata sola la sua redentrice,
4.42.3 di tanto gaudio ha pieno il cor, che appella
4.42.4 sé fortunato et unico felice.
4.42.5 Scesero il monte, e dismontaro in quella
4.42.6 valle, ove fu la donna vincitrice,
4.42.7 e dove l' ippogrifo trovaro anco,
4.42.8 ch' avea lo scudo, ma coperto, al fianco.
4.43.1 La donna va per prenderlo nel freno:
4.43.2 e quel l' aspetta fin che se gli accosta;
4.43.3 poi spiega l' ale per l' aer sereno,
4.43.4 e si ripon non lungi a mezza costa.
4.43.5 Ella lo segue: e quel né più né meno
4.43.6 si leva in aria, e non troppo si scosta;
4.43.7 come fa la cornacchia in secca arena,
4.43.8 che dietro il cane or qua or là si mena.
4.44.1 Ruggier, Gradasso, Sacripante, e tutti
4.44.2 quei cavallier che scesi erano insieme,
4.44.3 chi di su, chi di giù, si son ridutti
4.44.4 dove che torni il volatore han speme.
4.44.5 Quel, poi che gli altri invano ebbe condutti
4.44.6 più volte e sopra le cime supreme
4.44.7 e negli umidi fondi tra quei sassi,
4.44.8 presso a Ruggiero al fin ritenne i passi.
4.45.1 E questa opera fu del vecchio Atlante,
4.45.2 di cui non cessa la pietosa voglia
4.45.3 di trar Ruggier del gran periglio instante:
4.45.4 di ciò sol pensa e di ciò solo ha doglia.
4.45.5 Però gli manda or l' ippogrifo avante,
4.45.6 perché d' Europa con questa arte il toglia.
4.45.7 Ruggier lo piglia, e seco pensa trarlo;
4.45.8 ma quel s' arretra, e non vuol seguitarlo.
4.46.1 Or di Frontin quel animoso smonta
4.46.2 (Frontino era nomato il suo destriero),
4.46.3 e sopra quel che va per l' aria monta,
4.46.4 e con li spron gli adizza il core altiero.
4.46.5 Quel corre alquanto, et indi i piedi ponta,
4.46.6 e sale inverso il ciel, via più leggiero
4.46.7 che 'l girifalco, a cui lieva il capello
4.46.8 il mastro a tempo, e fa veder l' augello.
4.47.1 La bella donna, che sì in alto vede
4.47.2 e con tanto periglio il suo Ruggiero,
4.47.3 resta attonita in modo, che non riede
4.47.4 per lungo spazio al sentimento vero.
4.47.5 Ciò che già inteso avea di Ganimede
4.47.6 ch' al ciel fu assunto dal paterno impero,
4.47.7 dubita assai che non accada a quello,
4.47.8 non men gentil di Ganimede e bello.
4.48.1 Con gli occhi fissi al ciel lo segue quanto
4.48.2 basta il veder; ma poi che si dilegua
4.48.3 sì, che la vista non può correr tanto,
4.48.4 lascia che sempre l' animo lo segua.
4.48.5 Tuttavia con sospir, gemito e pianto
4.48.6 non ha, né vuol aver pace né triegua.
4.48.7 Poi che Ruggier di vista se le tolse,
4.48.8 al buon destrier Frontin gli occhi rivolse:
4.49.1 e si deliberò di non lasciarlo,
4.49.2 che fosse in preda a chi venisse prima;
4.49.3 ma di condurlo seco, e di poi darlo
4.49.4 al suo signor, ch' anco veder pur stima.
4.49.5 Poggia l' augel, né può Ruggier frenarlo:
4.49.6 di sotto rimaner vede ogni cima
4.49.7 et abbassarsi in guisa, che non scorge
4.49.8 dove è piano il terren né dove sorge.
4.50.1 Poi che sì ad alto vien, ch' un picciol punto
4.50.2 lo può stimar chi da la terra il mira,
4.50.3 prende la via verso ove cade a punto
4.50.4 il sol, quando col Granchio si raggira;
4.50.5 e per l' aria ne va come legno unto
4.50.6 a cui nel mar propizio vento spira.
4.50.7 Lasciànlo andar, che farà buon camino,
4.50.8 e torniamo a Rinaldo paladino.
4.51.1 Rinaldo l' altro e l' altro giorno scórse,
4.51.2 spinto dal vento, un gran spazio di mare,
4.51.3 quando a ponente e quando contra l' Orse,
4.51.4 che notte e dì non cessa mai soffiare.
4.51.5 Sopra la Scozia ultimamente sorse,
4.51.6 dove la selva Calidonia appare,
4.51.7 che spesso fra gli antiqui ombrosi cerri
4.51.8 s' ode sonar di bellicosi ferri.
4.52.1 Vanno per quella i cavallieri erranti,
4.52.2 incliti in arme, di tutta Bretagna,
4.52.3 e de' prossimi luoghi e de' distanti,
4.52.4 di Francia, di Norvegia e de Lamagna.
4.52.5 Chi non ha gran valor, non vada inanti;
4.52.6 che dove cerca onor, morte guadagna.
4.52.7 Gran cose in essa già fece Tristano,
4.52.8 Lancillotto, Galasso, Artù e Galvano,
4.53.1 et altri cavallieri e de la nuova
4.53.2 e de la vecchia Tavola famosi:
4.53.3 restano ancor di più d' una lor pruova
4.53.4 li monumenti e li trofei pomposi.
4.53.5 L' arme Rinaldo e il suo Baiardo truova,
4.53.6 e tosto si fa por nei liti ombrosi,
4.53.7 et al nochier comanda che si spicche
4.53.8 e lo vada aspettar a Beroicche.
4.54.1 Senza scudiero e senza compagnia
4.54.2 va il cavallier per quella selva immensa,
4.54.3 facendo or una et or un' altra via,
4.54.4 dove più aver strane aventure pensa.
4.54.5 Capitò il primo giorno a una badia,
4.54.6 che buona parte del suo aver dispensa
4.54.7 in onorar nel suo cenobio adorno,
4.54.8 le donne e i cavallier che vanno attorno.
4.55.1 Bella accoglienza i monachi e l' abbate
4.55.2 fêro a Rinaldo, il qual domandò loro
4.55.3 (non prima già che con vivande grate
4.55.4 avesse avuto il ventre amplo ristoro)
4.55.5 come dai cavallier sien ritrovate
4.55.6 spesso aventure per quel tenitoro,
4.55.7 dove si possa in qualche fatto eggregio
4.55.8 l' uom dimostrar, se merta biasmo o pregio.
4.56.1 Risposongli ch' errando in quelli boschi,
4.56.2 trovar potria strane aventure e molte:
4.56.3 ma come i luoghi, i fatti ancor son foschi;
4.56.4 che non se n' ha notizia le più volte.
4.56.5 -- Cerca (diceano) andar dove conoschi
4.56.6 che l' opre tue non restino sepolte,
4.56.7 acciò dietro al periglio e alla fatica
4.56.8 segua la fama, e il debito ne dica.
4.57.1 E se del tuo valor cerchi far prova,
4.57.2 t' è preparata la più degna impresa
4.57.3 che ne l' antiqua etade o ne la nova
4.57.4 giamai da cavallier sia stata presa.
4.57.5 La figlia del re nostro or se ritrova
4.57.6 bisognosa d' aiuto e di difesa
4.57.7 contra un baron che Lurcanio si chiama,
4.57.8 che tor le cerca e la vita e la fama.
4.58.1 Questo Lurcanio al padre l' ha accusata
4.58.2 (forse per odio più che per ragione)
4.58.3 averla a mezza notte ritrovata
4.58.4 trarr' un suo amante a sé sopra un verrone.
4.58.5 Per le leggi del regno condannata
4.58.6 al fuoco fia, se non truova campione
4.58.7 che fra un mese, oggimai presso a finire,
4.58.8 l' iniquo accusator faccia mentire.
4.59.1 L' aspra legge di Scozia, empia e severa,
4.59.2 vuol ch' ogni donna, e di ciascuna sorte,
4.59.3 ch' ad uom si giunga, e non gli sia mogliera,
4.59.4 s' accusata ne viene, abbia la morte.
4.59.5 Né riparar si può ch' ella non pèra,
4.59.6 quando per lei non venga un guerrier forte
4.59.7 che tolga la difesa, e che sostegna
4.59.8 che sia innocente e di morire indegna.
4.60.1 Il re, dolente per Ginevra bella
4.60.2 (che così nominata è la sua figlia),
4.60.3 ha publicato per città e castella,
4.60.4 che s' alcun la difesa di lei piglia,
4.60.5 e che l' estingua la calunnia fella
4.60.6 (pur che sia nato di nobil famiglia),
4.60.7 l' avrà per moglie, et uno stato, quale
4.60.8 fia convenevol dote a donna tale.
4.61.1 Ma se fra un mese alcun per lei non viene,
4.61.2 o venendo non vince, sarà uccisa.
4.61.3 Simile impresa meglio ti conviene,
4.61.4 ch' andar pei boschi errando a questa guisa:
4.61.5 oltre ch' onor e fama te n' aviene
4.61.6 ch' in eterno da te non fia divisa,
4.61.7 guadagni il fior di quante belle donne
4.61.8 da l' Indo sono all' Atlantee colonne;
4.62.1 e una ricchezza appresso, et uno stato
4.62.2 che sempre far ti può viver contento;
4.62.3 e la grazia del re, se suscitato
4.62.4 per te gli fia il suo onor, che è quasi spento.
4.62.5 Poi per cavalleria tu se' ubligato
4.62.6 a vendicar di tanto tradimento
4.62.7 costei, che per commune opinïone,
4.62.8 di vera pudicizia è un paragone. --
4.63.1 Pensò Rinaldo alquanto, e poi rispose:
4.63.2 -- Una donzella dunque de' morire
4.63.3 perché lasciò sfogar ne l' amorose
4.63.4 sue braccia al suo amator tanto desire?
4.63.5 Sia maladetto chi tal legge pose,
4.63.6 e maladetto chi la può patire!
4.63.7 Debitamente muore una crudele,
4.63.8 non chi dà vita al suo amator fedele.
4.64.1 Sia vero o falso che Ginevra tolto
4.64.2 s' abbia il suo amante, io non riguardo a questo:
4.64.3 d' averlo fatto la loderei molto,
4.64.4 quando non fosse stato manifesto.
4.64.5 Ho in sua difesa ogni pensier rivolto:
4.64.6 datemi pur un chi mi guidi presto,
4.64.7 e dove sia l' accusator mi mene;
4.64.8 ch' io spero in Dio Ginevra trar di pene.
4.65.1 Non vo' già dir ch' ella non l' abbia fatto;
4.65.2 che nol sappiendo, il falso dir potrei:
4.65.3 dirò ben che non de' per simil atto
4.65.4 punizïon cadere alcuna in lei;
4.65.5 e dirò che fu ingiusto o che fu matto
4.65.6 chi fece prima li statuti rei;
4.65.7 e come iniqui rivocar si denno,
4.65.8 e nuova legge far con miglior senno.
4.66.1 S' un medesimo ardor, s' un disir pare
4.66.2 inchina e sforza l' uno e l' altro sesso
4.66.3 a quel suave fin d' amor, che pare
4.66.4 all' ignorante vulgo un grave eccesso;
4.66.5 perché si de' punir donna o biasmare,
4.66.6 che con uno o più d' uno abbia commesso
4.66.7 quel che l' uom fa con quante n' ha appetito,
4.66.8 e lodato ne va, non che impunito?
4.67.1 Son fatti in questa legge disuguale
4.67.2 veramente alle donne espressi torti;
4.67.3 e spero in Dio mostrar che gli è gran male
4.67.4 che tanto lungamente si comporti. --
4.67.5 Rinaldo ebbe il consenso universale,
4.67.6 che fur gli antiqui ingiusti e male accorti,
4.67.7 che consentiro a così iniqua legge,
4.67.8 e mal fa il re, che può, né la corregge.
4.68.1 Poi che la luce candida e vermiglia
4.68.2 de l' altro giorno aperse l' emispero,
4.68.3 Rinaldo l' arme e il suo Baiardo piglia,
4.68.4 e di quella badia tolle un scudiero,
4.68.5 che con lui viene a molte leghe e miglia,
4.68.6 sempre nel bosco orribilmente fiero,
4.68.7 verso la terra ove la lite nuova
4.68.8 de la donzella de' venir in pruova.
4.69.1 Avean, cercando abbrevïar camino,
4.69.2 lasciato pel sentier la maggior via;
4.69.3 quando un gran pianto udîr sonar vicino,
4.69.4 che la foresta d' ogn' intorno empìa.
4.69.5 Baiardo spinse l' un, l' altro il ronzino
4.69.6 verso una valle onde quel grido uscìa:
4.69.7 e fra dui mascalzoni una donzella
4.69.8 vider, che di lontan parea assai bella;
4.70.1 ma lacrimosa e addolorata quanto
4.70.2 donna o donzella o mai persona fosse.
4.70.3 Le sono dui col ferro nudo a canto,
4.70.4 per farle far l' erbe di sangue rosse.
4.70.5 Ella con preghi differendo alquanto
4.70.6 giva il morir, sin che pietà si mosse.
4.70.7 Venne Rinaldo; e come se n' accorse,
4.70.8 con alti gridi e gran minaccie accorse.
4.71.1 Voltaro i malandrin tosto le spalle,
4.71.2 che 'l soccorso lontan vider venire,
4.71.3 e se appiattâr ne la profonda valle.
4.71.4 Il paladin non li curò seguire:
4.71.5 venne a la donna, e qual gran colpa dàlle
4.71.6 tanta punizïon, cerca d' udire;
4.71.7 e per tempo avanzar, fa allo scudiero
4.71.8 levarla in groppa, e torna al suo sentiero.
4.72.1 E cavalcando poi meglio la guata
4.72.2 molto esser bella e di maniere accorte,
4.72.3 ancor che fosse tutta spaventata
4.72.4 per la paura ch' ebbe de la morte.
4.72.5 Poi ch' ella fu di nuovo domandata
4.72.6 chi l' avea tratta a sì infelice sorte,
4.72.7 incominciò con umil voce a dire
4.72.8 quel ch' io vo' all' altro canto differire.
CANTO V
5.1.1 Tutti gli altri animai che sono in terra,
5.1.2 o che vivon quïeti e stanno in pace,
5.1.3 o se vengono a rissa e si fan guerra,
5.1.4 alla femina il maschio non la face:
5.1.5 l' orsa con l' orso al bosco sicura erra,
5.1.6 la leonessa appresso il leon giace;
5.1.7 col lupo vive la lupa sicura,
5.1.8 né la iuvenca ha del torel paura.
5.2.1 Ch' abominevol peste, che Megera
5.2.2 è venuta a turbar gli umani petti?
5.2.3 che si sente il marito e la mogliera
5.2.4 sempre garrir d' ingiurïosi detti,
5.2.5 stracciar la faccia e far livida e nera,
5.2.6 bagnar di pianto i genïali letti;
5.2.7 e non di pianto sol, ma alcuna volta
5.2.8 di sangue gli ha bagnati l' ira stolta.
5.3.1 Parmi non sol gran mal, ma che l' uom faccia
5.3.2 contra natura e sia di Dio ribello,
5.3.3 che s' induce a percuotere la faccia
5.3.4 di bella donna, o romperle un capello:
5.3.5 ma chi le dà veneno, o chi le caccia
5.3.6 l' alma del corpo con laccio o coltello,
5.3.7 ch' uomo sia quel non crederò in eterno,
5.3.8 ma in vista umana un spirto de l' inferno.
5.4.1 Cotali esser doveano i duoi ladroni
5.4.2 che Rinaldo cacciò da la donzella,
5.4.3 da lor condotta in quei scuri valloni
5.4.4 perché non se n' udisse più novella.
5.4.5 Io lasciai ch' ella render le cagioni
5.4.6 s' apparechiava di sua sorte fella
5.4.7 al paladin, che le fu buono amico:
5.4.8 or, seguendo l' istoria, così dico.
5.5.1 La donna incominciò: -- Tu intenderai
5.5.2 la maggior crudeltade e la più espressa,
5.5.3 ch' in Tebe o in Argo o ch' in Micene mai,
5.5.4 o in loco più crudel fosse commessa.
5.5.5 E se rotando il sole i chiari rai,
5.5.6 qui men ch' all' altre regïon s' appressa,
5.5.7 credo ch' a noi malvolentieri arrivi,
5.5.8 perché veder sì crudel gente schivi.
5.6.1 Ch' agli nemici gli uomini sien crudi,
5.6.2 in ogni età se n' è veduto esempio;
5.6.3 ma dar la morte a chi procuri e studi
5.6.4 il tuo ben sempre, è troppo ingiusto et empio.
5.6.5 E acciò che meglio il vero io ti denudi,
5.6.6 perché costor volessero far scempio
5.6.7 degli anni verdi miei contra ragione,
5.6.8 ti dirò da principio ogni cagione.
5.7.1 Voglio che sappi, signor mio, ch' essendo
5.7.2 tenera ancora, alli servigi venni
5.7.3 de la figlia del re, con cui crescendo,
5.7.4 buon luogo in corte et onorato tenni.
5.7.5 Crudele Amore, al mio stato invidendo,
5.7.6 fe' che seguace, ahi lassa! gli divenni:
5.7.7 fe' d' ogni cavallier, d' ogni donzello
5.7.8 parermi il duca d' Albania più bello.
5.8.1 Perché egli mostrò amarmi più che molto,
5.8.2 io ad amar lui con tutto il cor mi mossi.
5.8.3 Ben s' ode il ragionar, si vede il volto,
5.8.4 ma dentro il petto mal giudicar possi.
5.8.5 Credendo, amando, non cessai che tolto
5.8.6 l' ebbi nel letto, e non guardai ch' io fossi
5.8.7 di tutte le real camere in quella
5.8.8 che più secreta avea Ginevra bella;
5.9.1 dove tenea le sue cose più care,
5.9.2 e dove le più volte ella dormia.
5.9.3 Si può di quella in s' un verrone entrare,
5.9.4 che fuor del muro al discoperto uscìa.
5.9.5 Io facea il mio amator quivi montare;
5.9.6 e la scala di corde onde salia,
5.9.7 io stessa dal verron giù gli mandai
5.9.8 qual volta meco aver lo desïai:
5.10.1 che tante volte ve lo fei venire,
5.10.2 quanto Ginevra me ne diede l' agio,
5.10.3 che solea mutar letto, or per fuggire
5.10.4 il tempo ardente, or il brumal malvagio.
5.10.5 Non fu veduto d' alcun mai salire;
5.10.6 però che quella parte del palagio
5.10.7 risponde verso alcune case rotte,
5.10.8 dove nessun mai passa o giorno o notte.
5.11.1 Continuò per molti giorni e mesi
5.11.2 tra noi secreto l' amoroso gioco:
5.11.3 sempre crebbe l' amore; e sì m' accesi,
5.11.4 che tutta dentro io mi sentia di foco:
5.11.5 e cieca ne fui sì, ch' io non compresi
5.11.6 ch' egli fingeva molto, e amava poco;
5.11.7 ancor che li suo' inganni discoperti
5.11.8 esser doveanmi a mille segni certi.
5.12.1 Dopo alcun dì si mostrò nuovo amante
5.12.2 de la bella Ginevra. Io non so appunto
5.12.3 s' allora cominciasse, o pur inante
5.12.4 de l' amor mio, n' avesse il cor già punto.
5.12.5 Vedi s' in me venuto era arrogante,
5.12.6 s' imperio nel mio cor s' aveva assunto;
5.12.7 che mi scoperse, e non ebbe rossore
5.12.8 chiedermi aiuto in questo nuovo amore.
5.13.1 Ben mi dicea ch' uguale al mio non era,
5.13.2 né vero amor quel ch' egli avea a costei;
5.13.3 ma simulando esserne acceso, spera
5.13.4 celebrarne i legitimi imenei.
5.13.5 Dal re ottenerla fia cosa leggiera,
5.13.6 qualor vi sia la volontà di lei;
5.13.7 che di sangue e di stato in tutto il regno
5.13.8 non era, dopo il re, di lu' il più degno.
5.14.1 Mi persuade, se per opra mia
5.14.2 potesse al suo signor genero farsi
5.14.3 (che veder posso che se n' alzeria
5.14.4 a quanto presso al re possa uomo alzarsi),
5.14.5 che me n' avria bon merto, e non saria
5.14.6 mai tanto beneficio per scordarsi;
5.14.7 e ch' alla moglie e ch' ad ogn' altro inante
5.14.8 mi porrebbe egli in sempre essermi amante.
5.15.1 Io, ch' era tutta a satisfargli intenta,
5.15.2 né seppi o vòlsi contradirgli mai,
5.15.3 e sol quei giorni io mi vidi contenta,
5.15.4 ch' averlo compiaciuto mi trovai;
5.15.5 piglio l' occasïon che s' appresenta
5.15.6 di parlar d' esso e di lodarlo assai;
5.15.7 et ogni industria adopro, ogni fatica
5.15.8 per far del mio amator Ginevra amica.
5.16.1 Feci col core e con l' effetto tutto
5.16.2 quel che far si poteva, e sallo Idio;
5.16.3 né con Ginevra mai potei far frutto,
5.16.4 ch' io le ponessi in grazia il duca mio:
5.16.5 e questo, che ad amar ella avea indutto
5.16.6 tutto il pensiero e tutto il suo disio
5.16.7 un gentil cavallier, bello e cortese,
5.16.8 venuto in Scozia di lontan paese;
5.17.1 che con un suo fratel ben giovinetto
5.17.2 venne d' Italia a stare in questa corte;
5.17.3 si fe' ne l' arme poi tanto perfetto,
5.17.4 che la Bretagna non avea il più forte.
5.17.5 Il re l' amava, e ne mostrò l' effetto;
5.17.6 che gli donò di non picciola sorte
5.17.7 castella e ville e iuridizïoni,
5.17.8 e lo fe' grande al par dei gran baroni.
5.18.1 Grato era al re, più grato era alla figlia
5.18.2 quel cavallier chiamato Arïodante,
5.18.3 per esser valoroso a maraviglia;
5.18.4 ma più, ch' ella sapea che l' era amante.
5.18.5 Né Vesuvio, né il monte di Siciglia,
5.18.6 né Troia avampò mai di fiamme tante,
5.18.7 quante ella conoscea che per suo amore
5.18.8 Arïodante ardea per tutto il core.
5.19.1 L' amar che dunque ella facea colui
5.19.2 con cor sincero e con perfetta fede,
5.19.3 fe' che pel duca male udita fui;
5.19.4 né mai risposta da sperar mi diede:
5.19.5 anzi quanto io pregava più per lui
5.19.6 e gli studiava d' impetrar mercede,
5.19.7 ella, biasmandol sempre e dispregiando,
5.19.8 se gli venìa più sempre inimicando.
5.20.1 Io confortai l' amator mio sovente,
5.20.2 che volesse lasciar la vana impresa;
5.20.3 né si sperasse mai volger la mente
5.20.4 di costei, troppo ad altro amore intesa:
5.20.5 e gli feci conoscer chiaramente,
5.20.6 come era sì d' Arïodante accesa,
5.20.7 che quanta acqua è nel mar, piccola dramma
5.20.8 non spegneria de la sua immensa fiamma.
5.21.1 Questo da me più volte Polinesso
5.21.2 (che così nome ha il duca) avendo udito,
5.21.3 e ben compreso e visto per se stesso
5.21.4 che molto male era il suo amor gradito;
5.21.5 non pur di tanto amor si fu rimesso,
5.21.6 ma di vedersi un altro preferito,
5.21.7 come superbo, così mal sofferse,
5.21.8 che tutto in ira e in odio si converse.
5.22.1 E tra Ginevra e l' amator suo pensa
5.22.2 tanta discordia e tanta lite porre,
5.22.3 e farvi inimicizia così intensa,
5.22.4 che mai più non si possino comporre;
5.22.5 e por Ginevra in ignominia immensa
5.22.6 donde non s' abbia o viva o morta a tôrre:
5.22.7 né de l' iniquo suo disegno meco
5.22.8 vòlse, o con altri, ragionar che seco.
5.23.1 Fatto il pensier:" Dalinda mia, mi dice
5.23.2 (che così son nomata), saper déi,
5.23.3 che come suol tornar da la radice
5.23.4 arbor che tronchi e quattro volte e sei;
5.23.5 così la pertinacia mia infelice,
5.23.6 ben che sia tronca dai successi rei,
5.23.7 di germogliar non resta; che venire
5.23.8 pur vorria a fin di questo suo desire.
5.24.1 E non lo bramo tanto per diletto,
5.24.2 quanto perché vorrei vincer la pruova;
5.24.3 e non possendo farlo con effetto,
5.24.4 s' io lo fo imaginando, anco mi giuova.
5.24.5 Voglio, qual volta tu mi dài ricetto,
5.24.6 quando allora Ginevra si ritruova
5.24.7 nuda nel letto, che pigli ogni vesta
5.24.8 ch' ella posta abbia, e tutta te ne vesta.
5.25.1 Come ella s' orna e come il crin dispone
5.25.2 studia imitarla, e cerca il più che sai
5.25.3 di parer dessa, e poi sopra il verrone
5.25.4 a mandar giù la scala ne verrai.
5.25.5 Io verrò a te con imaginazione
5.25.6 che quella sii, di cui tu i panni avrai:
5.25.7 e così spero, me stesso ingannando,
5.25.8 venir in breve il mio desir sciemando".
5.26.1 Così disse egli. Io che divisa e sevra
5.26.2 e lungi era da me, non posi mente
5.26.3 che questo in che pregando egli persevra,
5.26.4 era una fraude pur troppo evidente;
5.26.5 e dal verron, coi panni di Ginevra,
5.26.6 mandai la scala onde salì sovente;
5.26.7 e non m' accorsi prima de l' inganno,
5.26.8 che n' era già tutto accaduto il danno.
5.27.1 Fatto in quel tempo con Arïodante
5.27.2 il duca avea queste parole o tali
5.27.3 (che grandi amici erano stati inante
5.27.4 che per Ginevra si fesson rivali):
5.27.5 " Mi maraviglio (incominciò il mio amante)
5.27.6 ch' avendoti io fra tutti li mie' uguali
5.27.7 sempre avuto il rispetto e sempre amato,
5.27.8 ch' io sia da te sì mal rimunerato.
5.28.1 Io son ben certo che comprendi e sai
5.28.2 di Ginevra e di me l' antiquo amore;
5.28.3 e per sposa legitima oggimai
5.28.4 per impetrarla son dal mio signore.
5.28.5 Perché mi turbi tu? perché pur vai
5.28.6 senza frutto in costei ponendo il core?
5.28.7 Io ben a te rispetto avrei, per Dio,
5.28.8 s' io nel tuo grado fossi, e tu nel mio".
5.29.1 " Et io (rispose Arïodante a lui)
5.29.2 di te mi maraviglio maggiormente;
5.29.3 che di lei prima inamorato fui,
5.29.4 che tu l' avessi vista solamente:
5.29.5 e so che sai quanto è l' amor tra nui,
5.29.6 ch' esser non può, di quel che sia, più ardente;
5.29.7 e sol d' essermi moglie intende e brama:
5.29.8 e so che certo sai ch' ella non t' ama.
5.30.1 Perché non hai tu dunque a me il rispetto
5.30.2 per l' amicizia nostra, che domande
5.30.3 ch' a te aver debba, e ch' io t' avre' in effetto,
5.30.4 se tu fossi con lei di me più grande?
5.30.5 Né men di te per moglie averla aspetto,
5.30.6 se ben tu sei più ricco in queste bande:
5.30.7 io non son meno al re, che tu sia, grato,
5.30.8 ma più di te da la sua figlia amato".
5.31.1 " Oh (disse il duca a lui), grande è cotesto
5.31.2 errore a che t' ha il folle amor condutto!
5.31.3 Tu credi esser più amato; io credo questo
5.31.4 medesmo: ma si può vedere al frutto.
5.31.5 Tu fammi ciò c' hai seco, manifesto,
5.31.6 et io il secreto mio t' aprirò tutto;
5.31.7 e quel di noi che manco aver si veggia,
5.31.8 ceda a chi vince, e d' altro si proveggia.
5.32.1 E sarò pronto se tu vuoi ch' io giuri
5.32.2 di non dir cosa mai che mi riveli:
5.32.3 così voglio ch' ancor tu m' assicuri
5.32.4 che quel ch' io ti dirò, sempre mi celi".
5.32.5 Venner dunque d' accordo alli scongiuri,
5.32.6 e posero le man sugli Evangeli:
5.32.7 e poi che di tacer fede si diero,
5.32.8 Arïodante incominciò primiero.
5.33.1 E disse per lo giusto e per lo dritto
5.33.2 come tra sé e Ginevra era la cosa;
5.33.3 ch' ella gli avea giurato e a bocca e in scritto,
5.33.4 che mai non saria ad altri, ch' a-llui, sposa;
5.33.5 e se dal re le venìa contraditto,
5.33.6 gli promettea di sempre esser ritrosa
5.33.7 da tutti gli altri maritaggi poi,
5.33.8 e viver sola in tutti i giorni suoi:
5.34.1 e ch' esso era in speranza, pel valore
5.34.2 ch' avea mostrato in arme a più d' un segno,
5.34.3 et era per mostrare a laude, a onore,
5.34.4 a beneficio del re e del suo regno,
5.34.5 di crescer tanto in grazia al suo signore,
5.34.6 che sarebbe da lui stimato degno
5.34.7 che la figliuola sua per moglie avesse,
5.34.8 poi che piacer a lei così intendesse.
5.35.1 Poi disse:" A questo termine son io,
5.35.2 né credo già ch' alcun mi venga appresso:
5.35.3 né cerco più di questo, né desio
5.35.4 de l' amor d' essa aver segno più espresso;
5.35.5 né più vorrei, se non quanto da Dio
5.35.6 per connubio legitimo è concesso:
5.35.7 e saria invano il domandar più inanzi;
5.35.8 che di bontà so come ogn' altra avanzi".
5.36.1 Poi ch' ebbe il vero Arïodante esposto
5.36.2 de la mercé ch' aspetta a sua fatica,
5.36.3 Polinesso, che già s' avea proposto
5.36.4 di far Ginevra al suo amator nemica,
5.36.5 cominciò:" Sei da me molto discosto,
5.36.6 e vo' che di tua bocca anco tu 'l dica;
5.36.7 e del mio ben veduta la radice,
5.36.8 che confessi me solo esser felice.
5.37.1 Finge ella teco, né t' ama né prezza;
5.37.2 che ti pasce di speme e di parole:
5.37.3 oltra questo, il tuo amor sempre a sciochezza,
5.37.4 quando meco ragiona, imputar suole.
5.37.5 Io ben d' esserle caro altra certezza
5.37.6 veduta n' ho, che di promesse e fole;
5.37.7 e tel dirò sotto la fé in secreto,
5.37.8 ben che farei più il debito a star cheto.
5.38.1 Non passa mese, che tre, quattro e sei
5.38.2 e talor diece notti, io non mi truovi
5.38.3 nudo abbracciato in quel piacer con lei,
5.38.4 ch' all' amoroso ardor par che sì giovi:
5.38.5 sì che tu puoi veder s' a' piacer miei
5.38.6 son d' aguagliar le ciance che tu pruovi.
5.38.7 Cedimi dunque, e d' altro ti provedi,
5.38.8 poi che sì inferïor di me ti vedi".
5.39.1 " Non ti vo' creder questo (gli rispose
5.39.2 Arïodante), e certo so che menti;
5.39.3 e composto fra te t' hai queste cose
5.39.4 acciò che da l' impresa io mi spaventi:
5.39.5 ma perché a lei son troppo ingiurïose,
5.39.6 questo c' hai detto sostener convienti;
5.39.7 che non bugiardo sol, ma voglio ancora
5.39.8 che tu sei traditor mostrarti or ora".
5.40.1 Suggiunse il duca:" Non sarebbe onesto
5.40.2 che noi volessen la battaglia tôrre
5.40.3 di quel che t' offerisco manifesto,
5.40.4 quando ti piaccia, inanzi agli occhi porre".
5.40.5 Resta smarrito Arïodante a questo,
5.40.6 e per l' ossa un tremor freddo gli scorre;
5.40.7 e se creduto ben gli avesse a pieno,
5.40.8 venìa sua vita allora allora meno.
5.41.1 Con cor trafitto e con pallida faccia,
5.41.2 e con voce tremante e bocca amara
5.41.3 rispose:" Quando sia che tu mi faccia
5.41.4 veder questa aventura tua sì rara,
5.41.5 prometto di costei lasciar la traccia,
5.41.6 a te sì liberale, a me sì avara:
5.41.7 ma ch' io tel voglia creder, non far stima,
5.41.8 s' io non lo veggio con questi occhi prima".
5.42.1 " Quando ne sarà il tempo, avisarotti",
5.42.2 suggiunse Polinesso, e dipartisse.
5.42.3 Non credo che passâr più di due notti,
5.42.4 ch' ordine fu che 'l duca a me venisse.
5.42.5 Per scoccar dunque i lacci che condotti
5.42.6 avea sì cheti, andò al rivale, e disse
5.42.7 che s' ascondesse la notte seguente
5.42.8 tra quelle case ove non sta mai gente:
5.43.1 e dimostrògli un luogo a dirimpetto
5.43.2 di quel verrone ove solea salire.
5.43.3 Arïodante avea preso sospetto
5.43.4 che lo cercasse far quivi venire,
5.43.5 come in un luogo dove avesse eletto
5.43.6 di por gli aguati, e farvelo morire,
5.43.7 sotto questa finzion, che vuol mostrargli
5.43.8 quel di Ginevra, ch' impossibil pargli.
5.44.1 Di volervi venir prese partito,
5.44.2 ma in guisa che di lui non sia men forte;
5.44.3 perché accadendo che fosse assalito,
5.44.4 si truovi sì, che non tema di morte.
5.44.5 Un suo fratello avea saggio et ardito,
5.44.6 il più famoso in arme de la corte,
5.44.7 detto Lurcanio; e avea più cor con esso,
5.44.8 che se dieci altri avesse avuto appresso.
5.45.1 Seco chiamollo, e vòlse che prendesse
5.45.2 l' arme; e la notte lo menò con lui:
5.45.3 non che 'l secreto suo già gli dicesse;
5.45.4 né l' avria detto ad esso né ad altrui.
5.45.5 Da sé lontano un trar di pietra il messe:
5.45.6 " Se mi senti chiamar, vien (disse) a nui;
5.45.7 ma se non senti, prima ch' io ti chiami,
5.45.8 non ti partir di qui, frate, se m' ami".
5.46.1 " Va pur, non dubitar", disse il fratello:
5.46.2 e così venne Arïodante cheto,
5.46.3 e si celò nel solitario ostello
5.46.4 ch' era d' incontro al mio verron secreto.
5.46.5 Vien d' altra parte il fraudolente e fello,
5.46.6 che d' infamar Ginevra era sì lieto;
5.46.7 e fa il segno, tra noi solito inante,
5.46.8 a me che de l' inganno era ignorante.
5.47.1 Et io con veste candida, e fregiata
5.47.2 per mezzo a liste d' oro e d' ogn' intorno,
5.47.3 e con rete pur d' or, tutta adombrata
5.47.4 di bei fiocchi vermigli al capo intorno
5.47.5 (foggia che sol fu da Ginevra usata,
5.47.6 non d' alcun' altra), udito il segno, torno
5.47.7 sopra il verron, ch' in modo era locato,
5.47.8 che mi scopria dinanzi e d' ogni lato.
5.48.1 Lurcanio in questo mezzo dubitando
5.48.2 che 'l fratello a pericolo non vada,
5.48.3 o come è pur commun disio, cercando
5.48.4 di spïar sempre ciò che ad altri accada;
5.48.5 l' era pian pian venuto seguitando,
5.48.6 tenendo l' ombre e la più oscura strada:
5.48.7 e a men di dieci passi a lui discosto,
5.48.8 nel medesimo ostel s' era riposto.
5.49.1 Non sappiendo io di questo cosa alcuna,
5.49.2 venni al verron ne l' abito c' ho detto,
5.49.3 sì come già venuta era più d' una
5.49.4 e più di due fïate a buono effetto.
5.49.5 Le veste si vedean chiare alla luna;
5.49.6 né dissimile essendo anch' io d' aspetto
5.49.7 né di persona da Ginevra molto,
5.49.8 fece parere un per un altro il volto:
5.50.1 e tanto più, ch' era gran spazio in mezzo
5.50.2 fra dove io venni e quelle inculte case,
5.50.3 ai dui fratelli, che stavano al rezzo,
5.50.4 il duca agevolmente persuase
5.50.5 quel ch' era falso. Or pensa in che ribrezzo
5.50.6 Arïodante, in che dolor rimase.
5.50.7 Vien Polinesso, e alla scala s' appoggia
5.50.8 che giù manda'gli, e monta in su la loggia.
5.51.1 A prima giunta io gli getto le braccia
5.51.2 al collo, ch' io non penso esser veduta;
5.51.3 lo bacio in bocca e per tutta la faccia,
5.51.4 come far soglio ad ogni sua venuta.
5.51.5 Egli più de l' usato si procaccia
5.51.6 d' accarezzarmi, e la sua fraude aiuta.
5.51.7 Quell' altro al rio spettacolo condutto,
5.51.8 misero sta lontano, e vede il tutto.
5.52.1 Cade in tanto dolor, che si dispone
5.52.2 allora allora di voler morire:
5.52.3 e il pome de la spada in terra pone;
5.52.4 che su la punta si volea ferire.
5.52.5 Lurcanio che con grande ammirazione
5.52.6 avea veduto il duca a me salire,
5.52.7 ma non già conosciuto chi si fosse,
5.52.8 scorgendo l' atto del fratel, si mosse;
5.53.1 e gli vietò che con la propria mano
5.53.2 non si passasse in quel furore il petto.
5.53.3 S' era più tardo o poco più lontano,
5.53.4 non giugnea a tempo, e non faceva effetto.
5.53.5 " Ah misero fratel, fratello insano
5.53.6 (gridò), perc' hai perduto l' intelletto,
5.53.7 ch' una femina a morte trar ti debbia?
5.53.8 Ch' ir possan tutte come al vento nebbia!
5.54.1 Cerca far morir lei, che morir merta,
5.54.2 e serva a più tuo onor tu la tua morte.
5.54.3 Fu d' amar lei, quando non t' era aperta
5.54.4 la fraude sua: or è da odiar ben forte,
5.54.5 poi che con gli occhi tuoi tu vedi certa,
5.54.6 quanto sia meretrice, e di che sorte.
5.54.7 Serba quest' arme che volti in te stesso,
5.54.8 a far dinanzi al re tal fallo espresso".
5.55.1 Quando si vede Arïodante giunto
5.55.2 sopra il fratel, la dura impresa lascia;
5.55.3 ma la sua intenzïon da quel ch' assunto
5.55.4 avea già di morir, poco s' accascia.
5.55.5 Quindi si leva, e porta non che punto,
5.55.6 ma trapassato il cor d' estrema ambascia;
5.55.7 pur finge col fratel, che quel furore
5.55.8 non abbia più, che dianzi avea nel core.
5.56.1 Il seguente matin, senza far motto
5.56.2 al suo fratello o ad altri, in via si messe
5.56.3 da la mortal disperazion condotto;
5.56.4 né di lui per più dì fu chi sapesse.
5.56.5 Fuor che 'l duca e il fratello, ogn' altro indòtto
5.56.6 era chi mosso al dipartir l' avesse.
5.56.7 Ne la casa del re di lui diversi
5.56.8 ragionamenti e in tutta Scozia fêrsi.
5.57.1 In capo d' otto o di più giorni in corte
5.57.2 venne inanzi a Ginevra un vïandante,
5.57.3 e novelle arrecò di mala sorte:
5.57.4 che s' era in mar summerso Arïodante
5.57.5 di volontaria sua libera morte,
5.57.6 non per colpa di borea o di levante.
5.57.7 D' un sasso che sul mar sporgea molt' alto
5.57.8 avea col capo in giù preso un gran salto.
5.58.1 Colui dicea:" Pria che venisse a questo,
5.58.2 a me che a caso riscontrò per via,
5.58.3 disse:" Vien meco, acciò che manifesto
5.58.4 per te a Ginevra il mio successo sia;
5.58.5 e dille poi, che la cagion del resto
5.58.6 che tu vedrai di me, ch' or ora fia,
5.58.7 è stato sol perc' ho troppo veduto:
5.58.8 felice, se senza occhi io fossi suto!"
5.59.1 Eramo a caso sopra Capobasso,
5.59.2 che verso Irlanda alquanto sporge in mare.
5.59.3 Così dicendo, di cima d' un sasso
5.59.4 lo vidi a capo in giù sott' acqua andare.
5.59.5 Io lo lasciai nel mare, et a gran passo
5.59.6 ti son venuto la nuova a portare".
5.59.7 Ginevra, sbigottita e in viso smorta,
5.59.8 rimase a quello annunzio mezza morta.
5.60.1 Oh Dio, che disse e fece, poi che sola
5.60.2 si ritrovò nel suo fidato letto!
5.60.3 Percosse il seno, e si stracciò la stola,
5.60.4 e fece all' aureo crin danno e dispetto,
5.60.5 ripetendo sovente la parola
5.60.6 ch' Arïodante avea in estremo detto:
5.60.7 che la cagion del suo caso empio e tristo
5.60.8 tutta venìa per aver troppo visto.
5.61.1 Il rumor scorse di costui per tutto,
5.61.2 che per dolor s' avea dato la morte.
5.61.3 Di questo il re non tenne il viso asciutto,
5.61.4 né cavallier né donna de la corte.
5.61.5 Di tutti il suo fratel mostrò più lutto;
5.61.6 e si sommerse nel dolor sì forte,
5.61.7 ch' ad essempio di lui, contra se stesso
5.61.8 voltò quasi la man per irgli appresso.
5.62.1 E molte volte ripetendo seco,
5.62.2 che fu Ginevra che 'l fratel gli estinse,
5.62.3 e che non fu se non quell' atto bieco
5.62.4 che di lei vide, ch' a morir lo spinse;
5.62.5 di voler vendicarsene sì cieco
5.62.6 venne, e sì l' ira e sì il dolor lo vinse,
5.62.7 che di perder la grazia vilipese,
5.62.8 et aver l' odio del re e del paese.
5.63.1 E inanzi al re, quando era più di gente
5.63.2 la sala piena, se ne venne, e disse:
5.63.3 " Sappi, signor, che di levar la mente
5.63.4 al mio fratel, sì ch' a morir ne gisse,
5.63.5 stata è la figlia tua sola nocente;
5.63.6 ch' a lui tanto dolor l' alma traffisse
5.63.7 d' aver veduta lei poco pudica,
5.63.8 che più che vita ebbe la morte amica.
5.64.1 Erane amante, e perché le sue voglie
5.64.2 disoneste non fur, nol vo' coprire:
5.64.3 per virtù meritarla aver per moglie
5.64.4 da te sperava, e per fedel servire;
5.64.5 ma mentre il lasso ad odorar le foglie
5.64.6 stava lontano, altrui vide salire,
5.64.7 salir su l' arbor riserbato, e tutto
5.64.8 essergli tolto il disïato frutto".
5.65.1 E seguitò, come egli avea veduto
5.65.2 venir Ginevra sul verrone, e come
5.65.3 mandò la scala, onde era a lei venuto
5.65.4 un drudo suo, di chi egli non sa il nome,
5.65.5 che s' avea, per non esser conosciuto,
5.65.6 cambiati i panni e nascose le chiome.
5.65.7 Suggiunse che con l' arme egli volea
5.65.8 provar tutto esser ver ciò che dicea.
5.66.1 Tu puoi pensar se 'l padre addolorato
5.66.2 riman, quando accusar sente la figlia;
5.66.3 sì perché ode di lei quel che pensato
5.66.4 mai non avrebbe, e n' ha gran maraviglia;
5.66.5 sì perché sa che fia necessitato
5.66.6 (se la difesa alcun guerrier non piglia,
5.66.7 il qual Lurcanio possa far mentire)
5.66.8 di condannarla e di farla morire.
5.67.1 Io non credo, signor, che ti sia nuova
5.67.2 la legge nostra che condanna a morte
5.67.3 ogni donna e donzella, che si pruova
5.67.4 di sé far copia altrui ch' al suo consorte.
5.67.5 Morta ne vien, s' in un mese non truova
5.67.6 in sua difesa un cavallier sì forte,
5.67.7 che contra il falso accusator sostegna
5.67.8 che sia innocente e di morire indegna.
5.68.1 Ha fatto il re bandir, per liberarla
5.68.2 (che pur gli par ch' a torto sia accusata),
5.68.3 che vuol per moglie e con gran dote darla
5.68.4 a chi torrà l' infamia che l' è data.
5.68.5 Chi per lei comparisca non si parla
5.68.6 guerriero ancora, anzi l' un l' altro guata;
5.68.7 che quel Lurcanio in arme è così fiero,
5.68.8 che par che di lui tema ogni guerriero.
5.69.1 Atteso ha l' empia sorte, che Zerbino,
5.69.2 fratel di lei, nel regno non si truove;
5.69.3 che va già molti mesi peregrino,
5.69.4 mostrando di sé in arme inclite pruove:
5.69.5 che quando si trovasse più vicino
5.69.6 quel cavallier gagliardo, o in luogo dove
5.69.7 potesse avere a tempo la novella,
5.69.8 non mancheria d' aiuto alla sorella.
5.70.1 Il re, ch' intanto cerca di sapere
5.70.2 per altra pruova, che per arme, ancora,
5.70.3 se sono queste accuse o false o vere,
5.70.4 se dritto o torto è che sua figlia mora;
5.70.5 ha fatto prender certe cameriere
5.70.6 che lo dovrian saper, se vero fôra:
5.70.7 ond' io previdi, che se presa era io,
5.70.8 troppo periglio era del duca e mio.
5.71.1 E la notte medesima mi trassi
5.71.2 fuor de la corte, e al duca mi condussi;
5.71.3 e gli feci veder quanto importassi
5.71.4 al capo d' amendua, se presa io fussi.
5.71.5 Lodommi, e disse ch' io non dubitassi:
5.71.6 a' suoi conforti poi venir m' indussi
5.71.7 ad una sua fortezza ch' è qui presso,
5.71.8 in compagnia di dui che mi diede esso.
5.72.1 Hai sentito, signor, con quanti effetti
5.72.2 de l' amor mio fei Polinesso certo;
5.72.3 e s' era debitor per tai rispetti
5.72.4 d' avermi cara o no, tu 'l vedi aperto.
5.72.5 Or senti il guidardon che io ricevetti,
5.72.6 vedi la gran mercé del mio gran merto;
5.72.7 vedi se deve, per amare assai,
5.72.8 donna sperar d' essere amata mai:
5.73.1 che questo ingrato, perfido e crudele,
5.73.2 de la mia fede ha preso dubbio al fine:
5.73.3 venuto è in sospizion ch' io non rivele
5.73.4 al lungo andar le fraudi sue volpine.
5.73.5 Ha finto, acciò che m' allontane e cele
5.73.6 fin che l' ira e il furor del re decline,
5.73.7 voler mandarmi ad un suo luogo forte;
5.73.8 e mi volea mandar dritto alla morte:
5.74.1 che di secreto ha commesso alla guida,
5.74.2 che come m' abbia in queste selve tratta,
5.74.3 per degno premio di mia fé m' uccida.
5.74.4 Così l' intenzïon gli venìa fatta,
5.74.5 se tu non eri appresso alle mie grida.
5.74.6 Ve' come Amor ben chi lui segue, tratta! --
5.74.7 Così narrò Dalinda al paladino,
5.74.8 seguendo tuttavolta il lor camino.
5.75.1 A cui fu sopra ogn' aventura, grata
5.75.2 questa, d' aver trovata la donzella,
5.75.3 che gli avea tutta l' istoria narrata
5.75.4 de l' innocenzia di Ginevra bella.
5.75.5 E se sperato avea, quando accusata
5.75.6 ancor fosse a ragion, d' aiutar quella,
5.75.7 via con maggior baldanza or viene in prova,
5.75.8 poi che evidente la calunnia truova.
5.76.1 E verso la città di Santo Andrea,
5.76.2 dove era il re con tutta la famiglia,
5.76.3 e la battaglia singular dovea
5.76.4 esser de la querela de la figlia,
5.76.5 andò Rinaldo quanto andar potea,
5.76.6 fin che vicino giunse a poche miglia;
5.76.7 alla città vicino giunse, dove
5.76.8 trovò un scudier ch' avea più fresche nuove:
5.77.1 ch' un cavallier istrano era venuto,
5.77.2 ch' a difender Ginevra s' avea tolto,
5.77.3 con non usate insegne, e sconosciuto,
5.77.4 però che sempre ascoso andava molto;
5.77.5 e che dopo che v' era, ancor veduto
5.77.6 non gli avea alcuno al discoperto il volto;
5.77.7 e che 'l proprio scudier che gli servia
5.77.8 dicea giurando: -- Io non so dir chi sia. --
5.78.1 Non cavalcaro molto, ch' alle mura
5.78.2 si trovâr de la terra e in su la porta.
5.78.3 Dalinda andar più inanzi avea paura;
5.78.4 pur va, poi che Rinaldo la conforta.
5.78.5 La porta è chiusa, et a chi n' avea cura
5.78.6 Rinaldo domandò: -- Questo ch' importa? --
5.78.7 E fugli detto: perché 'l popul tutto
5.78.8 a veder la battaglia era ridutto,
5.79.1 che tra Lurcanio e un cavallier istrano
5.79.2 si fa ne l' altro capo de la terra,
5.79.3 ove era un prato spazïoso e piano;
5.79.4 e che già cominciata hanno la guerra.
5.79.5 Aperto fu al signor di Montealbano,
5.79.6 e tosto il portinar dietro gli serra.
5.79.7 Per la vòta città Rinaldo passa;
5.79.8 ma la donzella al primo albergo lassa:
5.80.1 e dice che sicura ivi si stia
5.80.2 fin che ritorni a-llei, che sarà tosto;
5.80.3 e verso il campo poi ratto s' invia,
5.80.4 dove li dui guerrier dato e risposto
5.80.5 molto s' aveano e davan tuttavia.
5.80.6 Stava Lurcanio di mal cor disposto
5.80.7 contra Ginevra; e l' altro in sua difesa
5.80.8 ben sostenea la favorita impresa.
5.81.1 Sei cavallier con lor ne lo steccato
5.81.2 erano a piedi, armati di corazza,
5.81.3 col duca d' Albania, ch' era montato
5.81.4 s' un possente corsier di buona razza.
5.81.5 Come a gran contestabile, a lui dato
5.81.6 la guardia fu del campo e de la piazza:
5.81.7 e di veder Ginevra in gran periglio
5.81.8 avea il cor lieto, et orgoglioso il ciglio.
5.82.1 Rinaldo se ne va tra gente e gente;
5.82.2 fassi far largo il buon destrier Baiardo:
5.82.3 chi la tempesta del suo venir sente,
5.82.4 a dargli via non par zoppo né tardo.
5.82.5 Rinaldo vi compar sopra eminente,
5.82.6 e ben rassembra il fior d' ogni gagliardo;
5.82.7 poi si ferma all' incontro ove il re siede:
5.82.8 ognun s' accosta per udir che chiede.
5.83.1 Rinaldo disse al re: -- Magno signore,
5.83.2 non lasciar la battaglia più seguire;
5.83.3 perché di questi dua qualunche more,
5.83.4 sappi ch' a torto tu 'l lasci morire.
5.83.5 L' un crede aver ragione, et è in errore,
5.83.6 e dice il falso, e non sa di mentire;
5.83.7 ma quel medesmo error che 'l suo germano
5.83.8 a morir trasse, a lui pon l' arme in mano.
5.84.1 L' altro non sa se s' abbia dritto o torto;
5.84.2 ma sol per gentilezza e per bontade
5.84.3 in pericol si è posto d' esser morto,
5.84.4 per non lasciar morir tanta beltade.
5.84.5 Io la salute all' innocenzia porto;
5.84.6 porto il contrario a chi usa falsitade.
5.84.7 Ma, per Dio, questa pugna prima parti,
5.84.8 poi mi dà audienza a quel ch' io vo' narrarti. --
5.85.1 Fu da l' autorità d' un uom sì degno,
5.85.2 come Rinaldo gli parea al sembiante,
5.85.3 sì mosso il re, che disse e fece segno
5.85.4 che non andasse più la pugna inante;
5.85.5 al quale insieme et ai baron del regno
5.85.6 e ai cavallieri e all' altre turbe tante
5.85.7 Rinaldo fe' l' inganno tutto espresso,
5.85.8 ch' avea ordito a Ginevra Polinesso.
5.86.1 Indi s' offerse di voler provare
5.86.2 coll' arme, ch' era ver quel ch' avea detto.
5.86.3 Chiamasi Polinesso; et ei compare,
5.86.4 ma tutto conturbato ne l' aspetto:
5.86.5 pur con audacia cominciò a negare.
5.86.6 Disse Rinaldo: -- Or noi vedrem l' effetto. --
5.86.7 L' uno e l' altro era armato, il campo fatto,
5.86.8 sì che senza indugiar vengono al fatto.
5.87.1 Oh quanto ha il re, quanto ha il suo popul caro
5.87.2 che Ginevra aprovar s' abbi innocente!
5.87.3 Tutti han speranza che Dio mostri chiaro
5.87.4 ch' impudica era detta ingiustamente.
5.87.5 Crudel, superbo e riputato avaro
5.87.6 fu Polinesso, iniquo e fraudolente;
5.87.7 sì che ad alcun miracolo non fia,
5.87.8 che l' inganno da lui tramato sia.
5.88.1 Sta Polinesso con la faccia mesta,
5.88.2 col cor tremante e con pallida guancia;
5.88.3 e al terzo suon mette la lancia in resta.
5.88.4 Così Rinaldo inverso lui si lancia,
5.88.5 che disïoso di finir la festa,
5.88.6 mira a passargli il petto con la lancia:
5.88.7 né discorde al disir seguì l' effetto;
5.88.8 che mezza l' asta gli cacciò nel petto.
5.89.1 Fisso nel tronco lo transporta in terra,
5.89.2 lontan dal suo destrier più di sei braccia.
5.89.3 Rinaldo smonta subito, e gli afferra
5.89.4 l' elmo, pria che si levi, e gli lo slaccia:
5.89.5 ma quel, che non può far più troppa guerra,
5.89.6 gli domanda mercé con umil faccia,
5.89.7 e gli confessa, udendo il re e la corte,
5.89.8 la fraude sua che l' ha condutto a morte.
5.90.1 Non finì il tutto, e in mezzo la parola
5.90.2 e la voce e la vita l' abandona.
5.90.3 Il re, che liberata la figliuola
5.90.4 vede da morte e da fama non buona,
5.90.5 più s' allegra, gioisce e raconsola,
5.90.6 che, s' avendo perduta la corona,
5.90.7 ripor se la vedesse allora allora;
5.90.8 sì che Rinaldo unicamente onora.
5.91.1 E poi ch' al trar de l' elmo conosciuto
5.91.2 l' ebbe, perch' altre volte l' avea visto,
5.91.3 levò le mani a Dio, che d' un aiuto
5.91.4 come era quel, gli avea sì ben provisto.
5.91.5 Quell' altro cavallier che, sconosciuto,
5.91.6 soccorso avea Ginevra al caso tristo,
5.91.7 et armato per lei s' era condutto,
5.91.8 stato da parte era a vedere il tutto.
5.92.1 Dal re pregato fu di dire il nome,
5.92.2 o di lasciarsi almen veder scoperto,
5.92.3 acciò da lui fosse premiato, come
5.92.4 di sua buona intenzion chiedeva il merto.
5.92.5 Quel, dopo lunghi preghi, da le chiome
5.92.6 si levò l' elmo, e fe' palese e certo
5.92.7 quel che ne l' altro canto ho da seguire,
5.92.8 se grata vi sarà l' istoria udire.
CANTO VI
6.1.1 Miser chi mal oprando si confida
6.1.2 ch' ognor star debbia il maleficio occulto;
6.1.3 che quando ogn' altro taccia, intorno grida
6.1.4 l' aria e la terra istessa in ch' è sepulto:
6.1.5 e Dio fa spesso che 'l peccato guida
6.1.6 il peccator, poi ch' alcun dì gli ha indulto,
6.1.7 che se medesmo, senza altrui richiesta,
6.1.8 innavedutamente manifesta.
6.2.1 Avea creduto il miser Polinesso
6.2.2 totalmente il delitto suo coprire,
6.2.3 Dalinda consapevole d' appresso
6.2.4 levandosi, che sola il potea dire:
6.2.5 e aggiungendo il secondo al primo eccesso,
6.2.6 affrettò il mal che potea differire,
6.2.7 e potea differire e schivar forse;
6.2.8 ma se stesso spronando, a morir corse:
6.3.1 e perdé amici a un tempo e vita e stato,
6.3.2 e onor, che fu molto più grave danno.
6.3.3 Dissi di sopra, che fu assai pregato
6.3.4 il cavallier, ch' ancor chi sia non sanno.
6.3.5 Al fin si trasse l' elmo, e 'l viso amato
6.3.6 scoperse, che più volte veduto hanno:
6.3.7 e dimostrò come era Arïodante,
6.3.8 per tutta Scozia lacrimato inante;
6.4.1 Arïodante, che Ginevra pianto
6.4.2 avea per morto, e 'l fratel pianto avea,
6.4.3 il re, la corte, il popul tutto quanto:
6.4.4 di tal bontà, di tal valor splendea.
6.4.5 Adunque il peregrin mentir di quanto
6.4.6 dianzi di lui narrò, quivi apparea;
6.4.7 e fu pur ver che dal sasso marino
6.4.8 gittarsi in mar lo vide a capo chino.
6.5.1 Ma (come aviene a un disperato spesso,
6.5.2 che da lontan brama e disia la morte,
6.5.3 e l' odia poi che se la vede appresso,
6.5.4 tanto gli pare il passo acerbo e forte)
6.5.5 Arïodante, poi ch' in mar fu messo,
6.5.6 si pentì di morire; e come forte
6.5.7 e come destro e più d' ogn' altro ardito,
6.5.8 si messe a nuoto e ritornossi al lito;
6.6.1 e dispregiando e nominando folle
6.6.2 il desir ch' ebbe di lasciar la vita,
6.6.3 si messe a caminar bagnato e molle,
6.6.4 e capitò all' ostel d' un eremita.
6.6.5 Quivi secretamente indugiar volle
6.6.6 tanto, che la novella avesse udita,
6.6.7 se del caso Ginevra s' allegrasse,
6.6.8 o pur mesta e pietosa ne restasse.
6.7.1 Intese prima, che per gran dolore
6.7.2 ella era stata a rischio di morire
6.7.3 (la fama andò di questo in modo fuore,
6.7.4 che ne fu in tutta l' isola che dire):
6.7.5 contrario effetto a quel che per errore
6.7.6 credea aver visto con suo gran martìre.
6.7.7 Intese poi, come Lurcanio avea
6.7.8 fatta Ginevra appresso il padre rea.
6.8.1 Contra il fratel d' ira minor non arse,
6.8.2 che per Ginevra già d' amore ardesse;
6.8.3 che troppo empio e crudele atto gli parse,
6.8.4 ancora che per lui fatto l' avesse.
6.8.5 Sentendo poi, che per lei non comparse
6.8.6 cavallier che difender la volesse
6.8.7 (che Lurcanio sì forte era e gagliardo,
6.8.8 ch' ognun d' andargli contra avea riguardo;
6.9.1 e chi n' avea notizia, il riputava
6.9.2 tanto discreto, e sì saggio et accorto,
6.9.3 che se non fosse ver quel che narrava,
6.9.4 non si porrebbe a rischio d' esser morto;
6.9.5 per questo la più parte dubitava
6.9.6 di non pigliar questa difesa a torto);
6.9.7 Arïodante, dopo gran discorsi,
6.9.8 pensò all' accusa del fratello opporsi.
6.10.1 -- Ah lasso! io non potrei (seco dicea)
6.10.2 sentir per mia cagion perir costei:
6.10.3 troppo mia morte fôra acerba e rea,
6.10.4 se inanzi a me morir vedessi lei.
6.10.5 Ella è pur la mia donna e la mia dea,
6.10.6 questa è la luce pur degli occhi miei:
6.10.7 convien ch' a dritto e a torto, per suo scampo
6.10.8 pigli l' impresa, e resti morto in campo.
6.11.1 So ch' io m' appiglio al torto; e al torto sia:
6.11.2 e ne morrò; né questo mi sconforta,
6.11.3 se non ch' io so che per la morte mia
6.11.4 sì bella donna ha da restar poi morta.
6.11.5 Un sol conforto nel morir mi fia,
6.11.6 che, se 'l suo Polinesso amor le porta,
6.11.7 chiaramente veder avrà potuto
6.11.8 che non s' è mosso ancor per darle aiuto;
6.12.1 e me, che tanto espressamente ha offeso,
6.12.2 vedrà, per lei salvare, a morir giunto.
6.12.3 Di mio fratello insieme, il quale acceso
6.12.4 tanto fuoco ha, vendicherommi a un punto;
6.12.5 ch' io lo farò doler, poi che compreso
6.12.6 il fine avrà del suo crudele assunto:
6.12.7 creduto vendicar avrà il germano,
6.12.8 e gli avrà dato morte di sua mano. --
6.13.1 Concluso ch' ebbe questo nel pensiero,
6.13.2 nuove arme ritrovò, nuovo cavallo;
6.13.3 e sopraveste nere, e scudo nero
6.13.4 portò, fregiato a color verdegiallo.
6.13.5 Per aventura si trovò un scudiero
6.13.6 ignoto in quel paese, e menato hallo;
6.13.7 e sconosciuto (come ho già narrato)
6.13.8 s' appresentò contra il fratello armato.
6.14.1 Narrato v' ho come il fatto successe,
6.14.2 come fu conosciuto Arïodante.
6.14.3 Non minor gaudio n' ebbe il re, ch' avesse
6.14.4 de la figliuola liberata inante.
6.14.5 Seco pensò che mai non si potesse
6.14.6 trovar un più fedele e vero amante;
6.14.7 che dopo tanta ingiuria, la difesa
6.14.8 di lei, contra il fratel proprio, avea presa.
6.15.1 E per sua inclinazion (ch' assai l' amava)
6.15.2 e per li preghi di tutta la corte,
6.15.3 e di Rinaldo, che più d' altri instava,
6.15.4 de la bella figliuola il fa consorte.
6.15.5 La duchea d' Albania ch' al re tornava
6.15.6 dopo che Polinesso ebbe la morte,
6.15.7 in miglior tempo discader non puote,
6.15.8 poi che la dona alla sua figlia in dote.
6.16.1 Rinaldo per Dalinda impetrò grazia,
6.16.2 che se n' andò di tanto errore esente;
6.16.3 la qual per voto, e perché molto sazia
6.16.4 era del mondo, a Dio volse la mente:
6.16.5 monaca s' andò a render fin in Dazia,
6.16.6 e si levò di Scozia immantinente.
6.16.7 Ma tempo è omai di ritrovar Ruggiero,
6.16.8 che scorre il ciel su l' animal leggiero.
6.17.1 Ben che Ruggier sia d' animo constante,
6.17.2 né cangiato abbia il solito colore,
6.17.3 io non gli voglio creder che tremante
6.17.4 non abbia dentro più che foglia il core.
6.17.5 Lasciato avea di gran spazio distante
6.17.6 tutta l' Europa, et era uscito fuore
6.17.7 per molto spazio il segno che prescritto
6.17.8 avea già a' naviganti Ercole invitto.
6.18.1 Quello ippogrifo, grande e strano augello,
6.18.2 lo porta via con tal prestezza d' ale,
6.18.3 che lascieria di lungo tratto quello
6.18.4 celer ministro del fulmineo strale.
6.18.5 Non va per l' aria altro animal sì snello,
6.18.6 che di velocità gli fosse uguale:
6.18.7 credo ch' a pena il tuono e la saetta
6.18.8 venga in terra dal ciel con maggior fretta.
6.19.1 Poi che l' augel trascorso ebbe gran spazio
6.19.2 per linea dritta e senza mai piegarsi,
6.19.3 con larghe ruote, omai de l' aria sazio,
6.19.4 cominciò sopra una isola a calarsi,
6.19.5 pari a quella ove, dopo lungo strazio
6.19.6 far del suo amante e lungo a lui celarsi,
6.19.7 la vergine Aretusa passò invano
6.19.8 di sotto il mar per camin cieco e strano.
6.20.1 Non vide né 'l più bel né 'l più giocondo
6.20.2 da tutta l' aria ove le penne stese;
6.20.3 né se tutto cercato avesse il mondo,
6.20.4 vedria di questo il più gentil paese,
6.20.5 ove, dopo un girarsi di gran tondo,
6.20.6 con Ruggier seco il grande augel discese:
6.20.7 culte pianure e delicati colli,
6.20.8 chiare acque, ombrose ripe e prati molli.
6.21.1 Vaghi boschetti di soavi allori,
6.21.2 di palme e d' amenissime mortelle,
6.21.3 cedri et aranci ch' avean frutti e fiori
6.21.4 contesti in varie forme e tutte belle,
6.21.5 facean riparo ai fervidi calori
6.21.6 de' giorni estivi con lor spesse ombrelle;
6.21.7 e tra quei rami con sicuri voli
6.21.8 cantando se ne gìano i rosignuoli.
6.22.1 Tra le purpuree rose e i bianchi gigli,
6.22.2 che tiepida aura freschi ognora serba,
6.22.3 sicuri si vedean lepri e conigli,
6.22.4 e cervi con la fronte alta e superba,
6.22.5 senza temer ch' alcun gli uccida o pigli,
6.22.6 pascano o stiansi rominando l' erba;
6.22.7 saltano i daini e i capri isnelli e destri,
6.22.8 che sono in copia in quei luoghi campestri.
6.23.1 Come sì presso è l' ippogrifo a terra,
6.23.2 ch' esser ne può men periglioso il salto,
6.23.3 Ruggier con fretta de l' arcion si sferra,
6.23.4 e si ritruova in su l' erboso smalto;
6.23.5 tuttavia in man le redine si serra,
6.23.6 che non vuol che 'l destrier più vada in alto:
6.23.7 poi lo lega nel margine marino
6.23.8 a un verde mirto in mezzo un lauro e un pino.
6.24.1 E quivi appresso ove surgea una fonte
6.24.2 cinta di cedri e di feconde palme,
6.24.3 pose lo scudo, e l' elmo da la fronte
6.24.4 si trasse, e disarmossi ambe le palme;
6.24.5 et ora alla marina et ora al monte
6.24.6 volgea la faccia all' aure fresche et alme,
6.24.7 che l' alte cime con mormorii lieti
6.24.8 fan tremolar dei faggi e degli abeti.
6.25.1 Bagna talor ne la chiara onda e fresca
6.25.2 l' asciutte labra, e con le man diguazza,
6.25.3 acciò che de le vene il calore esca
6.25.4 che gli ha acceso il portar de la corazza.
6.25.5 Né maraviglia è già ch' ella gl' incresca;
6.25.6 che non è stato un far vedersi in piazza:
6.25.7 ma senza mai posar, d' arme guernito,
6.25.8 tre mila miglia ognor correndo era ito.
6.26.1 Quivi stando, il destrier ch' avea lasciato
6.26.2 tra le più dense frasche alla fresca ombra,
6.26.3 per fuggir si rivolta, spaventato
6.26.4 di non so che, che dentro al bosco adombra:
6.26.5 e fa crollar sì il mirto ove è legato,
6.26.6 che de le frondi intorno il piè gli ingombra:
6.26.7 crollar fa il mirto e fa cader la foglia;
6.26.8 né succede però che se ne scioglia.
6.27.1 Come ceppo talor, che le medolle
6.27.2 rare e vòte abbia, e posto al fuoco sia,
6.27.3 poi che per gran calor quell' aria molle
6.27.4 resta consunta ch' in mezzo l' empìa,
6.27.5 dentro risuona, e con strepito bolle
6.27.6 tanto che quel furor truovi la via;
6.27.7 così murmura e stride e si coruccia
6.27.8 quel mirto offeso, e al fine apre la buccia.
6.28.1 Onde con mesta e flebil voce uscìo
6.28.2 espedita e chiarissima favella,
6.28.3 e disse: -- Se tu sei cortese e pio,
6.28.4 come dimostri alla presenza bella,
6.28.5 lieva questo animal da l' arbor mio:
6.28.6 basti che 'l mio mal proprio mi flagella,
6.28.7 senza altra pena, senza altro dolore
6.28.8 ch' a tormentarmi ancor venga di fuore. --
6.29.1 Al primo suon di quella voce torse
6.29.2 Ruggiero il viso, e subito levosse;
6.29.3 e poi ch' uscir da l' arbore s' accorse,
6.29.4 stupefatto restò più che mai fosse.
6.29.5 A levarne il destrier subito corse;
6.29.6 e con le guancie di vergogna rosse:
6.29.7 -- Qual che tu sii, perdonami (dicea),
6.29.8 o spirto umano, o boschereccia dea.
6.30.1 Il non aver saputo che s' asconda
6.30.2 sotto ruvida scorza umano spirto,
6.30.3 m' ha lasciato turbar la bella fronda
6.30.4 e far ingiuria al tuo vivace mirto:
6.30.5 ma non restar però, che non risponda
6.30.6 chi tu ti sia, ch' in corpo orrido et irto,
6.30.7 con voce e razionale anima vivi;
6.30.8 se da grandine il ciel sempre ti schivi.
6.31.1 E s' ora o mai potrò questo dispetto
6.31.2 con alcun beneficio compensarte,
6.31.3 per quella bella donna ti prometto,
6.31.4 quella che di me tien la miglior parte,
6.31.5 ch' io farò con parole e con effetto,
6.31.6 ch' avrai giusta cagion di me lodarte. --
6.31.7 Come Ruggiero al suo parlar fin diede,
6.31.8 tremò quel mirto da la cima al piede.
6.32.1 Poi si vide sudar su per la scorza,
6.32.2 come legno dal bosco allora tratto,
6.32.3 che del fuoco venir sente la forza,
6.32.4 poscia ch' invano ogni ripar gli ha fatto;
6.32.5 e cominciò: -- Tua cortesia mi sforza
6.32.6 a discoprirti in un medesmo tratto
6.32.7 ch' io fossi prima, e chi converso m' aggia
6.32.8 in questo mirto in su l' amena spiaggia.
6.33.1 Il nome mio fu Astolfo; e paladino
6.33.2 era di Francia, assai temuto in guerra:
6.33.3 d' Orlando e di Rinaldo era cugino,
6.33.4 la cui fama alcun termine non serra;
6.33.5 e si spettava a me tutto il domìno,
6.33.6 dopo il mio padre Oton, de l' Inghilterra.
6.33.7 Leggiadro e bel fui sì, che di me accesi
6.33.8 più d' una donna; e al fin me solo offesi.
6.34.1 Ritornando io da quelle isole estreme
6.34.2 che da Levante il mar Indico lava,
6.34.3 dove Rinaldo et alcun' altri insieme
6.34.4 meco fur chiusi in parte oscura e cava,
6.34.5 et onde liberate le supreme
6.34.6 forze n' avean del cavallier di Brava;
6.34.7 vêr ponente io venìa lungo la sabbia
6.34.8 che del settentrïon sente la rabbia.
6.35.1 E come la via nostra e il duro e fello
6.35.2 destin ci trasse, uscimmo una matina
6.35.3 sopra la bella spiaggia, ove un castello
6.35.4 siede sul mar, de la possente Alcina.
6.35.5 Trovammo lei ch' uscita era di quello,
6.35.6 e stava sola in ripa alla marina;
6.35.7 e senza rete e senza amo traea
6.35.8 tutti li pesci al lito, che volea.
6.36.1 Veloci vi correvano i delfini,
6.36.2 vi venìa a bocca aperta il grosso tonno;
6.36.3 i capidogli coi vécchi marini
6.36.4 vengon turbati dal lor pigro sonno;
6.36.5 muli, salpe, salmoni e coracini
6.36.6 nuotano a schiere in più fretta che ponno;
6.36.7 pistrici, fisiteri, orche e balene
6.36.8 escon del mar con monstruose schiene.
6.37.1 Veggiamo una balena, la maggiore
6.37.2 che mai per tutto il mar veduta fosse:
6.37.3 undeci passi e più dimostra fuore
6.37.4 de l' onde salse le spallaccie grosse.
6.37.5 Caschiamo tutti insieme in uno errore,
6.37.6 perch' era ferma e che mai non si scosse:
6.37.7 ch' ella sia una isoletta ci credemo,
6.37.8 così distante ha l' un da l' altro estremo.
6.38.1 Alcina i pesci uscir facea de l' acque
6.38.2 con semplici parole e puri incanti.
6.38.3 Con la fata Morgana Alcina nacque,
6.38.4 io non so dir s' a un parto o dopo o inanti.
6.38.5 Guardommi Alcina; e subito le piacque
6.38.6 l' aspetto mio, come mostrò ai sembianti:
6.38.7 e pensò con astuzia e con ingegno
6.38.8 tormi ai compagni; e riuscì il disegno.
6.39.1 Ci venne incontra con allegra faccia,
6.39.2 con modi grazïosi e riverenti,
6.39.3 e disse:" Cavallier, quando vi piaccia
6.39.4 far oggi meco i vostri alloggiamenti,
6.39.5 io vi farò veder, ne la mia caccia,
6.39.6 di tutti i pesci sorti differenti:
6.39.7 chi scaglioso, chi molle e chi col pelo;
6.39.8 e saran più che non ha stelle il cielo.
6.40.1 E volendo vedere una sirena
6.40.2 che col suo dolce canto acheta il mare,
6.40.3 passian di qui fin su quell' altra arena,
6.40.4 dove a quest' ora suol sempre tornare".
6.40.5 E ci mostrò quella maggior balena,
6.40.6 che, come io dissi, una isoletta pare.
6.40.7 Io che sempre fui troppo (e me n' incresce)
6.40.8 volonteroso, andai sopra quel pesce.
6.41.1 Rinaldo m' accennava, e similmente
6.41.2 Dudon, ch' io non v' andassi: e poco valse.
6.41.3 La fata Alcina con faccia ridente,
6.41.4 lasciando gli altri dua, dietro mi salse.
6.41.5 La balena, all' ufficio diligente,
6.41.6 nuotando se n' andò per l' onde salse.
6.41.7 Di mia sciochezza tosto fui pentito;
6.41.8 ma troppo mi trovai lungi dal lito.
6.42.1 Rinaldo si cacciò ne l' acqua a nuoto
6.42.2 per aiutarmi, e quasi si sommerse,
6.42.3 perché levossi un furïoso Noto
6.42.4 che d' ombra il cielo e 'l pelago coperse.
6.42.5 Quel che di lui seguì poi, non m' è noto.
6.42.6 Alcina a confortarmi si converse;
6.42.7 e quel dì tutto e la notte che venne,
6.42.8 sopra quel mostro in mezzo il mar mi tenne.
6.43.1 Fin che venimmo a questa isola bella,
6.43.2 di cui gran parte Alcina ne possiede,
6.43.3 e l' ha usurpata ad una sua sorella
6.43.4 che 'l padre già lasciò del tutto erede,
6.43.5 perché sola legitima avea quella;
6.43.6 e (come alcun notizia me ne diede,
6.43.7 che pienamente instrutto era di questo)
6.43.8 sono quest' altre due nate d' incesto.
6.44.1 E come sono inique e scelerate
6.44.2 e piene d' ogni vizio infame e brutto,
6.44.3 così quella, vivendo in castitate,
6.44.4 posto ha ne le virtuti il suo cor tutto.
6.44.5 Contra lei queste due son congiurate;
6.44.6 e già più d' uno esercito hanno instrutto
6.44.7 per cacciarla de l' isola, e in più volte
6.44.8 più di cento castella l' hanno tolte:
6.45.1 né ci terrebbe ormai spanna di terra
6.45.2 colei, che Logistilla è nominata,
6.45.3 se non che quinci un golfo il passo serra,
6.45.4 e quindi una montagna inabitata,
6.45.5 sì come tien la Scozia e l' inghilterra
6.45.6 il monte e la riviera, separata;
6.45.7 né però Alcina né Morgana resta
6.45.8 che non le voglia tor ciò che le resta.
6.46.1 Perché di vizii è questa coppia rea,
6.46.2 odia colei, perché è pudica e santa.
6.46.3 Ma, per tornare a quel ch' io ti dicea,
6.46.4 e seguir poi com' io divenni pianta,
6.46.5 Alcina in gran delizie mi tenea,
6.46.6 e del mio amore ardeva tutta quanta;
6.46.7 né minor fiamma nel mio core accese
6.46.8 il veder lei sì bella e sì cortese.
6.47.1 Io mi godea le delicate membra:
6.47.2 pareami aver qui tutto il ben raccolto
6.47.3 che fra i mortali in più parti si smembra,
6.47.4 a chi più et a chi meno e a nessun molto;
6.47.5 né di Francia né d' altro mi rimembra:
6.47.6 stavomi sempre a contemplar quel volto:
6.47.7 ogni pensiero, ogni mio bel disegno
6.47.8 in lei finia, né passava oltre il segno.
6.48.1 Io da lei altretanto era o più amato:
6.48.2 Alcina più non si curava d' altri;
6.48.3 ella ogn' altro suo amante avea lasciato,
6.48.4 ch' inanzi a me ben ce ne fur degli altri.
6.48.5 Me consiglier, me avea dì e notte a lato,
6.48.6 e me fe' quel che commandava agli altri:
6.48.7 a me credeva, a me si riportava;
6.48.8 né notte o dì con altri mai parlava.
6.49.1 Deh! perché vo le mie piaghe toccando,
6.49.2 senza speranza poi di medicina?
6.49.3 Perché l' avuto ben vo rimembrando,
6.49.4 quando io patisco estrema disciplina?
6.49.5 Quando credea d' esser felice, e quando
6.49.6 credea ch' amar più mi dovesse Alcina,
6.49.7 il cor che m' avea dato si ritolse,
6.49.8 e ad altro nuovo amor tutta si volse.
6.50.1 Conobbi tardi il suo mobil ingegno,
6.50.2 usato amare e disamare a un punto.
6.50.3 Non era stato oltre a duo mesi in regno,
6.50.4 ch' un novo amante al loco mio fu assunto.
6.50.5 Da sé cacciommi la fata con sdegno,
6.50.6 e da la grazia sua m' ebbe disgiunto:
6.50.7 e seppi poi, che tratti a simil porto
6.50.8 avea mill' altri amanti, e tutti a torto.
6.51.1 E perché essi non vadano pel mondo
6.51.2 di lei narrando la vita lasciva,
6.51.3 chi qua chi là, per lo terren fecondo
6.51.4 li muta, altri in abete, altri in oliva,
6.51.5 altri in palma, altri in cedro, altri secondo
6.51.6 che vedi me su questa verde riva,
6.51.7 altri in liquido fonte, alcuni in fiera,
6.51.8 come più agrada a quella fata altiera.
6.52.1 Or tu che sei per non usata via,
6.52.2 signor, venuto all' isola fatale,
6.52.3 acciò ch' alcuno amante per te sia
6.52.4 converso in pietra o in onda, o fatto tale;
6.52.5 avrai d' Alcina scettro e signoria,
6.52.6 e sarai lieto sopra ogni mortale:
6.52.7 ma certo sii di giunger tosto al passo
6.52.8 d' entrar o in fiera o in fonte o in legno o in sasso.
6.53.1 Io te n' ho dato volentieri aviso;
6.53.2 non ch' io mi creda che debbia giovarte:
6.53.3 pur meglio fia che non vadi improviso,
6.53.4 e de' costumi suoi tu sappia parte;
6.53.5 che forse, come è differente il viso,
6.53.6 è differente ancor l' ingegno e l' arte.
6.53.7 Tu saprai forse riparare al danno,
6.53.8 quel che saputo mill' altri non hanno. --
6.54.1 Ruggier, che conosciuto avea per fama
6.54.2 ch' Astolfo alla sua donna cugin era,
6.54.3 si dolse assai che in steril pianta e grama
6.54.4 mutato avesse la sembianza vera;
6.54.5 e per amor di quella che tanto ama
6.54.6 (pur che saputo avesse in che maniera)
6.54.7 gli avria fatto servizio: ma aiutarlo
6.54.8 in altro non potea, ch' in confortarlo.
6.55.1 Lo fe' al meglio che seppe; e domandolli
6.55.2 poi se via c' era, ch' al regno guidassi
6.55.3 di Logistilla, o per piano o per colli,
6.55.4 sì che per quel d' Alcina non andassi.
6.55.5 Che ben ve n' era un' altra, ritornolli
6.55.6 l' arbore a dir, ma piena d' aspri sassi,
6.55.7 s' andando un poco inanzi alla man destra,
6.55.8 salisse il poggio invêr la cima alpestra.
6.56.1 Ma che non pensi già che seguir possa
6.56.2 il suo camin per quella strada troppo:
6.56.3 incontro avrà di gente ardita, grossa
6.56.4 e fiera compagnia, con duro intoppo.
6.56.5 Alcina ve li tien per muro e fossa
6.56.6 a chi volesse uscir fuor del suo groppo.
6.56.7 Ruggier quel mirto ringraziò del tutto,
6.56.8 poi da lui si partì dotto et instrutto.
6.57.1 Venne al cavallo, e lo disciolse e prese
6.57.2 per le redine, e dietro se lo trasse;
6.57.3 né, come fece prima, più l' ascese,
6.57.4 perché mal grado suo non lo portasse.
6.57.5 Seco pensava come nel paese
6.57.6 di Logistilla a salvamento andasse.
6.57.7 Era disposto e fermo usar ogni opra,
6.57.8 che non gli avesse imperio Alcina sopra.
6.58.1 Pensò di rimontar sul suo cavallo,
6.58.2 e per l' aria spronarlo a nuovo corso:
6.58.3 ma dubitò di far poi maggior fallo;
6.58.4 che troppo mal quel gli ubidiva al morso.
6.58.5 -- Io passerò per forza, s' io non fallo, --
6.58.6 dicea tra sé, ma vano era il discorso.
6.58.7 Non fu duo miglia lungi alla marina,
6.58.8 che la bella città vide d' Alcina.
6.59.1 Lontan si vide una muraglia lunga
6.59.2 che gira intorno, e gran paese serra;
6.59.3 e par che la sua altezza al ciel s' aggiunga,
6.59.4 e d' oro sia da l' alta cima a terra.
6.59.5 Alcun dal mio parer qui si dilunga,
6.59.6 e dice ch' ell' è alchimia: e forse ch' erra;
6.59.7 et anco forse meglio di me intende:
6.59.8 a me par oro, poi che sì risplende.
6.60.1 Come fu presso alle sì ricche mura,
6.60.2 che 'l mondo altre non ha de la lor sorte,
6.60.3 lasciò la strada che per la pianura
6.60.4 ampla e diritta andava alle gran porte;
6.60.5 et a man destra, a quella più sicura,
6.60.6 ch' al monte gìa, piegossi il guerrier forte:
6.60.7 ma tosto ritrovò l' iniqua frotta,
6.60.8 dal cui furor gli fu turbata e rotta.
6.61.1 Non fu veduta mai più strana torma,
6.61.2 più monstruosi volti e peggio fatti:
6.61.3 alcun' dal collo in giù d' uomini han forma,
6.61.4 col viso altri di simie, altri di gatti;
6.61.5 stampano alcun' con piè caprigni l' orma;
6.61.6 alcuni son centauri agili et atti;
6.61.7 son gioveni impudenti e vecchi stolti,
6.61.8 chi nudi e chi di strane pelli involti.
6.62.1 Chi senza freno in s' un destrier galoppa,
6.62.2 chi lento va con l' asino o col bue,
6.62.3 altri salisce ad un centauro in groppa,
6.62.4 struzzoli molti han sotto, aquile e grue;
6.62.5 ponsi altri a bocca il corno, altri la coppa;
6.62.6 chi femina è, chi maschio, e chi amendue;
6.62.7 chi porta uncino e chi scala di corda,
6.62.8 chi pal di ferro e chi una lima sorda.
6.63.1 Di questi il capitano si vedea
6.63.2 aver gonfiato il ventre, e 'l viso grasso;
6.63.3 il qual su una testuggine sedea,
6.63.4 che con gran tardità mutava il passo.
6.63.5 Avea di qua e di là chi lo reggea,
6.63.6 perché egli era ebro, e tenea il ciglio basso;
6.63.7 altri la fronte gli asciugava e il mento,
6.63.8 altri i panni scuotea per fargli vento.
6.64.1 Un ch' avea umana forma i piedi e 'l ventre,
6.64.2 e collo avea di cane, orecchie e testa,
6.64.3 contra Ruggiero abaia, acciò ch' egli entre
6.64.4 ne la bella città ch' a dietro resta.
6.64.5 Rispose il cavallier: -- Nol farò, mentre
6.64.6 avrà forza la man di regger questa! --
6.64.7 e gli mostra la spada, di cui volta
6.64.8 avea l' aguzza punta alla sua volta.
6.65.1 Quel monstro lui ferir vuol d' una lancia,
6.65.2 ma Ruggier presto se gli aventa addosso:
6.65.3 una stoccata gli trasse alla pancia,
6.65.4 e la fe' un palmo riuscir pel dosso.
6.65.5 Lo scudo imbraccia, e qua e là si lancia,
6.65.6 ma l' inimico stuolo è troppo grosso:
6.65.7 l' un quinci il punge, e l' altro quindi afferra:
6.65.8 egli s' arrosta, e fa lor aspra guerra.
6.66.1 L' un sin a' denti, e l' altro sin al petto
6.66.2 partendo va di quella iniqua razza;
6.66.3 ch' alla sua spada non s' oppone elmetto,
6.66.4 né scudo, né panziera, né corazza:
6.66.5 ma da tutte le parti è così astretto,
6.66.6 che bisogno saria, per trovar piazza
6.66.7 e tener da sé largo il popul reo,
6.66.8 d' aver più braccia e man che Brïareo.
6.67.1 Se di scoprire avesse avuto aviso
6.67.2 lo scudo che già fu del negromante
6.67.3 (io dico quel ch' abbarbagliava il viso,
6.67.4 quel ch' all' arcione avea lasciato Atlante),
6.67.5 subito avria quel brutto stuol conquiso
6.67.6 e fattosel cader cieco davante;
6.67.7 e forse ben, che disprezzò quel modo,
6.67.8 perché virtude usar vòlse, e non frodo.
6.68.1 Sia quel che può, più tosto vuol morire,
6.68.2 che rendersi prigione a sì vil gente.
6.68.3 Eccoti intanto da la porta uscire
6.68.4 del muro, ch' io dicea d' oro lucente,
6.68.5 due giovani ch' ai gesti et al vestire
6.68.6 non eran da stimar nate umilmente,
6.68.7 né da pastor nutrite con disagi,
6.68.8 ma fra delizie di real palagi.
6.69.1 L' una e l' altra sedea s' un lïocorno,
6.69.2 candido più che candido armelino;
6.69.3 l' una e l' altra era bella, e di sì adorno
6.69.4 abito, e modo tanto pellegrino,
6.69.5 che a l' uom, guardando e contemplando intorno,
6.69.6 bisognerebbe aver occhio divino
6.69.7 per far di lor giudizio: e tal saria
6.69.8 Beltà, s' avesse corpo, e Leggiadria.
6.70.1 L' una e l' altra n' andò dove nel prato
6.70.2 Ruggiero è oppresso da lo stuol villano.
6.70.3 Tutta la turba si levò da lato;
6.70.4 e quelle al cavallier porser la mano,
6.70.5 che tinto in viso di color rosato,
6.70.6 le donne ringraziò de l' atto umano:
6.70.7 e fu contento, compiacendo loro,
6.70.8 di ritornarsi a quella porta d' oro.
6.71.1 L' adornamento che s' aggira sopra
6.71.2 la bella porta e sporge un poco avante,
6.71.3 parte non ha che tutta non si cuopra
6.71.4 de le più rare gemme di Levante.
6.71.5 Da quattro parti si riposa sopra
6.71.6 grosse colonne d' integro diamante.
6.71.7 O vero o falso ch' all' occhio risponda,
6.71.8 non è cosa più bella o più gioconda.
6.72.1 Su per la soglia e fuor per le colonne
6.72.2 corron scherzando lascive donzelle,
6.72.3 che, se i rispetti debiti alle donne
6.72.4 servasser più, sarian forse più belle.
6.72.5 Tutte vestite eran di verdi gonne,
6.72.6 e coronate di frondi novelle.
6.72.7 Queste, con molte offerte e con buon viso,
6.72.8 Ruggier fecero entrar nel paradiso:
6.73.1 che si può ben così nomar quel loco,
6.73.2 ove mi credo che nascesse Amore.
6.73.3 Non vi si sta se non in danza e in giuoco,
6.73.4 e tutte in festa vi si spendon l' ore:
6.73.5 pensier canuto né molto né poco
6.73.6 si può quivi albergare in alcun core:
6.73.7 non entra quivi disagio né inopia,
6.73.8 ma vi sta ognor col corno pien la Copia.
6.74.1 Qui, dove con serena e lieta fronte
6.74.2 par ch' ognor rida il grazïoso aprile,
6.74.3 gioveni e donne son: qual presso a fonte
6.74.4 canta con dolce e dilettoso stile;
6.74.5 qual d' un arbore all' ombra e qual d' un monte
6.74.6 o giuoca o danza o fa cosa non vile;
6.74.7 e qual, lungi dagli altri, a un suo fedele
6.74.8 discuopre l' amorose sue querele.
6.75.1 Per le cime dei pini e degli allori,
6.75.2 degli alti faggi e degl' irsuti abeti,
6.75.3 volan scherzando i pargoletti Amori:
6.75.4 di lor vittorie altri godendo lieti,
6.75.5 altri pigliando, a saettare i cori,
6.75.6 la mira quindi, altri tendendo reti;
6.75.7 chi tempra dardi ad un ruscel più basso,
6.75.8 e chi gli aguzza ad un volubil sasso.
6.76.1 Quivi a Ruggier un gran corsier fu dato,
6.76.2 forte, gagliardo, e tutto di pel sauro,
6.76.3 ch' avea il bel guernimento ricamato
6.76.4 di prezïose gemme e di fin auro;
6.76.5 e fu lasciato in guardia quello alato,
6.76.6 quel che solea ubidire al vecchio Mauro,
6.76.7 a un giovene che dietro lo menassi
6.76.8 al buon Ruggier, con men frettosi passi.
6.77.1 Quelle due belle giovani amorose
6.77.2 ch' avean Ruggier da l' empio stuol difeso,
6.77.3 da l' empio stuol che dianzi se gli oppose
6.77.4 su quel camin ch' avea a man destra preso,
6.77.5 gli dissero: -- Signor, le virtuose
6.77.6 opere vostre che già abbiamo inteso,
6.77.7 ne fan sì ardite, che l' aiuto vostro
6.77.8 vi chiederemo a beneficio nostro.
6.78.1 Noi troveren tra via tosto una lama,
6.78.2 che fa due parti di questa pianura.
6.78.3 Una crudel, che Erifilla si chiama,
6.78.4 difende il ponte, e sforza e inganna e fura
6.78.5 chiunque andar ne l' altra ripa brama;
6.78.6 et ella è gigantessa di statura,
6.78.7 li denti ha lunghi e velenoso il morso,
6.78.8 acute l' ugne, e graffia come un orso.
6.79.1 Oltre che sempre ci turbi il camino,
6.79.2 che libero saria se non fosse ella,
6.79.3 spesso, correndo per tutto il giardino,
6.79.4 va disturbando or questa cosa or quella.
6.79.5 Sappiate che del populo assassino
6.79.6 che vi assalì fuor de la porta bella,
6.79.7 molti suoi figli son, tutti seguaci,
6.79.8 empii, come ella, inospiti e rapaci. --
6.80.1 Ruggier rispose: -- Non ch' una battaglia,
6.80.2 ma per voi sarò pronto a farne cento:
6.80.3 di mia persona, in tutto quel che vaglia,
6.80.4 fatene voi secondo il vostro intento;
6.80.5 che la cagion ch' io vesto piastra e maglia,
6.80.6 non è per guadagnar terre né argento,
6.80.7 ma sol per farne beneficio altrui,
6.80.8 tanto più a belle donne come vui. --
6.81.1 Le donne molte grazie riferiro
6.81.2 degne d' un cavallier, come quell' era:
6.81.3 e così ragionando ne veniro
6.81.4 dove videro il ponte e la riviera;
6.81.5 e di smeraldo ornata e di zafiro
6.81.6 su l' arme d' or, vider la donna altiera.
6.81.7 Ma dir ne l' altro canto differisco,
6.81.8 come Ruggier con lei si pose a risco.
CANTO VII
7.1.1 Chi va lontan da la sua patria, vede
7.1.2 cose, da quel che già credea, lontane;
7.1.3 che narrandole poi, non se gli crede,
7.1.4 e stimato bugiardo ne rimane:
7.1.5 che 'l sciocco vulgo non gli vuol dar fede,
7.1.6 se non le vede e tocca chiare e piane.
7.1.7 Per questo io so che l' inesperïenza
7.1.8 farà al mio canto dar poca credenza.
7.2.1 Poca o molta ch' io ci abbia, non bisogna
7.2.2 ch' io ponga mente al vulgo sciocco e ignaro.
7.2.3 A voi so ben che non parrà menzogna,
7.2.4 che 'l lume del discorso avete chiaro;
7.2.5 et a voi soli ogni mio intento agogna
7.2.6 che 'l frutto sia di mie fatiche caro.
7.2.7 Io vi lasciai che 'l ponte e la riviera
7.2.8 vider, che 'n guardia avea Erifilla altiera.
7.3.1 Quell' era armata del più fin metallo,
7.3.2 ch' avean di più color gemme distinto:
7.3.3 rubin vermiglio, crisolito giallo,
7.3.4 verde smeraldo con flavo iacinto.
7.3.5 Era montata, ma non a cavallo;
7.3.6 invece avea di quello un lupo spinto:
7.3.7 spinto avea un lupo ove si passa il fiume,
7.3.8 con ricca sella fuor d' ogni costume.
7.4.1 Non credo ch' un sì grande Apulia n' abbia:
7.4.2 egli era grosso et alto più d' un bue.
7.4.3 Con fren spumar non gli facea le labbia,
7.4.4 né so come lo regga a voglie sue.
7.4.5 La sopravesta di color di sabbia
7.4.6 su l' arme avea la maledetta lue:
7.4.7 era, fuor che 'l color, di quella sorte
7.4.8 ch' i vescovi e i prelati usano in corte.
7.5.1 Et avea ne lo scudo e sul cimiero
7.5.2 una gonfiata e velenosa botta.
7.5.3 Le donne la mostraro al cavalliero,
7.5.4 di qua dal ponte per giostrar ridotta,
7.5.5 e fargli scorno e rompergli il sentiero,
7.5.6 come ad alcuni usata era talotta.
7.5.7 Ella a Ruggier, che torni a dietro, grida:
7.5.8 quel piglia un' asta, e la minaccia e sfida.
7.6.1 Non men la gigantessa ardita e presta
7.6.2 sprona il gran lupo e ne l' arcion si serra,
7.6.3 e pon la lancia a mezzo il corso in resta,
7.6.4 e fa tremar nel suo venir la terra.
7.6.5 Ma pur sul prato al fiero incontro resta;
7.6.6 che sotto l' elmo il buon Ruggier l' afferra,
7.6.7 e de l' arcion con tal furor la caccia,
7.6.8 che la riporta indietro oltra sei braccia.
7.7.1 E già, tratta la spada ch' avea cinta,
7.7.2 venìa a levarne la testa superba:
7.7.3 e ben lo potea far; che come estinta
7.7.4 Erifilla giacea tra' fiori e l' erba.
7.7.5 Ma le donne gridâr: -- Basti sia vinta,
7.7.6 senza pigliarne altra vendetta acerba.
7.7.7 Ripon, cortese cavallier, la spada;
7.7.8 passiamo il ponte e seguitian la strada. --
7.8.1 Alquanto malagevole et aspretta
7.8.2 per mezzo un bosco presero la via,
7.8.3 che oltra che sassosa fosse e stretta,
7.8.4 quasi su dritta alla collina gìa.
7.8.5 Ma poi che furo ascesi in su la vetta,
7.8.6 usciro in spazïosa prateria,
7.8.7 dove il più bel palazzo e 'l più giocondo
7.8.8 vider, che mai fosse veduto al mondo.
7.9.1 La bella Alcina venne un pezzo inante
7.9.2 verso Ruggier fuor de le prime porte,
7.9.3 e lo raccolse in signoril sembiante,
7.9.4 in mezzo bella et onorata corte.
7.9.5 Da tutti gli altri tanto onore e tante
7.9.6 riverenzie fur fatte al guerrier forte,
7.9.7 che non ne potrian far più, se tra loro
7.9.8 fosse Dio sceso dal superno coro.
7.10.1 Non tanto il bel palazzo era escellente
7.10.2 perché vincesse ogn' altro di ricchezza,
7.10.3 quanto ch' avea la più piacevol gente
7.10.4 che fosse al mondo e di più gentilezza.
7.10.5 Poco era l' un da l' altro differente
7.10.6 e di fiorita etade e di bellezza:
7.10.7 sola di tutti Alcina era più bella,
7.10.8 sì come è bello il sol più d' ogni stella.
7.11.1 Di persona era tanto ben formata,
7.11.2 quanto me' finger san pittori industri;
7.11.3 con bionda chioma lunga et annodata:
7.11.4 oro non è che più risplenda e lustri.
7.11.5 Spargeasi per la guancia delicata
7.11.6 misto color di rose e di ligustri;
7.11.7 di terso avorio era la fronte lieta,
7.11.8 che lo spazio finia con giusta meta.
7.12.1 Sotto due negri e sottilissimi archi
7.12.2 son duo negri occhi, anzi duo chiari soli,
7.12.3 pietosi a riguardare, a mover parchi;
7.12.4 intorno cui par ch' Amor scherzi e voli,
7.12.5 e ch' indi tutta la faretra scarchi,
7.12.6 e che visibilmente i cori involi:
7.12.7 quindi il naso per mezzo il viso scende,
7.12.8 che non truova l' Invidia ove l' emende.
7.13.1 Sotto quel sta, quasi fra due vallette,
7.13.2 la bocca sparsa di natio cinabro;
7.13.3 quivi due filze son di perle elette,
7.13.4 che chiude et apre un bello e dolce labro:
7.13.5 quindi escon le cortesi parolette
7.13.6 da render molle ogni cor rozzo e scabro;
7.13.7 quivi si forma quel suave riso,
7.13.8 ch' apre a sua posta in terra il paradiso.
7.14.1 Bianca nieve è il bel collo, e 'l petto latte;
7.14.2 il collo è tondo, il petto colmo e largo:
7.14.3 due pome acerbe, e pur d' avorio fatte,
7.14.4 vengono e van come onda al primo margo,
7.14.5 quando piacevole aura il mar combatte.
7.14.6 Non potria l' altre parti veder Argo:
7.14.7 ben si può giudicar che corrisponde
7.14.8 a quel ch' appar di fuor quel che s' asconde.
7.15.1 Mostran le braccia sua misura giusta;
7.15.2 e la candida man spesso si vede
7.15.3 lunghetta alquanto e di larghezza angusta,
7.15.4 dove né nodo appar, né vena escede.
7.15.5 Si vede al fin de la persona augusta
7.15.6 il breve, asciutto e ritondetto piede.
7.15.7 Gli angelici sembianti nati in cielo
7.15.8 non si ponno celar sotto alcun velo.
7.16.1 Avea in ogni sua parte un laccio teso,
7.16.2 o parli o rida o canti o passo muova:
7.16.3 né maraviglia è se Ruggier n' è preso,
7.16.4 poi che tanto benigna se la truova.
7.16.5 Quel che di lei già avea dal mirto inteso,
7.16.6 com' è perfida e ria, poco gli giova;
7.16.7 ch' inganno o tradimento non gli è aviso
7.16.8 che possa star con sì soave riso.
7.17.1 Anzi pur creder vuol che da costei
7.17.2 fosse converso Astolfo in su l' arena
7.17.3 per li suoi portamenti ingrati e rei,
7.17.4 e sia degno di questa e di più pena:
7.17.5 e tutto quel ch' udito avea di lei,
7.17.6 stima esser falso; e che vendetta mena,
7.17.7 e mena astio et invidia quel dolente
7.17.8 a lei biasmare, e che del tutto mente.
7.18.1 La bella donna che cotanto amava,
7.18.2 novellamente gli è dal cor partita;
7.18.3 che per incanto Alcina gli lo lava
7.18.4 d' ogni antica amorosa sua ferita;
7.18.5 e di sé sola e del suo amor lo grava,
7.18.6 e in quello essa riman sola sculpita:
7.18.7 sì che scusar il buon Ruggier si deve,
7.18.8 se si mostrò quivi inconstante e lieve.
7.19.1 A quella mensa cìtare, arpe e lire,
7.19.2 e diversi altri dilettevol suoni
7.19.3 faceano intorno l' aria tintinire
7.19.4 d' armonia dolce e di concenti buoni.
7.19.5 Non vi mancava chi, cantando, dire
7.19.6 d' amor sapesse gaudii e passïoni,
7.19.7 o con invenzïoni e poesie
7.19.8 rappresentasse grate fantasie.
7.20.1 Qual mensa trionfante e suntuosa
7.20.2 di qual si voglia successor di Nino,
7.20.3 o qual mai tanto celebre e famosa
7.20.4 di Cleopatra al vincitor latino,
7.20.5 potria a questa esser par, che l' amorosa
7.20.6 fata avea posta inanzi al paladino?
7.20.7 Tal non cred' io che s' apparecchi dove
7.20.8 ministra Ganimede al sommo Giove.
7.21.1 Tolte che fur le mense e le vivande,
7.21.2 facean, sedendo in cerchio, un giuoco lieto:
7.21.3 che ne l' orecchio l' un l' altro domande,
7.21.4 come più piace lor, qualche secreto;
7.21.5 il che agli amanti fu commodo grande
7.21.6 di scoprir l' amor lor senza divieto:
7.21.7 e furon lor conclusïoni estreme
7.21.8 di ritrovarsi quella notte insieme.
7.22.1 Finîr quel giuoco tosto, e molto inanzi
7.22.2 che non solea là dentro esser costume:
7.22.3 con torchi allora i paggi entrati inanzi,
7.22.4 le tenebre cacciâr con molto lume.
7.22.5 Tra bella compagnia dietro e dinanzi
7.22.6 andò Ruggiero a ritrovar le piume
7.22.7 in una adorna e fresca cameretta,
7.22.8 per la miglior di tutte l' altre eletta.
7.23.1 E poi che di confetti e di buon vini
7.23.2 di nuovo fatti fur debiti inviti,
7.23.3 e partîr gli altri riverenti e chini,
7.23.4 et alle stanze lor tutti sono iti;
7.23.5 Ruggiero entrò ne' profumati lini
7.23.6 che pareano di man d' Aracne usciti,
7.23.7 tenendo tuttavia l' orecchie attente,
7.23.8 s' ancor venir la bella donna sente.
7.24.1 Ad ogni piccol moto ch' egli udiva,
7.24.2 sperando che fosse ella, il capo alzava:
7.24.3 sentir credeasi, e spesso non sentiva;
7.24.4 poi del suo errore accorto sospirava.
7.24.5 Talvolta uscia del letto e l' uscio apriva,
7.24.6 guatava fuori, e nulla vi trovava:
7.24.7 e maledì ben mille volte l' ora
7.24.8 che facea al trapassar tanta dimora.
7.25.1 Tra sé dicea sovente: -- Or si parte ella; --
7.25.2 e cominciava a noverare i passi
7.25.3 ch' esser potean da la sua stanza a quella
7.25.4 donde aspettando sta che Alcina passi;
7.25.5 e questi et altri, prima che la bella
7.25.6 donna vi sia, vani disegni fassi.
7.25.7 Teme di qualche impedimento spesso,
7.25.8 che tra il frutto e la man non gli sia messo.
7.26.1 Alcina, poi ch' a' prezïosi odori
7.26.2 dopo gran spazio pose alcuna meta,
7.26.3 venuto il tempo che più non dimori,
7.26.4 ormai ch' in casa era ogni cosa cheta,
7.26.5 de la camera sua sola uscì fuori;
7.26.6 e tacita n' andò per via secreta
7.26.7 dove a Ruggiero avean timore e speme
7.26.8 gran pezzo intorno al cor pugnato insieme.
7.27.1 Come si vide il successor d' Astolfo
7.27.2 sopra apparir quelle ridenti stelle,
7.27.3 come abbia ne le vene acceso zolfo,
7.27.4 non par che capir possa ne la pelle.
7.27.5 Or sino agli occhi ben nuota nel golfo
7.27.6 de le delizie e de le cose belle:
7.27.7 salta del letto, e in braccio la raccoglie,
7.27.8 né può tanto aspettar ch' ella si spoglie;
7.28.1 ben che né gonna né faldiglia avesse;
7.28.2 che venne avolta in un leggier zendado
7.28.3 che sopra una camicia ella si messe,
7.28.4 bianca e suttil nel più escellente grado.
7.28.5 Come Ruggiero abbracciò lei, gli cesse
7.28.6 il manto; e restò il vel suttile e rado,
7.28.7 che non copria dinanzi né di dietro,
7.28.8 più che le rose o i gigli un chiaro vetro.
7.29.1 Non così strettamente edera preme
7.29.2 pianta ove intorno abbarbicata s' abbia,
7.29.3 come si stringon li dui amanti insieme,
7.29.4 cogliendo de lo spirto in su le labbia
7.29.5 suave fior, qual non produce seme
7.29.6 indo o sabeo ne l' odorata sabbia.
7.29.7 Del gran piacer ch' avean, lor dicer tocca;
7.29.8 che spesso avean più d' una lingua in bocca.
7.30.1 Queste cose là dentro eran secrete,
7.30.2 o se pur non secrete, almen taciute;
7.30.3 che raro fu tener le labra chete
7.30.4 biasmo ad alcun, ma ben spesso virtute.
7.30.5 Tutte proferte et accoglienze liete
7.30.6 fanno a Ruggier quelle persone astute:
7.30.7 ognun lo reverisce e se gli inchina;
7.30.8 che così vuol l' innamorata Alcina.
7.31.1 Non è diletto alcun che di fuor reste;
7.31.2 che tutti son ne l' amorosa stanza.
7.31.3 E due e tre volte il dì mutano veste,
7.31.4 fatte or ad una, ora ad un' altra usanza.
7.31.5 Spesso in conviti, e sempre stanno in feste,
7.31.6 in giostre, in lotte, in scene, in bagno, in danza.
7.31.7 Or presso ai fonti, all' ombre de' poggietti,
7.31.8 leggon d' antiqui gli amorosi detti;
7.32.1 or per l' ombrose valli e lieti colli
7.32.2 vanno cacciando le paurose lepri;
7.32.3 or con sagaci cani i fagian folli
7.32.4 con strepito uscir fan di stoppie e vepri;
7.32.5 or a' tordi lacciuoli, or veschi molli
7.32.6 tendon tra gli odoriferi ginepri;
7.32.7 or con ami inescati et or con reti
7.32.8 turbano a' pesci i grati lor secreti.
7.33.1 Stava Ruggiero in tanta gioia e festa,
7.33.2 mentre Carlo in travaglio et Agramante,
7.33.3 di cui l' istoria io non vorrei per questa
7.33.4 porre in oblio, né lasciar Bradamante,
7.33.5 che con travaglio e con pena molesta
7.33.6 pianse più giorni il disïato amante,
7.33.7 ch' avea per strade disusate e nuove
7.33.8 veduto portar via, né sapea dove.
7.34.1 Di costei prima che degli altri dico,
7.34.2 che molti giorni andò cercando invano
7.34.3 pei boschi ombrosi e per lo campo aprico,
7.34.4 per ville, per città, per monte e piano;
7.34.5 né mai poté saper del caro amico,
7.34.6 che di tanto intervallo era lontano.
7.34.7 Ne l' oste saracin spesso venìa,
7.34.8 né mai del suo Ruggier ritrovò spia.
7.35.1 Ogni dì ne domanda a più di cento,
7.35.2 né alcun le ne sa mai render ragioni.
7.35.3 D' alloggiamento va in alloggiamento,
7.35.4 cercandone e trabacche e padiglioni:
7.35.5 e lo può far; che senza impedimento
7.35.6 passa tra cavallieri e tra pedoni,
7.35.7 mercé all' annel che fuor d' ogni uman uso
7.35.8 la fa sparir quando l' è in bocca chiuso.
7.36.1 Né può né creder vuol che morto sia;
7.36.2 perché di sì grande uom l' altra ruina
7.36.3 da l' onde idaspe udita si saria
7.36.4 fin dove il sole a riposar declina.
7.36.5 Non sa né dir né imaginar che via
7.36.6 far possa o in cielo o in terra; e pur meschina
7.36.7 lo va cercando, e per compagni mena
7.36.8 sospiri e pianti et ogni acerba pena.
7.37.1 Pensò al fin di tornare alla spelonca
7.37.2 dove eran l' ossa di Merlin profeta,
7.37.3 e gridar tanto intorno a quella conca,
7.37.4 che 'l freddo marmo si movesse a pieta;
7.37.5 che se vivea Ruggiero, o gli avea tronca
7.37.6 l' alta necessità la vita lieta,
7.37.7 si sapria quindi: e poi s' appiglierebbe
7.37.8 a quel miglior consiglio che n' avrebbe.
7.38.1 Con questa intenzïon prese il camino
7.38.2 verso le selve prossime a Pontiero,
7.38.3 dove la vocal tomba di Merlino
7.38.4 era nascosa in loco alpestro e fiero.
7.38.5 Ma quella maga che sempre vicino
7.38.6 tenuto a Bradamante avea il pensiero,
7.38.7 quella, dico io, che nella bella grotta
7.38.8 l' avea de la sua stirpe instrutta e dotta;
7.39.1 quella benigna e saggia incantatrice,
7.39.2 la quale ha sempre cura di costei,
7.39.3 sappiendo ch' esser de' progenitrice
7.39.4 d' uomini invitti, anzi di semidei;
7.39.5 ciascun dì vuol saper che fa, che dice,
7.39.6 e getta ciascun dì sorte per lei.
7.39.7 Di Ruggier liberato e poi perduto,
7.39.8 e dove in India andò, tutto ha saputo.
7.40.1 Ben veduto l' avea su quel cavallo
7.40.2 che reggier non potea, ch' era sfrenato,
7.40.3 scostarsi di lunghissimo intervallo
7.40.4 per sentier periglioso e non usato;
7.40.5 e ben sapea che stava in giuoco e in ballo
7.40.6 e in cibo e in ozio molle e delicato,
7.40.7 né più memoria avea del suo signore,
7.40.8 né de la donna sua, né del suo onore.
7.41.1 E così il fior de li begli anni suoi
7.41.2 in lunga inerzia aver potria consunto
7.41.3 sì gentil cavallier, per dover poi
7.41.4 perdere il corpo e l' anima in un punto;
7.41.5 e quel odor, che sol riman di noi
7.41.6 poscia che 'l resto fragile è defunto,
7.41.7 che tra' l' uom del sepulcro e in vita il serba,
7.41.8 gli saria stato o tronco o svelto in erba.
7.42.1 Ma quella gentil maga, che più cura
7.42.2 n' avea ch' egli medesmo di se stesso,
7.42.3 pensò di trarlo per via alpestre e dura
7.42.4 alla vera virtù, mal grado d' esso:
7.42.5 come escellente medico, che cura
7.42.6 con ferro e fuoco e con veneno spesso,
7.42.7 che se ben molto da principio offende,
7.42.8 poi giova al fine, e grazia se gli rende.
7.43.1 Ella non gli era facile, e talmente
7.43.2 fattane cieca di superchio amore,
7.43.3 che, come facea Atlante, solamente
7.43.4 a darli vita avesse posto il core.
7.43.5 Quel più tosto volea che lungamente
7.43.6 vivesse e senza fama e senza onore,
7.43.7 che, con tutta la laude che sia al mondo,
7.43.8 mancasse un anno al suo viver giocondo.
7.44.1 L' avea mandato all' isola d' Alcina,
7.44.2 perché oblïasse l' arme in quella corte;
7.44.3 e come mago di somma dottrina,
7.44.4 ch' usar sapea gl' incanti d' ogni sorte,
7.44.5 avea il cor stretto di quella regina
7.44.6 ne l' amor d' esso d' un laccio sì forte,
7.44.7 che non se ne era mai per poter sciorre,
7.44.8 s' invechiasse Ruggier più di Nestorre.
7.45.1 Or tornando a colei, ch' era presaga
7.45.2 di quanto de' avvenir, dico che tenne
7.45.3 la dritta via dove l' errante e vaga
7.45.4 figlia d' Amon seco a incontrar si venne.
7.45.5 Bradamante vedendo la sua maga,
7.45.6 muta la pena che prima sostenne,
7.45.7 tutta in speranza; e quella l' apre il vero:
7.45.8 ch' ad Alcina è condotto il suo Ruggiero.
7.46.1 La giovane riman presso che morta,
7.46.2 quando ode che 'l suo amante è così lunge;
7.46.3 e più, che nel suo amor periglio porta,
7.46.4 se gran rimedio e subito non giunge:
7.46.5 ma la benigna maga la conforta,
7.46.6 e presta pon l' impiastro ove il duol punge;
7.46.7 e le promette e giura, in pochi giorni
7.46.8 far che Ruggiero a riveder lei torni.
7.47.1 -- Da che, donna (dicea), l' annello hai teco,
7.47.2 che val contra ogni magica fattura,
7.47.3 io non ho dubbio alcun, che s' io l' arreco
7.47.4 là dove Alcina ogni tuo ben ti fura,
7.47.5 ch' io non le rompa il suo disegno, e meco
7.47.6 non ti rimeni la tua dolce cura.
7.47.7 Me n' andrò questa sera alla prim' ora,
7.47.8 e sarò in India al nascer de l' aurora. --
7.48.1 E seguitando, del modo narrolle
7.48.2 che disegnato avea d' adoperarlo,
7.48.3 per trar del regno effeminato e molle
7.48.4 il caro amante, e in Francia rimenarlo.
7.48.5 Bradamante l' annel del dito tolle;
7.48.6 né solamente avria voluto darlo,
7.48.7 ma dato il core e dato avria la vita,
7.48.8 pur che n' avesse il suo Ruggiero aita.
7.49.1 Le dà l' annello e se le raccomanda;
7.49.2 e più le raccomanda il suo Ruggiero,
7.49.3 a cui per lei mille saluti manda:
7.49.4 poi prese vêr Provenza altro sentiero.
7.49.5 Andò l' incantatrice a un' altra banda;
7.49.6 e per porre in effetto il suo pensiero,
7.49.7 un palafren fece apparir la sera,
7.49.8 ch' avea un piè rosso, e ogn' altra parte nera.
7.50.1 Credo fusse un Alchino o un Farfarello,
7.50.2 che da l' inferno in quella forma trasse;
7.50.3 e scinta e scalza montò sopra a quello,
7.50.4 a chiome sciolte e orribilmente passe:
7.50.5 ma ben di dito si levò l' annello,
7.50.6 perché gl' incanti suoi non le vietasse.
7.50.7 Poi con tal fretta andò, che la matina
7.50.8 si ritrovò ne l' isola d' Alcina.
7.51.1 Quivi mirabilmente transmutosse:
7.51.2 s' accrebbe più d' un palmo di statura,
7.51.3 e fe' le membra a proporzion più grosse;
7.51.4 e restò a punto di quella misura
7.51.5 che si pensò che 'l negromante fosse,
7.51.6 quel che nutrì Ruggier con sì gran cura.
7.51.7 Vestì di lunga barba le mascelle,
7.51.8 e fe' crespa la fronte e l' altra pelle.
7.52.1 Di faccia, di parole e di sembiante
7.52.2 sì lo seppe imitar, che totalmente
7.52.3 potea parer l' incantatore Atlante.
7.52.4 Poi si nascose, e tanto pose mente,
7.52.5 che da Ruggiero allontanar l' amante
7.52.6 Alcina vide un giorno finalmente:
7.52.7 e fu gran sorte; che di stare o d' ire
7.52.8 senza esso un' ora potea mal patire.
7.53.1 Soletto lo trovò, come lo volle,
7.53.2 che si godea il matin fresco e sereno
7.53.3 lungo un bel rio che discorrea d' un colle
7.53.4 verso un laghetto limpido et ameno.
7.53.5 Il suo vestir delizïoso e molle
7.53.6 tutto era d' ozio e di lascivia pieno,
7.53.7 che de sua man gli avea di seta e d' oro
7.53.8 tessuto Alcina con sottil lavoro.
7.54.1 Di ricche gemme un splendido monile
7.54.2 gli discendea dal collo in mezzo il petto;
7.54.3 e ne l' uno e ne l' altro già virile
7.54.4 braccio girava un lucido cerchietto.
7.54.5 Gli avea forato un fil d' oro sottile
7.54.6 ambe l' orecchie, in forma d' annelletto;
7.54.7 e due gran perle pendevano quindi,
7.54.8 qua' mai non ebbon gli Arabi né gl' Indi.
7.55.1 Umide avea l' innanellate chiome
7.55.2 de' più suavi odor che sieno in prezzo:
7.55.3 tutto ne' gesti era amoroso, come
7.55.4 fosse in Valenza a servir donne avezzo:
7.55.5 non era in lui di sano altro che 'l nome;
7.55.6 corrotto tutto il resto, e più che mézzo.
7.55.7 Così Ruggier fu ritrovato, tanto
7.55.8 da l' esser suo mutato per incanto.
7.56.1 Ne la forma d' Atlante se gli affaccia
7.56.2 colei, che la sembianza ne tenea,
7.56.3 con quella grave e venerabil faccia
7.56.4 che Ruggier sempre riverir solea,
7.56.5 con quello occhio pien d' ira e di minaccia,
7.56.6 che sì temuto già fanciullo avea;
7.56.7 dicendo: -- È questo dunque il frutto ch' io
7.56.8 lungamente atteso ho del sudor mio?
7.57.1 Di medolle già d' orsi e di leoni
7.57.2 ti porsi io dunque li primi alimenti;
7.57.3 t' ho per caverne et orridi burroni
7.57.4 fanciullo avezzo a strangolar serpenti,
7.57.5 pantere e tigri disarmar d' ungioni,
7.57.6 et a vivi cingial trar spesso i denti,
7.57.7 acciò che, dopo tanta disciplina,
7.57.8 tu sii l' Adone o l' Atide d' Alcina?
7.58.1 È questo, quel che l' osservate stelle,
7.58.2 le sacre fibre e gli accoppiati punti,
7.58.3 responsi, augùri, sogni e tutte quelle
7.58.4 sorti, ove ho troppo i miei studi consunti,
7.58.5 di te promesso sin da le mammelle
7.58.6 m' avean, come quest' anni fusser giunti:
7.58.7 ch' in arme l' opre tue così preclare
7.58.8 esser dovean, che sarian senza pare?
7.59.1 Questo è ben veramente alto principio
7.59.2 onde si può sperar che tu sia presto
7.59.3 a farti un Alessandro, un Iulio, un Scipio!
7.59.4 Chi potea, ohimè! di te mai creder questo,
7.59.5 che ti facessi d' Alcina mancipio?
7.59.6 E perché ognun lo veggia manifesto,
7.59.7 al collo et alle braccia hai la catena
7.59.8 con che ella a voglia sua preso ti mena.
7.60.1 Se non ti muovon le tue proprie laudi,
7.60.2 e l' opre escelse a chi t' ha il cielo eletto,
7.60.3 la tua successïon perché defraudi
7.60.4 del ben che mille volte io t' ho predetto?
7.60.5 Deh, perché il ventre eternamente claudi,
7.60.6 dove il ciel vuol che sia per te concetto
7.60.7 la glorïosa e soprumana prole
7.60.8 ch' esser de' al mondo più chiara che 'l sole?
7.61.1 Deh, non vietar che le più nobil alme
7.61.2 che sian formate ne l' eterne idee,
7.61.3 di tempo in tempo abbian corporee salme
7.61.4 dal ceppo che radice in te aver dee!
7.61.5 Deh non vietar mille trionfi e palme,
7.61.6 con che, dopo aspri danni e piaghe ree,
7.61.7 tuoi figli, tuoi nipoti e successori
7.61.8 Italia torneran nei primi onori!
7.62.1 Non ch' a piegarti a questo tante e tante
7.62.2 anime belle aver dovesson pondo,
7.62.3 che chiare, illustri, inclite, invitte e sante
7.62.4 son per fiorir da l' arbor tuo fecondo;
7.62.5 ma ti dovria una coppia esser bastante:
7.62.6 Ippolito e il fratel; che pochi il mondo
7.62.7 ha tali avuti ancor fin al dì d' oggi,
7.62.8 per tutti i gradi onde a virtù si poggi.
7.63.1 Io solea più di questi dui narrarti,
7.63.2 ch' io non facea di tutti gli altri insieme;
7.63.3 sì perché essi terran le maggior parti,
7.63.4 che gli altri tuoi, ne le virtù supreme;
7.63.5 sì perché al dir di lor mi vedea darti
7.63.6 più attenzïon, che d' altri del tuo seme:
7.63.7 vedea goderti che sì chiari eroi
7.63.8 esser dovessen dei nipoti tuoi.
7.64.1 Che ha costei che t' hai fatto regina,
7.64.2 che non abbian mill' altre meretrici?
7.64.3 costei che di tant' altri è concubina,
7.64.4 ch' al fin sai ben s' ella suol far felici.
7.64.5 Ma perché tu conosca chi sia Alcina,
7.64.6 levatone le fraudi e gli artifici,
7.64.7 tien questo annello in dito, e torna ad ella;
7.64.8 ch' aveder ti potrai come sia bella. --
7.65.1 Ruggier si stava vergognoso e muto
7.65.2 mirando in terra, e mal sapea che dire;
7.65.3 a cui la maga nel dito minuto
7.65.4 pose l' annello, e lo fe' risentire.
7.65.5 Come Ruggiero in sé fu rivenuto,
7.65.6 di tanto scorno si vide assalire,
7.65.7 ch' esser vorria sotterra mille braccia;
7.65.8 ch' alcun veder non lo potesse in faccia.
7.66.1 Ne la sua prima forma in uno instante,
7.66.2 così parlando, la maga rivenne;
7.66.3 né bisognava più quella d' Atlante,
7.66.4 seguitone l' effetto per che venne.
7.66.5 Per dirvi quel ch' io non vi dissi inante,
7.66.6 costei Melissa nominata venne,
7.66.7 ch' or diè a Ruggier di sé notizia vera,
7.66.8 e dissegli a che effetto venuta era;
7.67.1 mandata da colei, che d' amor piena
7.67.2 sempre il disia, né più può starne senza,
7.67.3 per liberarlo da quella catena
7.67.4 di che lo cinse magica violenza:
7.67.5 e preso avea d' Atlante di Carena
7.67.6 la forma, per trovar meglio credenza.
7.67.7 Ma poi ch' a sanità l' ha omai ridutto,
7.67.8 gli vuole aprire e far che veggia il tutto.
7.68.1 -- Quella donna gentil che t' ama tanto,
7.68.2 quella che del tuo amor degna sarebbe,
7.68.3 a cui, se non ti scorda, tu sai quanto
7.68.4 tua libertà, da lei servata, debbe;
7.68.5 questo annel che ripara ad ogni incanto
7.68.6 ti manda: e così il cor mandato avrebbe,
7.68.7 s' avesse avuto il cor così virtute,
7.68.8 come l' annello, atta alla tua salute. --
7.69.1 E seguitò narrandogli l' amore
7.69.2 che Bradamante gli ha portato e porta;
7.69.3 di quella insieme comendò il valore,
7.69.4 in quanto il vero e l' affezion comporta;
7.69.5 et usò modo e termine migliore
7.69.6 che si convenga a messaggiera accorta:
7.69.7 et in quel odio Alcina a Ruggier pose,
7.69.8 in che soglionsi aver l' orribil cose.
7.70.1 In odio gli la pose, ancor che tanto
7.70.2 l' amasse dianzi: e non vi paia strano,
7.70.3 quando il suo amor per forza era d' incanto,
7.70.4 ch' essendovi l' annel, rimase vano.
7.70.5 Fece l' annel palese ancor, che quanto
7.70.6 di beltà Alcina avea, tutto era estrano:
7.70.7 estrano avea, e non suo, dal piè alla treccia;
7.70.8 il bel ne sparve, e le restò la feccia.
7.71.1 Come fanciullo che maturo frutto
7.71.2 ripone, e poi si scorda ove è riposto,
7.71.3 e dopo molti giorni è ricondutto
7.71.4 là dove truova a caso il suo deposto,
7.71.5 si maraviglia di vederlo tutto
7.71.6 putrido e guasto, e non come fu posto;
7.71.7 e dove amarlo e caro aver solia,
7.71.8 l' odia, sprezza, n' ha schivo, e getta via:
7.72.1 così Ruggier, poi che Melissa fece
7.72.2 ch' a riveder se ne tornò la fata
7.72.3 con quell' annello inanzi a cui non lece,
7.72.4 quando s' ha in dito, usare opra incantata,
7.72.5 ritruova, contra ogni sua stima, invece
7.72.6 de la bella, che dianzi avea lasciata,
7.72.7 donna sì laida, che la terra tutta
7.72.8 né la più vecchia avea né la più brutta.
7.73.1 Pallido, crespo e macilente avea
7.73.2 Alcina il viso, il crin raro e canuto:
7.73.3 sua statura a sei palmi non giungea:
7.73.4 ogni dente di bocca era caduto;
7.73.5 che più d' Ecuba e più de la Cumea,
7.73.6 et avea più d' ogn' altra mai vivuto.
7.73.7 Ma sì l' arti usa al nostro tempo ignote,
7.73.8 che bella e giovanetta parer puote.
7.74.1 Giovane e bella ella si fa con arte,
7.74.2 sì che molti ingannò come Ruggiero;
7.74.3 ma l' annel venne a interpretar le carte,
7.74.4 che già molti anni avean celato il vero.
7.74.5 Miracol non è dunque, se si parte
7.74.6 de l' animo a Ruggiero ogni pensiero
7.74.7 ch' avea d' amare Alcina, or che la truova
7.74.8 in guisa, che sua fraude non le giova.
7.75.1 Ma come l' avisò Melissa, stette
7.75.2 senza mutare il solito sembiante,
7.75.3 fin che de l' arme sue, più dì neglette,
7.75.4 si fu vestito dal capo alle piante;
7.75.5 e per non farle ad Alcina suspette,
7.75.6 finse provar s' in esse era aiutante,
7.75.7 finse provar se gli era fatto grosso,
7.75.8 dopo alcun dì che non l' ha avute indosso.
7.76.1 E Balisarda poi si messe al fianco
7.76.2 (che così nome la sua spada avea);
7.76.3 e lo scudo mirabile tolse anco,
7.76.4 che non pur gli occhi abbarbagliar solea,
7.76.5 ma l' anima facea sì venir manco,
7.76.6 che dal corpo esalata esser parea.
7.76.7 Lo tolse, e col zendado in che trovollo,
7.76.8 che tutto lo copria, sel messe al collo.
7.77.1 Venne alla stalla, e fece briglia e sella
7.77.2 porre a un destrier più che la pece nero:
7.77.3 così Melissa l' avea instrutto; ch' ella
7.77.4 sapea quanto nel corso era leggiero.
7.77.5 Chi lo conosce, Rabican l' appella;
7.77.6 et è quel proprio che col cavalliero
7.77.7 del quale i venti or presso al mar fan gioco,
7.77.8 portò già la balena in questo loco.
7.78.1 Potea aver l' ippogrifo similmente,
7.78.2 che presso a Rabicano era legato;
7.78.3 ma gli avea detto la maga: -- Abbi mente,
7.78.4 ch' egli è (come tu sai) troppo sfrenato. --
7.78.5 E gli diede intenzion che 'l dì seguente
7.78.6 gli lo trarrebbe fuor di quello stato,
7.78.7 là dove ad agio poi sarebbe instrutto
7.78.8 come frenarlo e farlo gir per tutto.
7.79.1 Né sospetto darà, se non lo tolle,
7.79.2 de la tacita fuga ch' apparecchia.
7.79.3 Fece Ruggier come Melissa volle,
7.79.4 ch' invisibile ognor gli era all' orecchia.
7.79.5 Così fingendo, del lascivo e molle
7.79.6 palazzo uscì de la puttana vecchia;
7.79.7 e si venne accostando ad una porta,
7.79.8 donde è la via ch' a Logistilla il porta.
7.80.1 Assaltò li guardiani all' improviso,
7.80.2 e si cacciò tra lor col ferro in mano,
7.80.3 e qual lasciò ferito, e quale ucciso;
7.80.4 e corse fuor del ponte a mano a mano:
7.80.5 e prima che n' avesse Alcina aviso,
7.80.6 di molto spazio fu Ruggier lontano.
7.80.7 Dirò ne l' altro canto che via tenne;
7.80.8 poi come a Logistilla se ne venne.
CANTO VIII
8.1.1 Oh quante sono incantatrici, oh quanti
8.1.2 incantator tra noi, che non si sanno!
8.1.3 che con lor arti uomini e donne amanti
8.1.4 di sé, cangiando i visi lor, fatto hanno.
8.1.5 Non con spirti constretti tali incanti,
8.1.6 né con osservazion di stelle fanno;
8.1.7 ma con simulazion, menzogne e frodi
8.1.8 legano i cor d' indissolubil nodi.
8.2.1 Chi l' annello d' Angelica, o più tosto
8.2.2 chi avesse quel de la ragion, potria
8.2.3 veder a tutti il viso, che nascosto
8.2.4 da finzïone e d' arte non saria.
8.2.5 Tal ci par bello e buono, che, deposto
8.2.6 il liscio, brutto e rio forse parria.
8.2.7 Fu gran ventura quella di Ruggiero,
8.2.8 ch' ebbe l' annel che gli scoperse il vero.
8.3.1 Ruggier (come io dicea) dissimulando,
8.3.2 su Rabican venne alla porta armato:
8.3.3 trovò le guardie sprovedute, e quando
8.3.4 giunse tra lor, non tenne il brando a lato.
8.3.5 Chi morto e chi a mal termine lasciando,
8.3.6 esce del ponte, e il rastrello ha spezzato:
8.3.7 prende al bosco la via; ma poco corre,
8.3.8 ch' ad un de' servi de la fata occorre.
8.4.1 Il servo in pugno avea un augel grifagno
8.4.2 che volar con piacer facea ogni giorno,
8.4.3 ora a campagna, ora a un vicino stagno,
8.4.4 dove era sempre da far preda intorno:
8.4.5 avea da lato il can fido compagno:
8.4.6 cavalcava un ronzin non troppo adorno.
8.4.7 Ben pensò che Ruggier dovea fuggire,
8.4.8 quando lo vide in tal fretta venire.
8.5.1 Se gli fe' incontra, e con sembiante altiero
8.5.2 gli domandò perché in tal fretta gisse.
8.5.3 Risponder non gli vòlse il buon Ruggiero:
8.5.4 perciò colui, più certo che fuggisse,
8.5.5 di volerlo arrestar fece pensiero;
8.5.6 e distendendo il braccio manco, disse:
8.5.7 -- Che dirai tu, se subito ti fermo?
8.5.8 se contra questo augel non avrai schermo? --
8.6.1 Spinge l' augello: e quel batte sì l' ale,
8.6.2 che non l' avanza Rabican di corso.
8.6.3 Del palafreno il cacciator giù sale,
8.6.4 e tutto a un tempo gli ha levato il morso.
8.6.5 Quel par da l' arco uno aventato strale,
8.6.6 di calci formidabile e di morso;
8.6.7 e 'l servo dietro sì veloce viene,
8.6.8 che par ch' il vento, anzi che il fuoco il mene.
8.7.1 Non vuol parere il can d' esser più tardo,
8.7.2 ma segue Rabican con quella fretta
8.7.3 con che le lepri suol seguire il pardo.
8.7.4 Vergogna a Ruggier par, se non aspetta.
8.7.5 Voltasi a quel che vien sì a piè gagliardo;
8.7.6 né gli vede arme, fuor ch' una bacchetta,
8.7.7 quella con che ubidire al cane insegna:
8.7.8 Ruggier di trar la spada si disdegna.
8.8.1 Quel se gli appressa, e forte lo percuote;
8.8.2 lo morde a un tempo il can nel piede manco.
8.8.3 Lo sfrenato destrier la groppa scuote
8.8.4 tre volte e più, né falla il destro fianco.
8.8.5 Gira l' augello e gli fa mille ruote,
8.8.6 e con l' ugna sovente il ferisce anco:
8.8.7 sì il destrier collo strido impaurisce,
8.8.8 ch' alla mano e allo spron poco ubidisce.
8.9.1 Ruggiero, al fin constretto, il ferro caccia;
8.9.2 e perché tal molestia se ne vada,
8.9.3 or gli animali, or quel villan minaccia
8.9.4 col taglio e con la punta de la spada.
8.9.5 Quella importuna turba più l' impaccia:
8.9.6 presa ha chi qua chi là tutta la strada.
8.9.7 Vede Ruggiero il disonore e il danno
8.9.8 che gli averrà, se più tardar lo fanno.
8.10.1 Sa ch' ogni poco più ch' ivi rimane,
8.10.2 Alcina avrà col populo alle spalle:
8.10.3 di trombe, di tamburi e di campane
8.10.4 già s' ode alto rumore in ogni valle.
8.10.5 Contra un servo senza arme e contra un cane
8.10.6 gli par ch' a usar la spada troppo falle:
8.10.7 meglio e più breve è dunque che gli scopra
8.10.8 lo scudo che d' Atlante era stato opra.
8.11.1 Levò il drappo vermiglio in che coperto
8.11.2 già molti giorni lo scudo si tenne.
8.11.3 Fece l' effetto mille volte esperto
8.11.4 il lume, ove a ferir negli occhi venne:
8.11.5 resta dai sensi il cacciator deserto,
8.11.6 cade il cane e il ronzin, cadon le penne,
8.11.7 ch' in aria sostener l' augel non ponno.
8.11.8 Lieto Ruggier li lascia in preda al sonno.
8.12.1 Alcina, ch' avea intanto avuto aviso
8.12.2 di Ruggier, che sforzato avea la porta,
8.12.3 e de la guardia buon numero ucciso,
8.12.4 fu, vinta dal dolor, per restar morta.
8.12.5 Squarciossi i panni e si percosse il viso,
8.12.6 e sciocca nominossi e malaccorta;
8.12.7 e fece dar all' arme immantinente,
8.12.8 e intorno a sé raccor tutta sua gente.
8.13.1 E poi ne fa due parti, e manda l' una
8.13.2 per quella strada ove Ruggier camina;
8.13.3 al porto l' altra subito raguna,
8.13.4 imbarca, et uscir fa ne la marina:
8.13.5 sotto le vele aperte il mar s' imbruna.
8.13.6 Con questi va la disperata Alcina,
8.13.7 che 'l desiderio di Ruggier sì rode,
8.13.8 che lascia sua città senza custode.
8.14.1 Non lascia alcuno a guardia del palagio:
8.14.2 il che a Melissa, che stava alla posta
8.14.3 per liberar di quel regno malvagio
8.14.4 la gente ch' in miseria v' era posta,
8.14.5 diede commodità, diede grande agio
8.14.6 di gir cercando ogni cosa a sua posta,
8.14.7 imagini abbruciar, suggelli tôrre,
8.14.8 e nodi e rombi e turbini disciorre.
8.15.1 Indi pei campi accelerando i passi,
8.15.2 gli antiqui amanti ch' erano in gran torma
8.15.3 conversi in fonti, in fere, in legni, in sassi,
8.15.4 fe' ritornar ne la lor prima forma.
8.15.5 E quei, poi ch' allargati furo i passi,
8.15.6 tutti del buon Ruggier seguiron l' orma:
8.15.7 a Logistilla si salvaro; et indi
8.15.8 tornaro a Sciti, a Persi, a Greci, ad Indi.
8.16.1 Li rimandò Melissa in lor paesi,
8.16.2 con obligo di mai non esser sciolto.
8.16.3 Fu inanzi agli altri il duca degl' Inglesi
8.16.4 ad esser ritornato in uman volto;
8.16.5 che 'l parentado in questo e li cortesi
8.16.6 prieghi del bon Ruggier gli giovâr molto:
8.16.7 oltre i prieghi, Ruggier le diè l' annello,
8.16.8 acciò meglio potesse aiutar quello.
8.17.1 A' prieghi dunque di Ruggier, rifatto
8.17.2 fu 'l paladin ne la sua prima faccia.
8.17.3 Nulla pare a Melissa d' aver fatto,
8.17.4 quando ricovrar l' arme non gli faccia,
8.17.5 e quella lancia d' or, ch' al primo tratto
8.17.6 quanti ne tocca de la sella caccia:
8.17.7 de l' Argalia, poi fu d' Astolfo lancia,
8.17.8 e molto onor fe' a l' uno e a l' altro in Francia.
8.18.1 Trovò Melissa questa lancia d' oro,
8.18.2 ch' Alcina avea reposta nel palagio,
8.18.3 e tutte l' arme che del duca fôro,
8.18.4 e gli fur tolte ne l' ostel malvagio.
8.18.5 Montò il destrier del negromante moro,
8.18.6 e fe' montar Astolfo in groppa ad agio;
8.18.7 e quindi a Logistilla si condusse
8.18.8 d' un' ora prima che Ruggier vi fusse.
8.19.1 Tra duri sassi e folte spine gìa
8.19.2 Ruggiero intanto invêr la fata saggia,
8.19.3 di balzo in balzo, e d' una in altra via
8.19.4 aspra, solinga, inospita e selvaggia;
8.19.5 tanto ch' a gran fatica riuscia
8.19.6 su la fervida nona in una spiaggia
8.19.7 tra 'l mare e 'l monte, al mezzodì scoperta,
8.19.8 arsiccia, nuda, sterile e deserta.
8.20.1 Percuote il sole ardente il vicin colle;
8.20.2 e del calor che si riflette a dietro,
8.20.3 in modo l' aria e l' arena ne bolle,
8.20.4 che saria troppo a far liquido il vetro.
8.20.5 Stassi cheto ogni augello all' ombra molle:
8.20.6 sol la cicala col noioso metro
8.20.7 fra i densi rami del fronzuto stelo
8.20.8 le valli e i monti assorda, e il mare e il cielo.
8.21.1 Quivi il caldo, la sete, e la fatica
8.21.2 ch' era di gir per quella via arenosa,
8.21.3 facean, lungo la spiaggia erma et aprica,
8.21.4 a Ruggier compagnia grave e noiosa.
8.21.5 Ma perché non convien che sempre io dica,
8.21.6 né ch' io vi occupi sempre in una cosa,
8.21.7 io lascerò Ruggiero in questo caldo,
8.21.8 e girò in Scozia a ritrovar Rinaldo.
8.22.1 Era Rinaldo molto ben veduto
8.22.2 dal re, da la figliola e dal paese.
8.22.3 Poi la cagion che quivi era venuto,
8.22.4 più ad agio il paladin fece palese:
8.22.5 ch' in nome del suo re chiedeva aiuto
8.22.6 e dal regno di Scozia e da l' inglese;
8.22.7 et ai preghi suggiunse anco di Carlo,
8.22.8 giustissime cagion di dover farlo.
8.23.1 Dal re, senza indugiar, gli fu risposto,
8.23.2 che di quanto sua forza s' estendea,
8.23.3 per utile et onor sempre disposto
8.23.4 di Carlo e de l' Imperio esser volea;
8.23.5 e che fra pochi dì gli avrebbe posto
8.23.6 più cavallieri in punto che potea;
8.23.7 e se non ch' esso era oggimai pur vecchio,
8.23.8 capitano verria del suo apparecchio.
8.24.1 Né tal rispetto ancor gli parria degno
8.24.2 di farlo rimaner, se non avesse
8.24.3 il figlio, che di forza, e più d' ingegno,
8.24.4 dignissimo era a chi 'l governo desse,
8.24.5 ben che non si trovasse allor nel regno;
8.24.6 ma che sperava che venir dovesse
8.24.7 mentre ch' insieme aduneria lo stuolo;
8.24.8 e ch' adunato il troveria il figliuolo.
8.25.1 Così mandò per tutta la sua terra
8.25.2 suoi tesorieri a far cavalli e gente;
8.25.3 navi apparecchia e munizion da guerra,
8.25.4 vettovaglia e danar maturamente.
8.25.5 Venne intanto Rinaldo in Inghilterra,
8.25.6 e 'l re nel suo partir cortesemente
8.25.7 insino a Beroicche accompagnollo;
8.25.8 e visto pianger fu quando lasciollo.
8.26.1 Spirando il vento prospero alla poppa,
8.26.2 monta Rinaldo, et a Dio dice a tutti:
8.26.3 la fune indi al vïaggio il nocchier sgroppa;
8.26.4 tanto che giunge ove nei salsi flutti
8.26.5 il bel Tamigi amareggiando intoppa.
8.26.6 Col gran flusso del mar quindi condutti
8.26.7 i naviganti per camin sicuro
8.26.8 a vela e remi insino a Londra furo.
8.27.1 Rinaldo avea da Carlo e dal re Otone,
8.27.2 che con Carlo in Parigi era assediato,
8.27.3 al principe di Vallia commissione
8.27.4 per contrasegni e lettere portato,
8.27.5 che ciò che potea far la regïone
8.27.6 di fanti e di cavalli in ogni lato,
8.27.7 tutto debba a Calesio traghittarlo,
8.27.8 sì che aiutar si possa Francia e Carlo.
8.28.1 Il principe ch' io dico, ch' era, in vece
8.28.2 d' Oton, rimaso nel seggio reale,
8.28.3 a Rinaldo d' Amon tanto onor fece,
8.28.4 che non l' avrebbe al suo re fatto uguale:
8.28.5 indi alle sue domande satisfece;
8.28.6 perché a tutta la gente marzïale
8.28.7 e di Bretagna e de l' isole intorno
8.28.8 di ritrovarsi al mar prefisse il giorno.
8.29.1 Signor, far mi convien come fa il buono
8.29.2 sonator sopra il suo instrumento arguto,
8.29.3 che spesso muta corda, e varia suono,
8.29.4 ricercando ora il grave, ora l' acuto.
8.29.5 Mentre a dir di Rinaldo attento sono,
8.29.6 d' Angelica gentil m' è sovenuto,
8.29.7 di che lasciai ch' era da lui fuggita,
8.29.8 e ch' avea riscontrato uno eremita.
8.30.1 Alquanto la sua istoria io vo' seguire.
8.30.2 Dissi che domandava con gran cura,
8.30.3 come potesse alla marina gire;
8.30.4 che di Rinaldo avea tanta paura,
8.30.5 che, non passando il mar, credea morire,
8.30.6 né in tutta Europa si tenea sicura:
8.30.7 ma l' eremita a bada la tenea,
8.30.8 perché di star con lei piacere avea.
8.31.1 Quella rara bellezza il cor gli accese,
8.31.2 e gli scaldò le frigide medolle:
8.31.3 ma poi che vide che poco gli attese,
8.31.4 e ch' oltra soggiornar seco non volle,
8.31.5 di cento punte l' asinello offese;
8.31.6 né di sua tardità però lo tolle:
8.31.7 e poco va di passo e men di trotto,
8.31.8 né stender gli si vuol la bestia sotto.
8.32.1 E perché molto dilungata s' era,
8.32.2 e poco più, n' avria perduta l' orma,
8.32.3 ricorse il frate alla spelonca nera,
8.32.4 e di demoni uscir fece una torma:
8.32.5 e ne sceglie uno di tutta la schiera,
8.32.6 e del bisogno suo prima l' informa;
8.32.7 poi lo fa entrare adosso al corridore,
8.32.8 che via gli porta con la donna il core.
8.33.1 E qual sagace can, nel monte usato
8.33.2 a volpi o lepri dar spesso la caccia,
8.33.3 che se la fera andar vede da un lato,
8.33.4 ne va da un altro, e par sprezzi la traccia;
8.33.5 al varco poi lo senteno arrivato,
8.33.6 che l' ha già in bocca, e l' apre il fianco e straccia:
8.33.7 tal l' eremita per diversa strada
8.33.8 aggiugnerà la donna ovunque vada.
8.34.1 Che sia il disegno suo, ben io comprendo:
8.34.2 e dirollo anco a voi, ma in altro loco.
8.34.3 Angelica di ciò nulla temendo,
8.34.4 cavalcava a giornate, or molto or poco.
8.34.5 Nel cavallo il demon si gìa coprendo,
8.34.6 come si cuopre alcuna volta il fuoco,
8.34.7 che con sì grave incendio poscia avampa,
8.34.8 che non si estingue, e a pena se ne scampa.
8.35.1 Poi che la donna preso ebbe il sentiero
8.35.2 dietro il gran mar che li Guasconi lava,
8.35.3 tenendo appresso all' onde il suo destriero,
8.35.4 dove l' umor la via più ferma dava;
8.35.5 quel le fu tratto dal demonio fiero
8.35.6 ne l' acqua sì, che dentro vi nuotava.
8.35.7 Non sa che far la timida donzella,
8.35.8 se non tenersi ferma in su la sella.
8.36.1 Per tirar briglia, non gli può dar volta:
8.36.2 più e più sempre quel si caccia in alto.
8.36.3 Ella tenea la vesta in su raccolta
8.36.4 per non bagnarla, e traea i piedi in alto.
8.36.5 Per le spalle la chioma iva disciolta,
8.36.6 e l' aura le facea lascivo assalto.
8.36.7 Stavano cheti tutti i maggior venti,
8.36.8 forse a tanta beltà, col mare, attenti.
8.37.1 Ella volgea i begli occhi a terra invano,
8.37.2 che bagnavan di pianto il viso e 'l seno,
8.37.3 e vedea il lito andar sempre lontano
8.37.4 e decrescer più sempre e venir meno.
8.37.5 Il destrier, che nuotava a destra mano,
8.37.6 dopo un gran giro la portò al terreno
8.37.7 tra scuri sassi e spaventose grotte,
8.37.8 già cominciando ad oscurar la notte.
8.38.1 Quando si vide sola in quel deserto,
8.38.2 che a riguardarlo sol, mettea paura,
8.38.3 ne l' ora che nel mar Febo coperto
8.38.4 l' aria e la terra avea lasciata oscura,
8.38.5 fermossi in atto ch' avria fatto incerto
8.38.6 chiunque avesse vista sua figura,
8.38.7 s' ella era donna sensitiva e vera,
8.38.8 o sasso colorito in tal maniera.
8.39.1 Stupida e fissa nella incerta sabbia,
8.39.2 coi capelli disciolti e rabuffati,
8.39.3 con le man giunte e con l' immote labbia,
8.39.4 i languidi occhi al ciel tenea levati,
8.39.5 come accusando il gran Motor che l' abbia
8.39.6 tutti inclinati nel suo danno i fati.
8.39.7 Immota e come attonita stè alquanto;
8.39.8 poi sciolse al duol la lingua, e gli occhi al pianto.
8.40.1 Dicea: -- Fortuna, che più a far ti resta
8.40.2 acciò di me ti sazii e ti disfami?
8.40.3 che dar ti posso omai più, se non questa
8.40.4 misera vita? ma tu non la brami;
8.40.5 ch' ora a trarla del mar sei stata presta,
8.40.6 quando potea finir suoi giorni grami:
8.40.7 perché ti parve di voler più ancora
8.40.8 vedermi tormentar prima ch' io muora.
8.41.1 Ma che mi possi nuocere non veggio,
8.41.2 più di quel che sin qui nociuto m' hai.
8.41.3 Per te cacciata son del real seggio,
8.41.4 dove più ritornar non spero mai:
8.41.5 ho perduto l' onor, ch' è stato peggio;
8.41.6 che, se ben con effetto io non peccai,
8.41.7 io do però materia ch' ognun dica
8.41.8 ch' essendo vagabonda io sia impudica.
8.42.1 Ch' aver può donna al mondo più di buono,
8.42.2 a cui la castità levata sia?
8.42.3 Mi nuoce, ahimè! ch' io son giovane, e sono
8.42.4 tenuta bella, o sia vero o bugia.
8.42.5 Già non ringrazio il ciel di questo dono;
8.42.6 che di qui nasce ogni ruina mia:
8.42.7 morto per questo fu Argalia mio frate;
8.42.8 che poco gli giovâr l' arme incantate:
8.43.1 per questo il re di Tartaria Agricane
8.43.2 disfece il genitor mio Galafrone,
8.43.3 ch' in India, del Cataio era gran Cane;
8.43.4 onde io son giunta a tal condizïone,
8.43.5 che muto albergo da sera a dimane.
8.43.6 Se l' aver, se l' onor, se le persone
8.43.7 m' hai tolto, e fatto il mal che far mi puoi,
8.43.8 a che più doglia anco serbar mi vuoi?
8.44.1 Se l' affogarmi in mar morte non era
8.44.2 a tuo senno crudel, pur ch' io ti sazii,
8.44.3 non recuso che mandi alcuna fera
8.44.4 che mi divori, e non mi tenga in strazii.
8.44.5 D' ogni martìr che sia, pur ch' io ne pèra,
8.44.6 esser non può ch' assai non ti ringrazii. --
8.44.7 Così dicea la donna con gran pianto,
8.44.8 quando le apparve l' eremita accanto.
8.45.1 Avea mirato da l' estrema cima
8.45.2 d' un rilevato sasso l' eremita
8.45.3 Angelica, che giunta alla parte ima
8.45.4 è de lo scoglio, afflitta e sbigottita.
8.45.5 Era sei giorni egli venuto prima;
8.45.6 ch' un demonio il portò per via non trita:
8.45.7 e venne a lei fingendo divozione
8.45.8 quanta avesse mai Paulo o Ilarïone.
8.46.1 Come la donna il cominciò a vedere,
8.46.2 prese, non conoscendolo, conforto;
8.46.3 e cessò a poco a poco il suo temere,
8.46.4 ben che ella avesse ancora il viso smorto.
8.46.5 Come fu presso, disse: -- Miserere,
8.46.6 padre, di me, ch' i' son giunta a mal porto. --
8.46.7 E con voce interrotta dal singulto
8.46.8 gli disse quel ch' a lui non era occulto.
8.47.1 Comincia l' eremita a confortarla
8.47.2 con alquante ragion belle e divote;
8.47.3 e pon l' audaci man, mentre che parla,
8.47.4 or per lo seno, or per l' umide gote:
8.47.5 poi più sicuro va per abbracciarla;
8.47.6 et ella sdegnosetta lo percuote
8.47.7 con una man nel petto, e lo rispinge,
8.47.8 e d' onesto rossor tutta si tinge.
8.48.1 Egli, ch' allato avea una tasca, aprilla,
8.48.2 e trassene una ampolla di liquore;
8.48.3 e negli occhi possenti, onde sfavilla
8.48.4 la più cocente face ch' abbia Amore,
8.48.5 spruzzò di quel leggiermente una stilla,
8.48.6 che di farla dormire ebbe valore.
8.48.7 Già resupina ne l' arena giace
8.48.8 a tutte voglie del vecchio rapace.
8.49.1 Egli l' abbraccia et a piacer la tocca,
8.49.2 et ella dorme e non può fare ischermo.
8.49.3 Or le bacia il bel petto, ora la bocca;
8.49.4 non è chi 'l veggia in quel loco aspro et ermo.
8.49.5 Ma ne l' incontro il suo destrier trabocca;
8.49.6 ch' al disio non risponde il corpo infermo:
8.49.7 era mal atto, perché avea troppi anni;
8.49.8 e potrà peggio, quanto più l' affanni.
8.50.1 Tutte le vie, tutti li modi tenta,
8.50.2 ma quel pigro rozzon non però salta.
8.50.3 Indarno il fren gli scuote, e lo tormenta;
8.50.4 e non può far che tenga la testa alta.
8.50.5 Al fin presso alla donna s' addormenta;
8.50.6 e nuova altra sciagura anco l' assalta:
8.50.7 non comincia Fortuna mai per poco,
8.50.8 quando un mortal si piglia a scherno e a gioco.
8.51.1 Bisogna, prima ch' io vi narri il caso,
8.51.2 ch' un poco dal sentier dritto mi torca.
8.51.3 Nel mar di tramontana invêr l' occaso,
8.51.4 oltre l' Irlanda una isola si corca,
8.51.5 Ebuda nominata; ove è rimaso
8.51.6 il popul raro, poi che la brutta orca
8.51.7 e l' altro marin gregge la distrusse,
8.51.8 ch' in sua vendetta Proteo vi condusse.
8.52.1 Narran l' antique istorie, o vere o false,
8.52.2 che tenne già quel luogo un re possente,
8.52.3 ch' ebbe una figlia, in cui bellezza valse
8.52.4 e grazia sì, che poté facilmente,
8.52.5 poi che mostrossi in su l' arene salse,
8.52.6 Proteo lasciare in mezzo l' acque ardente;
8.52.7 e quello, un dì che sola ritrovolla,
8.52.8 compresse, e di sé gravida lasciolla.
8.53.1 La cosa fu gravissima e molesta
8.53.2 al padre, più d' ogn' altro empio e severo:
8.53.3 né per iscusa o per pietà, la testa
8.53.4 le perdonò: sì può lo sdegno fiero.
8.53.5 Né per vederla gravida, si resta
8.53.6 di subito esequire il crudo impero:
8.53.7 e 'l nipotin che non avea peccato,
8.53.8 prima fece morir che fosse nato.
8.54.1 Proteo marin, che pasce il fiero armento
8.54.2 di Nettunno che l' onda tutta regge,
8.54.3 sente de la sua donna aspro tormento,
8.54.4 e per grand' ira, rompe ordine e legge;
8.54.5 sì che a mandare in terra non è lento
8.54.6 l' orche e le foche, e tutto il marin gregge,
8.54.7 che distruggon non sol pecore e buoi,
8.54.8 ma ville e borghi e li cultori suoi:
8.55.1 e spesso vanno alle città murate,
8.55.2 e d' ogn' intorno lor mettono assedio.
8.55.3 Notte e dì stanno le persone armate,
8.55.4 con gran timore e dispiacevol tedio:
8.55.5 tutte hanno le campagne abbandonate;
8.55.6 e per trovarvi al fin qualche rimedio,
8.55.7 andârsi a consigliar di queste cose
8.55.8 all' oracol, che lor così rispose:
8.56.1 che trovar bisognava una donzella
8.56.2 che fosse all' altra di bellezza pare,
8.56.3 et a Proteo sdegnato offerir quella,
8.56.4 in cambio de la morta, in lito al mare.
8.56.5 S' a sua satisfazion gli parrà bella,
8.56.6 se la terrà, né li verrà a sturbare:
8.56.7 se per questo non sta, se gli appresenti
8.56.8 una et un' altra, fin che si contenti.
8.57.1 E così cominciò la dura sorte
8.57.2 tra quelle che più grate eran di faccia,
8.57.3 ch' a Proteo ciascun giorno una si porte,
8.57.4 fin che trovino donna che gli piaccia.
8.57.5 La prima e tutte l' altre ebbeno morte;
8.57.6 che tutte giù pel ventre se le caccia
8.57.7 un' orca, che restò presso alla foce,
8.57.8 poi che 'l resto partì del gregge atroce.
8.58.1 O vera o falsa che fosse la cosa
8.58.2 di Proteo (ch' io non so che me ne dica),
8.58.3 servosse in quella terra, con tal chiosa,
8.58.4 contra le donne un' empia lege antica:
8.58.5 che di lor carne l' orca monstruosa
8.58.6 che viene ogni dì al lito, si notrica.
8.58.7 Ben ch' esser donna sia in tutte le bande
8.58.8 danno e sciagura, quivi era pur grande.
8.59.1 Oh misere donzelle che trasporte
8.59.2 fortuna ingiurïosa al lito infausto!
8.59.3 dove le genti stan sul mare accorte
8.59.4 per far de le straniere empio olocausto;
8.59.5 che, come più di fuor ne sono morte,
8.59.6 il numer de le loro è meno esausto:
8.59.7 ma perché il vento ognor preda non mena,
8.59.8 ricercando ne van per ogni arena.
8.60.1 Van discorrendo tutta la marina
8.60.2 con fuste e grippi et altri legni loro,
8.60.3 e da lontana parte e da vicina
8.60.4 portan sollevamento al lor martoro.
8.60.5 Molte donne han per forza e per rapina,
8.60.6 alcune per lusinghe, altre per oro;
8.60.7 e sempre da diverse regïoni
8.60.8 n' hanno piene le torri e le prigioni.
8.61.1 Passando una lor fusta a terra a terra
8.61.2 inanzi a quella solitaria riva
8.61.3 dove fra sterpi in su l' erbosa terra
8.61.4 la sfortunata Angelica dormiva,
8.61.5 smontaro alquanti galeotti in terra
8.61.6 per riportarne e legna et acqua viva;
8.61.7 e di quante mai fur belle e leggiadre
8.61.8 trovaro il fiore in braccio al santo padre.
8.62.1 Oh troppo cara, oh troppo escelsa preda
8.62.2 per sì barbare genti e sì villane!
8.62.3 O Fortuna crudel, chi fia ch' il creda,
8.62.4 che tanta forza hai ne le cose umane,
8.62.5 che per cibo d' un mostro tu conceda
8.62.6 la gran beltà, ch' in India il re Agricane
8.62.7 fece venir da le caucasee porte
8.62.8 con mezza Scizia a guadagnar la morte?
8.63.1 La gran beltà che fu da Sacripante
8.63.2 posta inanzi al suo onore e al suo bel regno;
8.63.3 la gran beltà ch' al gran signor d' Anglante
8.63.4 macchiò la chiara fama e l' alto ingegno;
8.63.5 la gran beltà che fe' tutto Levante
8.63.6 sottosopra voltarsi e stare al segno,
8.63.7 ora non ha (così è rimasa sola)
8.63.8 chi le dia aiuto pur d' una parola.
8.64.1 La bella donna, di gran sonno oppressa,
8.64.2 incatenata fu prima che desta.
8.64.3 Portaro il frate incantator con essa
8.64.4 nel legno pien di turba afflitta e mesta.
8.64.5 La vela, in cima all' arbore rimessa,
8.64.6 rendé la nave all' isola funesta,
8.64.7 dove chiuser la donna in ròcca forte,
8.64.8 fin a quel dì ch' a lei toccò la sorte.
8.65.1 Ma poté sì, per esser tanto bella,
8.65.2 la fiera gente muovere a pietade,
8.65.3 che molti dì le differiron quella
8.65.4 morte, e serbârla a gran necessitade;
8.65.5 e fin ch' ebber di fuore altra donzella,
8.65.6 perdonaro all' angelica beltade.
8.65.7 Al mostro fu condotta finalmente,
8.65.8 piangendo dietro a lei tutta la gente.
8.66.1 Chi narrerà l' angoscie, i pianti, i gridi,
8.66.2 l' alta querela che nel ciel penètra?
8.66.3 Maraviglia ho che non s' apriro i lidi,
8.66.4 quando fu posta in su la fredda pietra,
8.66.5 dove in catena, priva di sussidi,
8.66.6 morte aspettava abominosa e tetra.
8.66.7 Io nol dirò; che sì il dolor mi muove,
8.66.8 che mi sforza voltar le rime altrove,
8.67.1 e trovar versi non tanto lugùbri,
8.67.2 fin che 'l mio spirto stanco si rïabbia;
8.67.3 che non potrian li squalidi colubri,
8.67.4 né l' orba tigre accesa in maggior rabbia,
8.67.5 né ciò che da l' Atlante ai liti rubri
8.67.6 venenoso erra per la calda sabbia,
8.67.7 né veder né pensar senza cordoglio,
8.67.8 Angelica legata al nudo scoglio.
8.68.1 Oh se l' avesse il suo Orlando saputo,
8.68.2 ch' era per ritrovarla ito a Parigi;
8.68.3 o li dui ch' ingannò quel vecchio astuto
8.68.4 col messo che venìa dai luoghi stigi!
8.68.5 fra mille morti, per donarle aiuto,
8.68.6 cercato avrian gli angelici vestigi:
8.68.7 ma che fariano, avendone anco spia,
8.68.8 poi che distanti son di tanta via?
8.69.1 Parigi intanto avea l' assedio intorno
8.69.2 dal famoso figliuol del re Troiano;
8.69.3 e venne a tanta estremitade un giorno,
8.69.4 che n' andò quasi al suo nimico in mano:
8.69.5 e se non che li voti il ciel placorno,
8.69.6 che dilagò di pioggia oscura il piano,
8.69.7 cadea quel dì per l' africana lancia
8.69.8 il santo Imperio e 'l gran nome di Francia.
8.70.1 Il sommo Creator gli occhi rivolse
8.70.2 al giusto lamentar del vecchio Carlo;
8.70.3 e con subita pioggia il fuoco tolse:
8.70.4 né forse uman saper potea smorzarlo.
8.70.5 Savio chiunque a Dio sempre si volse;
8.70.6 ch' altri non poté mai meglio aiutarlo.
8.70.7 Ben dal devoto re fu conosciuto,
8.70.8 che si salvò per lo divino aiuto.
8.71.1 La notte Orlando alle noiose piume
8.71.2 del veloce pensier fa parte assai.
8.71.3 Or quinci or quindi il volta, or lo rassume
8.71.4 tutto in un loco, e non l' afferma mai:
8.71.5 qual d' acqua chiara il tremolante lume,
8.71.6 dal sol percossa o da' notturni rai,
8.71.7 per gli ampli tetti va con lungo salto
8.71.8 a destra et a sinistra, e basso et alto.
8.72.1 La donna sua, che gli ritorna a mente,
8.72.2 anzi che mai non era indi partita,
8.72.3 gli raccende nel core e fa più ardente
8.72.4 la fiamma che nel dì parea sopita.
8.72.5 Costei venuta seco era in Ponente
8.72.6 fin dal Cataio; e qui l' avea smarrita,
8.72.7 né ritrovato poi vestigio d' ella
8.72.8 che Carlo rotto fu presso a Bordella.
8.73.1 Di questo Orlando avea gran doglia, e seco
8.73.2 indarno a sua sciocchezza ripensava.
8.73.3 -- Cor mio (dicea), come vilmente teco
8.73.4 mi son portato! ohimè, quanto mi grava
8.73.5 che potendoti aver notte e dì meco,
8.73.6 quando la tua bontà non mel negava,
8.73.7 t' abbia lasciato in man di Namo porre,
8.73.8 per non sapermi a tanta ingiuria opporre!
8.74.1 Non aveva ragione io di scusarme?
8.74.2 e Carlo non m' avria forse disdetto:
8.74.3 se pur disdetto, e chi potea sforzarme?
8.74.4 chi ti mi volea tôrre al mio dispetto?
8.74.5 non poteva io venir più tosto all' arme?
8.74.6 lasciar più tosto trarmi il cor del petto?
8.74.7 Ma né Carlo né tutta la sua gente
8.74.8 di tormiti per forza era possente.
8.75.1 Almen l' avesse posta in guardia buona
8.75.2 dentro a Parigi o in qualche ròcca forte.
8.75.3 Che l' abbia data a Namo mi consona,
8.75.4 sol perché a perder l' abbia a questa sorte.
8.75.5 Chi la dovea guardar meglio persona
8.75.6 di me? ch' io dovea farlo fino a morte;
8.75.7 guardarla più che 'l cor, che gli occhi miei:
8.75.8 e dovea e potea farlo, e pur nol fei.
8.76.1 Deh, dove senza me, dolce mia vita,
8.76.2 rimasa sei sì giovane e sì bella?
8.76.3 come, poi che la luce è dipartita,
8.76.4 riman tra' boschi la smarrita agnella,
8.76.5 che dal pastor sperando essere udita,
8.76.6 si va lagnando in questa parte e in quella;
8.76.7 tanto che 'l lupo l' ode da lontano,
8.76.8 e 'l misero pastor ne piagne invano.
8.77.1 Dove, speranza mia, dove ora sei?
8.77.2 vai tu soletta forse ancor errando?
8.77.3 o pur t' hanno trovata i lupi rei
8.77.4 senza la guardia del tuo fido Orlando?
8.77.5 e il fior ch' in ciel potea pormi fra i dèi,
8.77.6 il fior ch' intatto io mi venìa serbando
8.77.7 per non turbarti, ohimè! l' animo casto,
8.77.8 ohimè! per forza avranno colto e guasto.
8.78.1 Oh infelice! oh misero! che voglio
8.78.2 se non morir, se 'l mio bel fior colto hanno?
8.78.3 O sommo Dio, fammi sentir cordoglio
8.78.4 prima d' ogn' altro, che di questo danno.
8.78.5 Se questo è ver, con le mie man mi toglio
8.78.6 la vita, e l' alma disperata danno. --
8.78.7 Così, piangendo forte e sospirando,
8.78.8 seco dicea l' addolorato Orlando.
8.79.1 Già in ogni parte gli animanti lassi
8.79.2 davan riposo ai travagliati spirti,
8.79.3 chi su le piume, e chi sui duri sassi,
8.79.4 e chi su l' erbe, e chi su faggi o mirti:
8.79.5 tu le palpèbre, Orlando, a pena abbassi,
8.79.6 punto da' tuoi pensieri acuti et irti;
8.79.7 né quel sì breve e fuggitivo sonno
8.79.8 godere in pace anco lasciar ti ponno.
8.80.1 Parea ad Orlando, s' una verde riva
8.80.2 d' odoriferi fior tutta dipinta,
8.80.3 mirare il bello avorio, e la nativa
8.80.4 purpura ch' avea Amor di sua man tinta,
8.80.5 e le due chiare stelle onde nutriva
8.80.6 ne le reti d' Amor l' anima avinta:
8.80.7 io parlo de' begli occhi e del bel volto,
8.80.8 che gli hanno il cor di mezzo il petto tolto.
8.81.1 Sentia il maggior piacer, la maggior festa
8.81.2 che sentir possa alcun felice amante;
8.81.3 ma ecco intanto uscire una tempesta
8.81.4 che struggea i fiori, et abbattea le piante:
8.81.5 non se ne suol veder simile a questa,
8.81.6 quando giostra aquilone, austro e levante.
8.81.7 Parea che per trovar qualche coperto,
8.81.8 andasse errando invan per un deserto.
8.82.1 Intanto l' infelice (e non sa come)
8.82.2 perde la donna sua per l' aer fosco;
8.82.3 onde di qua e di là del suo bel nome
8.82.4 fa risonare ogni campagna e bosco.
8.82.5 E mentre dice indarno: -- Misero me!
8.82.6 chi ha cangiata mia dolcezza in tòsco? --
8.82.7 ode la donna sua che gli domanda,
8.82.8 piangendo, aiuto, e se gli raccomanda.
8.83.1 Onde par ch' esca il grido, va veloce,
8.83.2 e quinci e quindi s' affatica assai.
8.83.3 Oh quanto è il suo dolore aspro et atroce,
8.83.4 che non può rivedere i dolci rai!
8.83.5 Ecco ch' altronde ode da un' altra voce:
8.83.6 -- Non sperar più gioirne in terra mai. --
8.83.7 A questo orribil grido risvegliossi,
8.83.8 e tutto pien di lacrime trovossi.
8.84.1 Senza pensar che sian l' imagin false
8.84.2 quando per tema o per disio si sogna,
8.84.3 de la donzella per modo gli calse,
8.84.4 che stimò giunta a danno od a vergogna,
8.84.5 che fulminando fuor del letto salse.
8.84.6 Di piastra e maglia, quanto gli bisogna,
8.84.7 tutto guarnissi, e Brigliadoro tolse;
8.84.8 né di scudiero alcun servigio vòlse.
8.85.1 E per potere entrare ogni sentiero,
8.85.2 che la sua dignità macchia non pigli,
8.85.3 non l' onorata insegna del quartiero,
8.85.4 distinta di color bianchi e vermigli,
8.85.5 ma portar vòlse un ornamento nero;
8.85.6 e forse acciò ch' al suo dolor simigli:
8.85.7 e quello avea già tolto a uno amostante,
8.85.8 ch' uccise di sua man pochi anni inante.
8.86.1 Da mezza notte tacito si parte,
8.86.2 e non saluta e non fa motto al zio;
8.86.3 né al fido suo compagno Brandimarte,
8.86.4 che tanto amar solea, pur dice a Dio.
8.86.5 Ma poi che 'l Sol con l' auree chiome sparte
8.86.6 del ricco albergo di Titone uscìo,
8.86.7 e fe' l' ombra fugire umida e nera,
8.86.8 s' avide il re che 'l paladin non v' era.
8.87.1 Con suo gran dispiacer s' avede Carlo
8.87.2 che partito la notte è 'l suo nipote,
8.87.3 quando esser dovea seco e più aiutarlo;
8.87.4 e ritener la còlera non puote,
8.87.5 ch' a lamentarsi d' esso, et a gravarlo
8.87.6 non incominci di biasmevol note;
8.87.7 e minacciar, se non ritorna, e dire
8.87.8 che lo faria di tanto error pentire.
8.88.1 Brandimarte, ch' Orlando amava a pare
8.88.2 di se medesmo, non fece soggiorno;
8.88.3 o che sperasse farlo ritornare,
8.88.4 o sdegno avesse udirne biasmo e scorno:
8.88.5 e vòlse a pena tanto dimorare,
8.88.6 ch' uscisse fuor ne l' oscurar del giorno.
8.88.7 A Fiordiligi sua nulla ne disse,
8.88.8 perché 'l disegno suo non gl' impedisse.
8.89.1 Era questa una donna che fu molto
8.89.2 da lui diletta, e ne fu raro senza;
8.89.3 di costumi, di grazia e di bel volto
8.89.4 dotata e d' accortezza e di prudenza:
8.89.5 e se licenzia or non n' aveva tolto,
8.89.6 fu che sperò tornarle alla presenza
8.89.7 il dì medesmo; ma gli accade poi,
8.89.8 che lo tardò più dei disegni suoi.
8.90.1 E poi ch' ella aspettato quasi un mese
8.90.2 indarno l' ebbe, e che tornar nol vide,
8.90.3 di desiderio sì di lui s' accese,
8.90.4 che si partì senza compagni o guide;
8.90.5 e cercandone andò molto paese,
8.90.6 come l' istoria al luogo suo dicide.
8.90.7 Di questi dua non vi dico or più inante;
8.90.8 che più m' importa il cavallier d' Anglante.
8.91.1 Il qual, poi che mutato ebbe d' Almonte
8.91.2 le glorïose insegne, andò alla porta,
8.91.3 e disse ne l' orecchio: -- Io sono il conte --
8.91.4 a un capitan che vi facea la scorta;
8.91.5 e fattosi abassar subito il ponte,
8.91.6 per quella strada che più breve porta
8.91.7 agl' inimici, se n' andò diritto.
8.91.8 Quel che seguì, ne l' altro canto è scritto.
CANTO IX
9.1.1 Che non può far d' un cor ch' abbia suggetto
9.1.2 questo crudele e traditore Amore,
9.1.3 poi ch' ad Orlando può levar del petto
9.1.4 la tanta fé che debbe al suo signore?
9.1.5 Già savio e pieno fu d' ogni rispetto,
9.1.6 e de la santa Chiesa difensore:
9.1.7 or per un vano amor, poco del zio,
9.1.8 e di sé poco, e men cura di Dio.
9.2.1 Ma l' escuso io pur troppo, e mi rallegro
9.2.2 nel mio difetto aver compagno tale;
9.2.3 ch' anch' io sono al mio ben languido et egro,
9.2.4 sano e gagliardo a seguitare il male.
9.2.5 Quel se ne va tutto vestito a negro,
9.2.6 né tanti amici abandonar gli cale;
9.2.7 e passa dove d' Africa e di Spagna
9.2.8 la gente era attendata alla campagna:
9.3.1 anzi non attendata, perché sotto
9.3.2 alberi e tetti l' ha sparsa la pioggia
9.3.3 a dieci, a venti, a quattro, a sette, ad otto;
9.3.4 chi più distante e chi più presso alloggia.
9.3.5 Ognuno dorme travagliato e rotto:
9.3.6 chi steso in terra, e chi alla man s' appoggia.
9.3.7 Dormono; e il conte uccider ne può assai:
9.3.8 né però stringe Durindana mai.
9.4.1 Di tanto core è il generoso Orlando,
9.4.2 che non degna ferir gente che dorma.
9.4.3 Or questo, e quando quel luogo cercando
9.4.4 va, per trovar de la sua donna l' orma.
9.4.5 Se truova alcun che veggi, sospirando
9.4.6 gli ne dipinge l' abito e la forma;
9.4.7 e poi lo priega che per cortesia
9.4.8 gl' insegni andar in parte ove ella sia.
9.5.1 E poi che venne il dì chiaro e lucente,
9.5.2 tutto cercò l' esercito moresco:
9.5.3 e ben lo potea far sicuramente,
9.5.4 avendo indosso l' abito arabesco;
9.5.5 et aiutollo in questo parimente,
9.5.6 che sapeva altro idioma che francesco,
9.5.7 e l' africano tanto avea espedito,
9.5.8 che parea nato a Tripoli e nutrito.
9.6.1 Quivi il tutto cercò, dove dimora
9.6.2 fece tre giorni, e non per altro effetto;
9.6.3 poi dentro alle cittadi e a' borghi fuora
9.6.4 non spiò sol per Francia e suo distretto,
9.6.5 ma per Uvernia e per Guascogna ancora
9.6.6 rivide sin all' ultimo borghetto;
9.6.7 e cercò da Provenza alla Bretagna,
9.6.8 e dai Picardi ai termini di Spagna.
9.7.1 Tra il fin d' ottobre e il capo di novembre,
9.7.2 ne la stagion che la frondosa vesta
9.7.3 vede levarsi e discoprir le membre
9.7.4 trepida pianta, fin che nuda resta,
9.7.5 e van gli augelli a strette schiere insembre,
9.7.6 Orlando entrò ne l' amorosa inchiesta;
9.7.7 né tutto il verno appresso lasciò quella,
9.7.8 né la lasciò ne la stagion novella.
9.8.1 Passando un giorno, come avea costume,
9.8.2 d' un paese in un altro, arrivò dove
9.8.3 parte i Normandi dai Britoni un fiume,
9.8.4 e verso il vicin mar cheto si muove;
9.8.5 ch' allora gonfio e bianco gìa di spume
9.8.6 per nieve sciolta e per montane piove:
9.8.7 e l' impeto de l' acqua avea disciolto
9.8.8 e tratto seco il ponte, e il passo tolto.
9.9.1 Con gli occhi cerca or questo lato or quello,
9.9.2 lungo le ripe il paladin, se vede
9.9.3 (quando né pesce egli non è, né augello)
9.9.4 come abbia a por ne l' altra ripa il piede:
9.9.5 et ecco a sé venir vede un battello,
9.9.6 ne la cui poppe una donzella siede,
9.9.7 che di volere a lui venir fa segno;
9.9.8 né lascia poi ch' arrivi in terra il legno.
9.10.1 Prora in terra non pon; che d' esser carca
9.10.2 contra sua volontà forse sospetta.
9.10.3 Orlando priega lei che ne la barca
9.10.4 seco lo tolga, et oltre il fiume il metta.
9.10.5 Et ella lui: -- Qui cavallier non varca,
9.10.6 il qual su la sua fé non mi prometta
9.10.7 di fare una battaglia a mia richiesta,
9.10.8 la più giusta del mondo e la più onesta.
9.11.1 Sì che s' avete, cavallier, desire
9.11.2 di por per me ne l' altra ripa i passi,
9.11.3 promettetemi, prima che finire
9.11.4 quest' altro mese prossimo si lassi,
9.11.5 ch' al re d' Ibernia v' anderete a unire,
9.11.6 appresso al qual la bella armata fassi
9.11.7 per distrugger quell' isola d' Ebuda,
9.11.8 che, di quante il mar cinge, è la più cruda.
9.12.1 Voi dovete saper ch' oltre l' Irlanda,
9.12.2 fra molte che vi son, l' isola giace
9.12.3 nomata Ebuda, che per legge manda
9.12.4 rubando intorno il suo popul rapace;
9.12.5 e quante donne può pigliar, vivanda
9.12.6 tutte destina a un animal vorace
9.12.7 che viene ogni dì al lito, e sempre nuova
9.12.8 donna o donzella, onde si pasca, truova;
9.13.1 che mercanti e corsar che vanno attorno,
9.13.2 ve ne fan copia, e più delle più belle.
9.13.3 Ben potete contare, una per giorno,
9.13.4 quante morte vi sian donne e donzelle.
9.13.5 Ma se pietade in voi truova soggiorno,
9.13.6 se non sète d' Amor tutto ribelle,
9.13.7 siate contento esser tra questi eletto,
9.13.8 che van per far sì fruttuoso effetto. --
9.14.1 Orlando vòlse a pena udire il tutto,
9.14.2 che giurò d' esser primo a quella impresa,
9.14.3 come quel ch' alcun atto iniquo e brutto
9.14.4 non può sentire, e d' ascoltar gli pesa:
9.14.5 e fu a pensare, indi a temere indutto,
9.14.6 che quella gente Angelica abbia presa;
9.14.7 poi che cercata l' ha per tanta via,
9.14.8 né potutone ancor ritrovar spia.
9.15.1 Questa imaginazion sì gli confuse
9.15.2 e sì gli tolse ogni primier disegno,
9.15.3 che, quanto in fretta più potea, conchiuse
9.15.4 di navigare a quello iniquo regno.
9.15.5 Né prima l' altro sol nel mar si chiuse,
9.15.6 che presso a San Malò ritrovò un legno,
9.15.7 nel qual si pose; e fatto alzar le vele,
9.15.8 passò la notte il monte San Michele.
9.16.1 Breaco e Landriglier lascia a man manca,
9.16.2 e va radendo il gran lito britone;
9.16.3 e poi si drizza invêr l' arena bianca,
9.16.4 onde Ingleterra si nomò Albïone;
9.16.5 ma il vento, ch' era da meriggie, manca,
9.16.6 e soffia tra il ponente e l' aquilone
9.16.7 con tanta forza, che fa al basso porre
9.16.8 tutte le vele, e sé per poppa tôrre.
9.17.1 Quanto il navilio inanzi era venuto
9.17.2 in quattro giorni, in un ritornò indietro,
9.17.3 ne l' alto mar dal buon nochier tenuto,
9.17.4 che non dia in terra e sembri un fragil vetro.
9.17.5 Il vento, poi che furïoso suto
9.17.6 fu quattro giorni, il quinto cangiò metro:
9.17.7 lasciò senza contrasto il legno entrare
9.17.8 dove il fiume d' Anversa ha foce in mare.
9.18.1 Tosto che ne la foce entrò lo stanco
9.18.2 nochier col legno afflitto, e il lito prese,
9.18.3 fuor d' una terra che sul destro fianco
9.18.4 di quel fiume sedeva, un vecchio scese,
9.18.5 di molta età, per quanto il crine bianco
9.18.6 ne dava indicio; il qual tutto cortese,
9.18.7 dopo i saluti, al conte rivoltosse,
9.18.8 che capo giudicò che di lor fosse.
9.19.1 E da parte il pregò d' una donzella,
9.19.2 ch' a lei venir non gli paresse grave,
9.19.3 la qual ritroverebbe, oltre che bella,
9.19.4 più ch' altra al mondo affabile e soave;
9.19.5 over fosse contento aspettar, ch' ella
9.19.6 verrebbe a trovar lui fin alla nave:
9.19.7 né più restio volesse esser di quanti
9.19.8 quivi eran giunti cavallieri erranti;
9.20.1 che nessun altro cavallier, ch' arriva
9.20.2 o per terra o per mare a questa foce,
9.20.3 di ragionar con la donzella schiva,
9.20.4 per consigliarla in un suo caso atroce.
9.20.5 Udito questo, Orlando in su la riva
9.20.6 senza punto indugiarsi uscì veloce;
9.20.7 e come umano e pien di cortesia,
9.20.8 dove il vecchio il menò, prese la via.
9.21.1 Fu ne la terra il paladin condutto
9.21.2 dentro un palazzo, ove al salir le scale,
9.21.3 una donna trovò piena di lutto,
9.21.4 per quanto il viso ne facea segnale,
9.21.5 e i negri panni che coprian per tutto
9.21.6 e le loggie e le camere e le sale;
9.21.7 la qual, dopo accoglienza grata e onesta
9.21.8 fattol seder, gli disse in voce mesta:
9.22.1 -- Io voglio che sappiate che figliuola
9.22.2 fui del conte d' Olanda, a lui sì grata
9.22.3 (quantunque prole io non gli fossi sola;
9.22.4 ch' era da dui fratelli accompagnata),
9.22.5 ch' a quanto io gli chiedea, da lui parola
9.22.6 contraria non mi fu mai replicata.
9.22.7 Standomi lieta in questo stato, avenne
9.22.8 che ne la nostra terra un duca venne.
9.23.1 Duca era di Selandia, e se ne giva
9.23.2 verso Biscaglia a guerreggiar coi Mori.
9.23.3 La bellezza e l' età ch' in lui fioriva,
9.23.4 e li non più da me sentiti amori
9.23.5 con poca guerra me gli fêr captiva;
9.23.6 tanto più che, per quel ch' apparea fuori,
9.23.7 io credea e credo, e creder credo il vero,
9.23.8 ch' amassi et ami me con cor sincero.
9.24.1 Quei giorni che con noi contrario vento,
9.24.2 contrario agli altri, a me propizio, il tenne
9.24.3 (ch' agli altri fur quaranta, a me un momento:
9.24.4 così al fuggire ebbon veloci penne),
9.24.5 fummo più volte insieme a parlamento,
9.24.6 dove, che 'l matrimonio con solenne
9.24.7 rito al ritorno suo saria tra nui,
9.24.8 mi promise egli, et io 'l promisi a lui.
9.25.1 Bireno a pena era da noi partito
9.25.2 (che così ha nome il mio fedele amante),
9.25.3 che 'l re di Frisa (la qual, quanto il lito
9.25.4 del mar divide il fiume, è a noi distante),
9.25.5 disegnando il figliuol farmi marito,
9.25.6 ch' unico al mondo avea, nomato Arbante,
9.25.7 per li più degni del suo stato manda
9.25.8 a domandarmi al mio padre in Olanda.
9.26.1 Io ch' all' amante mio di quella fede
9.26.2 mancar non posso, che gli aveva data,
9.26.3 e ancor ch' io possa, Amor non mi conciede
9.26.4 che poter voglia, e ch' io sia tanto ingrata;
9.26.5 per ruinar la pratica ch' in piede
9.26.6 era gagliarda, e presso al fin guidata,
9.26.7 dico a mio padre, che prima ch' in Frisa
9.26.8 mi dia marito, io voglio essere uccisa.
9.27.1 Il mio buon padre, al qual sol piacea quanto
9.27.2 a me piacea, né mai turbar mi vòlse,
9.27.3 per consolarmi e far cessare il pianto
9.27.4 ch' io ne facea, la pratica disciolse:
9.27.5 di che il superbo re di Frisa tanto
9.27.6 isdegno prese e a tanto odio si volse,
9.27.7 ch' entrò in Olanda, e cominciò la guerra
9.27.8 che tutto il sangue mio cacciò sotterra.
9.28.1 Oltre che sia robusto, e sì possente,
9.28.2 che pochi pari a nostra età ritruova,
9.28.3 e sì astuto in mal far, ch' altrui nïente
9.28.4 la possanza, l' ardir, l' ingegno giova;
9.28.5 porta alcun' arme che l' antica gente
9.28.6 non vide mai, né, fuor ch' a lui, la nuova:
9.28.7 un ferro bugio, lungo da dua braccia,
9.28.8 dentro a cui polve et una palla caccia.
9.29.1 Col fuoco dietro ove la canna è chiusa,
9.29.2 tocca un spiraglio che si vede a pena;
9.29.3 a guisa che toccare il medico usa
9.29.4 dove è bisogno d' allacciar la vena:
9.29.5 onde vien con tal suon la palla esclusa,
9.29.6 che si può dir che tuona e che balena;
9.29.7 né men che soglia il fulmine ove passa,
9.29.8 ciò che tocca arde, abatte, apre e fracassa.
9.30.1 Pose due volte il nostro campo in rotta
9.30.2 con questo inganno, e i miei fratelli uccise:
9.30.3 nel primo assalto il primo; che la botta,
9.30.4 rotto l' usbergo, in mezzo il cor gli mise;
9.30.5 ne l' altra zuffa a l' altro, il quale in frotta
9.30.6 fuggìa, dal corpo l' anima divise;
9.30.7 e lo ferì lontan dietro la spalla,
9.30.8 e fuor del petto uscir fece la palla.
9.31.1 Difendendosi poi mio padre un giorno
9.31.2 dentro un castel che sol gli era rimaso,
9.31.3 che tutto il resto avea perduto intorno,
9.31.4 lo fe' con simil colpo ire all' occaso;
9.31.5 che mentre andava e che facea ritorno,
9.31.6 provedendo or a questo or a quel caso,
9.31.7 dal traditor fu in mezzo gli occhi còlto,
9.31.8 che l' avea di lontan di mira tolto.
9.32.1 Morto i fratelli e il padre, e rimasa io
9.32.2 de l' isola d' Olanda unica erede,
9.32.3 il re di Frisa, perché avea disio
9.32.4 di ben fermare in quello stato il piede,
9.32.5 mi fa sapere, e così al popul mio,
9.32.6 che pace e che riposo mi conciede,
9.32.7 quando io vogli or, quel che non vòlsi inante,
9.32.8 tor per marito il suo figliuolo Arbante.
9.33.1 Io per l' odio non sì, che grave porto
9.33.2 a lui e a tutta la sua iniqua schiatta,
9.33.3 il qual m' ha dui fratelli e 'l padre morto,
9.33.4 saccheggiata la patria, arsa e disfatta;
9.33.5 come perché a colui non vo' far torto,
9.33.6 a cui già la promessa aveva fatta,
9.33.7 ch' altr' uomo non saria che mi sposasse,
9.33.8 fin che di Spagna a me non ritornasse:
9.34.1 " Per un mal ch' io patisco, ne vo' cento
9.34.2 patir (rispondo), e far di tutto il resto;
9.34.3 esser morta, arsa viva, e che sia al vento
9.34.4 la cener sparsa, inanzi che far questo".
9.34.5 Studia la gente mia di questo intento
9.34.6 tormi: chi priega, e chi mi fa protesto
9.34.7 di dargli in mano me e la terra, prima
9.34.8 che la mia ostinazion tutti ci opprima.
9.35.1 Così, poi che i protesti e i prieghi invano
9.35.2 vider gittarsi, e che pur stava dura,
9.35.3 presero accordo col Frisone, e in mano,
9.35.4 come avean detto, gli dier me e le mura.
9.35.5 Quel, senza farmi alcuno atto villano,
9.35.6 de la vita e del regno m' assicura,
9.35.7 pur ch' io indolcisca l' indurate voglie,
9.35.8 e che d' Arbante suo mi faccia moglie.
9.36.1 Io che sforzar così mi veggio, voglio,
9.36.2 per uscirgli di man, perder la vita;
9.36.3 ma se pria non mi vendico, mi doglio
9.36.4 più che di quanta ingiuria abbia patita.
9.36.5 Fo pensier molti; e veggio al mio cordoglio
9.36.6 che solo il simular può dare aita:
9.36.7 fingo ch' io brami, non che non mi piaccia,
9.36.8 che mi perdoni e sua nuora mi faccia.
9.37.1 Fra molti ch' al servizio erano stati
9.37.2 già di mio padre, io scelgo dui fratelli,
9.37.3 di grande ingegno e di gran cor dotati,
9.37.4 ma più di vera fede, come quelli
9.37.5 che cresciutici in corte et allevati
9.37.6 si son con noi da teneri citelli;
9.37.7 e tanto miei, che poco lor parria
9.37.8 la vita por per la salute mia.
9.38.1 Communico con loro il mio disegno:
9.38.2 essi prometton d' essermi in aiuto.
9.38.3 L' un viene in Fiandra, e v' apparecchia un legno;
9.38.4 l' altro meco in Olanda ho ritenuto.
9.38.5 Or mentre i forestieri e quei del regno
9.38.6 s' invitano alle nozze, fu saputo
9.38.7 che Bireno in Biscaglia avea una armata,
9.38.8 per venire in Olanda, apparecchiata.
9.39.1 Però che, fatta la prima battaglia
9.39.2 dove fu rotto un mio fratello e ucciso,
9.39.3 spacciar tosto un corrier feci in Biscaglia,
9.39.4 che portassi a Bireno il tristo aviso;
9.39.5 il qual mentre che s' arma e si travaglia,
9.39.6 dal re di Frisa il resto fu conquiso.
9.39.7 Bireno, che di ciò nulla sapea,
9.39.8 per darci aiuto i legni sciolti avea.
9.40.1 Di questo avuto aviso il re frisone,
9.40.2 de le nozze al figliuol la cura lassa;
9.40.3 e con l' armata sua nel mar si pone:
9.40.4 truova il duca, lo rompe, arde e fracassa,
9.40.5 e, come vuol Fortuna, il fa prigione;
9.40.6 ma di ciò ancor la nuova a noi non passa.
9.40.7 Mi sposa intanto il giovene, e si vuole
9.40.8 meco corcar come si corchi il sole.
9.41.1 Io dietro alle cortine avea nascoso
9.41.2 quel mio fedele; il qual nulla si mosse
9.41.3 prima che a me venir vide lo sposo;
9.41.4 e non l' attese che corcato fosse,
9.41.5 ch' alzò un' accetta, e con sì valoroso
9.41.6 braccio dietro nel capo lo percosse,
9.41.7 che gli levò la vita e la parola:
9.41.8 io saltai presta, e gli segai la gola.
9.42.1 Come cadere il bue suole al macello,
9.42.2 cade il mal nato giovene, in dispetto
9.42.3 del re Cimosco, il più d' ogn' altro fello;
9.42.4 che l' empio re di Frisa è così detto,
9.42.5 che morto l' uno e l' altro mio fratello
9.42.6 m' avea col padre, e per meglio suggetto
9.42.7 farsi il mio stato, mi volea per nuora;
9.42.8 e forse un giorno uccisa avria me ancora.
9.43.1 Prima ch' altro disturbo vi si metta,
9.43.2 tolto quel che più vale e meno pesa,
9.43.3 il mio compagno al mar mi cala in fretta
9.43.4 da la finestra a un canape sospesa,
9.43.5 là dove attento il suo fratello aspetta
9.43.6 sopra la barca ch' avea in Fiandra presa.
9.43.7 Demmo le vele ai venti e i remi all' acque,
9.43.8 e tutti ci salvian, come a Dio piacque.
9.44.1 Non so se 'l re di Frisa più dolente
9.44.2 del figliol morto, o se più d' ira acceso
9.44.3 fosse contra di me, che 'l dì seguente
9.44.4 giunse là dove si trovò sì offeso.
9.44.5 Superbo ritornava egli e sua gente
9.44.6 de la vittoria e di Bireno preso;
9.44.7 e credendo venire a nozze e a festa,
9.44.8 ogni cosa trovò scura e funesta.
9.45.1 La pietà del figliuol, l' odio ch' aveva
9.45.2 a me, né dì né notte il lascia mai.
9.45.3 Ma perché il pianger morti non rileva,
9.45.4 e la vendetta sfoga l' odio assai,
9.45.5 la parte del pensier, ch' esser doveva
9.45.6 de la pietade in sospirare e in guai,
9.45.7 vuol che con l' odio a investigar s' unisca,
9.45.8 come egli m' abbia in mano e mi punisca.
9.46.1 Quei tutti che sapeva e gli era detto
9.46.2 che mi fossino amici, o di quei miei
9.46.3 che m' aveano aiutata a far l' effetto,
9.46.4 uccise, o lor beni arse, o li fe' rei.
9.46.5 Vòlse uccider Bireno in mio dispetto;
9.46.6 che d' altro sì doler non mi potrei:
9.46.7 gli parve poi, se vivo lo tenesse,
9.46.8 che, per pigliarmi, in man la rete avesse.
9.47.1 Ma gli propone una crudele e dura
9.47.2 condizïon: gli fa termine un anno,
9.47.3 al fin del qual gli darà morte oscura,
9.47.4 se prima egli per forza o per inganno,
9.47.5 con amici e parenti non procura,
9.47.6 con tutto ciò che ponno e ciò che sanno,
9.47.7 di darmigli in prigion: sì che la via
9.47.8 di lui salvare è sol la morte mia.
9.48.1 Ciò che si possa far per sua salute,
9.48.2 fuor che perder me stessa, il tutto ho fatto.
9.48.3 Sei castella ebbi in Fiandra, e l' ho vendute:
9.48.4 e 'l poco o 'l molto prezzo ch' io n' ho tratto,
9.48.5 parte, tentando per persone astute
9.48.6 i guardiani corrumpere, ho distratto;
9.48.7 e parte, per far muovere alli danni
9.48.8 di quell' empio or gl' Inglesi, or gli Alamanni.
9.49.1 I mezzi, o che non abbiano potuto,
9.49.2 o che non abbian fatto il dover loro,
9.49.3 m' hanno dato parole e non aiuto;
9.49.4 e sprezzano or che n' han cavato l' oro:
9.49.5 e presso al fine il termine è venuto,
9.49.6 dopo il qual né la forza né il tesoro
9.49.7 potrà giunger più a tempo, sì che morte
9.49.8 e strazio schivi al mio caro consorte.
9.50.1 Mio padre e' miei fratelli mi son stati
9.50.2 morti per lui; per lui toltomi il regno;
9.50.3 per lui quei pochi beni che restati
9.50.4 m' eran, del viver mio soli sostegno,
9.50.5 per trarlo di prigione ho disipati:
9.50.6 né mi resta ora in che più far disegno,
9.50.7 se non d' andarmi io stessa in mano a porre
9.50.8 di sì crudel nimico, e lui disciorre.
9.51.1 Se dunque da far altro non mi resta,
9.51.2 né si truova al suo scampo altro riparo
9.51.3 che per lui por questa mia vita, questa
9.51.4 mia vita per lui por mi sarà caro.
9.51.5 Ma sola una paura mi molesta,
9.51.6 che non saprò far patto così chiaro,
9.51.7 che m' assicuri che non sia il tiranno,
9.51.8 poi ch' avuta m' avrà, per fare inganno.
9.52.1 Io dubito che poi che m' avrà in gabbia,
9.52.2 e fatto avrà di me tutti li strazii,
9.52.3 né Bireno per questo a lasciare abbia,
9.52.4 sì ch' esser per me sciolto mi ringrazii;
9.52.5 come periuro, e pien di tanta rabbia,
9.52.6 che di me sola uccider non si sazii:
9.52.7 e quel ch' avrà di me, né più né meno
9.52.8 faccia di poi del misero Bireno.
9.53.1 Or la cagion che conferir con voi
9.53.2 mi fa i miei casi, e ch' io li dico a quanti
9.53.3 signori e cavallier vengono a noi,
9.53.4 è solo acciò, parlandone con tanti,
9.53.5 m' insegni alcun d' assicurar che, poi
9.53.6 ch' a quel crudel mi sia condotta avanti,
9.53.7 non abbia a ritener Bireno ancora,
9.53.8 né voglia, morta me, ch' esso poi mora.
9.54.1 Pregato ho alcun guerrier, che meco sia
9.54.2 quando io mi darò in mano al re di Frisa;
9.54.3 ma mi prometta, e la sua fé mi dia,
9.54.4 che questo cambio sarà fatto in guisa,
9.54.5 ch' a un tempo io data, e liberato fia
9.54.6 Bireno: sì che quando io sarò uccisa,
9.54.7 morrò contenta, poi che la mia morte
9.54.8 avrà dato la vita al mio consorte.
9.55.1 Né fino a questo dì truovo chi toglia
9.55.2 sopra la fede sua d' assicurarmi,
9.55.3 che quando io sia condotta, e che mi voglia
9.55.4 aver quel re, senza Bireno darmi,
9.55.5 egli non lascierà contra mia voglia
9.55.6 che presa io sia: sì teme ognun quell' armi;
9.55.7 teme quell' armi, a cui par che non possa
9.55.8 star piastra incontra, e sia quanto vuol grossa.
9.56.1 Or, s' in voi la virtù non è diforme
9.56.2 dal fier sembiante e da l' erculeo aspetto,
9.56.3 e credete poter darmegli, e tôrme
9.56.4 anco da lui, quando non vada retto;
9.56.5 siate contento d' esser meco a porme
9.56.6 ne le man sue: ch' io non avrò sospetto,
9.56.7 quando voi siate meco, se ben io
9.56.8 poi ne morrò, che muora il signor mio. --
9.57.1 Qui la donzella il suo parlar conchiuse,
9.57.2 che con pianto e sospir spesso interroppe.
9.57.3 Orlando, poi ch' ella la bocca chiuse,
9.57.4 le cui voglie al ben far mai non fur zoppe,
9.57.5 in parole con lei non si diffuse;
9.57.6 che di natura non usava troppe:
9.57.7 ma le promise, e la sua fé le diede,
9.57.8 che faria più di quel ch' ella gli chiede.
9.58.1 Non è sua intenzïon ch' ella in man vada
9.58.2 del suo nimico per salvar Bireno:
9.58.3 ben salverà amendui, se la sua spada
9.58.4 e l' usato valor non gli vien meno.
9.58.5 Il medesimo dì piglian la strada,
9.58.6 poi c' hanno il vento prospero e sereno.
9.58.7 Il paladin s' affretta; che di gire
9.58.8 all' isola del mostro avea desire.
9.59.1 Or volta all' una, or volta all' altra banda
9.59.2 per gli alti stagni il buon nochier la vela:
9.59.3 scuopre un' isola e un' altra di Zilanda;
9.59.4 scuopre una inanzi, e un' altra a dietro cela.
9.59.5 Orlando smonta il terzo dì in Olanda;
9.59.6 ma non smonta colei che si querela
9.59.7 del re di Frisa: Orlando vuol che intenda
9.59.8 la morte di quel rio, prima che scenda.
9.60.1 Nel lito armato il paladino varca
9.60.2 sopra un corsier di pel tra bigio e nero,
9.60.3 nutrito in Fiandra e nato in Danismarca,
9.60.4 grande e possente assai più che leggiero;
9.60.5 però ch' avea, quando si messe in barca,
9.60.6 in Bretagna lasciato il suo destriero,
9.60.7 quel Brigliador sì bello e sì gagliardo,
9.60.8 che non ha paragon, fuor che Baiardo.
9.61.1 Giunge Orlando a Dordreche, e quivi truova
9.61.2 di molta gente armata in su la porta;
9.61.3 sì perché sempre, ma più quando è nuova,
9.61.4 seco ogni signoria sospetto porta;
9.61.5 sì perché dianzi giunta era una nuova,
9.61.6 che di Selandia con armata scorta
9.61.7 di navilii e di gente un cugin viene
9.61.8 di quel signor che qui prigion si tiene.
9.62.1 Orlando prega uno di lor, che vada
9.62.2 e dica al re, ch' un cavalliero errante
9.62.3 disia con lui provarsi a lancia e a spada;
9.62.4 ma che vuol che tra lor sia patto inante:
9.62.5 che se 'l re fa che, chi lo sfida, cada,
9.62.6 la donna abbia d' aver, ch' uccise Arbante,
9.62.7 che 'l cavallier l' ha in loco non lontano
9.62.8 da poter sempremai darglila in mano;
9.63.1 et all' incontro vuol che 'l re prometta,
9.63.2 ch' ove egli vinto ne la pugna sia,
9.63.3 Bireno in libertà subito metta,
9.63.4 e che lo lasci andare alla sua via.
9.63.5 Il fante al re fa l' imbasciata in fretta:
9.63.6 ma quel, che né virtù né cortesia
9.63.7 conobbe mai, drizzò tutto il suo intento
9.63.8 alla fraude, all' inganno, al tradimento.
9.64.1 Gli par ch' avendo in mano il cavalliero,
9.64.2 avrà la donna ancor, che sì l' ha offeso,
9.64.3 s' in possanza di lui la donna è vero
9.64.4 che se ritruovi, e il fante ha ben inteso.
9.64.5 Trenta uomini pigliar fece sentiero
9.64.6 diverso da la porta ov' era atteso,
9.64.7 che dopo occulto et assai lungo giro,
9.64.8 dietro alle spalle al paladino usciro.
9.65.1 Il traditore intanto dar parole
9.65.2 fatto gli avea, sin che i cavalli e i fanti
9.65.3 vede esser giunti al loco ove gli vuole;
9.65.4 da la porta esce poi con altretanti.
9.65.5 Come le fere e il bosco cinger suole
9.65.6 perito cacciator da tutti i canti;
9.65.7 come appresso a Volana i pesci e l' onda
9.65.8 con lunga rete il pescator circonda:
9.66.1 così per ogni via dal re di Frisa,
9.66.2 che quel guerrier non fugga, si provede.
9.66.3 Vivo lo vuole, e non in altra guisa:
9.66.4 e questo far sì facilmente crede,
9.66.5 che 'l fulmine terrestre, con che uccisa
9.66.6 ha tanta e tanta gente, ora non chiede;
9.66.7 che quivi non gli par che si convegna,
9.66.8 dove pigliar, non far morir, disegna.
9.67.1 Qual cauto ucellator che serba vivi,
9.67.2 intento a maggior preda, i primi augelli,
9.67.3 acciò in più quantitade altri captivi
9.67.4 faccia col giuoco e col zimbel di quelli;
9.67.5 tal esser vòlse il re Cimosco quivi:
9.67.6 ma già non vòlse Orlando esser di quelli
9.67.7 che si lascin pigliare al primo tratto;
9.67.8 e tosto roppe il cerchio ch' avean fatto.
9.68.1 Il cavallier d' Anglante, ove più spesse
9.68.2 vide le genti e l' arme, abbassò l' asta;
9.68.3 et uno in quella e poscia un altro messe,
9.68.4 e un altro e un altro, che sembrâr di pasta;
9.68.5 e fin a sei ve n' infilzò, e li resse
9.68.6 tutti una lancia: e perch' ella non basta
9.68.7 a più capir, lasciò il settimo fuore
9.68.8 ferito sì, che di quel colpo muore.
9.69.1 Non altrimente ne l' estrema arena
9.69.2 veggiàn le rane de canali e fosse
9.69.3 dal cauto arcier nei fianchi e ne la schiena,
9.69.4 l' una vicina all' altra, esser percosse;
9.69.5 né da la freccia, fin che tutta piena
9.69.6 non sia da un capo all' altro, esser rimosse.
9.69.7 La grave lancia Orlando da sé scaglia,
9.69.8 e con la spada entrò ne la battaglia.
9.70.1 Rotta la lancia, quella spada strinse,
9.70.2 quella che mai non fu menata in fallo;
9.70.3 e ad ogni colpo, o taglio o punta, estinse
9.70.4 quando uomo a piedi, e quando uomo a cavallo:
9.70.5 dove toccò, sempre in vermiglio tinse
9.70.6 l' azzurro, il verde, il bianco, il nero, il giallo.
9.70.7 Duolsi Cimosco che la canna e il fuoco
9.70.8 seco or non ha, quando v' avrian più loco.
9.71.1 E con gran voce e con minaccie chiede
9.71.2 che portati gli sian, ma poco è udito;
9.71.3 che chi ha ritratto a salvamento il piede
9.71.4 ne la città, non è d' uscir più ardito.
9.71.5 Il re frison, che fuggir gli altri vede,
9.71.6 d' esser salvo egli ancor piglia partito:
9.71.7 corre alla porta, e vuole alzare il ponte;
9.71.8 ma troppo è presto ad arrivare il conte.
9.72.1 Il re volta le spalle, e signor lassa
9.72.2 del ponte Orlando e d' amendue le porte;
9.72.3 e fugge, e inanzi a tutti gli altri passa,
9.72.4 mercé che 'l suo destrier corre più forte.
9.72.5 Non mira Orlando a quella plebe bassa:
9.72.6 vuole il fellon, non gli altri, porre a morte;
9.72.7 ma il suo destrier sì al corso poco vale,
9.72.8 che restio sembra, e chi fugge, abbia l' ale.
9.73.1 D' una in un' altra via si leva ratto
9.73.2 di vista al paladin; ma indugia poco,
9.73.3 che torna con nuove armi; che s' ha fatto
9.73.4 portare intanto il cavo ferro e il fuoco:
9.73.5 e dietro un canto postosi di piatto,
9.73.6 l' attende, come il cacciatore al loco,
9.73.7 coi cani armati e con lo spiedo, attende
9.73.8 il fier cingial che ruinoso scende;
9.74.1 che spezza i rami e fa cadere i sassi,
9.74.2 e ovunque drizzi l' orgogliosa fronte,
9.74.3 sembra a tanto rumor che si fracassi
9.74.4 la selva intorno, e che si svella il monte.
9.74.5 Sta Cimosco alla posta, acciò non passi
9.74.6 senza pagargli il fio l' audace conte:
9.74.7 tosto ch' appare, allo spiraglio tocca
9.74.8 col fuoco il ferro, e quel subito scocca.
9.75.1 Dietro lampeggia a guisa di baleno,
9.75.2 dinanzi scoppia, e manda in aria il tuono.
9.75.3 Trieman le mura, e sotto i piè il terreno;
9.75.4 il ciel ribomba al paventoso suono.
9.75.5 L' ardente stral, che spezza e venir meno
9.75.6 fa ciò ch' incontra, e dà a nessun perdono,
9.75.7 sibila e stride; ma, come è il desire
9.75.8 di quel brutto assassin, non va a ferire.
9.76.1 O sia la fretta, o sia la troppa voglia
9.76.2 d' uccider quel baron, ch' errar lo faccia;
9.76.3 o sia che il cor, tremando come foglia,
9.76.4 faccia insieme tremare e mani e braccia;
9.76.5 o la bontà divina che non voglia
9.76.6 che 'l suo fedel campion sì tosto giaccia:
9.76.7 quel colpo al ventre del destrier si torse;
9.76.8 lo cacciò in terra, onde mai più non sorse.
9.77.1 Cade a terra il cavallo e il cavalliero:
9.77.2 la preme l' un, la tocca l' altro a pena;
9.77.3 che si leva sì destro e sì leggiero,
9.77.4 come cresciuto gli sia possa e lena.
9.77.5 Quale il libico Anteo sempre più fiero
9.77.6 surger solea da la percossa arena,
9.77.7 tal surger parve, e che la forza, quando
9.77.8 toccò il terren, si radoppiasse a Orlando.
9.78.1 Chi vide mai dal ciel cadere il foco
9.78.2 che con sì orrendo suon Giove disserra,
9.78.3 e penetrare ove un richiuso loco
9.78.4 carbon con zolfo e con salnitro serra;
9.78.5 ch' a pena arriva, a pena tocca un poco,
9.78.6 che par ch' avampi il ciel, non che la terra;
9.78.7 spezza le mura, e i gravi marmi svelle,
9.78.8 e fa i sassi volar sin alle stelle;
9.79.1 s' imagini che tal, poi che cadendo
9.79.2 toccò la terra, il paladino fosse:
9.79.3 con sì fiero sembiante aspro et orrendo,
9.79.4 da far tremar nel ciel Marte, si mosse.
9.79.5 Di che smarrito il re frison, torcendo
9.79.6 la briglia indietro, per fuggir voltosse;
9.79.7 ma gli fu dietro Orlando con più fretta
9.79.8 che non esce da l' arco una saetta:
9.80.1 e quel che non avea potuto prima
9.80.2 fare a cavallo, or farà essendo a piede.
9.80.3 Lo séguita sì ratto, ch' ogni stima
9.80.4 di chi nol vide, ogni credenza eccede.
9.80.5 Lo giunse in poca strada; et alla cima
9.80.6 de l' elmo alza la spada, e sì lo fiede,
9.80.7 che gli parte la testa fin al collo,
9.80.8 e in terra il manda a dar l' ultimo crollo.
9.81.1 Ecco levar ne la città si sente
9.81.2 nuovo rumor, nuovo menar di spade;
9.81.3 che 'l cugin di Bireno con la gente
9.81.4 ch' avea condutta da le sue contrade,
9.81.5 poi che la porta ritrovò patente,
9.81.6 era venuto dentro alla cittade,
9.81.7 dal paladino in tal timor ridutta,
9.81.8 che senza intoppo la può scorrer tutta.
9.82.1 Fugge il populo in rotta, che non scorge
9.82.2 chi questa gente sia, né che domandi;
9.82.3 ma poi ch' uno et un altro pur s' accorge
9.82.4 all' abito e al parlar, che son Selandi,
9.82.5 chiede lor pace, e il foglio bianco porge;
9.82.6 e dice al capitan che gli comandi,
9.82.7 e dar gli vuol contra i Frisoni aiuto,
9.82.8 che 'l suo duca in prigion gli ha ritenuto.
9.83.1 Quel popul sempre stato era nimico
9.83.2 del re di Frisa e d' ogni suo seguace,
9.83.3 perché morto gli avea il signore antico,
9.83.4 ma più perch' era ingiusto, empio e rapace.
9.83.5 Orlando s' interpose come amico
9.83.6 d' ambe le parti, e fece lor far pace;
9.83.7 le quali unite, non lasciâr Frisone
9.83.8 che non morisse o non fosse prigione.
9.84.1 Le porte de le carcere gittate
9.84.2 a terra sono, e non si cerca chiave.
9.84.3 Bireno al conte con parole grate
9.84.4 mostra conoscer l' obligo che gli have.
9.84.5 Indi insieme e con molte altre brigate
9.84.6 se ne vanno ove attende Olimpia in nave:
9.84.7 così la donna, a cui di ragion spetta
9.84.8 il dominio de l' isola, era detta;
9.85.1 quella che quivi Orlando avea condutto
9.85.2 non con pensier che far dovesse tanto;
9.85.3 che le parea bastar che posta in lutto
9.85.4 sol lei, lo sposo avesse a trar di pianto.
9.85.5 Lei riverisce e onora il popul tutto.
9.85.6 Lungo sarebbe a ricontarvi quanto
9.85.7 lei Bireno accarezzi, et ella lui;
9.85.8 quai grazie al conte rendano ambidui.
9.86.1 Il popul la donzella nel paterno
9.86.2 seggio rimette, e fedeltà le giura.
9.86.3 Ella a Bireno, a cui con nodo eterno
9.86.4 la legò Amor d' una catena dura,
9.86.5 de lo stato e di sé dona il governo.
9.86.6 Et egli, tratto poi da un' altra cura,
9.86.7 de le fortezze e di tutto il domìno
9.86.8 de l' isola guardian lascia il cugino;
9.87.1 che tornare in Selandia avea disegno,
9.87.2 e menar seco la fedel consorte:
9.87.3 e dicea voler fare indi nel regno
9.87.4 di Frisa esperïenzia di sua sorte;
9.87.5 perché di ciò l' assicurava un pegno
9.87.6 ch' egli avea in mano, e lo stimava forte:
9.87.7 la figliuola del re, che fra i captivi,
9.87.8 che vi fur molti, avea trovata quivi.
9.88.1 E dice ch' egli vuol ch' un suo germano,
9.88.2 ch' era minor d' età, l' abbia per moglie.
9.88.3 Quindi si parte il senator romano
9.88.4 il dì medesmo che Bireno scioglie.
9.88.5 Non vòlse porre ad altra cosa mano,
9.88.6 fra tante e tante guadagnate spoglie,
9.88.7 se non a quel tormento ch' abbiàn detto
9.88.8 ch' al fulmine assimiglia in ogni effetto.
9.89.1 L' intenzïon non già, perché lo tolle,
9.89.2 fu per voglia d' usarlo in sua difesa;
9.89.3 che sempre atto stimò d' animo molle
9.89.4 gir con vantaggio in qualsivoglia impresa:
9.89.5 ma per gittarlo in parte, onde non volle
9.89.6 che mai potesse ad uom più fare offesa:
9.89.7 e la polve e le palle e tutto il resto
9.89.8 seco portò, ch' apperteneva a questo.
9.90.1 E così, poi che fuor de la marea
9.90.2 nel più profondo mar si vide uscito,
9.90.3 sì che segno lontan non si vedea
9.90.4 del destro più né del sinistro lito;
9.90.5 lo tolse, e disse: -- Acciò più non istea
9.90.6 mai cavallier per te d' essere ardito,
9.90.7 né quanto il buono val, mai più si vanti
9.90.8 il rio per te valer, qui giù rimanti.
9.91.1 O maladetto, o abominoso ordigno,
9.91.2 che fabricato nel tartareo fondo
9.91.3 fosti per man di Belzebù maligno
9.91.4 che ruinar per te disegnò il mondo,
9.91.5 all' inferno, onde uscisti, ti rasigno. --
9.91.6 Così dicendo, lo gittò in profondo.
9.91.7 Il vento intanto le gonfiate vele
9.91.8 spinge alla via de l' isola crudele.
9.92.1 Tanto desire il paladino preme
9.92.2 di saper se la donna ivi si truova,
9.92.3 ch' ama assai più che tutto il mondo insieme,
9.92.4 né un' ora senza lei viver gli giova;
9.92.5 che s' in Ibernia mette il piede, teme
9.92.6 di non dar tempo a qualche cosa nuova,
9.92.7 sì ch' abbia poi da dir invano: -- Ahi lasso!
9.92.8 ch' al venir mio non affrettai più il passo. --
9.93.1 Né scala in Inghelterra né in Irlanda
9.93.2 mai lasciò far, né sul contrario lito.
9.93.3 Ma lasciamolo andar dove lo manda
9.93.4 il nudo arcier che l' ha nel cor ferito.
9.93.5 Prima che più io ne parli, io vo' in Olanda
9.93.6 tornare, e voi meco a tornarvi invito;
9.93.7 che, come a me, so spiacerebbe a voi,
9.93.8 che quelle nozze fosson senza noi.
9.94.1 Le nozze belle e sontuose fanno;
9.94.2 ma non sì sontuose né si belle,
9.94.3 come in Selandia dicon che faranno.
9.94.4 Pur non disegno che vegnate a quelle;
9.94.5 perché nuovi accidenti a nascere hanno
9.94.6 per disturbarle, de' quai le novelle
9.94.7 all' altro canto vi farò sentire,
9.94.8 s' all' altro canto mi verrete a udire.
CANTO X
10.1.1 Fra quanti amor, fra quante fede al mondo
10.1.2 mai si trovâr, fra quanti cor constanti,
10.1.3 fra quante, o per dolente o per iocondo
10.1.4 stato, fêr prove mai famosi amanti;
10.1.5 più tosto il primo loco ch' il secondo
10.1.6 darò ad Olimpia: e se pur non va inanti,
10.1.7 ben voglio dir che fra gli antiqui e nuovi
10.1.8 maggior de l' amor suo non si ritruovi;
10.2.1 e che con tante e con sì chiare note
10.2.2 di questo ha fatto il suo Bireno certo,
10.2.3 che donna più far certo uomo non puote,
10.2.4 quando anco il petto e 'l cor mostrasse aperto.
10.2.5 E s' anime sì fide e sì devote
10.2.6 d' un reciproco amor denno aver merto,
10.2.7 dico ch' Olimpia è degna che non meno,
10.2.8 anzi più che sé ancor, l' ami Bireno:
10.3.1 e che non pur non l' abandoni mai
10.3.2 per altra donna, se ben fosse quella
10.3.3 ch' Europa et Asia messe in tanti guai,
10.3.4 o s' altra ha maggior titolo di bella;
10.3.5 mai più tosto che lei, lasci coi rai
10.3.6 del sol l' udita e il gusto e la favella
10.3.7 e la vita e la fama, e s' altra cosa
10.3.8 dire o pensar si può più precïosa.
10.4.1 Se Bireno amò lei come ella amato
10.4.2 Bireno avea, se fu sì a lei fedele
10.4.3 come ella a lui, se mai non ha voltato
10.4.4 ad altra via, che a seguir lei, le vele;
10.4.5 o pur s' a tanta servitù fu ingrato,
10.4.6 a tanta fede e a tanto amor crudele,
10.4.7 io vi vo' dire, e far di maraviglia
10.4.8 stringer le labra et inarcar le ciglia.
10.5.1 E poi che nota l' impietà vi fia,
10.5.2 che di tanta bontà fu a lei mercede,
10.5.3 donne, alcuna di voi mai più non sia,
10.5.4 ch' a parole d' amante abbia a dar fede.
10.5.5 L' amante, per aver quel che desia,
10.5.6 senza guardar che Dio tutto ode e vede,
10.5.7 aviluppa promesse e giuramenti,
10.5.8 che tutti spargon poi per l' aria i venti.
10.6.1 I giuramenti e le promesse vanno
10.6.2 dai venti in aria disipate e sparse,
10.6.3 tosto che tratta questi amanti s' hanno
10.6.4 l' avida sete che gli accese et arse.
10.6.5 Siate a' prieghi et a' pianti che vi fanno,
10.6.6 per questo esempio, a credere più scarse.
10.6.7 Bene è felice quel, donne mie care,
10.6.8 ch' essere accorto all' altrui spese impare.
10.7.1 Guardatevi da questi che sul fiore
10.7.2 de' lor begli anni il viso han sì polito;
10.7.3 che presto nasce in loro e presto muore,
10.7.4 quasi un foco di paglia, ogni appetito.
10.7.5 Come segue la lepre il cacciatore
10.7.6 al freddo, al caldo, alla montagna, al lito,
10.7.7 né più l' estima poi che presa vede;
10.7.8 e sol dietro a chi fugge affretta il piede:
10.8.1 così fan questi gioveni, che tanto
10.8.2 che vi mostrate lor dure e proterve,
10.8.3 v' amano e riveriscono con quanto
10.8.4 studio de' far chi fedelmente serve;
10.8.5 ma non sì tosto si potran dar vanto
10.8.6 de la vittoria, che, di donne, serve
10.8.7 vi dorrete esser fatte; e da voi tolto
10.8.8 vedrete il falso amore, e altrove volto.
10.9.1 Non vi vieto per questo (ch' avrei torto)
10.9.2 che vi lasciate amar; che senza amante
10.9.3 sareste come inculta vite in orto,
10.9.4 che non ha palo ove s' appoggi o piante.
10.9.5 Sol la prima lanugine vi esorto
10.9.6 tutta a fuggir, volubile e inconstante,
10.9.7 e côrre i frutti non acerbi e duri,
10.9.8 ma che non sien però troppo maturi.
10.10.1 Di sopra io vi dicea ch' una figliuola
10.10.2 del re di Frisa quivi hanno trovata,
10.10.3 che fia, per quanto n' han mosso parola,
10.10.4 da Bireno al fratel per moglie data.
10.10.5 Ma, a dire il vero, esso v' avea la gola;
10.10.6 che vivanda era troppo delicata:
10.10.7 e riputato avria cortesia sciocca,
10.10.8 per darla altrui, levarsela di bocca.
10.11.1 La damigella non passava ancora
10.11.2 quattordici anni, et era bella e fresca,
10.11.3 come rosa che spunti alora alora
10.11.4 fuor de la buccia e col sol nuovo cresca.
10.11.5 Non pur di lei Bireno s' inamora,
10.11.6 ma fuoco mai così non accese esca,
10.11.7 né se lo pongan l' invide e nimiche
10.11.8 mani talor ne le mature spiche;
10.12.1 come egli se n' accese immantinente,
10.12.2 come egli n' arse fin ne le medolle,
10.12.3 che sopra il padre morto lei dolente
10.12.4 vide di pianto il bel viso far molle.
10.12.5 E come suol, se l' acqua fredda sente,
10.12.6 quella restar che prima al fuoco bolle;
10.12.7 così l' ardor ch' accese Olimpia, vinto
10.12.8 dal nuovo successore, in lui fu estinto.
10.13.1 Non pur sazio di lei, ma fastidito
10.13.2 n' è già così, che può vederla a pena;
10.13.3 e sì de l' altra acceso ha l' appetito,
10.13.4 che ne morrà, se troppo in lungo il mena:
10.13.5 pur fin che giunga il dì c' ha statuito
10.13.6 a dar fine al disio, tanto l' affrena,
10.13.7 che par ch' adori Olimpia, non che l' ami,
10.13.8 e quel che piace a lei, sol voglia e brami.
10.14.1 E se accarezza l' altra (che non puote
10.14.2 far che non l' accarezzi più del dritto),
10.14.3 non è chi questo in mala parte note;
10.14.4 anzi a pietade, anzi a bontà gli è ascritto:
10.14.5 che rilevare un che Fortuna ruote
10.14.6 talora al fondo, e consolar l' afflitto,
10.14.7 mai non fu biasmo, ma gloria sovente;
10.14.8 tanto più una fanciulla, una innocente.
10.15.1 Oh sommo Dio, come i giudicii umani
10.15.2 spesso offuscati son da un nembo oscuro!
10.15.3 I modi di Bireno empii e profani,
10.15.4 pietosi e santi riputati furo.
10.15.5 I marinari, già messo le mani
10.15.6 ai remi, e sciolti dal lito sicuro,
10.15.7 portavan lieti pei salati stagni
10.15.8 verso Selandia il duca e i suoi compagni.
10.16.1 Già dietro rimasi erano e perduti
10.16.2 tutti di vista i termini d' Olanda
10.16.3 (che per non toccar Frisa, più tenuti
10.16.4 s' eran vêr Scozia alla sinistra banda),
10.16.5 quando da un vento fur sopravenuti,
10.16.6 ch' errando in alto mar tre dì li manda.
10.16.7 Sursero il terzo, già presso alla sera,
10.16.8 dove inculta e deserta un' isola era.
10.17.1 Tratti che si fur dentro un picciol seno,
10.17.2 Olimpia venne in terra; e con diletto
10.17.3 in compagnia de l' infedel Bireno
10.17.4 cenò contenta e fuor d' ogni sospetto:
10.17.5 indi con lui, là dove in loco ameno
10.17.6 teso era un padiglione, entrò nel letto.
10.17.7 Tutti gli altri compagni ritornaro,
10.17.8 e sopra i legni lor si riposaro.
10.18.1 Il travaglio del mare e la paura
10.18.2 che tenuta alcun dì l' aveano desta,
10.18.3 il ritrovarsi al lito ora sicura,
10.18.4 lontana da rumor ne la foresta,
10.18.5 e che nessun pensier, nessuna cura,
10.18.6 poi che 'l suo amante ha seco, la molesta;
10.18.7 fu cagion ch' ebbe Olimpia sì gran sonno,
10.18.8 che gli orsi e i ghiri aver maggior nol ponno.
10.19.1 Il falso amante che i pensati inganni
10.19.2 veggiar facean, come dormir lei sente,
10.19.3 pian piano esce del letto, e de' suoi panni
10.19.4 fatto un fastel, non si veste altrimente;
10.19.5 e lascia il padiglione; e come i vanni
10.19.6 nati gli sian, rivola alla sua gente,
10.19.7 e li risveglia; e senza udirsi un grido,
10.19.8 fa entrar ne l' alto e abandonare il lido.
10.20.1 Rimase a dietro il lido e la meschina
10.20.2 Olimpia, che dormì senza destarse,
10.20.3 fin che l' Aurora la gelata brina
10.20.4 da le dorate ruote in terra sparse,
10.20.5 e s' udîr le Alcïone alla marina
10.20.6 de l' antico infortunio lamentarse.
10.20.7 Né desta né dormendo, ella la mano
10.20.8 per Bireno abbracciar stese, ma invano.
10.21.1 Nessuno truova: a sé la man ritira:
10.21.2 di nuovo tenta, e pur nessuno truova.
10.21.3 Di qua l' un braccio, e di là l' altro gira;
10.21.4 or l' una, or l' altra gamba; e nulla giova.
10.21.5 Caccia il sonno il timor: gli occhi apre, e mira:
10.21.6 non vede alcuno. Or già non scalda e cova
10.21.7 più le vedove piume, ma si getta
10.21.8 del letto e fuor del padiglione in fretta:
10.22.1 e corre al mar, graffiandosi le gote,
10.22.2 presaga e certa ormai di sua fortuna.
10.22.3 Si straccia i crini, e il petto si percuote,
10.22.4 e va guardando (che splendea la luna)
10.22.5 se veder cosa, fuor che 'l lito, puote;
10.22.6 né, fuor che 'l lito, vede cosa alcuna.
10.22.7 Bireno chiama: e al nome di Bireno
10.22.8 rispondean gli Antri che pietà n' avieno.
10.23.1 Quivi surgea nel lito estremo un sasso,
10.23.2 ch' aveano l' onde, col picchiar frequente,
10.23.3 cavo e ridutto a guisa d' arco al basso;
10.23.4 e stava sopra il mar curvo e pendente.
10.23.5 Olimpia in cima vi salì a gran passo
10.23.6 (così la facea l' animo possente),
10.23.7 e di lontano le gonfiate vele
10.23.8 vide fuggir del suo signor crudele:
10.24.1 vide lontano, o le parve vedere;
10.24.2 che l' aria chiara ancor non era molto.
10.24.3 Tutta tremante si lasciò cadere,
10.24.4 più bianca e più che nieve fredda in volto;
10.24.5 ma poi che di levarsi ebbe potere,
10.24.6 al camin de le navi il grido volto,
10.24.7 chiamò, quanto potea chiamar più forte,
10.24.8 più volte il nome del crudel consorte:
10.25.1 e dove non potea la debil voce,
10.25.2 supliva il pianto e 'l batter palma a palma.
10.25.3 -- Dove fuggi, crudel, così veloce?
10.25.4 Non ha il tuo legno la debita salma.
10.25.5 Fa che lievi me ancor: poco gli nuoce
10.25.6 che porti il corpo, poi che porta l' alma. --
10.25.7 E con le braccia e con le vesti segno
10.25.8 fa tuttavia, perché ritorni il legno.
10.26.1 Ma i venti che portavano le vele
10.26.2 per l' alto mar di quel giovene infido,
10.26.3 portavano anco i prieghi e le querele
10.26.4 de l' infelice Olimpia, e 'l pianto e 'l grido;
10.26.5 la qual tre volte, a se stessa crudele,
10.26.6 per affogarsi si spiccò dal lido:
10.26.7 pur al fin si levò da mirar l' acque,
10.26.8 e ritornò dove la notte giacque.
10.27.1 E con la faccia in giù stesa sul letto,
10.27.2 bagnandolo di pianto, dicea lui:
10.27.3 -- Iersera desti insieme a dui ricetto;
10.27.4 perché insieme al levar non siamo dui?
10.27.5 O perfido Bireno, o maladetto
10.27.6 giorno ch' al mondo generata fui!
10.27.7 Che debbo far? che poss' io far qui sola?
10.27.8 chi mi dà aiuto? ohimè, chi mi consola?
10.28.1 Uomo non veggio qui, non ci veggio opra
10.28.2 donde io possa stimar ch' uomo qui sia;
10.28.3 nave non veggio, a cui salendo sopra,
10.28.4 speri allo scampo mio ritrovar via.
10.28.5 Di disagio morrò; né che mi cuopra
10.28.6 gli occhi sarà, né chi sepolcro dia,
10.28.7 se forse in ventre lor non me lo dànno
10.28.8 i lupi, ohimè, ch' in queste selve stanno.
10.29.1 Io sto in sospetto, e già di veder parmi
10.29.2 di questi boschi orsi o leoni uscire,
10.29.3 o tigri o fiere tal, che natura armi
10.29.4 d' aguzzi denti e d' ugne da ferire.
10.29.5 Ma quai fere crudel potriano farmi,
10.29.6 fera crudel, peggio di te morire?
10.29.7 darmi una morte, so, lor parrà assai;
10.29.8 e tu di mille, ohimè, morir mi fai.
10.30.1 Ma presupongo ancor ch' or ora arrivi
10.30.2 nochier che per pietà di qui mi porti;
10.30.3 e così lupi, orsi, leoni schivi,
10.30.4 strazi, disagi et altre orribil morti:
10.30.5 mi porterà forse in Olanda, s' ivi
10.30.6 per te si guardan le fortezze e i porti?
10.30.7 mi porterà alla terra ove son nata,
10.30.8 se tu con fraude già me l' hai levata?
10.31.1 Tu m' hai lo stato mio, sotto pretesto
10.31.2 di parentado e d' amicizia, tolto.
10.31.3 Ben fosti a porvi le tue genti presto,
10.31.4 per aver il dominio a te rivolto.
10.31.5 Tornerò in Fiandra? ove ho venduto il resto
10.31.6 di che io vivea, ben che non fossi molto,
10.31.7 per sovenirti e di prigione trarte.
10.31.8 Mischina! dove andrò? non so in qual parte.
10.32.1 Debbo forse ire in Frisa, ove io potei,
10.32.2 e per te non vi vòlsi esser regina?
10.32.3 il che del padre e dei fratelli miei
10.32.4 e d' ogn' altro mio ben fu la ruina.
10.32.5 Quel c' ho fatto per te, non ti vorrei,
10.32.6 ingrato, improverar, né disciplina
10.32.7 dartene; che non men di me lo sai:
10.32.8 or ecco il guiderdon che me ne dai.
10.33.1 Deh, pur che da color che vanno in corso
10.33.2 io non sia presa, e poi venduta schiava!
10.33.3 Prima che questo, il lupo, il leon, l' orso
10.33.4 venga, e la tigre e ogn' altra fera brava,
10.33.5 di cui l' ugna mi stracci, e franga il morso;
10.33.6 e morta mi strascini alla sua cava. --
10.33.7 Così dicendo, le mani si caccia
10.33.8 ne' capei d' oro, e a chiocca a chiocca straccia.
10.34.1 Corre di nuovo in su l' estrema sabbia,
10.34.2 e ruota il capo e sparge all' aria il crine;
10.34.3 e sembra forsennata, e ch' adosso abbia
10.34.4 non un demonio sol, ma le decine;
10.34.5 o, qual Ecuba, sia conversa in rabbia,
10.34.6 vistosi morto Polidoro al fine.
10.34.7 Or si ferma s' un sasso, e guarda il mare;
10.34.8 né men d' un vero sasso, un sasso pare.
10.35.1 Ma lasciànla doler fin ch' io ritorno,
10.35.2 per voler di Ruggier dirvi pur anco,
10.35.3 che nel più intenso ardor del mezzo giorno
10.35.4 cavalca il lito, affaticato e stanco.
10.35.5 Percuote il sol nel colle e fa ritorno:
10.35.6 di sotto bolle il sabbion trito e bianco.
10.35.7 Mancava all' arme ch' avea indosso, poco
10.35.8 ad esser, come già, tutte di fuoco.
10.36.1 Mentre la sete, e de l' andar fatica
10.36.2 per l' alta sabbia, e la solinga via
10.36.3 gli facean, lungo quella spiaggia aprica,
10.36.4 noiosa e dispiacevol compagnia;
10.36.5 trovò ch' all' ombra d' una torre antica
10.36.6 che fuor de l' onde appresso il lito uscia,
10.36.7 de la corte d' Alcina eran tre donne,
10.36.8 che le conobbe ai gesti et alle gonne.
10.37.1 Corcate su tapeti allessandrini
10.37.2 godeansi il fresco rezzo in gran diletto,
10.37.3 fra molti vasi di diversi vini
10.37.4 e d' ogni buona sorte di confetto.
10.37.5 Presso alla spiaggia, coi flutti marini
10.37.6 scherzando, le aspettava un lor legnetto
10.37.7 fin che la vela empiesse agevol òra;
10.37.8 ch' un fiato pur non ne spirava allora.
10.38.1 Queste, ch' andar per la non ferma sabbia
10.38.2 vider Ruggiero al suo vïaggio dritto,
10.38.3 che sculta avea la sete in su le labbia,
10.38.4 tutto pien di sudore il viso afflitto,
10.38.5 gli cominciaro a dir che sì non abbia
10.38.6 il cor voluntaroso al camin fitto,
10.38.7 ch' alla fresca e dolce ombra non si pieghi,
10.38.8 e ristorar lo stanco corpo nieghi.
10.39.1 E di lor una s' accostò al cavallo
10.39.2 per la staffa tener, che ne scendesse;
10.39.3 l' altra con una coppa di cristallo
10.39.4 di vin spumante, più sete gli messe:
10.39.5 ma Ruggiero a quel suon non entrò in ballo;
10.39.6 perché d' ogni tardar che fatto avesse,
10.39.7 tempo di giunger dato avria ad Alcina,
10.39.8 che venìa dietro et era omai vicina.
10.40.1 Non così fin salnitro e zolfo puro,
10.40.2 tocco dal fuoco, subito s' avampa;
10.40.3 né così freme il mar quando l' oscuro
10.40.4 turbo discende e in mezzo se gli accampa:
10.40.5 come, vedendo che Ruggier sicuro
10.40.6 al suo dritto camin l' arena stampa,
10.40.7 e che le sprezza (e pur si tenean belle),
10.40.8 d' ira arse e di furor la terza d' elle.
10.41.1 -- Tu non sei né gentil né cavalliero
10.41.2 (dice gridando quanto può più forte),
10.41.3 et hai rubate l' arme; e quel destriero
10.41.4 non saria tuo per veruna altra sorte:
10.41.5 e così, come ben m' appongo al vero,
10.41.6 ti vedessi punir di degna morte;
10.41.7 che fossi fatto in quarti, arso o impiccato,
10.41.8 brutto ladron, villan, superbo, ingrato. --
10.42.1 Oltr' a queste e molt' altre ingiurïose
10.42.2 parole che gli usò la donna altiera,
10.42.3 ancor che mai Ruggier non le rispose,
10.42.4 che de sì vil tenzon poco onor spera;
10.42.5 con le sorelle tosto ella si pose
10.42.6 sul legno in mar, che al lor servigio v' era:
10.42.7 et affrettando i remi, lo seguiva,
10.42.8 vedendol tuttavia dietro alla riva.
10.43.1 Minaccia sempre, maledice e incarca;
10.43.2 che l' onte sa trovar per ogni punto.
10.43.3 Intanto a quello stretto, onde si varca
10.43.4 alla fata più bella, è Ruggier giunto;
10.43.5 dove un vecchio nochiero una sua barca
10.43.6 scioglier da l' altra ripa vede, a punto
10.43.7 come, avisato e già provisto, quivi
10.43.8 si stia aspettando che Ruggiero arrivi.
10.44.1 Scioglie il nochier, come venir lo vede,
10.44.2 di trasportarlo a miglior ripa lieto;
10.44.3 che, se la faccia può del cor dar fede,
10.44.4 tutto benigno e tutto era discreto.
10.44.5 Pose Ruggier sopra il navilio il piede,
10.44.6 Dio ringraziando; e per lo mar quïeto
10.44.7 ragionando venìa col galeotto,
10.44.8 saggio e di lunga esperïenzia dotto.
10.45.1 Quel lodava Ruggier, che sì se avesse
10.45.2 saputo a tempo tor da Alcina, e inanti
10.45.3 che 'l calice incantato ella gli desse,
10.45.4 ch' avea al fin dato a tutti gli altri amanti;
10.45.5 e poi, che a Logistilla si traesse,
10.45.6 dove veder potria costumi santi,
10.45.7 bellezza eterna et infinita grazia
10.45.8 che 'l cor notrisce e pasce, e mai non sazia.
10.46.1 -- Costei (dicea) stupore e riverenza
10.46.2 induce all' alma, ove si scuopre prima.
10.46.3 Contempla meglio poi l' alta presenza:
10.46.4 ogn' altro ben ti par di poca stima.
10.46.5 Il suo amore ha dagli altri differenza:
10.46.6 speme o timor negli altri il cor ti lima;
10.46.7 in questo il desiderio più non chiede,
10.46.8 e contento riman come la vede.
10.47.1 Ella t' insegnerà studii più grati,
10.47.2 che suoni, danze, odori, bagni e cibi;
10.47.3 ma come i pensier tuoi meglio formati
10.47.4 poggin più ad alto che per l' aria i nibi,
10.47.5 e come de la gloria de' beati
10.47.6 nel mortal corpo parte si delibi. --
10.47.7 Così parlando il marinar veniva,
10.47.8 lontano ancora alla sicura riva;
10.48.1 quando vide scoprire alla marina
10.48.2 molti navili, e tutti alla sua volta.
10.48.3 Con quei ne vien l' ingiurïata Alcina;
10.48.4 e molta di sua gente have raccolta
10.48.5 per por lo stato e se stessa in ruina,
10.48.6 o racquistar la cara cosa tolta.
10.48.7 E bene è amor di ciò cagion non lieve,
10.48.8 ma l' ingiuria non men che ne riceve.
10.49.1 Ella non ebbe sdegno, da che nacque,
10.49.2 di questo il maggior mai, ch' ora la rode;
10.49.3 onde fa i remi sì affrettar per l' acque,
10.49.4 che la spuma ne sparge ambe le prode.
10.49.5 Al gran rumor né mar né ripa tacque,
10.49.6 et Ecco risonar per tutto s' ode.
10.49.7 -- Scuopre, Ruggier, lo scudo, che bisogna;
10.49.8 se non, sei morto, o preso con vergogna. --
10.50.1 Così disse il nocchier di Logistilla;
10.50.2 et oltre il detto, egli medesmo prese
10.50.3 la tasca e da lo scudo dipartilla,
10.50.4 e fe' il lume di quel chiaro e palese.
10.50.5 L' incantato splendor che ne sfavilla,
10.50.6 gli occhi degli aversari così offese,
10.50.7 che li fe' restar ciechi allora allora,
10.50.8 e cader chi da poppa e chi da prora.
10.51.1 Un ch' era alla veletta in su la ròcca,
10.51.2 de l' armata d' Alcina si fu accorto;
10.51.3 e la campana martellando tocca,
10.51.4 onde il soccorso vien subito al porto.
10.51.5 L' artegliaria, come tempesta, fiocca
10.51.6 contra chi vuole al buon Ruggier far torto:
10.51.7 sì che gli venne d' ogni parte aita,
10.51.8 tal che salvò la libertà e la vita.
10.52.1 Giunte son quattro donne in su la spiaggia,
10.52.2 che subito ha mandate Logistilla:
10.52.3 la valorosa Andronica e la saggia
10.52.4 Fronesia e l' onestissima Dicilla
10.52.5 e Sofrosina casta, che, come aggia
10.52.6 quivi a far più che l' altre, arde e sfavilla.
10.52.7 L' esercito ch' al mondo è senza pare,
10.52.8 del castello esce, e si distende al mare.
10.53.1 Sotto il castel ne la tranquilla foce
10.53.2 di molti e grossi legni era una armata,
10.53.3 ad un botto di squilla, ad una voce
10.53.4 giorno e notte a battaglia apparecchiata.
10.53.5 E così fu la pugna aspra et atroce,
10.53.6 e per acqua e per terra, incominciata;
10.53.7 per cui fu il regno sottosopra volto,
10.53.8 ch' avea già Alcina alla sorella tolto.
10.54.1 Oh di quante battaglie il fin successe
10.54.2 diverso a quel che si credette inante!
10.54.3 Non sol ch' Alcina alor non rïavesse,
10.54.4 come stimossi, il fugitivo amante;
10.54.5 ma de le navi che pur dianzi spesse
10.54.6 fur sì, ch' a pena il mar ne capia tante,
10.54.7 fuor de la fiamma che tutt' altre avampa,
10.54.8 con un legnetto sol misera scampa.
10.55.1 Fuggesi Alcina, e sua misera gente
10.55.2 arsa e presa riman, rotta e sommersa.
10.55.3 D' aver Ruggier perduto ella si sente
10.55.4 via più doler che d' altra cosa aversa:
10.55.5 notte e dì per lui geme amaramente,
10.55.6 e lacrime per lui dagli occhi versa;
10.55.7 e per dar fine a tanto aspro martìre,
10.55.8 spesso si duol di non poter morire.
10.56.1 Morir non puote alcuna fata mai,
10.56.2 fin che 'l sol gira, o il ciel non muta stilo.
10.56.3 Se ciò non fosse, era il dolore assai
10.56.4 per muover Cloto ad inasparle il filo;
10.56.5 o, qual Didon, finia col ferro i guai;
10.56.6 o la regina splendida del Nilo
10.56.7 avria imitata con mortifer sonno:
10.56.8 ma le fate morir sempre non ponno.
10.57.1 Torniamo a quel di eterna gloria degno
10.57.2 Ruggiero; e Alcina stia ne la sua pena.
10.57.3 Dico di lui, che poi che fuor del legno
10.57.4 si fu condutto in più sicura arena,
10.57.5 Dio ringraziando che tutto il disegno
10.57.6 gli era successo, al mar voltò la schena;
10.57.7 et affrettando per l' asciutto il piede,
10.57.8 alla ròcca ne va che quivi siede.
10.58.1 Né la più forte ancor né la più bella
10.58.2 mai vide occhio mortal prima né dopo.
10.58.3 Son di più prezzo le mura di quella,
10.58.4 che se diamante fossino o piropo.
10.58.5 Di tai gemme qua giù non si favella:
10.58.6 et a chi vuol notizia averne, è d' uopo
10.58.7 che vada quivi; che non credo altrove,
10.58.8 se non forse su in ciel, se ne ritruove.
10.59.1 Quel che più fa che lor si inchina e cede
10.59.2 ogn' altra gemma, è che, mirando in esse,
10.59.3 l' uom sin in mezzo all' anima si vede;
10.59.4 vede suoi vizii e sue virtudi espresse,
10.59.5 sì che a lusinghe poi di sé non crede,
10.59.6 né a chi dar biasmo a torto gli volesse:
10.59.7 fassi, mirando allo specchio lucente
10.59.8 se stesso, conoscendosi, prudente.
10.60.1 Il chiaro lume lor, ch' imita il sole,
10.60.2 manda splendore in tanta copia intorno,
10.60.3 che chi l' ha, ovunque sia, sempre che vuole,
10.60.4 Febo, mal grado tuo, si può far giorno.
10.60.5 Né mirabil vi son le pietre sole;
10.60.6 ma la materia e l' artificio adorno
10.60.7 contendon sì, che mal giudicar puossi
10.60.8 qual de le due eccellenze maggior fossi.
10.61.1 Sopra gli altissimi archi, che puntelli
10.61.2 parean che del ciel fossino a vederli,
10.61.3 eran giardin sì spazïosi e belli,
10.61.4 che saria al piano anco fatica averli.
10.61.5 Verdeggiar gli odoriferi arbuscelli
10.61.6 si puon veder fra i luminosi merli,
10.61.7 ch' adorni son l' estate e il verno tutti
10.61.8 di vaghi fiori e di maturi frutti.
10.62.1 Di così nobili arbori non suole
10.62.2 prodursi fuor di questi bei giardini,
10.62.3 né di tai rose o di simil vïole,
10.62.4 di gigli, di amaranti o di gesmini.
10.62.5 Altrove appar come a un medesmo sole
10.62.6 e nasca, e viva, e morto il capo inchini,
10.62.7 e come lasci vedovo il suo stelo
10.62.8 il fior suggetto al varïar del cielo:
10.63.1 ma quivi era perpetua la verdura,
10.63.2 perpetua la beltà de' fiori eterni:
10.63.3 non che benignità de la Natura
10.63.4 sì temperatamente li governi;
10.63.5 ma Logistilla con suo studio e cura,
10.63.6 senza bisogno de' moti superni
10.63.7 (quel che agli altri impossibile parea),
10.63.8 sua primavera ognor ferma tenea.
10.64.1 Logistilla mostrò molto aver grato
10.64.2 ch' a lei venisse un sì gentil signore;
10.64.3 e comandò che fosse accarezzato,
10.64.4 e che studiasse ognun di fargli onore.
10.64.5 Gran pezzo inanzi Astolfo era arrivato,
10.64.6 che visto da Ruggier fu di buon core.
10.64.7 Fra pochi giorni venner gli altri tutti,
10.64.8 ch' a l' esser lor Melissa avea ridutti.
10.65.1 Poi che si fur posati un giorno e dui,
10.65.2 venne Ruggiero alla fata prudente
10.65.3 col duca Astolfo, che non men di lui
10.65.4 avea desir di riveder Ponente.
10.65.5 Melissa le parlò per amendui;
10.65.6 e supplica la fata umilemente,
10.65.7 che li consigli, favorisca e aiuti,
10.65.8 sì che ritornin donde eran venuti.
10.66.1 Disse la fata: -- Io ci porrò il pensiero,
10.66.2 e fra dui dì te li darò espediti. --
10.66.3 Discorre poi tra sé, come Ruggiero,
10.66.4 e dopo lui, come quel duca aiti:
10.66.5 conchiude infin che 'l volator destriero
10.66.6 ritorni il primo agli aquitani liti;
10.66.7 ma prima vuol che se gli faccia un morso,
10.66.8 con che lo volga, e gli raffreni il corso.
10.67.1 Gli mostra come egli abbia a far, se vuole
10.67.2 che poggi in alto, e come a far che cali;
10.67.3 e come, se vorrà che in giro vole,
10.67.4 o vada ratto, o che si stia su l' ali:
10.67.5 e quali effetti il cavallier far suole
10.67.6 di buon destriero in piana terra, tali
10.67.7 facea Ruggier che mastro ne divenne,
10.67.8 per l' aria, del destrier ch' avea le penne.
10.68.1 Poi che Ruggier fu d' ogni cosa in punto,
10.68.2 da la fata gentil comiato prese,
10.68.3 alla qual restò poi sempre congiunto
10.68.4 di grande amore; e uscì di quel paese.
10.68.5 Prima di lui che se n' andò in buon punto,
10.68.6 e poi dirò come il guerriero inglese
10.68.7 tornasse con più tempo e più fatica
10.68.8 al magno Carlo et alla corte amica.
10.69.1 Quindi partì Ruggier, ma non rivenne
10.69.2 per quella via che fe' già suo mal grado,
10.69.3 allor che sempre l' ippogrifo il tenne
10.69.4 sopra il mare, e terren vide di rado:
10.69.5 ma potendogli or far batter le penne
10.69.6 di qua di là, dove più gli era a grado,
10.69.7 vòlse al ritorno far nuovo sentiero,
10.69.8 come, schivando Erode, i Magi fêro.
10.70.1 Al venir quivi, era, lasciando Spagna,
10.70.2 venuto India a trovar per dritta riga,
10.70.3 là dove il mare orïental la bagna;
10.70.4 dove una fata avea con l' altra briga.
10.70.5 Or veder si dispose altra campagna,
10.70.6 che quella dove i venti Eolo instiga,
10.70.7 e finir tutto il cominciato tondo,
10.70.8 per aver, come il sol, girato il mondo.
10.71.1 Quinci il Cataio, e quindi Mangïana
10.71.2 sopra il gran Quinsaì vide passando:
10.71.3 volò sopra l' Imavo, e Sericana
10.71.4 lasciò a man destra; e sempre declinando
10.71.5 da l' iperborei Sciti a l' onda ircana,
10.71.6 giunse alle parti di Sarmazia: e quando
10.71.7 fu dove Asia da Europa si divide,
10.71.8 Russi e Pruteni e la Pomeria vide.
10.72.1 Ben che di Ruggier fosse ogni desire
10.72.2 di ritornare a Bradamante presto;
10.72.3 pur, gustato il piacer ch' avea di gire
10.72.4 cercando il mondo, non restò per questo,
10.72.5 ch' alli Pollacchi, agli Ungari venire
10.72.6 non volesse anco, alli Germani, e al resto
10.72.7 di quella boreale orrida terra:
10.72.8 e venne al fin ne l' ultima Inghilterra.
10.73.1 Non crediate, Signor, che però stia
10.73.2 per sì lungo camin sempre su l' ale:
10.73.3 ogni sera all' albergo se ne gìa,
10.73.4 schivando a suo poter d' alloggiar male.
10.73.5 E spese giorni e mesi in questa via,
10.73.6 sì di veder la terra e il mar gli cale.
10.73.7 Or presso a Londra giunto una matina,
10.73.8 sopra Tamigi il volator declina.
10.74.1 Dove ne' prati alla città vicini
10.74.2 vide adunati uomini d' arme e fanti,
10.74.3 ch' a suon di trombe e a suon di tamburini
10.74.4 venian, partiti a belle schiere, avanti
10.74.5 il buon Rinaldo, onor de' paladini;
10.74.6 del qual, se vi ricorda, io dissi inanti,
10.74.7 che mandato da Carlo, era venuto
10.74.8 in queste parti a ricercare aiuto.
10.75.1 Giunse a punto Ruggier, che si facea
10.75.2 la bella mostra fuor di quella terra;
10.75.3 e per sapere il tutto, ne chiedea
10.75.4 un cavallier, ma scese prima in terra:
10.75.5 e quel, ch' affabil era, gli dicea
10.75.6 che di Scozia e d' Irlanda e d' Inghilterra
10.75.7 e de l' isole intorno eran le schiere
10.75.8 che quivi alzate avean tante bandiere:
10.76.1 e finita la mostra che faceano,
10.76.2 alla marina se distenderanno,
10.76.3 dove aspettati per solcar l' Oceano
10.76.4 son dai navili che nel porto stanno.
10.76.5 I Franceschi assediati si ricreano,
10.76.6 sperando in questi che a salvar li vanno.
10.76.7 -- Ma acciò tu te n' informi pienamente,
10.76.8 io ti distinguerò tutta la gente.
10.77.1 Tu vedi ben quella bandiera grande,
10.77.2 ch' insieme pon la fiordaligi e i pardi:
10.77.3 quella il gran capitano all' aria spande,
10.77.4 e quella han da seguir gli altri stendardi.
10.77.5 Il suo nome, famoso in queste bande,
10.77.6 è Leonetto, il fior de li gagliardi,
10.77.7 di consiglio e d' ardire in guerra mastro,
10.77.8 del re nipote, e duca di Lincastro.
10.78.1 La prima, appresso il gonfalon reale,
10.78.2 che 'l vento tremolar fa verso il monte,
10.78.3 e tien nel campo verde tre bianche ale,
10.78.4 porta Ricardo, di Varvecia conte.
10.78.5 Del duca di Glocestra è quel segnale,
10.78.6 c' ha duo corna di cervio e mezza fronte.
10.78.7 Del duca di Chiarenza è quella face;
10.78.8 quel arbore è del duca d' Eborace.
10.79.1 Vedi in tre pezzi una spezzata lancia:
10.79.2 gli è 'l gonfalon del duca di Nortfozia.
10.79.3 La fulgure è del buon conte di Cancia;
10.79.4 il grifone è del conte di Pembrozia.
10.79.5 Il duca di Sufolcia ha la bilancia.
10.79.6 Vedi quel giogo che due serpi assozia:
10.79.7 è del conte d' Esenia; e la ghirlanda
10.79.8 in campo azzurro ha quel di Norbelanda.
10.80.1 Il conte d' Arindelia è quel c' ha messo
10.80.2 in mar quella barchetta che s' affonda.
10.80.3 Vedi il marchese di Barclei; e appresso
10.80.4 di Marchia il conte e il conte di Ritmonda:
10.80.5 il primo porta in bianco un monte fesso,
10.80.6 l' altro la palma, il terzo un pin ne l' onda.
10.80.7 Quel di Dorsezia è conte, e quel d' Antona,
10.80.8 che l' uno ha il carro, e l' altro la corona.
10.81.1 Il falcon che sul nido i vanni inchina,
10.81.2 porta Raimondo, il conte di Devonia.
10.81.3 Il giallo e negro ha quel di Vigorina;
10.81.4 il can quel d' Erbia; un orso quel d' Osonia.
10.81.5 La croce che là vedi cristallina,
10.81.6 è del ricco prelato di Battonia.
10.81.7 Vedi nel bigio una spezzata sedia:
10.81.8 è del duca Ariman di Sormosedia.
10.82.1 Gli uomini d' arme e gli arcieri a cavallo
10.82.2 di quarantaduo mila numer fanno.
10.82.3 Sono duo tanti, o di cento non fallo,
10.82.4 quelli ch' a piè ne la battaglia vanno.
10.82.5 Mira quei segni, un bigio, un verde, un giallo,
10.82.6 e di nero e d' azzur listato un panno:
10.82.7 Gofredo, Enrigo, Ermante et Odoardo
10.82.8 guidan pedoni, ognun col suo stendardo.
10.83.1 Duca di Bocchingamia è quel dinante;
10.83.2 Enrigo ha la contea di Sarisberia;
10.83.3 signoreggia Burgenia il vecchio Ermante;
10.83.4 quello Odoardo è conte di Croisberia.
10.83.5 Questi alloggiati più verso levante
10.83.6 sono gl' Inglesi. Or volgeti all' Esperia,
10.83.7 dove si veggion trenta mila Scotti,
10.83.8 da Zerbin, figlio del lor re, condotti.
10.84.1 Vedi tra duo unicorni il gran leone,
10.84.2 che la spada d' argento ha ne la zampa:
10.84.3 quell' è del re di Scozia il gonfalone;
10.84.4 il suo figliol Zerbino ivi s' accampa.
10.84.5 Non è un sì bello in tante altre persone:
10.84.6 Natura il fece, e poi roppe la stampa.
10.84.7 Non è in cui tal virtù, tal grazia luca,
10.84.8 o tal possanza: et è di Roscia duca.
10.85.1 Porta in azzurro una dorata sbarra
10.85.2 il conte d' Ottonlei ne lo stendardo.
10.85.3 L' altra bandiera è del duca di Marra,
10.85.4 che nel travaglio porta il leopardo.
10.85.5 Di più colori e di più augei bizzarra
10.85.6 mira l' insegna d' Alcabrun gagliardo,
10.85.7 che non è duca, conte, né marchese,
10.85.8 ma primo nel salvatico paese.
10.86.1 Del duca di Trasfordia è quella insegna,
10.86.2 dove è l' augel ch' al sol tien gli occhi franchi.
10.86.3 Lurcanio conte, ch' in Angoscia regna,
10.86.4 porta quel tauro, c' ha duo veltri ai fianchi.
10.86.5 Vedi là il duca d' Albania, che segna
10.86.6 il campo di colori azzurri e bianchi.
10.86.7 Quel avoltor, ch' un drago verde lania,
10.86.8 è l' insegna del conte di Boccania.
10.87.1 Signoreggia Forbesse il forte Armano,
10.87.2 che di bianco e di nero ha la bandiera;
10.87.3 et ha il conte d' Erelia a destra mano,
10.87.4 che porta in campo verde una lumiera.
10.87.5 Or guarda gl' Ibernesi appresso il piano:
10.87.6 sono duo squadre; e il conte di Childera
10.87.7 mena la prima, e il conte di Desmonda
10.87.8 da fieri monti ha tratta la seconda.
10.88.1 Ne lo stendardo il primo ha un pino ardente;
10.88.2 l' altro nel bianco una vermiglia banda.
10.88.3 Non dà soccorso a Carlo solamente
10.88.4 la terra inglese e la Scozia e l' Irlanda;
10.88.5 ma vien di Svezia e di Norvegia gente,
10.88.6 da Tile, e fin da la remota Islanda:
10.88.7 da ogni terra, insomma, che là giace,
10.88.8 nimica naturalmente di pace.
10.89.1 Sedici mila sono, o poco manco,
10.89.2 de le spelonche usciti e de le selve;
10.89.3 hanno piloso il viso, il petto, il fianco,
10.89.4 e dossi e braccia e gambe, come belve.
10.89.5 Intorno allo stendardo tutto bianco
10.89.6 par che quel pian di lor lance s' inselve:
10.89.7 così Moratto il porta, il capo loro,
10.89.8 per dipingerlo poi di sangue Moro. --
10.90.1 Mentre Ruggier di quella gente bella,
10.90.2 che per soccorrer Francia si prepara,
10.90.3 mira le varie insegne, e ne favella,
10.90.4 e dei signor britanni i nomi impara;
10.90.5 uno et un altro a lui, per mirar quella
10.90.6 bestia sopra cui siede, unica o rara,
10.90.7 maraviglioso corre e stupefatto;
10.90.8 e tosto il cerchio intorno gli fu fatto.
10.91.1 Sì che per dare ancor più maraviglia,
10.91.2 e per pigliarne il buon Ruggier più gioco,
10.91.3 al volante corsier scuote la briglia,
10.91.4 e con gli sproni ai fianchi il tocca un poco:
10.91.5 quel verso il ciel per l' aria il camin piglia,
10.91.6 e lascia ognuno attonito in quel loco.
10.91.7 Quindi Ruggier, poi che di banda in banda
10.91.8 vide gl' Inglesi, andò verso l' Irlanda.
10.92.1 E vide Ibernia fabulosa, dove
10.92.2 il santo vecchiarel fece la cava,
10.92.3 in che tanta mercé par che si truove,
10.92.4 che l' uom vi purga ogni sua colpa prava.
10.92.5 Quindi poi sopra il mare il destrier muove
10.92.6 là dove la minor Bretagna lava:
10.92.7 e nel passar vide, mirando a basso,
10.92.8 Angelica legata al nudo sasso.
10.93.1 Al nudo sasso, all' Isola del pianto;
10.93.2 che l' Isola del pianto era nomata
10.93.3 quella che da crudele e fiera tanto
10.93.4 et inumana gente era abitata,
10.93.5 che (come io vi dicea sopra nel canto)
10.93.6 per varii liti sparsa iva in armata
10.93.7 tutte le belle donne depredando,
10.93.8 per farne a un mostro poi cibo nefando.
10.94.1 Vi fu legata pur quella matina,
10.94.2 dove venìa per trangugiarla viva
10.94.3 quel smisurato mostro, orca marina,
10.94.4 che di aborrevole esca si nutriva.
10.94.5 Dissi di sopra, come fu rapina
10.94.6 di quei che la trovaro in su la riva
10.94.7 dormire al vecchio incantatore a canto,
10.94.8 ch' ivi l' avea tirata per incanto.
10.95.1 La fiera gente inospitale e cruda
10.95.2 alla bestia crudel nel lito espose
10.95.3 la bellissima donna, così ignuda
10.95.4 come Natura prima la compose.
10.95.5 Un velo non ha pure, in che richiuda
10.95.6 i bianchi gigli e le vermiglie rose,
10.95.7 da non cader per luglio o per dicembre,
10.95.8 di che son sparse le polite membre.
10.96.1 Creduto avria che fosse statua finta
10.96.2 o d' alabastro o d' altri marmi illustri
10.96.3 Ruggiero, e su lo scoglio così avinta
10.96.4 per artificio di scultori industri;
10.96.5 se non vedea la lacrima distinta
10.96.6 tra fresche rose e candidi ligustri
10.96.7 far rugiadose le crudette pome,
10.96.8 e l' aura sventolar l' aurate chiome.
10.97.1 E come ne' begli occhi gli occhi affisse,
10.97.2 de la sua Bradamante gli sovenne.
10.97.3 Pietade e amore a un tempo lo traffisse,
10.97.4 e di piangere a pena si ritenne;
10.97.5 e dolcemente alla donzella disse,
10.97.6 poi che del suo destrier frenò le penne:
10.97.7 -- O donna, degna sol de la catena
10.97.8 con chi i suoi servi Amor legati mena,
10.98.1 e ben di questo e d' ogni male indegna,
10.98.2 chi è quel crudel che con voler perverso
10.98.3 d' importuno livor stringendo segna
10.98.4 di queste belle man l' avorio terso? --
10.98.5 Forza è ch' a quel parlare ella divegna
10.98.6 quale è di grana un bianco avorio asperso,
10.98.7 di sé vedendo quelle parte ignude,
10.98.8 ch' ancor che belle sian, vergogna chiude.
10.99.1 E coperto con man s' avrebbe il volto,
10.99.2 se non eran legate al duro sasso;
10.99.3 ma del pianto, ch' almen non l' era tolto,
10.99.4 lo sparse, e si sforzò di tener basso.
10.99.5 E dopo alcun' signozzi il parlar sciolto,
10.99.6 incominciò con fioco suono e lasso:
10.99.7 ma non seguì; che dentro il fe' restare
10.99.8 il gran rumor che si sentì nel mare.
10.100.1 Ecco apparir lo smisurato mostro
10.100.2 mezzo ascoso ne l' onda e mezzo sorto.
10.100.3 Come sospinto suol da borea o d' ostro
10.100.4 venir lungo navilio a pigliar porto,
10.100.5 così ne viene al cibo che l' è mostro
10.100.6 la bestia orrenda; e l' intervallo è corto.
10.100.7 La donna è mezza morta di paura;
10.100.8 né per conforto altrui si rassicura.
10.101.1 Tenea Ruggier la lancia non in resta,
10.101.2 ma sopra mano, e percoteva l' orca.
10.101.3 Altro non so che s' assimigli a questa,
10.101.4 ch' una gran massa che s' aggiri e torca;
10.101.5 né forma ha d' animal, se non la testa,
10.101.6 c' ha gli occhi e i denti fuor, come di porca.
10.101.7 Ruggier in fronte la ferìa tra gli occhi;
10.101.8 ma par che un ferro o un duro sasso tocchi.
10.102.1 Poi che la prima botta poco vale,
10.102.2 ritorna per far meglio la seconda.
10.102.3 L' orca, che vede sotto le grandi ale
10.102.4 l' ombra di qua e di là correr su l' onda,
10.102.5 lascia la preda certa litorale,
10.102.6 e quella vana segue furibonda:
10.102.7 dietro quella si volve e si raggira.
10.102.8 Ruggier giù cala, e spessi colpi tira.
10.103.1 Come d' alto venendo aquila suole,
10.103.2 ch' errar fra l' erbe visto abbia la biscia,
10.103.3 o che stia sopra un nudo sasso al sole,
10.103.4 dove le spoglie d' oro abbella e liscia;
10.103.5 non assalir da quel lato la vuole
10.103.6 onde la velenosa e soffia e striscia,
10.103.7 ma da tergo la adugna, e batte i vanni,
10.103.8 acciò non se le volga e non la azzanni:
10.104.1 così Ruggier con l' asta e con la spada,
10.104.2 non dove era de' denti armato il muso,
10.104.3 ma vuol che 'l colpo tra l' orecchie cada,
10.104.4 or su le schene, or ne la coda giuso.
10.104.5 Se la fera si volta, ei muta strada,
10.104.6 et a tempo giù cala, e poggia in suso:
10.104.7 ma come sempre giunga in un dïaspro,
10.104.8 non può tagliar lo scoglio duro et aspro.
10.105.1 Simil battaglia fa la mosca audace
10.105.2 contra il mastin nel polveroso agosto,
10.105.3 o nel mese dinanzi o nel seguace,
10.105.4 l' uno di spiche e l' altro pien di mosto:
10.105.5 negli occhi il punge e nel grifo mordace,
10.105.6 volagli intorno e gli sta sempre accosto;
10.105.7 e quel suonar fa spesso il dente asciutto:
10.105.8 ma un tratto che gli arrivi, appaga il tutto.
10.106.1 Sì forte ella nel mar batte la coda,
10.106.2 che fa vicino al ciel l' acqua inalzare;
10.106.3 tal che non sa se l' ale in aria snoda,
10.106.4 o pur se 'l suo destrier nuota nel mare.
10.106.5 Gli è spesso che disia trovarsi a proda;
10.106.6 che se lo sprazzo in tal modo ha a durare,
10.106.7 teme sì l' ale inaffi all' ippogrifo,
10.106.8 che brami invano avere o zucca o schifo.
10.107.1 Prese nuovo consiglio, e fu il migliore,
10.107.2 di vincer con altre arme il mostro crudo:
10.107.3 abbarbagliar lo vuol con lo splendore
10.107.4 ch' era incantato nel coperto scudo.
10.107.5 Vola nel lito; e per non fare errore,
10.107.6 alla donna legata al sasso nudo
10.107.7 lascia nel minor dito de la mano
10.107.8 l' annel, che potea far l' incanto vano:
10.108.1 dico l' annel che Bradamante avea,
10.108.2 per liberar Ruggier, tolto a Brunello,
10.108.3 poi per trarlo di man d' Alcina rea,
10.108.4 mandato in India per Melissa a quello.
10.108.5 Melissa (come dianzi io vi dicea)
10.108.6 in ben di molti adoperò l' annello;
10.108.7 indi l' avea a Ruggier restituito,
10.108.8 dal qual poi sempre fu portato in dito.
10.109.1 Lo dà ad Angelica ora, perché teme
10.109.2 che del suo scudo il fulgurar non viete,
10.109.3 e perché a lei ne sien difesi insieme
10.109.4 gli occhi che già l' avean preso alla rete.
10.109.5 Or viene al lito, e sotto il ventre preme
10.109.6 ben mezzo il mar la smisurata cete.
10.109.7 Sta Ruggiero alla posta, e lieva il velo;
10.109.8 e par ch' aggiunga un altro sole al cielo.
10.110.1 Ferì negli occhi l' incantato lume
10.110.2 di quella fera, e fece al modo usato.
10.110.3 Quale o trota o scaglion va giù pel fiume
10.110.4 c' ha con calcina il montanar turbato,
10.110.5 tal si vedea ne le marine schiume
10.110.6 il mostro orribilmente riversciato.
10.110.7 Di qua di là Ruggier percuote assai,
10.110.8 ma di ferirlo via non truova mai.
10.111.1 La bella donna tuttavolta priega
10.111.2 ch' invan la dura squama oltre non pesti.
10.111.3 -- Torna, per Dio, signor: prima mi slega
10.111.4 (dicea piangendo), che l' orca si desti:
10.111.5 portami teco e in mezzo il mar mi anniega:
10.111.6 non far ch' in ventre al brutto pesce io resti. --
10.111.7 Ruggier, commosso dunque al giusto grido,
10.111.8 slegò la donna, e la levò dal lido.
10.112.1 Il destrier punto, ponta i piè all' arena
10.112.2 e sbalza in aria e per lo ciel galoppa;
10.112.3 e porta il cavalliero in su la schena,
10.112.4 e la donzella dietro in su la groppa.
10.112.5 Così privò la fera de la cena
10.112.6 per lei soave e delicata troppa.
10.112.7 Ruggier si va volgendo, e mille baci
10.112.8 figge nel petto e negli occhi vivaci.
10.113.1 Non più tenne la via, come propose
10.113.2 prima, di circundar tutta la Spagna;
10.113.3 ma nel propinquo lito il destrier pose,
10.113.4 dove entra in mar più la minor Bretagna.
10.113.5 Sul lito un bosco era di querce ombrose,
10.113.6 dove ognor par che Filomena piagna;
10.113.7 ch' in mezzo avea un pratel con una fonte,
10.113.8 e quinci e quindi un solitario monte.
10.114.1 Quivi il bramoso cavallier ritenne
10.114.2 l' audace corso, e nel pratel discese;
10.114.3 e fe' raccorre al suo destrier le penne,
10.114.4 ma non a tal che più le avea distese.
10.114.5 Del destrier sceso, a pena si ritenne
10.114.6 di salir altri; ma tennel l' arnese:
10.114.7 l' arnese il tenne, che bisognò trarre,
10.114.8 e contra il suo disir messe le sbarre.
10.115.1 Frettoloso, or da questo or da quel canto
10.115.2 confusamente l' arme si levava.
10.115.3 Non gli parve altra volta mai star tanto;
10.115.4 che s' un laccio sciogliea, dui n' annodava.
10.115.5 Ma troppo è lungo ormai, Signor, il canto,
10.115.6 e forse ch' anco l' ascoltar vi grava:
10.115.7 sì ch' io differirò l' istoria mia
10.115.8 in altro tempo che più grata sia.
CANTO XI
11.1.1 Quantunque debil freno a mezzo il corso
11.1.2 animoso destrier spesso raccolga,
11.1.3 raro è però che di ragione il morso
11.1.4 libidinosa furia a dietro volga,
11.1.5 quando il piacere ha in pronto; a guisa d' orso
11.1.6 che dal mel non sì tosto si distolga,
11.1.7 poi che gli n' è venuto odore al naso,
11.1.8 o qualche stilla ne gustò sul vaso.
11.2.1 Qual raggion fia che 'l buon Ruggier raffrene,
11.2.2 sì che non voglia ora pigliar diletto
11.2.3 d' Angelica gentil che nuda tiene
11.2.4 nel solitario e commodo boschetto?
11.2.5 Di Bradamante più non gli soviene,
11.2.6 che tanto aver solea fissa nel petto:
11.2.7 e se gli ne sovien pur come prima,
11.2.8 pazzo è se questa ancor non prezza e stima;
11.3.1 con la qual non saria stato quel crudo
11.3.2 Zenocrate di lui più continente.
11.3.3 Gittato avea Ruggier l' asta e lo scudo,
11.3.4 e si traea l' altre arme impazïente;
11.3.5 quando abbassando pel bel corpo ignudo
11.3.6 la donna gli occhi vergognosamente,
11.3.7 si vide in dito il prezïoso annello
11.3.8 che già le tolse ad Albracca Brunello.
11.4.1 Questo è l' annel ch' ella portò già in Francia
11.4.2 la prima volta che fe' quel camino
11.4.3 col fratel suo, che v' arrecò la lancia,
11.4.4 la qual fu poi d' Astolfo paladino.
11.4.5 Con questo fe' gl' incanti uscire in ciancia
11.4.6 di Malagigi al petron di Merlino;
11.4.7 con questo Orlando et altri una matina
11.4.8 tolse di servitù di Dragontina;
11.5.1 con questo uscì invisibil de la torre
11.5.2 dove l' avea richiusa un vecchio rio.
11.5.3 A che voglio io tutte sue prove accôrre,
11.5.4 se le sapete voi così come io?
11.5.5 Brunel sin nel giron lel venne a tôrre;
11.5.6 ch' Agramante d' averlo ebbe disio.
11.5.7 Da indi in qua sempre Fortuna a sdegno
11.5.8 ebbe costei, fin che le tolse il regno.
11.6.1 Or che sel vede, come ho detto, in mano,
11.6.2 sì di stupore e d' allegrezza è piena,
11.6.3 che quasi dubbia di sognarsi invano,
11.6.4 agli occhi, alla man sua dà fede a pena.
11.6.5 Del dito se lo leva, e a mano a mano
11.6.6 sel chiude in bocca: e in men che non balena,
11.6.7 così dagli occhi di Ruggier si cela,
11.6.8 come fa il sol quando la nube il vela.
11.7.1 Ruggier pur d' ogn' intorno riguardava,
11.7.2 e s' aggirava a cerco come un matto;
11.7.3 ma poi che de l' annel si ricordava,
11.7.4 scornato vi rimase e stupefatto:
11.7.5 e la sua inavvertenza bestemiava,
11.7.6 e la donna accusava di quello atto
11.7.7 ingrato e discortese, che renduto
11.7.8 in ricompensa gli era del suo aiuto.
11.8.1 -- Ingrata damigella, è questo quello
11.8.2 guiderdone (dicea), che tu mi rendi?
11.8.3 che più tosto involar vogli l' annello,
11.8.4 ch' averlo in don. Perché da me nol prendi?
11.8.5 Non pur quel, ma lo scudo e il destrier snello
11.8.6 e me ti dono, e come vuoi mi spendi;
11.8.7 sol che 'l bel viso tuo non mi nascondi.
11.8.8 Io so, crudel, che m' odi, e non rispondi. --
11.9.1 Così dicendo, intorno alla fontana
11.9.2 brancolando n' andava come cieco.
11.9.3 Oh quante volte abbracciò l' aria vana,
11.9.4 sperando la donzella abbracciar seco!
11.9.5 Quella, che s' era già fatta lontana,
11.9.6 mai non cessò d' andar, che giunse a un speco
11.9.7 che sotto un monte era capace e grande,
11.9.8 dove al bisogno suo trovò vivande.
11.10.1 Quivi un vecchio pastor, che di cavalle
11.10.2 un grande armento avea, facea soggiorno.
11.10.3 Le iumente pascean giù per la valle
11.10.4 le tenere erbe ai freschi rivi intorno.
11.10.5 Di qua di là da l' antro erano stalle,
11.10.6 dove fuggìano il sol del mezzo giorno.
11.10.7 Angelica quel dì lunga dimora
11.10.8 là dentro fece, e non fu vista ancora.
11.11.1 E circa il vespro, poi che rifrescossi,
11.11.2 e le fu aviso esser posata assai,
11.11.3 in certi drappi rozzi aviluppossi,
11.11.4 dissimil troppo ai portamenti gai,
11.11.5 che verdi, gialli, persi, azzurri e rossi
11.11.6 ebbe, e di quante foggie furon mai.
11.11.7 Non le può tor però tanto umil gonna,
11.11.8 che bella non rassembri e nobil donna.
11.12.1 Taccia chi loda Fillide, o Neera,
11.12.2 o Amarilli, o Galatea fugace;
11.12.3 che d' esse alcuna sì bella non era,
11.12.4 Titiro e Melibeo, con vostra pace.
11.12.5 La bella donna tra' fuor de la schiera
11.12.6 de le iumente una che più le piace.
11.12.7 Allora allora se le fece inante
11.12.8 un pensier di tornarsene in Levante.
11.13.1 Ruggiero intanto, poi ch' ebbe gran pezzo
11.13.2 indarno atteso s' ella si scopriva,
11.13.3 e che s' avide del suo error da sezzo;
11.13.4 che non era vicina e non l' udiva;
11.13.5 dove lasciato avea il cavallo, avezzo
11.13.6 in cielo e in terra, a rimontar veniva:
11.13.7 e ritrovò che s' avea tratto il morso,
11.13.8 e salia in aria a più libero corso.
11.14.1 Fu grave e mala aggiunta all' altro danno
11.14.2 vedersi anco restar senza l' augello.
11.14.3 Questo, non men che 'l feminile inganno,
11.14.4 gli preme al cor; ma più che questo e quello,
11.14.5 gli preme e fa sentir noioso affanno
11.14.6 l' aver perduto il prezïoso annello;
11.14.7 per le virtù non tanto ch' in lui sono,
11.14.8 quanto che fu de la sua donna dono.
11.15.1 Oltremodo dolente si ripose
11.15.2 indosso l' arme, e lo scudo alle spalle;
11.15.3 dal mar slungossi, e per le piaggie erbose
11.15.4 prese il camin verso una larga valle,
11.15.5 dove per mezzo all' alte selve ombrose
11.15.6 vide il più largo e 'l più segnato calle.
11.15.7 Non molto va, ch' a destra, ove più folta
11.15.8 è quella selva, un gran strepito ascolta.
11.16.1 Strepito ascolta e spaventevol suono
11.16.2 d' arme percosse insieme; onde s' affretta
11.16.3 tra pianta e pianta: e truova dui, che sono
11.16.4 a gran battaglia in poca piazza e stretta.
11.16.5 Non s' hanno alcun riguardo né perdono,
11.16.6 per far, non so di che, dura vendetta.
11.16.7 L' uno è gigante, alla sembianza fiero;
11.16.8 ardito l' altro e franco cavalliero.
11.17.1 E questo con lo scudo e con la spada,
11.17.2 di qua di là saltando, si difende,
11.17.3 perché la mazza sopra non gli cada,
11.17.4 con che il gigante a due man sempre offende.
11.17.5 Giace morto il cavallo in su la strada.
11.17.6 Ruggier si ferma, e alla battaglia attende;
11.17.7 e tosto inchina l' animo, e disia
11.17.8 che vincitore il cavallier ne sia.
11.18.1 Non che per questo gli dia alcuno aiuto;
11.18.2 ma si tira da parte, e sta a vedere.
11.18.3 Ecco col baston grave il più membruto
11.18.4 sopra l' elmo a due man del minor fere.
11.18.5 De la percossa è il cavallier caduto:
11.18.6 l' altro, che 'l vide attonito giacere,
11.18.7 per dargli morte l' elmo gli dislaccia;
11.18.8 e fa sì che Ruggier lo vede in faccia.
11.19.1 Vede Ruggier de la sua dolce e bella
11.19.2 e carissima donna Bradamante
11.19.3 scoperto il viso; e lei vede esser quella
11.19.4 a cui dar morte vuol l' empio gigante:
11.19.5 sì che a battaglia subito l' appella,
11.19.6 e con la spada nuda si fa inante:
11.19.7 ma quel, che nuova pugna non attende,
11.19.8 la donna tramortita in braccio prende;
11.20.1 e se l' arreca in spalla, e via la porta,
11.20.2 come lupo talor piccolo agnello,
11.20.3 o l' aquila portar ne l' ugna torta
11.20.4 suole o colombo o simile altro augello.
11.20.5 Vede Ruggier quanto il suo aiuto importa,
11.20.6 e vien correndo a più poter; ma quello
11.20.7 con tanta fretta i lunghi passi mena,
11.20.8 che con gli occhi Ruggier lo segue a pena.
11.21.1 Così correndo l' uno, e seguitando
11.21.2 l' altro, per un sentiero ombroso e fosco,
11.21.3 che sempre si venìa più dilatando,
11.21.4 in un gran prato uscîr fuor di quel bosco.
11.21.5 Non più di questo; ch' io ritorno a Orlando,
11.21.6 che 'l fulgur che portò già il re Cimosco,
11.21.7 avea gittato in mar nel maggior fondo,
11.21.8 acciò mai più non si trovasse al mondo.
11.22.1 Ma poco ci giovò: che 'l nimico empio
11.22.2 de l' umana natura, il qual del telo
11.22.3 fu l' inventor, ch' ebbe da quel l' esempio,
11.22.4 ch' apre le nubi e in terra vien dal cielo;
11.22.5 con quasi non minor di quello scempio
11.22.6 che ci diè quando Eva ingannò col melo,
11.22.7 lo fece ritrovar da un negromante,
11.22.8 al tempo de' nostri avi, o poco inante.
11.23.1 La machina infernal, di più di cento
11.23.2 passi d' acqua ove stè ascosa molt' anni,
11.23.3 al sommo tratta per incantamento,
11.23.4 prima portata fu tra gli Alamanni;
11.23.5 li quali uno et un altro esperimento
11.23.6 facendone, e il demonio a' nostri danni
11.23.7 assuttigliando lor via più la mente,
11.23.8 ne ritrovaro l' uso finalmente.
11.24.1 Italia e Francia e tutte l' altre bande
11.24.2 del mondo han poi la crudele arte appresa.
11.24.3 Alcuno il bronzo in cave forme spande,
11.24.4 che liquefatto ha la fornace accesa;
11.24.5 bùgia altri il ferro; e chi picciol, chi grande
11.24.6 il vaso forma, che più e meno pesa:
11.24.7 e qual bombarda e qual nomina scoppio,
11.24.8 qual semplice cannon, qual cannon doppio;
11.25.1 qual sagra, qual falcon, qual colubrina
11.25.2 sento nomar, come al suo autor più agrada;
11.25.3 che 'l ferro spezza, e i marmi apre e ruina,
11.25.4 e ovunque passa si fa dar la strada.
11.25.5 Rendi, miser soldato, alla fucina
11.25.6 pur tutte l' arme c' hai, fin alla spada;
11.25.7 e in spalla un scoppio o un arcobugio prendi;
11.25.8 che senza, io so, non toccherai stipendi.
11.26.1 Come trovasti, o scelerata e brutta
11.26.2 invenzïon, mai loco in uman core?
11.26.3 Per te la militar gloria è distrutta,
11.26.4 per te il mestier de l' arme è senza onore;
11.26.5 per te è il valore e la virtù ridutta,
11.26.6 che spesso par del buono il rio migliore:
11.26.7 non più la gagliardia, non più l' ardire
11.26.8 per te può in campo al paragon venire.
11.27.1 Per te son giti et anderan sotterra
11.27.2 tanti signori e cavallieri tanti,
11.27.3 prima che sia finita questa guerra,
11.27.4 che 'l mondo, ma più Italia, ha messo in pianti;
11.27.5 che s' io v' ho detto, il detto mio non erra,
11.27.6 che ben fu il più crudele e il più di quanti
11.27.7 mai furo al mondo ingegni empii e maligni,
11.27.8 ch' imaginò sì abominosi ordigni.
11.28.1 E crederò che Dio, perché vendetta
11.28.2 ne sia in eterno, nel profondo chiuda
11.28.3 del cieco abisso quella maladetta
11.28.4 anima, appresso al maladetto Giuda.
11.28.5 Ma seguitiamo il cavallier ch' in fretta
11.28.6 brama trovarsi all' isola d' Ebuda,
11.28.7 dove le belle donne e delicate
11.28.8 son per vivanda a un marin mostro date.
11.29.1 Ma quanto avea più fretta il paladino,
11.29.2 tanto parea che men l' avesse il vento.
11.29.3 Spiri o dal lato destro o dal mancino,
11.29.4 o ne le poppe, sempre è così lento,
11.29.5 che si può far con lui poco camino;
11.29.6 e rimanea talvolta in tutto spento:
11.29.7 soffia talor sì averso, che gli è forza
11.29.8 o di tornare, o d' ir girando all' orza.
11.30.1 Fu volontà di Dio che non venisse
11.30.2 prima che 'l re d' Ibernia in quella parte,
11.30.3 acciò con più facilità seguisse
11.30.4 quel ch' udir vi farò fra poche carte.
11.30.5 Sopra l' isola sorti, Orlando disse
11.30.6 al suo nochiero: -- Or qui potrai fermarte,
11.30.7 e 'l battel darmi; che portar mi voglio
11.30.8 senz' altra compagnia sopra lo scoglio.
11.31.1 E voglio la maggior gomona meco,
11.31.2 e l' àncora maggior ch' abbi sul legno:
11.31.3 io ti farò veder perché l' arreco,
11.31.4 se con quel mostro ad affrontar mi vegno. --
11.31.5 Gittar fe' in mare il palischermo seco,
11.31.6 con tutto quel ch' era atto al suo disegno.
11.31.7 Tutte l' arme lasciò, fuor che la spada;
11.31.8 e vêr lo scoglio, sol, prese la strada.
11.32.1 Si tira i remi al petto, e tien le spalle
11.32.2 volte alla parte ove discender vuole;
11.32.3 a guisa che del mare o de la valle
11.32.4 uscendo al lito, il salso granchio suole.
11.32.5 Era ne l' ora che le chiome gialle
11.32.6 la bella Aurora avea spiegate al Sole,
11.32.7 mezzo scoperto ancora e mezzo ascoso,
11.32.8 non senza sdegno di Titon geloso.
11.33.1 Fattosi appresso al nudo scoglio, quanto
11.33.2 potria gagliarda man gittare un sasso,
11.33.3 gli pare udire e non udire un pianto;
11.33.4 sì all' orecchie gli vien debole e lasso.
11.33.5 Tutto si volta sul sinistro canto;
11.33.6 e posto gli occhi appresso all' onde al basso,
11.33.7 vede una donna, nuda come nacque,
11.33.8 legata a un tronco; e i piè le bagnan l' acque.
11.34.1 Perché gli è ancor lontana, e perché china
11.34.2 la faccia tien, non ben chi sia discerne.
11.34.3 Tira in fretta ambi i remi, e s' avicina
11.34.4 con gran disio di più notizia averne.
11.34.5 Ma muggiar sente in questo la marina,
11.34.6 e rimbombar le selve e le caverne:
11.34.7 gonfiansi l' onde; et ecco il mostro appare,
11.34.8 che sotto il petto ha quasi ascoso il mare.
11.35.1 Come d' oscura valle umida ascende
11.35.2 nube di pioggia e di tempesta pregna,
11.35.3 che più che cieca notte si distende
11.35.4 per tutto 'l mondo, e par che 'l giorno spegna;
11.35.5 così nuota la fera, e del mar prende
11.35.6 tanto, che si può dir che tutto il tegna:
11.35.7 fremono l' onde. Orlando in sé raccolto,
11.35.8 la mira altier, né cangia cor né volto.
11.36.1 E come quel ch' avea il pensier ben fermo
11.36.2 di quanto volea far, si mosse ratto;
11.36.3 e perché alla donzella essere schermo,
11.36.4 e la fera assalir potesse a un tratto,
11.36.5 entrò fra l' orca e lei col palischermo,
11.36.6 nel fodero lasciando il brando piatto:
11.36.7 l' àncora con la gomona in man prese;
11.36.8 poi con gran cor l' orribil mostro attese.
11.37.1 Tosto che l' orca s' accostò, e scoperse
11.37.2 nel schifo Orlando con poco intervallo,
11.37.3 per ingiottirlo tanta bocca aperse,
11.37.4 ch' entrato un uomo vi saria a cavallo.
11.37.5 Si spinse Orlando inanzi, e se gl' immerse
11.37.6 con quella àncora in gola, e s' io non fallo,
11.37.7 col battello anco; e l' àncora attaccolle
11.37.8 e nel palato e ne la lingua molle:
11.38.1 sì che né più si puon calar di sopra,
11.38.2 né alzar di sotto le mascelle orrende.
11.38.3 Così chi ne le mine il ferro adopra,
11.38.4 la terra, ovunque si fa via, suspende,
11.38.5 che subita ruina non lo cuopra,
11.38.6 mentre mal cauto al suo lavoro intende.
11.38.7 Da un amo all' altro l' àncora è tanto alta,
11.38.8 che non v' arriva Orlando, se non salta.
11.39.1 Messo il puntello, e fattosi sicuro
11.39.2 che 'l mostro più serrar non può la bocca,
11.39.3 stringe la spada, e per quel antro oscuro
11.39.4 di qua e di là con tagli e punte tocca.
11.39.5 Come si può, poi che son dentro al muro
11.39.6 giunti i nimici, ben difender ròcca;
11.39.7 così difender l' orca si potea
11.39.8 dal paladin che ne la gola avea.
11.40.1 Dal dolor vinta, or sopra il mar si lancia,
11.40.2 e mostra i fianchi e le scagliose schene;
11.40.3 or dentro vi s' attuffa, e con la pancia
11.40.4 muove dal fondo e fa salir l' arene.
11.40.5 Sentendo l' acqua il cavallier di Francia,
11.40.6 che troppo abonda, a nuoto fuor ne viene:
11.40.7 lascia l' àncora fitta, e in mano prende
11.40.8 la fune che da l' àncora depende.
11.41.1 E con quella ne vien nuotando in fretta
11.41.2 verso lo scoglio; ove fermato il piede,
11.41.3 tira l' àncora a sé, ch' in bocca stretta
11.41.4 con le due punte il brutto mostro fiede.
11.41.5 L' orca a seguire il canape è constretta
11.41.6 da quella forza ch' ogni forza eccede,
11.41.7 da quella forza che più in una scossa
11.41.8 tira, ch' in dieci un argano far possa.
11.42.1 Come toro salvatico ch' al corno
11.42.2 gittar si senta un improviso laccio,
11.42.3 salta di qua di là, s' aggira intorno,
11.42.4 si colca e lieva, e non può uscir d' impaccio;
11.42.5 così fuor del suo antico almo soggiorno
11.42.6 l' orca tratta per forza di quel braccio,
11.42.7 con mille guizzi e mille strane ruote
11.42.8 segue la fune, e scior non se ne puote.
11.43.1 Di bocca il sangue in tanta copia fonde,
11.43.2 che questo oggi il mar Rosso si può dire,
11.43.3 dove in tal guisa ella percuote l' onde,
11.43.4 ch' insino al fondo le vedreste aprire;
11.43.5 et or ne bagna il cielo, e il lume asconde
11.43.6 del chiaro sol: tanto le fa salire.
11.43.7 Rimbombano al rumor ch' intorno s' ode
11.43.8 le selve, i monti e le lontane prode.
11.44.1 Fuor de la grotta il vecchio Proteo, quando
11.44.2 ode tanto rumor, sopra il mare esce;
11.44.3 e visto entrare e uscir de l' orca Orlando,
11.44.4 e al lito trar sì smisurato pesce,
11.44.5 fugge per l' alto occeano, oblïando
11.44.6 lo sparso gregge: e sì il tumulto cresce,
11.44.7 che fatto al carro i suoi delfini porre,
11.44.8 quel di Nettunno in Etïopia corre.
11.45.1 Con Melicerta in collo Ino piangendo,
11.45.2 e le Nereide coi capelli sparsi,
11.45.3 Glauci e Tritoni e gli altri, non sappiendo
11.45.4 dove, chi qua chi là van per salvarsi.
11.45.5 Orlando al lito trasse il pesce orrendo,
11.45.6 col qual non bisognò più affaticarsi;
11.45.7 che pel travaglio e per l' avuta pena,
11.45.8 prima morì, che fosse in su l' arena.
11.46.1 De l' isola non pochi erano corsi
11.46.2 a riguardar quella battaglia strana;
11.46.3 i quai da vana religion rimorsi,
11.46.4 così sant' opra riputâr profana:
11.46.5 e dicean che sarebbe un nuovo tôrsi
11.46.6 Proteo nimico, e attizzar l' ira insana,
11.46.7 da farli porre il marin gregge in terra,
11.46.8 e tutta rinovar l' antica guerra;
11.47.1 e che meglio sarà di chieder pace
11.47.2 prima all' offeso dio, che peggio accada;
11.47.3 e questo si farà, quando l' audace
11.47.4 gittato in mare a placar Proteo vada.
11.47.5 Come dà fuoco l' una a l' altra face,
11.47.6 e tosto alluma tutta una contrada,
11.47.7 così d' un cor ne l' altro si difonde
11.47.8 l' ira ch' Orlando vuol gittar ne l' onde.
11.48.1 Chi d' una fromba e chi d' un arco armato,
11.48.2 chi d' asta, chi di spada, al lito scende;
11.48.3 e dinanzi e di dietro e d' ogni lato,
11.48.4 lontano e appresso, a più poter l' offende.
11.48.5 Di sì bestiale insulto e troppo ingrato
11.48.6 gran meraviglia il paladin si prende:
11.48.7 pel mostro ucciso ingiuria far si vede,
11.48.8 dove aver ne sperò gloria e mercede.
11.49.1 Ma come l' orso suol, che per le fiere
11.49.2 menato sia da Rusci o da Lituani,
11.49.3 passando per la via, poco temere
11.49.4 l' importuno abbaiar di picciol cani,
11.49.5 che pur non se li degna di vedere;
11.49.6 così poco temea di quei villani
11.49.7 il paladin, che con un soffio solo
11.49.8 ne potrà fracassar tutto lo stuolo.
11.50.1 E ben si fece far subito piazza
11.50.2 che lor si volse, e Durindana prese.
11.50.3 S' avea creduto quella gente pazza
11.50.4 che le dovesse far poche contese,
11.50.5 quando né indosso gli vedea corazza,
11.50.6 né scudo in braccio, né alcun altro arnese;
11.50.7 ma non sapea che dal capo alle piante
11.50.8 dura la pelle avea più che diamante.
11.51.1 Quel che d' Orlando agli altri far non lece,
11.51.2 di far degli altri a lui già non è tolto.
11.51.3 Trenta n' uccise, e furo in tutto diece
11.51.4 botte, o se più, non le passò di molto.
11.51.5 Tosto intorno sgombrar l' arena fece;
11.51.6 e per slegar la donna era già volto,
11.51.7 quando nuovo tumulto e nuovo grido
11.51.8 fe' risuonar da un' altra parte il lido.
11.52.1 Mentre avea il paladin da questa banda
11.52.2 così tenuto i barbari impediti,
11.52.3 eran senza contrasto quei d' Irlanda
11.52.4 da più parte ne l' isola saliti;
11.52.5 e spenta ogni pietà, strage nefanda
11.52.6 di quel popul facean per tutti i liti:
11.52.7 fosse iustizia, o fosse crudeltade,
11.52.8 né sesso riguardavano né etade.
11.53.1 Nessun ripar fan gl' isolani, o poco;
11.53.2 parte, ch' accolti son troppo improviso,
11.53.3 parte, che poca gente ha il picciol loco,
11.53.4 e quella poca è di nessuno aviso.
11.53.5 L' aver fu messo a sacco; messo fuoco
11.53.6 fu ne le case: il populo fu ucciso:
11.53.7 le mura fur tutte adeguate al suolo:
11.53.8 non fu lasciato vivo un capo solo.
11.54.1 Orlando, come gli appertenga nulla
11.54.2 l' alto rumor, le stride e la ruina,
11.54.3 viene a colei che su la pietra brulla
11.54.4 avea da divorar l' orca marina.
11.54.5 Guarda, e gli par conoscer la fanciulla;
11.54.6 e più gli pare, e più che s' avicina:
11.54.7 gli pare Olimpia; et era Olimpia certo,
11.54.8 che di sua fede ebbe sì iniquo merto.
11.55.1 Misera Olimpia! a cui dopo lo scorno
11.55.2 che gli fe' Amore, anco Fortuna cruda
11.55.3 mandò i corsari (e fu il medesmo giorno),
11.55.4 che la portaro all' isola d' Ebuda.
11.55.5 Riconosce ella Orlando nel ritorno
11.55.6 che fa allo scoglio: ma perch' ella è nuda,
11.55.7 tien basso il capo; e non che non gli parli,
11.55.8 ma gli occhi non ardisce al viso alzarli.
11.56.1 Orlando domandò ch' iniqua sorte
11.56.2 l' avesse fatta all' isola venire
11.56.3 di là dove lasciata col consorte
11.56.4 lieta l' avea quanto si può più dire.
11.56.5 -- Non so (disse ella) s' io v' ho, che la morte
11.56.6 voi mi schivaste, grazie a riferire,
11.56.7 o da dolermi che per voi non sia
11.56.8 oggi finita la miseria mia.
11.57.1 Io v' ho da ringraziar ch' una maniera
11.57.2 di morir mi schivaste troppo enorme;
11.57.3 che troppo saria enorme, se la fera
11.57.4 nel brutto ventre avesse avuto a porme.
11.57.5 Ma già non vi ringrazio ch' io non pèra;
11.57.6 che morte sol può di miseria tôrme:
11.57.7 ben vi ringrazierò, se da voi darmi
11.57.8 quella vedrò, che d' ogni duol può trarmi. --
11.58.1 Poi con gran pianto seguitò, dicendo
11.58.2 come lo sposo suo l' avea tradita;
11.58.3 che la lasciò su l' isola dormendo,
11.58.4 donde ella poi fu dai corsar rapita.
11.58.5 E mentre ella parlava, rivolgendo
11.58.6 s' andava in quella guisa che scolpita
11.58.7 o dipinta è Dïana ne la fonte,
11.58.8 che getta l' acqua ad Ateone in fronte;
11.59.1 che, quanto può, nasconde il petto e 'l ventre,
11.59.2 più liberal dei fianchi e de le rene.
11.59.3 Brama Orlando ch' in porto il suo legno entre;
11.59.4 che lei, che sciolta avea da le catene,
11.59.5 vorria coprir d' alcuna veste. Or mentre
11.59.6 ch' a questo è intento, Oberto sopraviene,
11.59.7 Oberto il re d' Ibernia, ch' avea inteso
11.59.8 che 'l marin mostro era sul lito steso;
11.60.1 e che nuotando un cavallier era ito
11.60.2 a porgli in gola un' àncora assai grave;
11.60.3 e che l' avea così tirato al lito,
11.60.4 come si suol tirar contr' acqua nave.
11.60.5 Oberto, per veder se riferito
11.60.6 colui da chi l' ha inteso, il vero gli have,
11.60.7 se ne vien quivi; e la sua gente intanto
11.60.8 arde e distrugge Ebuda in ogni canto.
11.61.1 Il re d' Ibernia, ancor che fosse Orlando
11.61.2 di sangue tinto, e d' acqua molle e brutto,
11.61.3 brutto del sangue che si trasse quando
11.61.4 uscì de l' orca in ch' era entrato tutto,
11.61.5 pel conte l' andò pur raffigurando;
11.61.6 tanto più che ne l' animo avea indutto,
11.61.7 tosto che del valor sentì la nuova,
11.61.8 ch' altri ch' Orlando non faria tal pruova.
11.62.1 Lo conoscea, perch' era stato infante
11.62.2 d' onore in Francia, e se n' era partito
11.62.3 per pigliar la corona, l' anno inante,
11.62.4 del padre suo ch' era di vita uscito.
11.62.5 Tante volte veduto, e tante e tante
11.62.6 gli avea parlato, ch' era in infinito.
11.62.7 Lo corse ad abbracciare e a fargli festa,
11.62.8 trattasi la celata ch' avea in testa.
11.63.1 Non meno Orlando di veder contento
11.63.2 si mostrò il re, che 'l re di veder lui.
11.63.3 Poi che furo a iterar l' abbracciamento
11.63.4 una o due volte tornati amendui,
11.63.5 narrò ad Oberto Orlando il tradimento
11.63.6 che fu fatto alla giovane, e da cui
11.63.7 fatto le fu; dal perfido Bireno,
11.63.8 che via d' ogn' altro lo dovea far meno.
11.64.1 Le pruove gli narrò, che tante volte
11.64.2 ella d' amarlo dimostrato avea:
11.64.3 come i parenti e le sustanzie tolte
11.64.4 le furo, e al fin per lui morir volea;
11.64.5 e ch' esso testimonio era di molte,
11.64.6 e renderne buon conto ne potea.
11.64.7 Mentre parlava, i begli occhi sereni
11.64.8 de la donna di lagrime eran pieni.
11.65.1 Era il bel viso suo, quale esser suole
11.65.2 da primavera alcuna volta il cielo,
11.65.3 quando la pioggia cade, e a un tempo il sole
11.65.4 si sgombra intorno il nubiloso velo.
11.65.5 E come il rosignuol dolci carole
11.65.6 mena nei rami alor del verde stelo,
11.65.7 così alle belle lagrime le piume
11.65.8 si bagna Amore, e gode al chiaro lume.
11.66.1 E ne la face de' begli occhi accende
11.66.2 l' aurato strale, e nel ruscello amorza,
11.66.3 che tra vermigli e bianchi fiori scende:
11.66.4 e temprato che l' ha, tira di forza
11.66.5 contra il garzon, che né scudo difende
11.66.6 né maglia doppia né ferigna scorza;
11.66.7 che mentre sta a mirar gli occhi e le chiome,
11.66.8 si sente il cor ferito, e non sa come.
11.67.1 Le bellezze d' Olimpia eran di quelle
11.67.2 che son più rare: e non la fronte sola,
11.67.3 gli occhi e le guancie e le chiome avea belle,
11.67.4 la bocca, il naso, gli omeri e la gola;
11.67.5 ma discendendo giù da le mammelle,
11.67.6 le parti che solea coprir la stola,
11.67.7 fur di tanta escellenzia, ch' anteporse
11.67.8 a quante n' avea il mondo potean forse.
11.68.1 Vinceano di candor le nievi intatte,
11.68.2 et eran più ch' avorio a toccar molli:
11.68.3 le poppe ritondette parean latte
11.68.4 che fuor dei giunchi allora allora tolli.
11.68.5 Spazio fra lor tal discendea, qual fatte
11.68.6 esser veggiàn fra piccolini colli
11.68.7 l' ombrose valli, in sua stagione amene,
11.68.8 che 'l verno abbia di nieve allora piene.
11.69.1 I rilevati fianchi e le belle anche,
11.69.2 e netto più che specchio il ventre piano,
11.69.3 pareano fatti, e quelle coscie bianche,
11.69.4 da Fidia a torno, o da più dotta mano.
11.69.5 Di quelle parti debbovi dir anche,
11.69.6 che pur celare ella bramava invano?
11.69.7 Dirò insomma ch' in lei dal capo al piede,
11.69.8 quant' esser può beltà, tutta si vede.
11.70.1 Se fosse stata ne le valli Idee
11.70.2 vista dal pastor frigio, io non so quanto
11.70.3 Vener, se ben vincea quelle tre dee,
11.70.4 portato avesse di bellezza il vanto;
11.70.5 né forse ito saria ne le Amiclee
11.70.6 contrade esso a violar l' ospizio santo;
11.70.7 ma detto avria: -- Con Menelao ti resta,
11.70.8 Elena, pur; ch' altra io non vo' che questa. --
11.71.1 E se fosse costei stata a Crotone,
11.71.2 quando Zeusi l' imagine far vòlse,
11.71.3 che por dovea nel tempio di Iunone,
11.71.4 e tante belle nude insieme accolse;
11.71.5 e che, per una farne in perfezione,
11.71.6 da chi una parte e da chi un' altra tolse:
11.71.7 non avea da tôrre altra che costei;
11.71.8 che tutte le bellezze erano in lei.
11.72.1 Io non credo che mai Bireno, nudo
11.72.2 vedesse quel bel corpo; ch' io son certo
11.72.3 che stato non saria mai così crudo,
11.72.4 che l' avesse lasciata in quel deserto.
11.72.5 Ch' Oberto se n' accende, io vi concludo,
11.72.6 tanto che 'l fuoco non può star coperto.
11.72.7 Si studia consolarla, e darle speme
11.72.8 ch' uscirà in bene il mal ch' ora la preme:
11.73.1 e le promette andar seco in Olanda;
11.73.2 né fin che ne lo stato la rimetta,
11.73.3 e ch' abbia fatto iusta e memoranda
11.73.4 di quel periuro e traditor vendetta,
11.73.5 non cessarà con ciò che possa Irlanda,
11.73.6 e lo farà quanto potrà più in fretta.
11.73.7 Cercare intanto in quelle case e in queste
11.73.8 facea di gonne e di feminee veste.
11.74.1 Bisogno non sarà, per trovar gonne,
11.74.2 ch' a cercar fuor de l' isola si mande;
11.74.3 ch' ogni dì se n' avea da quelle donne
11.74.4 che de l' avido mostro eran vivande.
11.74.5 Non fe' molto cercar, che ritrovonne
11.74.6 di varie foggie Oberto copia grande;
11.74.7 e fe' vestir Olimpia, e ben gl' increbbe
11.74.8 non la poter vestir come vorrebbe.
11.75.1 Ma né sì bella seta o sì fin' oro
11.75.2 mai Fiorentini industri tesser fenno;
11.75.3 né chi ricama fece mai lavoro,
11.75.4 postovi tempo, diligenzia e senno,
11.75.5 che potesse a costui parer decoro,
11.75.6 se lo fêsse Minerva o il dio di Lenno,
11.75.7 e degno di coprir sì belle membre,
11.75.8 che forza è ad or ad or se ne rimembre.
11.76.1 Per più rispetti il paladino molto
11.76.2 si dimostrò di questo amor contento:
11.76.3 ch' oltre che 'l re non lasciarebbe asciolto
11.76.4 Bireno andar di tanto tradimento,
11.76.5 sarebbe anch' esso per tal mezzo tolto
11.76.6 di grave e di noioso impedimento,
11.76.7 quivi non per Olimpia, ma venuto
11.76.8 per dar, se v' era, alla sua donna aiuto.
11.77.1 Ch' ella non v' era si chiarì di corto,
11.77.2 ma già non si chiarì se v' era stata;
11.77.3 perché ogn' uomo ne l' isola era morto,
11.77.4 né un sol rimaso di sì gran brigata.
11.77.5 Il dì seguente si partîr del porto,
11.77.6 e tutti insieme andaro in una armata.
11.77.7 Con loro andò in Irlanda il paladino;
11.77.8 che fu per gire in Francia il suo camino.
11.78.1 A pena un giorno si fermò in Irlanda;
11.78.2 non valser preghi a far che più vi stesse:
11.78.3 Amor, che dietro alla sua donna il manda,
11.78.4 di fermarvisi più non gli concesse.
11.78.5 Quindi si parte; e prima raccomanda
11.78.6 Olimpia al re, che servi le promesse:
11.78.7 ben che non bisognassi; che gli attenne
11.78.8 molto più che di far non si convenne.
11.79.1 Così fra pochi dì gente raccolse;
11.79.2 e fatto lega col re d' Inghilterra
11.79.3 e con l' altro di Scozia, gli ritolse
11.79.4 Olanda, e in Frisa non gli lasciò terra;
11.79.5 et a ribellïone anco gli volse
11.79.6 la sua Selandia: e non finì la guerra,
11.79.7 che gli diè morte; né però fu tale
11.79.8 la pena, ch' al delitto andasse eguale.
11.80.1 Olimpia Oberto si pigliò per moglie,
11.80.2 e di contessa la fe' gran regina.
11.80.3 Ma ritorniamo al paladin che scioglie
11.80.4 nel mar le vele, e notte e dì camina;
11.80.5 poi nel medesmo porto le raccoglie,
11.80.6 donde pria le spiegò ne la marina:
11.80.7 e sul suo Brigliadoro armato salse,
11.80.8 e lasciò dietro i venti e l' onde salse.
11.81.1 Credo che 'l resto di quel verno cose
11.81.2 facesse degne di tenerne conto;
11.81.3 ma fur sin a quel tempo sì nascose,
11.81.4 che non è colpa mia s' or non le conto;
11.81.5 perché Orlando a far l' opre virtuose,
11.81.6 più che a narrarle poi, sempre era pronto:
11.81.7 né mai fu alcun de li suoi fatti espresso,
11.81.8 se non quando ebbe i testimonii appresso.
11.82.1 Passò il resto del verno così cheto,
11.82.2 che di lui non si seppe cosa vera:
11.82.3 ma poi che 'l sol ne l' animal discreto
11.82.4 che portò Friso, illuminò la sfera,
11.82.5 e Zefiro tornò soave e lieto
11.82.6 a rimenar la dolce primavera;
11.82.7 d' Orlando usciron le mirabil pruove
11.82.8 coi vaghi fiori e con l' erbette nuove.
11.83.1 Di piano in monte, e di campagna in lido,
11.83.2 pien di travaglio e di dolor ne gìa;
11.83.3 quando all' entrar d' un bosco, un lungo grido,
11.83.4 un alto duol l' orecchie gli ferìa.
11.83.5 Spinge il cavallo, e piglia il brando fido,
11.83.6 e donde viene il suon, ratto s' invia:
11.83.7 ma diferisco un' altra volta a dire
11.83.8 quel che seguì, se mi vorrete udire.
CANTO XII
12.1.1 Cerere, poi che da la madre Idea
12.1.2 tornando in fretta alla solinga valle,
12.1.3 là dove calca la montagna Etnea
12.1.4 al fulminato Encelado le spalle,
12.1.5 la figlia non trovò dove l' avea
12.1.6 lasciata fuor d' ogni segnato calle;
12.1.7 fatto ch' ebbe alle guancie, al petto, ai crini
12.1.8 e agli occhi danno, al fin svelse duo pini;
12.2.1 e nel fuoco gli accese di Vulcano,
12.2.2 e diè lor non potere esser mai spenti:
12.2.3 e portandosi questi uno per mano
12.2.4 sul carro che tiravan dui serpenti,
12.2.5 cercò le selve, i campi, il monte, il piano,
12.2.6 le valli, i fiumi, li stagni, i torrenti,
12.2.7 la terra e 'l mare; e poi che tutto il mondo
12.2.8 cercò di sopra, andò al tartareo fondo.
12.3.1 S' in poter fosse stato Orlando pare
12.3.2 all' Eleusina dea, come in disio,
12.3.3 non avria, per Angelica cercare,
12.3.4 lasciato o selva o campo o stagno o rio
12.3.5 o valle o monte o piano o terra o mare,
12.3.6 il cielo, e 'l fondo de l' eterno oblio;
12.3.7 ma poi che 'l carro e i draghi non avea,
12.3.8 la gìa cercando al meglio che potea.
12.4.1 L' ha cercata per Francia: or s' apparecchia
12.4.2 per Italia cercarla e per Lamagna,
12.4.3 per la nuova Castiglia e per la vecchia,
12.4.4 e poi passare in Libia il mar di Spagna.
12.4.5 Mentre pensa così, sente all' orecchia
12.4.6 una voce venir, che par che piagna:
12.4.7 si spinge inanzi; e sopra un gran destriero
12.4.8 trottar si vede inanzi un cavalliero,
12.5.1 che porta in braccio e su l' arcion davante
12.5.2 per forza una mestissima donzella.
12.5.3 Piange ella, e si dibatte, e fa sembiante
12.5.4 di gran dolore; et in soccorso appella
12.5.5 il valoroso principe d' Anglante;
12.5.6 che come mira alla giovane bella,
12.5.7 gli par colei, per cui la notte e il giorno
12.5.8 cercato Francia avea dentro e d' intorno.
12.6.1 Non dico ch' ella fosse, ma parea
12.6.2 Angelica gentil ch' egli tant' ama.
12.6.3 Egli, che la sua donna e la sua dea
12.6.4 vede portar sì addolorata e grama,
12.6.5 spinto da l' ira e da la furia rea,
12.6.6 con voce orrenda il cavallier richiama;
12.6.7 richiama il cavalliero e gli minaccia,
12.6.8 e Brigliadoro a tutta briglia caccia.
12.7.1 Non resta quel fellon, né gli risponde,
12.7.2 all' alta preda, al gran guadagno intento;
12.7.3 e sì ratto ne va per quelle fronde,
12.7.4 che saria tardo a seguitarlo il vento.
12.7.5 L' un fugge, e l' altro caccia; e le profonde
12.7.6 selve s' odon sonar d' alto lamento.
12.7.7 Correndo, usciro in un gran prato; e quello
12.7.8 avea nel mezzo un grande e ricco ostello.
12.8.1 Di vari marmi con suttil lavoro
12.8.2 edificato era il palazzo altiero.
12.8.3 Corse dentro alla porta messa d' oro
12.8.4 con la donzella in braccio il cavalliero.
12.8.5 Dopo non molto giunse Brigliadoro,
12.8.6 che porta Orlando disdegnoso e fiero.
12.8.7 Orlando, come è dentro, gli occhi gira;
12.8.8 né più il guerrier, né la donzella mira.
12.9.1 Subito smonta, e fulminando passa
12.9.2 dove più dentro il bel tetto s' alloggia:
12.9.3 corre di qua, corre di là, né lassa
12.9.4 che non vegga ogni camera, ogni loggia.
12.9.5 Poi che i segreti d' ogni stanza bassa
12.9.6 ha cerco invan, su per le scale poggia;
12.9.7 e non men perde anco a cercar di sopra,
12.9.8 che perdessi di sotto, il tempo e l' opra.
12.10.1 D' oro e di seta i letti ornati vede:
12.10.2 nulla de muri appar né de pareti;
12.10.3 che quelle, e il suolo ove si mette il piede,
12.10.4 son da cortine ascose e da tapeti.
12.10.5 Di su di giù va il conte Orlando e riede;
12.10.6 né per questo può far gli occhi mai lieti
12.10.7 che riveggiano Angelica, o quel ladro
12.10.8 che n' ha portato il bel viso leggiadro.
12.11.1 E mentre or quinci or quindi invano il passo
12.11.2 movea, pien di travaglio e di pensieri,
12.11.3 Ferraù, Brandimarte e il re Gradasso,
12.11.4 re Sacripante et altri cavallieri
12.11.5 vi ritrovò, ch' andavano alto e basso,
12.11.6 né men facean di lui vani sentieri;
12.11.7 e si ramaricavan del malvagio
12.11.8 invisibil signor di quel palagio.
12.12.1 Tutti cercando il van, tutti gli dànno
12.12.2 colpa di furto alcun che lor fatt' abbia:
12.12.3 del destrier che gli ha tolto, altri è in affanno;
12.12.4 ch' abbia perduta altri la donna, arrabbia;
12.12.5 altri d' altro l' accusa: e così stanno,
12.12.6 che non si san partir di quella gabbia;
12.12.7 e vi son molti, a questo inganno presi,
12.12.8 stati le settimane intiere e i mesi.
12.13.1 Orlando, poi che quattro volte e sei
12.13.2 tutto cercato ebbe il palazzo strano,
12.13.3 disse fra sé: -- Qui dimorar potrei,
12.13.4 gittare il tempo e la fatica invano:
12.13.5 e potria il ladro aver tratta costei
12.13.6 da un' altra uscita, e molto esser lontano. --
12.13.7 Con tal pensiero uscì nel verde prato
12.13.8 dal qual tutto il palazzo era aggirato.
12.14.1 Mentre circonda la casa silvestra,
12.14.2 tenendo pur a terra il viso chino
12.14.3 per veder s' orma appare, o da man destra
12.14.4 o da sinistra, di nuovo camino;
12.14.5 si sente richiamar da una finestra:
12.14.6 e leva gli occhi; e quel parlar divino
12.14.7 gli pare udire, e par che miri il viso,
12.14.8 che l' ha, da quel che fu, tanto diviso.
12.15.1 Pargli Angelica udir, che supplicando
12.15.2 e piangendo gli dica: -- Aita, aita!
12.15.3 la mia virginità ti raccomando
12.15.4 più che l' anima mia, più che la vita.
12.15.5 Dunque in presenzia del mio caro Orlando
12.15.6 da questo ladro mi sarà rapita?
12.15.7 Più tosto di tua man dammi la morte,
12.15.8 che venir lasci a sì infelice sorte. --
12.16.1 Queste parole una et un' altra volta
12.16.2 fanno Orlando tornar per ogni stanza,
12.16.3 con passïone e con fatica molta,
12.16.4 ma temperata pur d' alta speranza.
12.16.5 Talor si ferma, et una voce ascolta,
12.16.6 che di quella d' Angelica ha sembianza
12.16.7 (e s' egli è da una parte, suona altronde),
12.16.8 che chieggia aiuto; e non sa trovar donde.
12.17.1 Ma tornando a Ruggier, ch' io lasciai quando
12.17.2 dissi che per sentiero ombroso e fosco
12.17.3 il gigante e la donna seguitando,
12.17.4 in un gran prato uscito era del bosco;
12.17.5 io dico ch' arrivò qui dove Orlando
12.17.6 dianzi arrivò, se 'l loco riconosco.
12.17.7 Dentro la porta il gran gigante passa:
12.17.8 Ruggier gli è appresso, e di seguir non lassa.
12.18.1 Tosto che pon dentro alla soglia il piede,
12.18.2 per la gran corte e per le loggie mira;
12.18.3 né più il gigante né la donna vede,
12.18.4 e gli occhi indarno or quinci or quindi aggira.
12.18.5 Di su di giù va molte volte e riede;
12.18.6 né gli succede mai quel che desira:
12.18.7 né si sa imaginar dove sì tosto
12.18.8 con la donna il fellon si sia nascosto.
12.19.1 Poi che revisto ha quattro volte e cinque
12.19.2 di su di giù camere e loggie e sale,
12.19.3 pur di nuovo ritorna, e non relinque
12.19.4 che non ne cerchi fin sotto le scale.
12.19.5 Con speme al fin che sian ne le propinque
12.19.6 selve, si parte: ma una voce, quale
12.19.7 richiamò Orlando, lui chiamò non manco;
12.19.8 e nel palazzo il fe' ritornar anco.
12.20.1 Una voce medesma, una persona
12.20.2 che paruta era Angelica ad Orlando,
12.20.3 parve a Ruggier la donna di Dordona,
12.20.4 che lo tenea di se medesmo in bando.
12.20.5 Se con Gradasso o con alcun ragiona
12.20.6 di quei ch' andavan nel palazzo errando,
12.20.7 a tutti par che quella cosa sia,
12.20.8 che più ciascun per sé brama e desia.
12.21.1 Questo era un nuovo e disusato incanto
12.21.2 ch' avea composto Atlante di Carena,
12.21.3 perché Ruggier fosse occupato tanto
12.21.4 in quel travaglio, in quella dolce pena,
12.21.5 che 'l mal' influsso n' andasse da canto,
12.21.6 l' influsso ch' a morir giovene il mena.
12.21.7 Dopo il castel d' acciar, che nulla giova,
12.21.8 e dopo Alcina, Atlante ancor fa pruova.
12.22.1 Non pur costui, ma tutti gli altri ancora,
12.22.2 che di valore in Francia han maggior fama,
12.22.3 acciò che di lor man Ruggier non mora,
12.22.4 condurre Atlante in questo incanto trama.
12.22.5 E mentre fa lor far quivi dimora,
12.22.6 perché di cibo non patischin brama,
12.22.7 sì ben fornito avea tutto il palagio,
12.22.8 che donne e cavallier vi stanno ad agio.
12.23.1 Ma torniamo ad Angelica, che seco
12.23.2 avendo quell' annel mirabil tanto,
12.23.3 ch' in bocca a veder lei fa l' occhio cieco,
12.23.4 nel dito, l' assicura da l' incanto;
12.23.5 e ritrovato nel montano speco
12.23.6 cibo avendo e cavalla e veste e quanto
12.23.7 le fu bisogno, avea fatto disegno
12.23.8 di ritornare in India al suo bel regno.
12.24.1 Orlando volentieri o Sacripante
12.24.2 voluto avrebbe in compagnia: non ch' ella
12.24.3 più caro avesse l' un che l' altro amante;
12.24.4 anzi di par fu a' lor disii ribella:
12.24.5 ma dovendo, per girsene in Levante,
12.24.6 passar tante città, tante castella,
12.24.7 di compagnia bisogno avea e di guida,
12.24.8 né potea aver con altri la più fida.
12.25.1 Or l' uno or l' altro andò molto cercando,
12.25.2 prima ch' indizio ne trovasse o spia,
12.25.3 quando in cittade, e quando in ville, e quando
12.25.4 in alti boschi, e quando in altra via.
12.25.5 Fortuna al fin là dove il conte Orlando,
12.25.6 Ferraù e Sacripante era, la invia,
12.25.7 con Ruggier, con Gradasso et altri molti
12.25.8 che v' avea Atlante in strano intrico avolti.
12.26.1 Quivi entra, che veder non la può il mago,
12.26.2 e cerca il tutto, ascosa dal suo annello;
12.26.3 e truova Orlando e Sacripante vago
12.26.4 di lei cercare invan per quello ostello.
12.26.5 Vede come, fingendo la sua imago,
12.26.6 Atlante usa gran fraude a questo e a quello.
12.26.7 Chi tor debba di lor, molto rivolve
12.26.8 nel suo pensier, né ben se ne risolve.
12.27.1 Non sa stimar chi sia per lei migliore,
12.27.2 il conte Orlando o il re dei fier Circassi.
12.27.3 Orlando la potrà con più valore
12.27.4 meglio salvar nei perigliosi passi:
12.27.5 ma se sua guida il fa, sel fa signore;
12.27.6 ch' ella non vede come poi l' abbassi,
12.27.7 qualunque volta, di lui sazia, farlo
12.27.8 voglia minore, o in Francia rimandarlo.
12.28.1 Ma il Circasso depor, quando le piaccia,
12.28.2 potrà, se ben l' avesse posto in cielo.
12.28.3 Questa sola cagion vuol ch' ella il faccia
12.28.4 sua scorta, e mostri avergli fede e zelo.
12.28.5 L' annel trasse di bocca, e di sua faccia
12.28.6 levò dagli occhi a Sacripante il velo.
12.28.7 Credette a lui sol dimostrarsi, e avenne
12.28.8 ch' Orlando e Ferraù le sopravenne.
12.29.1 Le sopravenne Ferraù et Orlando;
12.29.2 che l' uno e l' altro parimente giva
12.29.3 di su di giù, dentro e di fuor cercando
12.29.4 del gran palazzo lei, ch' era lor diva.
12.29.5 Corser di par tutti alla donna, quando
12.29.6 nessuno incantamento gli impediva:
12.29.7 perché l' annel ch' ella si pose in mano,
12.29.8 fece d' Atlante ogni disegno vano.
12.30.1 L' usbergo indosso aveano e l' elmo in testa
12.30.2 dui di questi guerrier, dei quali io canto;
12.30.3 né notte o dì, dopo ch' entraro in questa
12.30.4 stanza, l' aveano mai messo da canto;
12.30.5 che facile a portar, come la vesta,
12.30.6 era lor, perché in uso l' avean tanto.
12.30.7 Ferraù il terzo era anco armato, eccetto
12.30.8 che non avea, né volea avere elmetto,
12.31.1 fin che quel non avea, che 'l paladino
12.31.2 tolse Orlando al fratel del re Troiano;
12.31.3 ch' allora lo giurò, che l' elmo fino
12.31.4 cercò de l' Argalia nel fiume invano:
12.31.5 e se ben quivi Orlando ebbe vicino,
12.31.6 né però Ferraù pose in lui mano;
12.31.7 avenne che conoscersi tra loro
12.31.8 non si potêr, mentre là dentro fôro.
12.32.1 Era così incantato quello albergo,
12.32.2 ch' insieme riconoscer non poteansi.
12.32.3 Né notte mai né dì, spada né usbergo
12.32.4 né scudo pur dal braccio rimoveansi.
12.32.5 I lor cavalli con la sella al tergo,
12.32.6 pendendo i morsi da l' arcion, pasceansi
12.32.7 in una stanza, che presso all' uscita,
12.32.8 d' orzo e di paglia sempre era fornita.
12.33.1 Atlante riparar non sa né puote,
12.33.2 ch' in sella non rimontino i guerrieri
12.33.3 per correr dietro alle vermiglie gote,
12.33.4 all' auree chiome et a' begli occhi neri
12.33.5 de la donzella, ch' in fuga percuote
12.33.6 la sua iumenta, perché volentieri
12.33.7 non vede li tre amanti in compagnia,
12.33.8 che forse tolti un dopo l' altro avria.
12.34.1 E poi che dilungati dal palagio
12.34.2 gli ebbe sì, che temer più non dovea
12.34.3 che contra lor l' incantator malvagio
12.34.4 potesse oprar la sua fallacia rea;
12.34.5 l' annel, che le schivò più d' un disagio,
12.34.6 tra le rosate labra si chiudea:
12.34.7 donde lor sparve subito dagli occhi,
12.34.8 e gli lasciò come insensati e sciocchi.
12.35.1 Come che fosse il suo primier disegno
12.35.2 di voler seco Orlando o Sacripante,
12.35.3 ch' a ritornar l' avessero nel regno
12.35.4 di Galafron ne l' ultimo Levante;
12.35.5 le vennero amendua subito a sdegno,
12.35.6 e si mutò di voglia in uno instante:
12.35.7 e senza più obligarsi o a questo o a quello,
12.35.8 pensò bastar per amendua il suo annello.
12.36.1 Volgon pel bosco or quinci or quindi in fretta
12.36.2 quelli scherniti la stupida faccia;
12.36.3 come il cane talor, se gli è intercetta
12.36.4 o lepre o volpe a cui dava la caccia,
12.36.5 che d' improviso in qualche tana stretta
12.36.6 o in folta macchia o in un fosso si caccia.
12.36.7 Di lor si ride Angelica proterva,
12.36.8 che non è vista, e i lor progressi osserva.
12.37.1 Per mezzo il bosco appar sol una strada:
12.37.2 credono i cavallier che la donzella
12.37.3 inanzi a lor per quella se ne vada;
12.37.4 che non se ne può andar, se non per quella.
12.37.5 Orlando corre, e Ferraù non bada,
12.37.6 né Sacripante men sprona e puntella.
12.37.7 Angelica la briglia più ritiene,
12.37.8 e dietro lor con minor fretta viene.
12.38.1 Giunti che fur, correndo, ove i sentieri
12.38.2 a perder si venian ne la foresta,
12.38.3 e cominciâr per l' erba i cavallieri
12.38.4 a riguardar se vi trovavan pesta;
12.38.5 Ferraù, che potea fra quanti altieri
12.38.6 mai fosser, gir con la corona in testa,
12.38.7 si volse con mal viso agli altri dui,
12.38.8 e gridò lor: -- Dove venite vui?
12.39.1 Tornate a dietro, o pigliate altra via,
12.39.2 se non volete rimaner qui morti:
12.39.3 né in amar né in seguir la donna mia
12.39.4 si creda alcun, che compagnia comporti. --
12.39.5 Disse Orlando al Circasso: -- Che potria
12.39.6 più dir costui, s' ambi ci avesse scorti
12.39.7 per le più vili e timide puttane
12.39.8 che da conocchie mai traesser lane? --
12.40.1 Poi volto a Ferraù, disse: -- Uom bestiale,
12.40.2 s' io non guardassi che senza elmo sei,
12.40.3 di quel c' hai detto, s' hai ben detto o male,
12.40.4 senz' altra indugia accorger ti farei. --
12.40.5 Disse il Spagnuol: -- Di quel ch' a me non cale,
12.40.6 perché pigliarne tu cura ti déi?
12.40.7 Io sol contra ambidui per far son buono
12.40.8 quel che detto ho, senza elmo come sono. --
12.41.1 -- Deh (disse Orlando al re di Circassia),
12.41.2 in mio servigio a costui l' elmo presta,
12.41.3 tanto ch' io gli abbia tratta la pazzia;
12.41.4 ch' altra non vidi mai simile a questa. --
12.41.5 Rispose il re: -- Chi più pazzo saria?
12.41.6 Ma se ti par pur la domanda onesta,
12.41.7 prestagli il tuo; ch' io non sarò men atto,
12.41.8 che tu sia forse, a castigare un matto. --
12.42.1 Suggiunse Ferraù: -- Sciocchi voi, quasi
12.42.2 che, se mi fosse il portar elmo a grado,
12.42.3 voi senza non ne fosse già rimasi;
12.42.4 che tolti i vostri avrei, vostro mal grado.
12.42.5 Ma per narrarvi in parte li miei casi,
12.42.6 per voto così senza me ne vado,
12.42.7 et anderò, fin ch' io non ho quel fino
12.42.8 che porta in capo Orlando paladino. --
12.43.1 -- Dunque (rispose sorridendo il conte)
12.43.2 ti pensi a capo nudo esser bastante
12.43.3 far ad Orlando quel che in Aspramonte
12.43.4 egli già fece al figlio d' Agolante?
12.43.5 Anzi credo io, se tel vedessi a fronte,
12.43.6 ne tremeresti dal capo alle piante;
12.43.7 non che volessi l' elmo, ma daresti
12.43.8 l' altre arme a lui di patto, che tu vesti. --
12.44.1 Il vantator Spagnuol disse: -- Già molte
12.44.2 fïate e molte ho così Orlando astretto,
12.44.3 che facilmente l' arme gli avrei tolte,
12.44.4 quante indosso n' avea, non che l' elmetto;
12.44.5 e s' io nol feci, occorrono alle volte
12.44.6 pensier che prima non s' aveano in petto:
12.44.7 non n' ebbi, già fu, voglia; or l' aggio, e spero
12.44.8 che mi potrà succeder di leggiero. --
12.45.1 Non poté aver più pazïenzia Orlando,
12.45.2 e gridò: -- Mentitor, brutto marrano,
12.45.3 in che paese ti trovasti, e quando,
12.45.4 a poter più di me con l' arme in mano?
12.45.5 Quel paladin, di che ti vai vantando,
12.45.6 son io, che ti pensavi esser lontano.
12.45.7 Or vedi se tu puoi l' elmo levarme,
12.45.8 o s' io son buon per tôrre a te l' altre arme.
12.46.1 Né da te voglio un minimo vantaggio. --
12.46.2 Così dicendo, l' elmo si disciolse,
12.46.3 e lo suspese a un ramuscel di faggio;
12.46.4 e quasi a un tempo Durindana tolse.
12.46.5 Ferraù non perdé di ciò il coraggio:
12.46.6 trasse la spada, e in atto si raccolse,
12.46.7 onde con essa e col levato scudo
12.46.8 potesse ricoprirsi il capo nudo.
12.47.1 Così li duo guerrieri incominciaro,
12.47.2 lor cavalli aggirando, a volteggiarsi;
12.47.3 e dove l' arme si giungeano, e raro
12.47.4 era più il ferro, col ferro a tentarsi.
12.47.5 Non era in tutto 'l mondo un altro paro
12.47.6 che più di questo avessi ad accoppiarsi:
12.47.7 pari eran di vigor, pari d' ardire;
12.47.8 né l' un né l' altro si potea ferire.
12.48.1 Ch' abbiate, Signor mio, già inteso estimo,
12.48.2 che Ferraù per tutto era fatato,
12.48.3 fuor che là dove l' alimento primo
12.48.4 piglia il bambin nel ventre ancor serrato:
12.48.5 e fin che del sepolcro il tetro limo
12.48.6 la faccia gli coperse, il luogo armato
12.48.7 usò portar, dove era il dubbio, sempre
12.48.8 di sette piastre fatte a buone tempre.
12.49.1 Era ugualmente il principe d' Anglante
12.49.2 tutto fatato, fuor che in una parte:
12.49.3 ferito esser potea sotto le piante;
12.49.4 ma le guardò con ogni studio et arte.
12.49.5 Duro era il resto lor più che diamante
12.49.6 (se la fama dal ver non si diparte);
12.49.7 e l' uno e l' altro andò, più per ornato
12.49.8 che per bisogno, alle sue imprese armato.
12.50.1 S' incrudelisce e inaspra la battaglia,
12.50.2 d' orrore in vista e di spavento piena.
12.50.3 Ferraù, quando punge e quando taglia,
12.50.4 né mena botta che non vada piena:
12.50.5 ogni colpo d' Orlando o piastra o maglia
12.50.6 e schioda e rompe et apre e a straccio mena.
12.50.7 Angelica invisibil lor pon mente,
12.50.8 sola a tanto spettacolo presente.
12.51.1 Intanto il re di Circassia, stimando
12.51.2 che poco inanzi Angelica corresse,
12.51.3 poi ch' attaccati Ferraù et Orlando
12.51.4 vide restar, per quella via si messe,
12.51.5 che si credea che la donzella, quando
12.51.6 da lor disparve, seguitata avesse:
12.51.7 sì che a quella battaglia la figliuola
12.51.8 di Galafron fu testimonia sola.
12.52.1 Poi che, orribil come era e spaventosa,
12.52.2 l' ebbe da parte ella mirata alquanto,
12.52.3 e che le parve assai pericolosa
12.52.4 così da l' un come da l' altro canto;
12.52.5 di veder novità voluntarosa,
12.52.6 disegnò l' elmo tor, per mirar quanto
12.52.7 fariano i duo guerrier, vistosel tolto;
12.52.8 ben con pensier di non tenerlo molto.
12.53.1 Ha ben di darlo al conte intenzïone;
12.53.2 ma se ne vuole in prima pigliar gioco.
12.53.3 L' elmo dispicca, e in grembio se lo pone,
12.53.4 e sta a mirare i cavallieri un poco.
12.53.5 Di poi si parte, e non fa lor sermone;
12.53.6 e lontana era un pezzo da quel loco,
12.53.7 prima ch' alcun di lor v' avesse mente:
12.53.8 sì l' uno e l' altro era ne l' ira ardente.
12.54.1 Ma Ferraù, che prima v' ebbe gli occhi,
12.54.2 si dispiccò da Orlando, e disse a lui:
12.54.3 -- Deh come n' ha da male accorti e sciocchi
12.54.4 trattati il cavallier ch' era con nui!
12.54.5 Che premio fia ch' al vincitor più tocchi,
12.54.6 se 'l bel elmo involato n' ha costui? --
12.54.7 Ritrassi Orlando, e gli occhi al ramo gira:
12.54.8 non vede l' elmo, e tutto avampa d' ira.
12.55.1 E nel parer di Ferraù concorse,
12.55.2 che 'l cavallier che dianzi era con loro
12.55.3 se lo portasse; onde la briglia torse,
12.55.4 e fe' sentir gli sproni a Brigliadoro.
12.55.5 Ferraù che del campo il vide tôrse,
12.55.6 gli venne dietro; e poi che giunti fôro
12.55.7 dove ne l' erba appar l' orma novella
12.55.8 ch' avea fatto il Circasso e la donzella,
12.56.1 prese la strada alla sinistra il conte
12.56.2 verso una valle, ove il Circasso era ito:
12.56.3 si tenne Ferraù più presso al monte,
12.56.4 dove il sentiero Angelica avea trito.
12.56.5 Angelica in quel mezzo ad una fonte
12.56.6 giunta era, ombrosa e di giocondo sito,
12.56.7 ch' ognun che passa, alle fresche ombre invita,
12.56.8 né, senza ber, mai lascia far partita.
12.57.1 Angelica si ferma alle chiare onde,
12.57.2 non pensando ch' alcun le sopravegna;
12.57.3 e per lo sacro annel che la nasconde,
12.57.4 non può temer che caso rio le avegna.
12.57.5 A prima giunta in su l' erbose sponde
12.57.6 del rivo l' elmo a un ramuscel consegna;
12.57.7 poi cerca, ove nel bosco è miglior frasca,
12.57.8 la iumenta legar, perché si pasca.
12.58.1 Il cavallier di Spagna, che venuto
12.58.2 era per l' orme, alla fontana giunge.
12.58.3 Non l' ha sì tosto Angelica veduto,
12.58.4 che gli dispare, e la cavalla punge.
12.58.5 L' elmo, che sopra l' erba era caduto,
12.58.6 ritor non può, che troppo resta lunge.
12.58.7 Come il pagan d' Angelica s' accorse,
12.58.8 tosto vêr lei pien di letizia corse.
12.59.1 Gli sparve, come io dico, ella davante,
12.59.2 come fantasma al dipartir del sonno.
12.59.3 Cercando egli la va per quelle piante,
12.59.4 né i miseri occhi più veder la ponno.
12.59.5 Bestemiando Macone e Trivigante,
12.59.6 e di sua legge ogni maestro e donno,
12.59.7 ritornò Ferraù verso la fonte,
12.59.8 u' ne l' erba giacea l' elmo del conte.
12.60.1 Lo riconobbe, tosto che mirollo,
12.60.2 per lettere ch' avea scritte ne l' orlo;
12.60.3 che dicean dove Orlando guadagnollo,
12.60.4 e come e quando, et a chi fe' deporlo.
12.60.5 Armossene il pagano il capo e il collo;
12.60.6 che non lasciò, pel duol ch' avea, di tôrlo;
12.60.7 pel duol ch' avea di quella che gli sparve,
12.60.8 come sparir soglion notturne larve.
12.61.1 Poi ch' allacciato s' ha il buon elmo in testa,
12.61.2 aviso gli è, che a contentarsi a pieno,
12.61.3 sol ritrovare Angelica gli resta,
12.61.4 che gli appar e dispar come baleno.
12.61.5 Per lei tutta cercò l' alta foresta:
12.61.6 e poi ch' ogni speranza venne meno
12.61.7 di più poterne ritrovar vestigi,
12.61.8 tornò al campo spagnuol verso Parigi;
12.62.1 temperando il dolor che gli ardea il petto,
12.62.2 di non aver sì gran disir sfogato,
12.62.3 col refrigerio di portar l' elmetto
12.62.4 che fu d' Orlando, come avea giurato.
12.62.5 Dal conte, poi che 'l certo gli fu detto,
12.62.6 fu lungamente Ferraù cercato;
12.62.7 né fin quel dì dal capo gli lo sciolse,
12.62.8 che fra duo ponti la vita gli tolse.
12.63.1 Angelica invisibile e soletta
12.63.2 via se ne va, ma con turbata fronte;
12.63.3 che de l' elmo le duol, che troppa fretta
12.63.4 le avea fatto lasciar presso alla fonte.
12.63.5 -- Per voler far quel ch' a me far non spetta
12.63.6 (tra sé dicea), levato ho l' elmo al conte:
12.63.7 questo, pel primo merito, è assai buono
12.63.8 di quanto a lui pur ubligata sono.
12.64.1 Con buona intenzïone (e sallo Idio),
12.64.2 ben che diverso e tristo effetto segua,
12.64.3 io levai l' elmo: e solo il pensier mio
12.64.4 fu di ridur quella battaglia a triegua;
12.64.5 e non che per mio mezzo il suo disio
12.64.6 questo brutto Spagnuol oggi consegua. --
12.64.7 Così di sé s' andava lamentando
12.64.8 d' aver de l' elmo suo privato Orlando.
12.65.1 Sdegnata e malcontenta la via prese,
12.65.2 che le parea miglior, verso Orïente.
12.65.3 Più volte ascosa andò, talor palese,
12.65.4 secondo era oportuno, infra la gente.
12.65.5 Dopo molto veder molto paese,
12.65.6 giunse in un bosco, dove iniquamente
12.65.7 fra duo compagni morti un giovinetto
12.65.8 trovò, ch' era ferito in mezzo il petto.
12.66.1 Ma non dirò d' Angelica or più inante;
12.66.2 che molte cose ho da narrarvi prima:
12.66.3 né sono a Ferraù né a Sacripante,
12.66.4 sin a gran pezzo per donar più rima.
12.66.5 Da lor mi leva il principe d' Anglante,
12.66.6 che di sé vuol che inanzi agli altri esprima
12.66.7 le fatiche e gli affanni che sostenne
12.66.8 nel gran disio, di che a fin mai non venne.
12.67.1 Alla prima città ch' egli ritruova
12.67.2 (perché d' andare occulto avea gran cura)
12.67.3 si pone in capo una barbuta nuova
12.67.4 senza mirar s' ha debil tempra o dura:
12.67.5 sia qual si vuol, poco gli nuoce o giova;
12.67.6 sì ne la fatagion si rassicura.
12.67.7 Così coperto, séguita l' inchiesta;
12.67.8 né notte, o giorno, o pioggia, o sol l' arresta.
12.68.1 Era ne l' ora, che traea i cavalli
12.68.2 Febo del mar con rugiadoso pelo,
12.68.3 e l' Aurora di fior vermigli e gialli
12.68.4 venìa spargendo d' ogn' intorno il cielo;
12.68.5 e lasciato le stelle aveano i balli,
12.68.6 e per partirsi postosi già il velo;
12.68.7 quando appresso a Parigi un dì passando,
12.68.8 mostrò di sua virtù gran segno Orlando.
12.69.1 In dua squadre incontrossi: e Manilardo
12.69.2 ne reggea l' una, il Saracin canuto,
12.69.3 re di Norizia, già fiero e gagliardo,
12.69.4 or miglior di consiglio che d' aiuto;
12.69.5 guidava l' altra sotto il suo stendardo
12.69.6 il re di Tremisen, ch' era tenuto
12.69.7 tra gli Africani cavallier perfetto:
12.69.8 Alzirdo fu, da chi 'l conobbe, detto.
12.70.1 Questi con l' altro esercito pagano
12.70.2 quella invernata avean fatto soggiorno,
12.70.3 chi presso alla città, chi più lontano,
12.70.4 tutti alle ville o alle castella intorno:
12.70.5 ch' avendo speso il re Agramante invano,
12.70.6 per espugnar Parigi, più d' un giorno,
12.70.7 vòlse tentar l' assedio finalmente,
12.70.8 poi che pigliar non lo potea altrimente.
12.71.1 E per far questo avea gente infinita;
12.71.2 che oltre a quella che con lui giunt' era,
12.71.3 e quella che di Spagna avea seguita
12.71.4 del re Marsilio la real bandiera,
12.71.5 molta di Francia n' avea al soldo unita;
12.71.6 che da Parigi insino alla riviera
12.71.7 d' Arli, con parte di Guascogna (eccetto
12.71.8 alcune ròcche) avea tutto suggetto.
12.72.1 Or cominciando i trepidi ruscelli
12.72.2 a sciorre il freddo giaccio in tiepide onde,
12.72.3 e i prati di nuove erbe, e gli arbuscelli
12.72.4 a rivestirsi di tenera fronde;
12.72.5 ragunò il re Agramante tutti quelli
12.72.6 che seguian le fortune sue seconde,
12.72.7 per farsi rassegnar l' armata torma;
12.72.8 indi alle cose sue dar miglior forma.
12.73.1 A questo effetto il re di Tremisenne
12.73.2 con quel de la Norizia ne venìa,
12.73.3 per là giungere a tempo, ove si tenne
12.73.4 poi conto d' ogni squadra o buona o ria.
12.73.5 Orlando a caso ad incontrar si venne
12.73.6 (come io v' ho detto) in questa compagnia,
12.73.7 cercando pur colei, come egli era uso,
12.73.8 che nel carcer d' Amor lo tenea chiuso.
12.74.1 Come Alzirdo appressar vide quel conte
12.74.2 che di valor non avea pari al mondo,
12.74.3 in tal sembiante, in sì superba fronte,
12.74.4 che 'l dio de l' arme a lui parea secondo,
12.74.5 restò stupito alle fattezze conte,
12.74.6 al fiero sguardo, al viso furibondo;
12.74.7 e lo stimò guerrier d' alta prodezza:
12.74.8 ma ebbe del provar troppa vaghezza.
12.75.1 Era giovane Alzirdo, et arrogante
12.75.2 per molta forza, e per gran cor pregiato.
12.75.3 Per giostrar spinse il suo cavallo inante:
12.75.4 meglio per lui, se fosse in schiera stato;
12.75.5 che ne lo scontro il principe d' Anglante
12.75.6 lo fe' cader per mezzo il cor passato.
12.75.7 Giva in fuga il destrier di timor pieno;
12.75.8 che su non v' era chi reggesse il freno.
12.76.1 Levasi un grido subito et orrendo,
12.76.2 che d' ogn' intorno n' ha l' aria ripiena,
12.76.3 come si vede, il giovene cadendo,
12.76.4 spicciar il sangue di sì larga vena.
12.76.5 La turba verso il conte vien fremendo
12.76.6 disordinata, e tagli e punte mena;
12.76.7 ma quella è più, che con pennuti dardi
12.76.8 tempesta il fior dei cavallier gagliardi.
12.77.1 Con qual rumor la setolosa frotta
12.77.2 correr da monti suole o da campagne,
12.77.3 se 'l lupo uscito di nascosa grotta,
12.77.4 o l' orso sceso alle minor montagne,
12.77.5 un tener porco preso abbia talotta,
12.77.6 che con grugnito e gran stridor si lagne;
12.77.7 con tal lo stuol barbarico era mosso
12.77.8 verso il conte, gridando: -- Adosso, adosso! --
12.78.1 Lance, saette e spade ebbe l' usbergo
12.78.2 a un tempo mille, e lo scudo altretante:
12.78.3 chi gli percuote con la mazza il tergo,
12.78.4 chi minaccia da lato, e chi davante.
12.78.5 Ma quel, ch' al timor mai non diede albergo,
12.78.6 estima la vil turba e l' arme tante,
12.78.7 quel che dentro alla mandra, all' aer cupo,
12.78.8 il numer de l' agnelle estimi il lupo.
12.79.1 Nuda avea in man quella fulminea spada
12.79.2 che posti ha tanti Saracini a morte:
12.79.3 dunque chi vuol di quanta turba cada
12.79.4 tenere il conto, ha impresa dura e forte.
12.79.5 Rossa di sangue già correa la strada,
12.79.6 capace a pena a tante genti morte;
12.79.7 perché né targa né capel difende
12.79.8 la fatal Durindana, ove discende,
12.80.1 né vesta piena di cotone, o tele
12.80.2 che circondino il capo in mille vòlti.
12.80.3 Non pur per l' aria gemiti e querele,
12.80.4 ma volan braccia e spalle e capi sciolti.
12.80.5 Pel campo errando va Morte crudele
12.80.6 in molti, varii, e tutti orribil volti;
12.80.7 e tra sé dice: -- In man d' Orlando valci
12.80.8 Durindana per cento de mie falci. --
12.81.1 Una percossa a pena l' altra aspetta.
12.81.2 Ben tosto cominciâr tutti a fuggire;
12.81.3 e quando prima ne veniano in fretta
12.81.4 (perch' era sol, credeanselo inghiottire),
12.81.5 non è chi per levarsi de la stretta
12.81.6 l' amico aspetti, e cerchi insieme gire:
12.81.7 chi fugge a piedi in qua, chi colà sprona;
12.81.8 nessun domanda se la strada è buona.
12.82.1 Virtude andava intorno con lo speglio
12.82.2 che fa veder ne l' anima ogni ruga:
12.82.3 nessun vi si mirò, se non un veglio
12.82.4 a cui il sangue l' età, non l' ardir, sciuga.
12.82.5 Vide costui quanto il morir sia meglio,
12.82.6 che con suo disonor mettersi in fuga:
12.82.7 dico il re di Norizia; onde la lancia
12.82.8 arrestò contra il paladin di Francia.
12.83.1 E la roppe alla penna de lo scudo
12.83.2 del fiero conte, che nulla si mosse.
12.83.3 Egli ch' avea alla posta il brando nudo,
12.83.4 re Manilardo al trapassar percosse.
12.83.5 Fortuna l' aiutò; che 'l ferro crudo
12.83.6 in man d' Orlando al venir giù voltosse:
12.83.7 tirare i colpi a filo ognor non lece;
12.83.8 ma pur di sella stramazzar lo fece.
12.84.1 Stordito de l' arcion quel re stramazza:
12.84.2 non si rivolge Orlando a rivederlo;
12.84.3 che gli altri taglia, tronca, fende, amazza:
12.84.4 a tutti pare in su le spalle averlo.
12.84.5 Come per l' aria, ove han sì larga piazza,
12.84.6 fuggon li storni da l' audace smerlo,
12.84.7 così di quella squadra ormai disfatta
12.84.8 altri cade, altri fugge, altri s' appiatta.
12.85.1 Non cessò pria la sanguinosa spada,
12.85.2 che fu di viva gente il campo vòto.
12.85.3 Orlando è in dubbio a ripigliar la strada,
12.85.4 ben che gli sia tutto il paese noto.
12.85.5 O da man destra o da sinistra vada,
12.85.6 il pensier da l' andar sempre è remoto:
12.85.7 d' Angelica cercar, fuor ch' ove sia,
12.85.8 teme, e di far sempre contraria via.
12.86.1 Il suo camin (di lei chiedendo spesso)
12.86.2 or per li campi or per le selve tenne:
12.86.3 e sì come era uscito di se stesso,
12.86.4 uscì di strada; e a piè d' un monte venne,
12.86.5 dove la notte fuor d' un sasso fesso
12.86.6 lontan vide un splendor batter le penne.
12.86.7 Orlando al sasso per veder s' accosta,
12.86.8 se quivi fosse Angelica reposta.
12.87.1 Come nel bosco de l' umil ginepre,
12.87.2 o ne la stoppia alla campagna aperta,
12.87.3 quando si cerca la paurosa lepre
12.87.4 per traversati solchi e per via incerta,
12.87.5 si va ad ogni cespuglio, ad ogni vepre,
12.87.6 se per ventura vi fosse coperta;
12.87.7 così cercava Orlando con gran pena
12.87.8 la donna sua, dove speranza il mena.
12.88.1 Verso quel raggio andando in fretta il conte,
12.88.2 giunse ove ne la selva si diffonde
12.88.3 da l' angusto spiraglio di quel monte,
12.88.4 ch' una capace grotta in sé nasconde;
12.88.5 e truova inanzi ne la prima fronte
12.88.6 spine e virgulti, come mura e sponde,
12.88.7 per celar quei che ne la grotta stanno,
12.88.8 da chi far lor cercasse oltraggio e danno.
12.89.1 Di giorno ritrovata non sarebbe,
12.89.2 ma la facea di notte il lume aperta.
12.89.3 Orlando pensa ben quel ch' esser debbe;
12.89.4 pur vuol saper la cosa anco più certa.
12.89.5 Poi che legato fuor Brigliadoro ebbe,
12.89.6 tacito viene alla grotta coperta;
12.89.7 e fra li spessi rami ne la buca
12.89.8 entra, senza chiamar chi l' introduca.
12.90.1 Scende la tomba molti gradi al basso,
12.90.2 dove la viva gente sta sepolta.
12.90.3 Era non poco spazïoso il sasso
12.90.4 tagliato a punte di scarpelli in volta;
12.90.5 né di luce dïurna in tutto casso,
12.90.6 ben che l' entrata non ne dava molta;
12.90.7 ma ve ne venìa assai da una finestra
12.90.8 che sporgea in un pertugio da man destra.
12.91.1 In mezzo la spelonca, appresso a un fuoco
12.91.2 era una donna di giocondo viso;
12.91.3 quindici anni passar dovea di poco,
12.91.4 quanto fu al conte, al primo sguardo, aviso:
12.91.5 et era bella sì, che facea il loco
12.91.6 salvatico parere un paradiso;
12.91.7 ben ch' avea gli occhi di lacrime pregni,
12.91.8 del cor dolente manifesti segni.
12.92.1 V' era una vecchia; e facean gran contese
12.92.2 (come uso feminil spesso esser suole),
12.92.3 ma come il conte ne la grotta scese,
12.92.4 finiron le dispùte e le parole.
12.92.5 Orlando a salutarle fu cortese
12.92.6 (come con donne sempre esser si vuole),
12.92.7 et elle si levaro immantinente,
12.92.8 e lui risalutâr benignamente.
12.93.1 Gli è ver che si smarriro in faccia alquanto,
12.93.2 come improviso udiron quella voce,
12.93.3 e insieme entrare armato tutto quanto
12.93.4 vider là dentro un uom tanto feroce.
12.93.5 Orlando domandò qual fosse tanto
12.93.6 scortese, ingiusto, barbaro et atroce,
12.93.7 che ne la grotta tenesse sepolto
12.93.8 un sì gentile et amoroso volto.
12.94.1 La vergine a fatica gli rispose,
12.94.2 interrotta da fervidi signiozzi,
12.94.3 che dai coralli e da le prezïose
12.94.4 perle uscir fanno i dolci accenti mozzi.
12.94.5 Le lacrime scendean tra gigli e rose,
12.94.6 là dove avien ch' alcuna se n' inghiozzi.
12.94.7 Piacciavi udir ne l' altro canto il resto,
12.94.8 Signor, che tempo è omai di finir questo.
CANTO XIII
13.1.1 Ben furo aventurosi i cavallieri
13.1.2 ch' erano a quella età, che nei valloni,
13.1.3 ne le scure spelonche e boschi fieri,
13.1.4 tane di serpi, d' orsi e di leoni,
13.1.5 trovavan quel che nei palazzi altieri
13.1.6 a pena or trovar puon giudici buoni:
13.1.7 donne, che ne la lor più fresca etade
13.1.8 sien degne d' aver titol di beltade.
13.2.1 Di sopra vi narrai che ne la grotta
13.2.2 avea trovato Orlando una donzella,
13.2.3 e che le dimandò ch' ivi condotta
13.2.4 l' avesse: or seguitando, dico ch' ella,
13.2.5 poi che più d' un signiozzo l' ha interrotta,
13.2.6 con dolce e suavissima favella
13.2.7 al conte fa le sue sciagure note,
13.2.8 con quella brevità che meglio puote.
13.3.1 -- Ben che io sia certa (dice), o cavalliero,
13.3.2 ch' io porterò del mio parlar supplizio,
13.3.3 perché a colui che qui m' ha chiusa, spero
13.3.4 che costei ne darà subito indizio;
13.3.5 pur son disposta non celarti il vero,
13.3.6 e vada la mia vita in precipizio.
13.3.7 E ch' aspettar poss' io da lui più gioia,
13.3.8 che 'l si disponga un dì voler ch' io muoia?
13.4.1 Isabella sono io, che figlia fui
13.4.2 del re mal fortunato di Gallizia.
13.4.3 Ben dissi fui; ch' or non son più di lui,
13.4.4 ma di dolor, d' affanno e di mestizia.
13.4.5 Colpa d' Amor: ch' io non saprei di cui
13.4.6 dolermi più che de la sua nequizia;
13.4.7 che dolcemente nei principii applaude,
13.4.8 e tesse di nascosto inganno e fraude.
13.5.1 Già mi vivea di mia sorte felice,
13.5.2 gentil, giovane, ricca, onesta e bella:
13.5.3 vile e povera or sono, or infelice;
13.5.4 e s' altra è peggior sorte, io sono in quella.
13.5.5 Ma voglio sappi la prima radice
13.5.6 che produsse quel mal che mi flagella;
13.5.7 e ben ch' aiuto poi da te non esca,
13.5.8 poco non mi parrà, che te n' incresca.
13.6.1 Mio patre fe' in Baiona alcune giostre,
13.6.2 esser denno oggimai dodici mesi.
13.6.3 Trasse la fama ne le terre nostre
13.6.4 cavallieri a giostrar di più paesi.
13.6.5 Fra gli altri (o sia ch' Amor così mi mostre,
13.6.6 o che virtù pur se stessa palesi)
13.6.7 mi parve da lodar Zerbino solo,
13.6.8 che del gran re di Scozia era figliuolo.
13.7.1 Il qual poi che far pruove in campo vidi
13.7.2 miracolose di cavalleria,
13.7.3 fui presa del suo amore; e non m' avidi,
13.7.4 ch' io mi conobbi più non esser mia.
13.7.5 E pur, ben che 'l suo amor così mi guidi,
13.7.6 mi giova sempre avere in fantasia
13.7.7 ch' io non misi il mio core in luogo immondo,
13.7.8 ma nel più degno e bel ch' oggi sia al mondo.
13.8.1 Zerbino di bellezza e di valore
13.8.2 sopra tutti i signori era eminente.
13.8.3 Mostrommi, e credo mi portasse amore,
13.8.4 e che di me non fosse meno ardente.
13.8.5 Non ci mancò chi del commune ardore
13.8.6 interprete fra noi fosse sovente,
13.8.7 poi che di vista ancor fummo disgiunti;
13.8.8 che gli animi restâr sempre congiunti.
13.9.1 Però che dato fine alla gran festa,
13.9.2 il mio Zerbino in Scozia fe' ritorno.
13.9.3 Se sai che cosa è amor, ben sai che mesta
13.9.4 restai, di lui pensando notte e giorno;
13.9.5 et era certa che non men molesta
13.9.6 fiamma intorno il suo cor facea soggiorno.
13.9.7 Egli non fece al suo disio più schermi,
13.9.8 se non che cercò via di seco avermi.
13.10.1 E perché vieta la diversa fede
13.10.2 (essendo egli cristiano, io saracina)
13.10.3 ch' al mio padre per moglie non mi chiede,
13.10.4 per furto indi levarmi si destina.
13.10.5 Fuor de la ricca mia patria, che siede
13.10.6 tra verdi campi allato alla marina,
13.10.7 aveva un bel giardin sopra una riva,
13.10.8 che colli intorno e tutto il mar scopriva.
13.11.1 Gli parve il luogo a fornir ciò disposto,
13.11.2 che la diversa religion ci vieta;
13.11.3 e mi fa saper l' ordine che posto
13.11.4 avea di far la nostra vita lieta.
13.11.5 Appresso a Santa Marta avea nascosto
13.11.6 con gente armata una galea secreta,
13.11.7 in guardia d' Odorico di Biscaglia,
13.11.8 in mare e in terra mastro di battaglia.
13.12.1 Né potendo in persona far l' effetto
13.12.2 perch' egli allora era dal padre antico
13.12.3 a dar soccorso al re di Francia astretto,
13.12.4 manderia in vece sua questo Odorico,
13.12.5 che fra tutti i fedeli amici eletto
13.12.6 s' avea pel più fedele e pel più amico:
13.12.7 e bene esser dovea, se i benefici
13.12.8 sempre hanno forza d' acquistar gli amici.
13.13.1 Verria costui sopra un navilio armato,
13.13.2 al terminato tempo indi a levarmi.
13.13.3 E così venne il giorno disïato,
13.13.4 che dentro il mio giardin lasciai trovarmi.
13.13.5 Odorico la notte, accompagnato
13.13.6 di gente valorosa all' acqua e all' armi,
13.13.7 smontò ad un fiume alla città vicino,
13.13.8 e venne chetamente al mio giardino.
13.14.1 Quindi fui tratta alla galea spalmata
13.14.2 prima che la città n' avesse avisi.
13.14.3 De la famiglia ignuda e disarmata
13.14.4 altri fuggiro, altri restaro uccisi,
13.14.5 parte captiva meco fu menata.
13.14.6 Così da la mia terra io mi divisi,
13.14.7 con quanto gaudio non ti potrei dire,
13.14.8 sperando in breve il mio Zerbin fruire.
13.15.1 Voltati sopra Mongia eramo a pena
13.15.2 quando ci assalse alla sinistra sponda
13.15.3 un vento che turbò l' aria serena,
13.15.4 e turbò il mare, e al ciel gli levò l' onda.
13.15.5 Salta un maestro ch' a traverso mena,
13.15.6 e cresce ad ora ad ora, e soprabonda;
13.15.7 e cresce e soprabonda con tal forza,
13.15.8 che val poco alternar poggia con orza.
13.16.1 Non giova calar vele, e l' arbor sopra
13.16.2 corsia legar, né ruinar castella;
13.16.3 che ci veggiàn mal grado portar sopra
13.16.4 acuti scogli, appresso alla Rocella.
13.16.5 Se non ci aiuta quel che sta di sopra,
13.16.6 ci spinge in terra la crudel procella.
13.16.7 Il vento rio ne caccia in maggior fretta,
13.16.8 che d' arco mai non si aventò saetta.
13.17.1 Vide il periglio il Biscaglino, e a quello
13.17.2 usò un rimedio che fallir suol spesso:
13.17.3 ebbe ricorso subito al battello;
13.17.4 calossi, e me calar fece con esso.
13.17.5 Sceser dui altri, e ne scendea un drapello,
13.17.6 se i primi scesi l' avesser concesso;
13.17.7 ma con le spade li tenner discosto,
13.17.8 tagliâr la fune, e ci allargamo tosto.
13.18.1 Fummo gittati a salvamento al lito
13.18.2 noi che nel palischermo eramo scesi;
13.18.3 periron gli altri col legno sdrucito;
13.18.4 in preda al mare andâr tutti gli arnesi.
13.18.5 All' eterna Bontade, all' infinito
13.18.6 Amor, rendendo grazie, le man stesi,
13.18.7 che non m' avessi dal furor marino
13.18.8 lasciato tor di riveder Zerbino.
13.19.1 Come ch' io avessi sopra il legno e vesti
13.19.2 lasciato e gioie e l' altre cose care,
13.19.3 pur che la speme di Zerbin mi resti,
13.19.4 contenta son che s' abbi il resto il mare.
13.19.5 Non sono, ove scendemo, i liti pesti
13.19.6 d' alcun sentier, né intorno albergo appare;
13.19.7 ma solo il monte, al qual mai sempre fiede
13.19.8 l' ombroso capo il vento, e 'l mare il piede.
13.20.1 Quivi il crudo tiranno Amor, che sempre
13.20.2 d' ogni promessa sua fu disleale,
13.20.3 e sempre guarda come involva e stempre
13.20.4 ogni nostro disegno razionale,
13.20.5 mutò con triste e disoneste tempre
13.20.6 mio conforto in dolor, mio bene in male;
13.20.7 che quell' amico, in chi Zerbin si crede,
13.20.8 di desire arse, et agghiacciò di fede.
13.21.1 O che m' avesse in mar bramata ancora,
13.21.2 né fosse stato a dimostrarlo ardito,
13.21.3 o cominciassi il desiderio allora
13.21.4 che l' agio v' ebbe dal solingo lito;
13.21.5 disegnò quivi senza più dimora
13.21.6 condurre a fin l' ingordo suo appetito;
13.21.7 ma prima da sé tôrre un de li dui
13.21.8 che nel battel campati eran con nui.
13.22.1 Quell' era omo di Scozia, Almonio detto,
13.22.2 che mostrava a Zerbin portar gran fede;
13.22.3 e commendato per guerrier perfetto
13.22.4 da lui fu, quando ad Odorico il diede.
13.22.5 Disse a costui che biasmo era e difetto,
13.22.6 se mi traeano alla Rocella a piede;
13.22.7 e lo pregò ch' inanti volesse ire
13.22.8 a farmi incontra alcun ronzin venire.
13.23.1 Almonio, che di ciò nulla temea,
13.23.2 immantinente inanzi il camin piglia
13.23.3 alla città che 'l bosco ci ascondea,
13.23.4 e non era lontana oltra sei miglia.
13.23.5 Odorico scoprir sua voglia rea
13.23.6 all' altro finalmente si consiglia;
13.23.7 sì perché tor non se lo sa d' appresso,
13.23.8 sì perché avea gran confidenzia in esso.
13.24.1 Era Corebo di Bilbao nomato
13.24.2 quel di ch' io parlo, che con noi rimase;
13.24.3 che da fanciullo picciolo allevato
13.24.4 s' era con lui ne le medesme case.
13.24.5 Poter con lui communicar l' ingrato
13.24.6 pensiero il traditor si persuase,
13.24.7 sperando ch' ad amar saria più presto
13.24.8 il piacer de l' amico, che l' onesto.
13.25.1 Corebo, che gentile era e cortese,
13.25.2 non lo poté ascoltar senza gran sdegno:
13.25.3 lo chiamò traditore, e gli contese
13.25.4 con parole e con fatti il rio disegno.
13.25.5 Grande ira all' uno e all' altro il core accese,
13.25.6 e con le spade nude ne fêr segno.
13.25.7 Al trar de' ferri, io fui da la paura
13.25.8 volta a fuggir per l' alta selva oscura.
13.26.1 Odorico, che mastro era di guerra,
13.26.2 in pochi colpi a tal vantaggio venne,
13.26.3 che per morto lasciò Corebo in terra,
13.26.4 e per le mie vestigie il camin tenne.
13.26.5 Prestògli Amor (se 'l mio creder non erra),
13.26.6 acciò potesse giungermi, le penne;
13.26.7 e gl' insegnò molte lusinghe e prieghi,
13.26.8 con che ad amarlo e compiacer mi pieghi.
13.27.1 Ma tutto è indarno; che fermata e certa
13.27.2 più tosto era a morir, ch' a satisfarli.
13.27.3 Poi ch' ogni priego, ogni lusinga esperta
13.27.4 ebbe e minaccie, e non potean giovarli,
13.27.5 si ridusse alla forza a faccia aperta.
13.27.6 Nulla mi val che supplicando parli
13.27.7 de la fé ch' avea in lui Zerbino avuta,
13.27.8 e ch' io ne le sue man m' era creduta.
13.28.1 Poi che gittar mi vidi i prieghi invano,
13.28.2 né mi sperare altronde altro soccorso,
13.28.3 e che più sempre cupido e villano
13.28.4 a me venìa, come famelico orso;
13.28.5 io mi difesi con piedi e con mano,
13.28.6 et adopra'vi sin a l' ugne e il morso:
13.28.7 pela'gli il mento, e gli graffiai la pelle,
13.28.8 con stridi che n' andavano alle stelle.
13.29.1 Non so se fosse caso, o li miei gridi
13.29.2 che si doveano udir lungi una lega,
13.29.3 o pur ch' usati sian correre ai lidi
13.29.4 quando navilio alcun si rompe o anniega;
13.29.5 sopra il monte una turba apparir vidi,
13.29.6 e questa al mare e verso noi si piega.
13.29.7 Come la vede il Biscaglin venire,
13.29.8 lascia l' impresa, e voltasi a fuggire.
13.30.1 Contra quel disleal mi fu adiutrice
13.30.2 questa turba, signor; ma a quella image
13.30.3 che sovente in proverbio il vulgo dice:
13.30.4 cader de la padella ne la brage.
13.30.5 Gli è ver ch' io non son stata sì infelice,
13.30.6 né le lor menti ancor tanto malvage,
13.30.7 ch' abbino vïolata mia persona:
13.30.8 non che sia in lor virtù, né cosa buona;
13.31.1 ma perché se mi serban, come io sono,
13.31.2 vergine, speran vendermi più molto.
13.31.3 Finito è il mese ottavo e viene il nono,
13.31.4 che fu il mio vivo corpo qui sepolto.
13.31.5 Del mio Zerbino ogni speme abbandono;
13.31.6 che già, per quanto ho da lor detti accolto,
13.31.7 m' han promessa e venduta a un mercadante,
13.31.8 che portare al soldan mi de' in Levante. --
13.32.1 Così parlava la gentil donzella;
13.32.2 e spesso con signozzi e con sospiri
13.32.3 interrompea l' angelica favella,
13.32.4 da muovere a pietade aspidi e tiri.
13.32.5 Mentre sua doglia così rinovella,
13.32.6 o forse disacerba i suoi martìri,
13.32.7 da venti uomini entrâr ne la spelonca,
13.32.8 armati chi di spiedo e chi di ronca.
13.33.1 Il primo d' essi, uom di spietato viso,
13.33.2 ha solo un occhio, e sguardo scuro e bieco;
13.33.3 l' altro, d' un colpo che gli avea reciso
13.33.4 il naso e la mascella, è fatto cieco.
13.33.5 Costui vedendo il cavalliero assiso
13.33.6 con la vergine bella entro allo speco,
13.33.7 volto a' compagni, disse: -- Ecco augel nuovo,
13.33.8 a cui non tesi, e ne la rete il truovo. --
13.34.1 Poi disse al conte: -- Uomo non vidi mai
13.34.2 più commodo di te, né più oportuno.
13.34.3 Non so se ti se' apposto, o se lo sai
13.34.4 perché te l' abbia forse detto alcuno,
13.34.5 che sì bell' arme io desïava assai,
13.34.6 e questo tuo leggiadro abito bruno.
13.34.7 Venuto a tempo veramente sei,
13.34.8 per riparare agli bisogni miei. --
13.35.1 Sorrise amaramente, in piè salito,
13.35.2 Orlando, e fe' risposta al mascalzone:
13.35.3 -- Io ti venderò l' arme ad un partito
13.35.4 che non ha mercadante in sua ragione. --
13.35.5 Del fuoco, ch' avea appresso, indi rapito
13.35.6 pien di fuoco e di fumo uno stizzone,
13.35.7 trasse, e percosse il malandrino a caso,
13.35.8 dove confina con le ciglia il naso.
13.36.1 Lo stizzone ambe le palpèbre colse,
13.36.2 ma maggior danno fe' ne la sinistra;
13.36.3 che quella parte misera gli tolse,
13.36.4 che de la luce, sola, era ministra.
13.36.5 Né d' acciecarlo contentar si vòlse
13.36.6 il colpo fier, s' ancor non lo registra
13.36.7 tra quelli spirti che con suoi compagni
13.36.8 fa star Chiron dentro ai bollenti stagni.
13.37.1 Ne la spelonca una gran mensa siede
13.37.2 grossa duo palmi, e spazïosa in quadro,
13.37.3 che sopra un mal pulito e grosso piede,
13.37.4 cape con tutta la famiglia il ladro.
13.37.5 Con quell' agevolezza che si vede
13.37.6 gittar la canna lo Spagnuol leggiadro,
13.37.7 Orlando il grave desco da sé scaglia
13.37.8 dove ristretta insieme è la canaglia.
13.38.1 A chi 'l petto, a chi 'l ventre, a chi la testa,
13.38.2 a chi rompe le gambe, a chi le braccia;
13.38.3 di ch' altri muore, altri storpiato resta:
13.38.4 chi meno è offeso, di fuggir procaccia.
13.38.5 Così talvolta un grave sasso pesta
13.38.6 e fianchi e lombi, e spezza capi e schiaccia,
13.38.7 gittato sopra un gran drapel di biscie,
13.38.8 che dopo il verno al sol si goda e liscie.
13.39.1 Nascono casi, e non saprei dir quanti:
13.39.2 una muore, una parte senza coda,
13.39.3 un' altra non si può muover davanti,
13.39.4 e 'l deretano indarno aggira e snoda;
13.39.5 un' altra, ch' ebbe più propizii i santi,
13.39.6 striscia fra l' erbe, e va serpendo a proda.
13.39.7 Il colpo orribil fu, ma non mirando,
13.39.8 poi che lo fece il valoroso Orlando.
13.40.1 Quei che la mensa o nulla o poco offese
13.40.2 (e Turpin scrive a punto che fur sette),
13.40.3 ai piedi raccomandan sue difese:
13.40.4 ma ne l' uscita il paladin si mette;
13.40.5 e poi che presi gli ha senza contese,
13.40.6 le man lor lega con la fune istrette,
13.40.7 con una fune al suo bisogno destra,
13.40.8 che ritrovò ne la casa silvestra.
13.41.1 Poi li strascina fuor de la spelonca,
13.41.2 dove facea grande ombra un vecchio sorbo.
13.41.3 Orlando con la spada i rami tronca,
13.41.4 e quelli attacca per vivanda al corbo.
13.41.5 Non bisognò catena in capo adonca;
13.41.6 che per purgare il mondo di quel morbo,
13.41.7 l' arbor medesmo gli uncini prestolli,
13.41.8 con che pel mento Orlando ivi attaccolli.
13.42.1 La donna vecchia, amica a' malandrini,
13.42.2 poi che restar tutti li vide estinti,
13.42.3 fuggì piangendo e con le mani ai crini,
13.42.4 per selve e boscherecci labirinti.
13.42.5 Dopo aspri e malagevoli camini,
13.42.6 a gravi passi e dal timor sospinti,
13.42.7 in ripa un fiume in un guerrier scontrosse;
13.42.8 ma diferisco a ricontar chi fosse:
13.43.1 e torno all' altra, che si raccomanda
13.43.2 al paladin che non la lasci sola;
13.43.3 e dice di seguirlo in ogni banda.
13.43.4 Cortesemente Orlando la consola;
13.43.5 e quindi, poi ch' uscì con la ghirlanda
13.43.6 di rose adorna e di purpurea stola
13.43.7 la bianca Aurora al solito camino,
13.43.8 partì con Isabella il paladino.
13.44.1 Senza trovar cosa che degna sia
13.44.2 d' istoria, molti giorni insieme andaro;
13.44.3 e finalmente un cavallier per via,
13.44.4 che prigione era tratto, riscontraro.
13.44.5 Chi fosse, dirò poi; ch' or me ne svia
13.44.6 tal, di chi udir non vi sarà men caro:
13.44.7 la figliuola d' Amon, la qual lasciai
13.44.8 languida dianzi in amorosi guai.
13.45.1 La bella donna, disïando invano
13.45.2 ch' a lei facesse il suo Ruggier ritorno,
13.45.3 stava a Marsilia, ove allo stuol pagano
13.45.4 dava da travagliar quasi ogni giorno;
13.45.5 il qual scorrea, rubando in monte e in piano,
13.45.6 per Linguadoca e per Provenza intorno:
13.45.7 et ella ben facea l' ufficio vero
13.45.8 di savio duca e d' ottimo guerriero.
13.46.1 Standosi quivi, e di gran spazio essendo
13.46.2 passato il tempo che tornare a lei
13.46.3 il suo Ruggier dovea, né lo vedendo,
13.46.4 vivea in timor di mille casi rei.
13.46.5 Un dì fra gli altri, che di ciò piangendo
13.46.6 stava solinga, le arrivò colei
13.46.7 che portò ne l' annel la medicina
13.46.8 che sanò il cor ch' avea ferito Alcina.
13.47.1 Come a sé ritornar senza il suo amante,
13.47.2 dopo sì lungo termine, la vede,
13.47.3 resta pallida e smorta, e sì tremante,
13.47.4 che non ha forza di tenersi in piede:
13.47.5 ma la maga gentil le va davante
13.47.6 ridendo, poi che del timor s' avede;
13.47.7 e con viso giocondo la conforta,
13.47.8 qual aver suol chi buone nuove apporta.
13.48.1 -- Non temer (disse) di Ruggier, donzella,
13.48.2 ch' è vivo e sano, e come suol, t' adora;
13.48.3 ma non è già in sua libertà, che quella
13.48.4 pur gli ha levata il tuo nemico ancora:
13.48.5 et è bisogno che tu monti in sella,
13.48.6 se brami averlo, e che mi segui or ora;
13.48.7 che se mi segui, io t' aprirò la via
13.48.8 donde per te Ruggier libero fia. --
13.49.1 E seguitò, narrandole di quello
13.49.2 magico error che gli avea ordito Atlante:
13.49.3 che simulando d' essa il viso bello,
13.49.4 che captiva parea del rio gigante,
13.49.5 tratto l' avea ne l' incantato ostello,
13.49.6 dove sparito poi gli era davante;
13.49.7 e come tarda con simile inganno
13.49.8 le donne e i cavallier che di là vanno.
13.50.1 A tutti par, l' incantator mirando,
13.50.2 mirar quel che per sé brama ciascuno:
13.50.3 donna, scudier, compagno, amico; quando
13.50.4 il desiderio uman non è tutto uno.
13.50.5 Quindi il palagio van tutti cercando
13.50.6 con lungo affanno, e senza frutto alcuno;
13.50.7 e tanta è la speranza e il gran disire
13.50.8 del ritrovar, che non ne san partire.
13.51.1 -- Come tu giungi (disse) in quella parte
13.51.2 che giace presso all' incantata stanza,
13.51.3 verrà l' incantatore a ritrovarte,
13.51.4 che terrà di Ruggiero ogni sembianza;
13.51.5 e ti farà parer con sua mal' arte,
13.51.6 ch' ivi lo vinca alcun di più possanza,
13.51.7 acciò che tu per aiutarlo vada
13.51.8 dove con gli altri poi ti tenga a bada.
13.52.1 Acciò l' inganni, in che son tanti e tanti
13.52.2 caduti, non ti colgan, sie avertita,
13.52.3 che se ben di Ruggier viso e sembianti
13.52.4 ti parrà di veder, che chieggia aita,
13.52.5 non gli dar fede tu; ma, come avanti
13.52.6 ti vien, fagli lasciar l' indegna vita:
13.52.7 né dubitar perciò che Ruggier muoia,
13.52.8 ma ben colui che ti dà tanta noia.
13.53.1 Ti parrà duro assai, ben lo conosco,
13.53.2 uccidere un che sembri il tuo Ruggiero:
13.53.3 pur non dar fede all' occhio tuo, che losco
13.53.4 farà l' incanto, e celeragli il vero.
13.53.5 Férmati, pria ch' io ti conduca al bosco,
13.53.6 sì che poi non si cangi il tuo pensiero;
13.53.7 che sempre di Ruggier rimarrai priva,
13.53.8 se lasci per viltà che 'l mago viva. --
13.54.1 La valorosa giovane, con questa
13.54.2 intenzïon che 'l fraudolente uccida,
13.54.3 a pigliar l' arme, et a seguire è presta
13.54.4 Melissa; che sa ben quanto l' è fida.
13.54.5 Quella, or per terren culto, or per foresta,
13.54.6 a gran giornate e in gran fretta la guida,
13.54.7 cercando allevïarle tuttavia
13.54.8 con parlar grato la noiosa via.
13.55.1 E più di tutti i bei ragionamenti,
13.55.2 spesso le repetea ch' uscir di lei
13.55.3 e di Ruggier doveano gli eccellenti
13.55.4 principi e glorïosi semidei.
13.55.5 Come a Melissa fossino presenti
13.55.6 tutti i secreti degli eterni dèi,
13.55.7 tutte le cose ella sapea predire,
13.55.8 ch' avean per molti seculi a venire.
13.56.1 -- Deh, come, o prudentissima mia scorta
13.56.2 (dicea alla maga l' inclita donzella),
13.56.3 molti anni prima tu m' hai fatto accorta
13.56.4 di tanta mia viril progenie bella;
13.56.5 così d' alcuna donna mi conforta,
13.56.6 che di mia stirpe sia, s' alcuna in quella
13.56.7 metter si può tra belle e virtuose. --
13.56.8 E la cortese maga le rispose:
13.57.1 -- Da te uscir veggio le pudiche donne,
13.57.2 madri d' imperatori e di gran regi,
13.57.3 reparatrici e solide colonne
13.57.4 de case illustri e di domìni egregi;
13.57.5 che men degne non son ne le lor gonne,
13.57.6 ch' in arme i cavallier, di sommi pregi,
13.57.7 di pietà, di gran cor, di gran prudenza,
13.57.8 di somma e incomparabil continenza.
13.58.1 E s' io avrò da narrarti di ciascuna
13.58.2 che ne la stirpe tua sia d' onor degna,
13.58.3 troppo sarà; ch' io non ne veggio alcuna
13.58.4 che passar con silenzio mi convegna.
13.58.5 Ma ti farò, tra mille, scelta d' una
13.58.6 o di due coppie, acciò ch' a fin ne vegna.
13.58.7 Ne la spelonca perché nol dicesti?
13.58.8 che l' imagini ancor vedute avresti.
13.59.1 De la tua chiara stirpe uscirà quella
13.59.2 d' opere illustri e di bei studii amica,
13.59.3 ch' io non so ben se più leggiadra e bella
13.59.4 mi debba dire, o più saggia e pudica,
13.59.5 liberale e magnanima Isabella,
13.59.6 che del bel lume suo dì e notte aprica
13.59.7 farà la terra che sul Menzo siede,
13.59.8 a cui la madre d' Ocno il nome diede:
13.60.1 dove onorato e splendido certame
13.60.2 avrà col suo dignissimo consorte,
13.60.3 chi di lor più le virtù prezzi et ame,
13.60.4 e chi meglio apra a cortesia le porte.
13.60.5 S' un narrerà ch' al Taro e nel Reame
13.60.6 fu a liberar da' Galli Italia forte;
13.60.7 l' altra dirà:" Sol perché casta visse,
13.60.8 Penelope non fu minor d' Ulisse".
13.61.1 Gran cose e molte in brevi detti accolgo
13.61.2 di questa donna, e più dietro ne lasso,
13.61.3 che in quelli dì ch' io mi levai dal volgo,
13.61.4 mi fe' chiare Merlin dal cavo sasso.
13.61.5 E s' in questo gran mar la vela sciolgo,
13.61.6 di lunga Tifi in navigar trapasso.
13.61.7 Conchiudo in somma ch' ella avrà, per dono
13.61.8 de la virtù e del ciel, ciò ch' è di buono.
13.62.1 Seco avrà la sorella Beatrice,
13.62.2 a cui si converrà tal nome a punto:
13.62.3 ch' essa non sol del ben che qua giù lice,
13.62.4 per quel che viverà, toccherà il punto;
13.62.5 ma avrà forza di far seco felice
13.62.6 fra tutti i ricchi duci, il suo congiunto,
13.62.7 il qual, come ella poi lascierà il mondo,
13.62.8 così de l' infelici andrà nel fondo.
13.63.1 E Moro e Sforza e Viscontei colubri,
13.63.2 lei viva, formidabili saranno
13.63.3 da l' iperboree nievi ai lidi rubri,
13.63.4 da l' Indo ai monti ch' al tuo mar via dànno:
13.63.5 lei morta, andran col regno degl' Insubri,
13.63.6 e con grave di tutta Italia danno,
13.63.7 in servitute; e fia stimata, senza
13.63.8 costei, ventura la somma prudenza.
13.64.1 Vi saranno altre ancor, ch' avranno il nome
13.64.2 medesmo, e nasceran molt' anni prima:
13.64.3 di ch' una s' ornerà le sacre chiome
13.64.4 de la corona di Pannonia opima;
13.64.5 un' altra, poi che le terrene some
13.64.6 lasciate avrà, fia ne l' ausonio clima
13.64.7 collocata nel numer de le dive,
13.64.8 et avrà incensi e imagini votive.
13.65.1 De l' altre tacerò; che, come ho detto,
13.65.2 lungo sarebbe a ragionar di tante;
13.65.3 ben che per sé ciascuna abbia suggetto
13.65.4 degno, ch' eroica e chiara tuba cante.
13.65.5 Le Bianche, le Lucrezie io terrò in petto,
13.65.6 e le Costanze e l' altre, che di quante
13.65.7 splendide case Italia reggeranno,
13.65.8 reparatrici e madri ad esser hanno.
13.66.1 Più ch' altre fosser mai, le tue famiglie
13.66.2 saran ne le lor donne aventurose;
13.66.3 non dico in quella più de le lor figlie,
13.66.4 che ne l' alta onestà de le lor spose.
13.66.5 E acciò da te notizia anco si piglie
13.66.6 di questa parte che Merlin mi espose,
13.66.7 forse perch' io 'l dovessi a te ridire,
13.66.8 ho di parlarne non poco desire.
13.67.1 E dirò prima di Ricciarda, degno
13.67.2 esempio di fortezza e d' onestade:
13.67.3 vedova rimarrà, giovane, a sdegno
13.67.4 di Fortuna; il che spesso ai buoni accade.
13.67.5 I figli, privi del paterno regno,
13.67.6 esuli andar vedrà in strane contrade,
13.67.7 fanciulli in man degli aversari loro;
13.67.8 ma infine avrà il suo male amplo ristoro.
13.68.1 De l' alta stirpe d' Aragone antica
13.68.2 non tacerò la splendida regina,
13.68.3 di cui né saggia sì, né sì pudica
13.68.4 veggio istoria lodar greca o latina,
13.68.5 né a cui Fortuna più si mostri amica:
13.68.6 poi che sarà da la Bontà divina
13.68.7 elletta madre a parturir la bella
13.68.8 progenie, Alfonso, Ippolito e Isabella.
13.69.1 Costei sarà la saggia Leonora,
13.69.2 che nel tuo felice arbore s' inesta.
13.69.3 Che ti dirò de la seconda nuora,
13.69.4 succeditrice prossima di questa?
13.69.5 Lucrezia Borgia, di cui d' ora in ora
13.69.6 la beltà, la virtù, la fama onesta
13.69.7 e la fortuna crescerà, non meno
13.69.8 che giovin pianta in morbido terreno.
13.70.1 Qual lo stagno all' argento, il rame all' oro,
13.70.2 il campestre papavere alla rosa,
13.70.3 pallido salce al sempre verde alloro,
13.70.4 dipinto vetro a gemma prezïosa;
13.70.5 tal a costei, ch' ancor non nata onoro,
13.70.6 sarà ciascuna insino a qui famosa
13.70.7 di singular beltà, di gran prudenzia,
13.70.8 e d' ogni altra lodevole eccellenzia.
13.71.1 E sopra tutti gli altri incliti pregi
13.71.2 che le saranno e a viva e a morta dati,
13.71.3 si loderà che di costumi regi
13.71.4 Ercole e gli altri figli avrà dotati,
13.71.5 e dato gran principio ai ricchi fregi
13.71.6 di che poi s' orneranno in toga e armati;
13.71.7 perché l' odor non se ne va sì in fretta,
13.71.8 ch' in nuovo vaso, o buono o rio, si metta.
13.72.1 Non voglio ch' in silenzio anco Renata
13.72.2 di Francia, nuora di costei, rimagna,
13.72.3 di Luigi il duodecimo Re nata,
13.72.4 e de l' eterna gloria di Bretagna.
13.72.5 Ogni virtù ch' in donna mai sia stata,
13.72.6 di poi che 'l fuoco scalda e l' acqua bagna,
13.72.7 e gira intorno il cielo, insieme tutta
13.72.8 per Renata adornar veggio ridutta.
13.73.1 Lungo sarà che d' Alda di Sansogna
13.73.2 narri, o de la contessa di Celano,
13.73.3 o di Bianca Maria di Catalogna,
13.73.4 o de la figlia del re sicigliano,
13.73.5 o de la bella Lippa da Bologna,
13.73.6 e d' altre; che s' io vo' di mano in mano
13.73.7 venirtene dicendo le gran lode,
13.73.8 entro in un alto mar che non ha prode. --
13.74.1 Poi che le racontò la maggior parte
13.74.2 de la futura stirpe a suo grand' agio,
13.74.3 più volte e più le replicò de l' arte
13.74.4 ch' avea tratto Ruggier dentro al palagio.
13.74.5 Melissa si fermò, poi che fu in parte
13.74.6 vicina al luogo del vecchio malvagio;
13.74.7 e non le parve di venir più inante,
13.74.8 acciò veduta non fosse da Atlante.
13.75.1 E la donzella di nuovo consiglia
13.75.2 di quel che mille volte ormai l' ha detto.
13.75.3 La lascia sola; e quella oltre a dua miglia
13.75.4 non cavalcò per un sentiero istretto,
13.75.5 che vide quel ch' al suo Ruggier simiglia;
13.75.6 e dui giganti di crudele aspetto
13.75.7 intorno avea, che lo stringean sì forte,
13.75.8 ch' era vicino esser condotto a morte.
13.76.1 Come la donna in tal periglio vede
13.76.2 colui che di Ruggiero ha tutti i segni,
13.76.3 subito cangia in sospizion la fede,
13.76.4 subito oblia tutti i suoi bei disegni.
13.76.5 Che sia in odio a Melissa Ruggier crede,
13.76.6 per nuova ingiuria e non intesi sdegni,
13.76.7 e cerchi far con disusata trama
13.76.8 che sia morto da lei che così l' ama.
13.77.1 Seco dicea: -- Non è Ruggier costui,
13.77.2 che col cor sempre, et or con gli occhi veggio?
13.77.3 E s' or non veggio e non conosco lui,
13.77.4 che mai veder o mai conoscer deggio?
13.77.5 Perché voglio io de la credenza altrui
13.77.6 che la veduta mia giudichi peggio?
13.77.7 che senza gli occhi ancor, sol per se stesso
13.77.8 può il cor sentir se gli è lontano o appresso. --
13.78.1 Mentre che così pensa, ode la voce
13.78.2 che le par di Ruggier, chieder soccorso;
13.78.3 e vede quello a un tempo, che veloce
13.78.4 sprona il cavallo e gli ralenta il morso,
13.78.5 e l' un nemico e l' altro suo feroce,
13.78.6 che lo segue e lo caccia a tutto corso.
13.78.7 Di lor seguir la donna non rimase,
13.78.8 che si condusse all' incantate case.
13.79.1 De le quai non più tosto entrò le porte,
13.79.2 che fu sommersa nel commune errore.
13.79.3 Lo cercò tutto per vie dritte e torte
13.79.4 invan di su e di giù, dentro e di fuore;
13.79.5 né cessa notte o dì, tanto era forte
13.79.6 l' incanto: e fatto avea l' incantatore,
13.79.7 che Ruggier vede sempre, e gli favella,
13.79.8 né Ruggier lei, né lui riconosce ella.
13.80.1 Ma lasciàn Bradamante, e non v' incresca
13.80.2 udir che così resti in quello incanto;
13.80.3 che quando sarà il tempo ch' ella n' esca,
13.80.4 la farò uscire, e Ruggiero altretanto.
13.80.5 Come raccende il gusto il mutar esca,
13.80.6 così mi par che la mia istoria, quanto
13.80.7 or qua or là più varïata sia,
13.80.8 meno a chi l' udirà noiosa fia.
13.81.1 Di molte fila esser bisogno parme
13.81.2 a condur la gran tela ch' io lavoro.
13.81.3 E però non vi spiaccia d' ascoltarme,
13.81.4 come fuor de le stanze il popul Moro
13.81.5 davanti al re Agramante ha preso l' arme,
13.81.6 che, molto minacciando ai Gigli d' oro,
13.81.7 lo fa assembrare ad una mostra nuova,
13.81.8 per saper quanta gente si ritruova.
13.82.1 Perch' oltre i cavallieri, oltre i pedoni
13.82.2 ch' al numero sottratti erano in copia,
13.82.3 mancavan capitani, e pur de' buoni,
13.82.4 e di Spagna e di Libia e d' Etïopia,
13.82.5 e le diverse squadre e le nazioni
13.82.6 givano errando senza guida propia;
13.82.7 per dare e capo et ordine a ciascuna,
13.82.8 tutto il campo alla mostra si raguna.
13.83.1 In supplimento de le turbe uccise
13.83.2 ne le battaglie e ne' fieri conflitti,
13.83.3 l' un signore in Ispagna, e l' altro mise
13.83.4 in Africa, ove molti n' eran scritti;
13.83.5 e tutti alli lor ordini divise,
13.83.6 e sotto i duci lor gli ebbe diritti.
13.83.7 Differirò, Signor, con grazia vostra,
13.83.8 ne l' altro canto l' ordine e la mostra.
CANTO XIV
14.1.1 Nei molti assalti e nei crudel conflitti,
14.1.2 ch' avuti avea con Francia, Africa e Spagna,
14.1.3 morti erano infiniti, e derelitti
14.1.4 al lupo, al corvo, all' aquila griffagna;
14.1.5 e ben che i Franchi fossero più afflitti,
14.1.6 che tutta avean perduta la campagna,
14.1.7 più si doleano i Saracin, per molti
14.1.8 principi e gran baron ch' eran lor tolti.
14.2.1 Ebbon vittorie così sanguinose,
14.2.2 che lor poco avanzò di che allegrarsi.
14.2.3 E se alle antique le moderne cose,
14.2.4 invitto Alfonso, denno assimigliarsi;
14.2.5 la gran vittoria, onde alle virtuose
14.2.6 opere vostre può la gloria darsi,
14.2.7 di ch' aver sempre lacrimose ciglia
14.2.8 Ravenna debbe, a queste s' assimiglia:
14.3.1 quando, cedendo Morini e Picardi,
14.3.2 l' esercito normando e l' aquitano,
14.3.3 voi nel mezzo assaliste li stendardi
14.3.4 del quasi vincitor nimico ispano,
14.3.5 seguendo voi quei gioveni gagliardi,
14.3.6 che meritâr con valorosa mano
14.3.7 quel dì da voi, per onorati doni,
14.3.8 l' else indorate e gl' indorati sproni.
14.4.1 Con sì animosi petti che vi fôro
14.4.2 vicini o poco lungi al gran periglio,
14.4.3 crollaste sì le ricche Giande d' oro,
14.4.4 sì rompeste il baston giallo e vermiglio,
14.4.5 ch' a voi si deve il trionfale alloro,
14.4.6 che non fu guasto né sfiorato il Giglio.
14.4.7 D' un' altra fronde v' orna anco la chioma
14.4.8 l' aver servato il suo Fabrizio a Roma.
14.5.1 La gran Colonna del nome romano,
14.5.2 che voi prendeste, e che servaste intera,
14.5.3 vi dà più onor che se di vostra mano
14.5.4 fosse caduta la milizia fiera,
14.5.5 quanta n' ingrassa il campo ravegnano,
14.5.6 e quanta se n' andò senza bandiera
14.5.7 d' Aragon, di Castiglia e di Navarra,
14.5.8 veduto non giovar spiedi né carra.
14.6.1 Quella vittoria fu più di conforto
14.6.2 che d' allegrezza; perché troppo pesa
14.6.3 contra la gioia nostra il veder morto
14.6.4 il capitan di Francia e de l' impresa;
14.6.5 e seco avere una procella absorto
14.6.6 tanti principi illustri, ch' a difesa
14.6.7 dei regni lor, dei lor confederati,
14.6.8 di qua da le fredd' Alpi eran passati.
14.7.1 Nostra salute, nostra vita in questa
14.7.2 vittoria suscitata si conosce,
14.7.3 che difende che 'l verno e la tempesta
14.7.4 di Giove irato sopra noi non crosce:
14.7.5 ma né goder potiam, né farne festa,
14.7.6 sentendo i gran ramarichi e l' angosce,
14.7.7 ch' in veste bruna e lacrimosa guancia
14.7.8 le vedovelle fan per tutta Francia.
14.8.1 Bisogna che proveggia il re Luigi
14.8.2 di nuovi capitani alle sue squadre,
14.8.3 che per onor de l' aurea Fiordaligi
14.8.4 castighino le man rapaci e ladre,
14.8.5 che suore, e frati e bianchi e neri e bigi
14.8.6 vïolato hanno, e sposa e figlia e madre;
14.8.7 gittato in terra Cristo in sacramento,
14.8.8 per torgli un tabernaculo d' argento.
14.9.1 O misera Ravenna, t' era meglio
14.9.2 ch' al vincitor non fêssi resistenza;
14.9.3 far ch' a te fosse inanzi Brescia speglio,
14.9.4 che tu lo fossi a Arimino e a Faenza.
14.9.5 Manda, Luigi, il buon Traulcio veglio,
14.9.6 ch' insegni a questi tuoi più continenza,
14.9.7 e conti lor quanti per simil torti
14.9.8 stati ne sian per tutta Italia morti.
14.10.1 Come di capitani bisogna ora
14.10.2 che 'l re di Francia al campo suo proveggia,
14.10.3 così Marsilio et Agramante allora,
14.10.4 per dar buon reggimento alla sua greggia,
14.10.5 dai lochi dove il verno fe' dimora
14.10.6 vuol ch' in campagna all' ordine si veggia;
14.10.7 perché vedendo ove bisogno sia,
14.10.8 guida e governo ad ogni schiera dia.
14.11.1 Marsilio prima, e poi fece Agramante
14.11.2 passar la gente sua schiera per schiera.
14.11.3 I Catalani a tutti gli altri inante
14.11.4 di Dorifebo van con la bandiera.
14.11.5 Dopo vien, senza il suo re Folvirante,
14.11.6 che per man di Rinaldo già morto era,
14.11.7 la gente di Navarra; e lo re ispano
14.11.8 halle dato Isolier per capitano.
14.12.1 Balugante del popul di Leone,
14.12.2 Grandonio cura degli Algarbi piglia;
14.12.3 il fratel di Marsilio, Falsirone,
14.12.4 ha seco armata la minor Castiglia.
14.12.5 Seguon di Madarasso il gonfalone
14.12.6 quei che lasciato han Malaga e Siviglia,
14.12.7 dal mar di Gade a Cordova feconda
14.12.8 le verdi ripe ovunque il Beti inonda.
14.13.1 Stordilano e Tesira e Baricondo,
14.13.2 l' un dopo l' altro, mostra la sua gente:
14.13.3 Granata al primo, Ulisbona al secondo,
14.13.4 e Maiorica al terzo è ubidïente.
14.13.5 Fu d' Ulisbona re (tolto dal mondo
14.13.6 Larbin) Tesira, di Larbin parente.
14.13.7 Poi vien Gallizia, che sua guida, in vece
14.13.8 di Maricoldo, Serpentino fece.
14.14.1 Quei di Tolledo e quei di Calatrava,
14.14.2 di ch' ebbe Sinagon già la bandiera,
14.14.3 con tutta quella gente che si lava
14.14.4 in Guadïana e bee della riviera,
14.14.5 l' audace Matalista governava;
14.14.6 Bianzardin quei d' Asturga in una schiera
14.14.7 con quei di Salamanca e di Piagenza,
14.14.8 d' Avila, di Zamora e di Palenza.
14.15.1 Di quei di Saragosa e de la corte
14.15.2 del re Marsilio ha Ferraù il governo:
14.15.3 tutta la gente è ben armata e forte.
14.15.4 In questi è Malgarino, Balinverno,
14.15.5 Malzarise e Morgante, ch' una sorte
14.15.6 avea fatto abitar paese esterno;
14.15.7 che, poi che i regni lor lor furon tolti,
14.15.8 gli avea Marsilio in corte sua raccolti.
14.16.1 In questa è di Marsilio il gran bastardo,
14.16.2 Follicon d' Almeria, con Doriconte,
14.16.3 Bavarte e Largalifa et Analardo,
14.16.4 et Archidante il sagontino conte,
14.16.5 e Lamirante e Langhiran gagliardo,
14.16.6 e Malagur ch' avea l' astuzie pronte,
14.16.7 et altri et altri, di quai penso, dove
14.16.8 tempo sarà, di far veder le pruove.
14.17.1 Poi che passò l' esercito di Spagna
14.17.2 con bella mostra inanzi al re Agramante,
14.17.3 con la sua squadra apparve alla campagna
14.17.4 il re d' Oran, che quasi era gigante.
14.17.5 L' altra che vien, per Martasin si lagna,
14.17.6 il qual morto le fu da Bradamante;
14.17.7 e si duol ch' una femina si vanti
14.17.8 d' aver ucciso il re de' Garamanti.
14.18.1 Segue la terza schiera di Marmonda,
14.18.2 ch' Argosto morto abbandonò in Guascogna:
14.18.3 a questa un capo, come alla seconda
14.18.4 e come anco alla quarta, dar bisogna.
14.18.5 Quantunque il re Agramante non abonda
14.18.6 di capitani, pur ne finge e sogna:
14.18.7 dunque Buraldo, Ormida, Arganio elesse,
14.18.8 e dove uopo ne fu, guida li messe.
14.19.1 Diede ad Arganio quei di Libicana,
14.19.2 che piangean morto il negro Dudrinasso.
14.19.3 Guida Brunello i suoi di Tingitana,
14.19.4 con viso nubiloso e ciglio basso;
14.19.5 che, poi che ne la selva non lontana
14.19.6 dal castel ch' ebbe Atlante in cima al sasso,
14.19.7 gli fu tolto l' annel da Bradamante,
14.19.8 caduto era in disgrazia al re Agramante:
14.20.1 e se 'l fratel di Ferraù, Isoliero,
14.20.2 ch' a l' arbore legato ritrovollo,
14.20.3 non facea fede inanzi al re del vero,
14.20.4 avrebbe dato in su le forche un crollo.
14.20.5 Mutò, a' prieghi di molti, il re pensiero,
14.20.6 già avendo fatto porgli il laccio al collo:
14.20.7 gli lo fece levar, ma riserbarlo
14.20.8 pel primo error; che poi giurò impiccarlo:
14.21.1 sì ch' avea causa di venir Brunello
14.21.2 col viso mesto e con la testa china.
14.21.3 Seguia poi Farurante, e dietro a quello
14.21.4 eran cavalli e fanti di Maurina.
14.21.5 Venìa Libanio appresso, il re novello:
14.21.6 la gente era con lui di Constantina;
14.21.7 però che la corona e il baston d' oro
14.21.8 gli ha dato il re, che fu di Pinadoro.
14.22.1 Con la gente d' Esperia Soridano,
14.22.2 e Dorilon ne vien con quei di Setta;
14.22.3 ne vien coi Nasamoni Pulïano.
14.22.4 Quelli d' Amonia il re Agricalte affretta;
14.22.5 Malabuferso quelli di Fizano.
14.22.6 Da Finadurro è l' altra squadra retta,
14.22.7 che di Canaria viene e di Marocco;
14.22.8 Balastro ha quei che fur del re Tardocco.
14.23.1 Due squadre, una di Mulga, una d' Arzilla,
14.23.2 seguono: e questa ha 'l suo signore antico;
14.23.3 quella n' è priva; e però il re sortilla,
14.23.4 e diella a Corineo suo fido amico.
14.23.5 E così de la gente d' Almansilla,
14.23.6 ch' ebbe Tanfirïon, fe' re Caico;
14.23.7 diè quella di Getulia a Rimedonte.
14.23.8 Poi vien con quei di Cosca Balinfronte.
14.24.1 Quell' altra schiera è la gente di Bolga:
14.24.2 suo re è Clarindo, e già fu Mirabaldo.
14.24.3 Vien Baliverzo, il qual vuo' che tu tolga
14.24.4 di tutto il gregge pel maggior ribaldo.
14.24.5 Non credo in tutto il campo si disciolga
14.24.6 bandiera ch' abbia esercito più saldo
14.24.7 de l' altra, con che segue il re Sobrino,
14.24.8 né più di lui prudente Saracino.
14.25.1 Quei di Bellamarina, che Gualciotto
14.25.2 solea guidare, or guida il re d' Algieri
14.25.3 Rodomonte, e di Sarza, che condotto
14.25.4 di nuovo avea pedoni e cavallieri;
14.25.5 che mentre il sol fu nubiloso sotto
14.25.6 il gran centauro e i corni orridi e fieri,
14.25.7 fu in Africa mandato da Agramante,
14.25.8 onde venuto era tre giorni inante.
14.26.1 Non avea il campo d' Africa più forte,
14.26.2 né Saracin più audace di costui;
14.26.3 e più temean le parigine porte,
14.26.4 et avean più cagion di temer lui,
14.26.5 che Marsilio, Agramante, e la gran corte
14.26.6 ch' avea seguito in Francia questi dui:
14.26.7 e più d' ogni altro che facesse mostra,
14.26.8 era nimico de la fede nostra.
14.27.1 Vien Prusïone, il re de l' Alvaracchie;
14.27.2 poi quel de la Zumara, Dardinello.
14.27.3 Non so s' abbiano o nottole o cornacchie,
14.27.4 o altro manco et importuno augello,
14.27.5 il qual dai tetti e da le fronde gracchie
14.27.6 futuro mal, predetto a questo e a quello,
14.27.7 che fissa in ciel nel dì seguente è l' ora
14.27.8 che l' uno e l' altro in quella pugna muora.
14.28.1 In campo non aveano altri a venire,
14.28.2 che quei di Tremisenne e di Norizia;
14.28.3 né si vedea alla mostra comparire
14.28.4 il segno lor, né dar di sé notizia.
14.28.5 Non sapendo Agramante che si dire,
14.28.6 né che pensar di questa lor pigrizia,
14.28.7 uno scudiero al fin gli fu condutto
14.28.8 del re di Tremisen, che narrò il tutto.
14.29.1 E gli narrò ch' Alzirdo e Manilardo
14.29.2 con molti altri de' suoi giaceano al campo.
14.29.3 -- Signor (diss' egli), il cavallier gagliardo
14.29.4 ch' ucciso ha i nostri, ucciso avria il tuo campo,
14.29.5 se fosse stato a tôrsi via più tardo
14.29.6 di me, ch' a pena ancor così ne scampo.
14.29.7 Fa quel de' cavallieri e de' pedoni,
14.29.8 che 'l lupo fa di capre e di montoni. --
14.30.1 Era venuto pochi giorni avante
14.30.2 nel campo del re d' Africa un signore;
14.30.3 né in Ponente era, né in tutto Levante,
14.30.4 di più forza di lui, né di più core.
14.30.5 Gli facea grande onore il re Agramante,
14.30.6 per esser costui figlio e successore
14.30.7 in Tartaria del re Agrican gagliardo:
14.30.8 suo nome era il feroce Mandricardo.
14.31.1 Per molti chiari gesti era famoso,
14.31.2 e di sua fama tutto il mondo empìa;
14.31.3 ma lo facea più d' altro glorïoso,
14.31.4 ch' al castel de la fata di Soria
14.31.5 l' usbergo avea acquistato luminoso
14.31.6 ch' Ettor troian portò mille anni pria,
14.31.7 per strana e formidabile aventura,
14.31.8 che 'l ragionarne pur mette paura.
14.32.1 Trovandosi costui dunque presente
14.32.2 a quel parlar, alzò l' ardita faccia;
14.32.3 e si dispose andare immantinente,
14.32.4 per trovar quel guerrier, dietro alla traccia.
14.32.5 Ritenne occulto il suo pensiero in mente,
14.32.6 o sia perché d' alcun stima non faccia,
14.32.7 o perché tema, se 'l pensier palesa,
14.32.8 ch' un altro inanzi a lui pigli l' impresa.
14.33.1 Allo scudier fe' dimandar come era
14.33.2 la sopravesta di quel cavalliero.
14.33.3 Colui rispose: -- Quella è tutta nera,
14.33.4 lo scudo nero, e non ha alcun cimiero. --
14.33.5 E fu, Signor, la sua risposta vera,
14.33.6 perché lasciato Orlando avea il quartiero;
14.33.7 che come dentro l' animo era in doglia,
14.33.8 così imbrunir di fuor vòlse la spoglia.
14.34.1 Marsilio a Mandricardo avea donato
14.34.2 un destrier baio a scorza di castagna,
14.34.3 con gambe e chiome nere; et era nato
14.34.4 di frisa madre e d' un villan di Spagna.
14.34.5 Sopra vi salta Mandricardo armato,
14.34.6 e galoppando va per la campagna;
14.34.7 e giura non tornare a quelle schiere,
14.34.8 se non truova il campion da l' arme nere.
14.35.1 Molta incontrò de la paurosa gente
14.35.2 che da le man d' Orlando era fuggita,
14.35.3 chi del figliuol, chi del fratel dolente,
14.35.4 ch' inanzi agli occhi suoi perdé la vita.
14.35.5 Ancora la codarda e trista mente
14.35.6 ne la pallida faccia era sculpita;
14.35.7 ancor, per la paura che avuta hanno,
14.35.8 pallidi, muti et insensati vanno.
14.36.1 Non fe' lungo camin, che venne dove
14.36.2 crudel spettaculo ebbe et inumano,
14.36.3 ma testimonio alle mirabil pruove
14.36.4 che fur raconte inanzi al re africano.
14.36.5 Or mira questi, or quelli morti, e muove,
14.36.6 e vuol le piaghe misurar con mano,
14.36.7 mosso da strana invidia ch' egli porta
14.36.8 al cavallier ch' avea la gente morta.
14.37.1 Come lupo o mastin ch' ultimo giugne
14.37.2 al bue lasciato morto da' villani,
14.37.3 che truova sol le corna, l' ossa e l' ugne,
14.37.4 del resto son sfamati augelli e cani;
14.37.5 riguarda invano il teschio che non ugne:
14.37.6 così fa il crudel barbaro in que' piani.
14.37.7 Per duol bestemmia, e mostra invidia immensa
14.37.8 che venne tardi a così ricca mensa.
14.38.1 Quel giorno e mezzo l' altro segue incerto
14.38.2 il cavallier dal negro, e ne domanda.
14.38.3 Ecco vede un pratel d' ombre coperto,
14.38.4 che sì d' un alto fiume si ghirlanda,
14.38.5 che lascia a pena un breve spazio aperto,
14.38.6 dove l' acqua si torce ad altra banda.
14.38.7 Un simil luogo con girevol onda
14.38.8 sotto Ocricoli il Tevere circonda.
14.39.1 Dove entrar si potea, con l' arme indosso
14.39.2 stavano molti cavallieri armati.
14.39.3 Chiede il pagan, chi gli avea in stuol sì grosso,
14.39.4 et a che effetto insieme ivi adunati.
14.39.5 Gli fe' risposta il capitano, mosso
14.39.6 dal signoril sembiante e da' fregiati
14.39.7 d' oro e di gemme arnesi di gran pregio,
14.39.8 che lo mostravan cavalliero egregio.
14.40.1 -- Dal nostro re siàn (disse) di Granata
14.40.2 chiamati in compagnia de la figliuola,
14.40.3 la quale al re di Sarza ha maritata,
14.40.4 ben che di ciò la fama ancor non vola.
14.40.5 Come appresso la sera racchetata
14.40.6 la cicaletta sia, ch' or s' ode sola,
14.40.7 avanti al padre fra l' ispane torme
14.40.8 la condurremo: intanto ella si dorme. --
14.41.1 Colui, che tutto il mondo vilipende,
14.41.2 disegna di veder tosto la pruova,
14.41.3 se quella gente o bene o mal difende
14.41.4 la donna, alla cui guardia si ritruova.
14.41.5 Disse: -- Costei, per quanto se n' intende,
14.41.6 è bella; e di saperlo ora mi giova.
14.41.7 A-llei mi mena, o falla qui venire;
14.41.8 ch' altrove mi convien subito gire. --
14.42.1 -- Esser per certo déi pazzo solenne, --
14.42.2 rispose il Granatin, né più gli disse.
14.42.3 Ma il Tartaro a ferir tosto lo venne
14.42.4 con l' asta bassa, e il petto gli trafisse;
14.42.5 che la corazza il colpo non sostenne,
14.42.6 e forza fu che morto in terra gisse.
14.42.7 L' asta ricovra il figlio d' Agricane,
14.42.8 perché altro da ferir non gli rimane.
14.43.1 Non porta spada né baston; che quando
14.43.2 l' arme acquistò, che fur d' Ettor troiano,
14.43.3 perché trovò che lor mancava il brando,
14.43.4 gli convenne giurar (né giurò invano)
14.43.5 che fin che non togliea quella d' Orlando,
14.43.6 mai non porrebbe ad altra spada mano:
14.43.7 Durindana ch' Almonte ebbe in gran stima,
14.43.8 e Orlando or porta, Ettor portava prima.
14.44.1 Grande è l' ardir del Tartaro, che vada
14.44.2 con disvantaggio tal contra coloro,
14.44.3 gridando: -- Chi mi vuol vietar la strada? --
14.44.4 E con la lancia si cacciò tra loro.
14.44.5 Chi l' asta abbassa, e chi tra' fuor la spada;
14.44.6 e d' ogn' intorno subito gli fôro.
14.44.7 Egli ne fece morire una frotta,
14.44.8 prima che quella lancia fosse rotta.
14.45.1 Rotta che se la vede, il gran troncone,
14.45.2 che resta intero, ad ambe mani afferra;
14.45.3 e fa morir con quel tante persone,
14.45.4 che non fu vista mai più crudel guerra.
14.45.5 Come tra' Filistei l' ebreo Sansone
14.45.6 con la mascella che levò di terra,
14.45.7 scudi spezza, elmi schiaccia, e un colpo spesso
14.45.8 spenge i cavalli ai cavallieri appresso.
14.46.1 Correno a morte que' miseri a gara,
14.46.2 né perché cada l' un, l' altro andar cessa;
14.46.3 che la maniera del morire, amara
14.46.4 lor par più assai che non è morte istessa.
14.46.5 Patir non ponno che la vita cara
14.46.6 tolta lor sia da un pezzo d' asta fessa,
14.46.7 e sieno sotto alle picchiate strane
14.46.8 a morir giunti, come biscie o rane.
14.47.1 Ma poi ch' a spese lor si furo accorti
14.47.2 che male in ogni guisa era morire,
14.47.3 sendo già presso alli duo terzi morti,
14.47.4 tutto l' avanzo cominciò a fuggire.
14.47.5 Come del proprio aver via se gli porti,
14.47.6 il Saracin crudel non può patire
14.47.7 ch' alcun di quella turba sbigottita
14.47.8 da lui partir si debba con la vita.
14.48.1 Come in palude asciutta dura poco
14.48.2 stridula canna, o in campo àrrida stoppia
14.48.3 contra il soffio di borea e contra il fuoco
14.48.4 che 'l cauto agricultore insieme accoppia,
14.48.5 quando la vaga fiamma occupa il loco,
14.48.6 e scorre per li solchi, e stride e scoppia;
14.48.7 così costor contra la furia accesa
14.48.8 di Mandricardo fan poca difesa.
14.49.1 Poscia ch' egli restar vede l' entrata,
14.49.2 che mal guardata fu, senza custode;
14.49.3 per la via che di nuovo era segnata
14.49.4 ne l' erba, e al suono dei ramarchi ch' ode,
14.49.5 viene a veder la donna di Granata,
14.49.6 se di bellezze è pari alle sue lode:
14.49.7 passa tra i corpi de la gente morta,
14.49.8 dove gli dà, torcendo, il fiume porta.
14.50.1 E Doralice in mezzo il prato vede
14.50.2 (che così nome la donzella avea),
14.50.3 la qual, suffolta da l' antico piede
14.50.4 d' un frassino silvestre, si dolea.
14.50.5 Il pianto, come un rivo che succede
14.50.6 di viva vena, nel bel sen cadea;
14.50.7 e nel bel viso si vedea che insieme
14.50.8 de l' altrui mal si duole, e del suo teme.
14.51.1 Crebbe il timor, come venir lo vide
14.51.2 di sangue brutto e con faccia empia e oscura,
14.51.3 e 'l grido sin al ciel l' aria divide,
14.51.4 di sé e de la sua gente per paura;
14.51.5 che, oltre i cavallier, v' erano guide
14.51.6 che de la bella infante aveano cura,
14.51.7 maturi vecchi, e assai donne e donzelle
14.51.8 del regno di Granata, e le più belle.
14.52.1 Come il Tartaro vede quel bel viso
14.52.2 che non ha paragone in tutta Spagna,
14.52.3 e c' ha nel pianto (or ch' esser de' nel riso?)
14.52.4 tesa d' Amor l' inestricabil ragna;
14.52.5 non sa se vive o in terra o in paradiso:
14.52.6 né de la sua vittoria altro guadagna,
14.52.7 se non che in man de la sua prigioniera
14.52.8 si dà prigione, e non sa in qual maniera.
14.53.1 A-llei però non si concede tanto,
14.53.2 che del travaglio suo le doni il frutto;
14.53.3 ben che piangendo ella dimostri, quanto
14.53.4 possa donna mostrar, dolore e lutto.
14.53.5 Egli, sperando volgerle quel pianto
14.53.6 in sommo gaudio, era disposto al tutto
14.53.7 menarla seco; e sopra un bianco ubino
14.53.8 montar la fece, e tornò al suo camino.
14.54.1 Donne e donzelle e vecchi et altra gente,
14.54.2 ch' eran con lei venuti di Granata,
14.54.3 tutti licenzïò benignamente,
14.54.4 dicendo: -- Assai da me fia accompagnata;
14.54.5 io mastro, io balia, io le sarò sergente
14.54.6 in tutti i suoi bisogni: a Dio, brigata. --
14.54.7 Così, non gli possendo far riparo,
14.54.8 piangendo e sospirando se n' andaro;
14.55.1 tra lor dicendo: -- Quanto doloroso
14.55.2 ne sarà il padre, come il caso intenda!
14.55.3 quanta ira, quanto duol ne avrà il suo sposo!
14.55.4 oh come ne farà vendetta orrenda!
14.55.5 Deh, perché a tempo tanto bisognoso
14.55.6 non è qui presso a far che costui renda
14.55.7 il sangue illustre del re Stordilano,
14.55.8 prima che se lo porti più lontano? --
14.56.1 De la gran preda il Tartaro contento,
14.56.2 che fortuna e valor gli ha posta inanzi,
14.56.3 di trovar quel dal negro vestimento
14.56.4 non par ch' abbia la fretta ch' avea dianzi.
14.56.5 Correva dianzi: or viene adagio e lento;
14.56.6 e pensa tuttavia dove si stanzi,
14.56.7 dove ritruovi alcun commodo loco,
14.56.8 per esalar tanto amoroso foco.
14.57.1 Tuttavolta conforta Doralice,
14.57.2 ch' avea di pianto e gli occhi e 'l viso molle:
14.57.3 compone e finge molte cose, e dice
14.57.4 che per fama gran tempo ben le volle;
14.57.5 e che la patria, e il suo regno felice
14.57.6 che 'l nome di grandezza agli altri tolle,
14.57.7 lasciò, non per vedere o Spagna o Francia,
14.57.8 ma sol per contemplar sua bella guancia.
14.58.1 -- Se per amar, l' uom debbe essere amato,
14.58.2 merito il vostro amor; che v' ho amat' io:
14.58.3 se per stirpe, di me chi è meglio nato?
14.58.4 che 'l possente Agrican fu il padre mio:
14.58.5 se per richezza, chi ha di me più stato?
14.58.6 che di dominio io cedo solo a Dio:
14.58.7 se per valor, credo oggi aver esperto
14.58.8 ch' essere amato per valore io merto. --
14.59.1 Queste parole et altre assai, ch' Amore
14.59.2 a Mandricardo di sua bocca ditta,
14.59.3 van dolcemente a consolare il core
14.59.4 de la donzella di paura afflitta.
14.59.5 Il timor cessa, e poi cessa il dolore
14.59.6 che le avea quasi l' anima trafitta.
14.59.7 Ella comincia con più pazïenza
14.59.8 a dar più grata al nuovo amante udienza;
14.60.1 poi con risposte più benigne molto
14.60.2 a mostrarsegli affabile e cortese,
14.60.3 e non negargli di fermar nel volto
14.60.4 talor le luci di pietade accese:
14.60.5 onde il pagan, che da lo stral fu colto
14.60.6 altre volte d' Amor, certezza prese,
14.60.7 non che speranza, che la donna bella
14.60.8 non saria a' suo' desir sempre ribella.
14.61.1 Con questa compagnia lieto e gioioso,
14.61.2 che sì gli satisfà, sì gli diletta,
14.61.3 essendo presso all' ora ch' a riposo
14.61.4 la fredda notte ogni animale alletta,
14.61.5 vedendo il sol già basso e mezzo ascoso,
14.61.6 comminciò a cavalcar con maggior fretta;
14.61.7 tanto ch' udì sonar zuffoli e canne,
14.61.8 e vide poi fumar ville e capanne.
14.62.1 Erano pastorali alloggiamenti,
14.62.2 miglior stanza e più commoda, che bella.
14.62.3 Quivi il guardian cortese degli armenti
14.62.4 onorò il cavalliero e la donzella,
14.62.5 tanto che si chiamâr da lui contenti;
14.62.6 che non pur per cittadi e per castella,
14.62.7 ma per tugurii ancora e per fenili
14.62.8 spesso si trovan gli uomini gentili.
14.63.1 Quel che fosse dipoi fatto all' oscuro
14.63.2 tra Doralice e il figlio d' Agricane,
14.63.3 a punto racontar non m' assicuro;
14.63.4 sì ch' al giudicio di ciascun rimane.
14.63.5 Creder si può che ben d' accordo furo;
14.63.6 che si levâr più allegri la dimane,
14.63.7 e Doralice ringraziò il pastore,
14.63.8 che nel suo albergo l' avea fatto onore.
14.64.1 Indi d' uno in un altro luogo errando,
14.64.2 si ritrovaro al fin sopra un bel fiume
14.64.3 che con silenzio al mar va declinando,
14.64.4 e se vada o se stia, mal si prosume;
14.64.5 limpido e chiaro sì, ch' in lui mirando,
14.64.6 senza contesa al fondo porta il lume.
14.64.7 In ripa a quello, a una fresca ombra e bella,
14.64.8 trovâr dui cavallieri e una donzella.
14.65.1 Or l' alta fantasia, ch' un sentier solo
14.65.2 non vuol ch' i' segua ognor, quindi mi guida,
14.65.3 e mi ritorna ove il moresco stuolo
14.65.4 assorda di rumor Francia e di grida,
14.65.5 d' intorno il padiglione ove il figliuolo
14.65.6 del re Troiano il santo Imperio sfida,
14.65.7 e Rodomonte audace se gli vanta
14.65.8 arder Parigi e spianar Roma santa.
14.66.1 Venuto ad Agramante era all' orecchio,
14.66.2 che già l' Inglesi avean passato il mare:
14.66.3 però Marsilio e il re del Garbo vecchio
14.66.4 e gli altri capitan fece chiamare.
14.66.5 Consiglian tutti a far grande apparecchio,
14.66.6 sì che Parigi possino espugnare.
14.66.7 Ponno esser certi che più non s' espugna,
14.66.8 se nol fan prima che l' aiuto giugna.
14.67.1 Già scale innumerabili per questo
14.67.2 da' luoghi intorno avea fatto raccorre,
14.67.3 et asse e travi, e vimine contesto,
14.67.4 che lo poteano a diversi usi porre;
14.67.5 e navi e ponti: e più facea che 'l resto,
14.67.6 il primo e il secondo ordine disporre
14.67.7 a dar l' assalto; et egli vuol venire
14.67.8 tra quei che la città denno assalire.
14.68.1 L' imperatore il dì che 'l dì precesse
14.68.2 de la battaglia, fe' dentro a Parigi
14.68.3 per tutto celebrare uffici e messe
14.68.4 a preti, a frati bianchi, neri e bigi;
14.68.5 e le gente che dianzi eran confesse,
14.68.6 e di man tolte agl' inimici stigi,
14.68.7 tutti communicâr, non altramente
14.68.8 ch' avessino a morire il dì seguente.
14.69.1 Et egli tra baroni e paladini,
14.69.2 principi et oratori, al maggior tempio
14.69.3 con molta religione a quei divini
14.69.4 atti intervenne, e ne diè agli altri esempio.
14.69.5 Con le man giunte e gli occhi al ciel supini,
14.69.6 disse: -- Signor, ben ch' io sia iniquo et empio,
14.69.7 non voglia tua bontà, pel mio fallire,
14.69.8 che 'l tuo popul fedele abbia a patire.
14.70.1 E se gli è tuo voler ch' egli patisca,
14.70.2 e ch' abbia il nostro error degni supplìci,
14.70.3 almen la punizion si differisca
14.70.4 sì, che per man non sia de' tuoi nemici;
14.70.5 che quando lor d' uccider noi sortisca,
14.70.6 che nome avemo pur d' esser tuo' amici,
14.70.7 i pagani diran che nulla puoi,
14.70.8 che perir lasci i partigiani tuoi.
14.71.1 E per un che ti sia fatto ribelle,
14.71.2 cento ti si faran per tutto il mondo;
14.71.3 tal che la legge falsa di Babelle
14.71.4 caccierà la tua fede e porrà al fondo.
14.71.5 Difendi queste genti, che son quelle
14.71.6 che 'l tuo sepulcro hanno purgato e mondo
14.71.7 da' brutti cani, e la tua santa Chiesa
14.71.8 con li vicarii suoi spesso difesa.
14.72.1 So che i meriti nostri atti non sono
14.72.2 a satisfare al debito d' un' oncia;
14.72.3 né devemo sperar da te perdono,
14.72.4 se riguardiamo a nostra vita sconcia:
14.72.5 ma se vi aggiugni di tua grazia il dono,
14.72.6 nostra ragion fia ragguagliata e concia;
14.72.7 né del tuo aiuto disperar possiamo,
14.72.8 qualor di tua pietà ci ricordiamo. --
14.73.1 Così dicea l' imperator devoto,
14.73.2 con umiltade e contrizion di core.
14.73.3 Giunse altri prieghi e convenevol voto
14.73.4 al gran bisogno e all' alto suo splendore.
14.73.5 Non fu il caldo pregar d' effetto vòto;
14.73.6 però che 'l genio suo, l' angel migliore,
14.73.7 i prieghi tolse, e spiegò al ciel le penne,
14.73.8 et a narrare al Salvator li venne.
14.74.1 E furo altri infiniti in quello instante
14.74.2 da tali messaggier portati a Dio;
14.74.3 che come gli ascoltâr l' anime sante,
14.74.4 dipinte di pietade il viso pio,
14.74.5 tutte miraro il sempiterno Amante,
14.74.6 e gli mostraro il commun lor disio,
14.74.7 che la giusta orazion fosse esaudita
14.74.8 del populo cristian che chiedea aita.
14.75.1 E la Bontà ineffabile, ch' invano
14.75.2 non fu pregata mai da cor fedele,
14.75.3 leva gli occhi pietosi, e fa con mano
14.75.4 cenno che venga a sé l' angel Michele.
14.75.5 -- Va (gli disse) all' esercito cristiano
14.75.6 che dianzi in Picardia calò le vele,
14.75.7 e al muro di Parigi l' appresenta
14.75.8 sì, che 'l campo nimico non lo senta.
14.76.1 Truova prima il Silenzio, e da mia parte
14.76.2 gli di' che teco a questa impresa venga;
14.76.3 ch' egli ben proveder con ottima arte
14.76.4 saprà di quanto proveder convenga.
14.76.5 Fornito questo, subito va in parte
14.76.6 dove il suo seggio la Discordia tenga:
14.76.7 dille che l' esca e il fucil seco prenda,
14.76.8 e nel campo de' Mori il fuoco accenda;
14.77.1 e tra quei che vi son detti più forti
14.77.2 sparga tante zizzanie e tante liti,
14.77.3 che combattano insieme; et altri morti,
14.77.4 altri ne sieno presi, altri feriti,
14.77.5 e fuor del campo altri lo sdegno porti,
14.77.6 sì che il lor re poco di lor s' aiti. --
14.77.7 Non replica a tal detto altra parola
14.77.8 il benedetto augel, ma dal ciel vola.
14.78.1 Dovunque drizza Michel angel l' ale,
14.78.2 fuggon le nubi, e torna il ciel sereno.
14.78.3 Gli gira intorno un aureo cerchio, quale
14.78.4 veggiàn di notte lampeggiar baleno.
14.78.5 Seco pensa tra via, dove si cale
14.78.6 il celeste corrier per fallir meno
14.78.7 a trovar quel nimico di parole,
14.78.8 a cui la prima commission far vuole.
14.79.1 Vien scorrendo ov' egli abiti, ov' egli usi;
14.79.2 e se accordaro infin tutti i pensieri,
14.79.3 che de frati e de monachi rinchiusi
14.79.4 lo può trovare in chiese e in monasteri,
14.79.5 dove sono i parlari in modo esclusi,
14.79.6 che 'l Silenzio, ove cantano i salteri,
14.79.7 ove dormeno, ove hanno la piatanza,
14.79.8 e finalmente è scritto in ogni stanza.
14.80.1 Credendo quivi ritrovarlo, mosse
14.80.2 con maggior fretta le dorate penne;
14.80.3 e di veder ch' ancor Pace vi fosse,
14.80.4 Quïete e Carità, sicuro tenne.
14.80.5 Ma da la opinïon sua ritrovosse
14.80.6 tosto ingannato, che nel chiostro venne:
14.80.7 non è Silenzio quivi; e gli fu ditto
14.80.8 che non v' abita più, fuor che in iscritto.
14.81.1 Né Pietà, né Quïete, né Umiltade,
14.81.2 né quivi Amor, né quivi Pace mira.
14.81.3 Ben vi fur già, ma ne l' antiqua etade;
14.81.4 che le cacciâr Gola, Avarizia et Ira,
14.81.5 Superbia, Invidia, Inerzia e Crudeltade.
14.81.6 Di tanta novità l' angel si ammira:
14.81.7 andò guardando quella brutta schiera,
14.81.8 e vide ch' anco la Discordia v' era.
14.82.1 Quella che gli avea detto il Padre eterno,
14.82.2 dopo il Silenzio, che trovar dovesse.
14.82.3 Pensato avea di far la via d' Averno,
14.82.4 che si credea che tra' dannati stesse;
14.82.5 e ritrovolla in questo nuovo inferno
14.82.6 (chi 'l crederia?) tra santi ufficii e messe.
14.82.7 Par di strano a Michel ch' ella vi sia,
14.82.8 che per trovar credea di far gran via.
14.83.1 La conobbe al vestir di color cento,
14.83.2 fatto a liste inequali et infinite,
14.83.3 ch' or la cuoprono or no; che i passi e 'l vento
14.83.4 le gíano aprendo, ch' erano sdrucite.
14.83.5 I crini avea qual d' oro e qual d' argento,
14.83.6 e neri e bigi, e aver pareano lite;
14.83.7 altri in treccia, altri in nastro eran raccolti,
14.83.8 molti alle spalle, alcuni al petto sciolti.
14.84.1 Di citatorie piene e di libelli,
14.84.2 d' essamine e di carte di procure
14.84.3 avea le mani e il seno, e gran fastelli
14.84.4 di chiose, di consigli e di letture;
14.84.5 per cui le facultà de' poverelli
14.84.6 non sono mai ne le città sicure.
14.84.7 Avea dietro e dinanzi e d' ambi i lati,
14.84.8 notai, procuratori et avocati.
14.85.1 La chiama a sé Michele, e le commanda
14.85.2 che tra i più forti Saracini scenda,
14.85.3 e cagion truovi, che con memoranda
14.85.4 ruina insieme a guerreggiar gli accenda.
14.85.5 Poi del Silenzio nuova le domanda:
14.85.6 facilmente esser può ch' essa n' intenda,
14.85.7 sì come quella ch' accendendo fochi
14.85.8 di qua e di là, va per diversi lochi.
14.86.1 Rispose la Discordia: -- Io non ho a mente
14.86.2 in alcun loco averlo mai veduto:
14.86.3 udito l' ho ben nominar sovente,
14.86.4 e molto commendarlo per astuto.
14.86.5 Ma la Fraude, una qui di nostra gente,
14.86.6 che compagnia talvolta gli ha tenuto,
14.86.7 penso che dir te ne saprà novella; --
14.86.8 e verso una alzò il dito, e disse: -- È quella. --
14.87.1 Avea piacevol viso, abito onesto,
14.87.2 un umil volger d' occhi, un andar grave,
14.87.3 un parlar sì benigno e sì modesto,
14.87.4 che parea Gabriel che dicesse: Ave.
14.87.5 Era brutta e deforme in tutto il resto:
14.87.6 ma nascondea queste fattezze prave
14.87.7 con lungo abito e largo; e sotto quello,
14.87.8 attosicato avea sempre il coltello.
14.88.1 Domanda a costei l' angelo, che via
14.88.2 debba tener, sì che 'l Silenzio truove.
14.88.3 Disse la Fraude: -- Già costui solia
14.88.4 fra virtudi abitare, e non altrove,
14.88.5 con Benedetto e con quelli d' Elia
14.88.6 ne le badie, quando erano ancor nuove:
14.88.7 fe' ne le scuole assai de la sua vita
14.88.8 al tempo di Pitagora e d' Archita.
14.89.1 Mancati quei filosofi e quei santi
14.89.2 che lo solean tener pel camin ritto,
14.89.3 dagli onesti costumi ch' avea inanti,
14.89.4 fece alle sceleraggini tragitto.
14.89.5 Comminciò andar la notte con gli amanti,
14.89.6 indi coi ladri, e fare ogni delitto.
14.89.7 Molto col Tradimento egli dimora:
14.89.8 veduto l' ho con l' Omicidio ancora.
14.90.1 Con quei che falsan le monete ha usanza
14.90.2 di ripararsi in qualche buca scura.
14.90.3 Così spesso compagni muta e stanza,
14.90.4 che 'l ritrovarlo ti saria ventura;
14.90.5 ma pur ho d' insegnartelo speranza:
14.90.6 se d' arrivare a mezza notte hai cura
14.90.7 alla casa del Sonno, senza fallo
14.90.8 potrai (che quivi dorme) ritrovallo. --
14.91.1 Ben che soglia la Fraude esser bugiarda,
14.91.2 pur è tanto il suo dir simile al vero,
14.91.3 che l' angelo le crede; indi non tarda
14.91.4 a volarsene fuor del monastero.
14.91.5 Tempra il batter de l' ale, e studia e guarda
14.91.6 giungere in tempo al fin del suo sentiero,
14.91.7 ch' alla casa del Sonno (che ben dove
14.91.8 era sapea) questo Silenzio truove.
14.92.1 Giace in Arabia una valletta amena,
14.92.2 lontana da cittadi e da villaggi,
14.92.3 ch' all' ombra di duo monti è tutta piena
14.92.4 d' antiqui abeti e di robusti faggi.
14.92.5 Il sole indarno il chiaro dì vi mena;
14.92.6 che non vi può mai penetrar coi raggi,
14.92.7 sì gli è la via da folti rami tronca:
14.92.8 e quivi entra sotterra una spelonca.
14.93.1 Sotto la negra selva una capace
14.93.2 e spazïosa grotta entra nel sasso,
14.93.3 di cui la fronte l' edera seguace
14.93.4 tutta aggirando va con storto passo.
14.93.5 In questo albergo il grave Sonno giace;
14.93.6 l' Ozio da un canto corpulento e grasso,
14.93.7 da l' altro la Pigrizia in terra siede,
14.93.8 che non può andare, e mal reggersi in piede.
14.94.1 Lo smemorato Oblio sta su la porta:
14.94.2 non lascia entrar, né riconosce alcuno;
14.94.3 non ascolta imbasciata, né riporta;
14.94.4 e parimente tien cacciato ognuno.
14.94.5 Il Silenzio va intorno, e fa la scorta:
14.94.6 ha le scarpe di feltro, e 'l mantel bruno;
14.94.7 et a quanti n' incontra, di lontano,
14.94.8 che non debban venir, cenna con mano.
14.95.1 Se gli accosta all' orecchio, e pianamente
14.95.2 l' angel gli dice: -- Dio vuol che tu guidi
14.95.3 a Parigi Rinaldo con la gente
14.95.4 che per dar, mena, al suo signor sussidi:
14.95.5 ma che lo facci tanto chetamente,
14.95.6 ch' alcun de' Saracin non oda i gridi;
14.95.7 sì che più tosto che ritruovi il calle
14.95.8 la Fama d' avisar, gli abbia alle spalle. --
14.96.1 Altrimente il Silenzio non rispose,
14.96.2 che col capo accennando che faria;
14.96.3 e dietro ubidïente se gli pose;
14.96.4 e furo al primo volo in Picardia.
14.96.5 Michel mosse le squadre coraggiose,
14.96.6 e fe' lor breve un gran tratto di via;
14.96.7 sì che in un dì a Parigi le condusse,
14.96.8 né alcun s' avide che miracol fusse.
14.97.1 Discorreva il Silenzio, e tuttavolta,
14.97.2 e dinanzi alle squadre e d' ogn' intorno,
14.97.3 facea girare un' alta nebbia in volta,
14.97.4 et avea chiaro ogn' altra parte il giorno;
14.97.5 e non lasciava questa nebbia folta,
14.97.6 che s' udisse di fuor tromba né corno:
14.97.7 poi n' andò tra' pagani, e menò seco
14.97.8 un non so che, ch' ognun fe' sordo e cieco.
14.98.1 Mentre Rinaldo in tal fretta venìa,
14.98.2 che ben parea da l' angelo condotto,
14.98.3 e con silenzio tal, che non s' udia
14.98.4 nel campo saracin farsene motto;
14.98.5 il re Agramante avea la fanteria
14.98.6 messo ne' borghi di Parigi, e sotto
14.98.7 le minacciate mura in su la fossa,
14.98.8 per far quel dì l' estremo di sua possa.
14.99.1 Chi può contar l' esercito che mosso
14.99.2 questo dì contra Carlo ha 'l re Agramante,
14.99.3 conterà ancora in su l' ombroso dosso
14.99.4 del silvoso Apennin tutte le piante;
14.99.5 dirà quante onde, quando è il mar più grosso,
14.99.6 bagnano i piedi al mauritano Atlante;
14.99.7 e per quanti occhi il ciel le furtive opre
14.99.8 degli amatori a mezza notte scuopre.
14.100.1 Le campane si sentono a martello
14.100.2 di spessi colpi e spaventosi tocche;
14.100.3 si vede molto, in questo tempio e in quello,
14.100.4 alzar di mano e dimenar di bocche.
14.100.5 Se 'l tesoro paresse a Dio sì bello,
14.100.6 come alle nostre openïoni sciocche,
14.100.7 questo era il dì che 'l santo consistoro
14.100.8 fatto avria in terra ogni sua statua d' oro.
14.101.1 S' odon ramaricare i vecchi giusti,
14.101.2 che s' erano serbati in quelli affanni,
14.101.3 e nominar felici i sacri busti
14.101.4 composti in terra già molti e molt' anni.
14.101.5 Ma gli animosi gioveni robusti
14.101.6 che miran poco i lor propinqui danni,
14.101.7 sprezzando le ragion de' più maturi,
14.101.8 di qua di là vanno correndo a' muri.
14.102.1 Quivi erano baroni e paladini,
14.102.2 re, duci, cavallier, marchesi e conti,
14.102.3 soldati forestieri e cittadini,
14.102.4 per Cristo e pel suo onore a morir pronti;
14.102.5 che per uscire adosso ai Saracini,
14.102.6 pregan l' imperator ch' abbassi i ponti.
14.102.7 Gode egli di veder l' animo audace,
14.102.8 ma di lasciarli uscir non li compiace.
14.103.1 E li dispone in oportuni lochi,
14.103.2 per impedire ai barbari la via:
14.103.3 là si contenta che ne vadan pochi,
14.103.4 qua non basta una grossa compagnia;
14.103.5 alcuni han cura maneggiare i fuochi,
14.103.6 le machine altri, ove bisogno sia.
14.103.7 Carlo di qua di là non sta mai fermo:
14.103.8 va soccorrendo, e fa per tutto schermo.
14.104.1 Siede Parigi in una gran pianura,
14.104.2 ne l' ombilico a Francia, anzi nel core;
14.104.3 gli passa la riviera entro le mura,
14.104.4 e corre, et esce in altra parte fuore.
14.104.5 Ma fa un' isola prima, e v' assicura
14.104.6 de la città una parte, e la migliore;
14.104.7 l' altre due (ch' in tre parti è la gran terra)
14.104.8 di fuor la fossa, e dentro il fiume serra.
14.105.1 Alla città, che molte miglia gira,
14.105.2 da molte parti si può dar battaglia:
14.105.3 ma perché sol da un canto assalir mira,
14.105.4 né volentier l' esercito sbarraglia,
14.105.5 oltre il fiume Agramante si ritira
14.105.6 verso ponente, acciò che quindi assaglia;
14.105.7 però che né cittade né campagna
14.105.8 ha dietro, se non sua, fin alla Spagna.
14.106.1 Dovunque intorno il gran muro circonda,
14.106.2 gran munizioni avea già Carlo fatte,
14.106.3 fortificando d' argine ogni sponda
14.106.4 con scannafossi dentro e case matte;
14.106.5 onde entra ne la terra, onde esce l' onda,
14.106.6 grossissime catene aveva tratte:
14.106.7 ma fece, più ch' altrove, provedere
14.106.8 là dove avea più causa di temere.
14.107.1 Con occhi d' Argo il figlio di Pipino
14.107.2 previde ove assalir dovea Agramante;
14.107.3 e non fece disegno il Saracino,
14.107.4 a cui non fosse riparato inante.
14.107.5 Con Ferraù, Isoliero, Serpentino,
14.107.6 Grandonio, Falsirone e Balugante,
14.107.7 e con ciò che di Spagna avea menato,
14.107.8 restò Marsilio alla campagna armato.
14.108.1 Sobrin gli era a man manca in ripa a Senna,
14.108.2 con Pulïan, con Dardinel d' Almonte,
14.108.3 col re d' Oran, ch' esser gigante accenna,
14.108.4 lungo sei braccia dai piedi alla fronte.
14.108.5 Deh perché a muover men son io la penna,
14.108.6 che quelle genti a muover l' arme pronte?
14.108.7 che 'l re di Sarza, pien d' ira e di sdegno,
14.108.8 grida e bestemmia, e non può star più a segno.
14.109.1 Come assalire o vasi pastorali,
14.109.2 o le dolci reliquie de' convivi
14.109.3 soglion con rauco suon di stridule ali
14.109.4 le impronte mosche a' caldi giorni estivi;
14.109.5 come li storni a' rosseggianti pali
14.109.6 vanno de mature uve: così quivi,
14.109.7 empiendo il ciel di grida e di rumori,
14.109.8 veniano a dare il fiero assalto i Mori.
14.110.1 L' esercito cristian sopra le mura
14.110.2 con lancie, spade e scure e pietre e fuoco
14.110.3 difende la città senza paura,
14.110.4 e il barbarico orgoglio estima poco;
14.110.5 e dove Morte uno et un altro fura,
14.110.6 non è chi per viltà ricusi il loco.
14.110.7 Tornano i Saracin giù ne le fosse
14.110.8 a furia di ferite e di percosse.
14.111.1 Non ferro solamente vi s' adopra,
14.111.2 ma grossi massi, e merli integri e saldi,
14.111.3 e muri dispiccati con molt' opra,
14.111.4 tetti di torri, e gran pezzi di spaldi.
14.111.5 L' acque bollenti che vengon di sopra,
14.111.6 portano a' Mori insupportabil caldi;
14.111.7 e male a questa pioggia si resiste,
14.111.8 ch' entra per gli elmi, e fa acciecar le viste.
14.112.1 E questa più nocea che 'l ferro quasi:
14.112.2 or che de' far la nebbia di calcine?
14.112.3 or che doveano far li ardenti vasi
14.112.4 con olio e zolfo e peci e trementine?
14.112.5 I cerchii in munizion non son rimasi,
14.112.6 che d' ogn' intorno hanno di fiamma il crine:
14.112.7 questi, scagliati per diverse bande,
14.112.8 mettono a' Saracini aspre ghirlande.
14.113.1 Intanto il re di Sarza avea cacciato
14.113.2 sotto le mura la schiera seconda,
14.113.3 da Buraldo, da Ormida accompagnato,
14.113.4 quel Garamante, e questo di Marmonda.
14.113.5 Clarindo e Soridan gli sono allato,
14.113.6 né par che 'l re di Setta si nasconda;
14.113.7 segue il re di Marocco e quel di Cosca,
14.113.8 ciascun perché il valor suo si conosca.
14.114.1 Ne la bandiera, ch' è tutta vermiglia,
14.114.2 Rodomonte di Sarza il leon spiega,
14.114.3 che la feroce bocca ad una briglia
14.114.4 che gli pon la sua donna, aprir non niega.
14.114.5 Al leon se medesimo assimiglia;
14.114.6 e per la donna che lo frena e lega,
14.114.7 la bella Doralice ha figurata,
14.114.8 figlia di Stordilan re di Granata:
14.115.1 quella che tolto avea, come io narrava,
14.115.2 re Mandricardo, e dissi dove e a cui.
14.115.3 Era costei che Rodomonte amava
14.115.4 più che 'l suo regno e più che gli occhi sui;
14.115.5 e cortesia e valor per lei mostrava,
14.115.6 non già sapendo ch' era in forza altrui:
14.115.7 se saputo l' avesse, allora allora
14.115.8 fatto avria quel che fe' quel giorno ancora.
14.116.1 Sono appoggiate a un tempo mille scale,
14.116.2 che non han men di dua per ogni grado.
14.116.3 Spinge il secondo quel ch' inanzi sale;
14.116.4 che 'l terzo lui montar fa suo mal grado.
14.116.5 Chi per virtù, chi per paura vale:
14.116.6 convien ch' ognun per forza entri nel guado;
14.116.7 che qualunche s' adagia, il re d' Algiere,
14.116.8 Rodomonte crudele, uccide o fere.
14.117.1 Ognun dunque si sforza di salire
14.117.2 tra il fuoco e le ruine in su le mura.
14.117.3 Ma tutti gli altri guardano, se aprire
14.117.4 veggiano passo ove sia poca cura:
14.117.5 sol Rodomonte sprezza di venire,
14.117.6 se non dove la via meno è sicura.
14.117.7 Dove nel caso disperato e rio
14.117.8 gli altri fan voti, egli bestemmia Dio.
14.118.1 Armato era d' un forte e duro usbergo,
14.118.2 che fu di drago una scagliosa pelle.
14.118.3 Di questo già si cinse il petto e 'l tergo
14.118.4 quello avol suo ch' edificò Babelle,
14.118.5 e si pensò cacciar de l' aureo albergo,
14.118.6 e tôrre a Dio il governo de le stelle:
14.118.7 l' elmo e lo scudo fece far perfetto,
14.118.8 e il brando insieme; e solo a questo effetto.
14.119.1 Rodomonte non già men di Nembrotte
14.119.2 indomito, superbo e furibondo,
14.119.3 che d' ire al ciel non tarderebbe a notte,
14.119.4 quando la strada si trovasse al mondo,
14.119.5 quivi non sta a mirar s' intere o rotte
14.119.6 sieno le mura, o s' abbia l' acqua fondo:
14.119.7 passa la fossa, anzi la corre e vola,
14.119.8 ne l' acqua e nel pantan fin alla gola.
14.120.1 Di fango brutto, e molle d' acqua vanne
14.120.2 tra il foco e i sassi e gli archi e le balestre,
14.120.3 come andar suol tra le palustri canne
14.120.4 de la nostra Mallea porco silvestre,
14.120.5 che col petto, col grifo e con le zanne
14.120.6 fa, dovunque si volge, ample finestre.
14.120.7 Con lo scudo alto il Saracin sicuro
14.120.8 ne vien sprezzando il ciel, non che quel muro.
14.121.1 Non sì tosto all' asciutto è Rodomonte,
14.121.2 che giunto si sentì su le bertresche
14.121.3 che dentro alla muraglia facean ponte
14.121.4 capace e largo alle squadre francesche.
14.121.5 Or si vede spezzar più d' una fronte,
14.121.6 far chieriche maggior de le fratesche,
14.121.7 braccia e capi volare; e ne la fossa
14.121.8 cader da' muri una fiumana rossa.
14.122.1 Getta il pagan lo scudo, e a duo man prende
14.122.2 la crudel spada, e giunge il duca Arnolfo.
14.122.3 Costui venìa di là dove discende
14.122.4 l' acqua del Reno nel salato golfo.
14.122.5 Quel miser contra lui non si difende
14.122.6 meglio che faccia contra il fuoco il zolfo;
14.122.7 e cade in terra, e dà l' ultimo crollo,
14.122.8 dal capo fesso un palmo sotto il collo.
14.123.1 Uccise di rovescio in una volta
14.123.2 Anselmo, Oldrado, Spineloccio e Prando:
14.123.3 il luogo stretto e la gran turba folta
14.123.4 fece girar sì pienamente il brando.
14.123.5 Fu la prima metade a Fiandra tolta,
14.123.6 l' altra scemata al populo normando.
14.123.7 Divise appresso da la fronte al petto,
14.123.8 et indi al ventre, il maganzese Orghetto.
14.124.1 Getta da' merli Andropono e Moschino
14.124.2 giù ne la fossa: il primo è sacerdote;
14.124.3 non adora il secondo altro che 'l vino,
14.124.4 e le bigonce a un sorso n' ha già vuote.
14.124.5 Come veneno e sangue viperino
14.124.6 l' acque fuggia quanto fuggir si puote:
14.124.7 or quivi muore; e quel che più l' annoia,
14.124.8 è 'l sentir che ne l' acqua se ne muoia.
14.125.1 Tagliò in due parti il provenzal Luigi,
14.125.2 e passò il petto al tolosano Arnaldo.
14.125.3 Di Torse Oberto, Claudio, Ugo e Dionigi
14.125.4 mandâr lo spirto fuor col sangue caldo;
14.125.5 e presso a questi, quattro da Parigi,
14.125.6 Gualtiero, Satallone, Odo et Ambaldo,
14.125.7 et altri molti: et io non saprei come
14.125.8 di tutti nominar la patria e il nome.
14.126.1 La turba dietro a Rodomonte presta
14.126.2 le scale appoggia, e monta in più d' un loco.
14.126.3 Quivi non fanno i Parigin più testa;
14.126.4 che la prima difesa lor val poco.
14.126.5 San ben ch' agli nemici assai più resta
14.126.6 dentro da fare, e non l' avran da gioco;
14.126.7 perché tra il muro e l' argine secondo
14.126.8 discende il fosso orribile e profondo.
14.127.1 Oltra che i nostri facciano difesa
14.127.2 dal basso all' alto, e mostrino valore;
14.127.3 nuova gente succede alla contesa
14.127.4 sopra l' erta pendice interïore,
14.127.5 che fa con lancie e con saette offesa
14.127.6 alla gran moltitudine di fuore,
14.127.7 che credo ben, che saria stata meno,
14.127.8 se non v' era il figliuol del re Ulïeno.
14.128.1 Egli questi conforta, e quei riprende,
14.128.2 e lor mal grado inanzi se gli caccia:
14.128.3 ad altri il petto, ad altri il capo fende,
14.128.4 che per fuggir veggia voltar la faccia.
14.128.5 Molti ne spinge et urta; alcuni prende
14.128.6 pei capelli, pel collo e per le braccia:
14.128.7 e sozzopra là giù tanti ne getta,
14.128.8 che quella fossa a capir tutti è stretta.
14.129.1 Mentre lo stuol de' barbari si cala,
14.129.2 anzi trabocca al periglioso fondo,
14.129.3 et indi cerca per diversa scala
14.129.4 di salir sopra l' argine secondo;
14.129.5 il re di Sarza (come avesse un' ala
14.129.6 per ciascun de' suoi membri) levò il pondo
14.129.7 di sì gran corpo e con tant' arme indosso,
14.129.8 e netto si lanciò di là dal fosso.
14.130.1 Poco era men di trenta piedi, o tanto,
14.130.2 et egli il passò destro come un veltro,
14.130.3 e fece nel cader strepito, quanto
14.130.4 avesse avuto sotto i piedi il feltro:
14.130.5 et a questo et a quello affrappa il manto,
14.130.6 come sien l' arme di tenero peltro,
14.130.7 e non di ferro, anzi pur sien di scorza:
14.130.8 tal la sua spada, e tanta è la sua forza!
14.131.1 In questo tempo i nostri, da chi tese
14.131.2 l' insidie son ne la cava profonda,
14.131.3 che v' han scope e fascine in copia stese,
14.131.4 intorno a quai di molta pece abonda
14.131.5 (né però alcuna si vede palese,
14.131.6 ben che n' è piena l' una e l' altra sponda
14.131.7 dal fondo cupo insino all' orlo quasi),
14.131.8 e senza fin v' hanno appiattati vasi,
14.132.1 qual con salnitro, qual con oglio, quale
14.132.2 con zolfo, qual con altra simil esca;
14.132.3 i nostri in questo tempo, perché male
14.132.4 ai Saracini il folle ardir riesca,
14.132.5 ch' eran nel fosso, e per diverse scale
14.132.6 credean montar su l' ultima bertresca;
14.132.7 udito il segno da oportuni lochi,
14.132.8 di qua e di là fenno avampare i fochi.
14.133.1 Tornò la fiamma sparsa, tutta in una,
14.133.2 che tra una ripa e l' altra ha 'l tutto pieno;
14.133.3 e tanto ascende in alto, ch' alla luna
14.133.4 può d' appresso asciugar l' umido seno.
14.133.5 Sopra si volve oscura nebbia e bruna,
14.133.6 che 'l sole adombra, e spegne ogni sereno.
14.133.7 Sentesi un scoppio in un perpetuo suono,
14.133.8 simile a un grande e spaventoso tuono.
14.134.1 Aspro concento, orribile armonia
14.134.2 d' alte querele, d' ululi e di strida
14.134.3 de la misera gente che peria
14.134.4 nel fondo per cagion de la sua guida,
14.134.5 istranamente concordar s' udia
14.134.6 col fiero suon de la fiamma omicida.
14.134.7 Non più, Signor, non più di questo canto;
14.134.8 ch' io son già rauco, e vo' posarmi alquanto.
CANTO XV
15.1.1 Fu il vincer sempremai laudabil cosa,
15.1.2 vincasi o per fortuna o per ingegno:
15.1.3 gli è ver che la vittoria sanguinosa
15.1.4 spesso far suole il capitan men degno;
15.1.5 e quella eternamente è glorïosa,
15.1.6 e dei divini onori arriva al segno,
15.1.7 quando, servando i suoi senza alcun danno,
15.1.8 si fa che gl' inimici in rotta vanno.
15.2.1 La vostra, Signor mio, fu degna loda,
15.2.2 quando al Leone, in mar tanto feroce,
15.2.3 ch' avea occupata l' una e l' altra proda
15.2.4 del Po, da Francolin sin alla foce,
15.2.5 faceste sì, ch' ancor che ruggir l' oda,
15.2.6 s' io vedrò voi, non tremerò alla voce.
15.2.7 Come vincer si de', ne dimostraste;
15.2.8 ch' uccideste i nemici, e noi salvaste.
15.3.1 Questo il pagan, troppo in suo danno audace,
15.3.2 non seppe far; che i suoi nel fosso spinse,
15.3.3 dove la fiamma subita e vorace
15.3.4 non perdonò ad alcun, ma tutti estinse.
15.3.5 A tanti non saria stato capace
15.3.6 tutto il gran fosso, ma il fuoco restrinse,
15.3.7 restrinse i corpi e in polve li ridusse,
15.3.8 acciò ch' abile a tutti il luogo fusse.
15.4.1 Undici mila et otto sopra venti
15.4.2 si ritrovâr ne l' affocata buca,
15.4.3 che v' erano discesi mal contenti;
15.4.4 ma così volle il poco saggio duca.
15.4.5 Quivi fra tanto lume or sono spenti,
15.4.6 e la vorace fiamma li manuca:
15.4.7 e Rodomonte, causa del mal loro,
15.4.8 se ne va esente da tanto martoro;
15.5.1 che tra' nemici alla ripa più interna
15.5.2 era passato d' un mirabil salto.
15.5.3 Se con gli altri scendea ne la caverna,
15.5.4 questo era ben il fin d' ogni suo assalto.
15.5.5 Rivolge gli occhi a quella valle inferna;
15.5.6 e quando vede il fuoco andar tant' alto,
15.5.7 e di sua gente il pianto ode e lo strido,
15.5.8 bestemmia il ciel con spaventoso grido.
15.6.1 Intanto il re Agramante mosso avea
15.6.2 impetuoso assalto ad una porta;
15.6.3 che, mentre la crudel battaglia ardea
15.6.4 quivi ove è tanta gente afflitta e morta,
15.6.5 quella sprovista forse esser credea
15.6.6 di guardia, che bastasse alla sua scorta.
15.6.7 Seco era il re d' Arzilla Bambirago,
15.6.8 e Baliverzo, d' ogni vizio vago;
15.7.1 e Corineo di Mulga, e Prusïone,
15.7.2 il ricco re de l' Isole beate;
15.7.3 Malabuferso che la regïone
15.7.4 tien di Fizan, sotto continua estate;
15.7.5 altri signori et altre assai persone
15.7.6 esperte ne la guerra e bene armate;
15.7.7 e molti ancor senza valore e nudi,
15.7.8 che 'l cor non s' armerian con mille scudi.
15.8.1 Trovò tutto il contrario al suo pensiero
15.8.2 in questa parte il re de' Saracini:
15.8.3 perché in persona il capo de l' Impero
15.8.4 v' era, re Carlo, e de' suoi paladini,
15.8.5 re Salamone et il danese Ugiero,
15.8.6 et ambo i Guidi et ambo gli Angelini,
15.8.7 e 'l duca di Bavera e Ganelone,
15.8.8 e Berlengier e Avolio e Avino e Otone;
15.9.1 gente infinita poi di minor conto,
15.9.2 de' Franchi, de' Tedeschi e de' Lombardi,
15.9.3 presente il suo signor, ciascuno pronto
15.9.4 a farsi riputar fra i più gagliardi.
15.9.5 Di questo altrove io vo' rendervi conto;
15.9.6 ch' ad un gran duca è forza ch' io riguardi,
15.9.7 il qual mi grida, e di lontano accenna,
15.9.8 e priega ch' io nol lasci ne la penna.
15.10.1 Gli è tempo ch' io ritorni ove lasciai
15.10.2 l' aventuroso Astolfo d' Inghilterra,
15.10.3 che 'l lungo esilio avendo in odio ormai,
15.10.4 di desiderio ardea de la sua terra;
15.10.5 come gli n' avea data pur assai
15.10.6 speme colei ch' Alcina vinse in guerra.
15.10.7 Ella di rimandarvilo avea cura
15.10.8 per la via più espedita e più sicura.
15.11.1 E così una galea fu apparechiata,
15.11.2 di che miglior mai non solcò marina;
15.11.3 e perché ha dubbio pur tutta fïata,
15.11.4 che non gli turbi il suo vïaggio Alcina,
15.11.5 vuol Logistilla che con forte armata
15.11.6 Andronica ne vada e Sofrosina,
15.11.7 tanto che nel mar d' Arabi, o nel golfo
15.11.8 de' Persi, giunga a salvamento Astolfo.
15.12.1 Più tosto vuol che volteggiando rada
15.12.2 gli Sciti e gl' Indi e i regni nabatei,
15.12.3 e torni poi per così lunga strada
15.12.4 a ritrovare i Persi e gli Eritrei;
15.12.5 che per quel boreal pelago vada,
15.12.6 che turban sempre iniqui venti e rei,
15.12.7 e sì, qualche stagion, pover di sole,
15.12.8 che starne senza alcuni mesi suole.
15.13.1 La fata, poi che vide acconcio il tutto,
15.13.2 diede licenzia al duca di partire,
15.13.3 avendol prima ammaestrato e instrutto
15.13.4 di cose assai, che fôra lungo a dire;
15.13.5 e per schivar che non sia più ridutto
15.13.6 per arte maga, onde non possa uscire,
15.13.7 un bello et util libro gli avea dato,
15.13.8 che per suo amore avesse ognora allato.
15.14.1 Come l' uom riparar debba agl' incanti
15.14.2 mostra il libretto che costei gli diede:
15.14.3 dove ne tratta o più dietro o più inanti,
15.14.4 per rubrica e per indice si vede.
15.14.5 Un altro don gli fece ancor, che quanti
15.14.6 doni fur mai, di gran vantaggio eccede:
15.14.7 e questo fu d' orribil suono un corno,
15.14.8 che fa fugire ognun che l' ode intorno.
15.15.1 Dico che 'l corno è di sì orribil suono,
15.15.2 ch' ovunque s' oda, fa fuggir la gente:
15.15.3 non può trovarsi al mondo un cor sì buono,
15.15.4 che possa non fuggir come lo sente:
15.15.5 rumor di vento e di termuoto, e 'l tuono,
15.15.6 a par del suon di questo, era nïente.
15.15.7 Con molto riferir di grazie, prese
15.15.8 da la fata licenzia il buono Inglese.
15.16.1 Lasciando il porto e l' onde più tranquille,
15.16.2 con felice aura ch' alla poppa spira,
15.16.3 sopra le ricche e populose ville
15.16.4 de l' odorifera India il duca gira,
15.16.5 scoprendo a destra et a sinistra mille
15.16.6 isole sparse; e tanto va, che mira
15.16.7 la terra di Tomaso, onde il nocchiero
15.16.8 più a tramontana poi volge il sentiero.
15.17.1 Quasi radendo l' aurea Chersonesso,
15.17.2 la bella armata il gran pelago frange:
15.17.3 e costeggiando i ricchi liti, spesso
15.17.4 vede come nel mar biancheggi il Gange;
15.17.5 e Traprobane vede, e Cori appresso;
15.17.6 e vede il mar che fra i duo liti s' ange.
15.17.7 Dopo gran via furo a Cochino, e quindi
15.17.8 usciro fuor dei termini degl' Indi.
15.18.1 Scorrendo il duca il mar con sì fedele
15.18.2 e sì sicura scorta, intender vuole,
15.18.3 e ne domanda Andronica, se de le
15.18.4 parti c' han nome dal cader del sole,
15.18.5 mai legno alcun che vada a remi e a vele,
15.18.6 nel mare orïentale apparir suole;
15.18.7 e s' andar può senza toccar mai terra,
15.18.8 chi d' India scioglia, in Francia o in Inghilterra.
15.19.1 -- Tu déi sapere (Andronica risponde)
15.19.2 che d' ogn' intorno il mar la terra abbraccia;
15.19.3 e van l' una ne l' altra tutte l' onde,
15.19.4 sia dove bolle o dove il mar s' aggiaccia;
15.19.5 ma perché qui davante si difonde,
15.19.6 e sotto il mezzodì molto si caccia
15.19.7 la terra d' Etïopia, alcuno ha detto
15.19.8 ch' a Nettunno ir più inanzi ivi è interdetto.
15.20.1 Per questo dal nostro indico levante
15.20.2 nave non è che per Europa scioglia;
15.20.3 né si muove d' Europa navigante
15.20.4 ch' in queste nostre parti arrivar voglia.
15.20.5 Il ritrovarsi questa terra avante,
15.20.6 e questi e quelli al ritornare invoglia;
15.20.7 che credeno, veggendola sì lunga,
15.20.8 che con l' altro emisperio si congiunga.
15.21.1 Ma volgendosi gli anni, io veggio uscire
15.21.2 da l' estreme contrade di ponente
15.21.3 nuovi Argonauti e nuovi Tifi, e aprire
15.21.4 la strada ignota infin al dì presente:
15.21.5 altri volteggiar l' Africa, e seguire
15.21.6 tanto la costa de la negra gente,
15.21.7 che passino quel segno onde ritorno
15.21.8 fa il sole a noi, lasciando il Capricorno;
15.22.1 e ritrovar del lungo tratto il fine,
15.22.2 che questo fa parer dui mar diversi;
15.22.3 e scorrer tutti i liti e le vicine
15.22.4 isole d' Indi, d' Arabi e di Persi:
15.22.5 altri lasciar le destre e le mancine
15.22.6 rive che due per opra Erculea fêrsi;
15.22.7 e del sole imitando il camin tondo,
15.22.8 ritrovar nuove terre e nuovo mondo.
15.23.1 Veggio la santa croce, e veggio i segni
15.23.2 imperïal nel verde lito eretti:
15.23.3 veggio altri a guardia dei battuti legni,
15.23.4 altri all' acquisto del paese eletti:
15.23.5 veggio da dieci cacciar mille, e i regni
15.23.6 di là da l' India ad Aragon suggetti;
15.23.7 e veggio i capitan di Carlo quinto,
15.23.8 dovunque vanno, aver per tutto vinto.
15.24.1 Dio vuol ch' ascosa antiquamente questa
15.24.2 strada sia stata, e ancor gran tempo stia;
15.24.3 né che prima si sappia, che la sesta
15.24.4 e la settima età passata sia:
15.24.5 e serba a farla al tempo manifesta,
15.24.6 che vorrà porre il mondo a monarchia,
15.24.7 sotto il più saggio imperatore e giusto,
15.24.8 che sia stato o sarà mai dopo Augusto.
15.25.1 Del sangue d' Austria e d' Aragon io veggio
15.25.2 nascer sul Reno alla sinistra riva
15.25.3 un principe, al valor del qual pareggio
15.25.4 nessun valor, di cui si parli o scriva.
15.25.5 Astrea veggio per lui riposta in seggio,
15.25.6 anzi di morta ritornata viva;
15.25.7 e le virtù che cacciò il mondo, quando
15.25.8 lei cacciò ancora, uscir per lui di bando.
15.26.1 Per questi merti la Bontà suprema
15.26.2 non solamente di quel grande impero
15.26.3 ha disegnato ch' abbia dïadema
15.26.4 ch' ebbe Augusto, Traian, Marco e Severo;
15.26.5 ma d' ogni terra e quinci e quindi estrema,
15.26.6 che mai né al sol né all' anno apre il sentiero:
15.26.7 e vuol che sotto a questo imperatore
15.26.8 solo un ovile sia, solo un pastore.
15.27.1 E perch' abbian più facile successo
15.27.2 gli ordini in cielo eternamente scritti,
15.27.3 gli pon la somma Providenzia appresso
15.27.4 in mare e in terra capitani invitti.
15.27.5 Veggio Hernando Cortese, il quale ha messo
15.27.6 nuove città sotto i cesarei editti,
15.27.7 e regni in Orïente sì remoti,
15.27.8 ch' a noi, che siamo in India, non son noti.
15.28.1 Veggio Prosper Colonna, e di Pescara
15.28.2 veggio un marchese, e veggio dopo loro
15.28.3 un giovene del Vasto, che fan cara
15.28.4 parer la bella Italia ai Gigli d' oro:
15.28.5 veggio ch' entrare inanzi si prepara
15.28.6 quel terzo agli altri a guadagnar l' alloro;
15.28.7 come buon corridor ch' ultimo lassa
15.28.8 le mosse, e giunge, e inanzi a tutti passa.
15.29.1 Veggio tanto il valor, veggio la fede
15.29.2 tanta d' Alfonso (che 'l suo nome è questo),
15.29.3 ch' in così acerba età, che non eccede
15.29.4 dopo il vigesimo anno ancora il sesto,
15.29.5 l' imperator l' esercito gli crede,
15.29.6 il qual salvando, salvar non che 'l resto,
15.29.7 ma farsi tutto il mondo ubidïente
15.29.8 con questo capitan sarà possente.
15.30.1 Come con questi, ovunque andar per terra
15.30.2 si possa, accrescerà l' imperio antico;
15.30.3 così per tutto il mar, ch' in mezzo serra
15.30.4 di là l' Europa, e di qua l' Afro aprico,
15.30.5 sarà vittorïoso in ogni guerra,
15.30.6 poi ch' Andrea Doria s' avrà fatto amico.
15.30.7 Questo è quel Doria che fa dai pirati
15.30.8 sicuro il vostro mar per tutti i lati.
15.31.1 Non fu Pompeio a par di costui degno,
15.31.2 se ben vinse e cacciò tutti i corsari;
15.31.3 però che quelli al più possente regno
15.31.4 che fosse mai, non poteano esser pari:
15.31.5 ma questo Doria, sol col proprio ingegno
15.31.6 e proprie forze, purgherà quei mari;
15.31.7 sì che da Calpe al Nilo, ovunque s' oda
15.31.8 il nome suo, tremar veggio ogni proda.
15.32.1 Sotto la fede entrar, sotto la scorta
15.32.2 di questo capitan di ch' io ti parlo,
15.32.3 veggio in Italia, ove da lui la porta
15.32.4 gli sarà aperta, alla corona Carlo.
15.32.5 Veggio che 'l premio che di ciò riporta,
15.32.6 non tien per sé, ma fa alla patria darlo:
15.32.7 con prieghi ottien ch' in libertà la metta,
15.32.8 dove altri a sé l' avria forse suggetta.
15.33.1 Questa pietà ch' egli alla patria mostra,
15.33.2 è degna di più onor d' ogni battaglia
15.33.3 ch' in Francia o in Spagna o ne la terra vostra
15.33.4 vincesse Iulio, o in Africa o in Tessaglia.
15.33.5 Né il grande Ottavio, né chi seco giostra
15.33.6 di par, Antonio, in più onoranza saglia
15.33.7 pei gesti suoi; ch' ogni lor laude amorza
15.33.8 l' avere usato alla lor patria forza.
15.34.1 Questi et ogn' altro che la patria tenta
15.34.2 di libera far serva, si arrosisca;
15.34.3 né dove il nome d' Andrea Doria senta,
15.34.4 di levar gli occhi in viso d' uomo ardisca.
15.34.5 Veggio Carlo che 'l premio gli augumenta;
15.34.6 ch' oltre quel ch' in commun vuol che fruisca,
15.34.7 gli dà la ricca terra ch' ai Normandi
15.34.8 sarà principio a farli in Puglia grandi.
15.35.1 A questo capitan non pur cortese
15.35.2 il magnanimo Carlo ha da mostrarsi,
15.35.3 ma a quanti avrà ne le cesaree imprese
15.35.4 del sangue lor non ritrovati scarsi.
15.35.5 D' aver città, d' aver tutto un paese
15.35.6 donato a un suo fedel, più ralegrarsi
15.35.7 lo veggio, e a tutti quei che ne son degni,
15.35.8 che d' acquistar nuov' altri imperii e regni. --
15.36.1 Così de le vittorie le qual, poi
15.36.2 ch' un gran numero d' anni sarà corso,
15.36.3 daranno a Carlo i capitani suoi,
15.36.4 facea col duca Andronica discorso:
15.36.5 e la compagna intanto ai venti eoi
15.36.6 viene allentando e raccogliendo il morso;
15.36.7 e fa ch' or questo or quel propizio l' esce;
15.36.8 e come vuol li minuisce e cresce.