Tasso, Gerusalemme conquistata

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CANTO I
1.1.1 Io canto l' arme e 'l cavalier sovrano, 1.1.2 che tolse il giogo a la cittá di Cristo. 1.1.3 Molto co 'l senno e con l' invitta mano 1.1.4 egli adoprò nel glorïoso acquisto; 1.1.5 e di morti ingombrò le valli e 'l piano, 1.1.6 e correr fece il mar di sangue misto. 1.1.7 Molto nel duro assedio ancor sofferse, 1.1.8 per cui prima la terra e 'l ciel s' aperse. 1.2.1 Quinci infiammâr del tenebroso inferno 1.2.2 gli angeli ribellanti, amori e sdegni; 1.2.3 e, spargendo ne' suoi veneno interno 1.2.4 contra gli armâr de l' Orïente i regni: 1.2.5 e quindi il messaggier del Padre eterno 1.2.6 sgombrò le fiamme e l' arme e gli odi indegni, 1.2.7 tanto di grazia diè nel dubbio assalto 1.2.8 a la croce il Figliuol spiegata in alto. 1.3.1 Voi che volgete il ciel, superne menti, 1.3.2 e tu che duce sei del santo coro, 1.3.3 e fra giri lá su veloci e lenti, 1.3.4 porti la face luminosa e d' oro; 1.3.5 il pensier m' inspirate e i chiari accenti, 1.3.6 perch' io sia degno del toscano alloro: 1.3.7 e d' angelico suon canora tromba 1.3.8 faccia quella tacer ch' oggi rimbomba. 1.4.1 Cintio, che di virtú gli antichi esempi 1.4.2 rinovi, e co 'l tuo lume Italia illustri, 1.4.3 l' alte memorie de' passati tempi 1.4.4 difendi omai dal varïar de' lustri; 1.4.5 e mentre il gran Clemente i sacri tempî, 1.4.6 di sole in guisa, avvien che purghe e lustri, 1.4.7 egli, del re del ciel vicario in terra, 1.4.8 il cielo, e tu Elicona a me disserra. 1.5.1 Egli del suo voler, ch' è santo e giusto, 1.5.2 fa dritta norma al mondo e viva legge. 1.5.3 E i gran duci d' Europa, e 'l grande augusto, 1.5.4 e 'l gran re che piú regni affrena e regge, 1.5.5 e gli altri ancora, e l' Etiope adusto, 1.5.6 e qual piú lunge il vero culto elegge, 1.5.7 e stelle e segni occulti in ciel discopre, 1.5.8 onoran tutti a prova il nome e l' opre. 1.6.1 Tu l' altrui lingue piú famose, e l' arti 1.6.2 piú belle, e i sacri studi in pregio torni; 1.6.3 e pria che d' ostro il crin, l' interne parti 1.6.4 di virtú vera e vera luce adorni: 1.6.5 e tu l' alte sue grazie a me comparti, 1.6.6 perché l' invidia se ne roda, e scorni: 1.6.7 ché dal giudicio suo benigno io pendo, 1.6.8 e vita a me, non pur a' versi attendo. 1.7.1 Ma quando fia che la tua nobil chioma 1.7.2 porpora sacra in Vatican circondi, 1.7.3 quanto sará piú bella Italia e Roma! 1.7.4 E piú cólti gl' ingegni e piú fecondi! 1.7.5 E 'n lui men grave l' onorata soma 1.7.6 de le gran chiavi e de' pensier profondi! 1.7.7 Ambo intanto gradite i novi carmi, 1.7.8 e de' pietosi eroi l' imprese e l' armi. 1.8.1 Giá 'l sesto anno volgea ch' a l' alta impresa 1.8.2 passâro i nostri duci il mare e 'l monte, 1.8.3 ed a' trofei di Cristo ogni difesa 1.8.4 l' Asia e 'l Tauro inchinò superba fronte; 1.8.5 e, scosso il giogo che l' affligge e pesa, 1.8.6 se 'n gía libero Cidno, Eufrate, Oronte: 1.8.7 pur la stagion che 'l fango e 'l gelo sgombra 1.8.8 attende l' oste; e giá Cesarea ingombra. 1.9.1 E 'l tempo omai ch' a le feroci squadre 1.9.2 ogn' indugio togliea lunge non era, 1.9.3 quando al gran seggio ascese il sommo Padre, 1.9.4 ch' in quella parte piú del ciel sincera 1.9.5 quanto è da forme risplendenti a l' adre, 1.9.6 tant' è piú su de la stellante spera; 1.9.7 però che quasi terra è il ciel del cielo, 1.9.8 al Signor che si fa lucente velo. 1.10.1 Stanno a quell' alta sede intorno intorno 1.10.2 spirti divini, al suo splendore accensi, 1.10.3 e ciascun d' essi è di sei ale adorno: 1.10.4 e sí come i vapori umidi e densi, 1.10.5 o le nubi dipinte, il sole e 'l giorno 1.10.6 copron soavemente a' nostri sensi; 1.10.7 velano due la faccia a quel vetusto, 1.10.8 due i piè, due van girando il seggio augusto. 1.11.1 Egli d' alto mirò giacer la terra, 1.11.2 e di vele e di legni il mar ripieno, 1.11.3 quasi incendio nutrir d' ardente guerra; 1.11.4 e con gli occhi il cercò di seno in seno; 1.11.5 poi li girò dove nasconde e serra 1.11.6 alti pensieri il pio Goffredo in seno, 1.11.7 e scorse fede in lui fondata e salda, 1.11.8 e santo amor che sí l' informa e scalda. 1.12.1 Ma vede nel fratel cupido ingegno, 1.12.2 che a scettri ed a corone intento aspira. 1.12.3 Vede Tancredi aver la vita a sdegno, 1.12.4 tanto l' ingiuria altrui l' ange e martira. 1.12.5 E fondar Boemondo al novo regno 1.12.6 in Antiochia alti princípi ei mira, 1.12.7 e leggi imporre, ed introdur costume, 1.12.8 e l' arti e 'l culto di verace nume. 1.13.1 E cosí fisse al cor gli alti pensieri, 1.13.2 che nulla par che piú lo prema e stringa. 1.13.3 Scorge in Riccardo poi spirti guerrieri, 1.13.4 onde primo a l' imprese omai s' accinga; 1.13.5 né brama il move di sperati imperi, 1.13.6 ma di gloria immortal quasi lusinga: 1.13.7 scorge che da la bocca intento ei pende 1.13.8 di Raimondo e 'l costume antico apprende. 1.14.1 Ma poich' ebbe di questi e d' altri cori 1.14.2 scorto gl' interni sensi il re del mondo, 1.14.3 chiama a sé da gli angelici splendori 1.14.4 Gabriel, che ne' primi era secondo. 1.14.5 È tra Dio questi e l' anime migliori, 1.14.6 interprete fedel, messo giocondo, 1.14.7 che i decreti del ciel in terra porta, 1.14.8 e i preghi e i voti nostri al ciel riporta. 1.15.1 Disse al messaggio Dio:-- Goffredo or trova, 1.15.2 e digli in nome mio: Perché si cessa? 1.15.3 Perché la guerra omai non si rinova, 1.15.4 per liberar Gerusalemme oppressa? 1.15.5 Chiami i duci a consiglio e i tardi mova, 1.15.6 gli sparsi accoglia: il tempo e l' ora appressa 1.15.7 che s' inchini il possente e ceda il veglio: 1.15.8 e 'l gran duce ab eterno in cielo io sceglio.-- 1.16.1 Cosí parlava. E Gabriel s' accinse 1.16.2 veloce al suo lontano, alto vïaggio: 1.16.3 e la sua forma d' aria intorno ei cinse, 1.16.4 perch' a vista mortal non faccia oltraggio. 1.16.5 Membra ed aspetto uman compose e finse, 1.16.6 ma pur vi risplendea celeste raggio; 1.16.7 tra giovine e fanciullo etá confine 1.16.8 prese, e di rai fece il diadema al crine. 1.17.1 Ale bianche vestí, c' han d' òr le cime, 1.17.2 infaticabilmente agili e preste: 1.17.3 fende i venti e le nubi, e va sublime 1.17.4 sovra la terra e sovra 'l mar con queste. 1.17.5 Cosí vestito, indirizzossi a l' ime 1.17.6 parti del mondo il messaggier celeste; 1.17.7 e di Libano giá la fronte e 'l tergo 1.17.8 scorgea, di varie sètte antico albergo. 1.18.1 Di Libano che sorge altero e grande, 1.18.2 e corona ha di cedri alta e superba, 1.18.3 e rugiade dal ciel, dolci vivande 1.18.4 de' padri ebrei, nel sommo accoglie e serba; 1.18.5 e dal sen vari fiumi in mare spande, 1.18.6 che mormorando van tra' fiori e l' erba. 1.18.7 Qui prima l' ale il messaggier ritenne, 1.18.8 e si librò su l' adeguate penne. 1.19.1 Verso Cesarea poi le volse, e quindi 1.19.2 drizzò precipitando il volo in giuso. 1.19.3 Giá lucente sorgeva il sol da gl' Indi, 1.19.4 che parte è fuor, ma piú nel Gange è chiuso. 1.19.5 Tu gli altri tuoi pensier dal petto scindi, 1.19.6 vòlto, Goffredo, a Dio per antico uso, 1.19.7 quando a paro col sol, ma piú lucente, 1.19.8 l' angelo t' apparí da l' orïente. 1.20.1 -- Duce invitto di Cristo, i voti adempi 1.20.2 ne la stagion ch' a guerreggiar v' aspetta: 1.20.3 accogli i duci tu ne' sacri tempî; 1.20.4 tu al fin de l' opra i neghittosi affretta: 1.20.5 tu muovi i suoi fedeli incontra gli empi, 1.20.6 per liberar Gerusalem soggetta, 1.20.7 ché Dio per sommo duce in ciel t' elegge, 1.20.8 e da te scorta avranno in terra e legge. 1.21.1 Dio messaggier mi manda, e t' assicura 1.21.2 di gran vittoria e certa: è certa spene 1.21.3 de l' eterne promesse. Oh quanta cura 1.21.4 de le commesse genti or ti conviene!-- 1.21.5 Tacque; e volò, quasi per nube oscura, 1.21.6 a le parti piú eccelse e piú serene; 1.21.7 ma ne l' alma rifulse, e 'n man lo scettro 1.21.8 lucente gli lasciò d' oro e d' elettro. 1.22.1 Ei pien d' interna luce in sé discorre, 1.22.2 chi venne, chi mandò, che gli fu detto; 1.22.3 e se bramò primiero il fine imporre 1.22.4 a l' aspra guerra, or l' arde intenso affetto. 1.22.5 Non che 'l vedersi a gli altri in ciel preporre 1.22.6 di leve aura d' onor gli gonfi il petto; 1.22.7 ma 'l suo voler piú nel voler s' infiamma 1.22.8 del suo Signor, come favilla in fiamma. 1.23.1 Vennero i duci, e gli altri ancor seguîro 1.23.2 i duci, c' han vermiglie ed auree spoglie: 1.23.3 parte fuor s' attendò, parte nel giro 1.23.4 e fra gli alberghi suoi Cesarea accoglie: 1.23.5 ma nel tempio maggior gli eroi s' unîro 1.23.6 nel festo giorno, ov' è chi lega e scioglie. 1.23.7 Qui 'l pio Goffredo che tutt' altri avanza, 1.23.8 comincia, in volto augusto ed in sembianza: 1.24.1 -- Guerrier' di Cristo, a ristorare i danni 1.24.2 de la sua fede il re del ciel vi elesse, 1.24.3 e securi fra l' arme, e fra gl' inganni 1.24.4 de la terra e del mar vi scorse e resse: 1.24.5 sí ch' abbiam molte in breve spazio d' anni 1.24.6 ribellanti provincie a lui sommesse; 1.24.7 e fra le genti soggiogate e dome, 1.24.8 stese le insegne vincitrici, e 'l nome. 1.25.1 Giá non lasciammo i dolci pegni e 'l nido 1.25.2 natio, fame cercando indegne e false, 1.25.3 né la vita esponemmo al vento infido, 1.25.4 ed a' perigli pur de l' onde salse, 1.25.5 per acquistar barbara terra e grido 1.25.6 che cessi alfine; o d' altro onor ci calse 1.25.7 che d' immortale e di celeste palma, 1.25.8 però ch' ogni altro pregio è grave salma. 1.26.1 Ma fu il nostro pensier d' opra piú santa, 1.26.2 scuoter d' Élia pensando il giogo duro, 1.26.3 e 'n mal guardato nido, ove cotanta 1.26.4 perfidia alberga, entro l' antico muro 1.26.5 ripor la vera Fé che non s' ammanta 1.26.6 d' inganni, e darle albergo in lui securo, 1.26.7 acciò che possa il peregrin devoto 1.26.8 adorar la gran tomba, e sciôrre il voto. 1.27.1 Cosí giurai: meco giurar poi volse 1.27.2 ogni altro duce a' piè del grande Urbano, 1.27.3 ch' in Chiaramonte il suo concilio accolse, 1.27.4 e la Croce a noi diè la sacra mano; 1.27.5 poscia spiegolla in mille insegne e sciolse 1.27.6 l' Inglese a prova, il Franco, e 'l pio Germano. 1.27.7 Conforta al voto or voi (se ven rimembra) 1.27.8 Dio co' propri messaggi e chi 'l rassembra. 1.28.1 Dunque il fatto sin ora al rischio è molto; 1.28.2 poco a l' onor, nulla al disegno, parmi, 1.28.3 se fia l' impeto nostro altrove or vòlto, 1.28.4 o qui si sparga l' oste e si disarmi. 1.28.5 Che gioverá l' aver d' Europa accolto 1.28.6 sí grande sforzo, e tanti eroi, tante armi, 1.28.7 se far può quella, che ogni altezza inchina, 1.28.8 non fabbriche di regni, ma ruina? 1.29.1 Non edifica quel ch' a gli alti imperi 1.29.2 fa mondan fondamento, e quasi in sabbia, 1.29.3 sperando in suoi cavalli, e 'n suoi guerrieri, 1.29.4 fra' regni d' Asia e l' africana rabbia: 1.29.5 ove nel Greco non convien che speri, 1.29.6 che giá ci tenne quasi augelli in gabbia, 1.29.7 ma ben move ruine, onde a se stesso 1.29.8 faccia un sepolcro e vi rimanga oppresso. 1.30.1 Turchi, Persi, Antiochia; illustre suono, 1.30.2 magnifiche parole, orribil' cose; 1.30.3 tacciamo, anzi pur Dio si lodi e 'l dono 1.30.4 di sue vittorie; ei vinse, e pria n' ascose. 1.30.5 E se da noi perverse e torte or sono 1.30.6 contra quel fin che 'l donator dispose; 1.30.7 temo ce 'n privi, e fola ad empie genti 1.30.8 quel sí chiaro rimbombo alfin diventi. 1.31.1 Ah! non sia chi gran doni, al ciel graditi, 1.31.2 in uso cosí reo perda e diffonda. 1.31.3 A quei, ch' abbiamo alti princípi orditi, 1.31.4 di tutta l' opra il fine e 'l fil risponda. 1.31.5 Or che sí aperti i passi e sí spediti, 1.31.6 or che sí la fortuna abbiam seconda, 1.31.7 ché non corriamo a quella eccelsa mèta 1.31.8 de le vittorie? e chi 'l ritarda, o 'l vieta? 1.32.1 Volano i detti miei: scrivete or questi, 1.32.2 dopo l' anno secondo, e dopo il quarto: 1.32.3 e quel ch' odono in cielo anco i celesti, 1.32.4 mortali, udite in terra; a voi 'l comparto, 1.32.5 perch' al passar del mondo in Dio si resti. 1.32.6 De la vittoria è giá maturo il parto. 1.32.7 Solo è signor chi signoreggia al Tempo; 1.32.8 e non ben vince chi non vince a tempo.-- 1.33.1 Disse: e i detti seguí breve bisbiglio. 1.33.2 Ma sorse poscia il solitario Pietro, 1.33.3 che fra' duci sedea d' alto consiglio, 1.33.4 e pria gli mosse e non rimase addietro. 1.33.5 -- Ciò ch' esorta Goffredo, ed io consiglio; 1.33.6 ch' al suo parer, come a diamante il vetro, 1.33.7 cedon gli altri men saldi; il vero a lungo 1.33.8 ei v' ha dimostro, e questo anch' io v' aggiungo. 1.34.1 Se ben le ingiurie e le contese accoglio, 1.34.2 quasi a prova da voi fatte e patite, 1.34.3 i ritrosi consigli, e 'l vostro orgoglio, 1.34.4 e l' opere sí tarde, e sí impedite, 1.34.5 sempre ad un fonte sol recare io soglio 1.34.6 la cagion d' ogni indugio e d' ogni lite; 1.34.7 a quella podestá, che in molti e vari 1.34.8 d' opinïon, quasi librata, è pari. 1.35.1 Regno o imperio partito, e quasi sparso 1.35.2 fra molti, non è buon, non è costante; 1.35.3 non è pronto a l' imprese, al premio è scarso: 1.35.4 lodato è quel ch' un solo ha posto avante. 1.35.5 Scegliete un duce voi dal cielo apparso, 1.35.6 che freni e regga ogni guerriero errante, 1.35.7 e dia ordine al campo, e legge e forma, 1.35.8 con quel benigno lume, ond' ei s' informa.-- 1.36.1 Qui tacque il veglio. Or quai pensier, quai petti 1.36.2 son chiusi a te, diva aura, e santo ardore? 1.36.3 Inspiri tu d' uom rozzo i saggi detti 1.36.4 nel tuo dí sacro in orgoglioso core. 1.36.5 Sgombri l' ire e gli sdegni, e gli altri affetti 1.36.6 di sovrastar, di non dovuto onore; 1.36.7 onde Guelfo, i Roberti, e i piú sublimi, 1.36.8 chiamâr Goffredo per lor duce i primi. 1.37.1 L' approvâr gli altri. Esser sue parti or denno 1.37.2 sceglier il meglio e comandar a' forti. 1.37.3 Freni l' ardir, sia legge il proprio senno, 1.37.4 e quando vuole e cui la guerra ei porti. 1.37.5 Gli altri, che tante imprese a prova fenno, 1.37.6 seguaci sian di lui, non pur consorti. 1.37.7 Di ciò la fama giá si sparge, ed esce 1.37.8 di lingua in lingua, e si divolga e cresce. 1.38.1 Poscia adorano i duci al sacro altare, 1.38.2 tutti seguendo lui, ch' è sol primiero; 1.38.3 quinci a le schiere in maestate appare 1.38.4 degno per merto di sovrano impero, 1.38.5 e riceve i saluti in liete e care 1.38.6 voci e con volto placido e severo; 1.38.7 e impon che 'l dí seguente in largo campo 1.38.8 tutto si mostri a lui schierato il campo. 1.39.1 Quando ne l' orïente il sol ritorna 1.39.2 sereno, anzi lucente oltra l' usato, 1.39.3 uscí co' primi raggi onde s' aggiorna 1.39.4 sotto le insegne ogni guerriero armato: 1.39.5 e si mostrò con armatura adorna 1.39.6 al pio signor, girando il largo prato. 1.39.7 S' era egli fermo, e si vedea davanti 1.39.8 passar a stuolo i cavalieri e i fanti. 1.40.1 Di lontano il suo scudo allor rifulse, 1.40.2 ch' avea sette gran lumi in lucid' auro; 1.40.3 lo scudo che de l' arme aspre ripulse 1.40.4 giá feo contra lo Scita e contra il Mauro; 1.40.5 ma l' altra man, che da le tempie avulse 1.40.6 corona trionfal di verde lauro, 1.40.7 lo scettro sostenea dal cielo offerto; 1.40.8 ei d' ostro e d' òr l' usbergo avea coperto. 1.41.1 Prima i Franchi apparir con pompa negra, 1.41.2 per la morte d' Ugone, al re fratello. 1.41.3 Nacque la gente, per natura allegra, 1.41.4 fra quattro fiumi in gran paese e bello; 1.41.5 e seguir lui contra i giganti in Flegra 1.41.6 dato s' avrebbe vanto il gran drappello. 1.41.7 Giovanni gli scorgea, che vide in Francia 1.41.8 re Carlo il Magno, e portò scudo e lancia. 1.42.1 E 'l sacro Augusto al ciel sereno, al fosco, 1.42.2 sempre seguí, senza mutar mai voglia, 1.42.3 e non divenne poscia orbo né losco, 1.42.4 né vecchiezza gli fu tormento o doglia; 1.42.5 ma qual di fronda si rinova il bosco, 1.42.6 rivestendosi pur la verde spoglia, 1.42.7 di genti rinovar quel regno ha scorto, 1.42.8 la quarta etá vivendo, il vecchio accorto. 1.43.1 Seimila ha nel suo stuol d' arme gravoso, 1.43.2 e tremila Normandi in quel che segue 1.43.3 guida Roberto poi, guerrier famoso, 1.43.4 ben ch' a l' altro Roberto ei non s' adegue; 1.43.5 e d' indugio nemico e di riposo, 1.43.6 col nemico non vuol paci né tregue. 1.43.7 Primo al ferir, ma nel ritrarsi estremo, 1.43.8 par dica:-- In picciol corpo io nulla temo.-- 1.44.1 Ingombra Guelfo il campo a lor vicino, 1.44.2 uom, ch' a l' alta fortuna agguaglia il merto. 1.44.3 Conta costui, per genitor latino, 1.44.4 de gli avi Estensi un lungo ordine e certo, 1.44.5 ma come si traslata abete, o pino, 1.44.6 ne l' alta stirpe è de' Guelfoni inserto, 1.44.7 per lo materno suo lato sinistro, 1.44.8 e signoreggia presso al Reno e l' Istro. 1.45.1 Ma, non ben pago di cotanta altezza, 1.45.2 passò a l' acquisto glorïoso e grande. 1.45.3 Quindi gente ei traea che morte sprezza, 1.45.4 e non teme incontrarla, ov' ei comande: 1.45.5 di bere a prova in caldi alberghi avvezza, 1.45.6 e di vin lieta in ozio e di vivande: 1.45.7 fûr settemila, a cui fu grave e reo 1.45.8 l' aer di Cipri, e tempestoso Egeo. 1.46.1 Baldovin poscia in mostra addur si vede 1.46.2 lo stuol de' suoi Piccardi e 'l loteringo, 1.46.3 poi che tal cura il pio fratel gli cede: 1.46.4 ei con due squadre or va quasi solingo. 1.46.5 Ma certo in lui del successor s' avvede, 1.46.6 l' altro maggior, ch' io non adombro e fingo, 1.46.7 né i gran monti passò piú nobil coppia, 1.46.8 e quel numero stesso ei quasi addoppia. 1.47.1 Ida produsse lor di vario seme, 1.47.2 ma del primo fu padre Eustachio il veglio, 1.47.3 che fra' Piccardi, in riva al mar che freme, 1.47.4 reggea Bologna, e sempre elesse il meglio. 1.47.5 Diede il gran nome e 'l ricco stato insieme 1.47.6 il zio, che fu d' onor lucente speglio, 1.47.7 al pio Goffredo; ei d' una e d' altra parte, 1.47.8 in sé raccolse le virtú cosparte. 1.48.1 D' òr cinge il collo, e d' òr gli abiti verga, 1.48.2 chi tra Franchi, e Germani, e 'l mar si giace, 1.48.3 e 'n su la Mosa, o lungo il Reno alberga, 1.48.4 ne la piú verde terra e piú ferace: 1.48.5 e chi riparo fa che no 'l sommerga, 1.48.6 de l' alta sponda a l' Oceàn vorace, 1.48.7 a l' Oceàn, che non sol merce e legni, 1.48.8 ma le cittadi assorbe integre e i regni. 1.49.1 Ben tremila di questi accolti or vanno 1.49.2 sotto 'l maggior Roberto insieme a stuolo. 1.49.3 Di cinquemila è lo squadron britanno: 1.49.4 Guglielmo il regge, al re minor figliuolo. 1.49.5 Sono gl' Inglesi sagittari, ed hanno 1.49.6 gente con lor ch' è piú soggetta al polo; 1.49.7 questi da l' alte selve irsuti manda 1.49.8 la divisa dal mondo estrema Irlanda. 1.50.1 Poscia il piú vecchio Ugone i suoi dispiega, 1.50.2 che son ben mille, e pur di Francia uscîro: 1.50.3 e con Irpin d' Avarco in fida lega 1.50.4 altrettanti guerrieri ancor s' unîro. 1.50.5 Raimondo, cui l' etá giá incurva e piega, 1.50.6 guida quei di Tolosa in lungo giro; 1.50.7 tenace è di proposto, e quasi veglio, 1.50.8 ch' ingiuria non oblia, ma vede il meglio. 1.51.1 Alcun non v' ha, che di lui meglio ordisca 1.51.2 di guerra i vari inganni, e quasi i nodi, 1.51.3 ché tutti de la nuova, e de la prisca 1.51.4 milizia ei seppe i magisteri e i modi. 1.51.5 E benché molto a l' aria bruna ardisca, 1.51.6 di forte petto ebbe le chiare lodi, 1.51.7 non che di forte mano, anzi di larga, 1.51.8 ch' i tesori per Cristo aduni e sparga. 1.52.1 Mille son quei di Poggio, e quei d' Orange, 1.52.2 che 'l buon Ramboldo guida, e 'l buon Clotaro, 1.52.3 i quali incontra al sol ch' uscía di Gange, 1.52.4 le sacre insegne insieme al ciel spiegâro. 1.52.5 Né Procoldo avverrá che 'l desio cange 1.52.6 d' andar co' primi e piú famosi a paro, 1.52.7 co' settecento suoi che scelti a prova 1.52.8 fûro in Prochese; e non fu gente nova. 1.53.1 Fiorel poscia i Bertoni in guerra adduce, 1.53.2 Fiorel figlio d' Alvida e d' Eberardo, 1.53.3 Fiorel piú bel d' ogni guerriero o duce; 1.53.4 ma di bellezza cede al bel Riccardo, 1.53.5 di forza a tutti, e d' oro in lui riluce 1.53.6 l' argento sí, che lunge abbaglia il guardo: 1.53.7 da l' elmo sparge fuor piume di cigno, 1.53.8 co' raggi d' auro e di splendor ferrigno. 1.54.1 Vedi poi dispiegare il gran vessillo, 1.54.2 con orso coronato e sacre chiavi 1.54.3 Raimondo, detto ancor Furio e Camillo; 1.54.4 e guidar genti d' arme adorne e gravi, 1.54.5 lieto ch' a tanta impresa il ciel sortillo, 1.54.6 ov' egli accresca il prisco onor de gli avi: 1.54.7 gli accolse, ove regnò Giano e Saturno, 1.54.8 e dopo lor Latino, Evandro e Turno. 1.55.1 Ma da Napoli poi, che l' arme e l' arti 1.55.2 piú belle aggiunge insieme, il forte Ettorre 1.55.3 poté seimila e piú, non d' altre parti, 1.55.4 sotto il leone azzurro, insieme accôrre; 1.55.5 né lor potriansi i Persi antichi o i Parti, 1.55.6 o pur Greci e Molossi in guerra opporre. 1.55.7 Ei nulla, in ordinar cavalli e squadre, 1.55.8 cedea de la milizia al vecchio padre. 1.56.1 Ma co 'l nero leone i cinque gigli 1.56.2 spiega Aristolfo, il coraggioso, in alto, 1.56.3 di cui spesso avea tinti i grandi artigli, 1.56.4 spargendo i campi di sanguigno smalto; 1.56.5 né senza lui ne' gravi aspri perigli 1.56.6 fe' il gran Roberto sanguinoso assalto. 1.56.7 Ora ei n' è scevro e di guidar costretto 1.56.8 Sanniti e Irpini, a cui fu duce eletto. 1.57.1 Venia poscia Tancredi, in cui dimostro 1.57.2 ha quanto può natura, il ciel, le stelle, 1.57.3 né piú forte di lui nel campo nostro 1.57.4 passò (tranne Riccardo) il varco d' Elle. 1.57.5 D' oro anch' ei splende, e l' oro aggiunge a l' ostro, 1.57.6 sparso pur d' aurei strali e di facelle; 1.57.7 e porta ne lo scudo accesa pietra 1.57.8 che non s' estingue, ardendo, e non si spetra. 1.58.1 Questi nel dí ch' altero e glorïoso 1.58.2 fu 'l zio d' alta vittoria e 'l duce Franco, 1.58.3 poi che, sparso di sangue e polveroso, 1.58.4 i vinti Persi di seguir fu stanco, 1.58.5 cercò di refrigerio e di riposo 1.58.6 a l' arse labbra, al travagliato fianco; 1.58.7 e trasse ove lusinga al rezzo estivo, 1.58.8 cinto di verdi seggi, un fonte vivo. 1.59.1 Quivi a lui d' improvviso alta donzella, 1.59.2 tutta, fuor che la fronte, armata apparse. 1.59.3 Era pagana, e lá venuta anch' ella 1.59.4 o per trarsi la sete, o per lavarse. 1.59.5 Ei rimirolla, ed ammirò la bella 1.59.6 sembianza, e n' invaghí repente e n' arse. 1.59.7 O meraviglia! Amor, ch' appena è nato, 1.59.8 vola giá grande, e giá trionfa armato. 1.60.1 E ben nel volto suo la gente accorta 1.60.2 legger potria: «Questi arde, e fuor di spene»; 1.60.3 cosí vien sospiroso, e gli occhi porta 1.60.4 quasi inchinati a misurar l' arene. 1.60.5 I cavalieri a cui fu duce e scorta 1.60.6 le felici lasciâr campagne amene, 1.60.7 che 'l Liri e 'l Sarno irriga, i colli e i boschi, 1.60.8 i fonti e gli antri, e i seggi ombrosi e foschi. 1.61.1 E l' antiche cittá Sessa e Teano, 1.61.2 e Calvi, a cui sorgea vicina Arunca, 1.61.3 e Capua, ch' ebbe il fondator Troiano, 1.61.4 e l' orribil di Cuma ampia spelunca, 1.61.5 ed Avella e Linterno e 'l verde piano 1.61.6 che 'l Glanio inonda e la palude ingiunca, 1.61.7 e Gaeta e Misen, ch' in alto appare, 1.61.8 e 'l lido onde si fa gran tazza il mare; 1.62.1 e i queti porti ove sovente arriva 1.62.2 l' ibero navigante e il greco e 'l mauro, 1.62.3 e con le selve di matura oliva, 1.62.4 rimira in verdi rami i pomi d' auro, 1.62.5 e come spieghi ne l' ombrosa riva 1.62.6 natura ogni sua pompa, ogni tesauro; 1.62.7 né portan gente altri destrier su 'l dorso, 1.62.8 che lor meglio rivolga e sproni al corso. 1.63.1 Somma, d' uve feconda, allor deserta, 1.63.2 ed Ischia, e Capri che Tiberio ascose, 1.63.3 parve restarsi, e l' umil Cava e l' erta 1.63.4 costa d' Amalfi, e le sue rupi ombrose. 1.63.5 Quivi insieme venía la gente esperta 1.63.6 dal suol ch' abonda di vermiglie rose; 1.63.7 lá 've (come si narra) e rami e fronde 1.63.8 Silaro impètra con mirabil' onde. 1.64.1 Ed altri abbandonò Melfi e Nocera, 1.64.2 e 'l culto pian dove si sparge e miete, 1.64.3 di Troia, di Siponto, e di Matera, 1.64.4 e di Foggia ch' accende estiva sete, 1.64.5 e di quell' altro mar l' altra riviera, 1.64.6 che raccoglie da Borea il curvo abete; 1.64.7 e Bari ove a' suoi regi albergo scelse 1.64.8 fortuna, e diè corone e 'nsegne eccelse. 1.65.1 Di Taranto e di Locri ardita gente, 1.65.2 d' Otranto e di Croton nulla distorna, 1.65.3 o di Tropea, lá 've del mar torrente 1.65.4 rapido si rivolge indietro e torna, 1.65.5 o del paese, in cui lo re possente 1.65.6 drizzò de l' arme alta colonna adorna, 1.65.7 o pur di Reggio, onde a l' etá vetusta 1.65.8 l' isola svelta al mar fe' strada angusta. 1.66.1 Seguian poi di Rollon l' altera insegna 1.66.2 altri guerrier, non men famosi e pronti 1.66.3 de la Sicilia, a servitute indegna 1.66.4 ritolta giá, che tre superbe fronti, 1.66.5 dove la stirpe sua trionfa e regna, 1.66.6 erge su 'l mar de' tre famosi monti: 1.66.7 co' due la Grecia e l' Africa bugiarda 1.66.8 e co 'l terzo l' Italia ella riguarda. 1.67.1 E da tre valli ancora, in cui distinse 1.67.2 il novo abitator la fertil terra, 1.67.3 venian guerrier' ch' alto desio sospinse 1.67.4 d' eterna gloria a perigliosa guerra. 1.67.5 Lasciâr questi Semeto, il qual si tinse 1.67.6 e 'l nativo color perdé sotterra, 1.67.7 e de' Palici il fonte, in cui si giacque 1.67.8 il falso al fondo, e 'l ver notò su l' acque. 1.68.1 Non lunge Leontino, e 'l nuovo porto 1.68.2 de l' antica Megara, e Siracusa, 1.68.3 dove di novo appare Alfeo risorto, 1.68.4 come favoleggiò la greca musa: 1.68.5 e piú vicina alquanto al lucid' òrto 1.68.6 l' alta piaggia di Sicli e di Ragusa; 1.68.7 Eraclèa, Noto, ed Enna, e 'l campo aprico 1.68.8 ove a Cerere sorse il tempio antico. 1.69.1 E con esse inalzâr l' insegne al vento 1.69.2 da le ruine de l' antica Gela, 1.69.3 da le piagge di Naia e d' Agrigento, 1.69.4 grande schiera, e spiegâr l' ardita vela. 1.69.5 E Trapani, ove fu di vita spento 1.69.6 l' antichissimo Anchise, i suoi non cela, 1.69.7 ned Imera, o Palermo, invitta reggia 1.69.8 de' Normandi, ch' a' primi i suoi pareggia. 1.70.1 Dorati elmi portâr, dorato usbergo, 1.70.2 e colori su l' arme azzurri e bianchi. 1.70.3 Né quei di Cefalú restâro a tergo, 1.70.4 né fûr quei di Messina in guerra stanchi, 1.70.5 o di Catanea, ove ha il sapere albergo, 1.70.6 o di Sperlingo, al fin pietoso a' Franchi, 1.70.7 o quei che presso avean Cariddi e Scilla, 1.70.8 od Etna che pur anco arde e sfavilla. 1.71.1 Dietro apparian ben mille in Grecia nati, 1.71.2 che son quasi di ferro in tutto scarchi: 1.71.3 pendon ritorte spade a l' un de' lati, 1.71.4 suonano al tergo lor faretre ed archi: 1.71.5 asciutti hanno i cavalli, al corso usati, 1.71.6 a la fatica invitti, al cibo parchi; 1.71.7 ne l' assalir son pronti e nel ritrarsi, 1.71.8 e combatton fuggendo erranti e sparsi. 1.72.1 Tatin regge la schiera; e sol fu questi 1.72.2 che, greco, accompagnò l' arme latine. 1.72.3 O gran colpa! o vergogna! O Grecia, avesti 1.72.4 quelle guerre ne l' Asia a te vicine: 1.72.5 e pur, quasi in teatro, allor sedesti, 1.72.6 lenta aspettando de' grandi atti il fine: 1.72.7 or se tu sei vil serva e soffri oltraggio, 1.72.8 non è senza giustizia il tuo servaggio. 1.73.1 Ecco la schiera omai d' ordine estrema, 1.73.2 ma d' onor prima, e di valore e d' arte; 1.73.3 tutta di scelti eroi, flagello e tema 1.73.4 de l' Asia vinta, e folgori di Marte. 1.73.5 Taccia colei che accresce il vero o scema, 1.73.6 gli erranti che di sogni empion le carte: 1.73.7 taccia quei che Giasone al vello d' oro 1.73.8 condusse allor ch' ei vinse il drago e 'l toro. 1.74.1 Questi, perch' il giudicio incerto e scuro 1.74.2 era nel giudicar di tanti illustri, 1.74.3 d' ubbidire a Guidon contenti or fûro, 1.74.4 ch' avea giá vissi quattro e nove lustri. 1.74.5 Ei di canuta gloria e di maturo 1.74.6 onor tutto il suo spazio avvien ch' illustri; 1.74.7 e di belle ferite i segni impressi 1.74.8 sono del suo valor vestigi espressi. 1.75.1 Eustachio è poi fra' primi: e gli altri pregi 1.75.2 illustre il fanno, e piú 'l fratel Buglione. 1.75.3 Gernando v' è, nato de' Goti regi, 1.75.4 che scettri vanta e titoli e corone. 1.75.5 Conano, Ivon, Ferrante infra gli egregi 1.75.6 la vecchia fama, ed Olivier ripone: 1.75.7 e celebrati son fra' piú gagliardi 1.75.8 un Tommaso, un Gentonio, e duo Gherardi. 1.76.1 È fra' lodati Drogo, e v' è Rosmondo 1.76.2 e Conone, e Lamberto, il primo erede; 1.76.3 né fia che 'l buon Pagano aggravi al fondo 1.76.4 chi fa de le memorie avare prede, 1.76.5 né tre fratei lombardi al chiaro mondo 1.76.6 involi, Achille, e Sforza, e Palamede, 1.76.7 o 'l grande Otton, ch' acquistò poi lo scudo 1.76.8 in cui de l' angue esce il fanciullo ignudo. 1.77.1 Né Guasto né Rodolfo a dietro io lasso, 1.77.2 né l' uno e l' altro Guido, ambo famosi: 1.77.3 non Eberardo e non Milon trapasso 1.77.4 sotto ingrato silenzio al volgo ascosi. 1.77.5 Ma dove me, di numerar giá lasso, 1.77.6 Avalo, trái, solcati i mari ondosi, 1.77.7 a l' estremo Occidente incontra l' alba, 1.77.8 con Garzia, che lasciò Toleto ed Alba? 1.78.1 Or di spoglie africane entrambi adorni, 1.78.2 cercano in Asia pur gloria novella, 1.78.3 pria ch' al re di Leone alcun ritorni, 1.78.4 e de l' ostile onor l' alta novella 1.78.5 riporti: intanto avvien che lui distorni 1.78.6 con novi assalti l' Africa rubella. 1.78.7 Però due soli manda in sí gran turba 1.78.8 Spagna, cui propria guerra ancor perturba. 1.79.1 Ma come pino o palma in aspro monte 1.79.2 fra le piante minor dispiega l' ombra, 1.79.3 sovra gli altri Riccardo alzò la fronte, 1.79.4 e l' elmo d' òr che d' alte piume adombra: 1.79.5 l' etá precorse, e l' opre sue fûr conte, 1.79.6 tal che l' Asia il fanciul d' orrore ingombra: 1.79.7 se 'l vedi fulminar ne l' arme avvolto, 1.79.8 Marte lo stimi; Amor, se scopre il volto. 1.80.1 Ei di Guglielmo e di Lucia primiero 1.80.2 nacque a' Guiscardi (allor d' alta fortuna) 1.80.3 dove il Tirren vagheggia un colle altero, 1.80.4 e 'l lido intorno a lui fa doppia luna; 1.80.5 e l' antica cittá degna d' impero, 1.80.6 nel sen gli diede bella e nobil cuna, 1.80.7 sovra gli scogli ove quel mar si frange, 1.80.8 che la Sirena ancor sepolta piange. 1.81.1 Ma nel Gargano monte, e 'n alte selve 1.81.2 nodrito ei fu ne la discordia interna 1.81.3 de' suoi Normandi, e le feroci belve 1.81.4 spesso atterrò quando piú gela o verna, 1.81.5 cingendo intorno, ove animal rinselve, 1.81.6 di reti e d' arme l' orrida caverna, 1.81.7 sin che invaghí la giovinetta mente 1.81.8 la tromba che s' udia da l' Orïente. 1.82.1 Allor fuggí co 'l suo maggior compagno 1.82.2 la madre istessa, e corse ignoto calle; 1.82.3 che no 'l ritenne o fiume, o lago, o stagno, 1.82.4 o monte ruinoso, od ima valle; 1.82.5 no 'l mar d' Adria, o l' Egeo ch' ampio guadagno 1.82.6 par che prometta, e poi si turba, e falle: 1.82.7 non diluvi di genti, e quasi abissi, 1.82.8 finch' in Ponto co' suoi nel campo unissi. 1.83.1 Ruberto fu il compagno (e 'nsieme ei crebbe) 1.83.2 del buon marchese d' Ansa ultimo figlio: 1.83.3 né, per venirne seco, unqua gl' increbbe 1.83.4 o disagio, o fatica aspra, o periglio. 1.83.5 Di Venosa Rinaldo a seguir gli ebbe, 1.83.6 cavalier di gran forza e di consiglio; 1.83.7 Dudon da Consa e da Pozzuolo Evardo 1.83.8 con Ramusio fratel del gran Riccardo. 1.84.1 Di Nola Unfredo e di Salerno Enrico, 1.84.2 Curzio e Crustan di Conca e di Gaeta: 1.84.3 e di Sorrento, a' dolci studi amico, 1.84.4 Tranquillo, il qual cangiò pensieri e mèta, 1.84.5 e lasciando la cetra e 'l plettro antico, 1.84.6 onde l' ire e 'l furor de l' alme acqueta, 1.84.7 prese elmo e lancia: e pur con l' alto carme 1.84.8 talora ei canta i duci invitti e l' arme. 1.85.1 Passati i cavalieri, in mostra viene 1.85.2 la gente a piè, con Engerlano avanti, 1.85.3 che fra Garonna scelse, e fra Pirene 1.85.4 e l' ondoso Oceàn, gli adorni fanti. 1.85.5 Di sei mila è lo stuol ch' arme sostiene, 1.85.6 né di piú esperta guida altri si vanti, 1.85.7 ché ne l' arti di pace e di battaglia, 1.85.8 il valoroso figlio il padre agguaglia. 1.86.1 Ma diecemila poi seguian d' Ambuosa 1.86.2 e di Torsi e di Blesse il nobil duce: 1.86.3 non è gente robusta e faticosa, 1.86.4 se ben di ferro armata ella riluce. 1.86.5 La terra molle, lieta e dilettosa, 1.86.6 simili a lei gli abitator produce; 1.86.7 ma caritá del pio signor gli sprona, 1.86.8 che feo del proprio nome a sé corona. 1.87.1 Ermano il terzo vien, qual presso a Tebe 1.87.2 giá Capaneo, con minaccioso volto, 1.87.3 che d' Elvezi e di Reti ardita plebe, 1.87.4 di Suevi, e d' Alsazia avea raccolto; 1.87.5 che 'l ferro uso a far solchi, a franger glebe 1.87.6 in nuove forme e 'n piú degne opre ha volto, 1.87.7 e con la man, che guardò rozzi armenti, 1.87.8 par che i regi sfidar nulla paventi. 1.88.1 E quei che d' aurea vena e di ferrigna 1.88.2 trasser cavando giá metalli ascosti, 1.88.3 e fecer poscia l' Ungheria sanguigna, 1.88.4 al furor empio de' nemici esposti: 1.88.5 e i Franconi che sorte ebber maligna, 1.88.6 con Emicon lor duce incontra opposti: 1.88.7 e l' istessa cagione anco sospinge 1.88.8 quegli il cui regno Ercinia intorno cinge. 1.89.1 E i Bavari, e color che 'l nome illustre 1.89.2 preser da l' Orïente al sol conversi, 1.89.3 e dove fa Lintace il suol palustre 1.89.4 i cavalli lasciâr nel fango immersi: 1.89.5 e superate poi montagne e lustre, 1.89.6 vinser ne l' Asia alfin gli Assiri e i Persi; 1.89.7 con lor Moravi e Slesi, e quei che lava 1.89.8 Vistola, Albi, Danubio, Odera e Drava. 1.90.1 E quei che giá Vinrico avea condutto, 1.90.2 Sassoni, Ubi, Toringi e Cimbri insieme, 1.90.3 e Batavi ch' assorda il salso flutto 1.90.4 de l' ondoso Oceàn ch' irato freme: 1.90.5 giá fûr quante l' arene, or doglia e lutto 1.90.6 han de' lor duci afflitte genti e sceme, 1.90.7 campate appena da l' orribil caso, 1.90.8 e giunte a l' Orto dal lontano Occaso. 1.91.1 Ma i settemila che lasciâr Bologna, 1.91.2 e l' ampie logge e le sue scole e i tempî, 1.91.3 e le cittá vicine, in cui rampogna 1.91.4 l' etá de' nostri antichi i novi tempi, 1.91.5 Ponzio guidò che solo onore agogna, 1.91.6 e d' onor segue i piú lodati esempi: 1.91.7 né poscia Amico è di condur men pronto 1.91.8 quei ch' adunò fra 'l Rubicone e 'l Tronto. 1.92.1 E quei che il novo sol prima riscalda 1.92.2 fra l' Appennino e 'l mar son quivi apparsi, 1.92.3 e quei che 'l giogo, e la sua ombrosa falda 1.92.4 vèr l' occaso abitâro, a trar non scarsi 1.92.5 ned a versare il sangue; e invitta e salda 1.92.6 schiera facean Umbri, Sabini, e Marsi. 1.92.7 Né gli Ernici addivien che indietro ei lasce, 1.92.8 i quai petrosa terra alberga e pasce. 1.93.1 Toschi e Latini appresso armati d' asta 1.93.2 pungente e lunga, e di corazza e d' elmo, 1.93.3 incontra 'l cui valor forza non basta, 1.93.4 seguian la scorta del romano Anselmo: 1.93.5 e quelli a cui montagna alta sovrasta 1.93.6 o 'l Sangro inonda, guida il buon Cantelmo, 1.93.7 altri lasciâr, cui sol di gloria calse, 1.93.8 Lancian, Pescara, Ortona e l' onde salse. 1.94.1 Cosí mostrossi a schiere il campo adorno, 1.94.2 e fu tanto splendor d' arme e di lampi, 1.94.3 ch' al sol vibrâro incontra 'l nuovo giorno, 1.94.4 quanto è d' incendio ch' in gran monte avvampi. 1.94.5 Tanto romor non fêr, volando intorno, 1.94.6 mille stormi d' augei ne' verdi campi, 1.94.7 dove ora questo, or quel ne l' acque immerga 1.94.8 l' ale stridendo, or le dispieghi ed erga. 1.95.1 Tanto numero giá di fiori e fronde, 1.95.2 Ato non ebbe, Pelio, Olimpo ed Ossa. 1.95.3 Trema la terra e mugge e si nasconde 1.95.4 sotto la turba che girando è mossa; 1.95.5 e di vari metalli al suon risponde 1.95.6 orribilmente, e da cavalli è scossa: 1.95.7 e scosso è il ferro, e dal nitrir discorda 1.95.8 di ben mille un rimbombo e 'l cielo assorda. 1.96.1 Per memoria de' vivi e de gli estinti, 1.96.2 pianse Goffredo, e vòlti gli occhi al cielo: 1.96.3 -- Signor (dicea), tu ch' i nemici hai vinti, 1.96.4 e salvi noi col tuo pietoso zelo, 1.96.5 salvane ancor, ché siamo intorno or cinti 1.96.6 in terra ostile, e sgombra il nostro gelo; 1.96.7 ché per sé uman valore è infermo e langue, 1.96.8 né basta, senza il tuo, lo sparso sangue.-- 1.97.1 Poscia gli altri conforta a quel vïaggio 1.97.2 e, se fia d' uopo, a la battaglia ancora; 1.97.3 e con parlare ardito insieme e saggio, 1.97.4 lor promette vittoria, e gli avvalora. 1.97.5 Tutti d' andar son pronti al novo raggio, 1.97.6 e 'mpazïenti in aspettar l' aurora. 1.97.7 Ma 'l capitan mille pensier secreti 1.97.8 tra sé rivolge, e trova in cui s' acqueti. 1.98.1 Nel dí che segue, allor ch' aperte sono 1.98.2 ne l' orïente al sol lucide porte, 1.98.3 di trombe udissi intorno il chiaro suono, 1.98.4 che piú rallegra l' animoso e 'l forte. 1.98.5 Non è sí lieto a' giorni estivi il tuono, 1.98.6 che speranza di pioggia al mondo apporte, 1.98.7 o quel ch' invita a gli amorosi balli, 1.98.8 né fan sí lunge risentir le valli. 1.99.1 Avea ciascun, da gran desio sospinto, 1.99.2 riprese l' arme e le sue usate spoglie; 1.99.3 onde tosto si fu di spada cinto, 1.99.4 tosto sotto i suoi duci ognun s' accoglie: 1.99.5 e 'l campo, ne le schiere omai distinto, 1.99.6 tutte l' insegne sue dispiega e scioglie, 1.99.7 e la croce fra gli altri al ciel si spande, 1.99.8 segno temuto ne l' inferno, e grande. 1.100.1 Il capitan, che da' nemici aguati 1.100.2 le fide squadre assicurar desia, 1.100.3 molti a cavallo leggermente armati, 1.100.4 a scoprire il paese intorno invia, 1.100.5 monti, fiumi, campagne, e valli e prati: 1.100.6 altri che debba agevolar la via, 1.100.7 e 'l vòto luogo empire, e spianar l' erto, 1.100.8 e da cui fosse il chiuso passo aperto. 1.101.1 Non v' è gente pagana insieme accolta, 1.101.2 non muro alto che fossa ampia circonda, 1.101.3 non cupa valle, od aspro monte, o folta 1.101.4 selva gli arresta, o fiume avverso, o sponda. 1.101.5 Cosí de gli altri fiumi il re talvolta, 1.101.6 quando superbo e ruinoso inonda, 1.101.7 abbatte ciò ch' incontra ov' ei si volve, 1.101.8 e case e mandre in un diluvio involve. 1.102.1 L' oste vicin al liquido elemento 1.102.2 fu scòrto per sicure e piane strade; 1.102.3 perché l' armata con secondo vento 1.102.4 l' arene e i lidi costeggiando rade: 1.102.5 e gli porta arme, veste, oro ed argento 1.102.6 insin di lá 've il sole inchina e cade, 1.102.7 e fa che la Sicilia a lui sol mieta, 1.102.8 e Scio petrosa gli vindemmi e Creta. 1.103.1 Geme il vicino mar sotto l' incarco 1.103.2 di legni e d' arme e di pungenti rostri, 1.103.3 sí che non s' apre omai sicuro varco 1.103.4 ne' salsi campi a gli avversari nostri: 1.103.5 che non sol n' ha Vinegia armati e Marco, 1.103.6 e la cittá che seco par che giostri; 1.103.7 ma di lingue diversi in aspre gonne 1.103.8 venner d' isole estreme e da colonne. 1.104.1 E questi, come siano insieme uniti 1.104.2 con legami di fede in un volere, 1.104.3 lunge portâr da gli arenosi liti 1.104.4 ciò ch' era d' uopo a le terrestri schiere; 1.104.5 a cui non fûr d' opporre i Siri arditi 1.104.6 le forze giá conquise e non intere 1.104.7 però veloci a guerreggiar sen vanno 1.104.8 lá 've Cristo soffrío mortale affanno. 1.105.1 Ma precorsa è la fama e guerra indice, 1.105.2 co' veraci romori e co' bugiardi: 1.105.3 ch' unito è il campo vincitor felice, 1.105.4 che giá s' è mosso, e che non è chi 'l tardi. 1.105.5 Quante e quai sian le squadre ella ridice, 1.105.6 narra il nome e 'l valor de' piú gagliardi; 1.105.7 narra i lor fatti, e con terribil faccia 1.105.8 gli usurpatori di Sion minaccia. 1.106.1 E l' aspettar del male è mal peggiore; 1.106.2 tante seco la tèma ha larve ed ombre, 1.106.3 onde la mente, onde 'l dubbioso core 1.106.4 par che geli tremando e tutto adombre: 1.106.5 par ch' un mesto bisbiglio entro e di fuore 1.106.6 trascorra i campi, e la cittá n' ingombre. 1.106.7 Ma 'l vecchio re ne' giá vicin perigli 1.106.8 volge nel dubbio cor feri consigli. 1.107.1 Or quai d' Asia tiranni, o ingiusti regi 1.107.2 gravasser lei d' insopportabil salma, 1.107.3 e facesser de' nostri empi dispregi, 1.107.4 dando pur morte al corpo e vita a l' alma, 1.107.5 quando passâro i peregrini egregi 1.107.6 per acquistar la glorïosa palma, 1.107.7 dirò, spiegando i nomi antichi e l' opra, 1.107.8 perch' alto oblio non gli nasconda e copra. 1.108.1 Poich' il falso profeta, iniqua legge 1.108.2 sedusse, come pria Venere e Bacco, 1.108.3 l' Africa e l' Asia, e quelle infette gregge 1.108.4 e i pastor che di vizio han colmo il sacco; 1.108.5 reggeva un sol, com' il tiranno regge, 1.108.6 e solo un seggio avea l' empio Baldacco: 1.108.7 ma diviso quel regno in sé discorde, 1.108.8 tra l' alme fu d' ingiusto onore ingorde. 1.109.1 E l' Egitto inalzò, volgendo gli anni, 1.109.2 in altra sede altro signor supremo. 1.109.3 Cosí furon due sedi e duo tiranni: 1.109.4 l' un comandava a l' Orïente estremo; 1.109.5 l' altro da prima non distese i vanni, 1.109.6 né per regnare usò la vela e 'l remo; 1.109.7 ma poi l' Africa usurpa, e l' onde varca, 1.109.8 e di Spagna si fa quasi monarca. 1.110.1 Quinci per molte etati il duro giogo 1.110.2 de' Saracini il mondo vil sofferse, 1.110.3 insin ch' i Turchi erranti un stabil luogo 1.110.4 cercando in Asia a le fortune avverse, 1.110.5 le paludi passâro e l' aspro giogo, 1.110.6 e si fermâro ove regnò giá Serse; 1.110.7 quasi fortuna pur tornasse in giro 1.110.8 a l' alto soglio de l' antico Ciro. 1.111.1 E mentre paventò l' Orto e l' Occaso, 1.111.2 e 'ntorno rimbombò publico lutto, 1.111.3 l' alta cittá di Dio da caso in caso, 1.111.4 come agitata sia da flutto in flutto, 1.111.5 vide piú volte il popol suo rimaso 1.111.6 servo e meschino, e quasi alfin distrutto; 1.111.7 e le vergini sue dolenti ancelle 1.111.8 e di Persia, e di Menfi, e di Babelle. 1.112.1 Ma prima che lasciasse i monti e l' ermo 1.112.2 Pietro, che vita solitaria elesse, 1.112.3 per visitar la tomba e 'l volgo infermo 1.112.4 di Cristo, ov' egli alte vestigia impresse, 1.112.5 giogo mobil non giá, ma grave e fermo, 1.112.6 ben diece lustri e piú gravolla e presse, 1.112.7 e dogliosa piangendo ognor portollo; 1.112.8 da sí possente re fu posto al collo! 1.113.1 Da Belchefo, dich' io, ch' Italia e Roma 1.113.2 minacciando superbo, e 'l greco Augusto, 1.113.3 e Babilonia, e chi da lei si noma, 1.113.4 de' Turchi 'n guerra accrebbe imperio ingiusto. 1.113.5 Poi, quasi stanco da gravosa soma 1.113.6 de gli anni propri e di quel peso onusto, 1.113.7 vecchio partia fra l' uno e l' altro erede, 1.113.8 i regni, ed auree spoglie, e varie prede. 1.114.1 A Soliman, che nel fulmineo corso 1.114.2 de le vittorie Ciro ed Alessandro 1.114.3 volle assembrar, lasciò da l' aspro dorso 1.114.4 de' monti Armeni insino al mar d' Antandro, 1.114.5 perch' a' Greci contrasti, e duro morso 1.114.6 lor ponga lá dove passò Leandro. 1.114.7 Diè Damasco a Ducalto, e i regni siri, 1.114.8 incontra a quei dov' ebbe il tempio Osiri. 1.115.1 Ma de' suoi fidi amici, i quali esporre 1.115.2 seco la vita osâro, amore il punse; 1.115.3 e 'l feroce Cassandro ed Assagorre 1.115.4 a' suoi propri nipoti eredi aggiunse. 1.115.5 Non ebbe il primo sol castello o torre, 1.115.6 ma un regno intero da Soria disgiunse: 1.115.7 ebbe Antiochia, ebbe il secondo Aleppe, 1.115.8 e molto visse al mondo e molto seppe. 1.116.1 Da tai tiranni l' Asia oppressa e vinta 1.116.2 giaceva e d' atro sangue ancor vermiglia, 1.116.3 quando con fronte di pallor dipinta 1.116.4 del gran Sion la nubilosa figlia 1.116.5 da le tenebre alzò, dond' era cinta, 1.116.6 al re del ciel sue lagrimose ciglia; 1.116.7 e fuor versando del suo pianto l' urne, 1.116.8 co' sospiri dicea d' aure notturne: 1.117.1 -- Signor, ch' in me scegliesti in mezzo a l' empio 1.117.2 mondo e gl' idoli e i mostri, il santo albergo, 1.117.3 dove l' arca tua fosse e 'l sacro tempio, 1.117.4 e scettro, e regno, e gli altri avesti a tergo; 1.117.5 e 'n me volesti poi con novo esempio 1.117.6 sparger il proprio sangue, ond' io m' aspergo, 1.117.7 e 'n me vincer la Morte e i mostri averni, 1.117.8 e tornar, trionfando, a' regni eterni: 1.118.1 volgi in me gli occhi, e dove il regno intègro 1.118.2 tante prima accoglieva arme e tesori 1.118.3 in cittá trionfal d' aspetto allegro 1.118.4 tante grazie del cielo e tanti onori; 1.118.5 vedrai squallida ed orba in manto negro 1.118.6 serva dolente e 'n lagrimosi orrori, 1.118.7 e dove risonâr canore cetre, 1.118.8 e risplendean corona aurea e faretre: 1.119.1 dove gli scudi ancor d' auro sospese 1.119.2 l' altro re che non ebbe il ciel piú scarso, 1.119.3 non vedrai di metallo armi, o difese, 1.119.4 ch' avea il regno diviso o 'n terra sparso: 1.119.5 non trofei, non colonne o faci accese, 1.119.6 non tauro, non leon, non d' alto apparso 1.119.7 augel, con penne d' oro od ampio e vago 1.119.8 simolacro del mare, od altra imago, 1.120.1 se non la tua, Signore, e de' tuoi fidi, 1.120.2 e la tomba e i sanguigni alti trofei, 1.120.3 e i segni di vittoria, onde m' affidi 1.120.4 da questi iniqui, e da' fallaci dèi. 1.120.5 Ascolta, prego, com' i' pianga e gridi, 1.120.6 ed insieme rimira i gioghi miei 1.120.7 che giá furon di legno, e rotti or vedi 1.120.8 quelli onde mi gravâro Assiri e Medi. 1.121.1 Ma di ferro gli porto or vecchia e stanca 1.121.2 tanto, che piú non ho vigor né lena. 1.121.3 Rimira le mie piaghe, e come or manca 1.121.4 lo spirto, e 'l sangue che ristagna appena; 1.121.5 e de la plebe tua, che non è franca, 1.121.6 Signor, col nome tuo, l' aspra catena, 1.121.7 e de gli altari tuoi l' empio disprezzo: 1.121.8 non sostener di tante colpe il lezzo. 1.122.1 Rammentati, Signor, ch' alta regina 1.122.2 tu mi facesti, e 'n su gli estremi giorni 1.122.3 i nemici mi fan serva e meschina, 1.122.4 perch' il mio strazio in tuo disnor ritorni. 1.122.5 O Re, gli orecchi al mio pregare inchina, 1.122.6 sí che l' empio avversario alfin si scorni; 1.122.7 manda il mio Augusto, o 'l tuo guerrier celeste, 1.122.8 che fiacchi al drago le superbe creste. 1.123.1 Vedi con quante corna e quanto orgoglio 1.123.2 contra 'l sole il veneno ei sparge e spira: 1.123.3 manda chi rompa quel suo alpestre scoglio, 1.123.4 e fermi il corso, ove piú obliquo ei gira.-- 1.123.5 Cosí dicea piangendo; e 'l suo cordoglio 1.123.6 lá su nel Ciel destò pietate ed ira. 1.123.7 Dio vendetta spirò, che in guerra mosse 1.123.8 il mondo, e solo al cenno Olimpo ei scosse.
CANTO II
2.1.1 Ma nel rischio vicin d' aspra contesa 2.1.2 lasciò Damasco a tergo il fier Ducalto, 2.1.3 ed in Élia s' armò per far difesa, 2.1.4 terribile aspettando e lungo assalto 2.1.5 dal capitan che l' Asia vinta e presa 2.1.6 tinse piú volte di sanguigno smalto. 2.1.7 Tredici figli aveva; e 'l primo Argante 2.1.8 de' Filistei sembrò nuovo gigante. 2.2.1 Questi in sua verde etá sospetto al padre 2.2.2 per valor crebbe e per grandezza, a torto; 2.2.3 e per consiglio di canuta madre 2.2.4 indi fuggí, del suo periglio accorto: 2.2.5 fattosi duce poi d' estranie squadre, 2.2.6 sua fama sparse da l' Occaso a l' Orto; 2.2.7 e degno erede ei fu d' imperio esterno, 2.2.8 cedendo del natio l' alto governo. 2.3.1 Ed era allor lontano in sí grande uopo 2.3.2 da la cittá che di timore abbonda, 2.3.3 ritrovandosi lá dove a Canopo 2.3.4 fa porto il Nilo, e frange il mar con l' onda; 2.3.5 ma de' men forti suoi, che nacquer dopo, 2.3.6 il padre il debol fianco allor circonda, 2.3.7 ch' ogni suo figlio al vecchio è quasi torre; 2.3.8 e nel rischio comun venne Assagorre. 2.4.1 Venne Clorinda, che l' ingegno e l' uso 2.4.2 femineo disprezzò, d' etate acerba: 2.4.3 a' lavori d' Aracne, a l' ago, al fuso 2.4.4 inchinar non degnò la man superba; 2.4.5 lasciò gli abiti molli e 'l luogo chiuso, 2.4.6 ché ne' campi onestate ancor si serba. 2.4.7 Armò d' orgoglio il volto e si compiacque 2.4.8 rigido farlo; e pur rigido ei piacque. 2.5.1 Tenera giá con pargoletta destra 2.5.2 strinse e lentò d' un gran destriero il morso; 2.5.3 vibrò l' asta e la spada, e 'n sua palestra 2.5.4 indurò i membri ed allenògli al corso; 2.5.5 poscia, o per via sassosa o per silvestra, 2.5.6 l' orme seguí di fier leone o d' orso; 2.5.7 e cercò guerra, e 'n guerra e 'n alte selve, 2.5.8 fèra a l' uom parve, uom tra piagate belve. 2.6.1 Ma 'l re canuto, e del piú antico regno 2.6.2 nuovo signor, da sí pungente cura 2.6.3 parea trafitto; e 'l suo feroce ingegno 2.6.4 mitigato non fu da etá matura: 2.6.5 ei l' ardire ascoltando e 'l pio disdegno 2.6.6 che sprona i Franchi a le famose mura, 2.6.7 giunge al primo timor nuovi sospetti, 2.6.8 e de' nemici or pave e de' suggetti. 2.7.1 Perché in ampia cittate e cara a Cristo, 2.7.2 popolo alberga di contraria fede, 2.7.3 qual con le tigri in gabbia agnel commisto; 2.7.4 e men possente è quel che meglio crede. 2.7.5 Ma quando fece il reo l' indegno acquisto 2.7.6 lá 'v' ebbe di Davíd la prisca sede, 2.7.7 fu il giogo che ponea gravoso ed aspro, 2.7.8 egli piú duro assai d' ogni diaspro. 2.8.1 Questo pensier la feritá nativa, 2.8.2 che da gli anni sopita e fredda langue, 2.8.3 irritando inasprisce, e la ravviva 2.8.4 sí, ch' assetato è piú del nostro sangue: 2.8.5 tal fèro torna a la stagione estiva 2.8.6 quel che nel gel parea giá placido angue; 2.8.7 tal superbo leon tosto riprende 2.8.8 il suo furor natio, s' altri l' offende. 2.9.1 -- Veggio (dicea) d' alta speranza e nova 2.9.2 segni occulti e palesi in turba infida, 2.9.3 e 'l gran publico danno a lei sol giova, 2.9.4 e nel comun nemico ella confida; 2.9.5 e nel silenzio insidie e fraudi or cova, 2.9.6 quasi tra piume, e 'l tradimento annida; 2.9.7 di ricettar pensando i suoi consorti, 2.9.8 e con la morte mia piú acerbe morti. 2.10.1 Ma nol fará; ch' io preverrò quest' empio 2.10.2 pensier celato, e sfogherommi a pieno: 2.10.3 gli ucciderò, farò crudele scempio, 2.10.4 svenerò i figli a le lor madri in seno. 2.10.5 Arderò alberghi e templi e 'l maggior tempio; 2.10.6 farò sepolcro a' vivi il lor terreno: 2.10.7 trarronne i morti, e tra facelle e voti, 2.10.8 smembrerò su la tomba i suoi devoti.-- 2.11.1 Cosí il veglio pensò, quasi virgulto 2.11.2 che tremi dove il mare o 'l fiume ondeggia. 2.11.3 Non fu 'l pensier, santa Pietate, occulto 2.11.4 a te ne la celeste e sacra reggia, 2.11.5 donde guardavi il luogo in cui sepulto 2.11.6 il Re si giacque, e la fedel sua greggia. 2.11.7 Però:-- Signor, gridasti, aita, aita, 2.11.8 ch' io non basto a salvarli omai la vita.-- 2.12.1 Vedendo il Padre rugiadosi gli occhi 2.12.2 di lei che pianse in croce estinto il Figlio, 2.12.3 -- Vo' (disse) ch' al Timor la cura or tocchi;-- 2.12.4 e quel s' è mosso ad un girar di ciglio, 2.12.5 e, quasi neve che gelando fiocchi, 2.12.6 empie al soldano il cor nel gran periglio; 2.12.7 perch' ei paventi pur de' suoi nemici 2.12.8 irritar l' arme irate e vincitrici. 2.13.1 Tempra dunque il crudel la rabbia insana, 2.13.2 anzi pur cerca dove, e 'n cui la sfoghi: 2.13.3 i vicini edifici abbatte e spiana, 2.13.4 e dá in preda a le fiamme i cólti luoghi: 2.13.5 parte alcuna ei non lascia integra e sana, 2.13.6 onde il Franco si pasca, ove s' alluoghi: 2.13.7 turba le fonti e i rivi, e le pure onde 2.13.8 di veneno mortal mesce e confonde. 2.14.1 Spietatamente è cauto, e pur si sforza 2.14.2 di riparar Gerusalem frattanto, 2.14.3 che da tre lati ogni nemica forza 2.14.4 può sostener; da l' altro è frale alquanto, 2.14.5 ma l' erge ei verso Borea e la rinforza, 2.14.6 o splenda il sole o spieghi notte il manto: 2.14.7 e gente aduna pur che lei difenda, 2.14.8 e sparga il sangue e l' alma a prezzo venda. 2.15.1 Quinci tra' figli il suo pensier divide 2.15.2 di rivedere i monti, i lidi e i porti, 2.15.3 perch' il suo nome ivi s' onori e gride 2.15.4 in tutti i luoghi piú securi e forti: 2.15.5 e di raccôr fra turbe amiche e fide, 2.15.6 chi meglio cinga spada e lancia porti, 2.15.7 o sia nuovo in battaglia, o 'n guerra mastro, 2.15.8 o tolto da l' aratro o pur dal rastro. 2.16.1 Doldechin de la degna alta corona 2.16.2 grande oppressor, che v' aspirò secondo, 2.16.3 pria ricercando gí dove risuona 2.16.4 spumoso il lido e di vile alga immondo: 2.16.5 cercò Gaza arenosa ed Ascalona 2.16.6 e Imania, ove fe' porto il mar profondo, 2.16.7 e Joppe, e la scoscesa ed aspra rupe 2.16.8 e i sassi minaccianti a l' onde cupe. 2.17.1 Vide Lida, tornando, e i sacri fonti, 2.17.2 e Ramula e Maceda; e 'l fiume al varco 2.17.3 passando, non lontano ai duri monti, 2.17.4 radunò gente c' ha la spada e l' arco: 2.17.5 radunò i neghittosi insieme e i pronti 2.17.6 di Betelèm ch' accolse il santo incarco, 2.17.7 e nel fien cuna diede al Re de' regi, 2.17.8 perch' abbia l' umiltade eterni pregi. 2.18.1 Ebron lasciò, dove un rifugio antico 2.18.2 fu del micidïal che non elegge; 2.18.3 e mentre visse al re del cielo amico 2.18.4 il popol fido, e sotto giusta legge, 2.18.5 chi percoteva a caso aspro nemico 2.18.6 lá ricovrar solea, come si legge: 2.18.7 e 'l colle in cui mal fida avea latèbra 2.18.8 David, e sua spelunca, e sua tenèbra. 2.19.1 Lasciò non lunge i piú deserti campi, 2.19.2 e 'nculto ed aspro ed ermo il gran Carmelo, 2.19.3 ch' è sí vicino al folgorar de' lampi 2.19.4 ed a le nubi, in cui s' indura il gelo. 2.19.5 Mirò l' onda fumar, quasi ella avvampi 2.19.6 pur de la fiamma che piovea dal cielo: 2.19.7 tanto ancor la palude infama bolle, 2.19.8 ed aura cosí grave indi s' estolle. 2.20.1 D' altri deserti Amardo orrida pietra 2.20.2 cercò, dove s' aperse il vivo sasso 2.20.3 a quella viva fé che grazia impetra, 2.20.4 per cui tragga la sete il popol lasso: 2.20.5 e di saette gravi e di faretra 2.20.6 pur genti raccogliea di passo in passo, 2.20.7 o sia tra mura chiusa, o pur selvaggia; 2.20.8 e di non esser primo par ch' ira aggia. 2.21.1 Ei di Sicela, in cui si sparge, e miete 2.21.2 il seme e 'l frutto di mature spiche, 2.21.3 vide il paese e le campagne liete 2.21.4 de l' umor che l' impingua, e tutte apriche: 2.21.5 e mirò i colli ove a l' estiva sete 2.21.6 ebber vino miglior le turbe antiche; 2.21.7 d' Asari dico; e non lontano il monte 2.21.8 ove Asane sorgea con doppia fronte. 2.22.1 E cento d' Idumea cittati e ville, 2.22.2 lá dove cresce la feconda palma, 2.22.3 e dove ancor l' incenso avvien che stille, 2.22.4 sacrifizio innocente e di pura alma. 2.22.5 E i vicini d' Egitto a mille a mille 2.22.6 pur costringea sotto la grave salma: 2.22.7 cercando ancor de gli Arabi felici 2.22.8 i confini odorati e le pendici. 2.23.1 Belfengo che guardava il regno ingiusto, 2.23.2 né del suo terzo luogo era ben pago, 2.23.3 scórse lungo terren, ma pur angusto, 2.23.4 che steso è del Carmelo al fiume vago: 2.23.5 e fece pur de l' armi il volgo onusto, 2.23.6 che lento il ricusò, quasi presago; 2.23.7 ma forza è l' ubbidir, non sol conviene, 2.23.8 e l' elegger la spada o le catene. 2.24.1 E mentre ei s' avvolgeva in strette fasce, 2.24.2 tutti accogliea dal piano e da le valli. 2.24.3 Altri il Tabor sublime avvien che lasce, 2.24.4 ed altri l' erbe e i fior purpurei e gialli, 2.24.5 lá 've sotto la cima Ermonio pasce 2.24.6 gregge d' api volanti e di cavalli: 2.24.7 alcuni il giogo, onde sparío repente 2.24.8 Elía, volando al ciel su 'l carro ardente. 2.25.1 Poi da Gadàra Norandino arriva 2.25.2 lá 've al guado il Giordan primier passâro 2.25.3 la gente che d' Egitto uscí cattiva, 2.25.4 fuggendo l' ira del tiranno avaro: 2.25.5 e le sei pietre e sei ne l' altra riva, 2.25.6 pur come eterni testimoni, alzâro. 2.25.7 E da Betel, senza trovare inciampo, 2.25.8 ricercò tutto insino al magno campo. 2.26.1 E 'n passando Sichen, Sebasta e 'l tempio 2.26.2 vide su' monti, i quai diparte il fiume, 2.26.3 che i Garisei, da' lor vicini esempio 2.26.4 preso, drizzâro a Dio ch' è vero lume; 2.26.5 ma ne' due tempi, come il fido e l' empio, 2.26.6 gli divise lor fede o lor costume: 2.26.7 vide Effra; e i luoghi alpestri avvien ch' ei miri 2.26.8 ove fu vinto Adado e vinti i Siri. 2.27.1 Dove l' un re fuggí, dov' ebber morte 2.27.2 trentadue regi; e vide il loco appresso 2.27.3 dove pugnò con la medesma sorte 2.27.4 il vinto, indegno del perdon concesso; 2.27.5 perché nel pian, come ne' monti, è forte 2.27.6 la man divina ond' è il nemico oppresso. 2.27.7 Poscia l' umil torrente a Mesra ei passa, 2.27.8 e Saba e Suna antica addietro lassa. 2.28.1 E d' alto Nazaret, cittá superna, 2.28.2 par che si mostri e dica: Or chi mi cela? 2.28.3 Ma non si muove a la parola interna 2.28.4 quel cor piú freddo assai che marmo, e gela. 2.28.5 A destra il monte ove la gloria eterna 2.28.6 refulse come sol, se nube il vela: 2.28.7 e per breve sentier ch' ambo disgiunse 2.28.8 pervenne a Ruma, indi a Tiberia giunse. 2.29.1 E 'l mar di Galilea nel suo ritorno 2.29.2 (ché mare è l' onda che s' aduni, e stagni) 2.29.3 ricercò tutto, e gío mirando intorno 2.29.4 i tepidi lavacri e i caldi bagni; 2.29.5 ma de le sante meraviglie ha scorno 2.29.6 nel terren che le vide, e par si lagni: 2.29.7 par si lagni a Gesú quell' onda e 'l lido, 2.29.8 de' miracoli suoi spargendo il grido. 2.30.1 E poscia Saladin da l' onde istesse 2.30.2 sino a l' altre, onde il mare avvien ch' asperga, 2.30.3 timide genti armò; parte n' oppresse 2.30.4 di quelle che l' arena e 'l lido alberga: 2.30.5 trovò in passando il loco in cui di Jesse 2.30.6 il santo fiore uscí di santa verga, 2.30.7 e Cana che giá l' onda (o meraviglia!) 2.30.8 mirò in vino mutar, fatta vermiglia. 2.31.1 E quella che stupí, dal regno oscuro, 2.31.2 ove si fa l' estremo aspro vïaggio, 2.31.3 tornar visto il fanciullo, e d' aer puro 2.31.4 aprire i chiusi lumi al dolce raggio, 2.31.5 tal che non parve in Dite allor securo, 2.31.6 ma paventò Pluton maggiore oltraggio. 2.31.7 Poi cercò i lidi ove i marini spirti 2.31.8 giá portâro l' odor d' accesi mirti. 2.32.1 Ma dopo le superbe antiche spalle 2.32.2 del monte c' ha di nubi il crine involto, 2.32.3 Baldacco trapassò, profonda valle, 2.32.4 ch' a Tiro volge ed a Sidone il volto: 2.32.5 prima ad Arce ei n' andò per dritto calle; 2.32.6 scorse poscia il terren ch' intorno è cólto, 2.32.7 lá 've di spiche incoronar la turba 2.32.8 usò la chioma; e 'l suo venir la turba. 2.33.1 Poi quella parte che del sol rimira 2.33.2 spuntar da l' Orto la purpurea luce, 2.33.3 e sente l' Euro ch' indi a nol respira, 2.33.4 Selín gío ricercando, il fèro duce, 2.33.5 sino a Damasco; e quinci al monte ei gira 2.33.6 che 'l famoso Giordano in sen produce: 2.33.7 e vide l' alte rupi e la spelunca 2.33.8 ch' indi s' instilla, e de l' umor s' ingiunca. 2.34.1 Gemino fonte e verde speco ombroso 2.34.2 vide; se pur son ivi il fonte e l' urna, 2.34.3 e non corre piú tosto altronde ascoso, 2.34.4 per via secreta al sole, atra e notturna. 2.34.5 Non v' era il tempio che sorgea famoso 2.34.6 ove i marmi vincean bianchezza eburna, 2.34.7 perch' ogni opra mortal tardi o per tempo 2.34.8 cede a le nostre ingiurie, o cede al tempo. 2.35.1 Veduti gli antri e le fontane e l' ime 2.35.2 parti cercate ancor d' umil paese, 2.35.3 de l' altissimo monte a l' aspre cime, 2.35.4 confini d' atre nubi, ei pronto ascese. 2.35.5 Molte cittadi ivi sostien sublime 2.35.6 sul tergo, e fa natura alte difese 2.35.7 a que' popoli alpestri, e 'n quella altezza 2.35.8 del ciel la destra i cedri atterra e spezza. 2.36.1 L' estremo lato poi difende e guarda 2.36.2 Amurate, del re l' ottavo figlio, 2.36.3 quel, voglio dir, ch' a la stagion piú tarda 2.36.4 vede farsi l' occaso aureo e vermiglio, 2.36.5 poscia imbrunire: e Gilta indi riguarda, 2.36.6 ed Azolo vicino al suo periglio, 2.36.7 ed Apollonia; e s' altra al mar s' accosta 2.36.8 terra, a' nemici, a' venti, a l' onda esposta. 2.37.1 Ma 'l famoso Giordan, per cui partita 2.37.2 fu al buon popolo ebreo promessa terra, 2.37.3 passa Aladino, e piú lontana aita 2.37.4 va ricercando a la vicina guerra: 2.37.5 passa la real selva in cui romita 2.37.6 pasce sovente orrida belva ed erra, 2.37.7 e vede a la pastura andar piú lenti 2.37.8 con le ramose corna i vaghi armenti. 2.38.1 Giunge a Damasco, ove l' uom primo e 'l primo 2.38.2 padre, siccome avvien ch' altri racconte, 2.38.3 sorse formato di terrestre limo, 2.38.4 e prima al cielo alzò la nobil fronte. 2.38.5 Quinci, passato quel ch' io vero estimo 2.38.6 del sacrato Giordan principio e fonte, 2.38.7 giunge a' monti d' Arabia; indi partendo, 2.38.8 la terra orïental venía scoprendo, 2.39.1 sino a quel varco ove l' antico Padre 2.39.2 osò quell' acque trapassar primiero, 2.39.3 che de' nipoti suoi l' erranti squadre 2.39.4 varcâr poi liete al giá sperato impero; 2.39.5 lá 've cose piú belle e piú leggiadre 2.39.6 narra la prisca fama, e cede al vero: 2.39.7 quivi con dritto corso il fiume vago 2.39.8 divide un monte, poi divide un lago. 2.40.1 E Baiazeno oltra le antiche sponde 2.40.2 cercò di quai vestigi il suol si stampi, 2.40.3 dove i giganti giá, non sorti altronde, 2.40.4 signoreggiâr la terra e i propri campi. 2.40.5 Se ben quella a cui nube il capo asconde, 2.40.6 altro rimbombo ancor fra tuoni e lampi 2.40.7 par che ci narri, e con superba possa 2.40.8 in Flegra sparsi Olimpo e Pelio ed Ossa. 2.41.1 Geràsa a' piè del monte, e d' una parte 2.41.2 Adara poi trascorre, e quel terreno 2.41.3 dove Og rimase estinto e ancise e sparte 2.41.4 sue genti e sue cittá, prendendo il freno. 2.41.5 Pella, e Jabe da l' altra ove bell' arte 2.41.6 di verdi boschi ombrò l' almo terreno, 2.41.7 e Masfa si lasciò passando a tergo, 2.41.8 di glorïoso duce antico albergo. 2.42.1 E quel ch' ascose il re ch' al punir troppo 2.42.2 rapido non fu mai, però disparve: 2.42.3 e 'l loco cui Jacob fe' stanco e zoppo 2.42.4 lutta maggior che di notturne larve: 2.42.5 e quella terra ove il celeste intoppo 2.42.6 d' esercito immortal, ch' insieme apparve, 2.42.7 ebbe a l' incontra insin d' Amone al regno, 2.42.8 lá 've fanno aspri monti aspro ritegno. 2.43.1 Non men bella corona in lor s' estolle 2.43.2 d' antiche mura e quasi è 'l pian disfatto, 2.43.3 ma lieto pur di freschi rivi, e molle, 2.43.4 egli per erte vie volge men ratto 2.43.5 il passo a l' orïente; e viene al colle 2.43.6 ove fece Jacob l' antico patto; 2.43.7 e 'n forma di colonna alzò l' altare: 2.43.8 poi co' fiumi drizzò suo passo al mare. 2.44.1 Ma Corcút pur rivolge a' monti il corso, 2.44.2 e 'n Metába, e 'n Sabarna accoglie genti; 2.44.3 poi ricercando va d' altro soccorso 2.44.4 ne' campi di Moáb fra duo torrenti, 2.44.5 sin ch' egli arriva al duro e aspro dorso 2.44.6 lá 've i due fonti son d' acque correnti, 2.44.7 passando ove Mosè con duol cotanto 2.44.8 ebbe publico onor d' estremo pianto. 2.45.1 Poi sale il monte ove colui da lunge 2.45.2 il promesso terren vedea mirando; 2.45.3 ma prima a quel ch' è piú vicino ei giunge, 2.45.4 ove atra nube il circondò portando. 2.45.5 O sia rapto ch' uom vivo a Dio congiunge, 2.45.6 o morte pur di cui si cela il quando, 2.45.7 cosí sparito da l' umana vista, 2.45.8 s' ascose in guisa d' uom ch' il cielo acquista. 2.46.1 Era tra' figli Celebino estremo, 2.46.2 però mosse e comparve anch' ei da sezzo: 2.46.3 ei nato al padre nel vigor giá scemo, 2.46.4 fu dal padre nudrito in piume, al rezzo; 2.46.5 onde senza mirar vela né remo, 2.46.6 vide solo e cercò del mondo il mezzo. 2.46.7 Pur ne gli estremi avea giá sparso il nome 2.46.8 candido e bel, con lunghe ed auree chiome. 2.47.1 Questi il paese, il qual d' intorno ha cinto 2.47.2 l' alta cittá dove al sepolcro uom poggia, 2.47.3 e la valle cercò di Terebinto, 2.47.4 lá dove giacque il disusata foggia 2.47.5 l' empio Golía dal buon fanciullo estinto; 2.47.6 e 'l fèro monte in cui rugiada, o pioggia 2.47.7 non distillò, poi che a Saul fu tronco 2.47.8 il nobil capo e 'l busto affiso al tronco. 2.48.1 E Gabaón, dove la gente infesta 2.48.2 a' fèri lupi circondò la selva 2.48.3 con reti e cani, e innanzi dí fu desta, 2.48.4 cercando ove la fèra empia rinselva; 2.48.5 ed ispida apparí con rozza vesta 2.48.6 in lieta cena de l' ancisa belva; 2.48.7 piú veloce del sol, quando esce il giorno, 2.48.8 piú tarda al suo partir facea ritorno. 2.49.1 E quinci a Masfa, e quinci a l' onda arriva, 2.49.2 che rompendosi al lido ivi biancheggia. 2.49.3 Poi si ritorna del Giordano in riva, 2.49.4 lasciando a tergo la sublime reggia: 2.49.5 e vede la cittá di regno or priva, 2.49.6 che vince le piú antiche, o lor pareggia, 2.49.7 ove, poi che s' udí canora tromba, 2.49.8 cadder le mura al suon ch' alto rimbomba. 2.50.1 In tal guisa tra' figli il vecchio antico 2.50.2 divise avea le terre e 'l lor governo. 2.50.3 Ma da poi ch' aspettava il fier nemico 2.50.4 e la temuta guerra al fin del verno; 2.50.5 ciascun le sue rivide e 'l volgo amico 2.50.6 armò che non avea sua legge a scherno, 2.50.7 e di genti forní qual luogo è forte; 2.50.8 l' altre condusse a l' adeguate porte. 2.51.1 E per le manche parti, e per le destre, 2.51.2 entrâr ne la cittá che geme e serve; 2.51.3 e spelunca, o magion parea silvestre, 2.51.4 che genti raccogliea fère e proterve. 2.51.5 Giá di turbe selvagge e turbe alpestre 2.51.6 tutta d' intorno ella risuona e ferve: 2.51.7 e cede antico albergatore, o sgombra, 2.51.8 mentre il nemico, o 'l difensor l' ingombra. 2.52.1 Madre orba e vecchia, e sconsolata erede 2.52.2 di figli regi, e di lor gloria prisca, 2.52.3 i nuovi che produsse in varia fede, 2.52.4 non sa come difenda, o lor nudrisca. 2.52.5 Pascer del proprio cibo i lupi or vede, 2.52.6 e non convien che di lagnarsi ardisca; 2.52.7 né basta quel ch' ella produca, o cerchi 2.52.8 in monte o 'n valle, ove 'l suo re nol merchi. 2.53.1 Il soldán, ch' ebbe pronta, ove si sparga 2.53.2 il foco o 'l sangue pur ne' campi accensi, 2.53.3 la destra, che fu sempre a l' òr men larga, 2.53.4 e tarda ove si doni e si dispensi; 2.53.5 non sol ristringe i nostri, e gli altri allarga, 2.53.6 ma i fidi esclude onde son rari i densi: 2.53.7 le vergini rinchiude, e gli altri tutti 2.53.8 scaccia, gemendo in lagrimosi lutti. 2.54.1 Come s' avvien talor ch' altri divella 2.54.2 dal verde mirto il suo piú verde ramo, 2.54.3 che d' ombra ricopria l' erba novella, 2.54.4 rimane il tronco quasi ignudo e gramo; 2.54.5 cosí vedi rapir vaga donzella, 2.54.6 a cui pianto non val, prego, o richiamo: 2.54.7 cosí la madre, in cui dolor s' avanza, 2.54.8 d' arido tronco e muto aver sembianza. 2.55.1 Vedi abbracciar gemendo il vecchio stanco 2.55.2 l' albergo ch' a' nipoti alzar credea; 2.55.3 e piangere il fanciullo al caro fianco, 2.55.4 che l' altrui duol, piú che il suo mal piangea: 2.55.5 indi traggere al tempio il debil fianco, 2.55.6 dove morte gli fôra assai men rea. 2.55.7 Qui la tenera turba e la senile 2.55.8 si raccoglie al pastor del santo ovile. 2.56.1 Canta ei dolente, e col dolente coro 2.56.2 le sue preghiere al re del ciel devote; 2.56.3 e miste intanto udian co' preghi loro 2.56.4 querele e meste e sospirose note 2.56.5 che flebilmente sparge in suon canoro 2.56.6 il popol fido, e 'l petto a sé percote; 2.56.7 e le imagini sante e 'l sacro altare 2.56.8 baciando, sparge ancor lagrime amare. 2.57.1 Ciascuno è di pietade agli altri esempio; 2.57.2 ma breve tempo è dato a' preghi, al duolo, 2.57.3 perché tosto s' ingombra il nobil tempio 2.57.4 d' arme spietate e di malvagio stuolo. 2.57.5 Cede il fedel senza contesa a l' empio, 2.57.6 ch' a la sacra rapina intento è solo; 2.57.7 e perché giá il minaccia e giá l' esclude, 2.57.8 vede spogliati altari e statue ignude. 2.58.1 Lascia i santi edifici il vulgo afflitto 2.58.2 e i propri, e la sua terra alma nativa, 2.58.3 come se in Babilonia o se in Egitto 2.58.4 fosse condotto, o 'n piú lontana riva; 2.58.5 ma libero si volge al duce invitto, 2.58.6 portando seco a lui pallida oliva: 2.58.7 frondeggia a tutti in mano un ramo còlto; 2.58.8 l' altro a le tempie pur verdeggia avvolto. 2.59.1 Ciascun fra sé pensava: «A cui mi volgo? 2.59.2 o chi sará che m' assicuri ed armi? 2.59.3 Chi mi dá pace or che l' oliva io colgo?» 2.59.4 Pur vanno avanti senza insegne ed armi. 2.59.5 Precede il sacro coro e segue il volgo, 2.59.6 e canta quello antichi e vari carmi; 2.59.7 questo o le note alterni, o pur risponda, 2.59.8 fa risonar le valli, i monti e l' onda. 2.60.1 Dicean: --Qual novo abitator famoso 2.60.2 or nel tuo albergo d' abitar fia degno? 2.60.3 Chi nel tuo santo monte avrá riposo, 2.60.4 o re celeste, e di celeste regno? 2.60.5 Mentre spiega la notte il velo ombroso, 2.60.6 chi vi s' acqueta dal pietoso sdegno? 2.60.7 Chi parla fra suo cor senza menzogna, 2.60.8 né d' ingannar con falsa lingua agogna. 2.61.1 Chi mal non fece al suo vicino oppresso, 2.61.2 perseguendo fortune afflitte e sparte; 2.61.3 e vergogna non ebbe e scorno appresso 2.61.4 incontra lui ch' odio da sé diparte. 2.61.5 Nulla è il maligno al tuo cospetto istesso, 2.61.6 Signor: nulla gli giova ingegno ed arte; 2.61.7 ma glorïoso è chi t' onora e teme 2.61.8 sino a le parti de la terra estreme; 2.62.1 chi giova al suo vicin né face inganno, 2.62.2 e non s' avanza con iniqua frode; 2.62.3 chi l' òr non presta avaro, e d' anno in anno 2.62.4 non fa il ricolto d' auro, e sprezza lode: 2.62.5 chi non vuol d' innocente o morte, o danno, 2.62.6 per caro dono onde arricchisce e gode: 2.62.7 mosso non sará mai; non tema alfine 2.62.8 (se cade rotto il mondo) alte ruine--. 2.63.1 Poi ricomincia: --È del Signor la terra, 2.63.2 e suo ciò che riempie il cerchio angusto; 2.63.3 suoi gli abitanti; ei gli ha salvati in guerra, 2.63.4 ei nel diluvio nuovo, ei nel vetusto; 2.63.5 ei la fondò sul mar; per lui non erra 2.63.6 su i fiumi onde le tempra il seno adusto: 2.63.7 chi salirá il suo monte? e l' alta cima 2.63.8 terrá del loco suo ch' al ciel sublima? 2.64.1 Quel che non brutta ingiurïosa mano 2.64.2 di sangue, o di vil furto, o di rapina; 2.64.3 il puro cor, dove pensier profano 2.64.4 non fa d' ardenti fiamme atra fucina; 2.64.5 quel che l' anima sua non ebbe invano: 2.64.6 questi fia degno di pietá divina, 2.64.7 questi fia salvo, e di chi 'l cerca e vuole, 2.64.8 questa è la glorïosa invitta prole. 2.65.1 Aprite, aprite le Tartaree porte, 2.65.2 príncipi de la terra o pur d' Averno. 2.65.3 Qual è questo Signor ch' in guerra è forte, 2.65.4 quel re di gloria, e re del ciel superno? 2.65.5 Aprite il varco de l' eterna morte 2.65.6 al re di gloria, al domator d' Inferno. 2.65.7 Il Signor di virtute è re di gloria. 2.65.8 Questo è il trofeo de l' immortal vittoria--. 2.66.1 Queste, e cose altre assai con alta voce 2.66.2 cantâr, ma in sermon prisco, e 'n altri versi, 2.66.3 pregando lui ch' ebbe corona e croce 2.66.4 sí dura, in cammin dubbio e 'n casi avversi, 2.66.5 acciò ch' essi non sian di foce in foce 2.66.6 oltra l' Eufrate ed oltra 'l Nil dispersi, 2.66.7 o lá 've i rotti monti al duro passo 2.66.8 rinchiude il ferro sul gelato sasso. 2.67.1 Ma quando il dí nel suo cader s' attrista, 2.67.2 e 'l sol men chiaro accoglie i raggi sparsi, 2.67.3 veggion, quasi cittá leggiadra in vista, 2.67.4 torreggiando sublime al cielo alzarsi 2.67.5 che nova forma e nova altezza acquista, 2.67.6 ove speran securi omai ritrarsi: 2.67.7 e son veduti entro la scura polve, 2.67.8 qual picciol bosco che si muove e volve. 2.68.1 Giunti a le guardie, e conosciuto appena 2.68.2 il popol fido e 'l suo fedel pastore, 2.68.3 che d' aspra morte e da servil catena, 2.68.4 salvi scorti gli avea d' empio signore; 2.68.5 fûr condotti a quel pio che gli altri affrena, 2.68.6 con molta riverenza e molto onore. 2.68.7 Lá dove il sacro veglio, avendo incontra 2.68.8 l' alto guerrier, narrò che loro incontra. 2.69.1 -- Simon son io, per fama al vostro Occaso 2.69.2 noto di cose avverse ed infelici, 2.69.3 che l' avanzo di greggia a me rimaso 2.69.4 campato ho dal furor d' empi nemici; 2.69.5 e le sacre reliquie in duro caso, 2.69.6 signor, vi porto, e voi fedeli amici: 2.69.7 signor la cui pietate e la possanza 2.69.8 altrui porge spavento, a noi speranza. 2.70.1 Noi siam color ch' a ricomprarne astretti 2.70.2 fummo con l' òr tra l' onte e le percosse; 2.70.3 e noi siamo (o ch' io spero) in cielo eletti, 2.70.4 ch' in terra il sangue di Gesú riscosse. 2.70.5 Ma questo anzi i perigli, anzi i sospetti, 2.70.6 fece il tiranno, ed accennò qual fosse: 2.70.7 allor, varcando il mar ne' strani lidi, 2.70.8 auro e pietá cercai dove s' annidi. 2.71.1 Ora a sí avara fame auro non basta, 2.71.2 né basterebbe il sangue a l' empia sete; 2.71.3 ma gli edifici atterra, i templi ei guasta, 2.71.4 i fonti attosca, e strugge ove altri miete: 2.71.5 e mentre odio e timore in lui contrasta, 2.71.6 e co 'l furor d' Inferno oblio di Lete, 2.71.7 noi scaccia, e 'n alma di regnare ingorda, 2.71.8 la vendetta di Dio l' empio si scorda. 2.72.1 Ma dove ne discaccia? e 'n quale esiglio? 2.72.2 D' assedio e da servaggio, a certa palma; 2.72.3 a salute, da morte e da periglio; 2.72.4 a corona immortal, da grave salma. 2.72.5 O d' atra provvidenza alto consiglio! 2.72.6 o mar dove ogni mente indarno spalma! 2.72.7 o sol dove ha suoi lumi invan affissi! 2.72.8 o tenebre lucenti, o sacri abissi! 2.73.1 Ma tu, signor d' invitta gente e franca, 2.73.2 per cui speriam di non sperare invano; 2.73.3 miserere d' etá tenera e stanca, 2.73.4 che ne gli estremi son del corso umano; 2.73.5 ma di questi altri, a cui vigor non manca, 2.73.6 degna in guerra adoprar robusta mano; 2.73.7 e quasi in porto da gli acuti scogli, 2.73.8 e gli uni e gli altri e me pregante accogli, 2.74.1 insin che piaccia a la pietá superna 2.74.2 scoter l' indegno giogo e l' aspre some. 2.74.3 Sí farem poi ch' ancor rimanga eterna 2.74.4 la tua memoria e 'l glorïoso nome, 2.74.5 mentre pruine e gel, quando piú verna, 2.74.6 de' monti spargeran l' inculte chiome; 2.74.7 mentre avrá cervi il bosco, il lido arene, 2.74.8 ed onde il mare, e stelle il ciel serene.-- 2.75.1 In tal modo parlava il vecchio saggio, 2.75.2 a cui risposta diede il sommo duce: 2.75.3 -- Sí potess' io da morte o da servaggio 2.75.4 liberar gli altri che 'l timor seduce, 2.75.5 come spero guardar d' onta e d' oltraggio 2.75.6 questi che tua pietá seco m' adduce; 2.75.7 e giunge inermi a le mie armate squadre, 2.75.8 o di pietá, d' onore, o d' anni padre. 2.76.1 Io dar a' disarmati arme prometto, 2.76.2 che vorran seguitar la nostra insegna, 2.76.3 ed al rischio comune esporre il petto 2.76.4 per l' alta patria, di servire indegna: 2.76.5 a la piú stanca turba altro ricetto 2.76.6 ne la Soría, dove per noi si regna, 2.76.7 o 'n Cipri, o 'n Creta, o 'n piú secura parte, 2.76.8 che lunge da' perigli il mar diparte. 2.77.1 Tu qual vorrai, piú caro albergo scegli, 2.77.2 o qui sublime onore ed alto grado 2.77.3 fra' padri piú onorati e fra' piú vegli, 2.77.4 o se devi altra cura aver piú a grado, 2.77.5 lá dove il suon di squille altrui risvegli, 2.77.6 cerca al riposo il piú securo guado; 2.77.7 né perturbi di morte empio tumulto 2.77.8 l' animo sacro e 'l suo pietoso culto. 2.78.1 Le lodi a Dio rivolgi; a lui conviensi 2.78.2 la prima laude, a lui si dia l' estrema, 2.78.3 com' a quel sol c' ha sempre i raggi accensi, 2.78.4 com' a quel mar che mai non cresce o scema. 2.78.5 Ei, che dá le vittorie, ei ci dispensi 2.78.6 la palma de' nemici ancor suprema. 2.78.7 A noi di preci or tua pietá sia larga, 2.78.8 perch' ei vinca i nemici, atterri, e sparga: 2.79.1 Ei che feo rilevar l' acuta lancia, 2.79.2 onde fu il manco lato a lui trafitto, 2.79.3 or l' arco spezzi, e ciò ch' avventa e lancia 2.79.4 l' Arabo, e 'l Perso, e 'l Siro, e quel d' Egitto: 2.79.5 e drizzi contra lor d' Italia e Francia 2.79.6 l' arme, e d' Europa, e salvi il volgo afflitto; 2.79.7 s' innalziam la sua lancia, e la sua croce 2.79.8 per lui spieghiam contra il rubel feroce.-- 2.80.1 Qui si tace, e ripiglia il vecchio sacro: 2.80.2 -- Fa degni, signor mio, questi egri lumi 2.80.3 di veder lei che sparse ampio lavacro, 2.80.4 e del sangue e de l' acqua i santi fiumi; 2.80.5 cosí quel gran mistero, ond' io consacro, 2.80.6 l' alma de' fidi suoi col vero allumi. 2.80.7 Parte mi narra (e 'n grazia ciò dimando) 2.80.8 dove fu ritrovata, e come, e quando.-- 2.81.1 Goffredo incominciò:-- Giá cinto il Perso 2.81.2 Antiochia di grave ed aspro assedio, 2.81.3 ed esercito avea cosí diverso, 2.81.4 ch' al rischio non parea scampo o rimedio. 2.81.5 Noi stanchi costringeva il caso avverso 2.81.6 a soffrire il digiun, lo scorno e 'l tedio, 2.81.7 quando il Re con imagini non false 2.81.8 mostrar ne volle che di noi gli calse. 2.82.1 Perché ne l' ora che l' oscuro cielo 2.82.2 a l' appressar del novo dí s' inostra, 2.82.3 e ch' al pensier uman sotto alcun velo 2.82.4 de le cose future il ver si mostra, 2.82.5 Pier di Provenza, il qual con puro zelo 2.82.6 quindi seguíta avea l' impresa nostra, 2.82.7 vide in sembianza placida e tranquilla 2.82.8 il divo che di manna Amalfi instilla. 2.83.1 Quel ch' ebbe a sostener tormenti e scempio, 2.83.2 ne l' alta croce sua vòlto sossopra, 2.83.3 vittoria promettea del popol empio, 2.83.4 e certo fin di sí laudabil opra, 2.83.5 del santo suo fratel mostrando il tempio, 2.83.6 e 'l proprio loco in cui s' asconda e copra 2.83.7 la sacra lancia; e quando il ciel s' inalba, 2.83.8 tre volte e quattro ritornò con l' alba. 2.84.1 Tre volte e quattro alme devote e pie 2.84.2 vider gli angeli eletti (o che lor parve) 2.84.3 e scendere e salir sublimi vie 2.84.4 in altro modo che fantasmi e larve; 2.84.5 e 'l divin raggio anzi 'l nascente die 2.84.6 lampeggiò, quasi in specchio, e poi disparve: 2.84.7 ne lo sparir segnando il sacro loco 2.84.8 con doppia riga di lucente foco. 2.85.1 Al principe Ademaro il fedel Pietro 2.85.2 non tenne occulti i suoi veraci sogni. 2.85.3 Ei venne al tempio; e corse il popol dietro, 2.85.4 pur come novitá speri ed agogni. 2.85.5 Cosí, di loco tratta oscuro e tetro 2.85.6 fu l' arme sacra a gli ultimi bisogni; 2.85.7 onde il fedel, che sbigottí pur dianzi, 2.85.8 par che tutto osi e in ben oprar s' avanzi. 2.86.1 Quinci il superno Re mostrar si volle 2.86.2 piú sempre a' Persi infesto, a noi secondo. 2.86.3 La sacra lancia ne l' uscir s' estolle; 2.86.4 quei non sostengon di tal vista il pondo. 2.86.5 Pugniam, vinciam, facciam sanguigno e molle 2.86.6 il campo; arme e cavalli Oronte al fondo 2.86.7 va rivolgendo e cavalieri estinti: 2.86.8 selve e spelonche son latèbra ai vinti. 2.87.1 Cosí le cose lor di male in peggio 2.87.2 poscia n' andâro, e 'l nostro imperio accrebbe; 2.87.3 e stabilissi a Boemondo il seggio, 2.87.4 che lui ritenne, e ben di ciò gl' increbbe: 2.87.5 io contra empi nemici ancor guerreggio, 2.87.6 sperando la vittoria ond' esser debbe.-- 2.87.7 Cosí dicea Goffredo; e 'n parte giunse, 2.87.8 ov' era quella che il Signor giá punse. 2.88.1 In mezzo a mille tende un tempio s' erge 2.88.2 con imagini sante e simolacri, 2.88.3 che si leva e ripone, e lustra e terge, 2.88.4 perch' ivi il sacerdote a Dio consacri: 2.88.5 quivi Simon di pianto il viso asperge 2.88.6 al lucente splendor de' lumi sacri, 2.88.7 vista la lancia e 'l prezioso sangue 2.88.8 che ne riscosse, e lasciò Cristo esangue. 2.89.1 Giá presso al tramontar tepidi rota 2.89.2 il sole i raggi e poco al mar lontano; 2.89.3 quando ecco da provincia indi remota 2.89.4 (come ebbe avviso il cavalier sovrano) 2.89.5 giunser gran cavalieri in veste ignota, 2.89.6 con ricca pompa e 'n portamento estrano. 2.89.7 Del gran re de l' Egitto eran messaggi, 2.89.8 per terminar la guerra e i fieri oltraggi. 2.90.1 Alete è l' un, che da principio indegno 2.90.2 e da tenebre quasi al lume è sorto: 2.90.3 ma l' innalzâro a' primi onor del regno 2.90.4 parlar facondo, e lusinghiero e scorto, 2.90.5 pieghevoli costumi e vario ingegno, 2.90.6 al finger pronto, a l' ingannare accorto; 2.90.7 gran fabbro di calunnie, adorne in modi 2.90.8 novi; e paion talor lusinghe e lodi. 2.91.1 Argante è l' altro, intrepido guerriero, 2.91.2 che, da Giudea passando al re d' Egitto, 2.91.3 chiese da l' uno aita a l' altro impero, 2.91.4 e dal regno possente, al regno afflitto: 2.91.5 impazïente, inesorabil, fèro, 2.91.6 ne l' arme infaticabile ed invitto; 2.91.7 de' rischi sprezzator, che gloria elegge; 2.91.8 a cui la propria spada è nume e legge. 2.92.1 Ma 'l duce pio vuol ch' udïenza attenda 2.92.2 e l' uno e l' altro insino al dí che segue: 2.92.3 e per mostrar come pietá risplenda, 2.92.4 e si nieghino agli empi e pace e tregue, 2.92.5 fa tosto dispiegar sublime tenda, 2.92.6 opra d' armeni onde i palagi adegue; 2.92.7 che d' archi sostenuta e da colonne, 2.92.8 può albergar duci e cavalieri e donne. 2.93.1 E ricca è di materia e di lavoro 2.93.2 sí, che 'l fiero avversario se ne scorna, 2.93.3 e di serici fili intesta e d' oro, 2.93.4 di chiare imprese e di vittoria adorna: 2.93.5 e palma trionfale e verde alloro 2.93.6 fanno un bel fregio che la cinge ed orna: 2.93.7 in mezzo son battaglie, incendi, assalti, 2.93.8 mar, terra, laghi in piú sanguigni smalti.
CANTO III
3.1.1 Pietro appar nel deserto a prima vista, 3.1.2 e ver sembra il deserto, ed ei non finto; 3.1.3 lunga la chioma e di pel bianco ha mista, 3.1.4 e crespo il viso e di pallor dipinto; 3.1.5 la barba al sen gli scende in doppia lista, 3.1.6 e 'n bigi panni e d' umil corda è cinto; 3.1.7 e magro e scalzo, e 'n contemplar pensoso, 3.1.8 tra 'l rivo e l' altro a piè d' un monte ombroso. 3.2.1 Or con ginocchia ignude aspro terreno 3.2.2 premere il vedi; e in suon devoto e basso 3.2.3 pensi d' udirlo ove percote il seno 3.2.4 e piange anzi la croce: or pare uom lasso, 3.2.5 mentre giace su l' erba, o posa almeno 3.2.6 e si fa seggio d' un alpestre sasso. 3.2.7 I sogni ivi ombreggiò chi finse il sonno: 3.2.8 s' ombrar l' ombre con l' ombre ancor si ponno. 3.3.1 Poscia sembra ch' ei desto affretti il piede, 3.3.2 in guisa pur di pellegrino scarco; 3.3.3 vedilo ch' entra in nave; e parte e riede, 3.3.4 come sia lungo corso un picciol varco. 3.3.5 Passa e ripassa il mar; sostiene e vede 3.3.6 l' aspro giogo de' nostri e 'l grave incarco: 3.3.7 e visita il sepolcro e dorme al tempio; 3.3.8 poi 'nfiamma Europa incontra 'l popol empio. 3.4.1 Non lunge in prezïoso aureo contesto, 3.4.2 di color varïato e di figure 3.4.3 si scorge in umil cava un vecchio onesto 3.4.4 fuggir il mondo e sue fallaci cure: 3.4.5 e le nubi toccar quel monte e questo, 3.4.6 e cader l' ombre ne le valli oscure; 3.4.7 e 'l sacro albergo in solitari e cupi 3.4.8 luoghi celarsi infra pendenti rupi. 3.5.1 Di tre corone poi la sacra chioma 3.5.2 il vedi cinto, e (come il ver s' esprime) 3.5.3 par che grave gli sia la nobil soma, 3.5.4 mentre egli siede in Vatican sublime; 3.5.5 e pare, indi lasciando Italia e Roma, 3.5.6 passar de l' Alpi le gelate cime: 3.5.7 e conosci a' sembianti Urban secondo, 3.5.8 ch' apre il cielo e l' inferno, e regge il mondo. 3.6.1 E par ch' alfin s' ascolti in gran consiglio 3.6.2 del pio sermone il fulminar veloce, 3.6.3 e di quei duci il nobile bisbiglio, 3.6.4 commossi al suon de la divina voce. 3.6.5 Tutti prender parean segno vermiglio 3.6.6 in bianco velo, e dispiegar la croce; 3.6.7 e quei che di portarla al petto scelse, 3.6.8 alzò vittorïose insegne eccelse. 3.7.1 Vedi ch' Europa tutta i segni inchina, 3.7.2 e tutta splende d' armi e di cavalli; 3.7.3 ch' avvampa ogni cittá d' atra fucina, 3.7.4 correndo in fiumi i liquidi metalli: 3.7.5 e dove a viva fiamma il ferro affina, 3.7.6 suonar i monti e rimbombar le valli; 3.7.7 e rinnovar su le sonore incudi 3.7.8 spade e lance ed usberghi ed elmi e scudi. 3.8.1 Perch' ogni chiuso albergo allor s' aperse 3.8.2 al rugginoso acciaio, ond' altri s' arme; 3.8.3 paiono aratri e falci ivi converse 3.8.4 in forme nòve, e 'n vie piú lucid' arme; 3.8.5 e vedi ragunar genti diverse, 3.8.6 dove udir de le trombe il fèro carme 3.8.7 quasi l' uom crede; e come tutto adombra 3.8.8 il monte e 'l pian di mille insegne a l' ombra. 3.9.1 Vedi come pietá fra sé contende 3.9.2 in quei piú cari a Dio felici tempi: 3.9.3 come lo stato suo disprezza e vende 3.9.4 Goffredo, e genti aduna incontra a gli empi: 3.9.5 come a Ruggero il suo fratello il rende, 3.9.6 ch' intorno accampa e segue i santi esempi; 3.9.7 e come varca a vie piú giusta guerra, 3.9.8 questi il mar tempestoso, e quel la terra. 3.10.1 Da piú eserciti mossa, Europa e tutto 3.10.2 par tremi il mondo, e quinci i salsi campi 3.10.3 spumanti a' rostri; e biancheggiar il flutto, 3.10.4 l' onda a' rai tremolar com' ella avvampi. 3.10.5 Quindi nubi di polve il suolo asciutto, 3.10.6 e incontra 'l sol vibrar de l' arme i lampi 3.10.7 vedi; e lá selve d' aste, e qui d' antenne; 3.10.8 e le navi volar, com' abbian penne. 3.11.1 Par che d' angeli ancor lucido nembo 3.11.2 acqueti le tempeste e i venti affrene; 3.11.3 e faccia piano il procelloso grembo, 3.11.4 e l' alte vie del ciel tutte serene. 3.11.5 Il mar ceruleo il sen, spumoso il lembo, 3.11.6 e sparse d' alga ha le minute arene: 3.11.7 e crespa a l' aure, e senza usati orgogli 3.11.8 bagna la placid' onda i duri scogli. 3.12.1 Aprir sembrano i porti a' legni audaci, 3.12.2 e da lunge chiamar l' armata amica 3.12.3 con l' isola del foco e de' Feaci, 3.12.4 Eubèa, ch' illustre fe' la fama antica: 3.12.5 Dalmazia, Epiro, Illirio, e tu che giaci, 3.12.6 giá sacra al sol, ne l' onde, o terra aprica; 3.12.7 e Creta ancor, di Giove ombrosa cuna, 3.12.8 ov' Ida sorge e la spelonca imbruna. 3.13.1 E Delo, ch' estimâro i Greci errante 3.13.2 pria che fermasse il suo vagar Latona, 3.13.3 e il portuoso Egeo d' isole tante 3.13.4 adorno, onde canoro alto risuona. 3.13.5 Ma l' inospito mare il pin volante 3.13.6 passa, e d' augusto seggio alta corona; 3.13.7 e schiva Sesto, e de la Tracia il lido, 3.13.8 e Calcedone prende appresso Abido. 3.14.1 Vedi per monti e valli in altra parte, 3.14.2 e per campagne molli il buon Gualtiero; 3.14.3 vedilo trapassar rapido il marte, 3.14.4 quasi abbia intoppo, ed arrivar primiero 3.14.5 ne la cittá che la cittá di Marte 3.14.6 tenta agguagliar di gloria e d' alto impero: 3.14.7 e come pria saluta il greco Augusto, 3.14.8 e passa con le genti il mare angusto. 3.15.1 Pietro si mira in quel cammino istesso 3.15.2 co' Bulgari contesa aver piú dura: 3.15.3 e de l' accese fiamme udito il messo, 3.15.4 tornar invan, né via tener secura. 3.15.5 E Godescalo, e i suoi sconfitti appresso, 3.15.6 trovando in terra ostile aspra pastura, 3.15.7 ma fra' Greci pietá che gli altri accoglie, 3.15.8 dolenti alfin de le perdute spoglie. 3.16.1 Miransi poi lasciar la nobil reggia, 3.16.2 e de l' Europa le contrade estreme, 3.16.3 e trapassar dove Ellesponto ondeggia 3.16.4 infra duo lidi e si ristringe e preme: 3.16.5 Pietro sembra il pastor d' errante greggia, 3.16.6 mentre le sparse genti accoglie insieme 3.16.7 lá, 've cinto di mura un picciol borgo 3.16.8 in riva siede a quell' ondoso gorgo. 3.17.1 Italici e Germani uscir diresti, 3.17.2 e correr le campagne al mar vicine; 3.17.3 e quasi fatti a la Bitinia infesti, 3.17.4 lá dentro riportar prede e rapine. 3.17.5 Gli vedi a piè d' un monte; indi piú mesti 3.17.6 difender d' alta mole alte ruine: 3.17.7 e Soliman che, quasi orrida belva, 3.17.8 gli attende al varco ne l' antica selva. 3.18.1 Con spoglie di leone ispido ei sembra, 3.18.2 e con occhi il furor quasi spiranti, 3.18.3 con torvo guardo, e con robuste membra, 3.18.4 onde può simigliar gli empi giganti; 3.18.5 altrove abbatte i nostri, ancide e smembra 3.18.6 con l' arme sue, del sangue altrui stillanti; 3.18.7 e paion cento duci e cento squadre 3.18.8 sanguigne far quelle campagne ed adre. 3.19.1 Quivi estinto Gualtier, quivi Rambaldo 3.19.2 credi che 'l terren prema, e 'n rosso il tinga; 3.19.3 nullo ordine v' appare intero o saldo, 3.19.4 lá 've il fèro soldán gli urti e rispinga: 3.19.5 quasi a fuggir chi dianzi errò sí baldo, 3.19.6 dentro a' dirupi ivi a temer costringa: 3.19.7 in forma d' uom che sgrida alto, e minaccia, 3.19.8 la destra alzando e la terribil faccia. 3.20.1 E le parti piú alpestre e piú selvagge, 3.20.2 da' suoi veggonsi prese insino al lito; 3.20.3 e tornar poscia a l' arenose piagge 3.20.4 Pietro, cui non diè fede il volgo ardito. 3.20.5 Vedesi ch' a la morte allor sottragge 3.20.6 quello stuol, giá dolente e sbigottito: 3.20.7 come sanguigno e quasi voto ovile 3.20.8 scampi d' assalto d' empie fère ostile. 3.21.1 Poscia del pio Goffredo i giusti passi 3.21.2 tessuti il mastro avea con vari fregi; 3.21.3 com' egli i cari ostaggi or prenda, or lassi; 3.21.4 or parli, or mandi i messaggeri a' regi: 3.21.5 come vinca le insidie a' stretti passi, 3.21.6 e salvi scorga i suoi guerrieri egregi. 3.21.7 Parte Augusti ed eroi congiunge e lega; 3.21.8 e i Greci avversi or vince, or placa, or piega. 3.22.1 Altrove la cittá vedeasi intesta, 3.22.2 a cui diè Costantin l' imperio e 'l nome, 3.22.3 tre fronti alzando incoronar la testa, 3.22.4 donna di genti tributarie e dome. 3.22.5 Quivi Goffredo e i duci han d' òr la vesta 3.22.6 sovra l' arme lucenti e d' òr le chiome, 3.22.7 quai Grecia le dipinse al biondo Apollo, 3.22.8 e d' oro hanno il monil, di latte il collo. 3.23.1 Nel gran tempio sorgea sede suprema, 3.23.2 dove ne l' aureo manto e gemme ed ostri 3.23.3 portava Alessio, al crine alto diadema, 3.23.4 e i Greci eran congiunti ai duci nostri. 3.23.5 Par ch' ondeggi la turba intorno e frema; 3.23.6 sovra l' aquila spiega artigli e rostri: 3.23.7 e 'n vista ventilar fa rosse piume 3.23.8 ne l' aura a l' auro, e splende al chiaro lume. 3.24.1 Mostran poi di giurar ne' sacri altari, 3.24.2 la man sul libro alzando, e gli occhi in alto, 3.24.3 e co' Franchi i Latini, i lidi e i mari 3.24.4 varcati, a l' Asia dar feroce assalto. 3.24.5 S' appiattan fra le selve i Turchi avari, 3.24.6 e tinto il lago è di sanguigno smalto: 3.24.7 e gran cittá v' appar cinta d' assedio, 3.24.8 in cui si raffigura il Rischio e 'l Tedio. 3.25.1 Quivi accolto parea da varie parti 3.25.2 l' esercito Latin, Germano e Franco; 3.25.3 e de gli altri, che fûr divisi e sparti 3.25.4 del mar sul destro lido, o pur sul manco, 3.25.5 qual contr' a' Persi in guerra o contr' a' Parti, 3.25.6 Roma o Bizanzio non ha mosso unquanco: 3.25.7 poi schierato passava a stuolo a stuolo, 3.25.8 tutto ingombrando polveroso il suolo. 3.26.1 Non lunge, quai veggiam fantasmi o larve, 3.26.2 poi che nascoso è lo splendor diurno, 3.26.3 tale un corrier ne l' ombre oscure apparve, 3.26.4 per non diritte vie cheto e notturno: 3.26.5 ed ove il maggior lume occulto sparve, 3.26.6 spiegan tremuli rai Giove e Saturno: 3.26.7 e scopre l' alta notte, in cui si cela, 3.26.8 com' egli, preso, a' nostri il ver rivela. 3.27.1 Quinci i fedeli senza indugio e pronti 3.27.2 stringean la gente al re del ciel rubella; 3.27.3 le mura di Nicea, le porte e i ponti, 3.27.4 in questa parte combattendo e 'n quella: 3.27.5 appresso discendea d' alpestri monti 3.27.6 l' empio soldán com' orrida procella: 3.27.7 e seguia dietro innumerabil turba 3.27.8 quante l' arene son ch' Austro perturba. 3.28.1 Prima ogni cosa abbatte e poscia ei langue, 3.28.2 divenuto in sembiante frale e tardo; 3.28.3 ed a l' aspre percosse il vedi esangue 3.28.4 lá dove il crolli e féra il gran Riccardo. 3.28.5 Tronche membra ei calcando e sparso sangue, 3.28.6 col suo Tancredi e con Ruggier gagliardo, 3.28.7 fea quasi laghi, ove fûr prati ed erbe, 3.28.8 giá prese cento insegne alte e superbe. 3.29.1 Goffredo a l' arme ed a l' impresa illustre, 3.29.2 e i sommi duci avvien ch' ivi conosca 3.29.3 pugnare insin che 'l sol la terra illustre; 3.29.4 poi cacciare i nemici a l' aura fosca. 3.29.5 Qual leon torna a le lasciate lustre, 3.29.6 o drago a le paludi, ond' egli attosca; 3.29.7 tale il soldán fuggía sdegnoso, in atto 3.29.8 d' uom che rimiri il popol suo disfatto. 3.30.1 Da macchine avventati, al ciel rotando 3.30.2 tronchi capi ne gían, qual grave pietra; 3.30.3 timido il difensor, d' alto mirando, 3.30.4 obliava adoprare arco e faretra: 3.30.5 chi finse il caso atroce, e 'l gran normando 3.30.6 ne' colori mostrò come s' impètra, 3.30.7 e come orror di morte e de' suoi scorni 3.30.8 vera imagine viva ancor ritorni, 3.31.1 de la vittoria ancora il grido e 'l moto 3.31.2 esprimer volle, varïando a' sensi, 3.31.3 e co' suoi duci imperador devoto 3.31.4 nel tempio, che fumava arabi incensi, 3.31.5 e le insegne e i trofei sospesi in voto, 3.31.6 fra mille trombe e mille lumi accensi: 3.31.7 e spoglie e doni, vincitori e vinti, 3.31.8 quai d' oro adorni, e quai di ferro avvinti. 3.32.1 Sorgeano intanto le nodose travi, 3.32.2 con varie forme inverso 'l ciel costrutte, 3.32.3 e gran macchine, d' arme adorne e gravi, 3.32.4 onde sian l' alte mura arse e distrutte. 3.32.5 Vedeansi i carri trasportar le navi 3.32.6 non per ondose vie, ma per asciutte; 3.32.7 e la cittá, che da piú lati è scossa, 3.32.8 e la gran torre ruinar percossa. 3.33.1 Di fumo ardente e fiamma oscura e negra, 3.33.2 mille torbide rote al cielo alzarsi; 3.33.3 e gran donna fuggía timida ed egra, 3.33.4 co' figli a lato, i crini al tergo sparsi. 3.33.5 Da l' altra parte il difensor rintegra 3.33.6 le rotte mura, e i suoi ripari ha scarsi. 3.33.7 Nicea si rende; e schiva oltraggio e morte 3.33.8 l' errante del soldán fida consorte. 3.34.1 Furto o rapina ingiusta, o forza o froda 3.34.2 non si vedea fra gli animosi fatti: 3.34.3 qual di vittoria il vincitor si goda, 3.34.4 che serbar volle invidïosi patti: 3.34.5 ma di portarne ei solo onore e loda 3.34.6 contento parve a' modi, al volto, agli atti; 3.34.7 veggendo i Greci alzar le insegne in cima, 3.34.8 lá 've il sangue d' Italia è sparso in prima. 3.35.1 Move congiunta l' oste indi non lunge 3.35.2 lá 've un fiume le vie rapido fende: 3.35.3 la divide un gran ponte e la disgiunge; 3.35.4 e diverso sentier diversa prende. 3.35.5 Ecco i sinistri (il sol nascendo) aggiunge 3.35.6 Soliman che da' monti ancor discende. 3.35.7 Ecco l' aspra contesa, e 'l bel Guglielmo 3.35.8 trafitto (ahi dolor grave!) usbergo ed elmo. 3.36.1 Ecco Tancredi vola al rischio estremo, 3.36.2 quasi (morto il fratel) morir gli caglia: 3.36.3 vedi come in soccorso a stuol giá scemo 3.36.4 giunga; e gli assalitori il duce assaglia. 3.36.5 Fería, fugava il cavalier supremo; 3.36.6 recidea tele avvolte, piastra e maglia; 3.36.7 uccideva, abbattea; le spalle e 'l viso 3.36.8 calpestava, passando, al volgo ucciso. 3.37.1 Refugio ricercar, scampo, o latèbra 3.37.2 sembra poi l' empia turba a l' aer cieco, 3.37.3 e notte la copria d' alta tenèbra, 3.37.4 e l' alto sen le apria foresta o speco. 3.37.5 Di nuovo la vittoria ancor celèbra, 3.37.6 vòta occupando la Bitinia il Greco. 3.37.7 Ricco di preda il vincitor le spalle 3.37.8 quinci volge a' Gorgon', sanguigna valle. 3.38.1 Luoghi poi trapassare aridi ed ermi, 3.38.2 nudi monti, assetata arsa campagna: 3.38.3 ed armati languir vedeansi e inermi, 3.38.4 co' cani e co' destrier, fida compagna. 3.38.5 L' onda appar, vedi il fiume, e i quasi infermi 3.38.6 correre a l' acque in cui si beve e bagna; 3.38.7 vedi onusti i cameli, e i vasi colmi 3.38.8 su l' erba a piè de' salci, e d' alni e d' olmi. 3.39.1 Poi, quasi la vittoria allenti il corso, 3.39.2 vedi fère cacciar, cacciare augelli 3.39.3 in lieta selva, o dove il molle dorso 3.39.4 rigan d' un colle i liquidi ruscelli. 3.39.5 Vedi Goffredo in fèra lutta, e l' orso 3.39.6 che di sua mano ha sanguinosi i velli, 3.39.7 e di sua mano ancor reciso e tronco 3.39.8 l' orribil teschio affisso al verde tronco. 3.40.1 Rapido Balduin s' avanza e corre 3.40.2 sino al monte sovran ch' Asia divide: 3.40.3 e non resta cittá, castello o torre 3.40.4 contra Tancredi, ove il nemico annide. 3.40.5 Scuotere il giogo a' nostri, e 'l giogo imporre 3.40.6 vedeansi a prova a quelle genti infide; 3.40.7 e domar Lidi, Licaoni, Armeni, 3.40.8 da' monti al mar c' ha sí diversi seni. 3.41.1 Sanguigno, e di ruine ingombro ed arso 3.41.2 di Cilicia il terren fumava intorno; 3.41.3 dove Tancredi il sangue e 'l foco ha sparso, 3.41.4 e Riccardo di spoglie aurate adorno. 3.41.5 Men alta torreggiar Mamistra e Tarso 3.41.6 sembrava, e 'l Cidno andar con umil corno; 3.41.7 ma 'l vessillo mutato, e i vari segni 3.41.8 appena v' apparian d' ardenti sdegni. 3.42.1 Era aspro intoppo al corso ardito il Tauro, 3.42.2 orrido, nubiloso, ermo, silvestro; 3.42.3 ch' i boschi, a lo spirar d' Austro e di Cauro, 3.42.4 crolla, ma tocca il ciel col giogo alpestro; 3.42.5 e d' ampi fiumi porge al mar restauro, 3.42.6 in cui si lava il manco lato e 'l destro; 3.42.7 e quanti i precipizi ond' uom s' allenta, 3.42.8 tante le morti son di cui spaventa. 3.43.1 Con l' Eufrate facea duro contrasto, 3.43.2 sotto un turbato ciel, ch' in vista piange; 3.43.3 l' un fiaccate le corna e 'l fianco ha guasto; 3.43.4 l' altro è percosso e ripercuote e frange. 3.43.5 E, vinto il vincitor, la strada al vasto 3.43.6 mar non aprendo, il corso avvien ch' ei cange. 3.43.7 Pur ambe lor vittorie, e lor contese 3.43.8 vincer parea l' ardir ne l' alte imprese. 3.44.1 Veder si può ch' ambo gli ascende e varca 3.44.2 fede animosa, e senza orgoglio e vanto, 3.44.3 e mira, adorna omai di spoglie e carca, 3.44.4 umíl l' Asia e soggetta, e i mari accanto, 3.44.5 e i popoli giá vinti al gran monarca. 3.44.6 Né mai la croce al ciel s' alzò cotanto; 3.44.7 né trofeo sí vicino ebbe, o vessillo, 3.44.8 il sol che d' alto miri il mar tranquillo. 3.45.1 Oltr' il Tauro e l' Eufrate, oltra l' Oronte, 3.45.2 altri rendeansi, altri eran presi a forza. 3.45.3 Spargea di tronche membra il duro ponte 3.45.4 del pio Goffredo la terribil forza. 3.45.5 Cadea 'l gigante anciso; e verso il fonte, 3.45.6 come a gran turbo suol che l' onde sforza, 3.45.7 parea il fiume tornar gonfio di sangue: 3.45.8 per le rive giacea la gente esangue. 3.46.1 Fuor è Dafne, e Castalia, onde soleva 3.46.2 la voce uscir de gl' idoli bugiardi, 3.46.3 e Casio, a cui sí tosto il sol si leva, 3.46.4 che suole a gli altri fiammeggiar sí tardi: 3.46.5 con due facce il testor finto l' aveva: 3.46.6 con l' una d' esse par ch' il dí riguardi, 3.46.7 e la notte con l' altra; e 'n bel lavoro 3.46.8 compartite avea l' ombre e i raggi d' oro. 3.47.1 Antiochia nel cerchio, in cui si spande 3.47.2 l' Oronte, chiudea valli e monti e piano, 3.47.3 scossa de le sue verdi alte ghirlande, 3.47.4 e combattuta da possente mano: 3.47.5 non potea circondarla (in guisa è grande) 3.47.6 l' esercito Latin, Franco e Germano: 3.47.7 qui 'l pio Goffredo accampa, ivi Roberto; 3.47.8 crolla Tancredi altrove il muro aperto. 3.48.1 Vari assalti poi finse il mastro accorto 3.48.2 a gli steccati, a' muri, a' paschi, a l' acque; 3.48.3 e con viso vi feo pallido e smorto 3.48.4 le madri, a cui la vita allor dispiacque. 3.48.5 D' alto mirò ciascuna il figlio or morto 3.48.6 che tra nemici oppresso in terra giacque, 3.48.7 e 'l capo affisso a la nemica lancia; 3.48.8 e di pianto rigò l' arida guancia. 3.49.1 E varïò le imagini dolenti 3.49.2 d' altra piú vaga e piú superba istoria: 3.49.3 presi in battaglia fe' destrier' correnti, 3.49.4 onde il duce adornò lieta vittoria. 3.49.5 Né la notte oscurar con l' ombre algenti 3.49.6 di Boemondo può l' eterna gloria; 3.49.7 ché ne gli alti silenzi al cielo scuro, 3.49.8 ardendo gran cometa, ascende il muro. 3.50.1 Cittá presa, notturno orror, tumulto, 3.50.2 ruine, incendi e peste ancor dipinse; 3.50.3 e re fugace, anciso e non sepulto: 3.50.4 poi d' aspro assedio i nostri intorno ei cinse. 3.50.5 E quell' alto valor non tenne occulto, 3.50.6 ch' i Siri e i Persi e i Babiloni estinse. 3.50.7 Fuga, terror, lutto, e mal fido scampo 3.50.8 v' aggiunse; e correr feo di sangue il campo. 3.51.1 Di tai figure la sublime tenda, 3.51.2 e di rami di palme, o pur d' allori 3.51.3 par ch' intorno verdeggi, e 'n mezzo splenda; 3.51.4 pascendo gli occhi e i generosi cori. 3.51.5 Qui, pria che i messi il pio Goffredo intenda 3.51.6 dal re mandati, e come suol gli onori, 3.51.7 i duci invita, a cui tal luogo denno 3.51.8 gentil sangue, valor, possanza e senno. 3.52.1 Avanti la gran tenda al suolo affisse 3.52.2 gran lance, e tronchi aveano aurei e dipinti, 3.52.3 quai porteriano appena Ettore, Ulisse, 3.52.4 Aiace, Achille e gli altri a Troia estinti. 3.52.5 Scudi (come l' usanza altrui descrisse) 3.52.6 eran sublimi in cima a l' aste avvinti; 3.52.7 in cui pinto è leon, od orso, o drago, 3.52.8 delfino, aquila, cigno, od altra imago. 3.53.1 Qui accolto è 'l fior di quell' etate acerba: 3.53.2 altri punge i destrieri al corso e volve; 3.53.3 altri nel campo aperto, e nudo d' erba, 3.53.4 i carri aggira ne la densa polve. 3.53.5 Altri, con vista piú fiera e superba, 3.53.6 si corre incontra e l' arme rompe e solve: 3.53.7 e con varia fortuna in bella giostra, 3.53.8 ai duo messaggi il suo valor dimostra. 3.54.1 Ma vincitor nel periglioso arringo 3.54.2 Aristolfo il destrier giá volve e sprona; 3.54.3 e d' Aristolfo il nome al ciel solingo 3.54.4 vola, e fra mille trombe alto risuona. 3.54.5 Raimondo ed Aristolfo, e 'l gran fiammingo 3.54.6 dánno di nuova gloria alta corona. 3.54.7 Mirano i messi d' onorata parte 3.54.8 il valor peregrino, i modi e l' arte. 3.55.1 Ma poscia giunti anzi 'l regal cospetto 3.55.2 quei che chiamâro il suo, gran re de' regi, 3.55.3 vider Goffredo in un vestire schietto 3.55.4 seder fra duci e cavalieri egregi; 3.55.5 ché verace valor, ben che negletto, 3.55.6 di sé risplende e de' suoi propri fregi. 3.55.7 Picciol segno d' onor gli fece Argante, 3.55.8 in guisa pur d' uom grande e non curante. 3.56.1 Ma la destra si pose Alete al seno, 3.56.2 e piegò il capo e chinò a terra i lumi; 3.56.3 e, qual di riverenza e d' orror pieno, 3.56.4 mostrò grave umiltá d' alti costumi: 3.56.5 poi, quasi sciolto a la sua lingua il freno, 3.56.6 dolci versò de l' eloquenza i fiumi: 3.56.7 e perch' i Franchi han l' idïoma appreso 3.56.8 de la Soría, fu ciò ch' ei disse inteso. 3.57.1 -- O degno solo, a cui d' imperio i degni 3.57.2 siano or soggetti e le piú nobili alme, 3.57.3 ch' acquistâr sol per te provincie e regni, 3.57.4 ed ebber giá per te corone e palme; 3.57.5 il nome tuo, ch' oltre le mète e i segni 3.57.6 passa, qual nave suol che tutta spalme; 3.57.7 e quella fama, onde ha sonora tromba 3.57.8 il tuo invitto valor, fra noi rimbomba. 3.58.1 E lá oltra ond' il Nil d' alto caggendo 3.58.2 al suon de l' acque i suoi vicini assorda, 3.58.3 e dove non vien nube il sol coprendo, 3.58.4 né pioggia cade, o turbo in ciel discorda; 3.58.5 di te s' ascolta ancor (se il vero intendo) 3.58.6 fra gl' ignoti, e si parla, e si ricorda. 3.58.7 E stimo ch' ove il fiume asconde i fonti, 3.58.8 de la tua gloria pur si scriva e conti. 3.59.1 E se l' Indo l' ascolta e l' Etiòpo, 3.59.2 pur come suol gran meraviglia estrema; 3.59.3 qual sará, ch' in Pelusio od in Canopo, 3.59.4 o 'n Menfi o 'n Tebe mai l' asconda e prema? 3.59.5 Ma 'l re, che ti fu amico in maggior uopo, 3.59.6 di ciò s' allegra, onde altri ha invidia e tèma. 3.59.7 Ama il valore, e volontario elegge 3.59.8 teco unirsi d' amor, se non di legge. 3.60.1 Da sí bella cagion dunque sospinto, 3.60.2 l' amicizia e la pace a te richiede; 3.60.3 e 'l mezzo, onde l' un sia con l' altro avvinto, 3.60.4 è la virtú, s' esser non può la fede. 3.60.5 Ma, perché inteso avea che t' eri accinto 3.60.6 per assalir alfin quant' ei possede, 3.60.7 volse, pria ch' altro danno indi seguisse, 3.60.8 ch' a te la mente sua per noi s' aprisse. 3.61.1 E 'l suo pensiero è tal che sia contento 3.61.2 di quel c' hai corso e soggiogato in guerra; 3.61.3 tornando in Antiochia a passo lento, 3.61.4 senza turbar questa sua amica terra, 3.61.5 e 'l re, che sua vecchiezza e suo spavento 3.61.6 ne l' alte mura anco ristringe e serra: 3.61.7 e se gire al sepolcro ancor t' aggrada, 3.61.8 prendi il bordone, e lascia omai la spada. 3.62.1 Quanto è migliore e piú securo il varco, 3.62.2 ch' a' templi venerati apre la pace: 3.62.3 troppo la preda è periglioso incarco, 3.62.4 e 'l peregrino armato è troppo audace. 3.62.5 Contra gl' inermi qui saetta od arco 3.62.6 mai piú non s' adoprò da man rapace; 3.62.7 però il tuo ferro è il tuo medesmo risco: 3.62.8 perdon chiedo, signor, s' io troppo ardisco. 3.63.1 Perché gran cose in picciol tempo hai fatte, 3.63.2 né lunga etá fia ch' oscurar le possa: 3.63.3 cavalli in mar, navi per terra attratte, 3.63.4 l' onda ingombra e 'l terren di sangue e d' ossa: 3.63.5 eserciti, cittá prese e disfatte; 3.63.6 Africa spaventata, Asia percossa: 3.63.7 i regni soggiogati, i re dispersi, 3.63.8 vinti Cilici, Medi, Assiri e Persi. 3.64.1 Giunta è tua gloria al sommo; e per l' innanzi 3.64.2 fuggir l' incerte guerre a te conviene; 3.64.3 ch' ove tu vinca, sol un regno avanzi, 3.64.4 né 'l tuo nome maggior perciò diviene; 3.64.5 ma l' imperio acquistato e preso innanzi, 3.64.6 e l' onor perdi, se 'l contrario avviene. 3.64.7 Ben giuoco è di fortuna audace e stolto, 3.64.8 pôr contra al poco e dubbio, il certo e molto. 3.65.1 Ma 'l consiglio di tal cui forse or pesa 3.65.2 che tu gli acquisti a lungo andar conserve, 3.65.3 e l' aver sempre vinto in ogni impresa, 3.65.4 e quella brama che s' infiamma e ferve 3.65.5 e 'n magnanimo cor piú vive accesa, 3.65.6 d' aver le genti tributarie e serve; 3.65.7 far potrian vil la pace e vile il mezzo, 3.65.8 perch' onor trovi sdegno, anzi disprezzo. 3.66.1 Loderan via sublime e via solinga, 3.66.2 quasi dal cielo al tuo valore aperta, 3.66.3 perché la spada tu non lasci, o scinga, 3.66.4 a cui piú sempre ogni vittoria è certa; 3.66.5 fin che la nostra legge e noi ristringa 3.66.6 tra le Caucasee porte, o 'n piú deserta 3.66.7 e piú selvaggia terra. O dolci inganni, 3.66.8 de' miseri mortali eterni affanni! 3.67.1 Ma se l' affetto gli occhi a voi non benda, 3.67.2 né perturbando adombra alta ragione, 3.67.3 scorgerai ch' ove guerra inutil prenda, 3.67.4 hai di temer, non di sperar cagione: 3.67.5 ché Fortuna ha sua rota e sua vicenda, 3.67.6 mandandoci venture or triste, or buone; 3.67.7 e per troppo salir si smonta e spesso 3.67.8 a l' erta cima il precipizio è presso. 3.68.1 Dimmi: s' a' danni tuoi l' Egitto or move, 3.68.2 d' oro e d' arme possente e di consiglio, 3.68.3 e s' avvien che la guerra anco rinove 3.68.4 il Perso e 'l Turco e di Cassandro il figlio; 3.68.5 quai forze opporre al fèro assalto, o dove 3.68.6 fuga, riparo e scampo ha il tuo periglio? 3.68.7 T' affida forse Augusto? Augusto il greco, 3.68.8 lo qual da' sacri patti unito è teco? 3.69.1 La fede greca a chi non è palese? 3.69.2 Tu da un peccato sol tutt' altri impara; 3.69.3 anzi da mille pur, se mille ha tese 3.69.4 insidie a voi l' infida terra avara. 3.69.5 Dunque chi dianzi il passo a voi contese, 3.69.6 per voi la vita esporre or si prepara? 3.69.7 Chi fu scarso del cibo, or sará largo 3.69.8 del proprio sangue? a che parole io spargo? 3.70.1 Ma forse riponesti ogni speranza 3.70.2 in queste schiere, onde tu cinto or siedi: 3.70.3 e sovra que' congiunti aver possanza, 3.70.4 che sparsi giá vincesti, ancor ti credi: 3.70.5 se ben l' oste è giá scema, e piú t' avanza 3.70.6 d' opera e di periglio, e tu tel vedi: 3.70.7 e giá nuovo nemico a te s' accresce, 3.70.8 e gl' invitti coi vinti accoglie e mesce. 3.71.1 Or, se stimi del ciel legge fatale 3.71.2 che non ti possa il ferro vincer mai, 3.71.3 siati, signor, concesso; e siasi or tale 3.71.4 il decreto del ciel, qual tu tel fai: 3.71.5 vinceratti la fame; a questo male 3.71.6 qual refugio securo, o schermo avrai? 3.71.7 Vibri contra costei la lancia, e stringi 3.71.8 la spada, e la vittoria ancor ti fingi? 3.72.1 Ogni campo è d' intorno arso e distrutto; 3.72.2 e veder gli potrai nudi e fumanti: 3.72.3 e 'n chiuse mura e 'n alte torri è il frutto 3.72.4 riposto al tuo venir piú giorni avanti. 3.72.5 Tu, ch' ardito sin qui ti sei condutto, 3.72.6 ande speri nudrir cavalli e fanti? 3.72.7 Dirai: l' armata in mar cura ne prende. 3.72.8 Da' venti dunque il viver tuo dipende? 3.73.1 Comanda forse or tua fortuna a' venti? 3.73.2 Ed a sua voglia pur gli scioglie e lega? 3.73.3 E 'l mar, ch' a' preghi è sordo ed a' lamenti, 3.73.4 mutando stile, al tuo voler si piega? 3.73.5 O non potranno ancor le nostre genti, 3.73.6 e le Perse co' Turchi unite in lega, 3.73.7 tante navi e tai legni insieme accôrre 3.73.8 ch' a quel navigio tuo si possa opporre? 3.74.1 Doppia vittoria a te, signor, bisogna; 3.74.2 e 'n vario campo il gemino valore. 3.74.3 Una perdita, a voi danno e vergogna, 3.74.4 altrui può darne il trionfale onore. 3.74.5 Vinte le navi tue, che piú s' agogna, 3.74.6 se qui senza contesa il campo muore? 3.74.7 E se tu perdi qui, vano trofeo 3.74.8 potran drizzare i tuoi sul mare Egeo. 3.75.1 Spoglie aggiungere a spoglie e palma a palma, 3.75.2 e due trionfi unire in un sol tempo 3.75.3 convienti, o qui lasciar la cara salma, 3.75.4 e tardi far quel che non fai per tempo. 3.75.5 Ma tanto error non cade in nobil alma. 3.75.6 Or fa' gran senno, e 'l meglio eleggi a tempo; 3.75.7 perché l' Asia di lutto omai risorga, 3.75.8 e pace il frutto sia ch' a voi si porga. 3.76.1 Né voi, che del periglio e de l' affanno, 3.76.2 e de la gloria a lui sète consorti; 3.76.3 sí il vostro rischio amate, e 'l nostro danno, 3.76.4 che nuove guerre a provocar v' esorti. 3.76.5 Ma, qual nocchier che da fallace inganno 3.76.6 ridutti ha i legni a' desiati porti, 3.76.7 raccôr dovreste omai le sparse vele, 3.76.8 né fidarvi di novo al mar crudele.-- 3.77.1 Qui tacque Alete; e 'l suo parlar seguîro 3.77.2 con basso mormorar gl' illustri eroi; 3.77.3 e ben ne gli atti disdegnosi aprîro, 3.77.4 quanto ciascun quella proposta annoi. 3.77.5 Il capitan rivolse gli occhi in giro 3.77.6 una e due volte, e mirò in fronte i suoi; 3.77.7 e poi nel volto di colui gli tenne, 3.77.8 ch' appena il guardo e 'l suo splendor sostenne. 3.78.1 -- Messaggier, dolcemente a noi sponesti, 3.78.2 ora cortese, or minaccioso invito. 3.78.3 Se 'l tuo re m' ama, e loda i nostri gesti, 3.78.4 è sua mercede, e m' è l' amor gradito; 3.78.5 ma perché poscia minacciar volesti 3.78.6 la guerra a noi di mezzo il mondo unito, 3.78.7 risponderò, senza temer gran turba, 3.78.8 che l' uom che spera in Dio nulla perturba. 3.79.1 Sappi che tanto abbiam sinor sofferto, 3.79.2 in mare, e 'n terra, a l' aria chiara e scura, 3.79.3 sol perché fosse il dubbio calle aperto 3.79.4 a queste sacre e venerabil' mura; 3.79.5 per acquistar grazia divina e merto 3.79.6 togliendo lor da servitú sí dura. 3.79.7 Né mai grave ne fia per fin sí degno 3.79.8 esporre onor mondano e vita e regno. 3.80.1 Ché non ambizïosi avari affetti 3.80.2 ne spronâro a l' impresa e ne fûr guida. 3.80.3 Sgombri il Padre del ciel da' nostri petti 3.80.4 peste sí rea, se in alcun pur s' annida: 3.80.5 né soffra che l' asperga, o che l' infetti 3.80.6 di venen dolce che piacendo ancida: 3.80.7 ma la sua man, ch' i duri cor penétra, 3.80.8 soavemente gli ammollisce e spetra, 3.81.1 questa ha noi mossi, e questa ha noi condutti, 3.81.2 tratti d' ogni periglio e d' ogn' impaccio: 3.81.3 questa fa piani i monti, i fiumi asciutti, 3.81.4 l' ardor toglie a l' estate, al verno il ghiaccio: 3.81.5 placa del mare i tempestosi flutti, 3.81.6 chiude il carcere a' venti e stringe il laccio: 3.81.7 quinci son l' alte mura aperte ed arse, 3.81.8 quinci l' armate schiere uccise e sparse. 3.82.1 Quinci ardire e speranza in tutti or nasce, 3.82.2 non da le frali nostre forze e stanche, 3.82.3 non da le navi, e non da quante or pasce 3.82.4 genti la Grecia, o da Germane e Franche. 3.82.5 Pur ch' ella mai non ci abbandoni e lasce, 3.82.6 non debbiamo curar ch' altri ci manche. 3.82.7 Chi sa come difende, e come fére, 3.82.8 soccorso a' suoi perigli altro non chere. 3.83.1 E ci giova sperar ch' a noi rivolga 3.83.2 gli occhi suoi, per sua grazia, il Re superno; 3.83.3 e 'n veder serva la cittá si dolga 3.83.4 ov' ebbe a sofferir tormento e scherno: 3.83.5 e scuota il duro giogo, e i lacci sciolga 3.83.6 che le circonda il tenebroso inferno; 3.83.7 perché non resti il loco in vil servaggio, 3.83.8 ov' egli il mondo liberò d' oltraggio. 3.84.1 Ma quando ei di vittoria al fin ci privi 3.84.2 per gli error nostri, o per giudíci occulti, 3.84.3 chi fia ch' aver sepolcro o fugga, o schivi, 3.84.4 lá 've i suoi membri giá lasciò sepulti? 3.84.5 Né giá morendo invidia avremo a' vivi; 3.84.6 né morrem senza gloria, o pur inulti; 3.84.7 né l' Asia riderá del nostro pianto: 3.84.8 ché la morte ha corone e palme e canto. 3.85.1 Ma se tanto il tuo re la pace apprezza, 3.85.2 non offra pace vergognosa e grave: 3.85.3 però che tal da noi s' abborre e sprezza 3.85.4 piú che la guerra non si fugge o pave; 3.85.5 comandi a gente a l' ubbidire avvezza, 3.85.6 ch' altro re non conosce, altro non ave; 3.85.7 e possedendo i propri regni a queto, 3.85.8 non faccia in santa impresa a noi divieto.-- 3.86.1 Cosí rispose; e di pungente rabbia 3.86.2 la risposta ad Argante il cor trafisse. 3.86.3 Né 'l celò giá, ma con enfiate labbia 3.86.4 si trasse avanti al sommo duce e disse: 3.86.5 -- Chi la pace non vuol, la guerra s' abbia, 3.86.6 ché non mancan giammai discordie e risse: 3.86.7 e ben la pace ricusar tu mostri, 3.86.8 se non cangi sentenza a' detti nostri.-- 3.87.1 Indi per l' aureo lembo il manto ei prese; 3.87.2 curvollo e fenne un seno, e 'l seno sporto, 3.87.3 cosí pur anco a ragionar riprese, 3.87.4 vie piú che prima dispettoso e torto: 3.87.5 -- O vincitor de le piú dubbie imprese, 3.87.6 e guerra e pace in questo sen t' apporto: 3.87.7 tua sia l' elezïone; or ti consiglia 3.87.8 senz' altro indugio, e qual piú vuoi ti piglia.-- 3.88.1 L' atto fèro e 'l parlar tutti commosse 3.88.2 a chiamar guerra in un concorde grido, 3.88.3 non attendendo che risposto fosse 3.88.4 dal magnanimo lor duce Goffrido. 3.88.5 Spiegò quel fèro il seno, e 'l manto scosse, 3.88.6 dicendo:-- A guerra piú mortal vi sfido.-- 3.88.7 E 'l disse in atto sí feroce ed empio, 3.88.8 che parve aprir di Giano il chiuso tempio. 3.89.1 Parve aprirlo al furor sanguigno, a l' onte 3.89.2 ed a Bellona, del flagel non parca, 3.89.3 e ch' abbia notte ne l' orribil fronte, 3.89.4 e ne gli occhi le furie, e 'n man la parca. 3.89.5 Tal era quel che monte impose a monte, 3.89.6 o chi torre drizzò d' error sí carca: 3.89.7 e 'n cotal atto il rimirò Babelle 3.89.8 alzar la destra e minacciar le stelle. 3.90.1 Soggiunse allor Goffredo:-- Or parti, e narra 3.90.2 al tuo signor che di venir s' affretti; 3.90.3 né ricerchiamo altra promessa od arra, 3.90.4 perché la guerra entro 'l suo Nilo aspetti.-- 3.90.5 Ambo preser congedo, Argante inarra 3.90.6 dura notte co 'l ciel, co' propri affetti, 3.90.7 e co 'l proprio voler, che sí lo sferza, 3.90.8 ch' il destrier non avrá piú dura sferza. 3.91.1 Indi, vòlto al compagno, è da lui ditto: 3.91.2 -- Pur ce n' andrem, come pensasti, omai; 3.91.3 io a Gerusalemme, e tu in Egitto; 3.91.4 tu co 'l sol nuovo, io co' notturni rai; 3.91.5 ch' uopo di mia presenza, o pur di scritto, 3.91.6 esser non può colá dove tu vai. 3.91.7 Rendi tu la risposta; io dilungarmi 3.91.8 non vo' dal padre, e da' consigli ed armi.-- 3.92.1 Cosí di messaggier fatto è nemico; 3.92.2 sia fretta intempestiva, o sia matura, 3.92.3 la ragion de le genti, o l' uso antico 3.92.4 s' offenda o no, poco ei vi pensa, o 'l cura. 3.92.5 Senza indugiar va col silenzio amico 3.92.6 de la tacita luna, a l' alte mura, 3.92.7 lasciando quelle d' Emaus a tergo, 3.92.8 e sprezzando le piume e 'l fido albergo. 3.93.1 Era la notte allor ch' alto riposo 3.93.2 han le onde e i venti, e parea muto il mondo: 3.93.3 gli animai lassi, e quei che il mare ondoso 3.93.4 o de' liquidi laghi alberga il fondo, 3.93.5 e chi si giace in tana, o 'n mandra ascoso, 3.93.6 e i pinti augelli ne l' oblio profondo, 3.93.7 sotto il silenzio de' secreti orrori 3.93.8 sopian gli affanni e raddolciano i cori. 3.94.1 Ma né Franco guerrier, né Franco duca 3.94.2 si discioglie nel sonno, o almen s' acqueta; 3.94.3 tanto e tale è 'l desio ch' in ciel riluca 3.94.4 omai l' aurora rugiadosa e lieta, 3.94.5 che lor mostri il cammino, e lor conduca 3.94.6 a la cittá ch' è quasi eccelsa meta. 3.94.7 Mirano ad or ad or se raggio alcuno 3.94.8 rischiara l' orïente oscuro e bruno.
CANTO IV
4.1.1 Giá l' alba messaggera in cielo è desta, 4.1.2 quasi annunzi ai mortali: Or vien l' aurora. 4.1.3 Ella s' adorna intanto e l' aurea testa 4.1.4 di rose còlte in Paradiso infiora: 4.1.5 quando ogni schiera ch' al vïaggio è presta 4.1.6 lunge in voce s' udiva alta e sonora; 4.1.7 e tra corni e tamburi e 'l suon de l' arme, 4.1.8 le trombe risonar col fiero carme. 4.2.1 Il saggio capitan con dolce morso 4.2.2 i desiderii lor guida e seconda; 4.2.3 che piú agevol saria svolger il corso 4.2.4 presso Cariddi e la volubil onda, 4.2.5 o tardar Borea, allor che scote il dorso 4.2.6 de l' Apennino e i legni in mare affonda. 4.2.7 Gli ordina e muove e drizza; e 'n suon gli regge 4.2.8 rapido sí, ma rapido con legge. 4.3.1 Ali ha ciascuno al core ed ali al piede 4.3.2 né del suo ratto andar però s' accorge. 4.3.3 Ma, quando il sole i campi infiamma e fiede 4.3.4 con piú fervidi raggi e 'n alto sorge, 4.3.5 ecco apparir Gerusalem si vede, 4.3.6 ecco additar Gerusalem si scorge: 4.3.7 ecco si grida omai, non si bisbiglia, 4.3.8 del gran Sion la nubilosa figlia. 4.4.1 Cosí di naviganti audace stuolo, 4.4.2 che muova a ricercare estranio lido, 4.4.3 e 'n dubbio mare e sotto ignoto polo 4.4.4 provi spesso il furor del vento infido; 4.4.5 s' alfin discopre il desiato suolo, 4.4.6 il saluta lontan con lieto grido: 4.4.7 e l' uno e l' altro il mostra, e 'ntanto oblia 4.4.8 la noia e 'l mal de la passata via. 4.5.1 Col gran piacer che quella prima vista 4.5.2 dolcemente spirò ne l' altrui petto, 4.5.3 riverenza e pietate insieme è mista, 4.5.4 come si mesce l' un con l' altro affetto. 4.5.5 Osano appena d' innalzar la vista 4.5.6 ver' la cittá di Cristo albergo eletto; 4.5.7 dove morí, dove sepolto ei giacque, 4.5.8 dove le membra rivestir gli piacque. 4.6.1 Sommessi accenti e timide parole, 4.6.2 rotti singulti e flebili sospiri 4.6.3 de la gente, ch' in un s' allegra e dole, 4.6.4 fan che per l' aria un mormorio s' aggiri 4.6.5 qual ne le folte selve udir si suole, 4.6.6 dove Austro giunga sibilando, e spiri: 4.6.7 o qual, spezzato infra gli scogli e i lidi, 4.6.8 freme e si lagna il mar con rauchi stridi. 4.7.1 Premevan, nudi il piè, l' erto sentiero, 4.7.2 ché l' esempio de' primi altrui commove. 4.7.3 Piuma ch' alto si sparga, o pur cimiero 4.7.4 superbo dal suo capo ognun rimove; 4.7.5 e 'nsieme del suo cor l' abito altero 4.7.6 depone, e calde e pie lacrime ei piove. 4.7.7 Pur quasi al pianto abbia la via rinchiusa, 4.7.8 ver' Dio parlando, ognun se stesso accusa. 4.8.1 -- Dunque, ove tu di sanguinosi rivi 4.8.2 il terreno, o Signor, lasciasti asperso, 4.8.3 d' amaro pianto almen due fonti vivi 4.8.4 in sí acerba memoria oggi non verso? 4.8.5 O mio gelido cor, ché non derivi 4.8.6 per gli occhi, e stilli in lacrime converso? 4.8.7 Duro mio cor, ché non ti rompi e frangi? 4.8.8 Pianger ben merti ognor, s' ora non piangi.-- 4.9.1 Di cotai voci intorno il ciel risuona, 4.9.2 ed ogni cor s' intenerisce e spetra: 4.9.3 e mentre oltraggi ed onte altrui perdona, 4.9.4 a' propri falli suoi perdono impetra. 4.9.5 Ma Dio co' propri detti anco ragiona, 4.9.6 che sono strali pur di sua faretra: 4.9.7 ei, l' arme saettando, entro percuote; 4.9.8 di fuor le lingue scioglie in sacre note. 4.10.1 --Sorgi, Gerusalem, co' raggi illustri, 4.10.2 perch' il tuo lume e l' altrui gloria or viene; 4.10.3 la gloria del Signore onde t' illustri 4.10.4 nasce, e fa queste parti omai serene. 4.10.5 Ecco dopo tant' anni e tanti lustri 4.10.6 che l' ombre e le caligini terrene 4.10.7 i popoli coprîr ne l' Orïente, 4.10.8 de la gloria divina il sol nascente. 4.11.1 Alza gli occhi dolenti e 'ntorno gira 4.11.2 tutti questi per te giá fûro accolti, 4.11.3 tutti vengon per te; fra lor rimira 4.11.4 i figli tuoi de' lacci antichi sciolti. 4.11.5 Qual gioia avrai (s' il vero a noi s' inspira) 4.11.6 quando i popoli a te vedrai rivolti, 4.11.7 e le genti sí fère e sí diverse, 4.11.8 piú che del mar le arene, a te converse? 4.12.1 Quasi un diluvio allor fia che t' inonde 4.12.2 d' uomini e d' animai con varia salma, 4.12.3 che i monti copriranno, e l' alte sponde, 4.12.4 insin lá dove legno in mar si spalma. 4.12.5 E tu lieta côrrai le verdi fronde 4.12.6 de la tua oliva, e de la sacra palma: 4.12.7 e le immagini d' oro, e i maschi incensi 4.12.8 vedransi a Dio fumar nel tempio accensi. 4.13.1 Ma ora chi son questi i quai volando 4.13.2 vanno, in guisa di nube o di colomba? 4.13.3 Me aspettan le navi, in cui solcando 4.13.4 l' acqua n' andrò, ch' al suono alto rimbomba, 4.13.5 e l' isole del mar: ma come, o quando 4.13.6 raccôrrò i figli sparsi a suon di tromba, 4.13.7 portando oro ed argento onde consacri 4.13.8 al tuo Signore i templi ed i simolacri? 4.14.1 Edificar le tue cadute mura 4.14.2 figli vedrai di peregrini egregi, 4.14.3 e quando avrò di te pietade e cura, 4.14.4 di servi in atto e di ministri i regi: 4.14.5 e le porte aprirai tutta secura 4.14.6 a valorose genti e duci egregi: 4.14.7 né gente fia né re, che si dia vanto 4.14.8 di non servirti, il qual non pèra intanto. 4.15.1 Libano a te concederá la gloria 4.15.2 de l' abete, del busso e del suo pino, 4.15.3 perché s' adorni con pietosa istoria 4.15.4 il tempio sacro al tuo Signor divino. 4.15.5 Vedrai 'l superbo in chiara alta vittoria 4.15.6 a te venirne riverente e chino, 4.15.7 l' orma adorando de' suoi piedi impressa, 4.15.8 e chiamarti di Dio cittá promessa. 4.16.1 Cittá deserta un tempo ed odïosa, 4.16.2 non era chi per te volgesse il passo: 4.16.3 or sarai terra lieta e glorïosa, 4.16.4 ch' ogni regno terren vedrai piú basso. 4.16.5 E 'n guisa di regina alta e di sposa, 4.16.6 t' adornerò, lasciando il ferro e 'l sasso; 4.16.7 e 'n quella vece in te l' argento e l' oro 4.16.8 splender farò con piú sottil lavoro. 4.17.1 Pace avrai pur dopo continua guerra, 4.17.2 e giustizia con lei dentro e d' intorno. 4.17.3 Piú non udrassi rimbombar la terra 4.17.4 de le tue colpe, e d' uno e d' altro scorno. 4.17.5 Non fia 'l tuo lume quel che varia ed erra, 4.17.6 o di luna o di sol la notte e 'l giorno; 4.17.7 lume che scema e cresce, e sale e scende. 4.17.8 Io sarò il sol ch' eterno in te risplende.-- 4.18.1 Fra gl' infedeli intanto un uom che guarda 4.18.2 antica torre, e scopre i monti e i campi, 4.18.3 la giá minuta polve alzarsi guarda 4.18.4 onde par che gran nube in aria stampi: 4.18.5 par che baleni il nuvol denso ed arda, 4.18.6 come fiamme nel sen rinchiuda e lampi: 4.18.7 poi lo splendor de' lucidi metalli 4.18.8 distingue, e scerne gli uomini e i cavalli. 4.19.1 Allor gridava:-- Oh qual per l' aria stesa 4.19.2 polvere i' veggio! oh come par che splenda! 4.19.3 Pronti correte a l' arme, a la difesa, 4.19.4 a le porte, a le mura! ognun v' ascenda, 4.19.5 giá presente è il nemico.-- E poi, ripresa 4.19.6 tal voce:-- Ognun s' affretti e l' arme or prenda. 4.19.7 Ecco, il nemico è qui: mira la polve, 4.19.8 che ne l' oscura nebbia il cielo involve.-- 4.20.1 I semplici fanciulli e i vecchi inermi, 4.20.2 e 'l vulgo de le donne sbigottite, 4.20.3 che non sanno ferir né fare schermi, 4.20.4 supplicando ingombrâr l' alte meschite. 4.20.5 Gli altri di corpo e d' animo piú fermi 4.20.6 giá frettolosi l' armi avean rapite. 4.20.7 Altri a le porte, altri a le mura accorre, 4.20.8 e siede il re ne la piú eccelsa torre. 4.21.1 Scorre d' intorno Argante e 'l capo ignudo, 4.21.2 dopo tanti anni, a' suoi vicini mostra: 4.21.3 altri gli porta l' elmo, altri lo scudo, 4.21.4 altri la lancia ond' è temuto in giostra, 4.21.5 E dire udia: «Questi a' nemici è crudo, 4.21.6 pietoso a' suoi: muro e difesa nostra». 4.21.7 Ei fra gli altri fratelli alto si scopre, 4.21.8 Antivede, comanda, affretta a l' opre. 4.22.1 Ma giá Clorinda incontra a' Franchi er' ita, 4.22.2 lui permettendo, a la sua schiera avante: 4.22.3 e in altra parte, ond' è improvvisa uscita, 4.22.4 sta preparato a la riscossa Argante. 4.22.5 L' altera donna i suoi guerrieri invita 4.22.6 co' detti e col magnanimo sembiante: 4.22.7 -- Ben con alto principio a noi conviene 4.22.8 (dicea) fondar de l' Asia oggi la spene.-- 4.23.1 Mentre ragiona a' suoi, non lunge scorse 4.23.2 gl' Italici condur prigioni e preda: 4.23.3 ch' un loro stuolo a depredar precorse; 4.23.4 or con gregge ed armenti avvien che rieda. 4.23.5 Ella verso i nemici ardita corse, 4.23.6 ch' incerti son quel che di ciò succeda. 4.23.7 Gardo è chiamato il duce, uom di gran possa, 4.23.8 ma non sostenne la crudel percossa. 4.24.1 Gardo a quel duro scontro è spinto a terra 4.24.2 in su gli occhi de' Franchi e de' pagani; 4.24.3 i pastori gridâr, di quella guerra 4.24.4 lieti auguri prendendo, i quai fûr vani. 4.24.5 Addosso a gli altri ella si spinge e serra, 4.24.6 scesa da' monti ne gli aperti piani; 4.24.7 seguîrla i suoi per la sanguigna strada 4.24.8 che s' apria co 'l destriero e con la spada. 4.25.1 Tosto la preda al predator ritoglie, 4.25.2 cedendo il cavaliero a poco a poco, 4.25.3 tanto ch' in cima a un colle ei si raccoglie, 4.25.4 ove aiutate son l' arme dal loco. 4.25.5 Allor, sí come turbine si scioglie, 4.25.6 o da le nubi cade acceso il foco, 4.25.7 mosse Tancredi il qual pur dianzi giunse, 4.25.8 e giorno a notte faticosa aggiunse. 4.26.1 Mentre la notte avea con l' ali sue 4.26.2 fatta la terra tenebrosa e bruna, 4.26.3 con la sua fida schiera intento ei fue 4.26.4 a liberar di man d' empia fortuna 4.26.5 il loco in cui, fra l' asinello e 'l bue, 4.26.6 il Re del ciel degnò l' umil sua cuna: 4.26.7 ora il valor, che piú d' un chiaro lampo 4.26.8 splendea ne l' ombra, appar nel fèro campo. 4.27.1 Ma giá Clorinda ad incontrar l' assalto 4.27.2 vien di Tancredi, e pon la lancia in resta. 4.27.3 Ferîrsi ambo ne gli elmi, e i tronchi in alto 4.27.4 volâro; ed ella ignuda il viso resta; 4.27.5 ché rotto ha l' elmo suo, quasi d' un salto, 4.27.6 i duri lacci: egli le uscío di testa, 4.27.7 e le chiome dorate a l' aria sparse, 4.27.8 giovine donna in duro campo apparse. 4.28.1 Lampeggiâr gli occhi, e folgorâr gli sguardi, 4.28.2 dolci ne l' ira; or che sarian nel riso? 4.28.3 A che pensi Tancredi? or che pur guardi? 4.28.4 non riconosci tu l' amato viso? 4.28.5 Quello è il bel volto, onde t' infiammi ed ardi 4.28.6 ne la vittoria, e sei d' amor conquiso. 4.28.7 Questa è colei che tu lavar la fronte 4.28.8 vedesti giá nel solitario fonte. 4.29.1 Ei, ch' a la fèra ed al disteso artiglio, 4.29.2 non la conobbe, or lei veggendo, impètra; 4.29.3 ella fa del suo scudo, in quel periglio, 4.29.4 sua difesa, e l' assale; ed ei s' arretra: 4.29.5 e fa ne gli altri il ferro allor vermiglio, 4.29.6 né da lei pace, per ritrarsi, impetra, 4.29.7 che minacciosa il segue, e: Volgi, grida, 4.29.8 e di due morti il cavalier disfida. 4.30.1 Ma percosso da lei non ripercote, 4.30.2 ed appena fa schermo e si difende, 4.30.3 mentre i begli occhi e le vermiglie gote 4.30.4 rimira, ond' arco invano amor non tende, 4.30.5 fra sé dicea:-- Lievi percosse, o vòte 4.30.6 son talor quelle onde la destra offende; 4.30.7 ma colpo mai dal bello ignudo volto 4.30.8 non cade in fallo, e sempre il cor m' è còlto.-- 4.31.1 Pensa alfin discoprir la interna piaga, 4.31.2 per non morir tacendo occulto amante. 4.31.3 Vuol ch' ella sappia ch' uom giá vinto impiaga, 4.31.4 giá preso, e del suo sdegno omai tremante. 4.31.5 E le dicea.-- Donna sdegnosa e vaga 4.31.6 de la mia morte, e troppo in ciò costante, 4.31.7 usciam di schiera e sazia allor tue voglie, 4.31.8 se brami aver di me l' ultime spoglie. 4.32.1 Cosí me' si vedrá s' al tuo s' agguaglia 4.32.2 il mio valore.-- Ella accettò l' invito, 4.32.3 e, come piú de l' elmo a lei non caglia, 4.32.4 gía baldanzosa, egli seguia smarrito. 4.32.5 Recossi in atto di crudel battaglia 4.32.6 l' alta guerriera, e giá l' avea colpito, 4.32.7 quand' egli:-- Ferma, disse, e siano or fatti 4.32.8 anzi la pugna de la pugna i patti.-- 4.33.1 Ella fermossi; e lui parlando audace 4.33.2 fece in quel giorno il disperato amore. 4.33.3 -- I patti sian (dicea), se tregua o pace 4.33.4 meco non vuoi, che tu mi tragga il core: 4.33.5 il mio cor, non piú mio, s' a te dispiace 4.33.6 ch' egli meco piú viva, or lieto muore; 4.33.7 è tuo gran tempo; e tempo è omai che trarlo 4.33.8 a me tu possa; e non degg' io negarlo. 4.34.1 Ecco, le braccia inchino e t' appresento 4.34.2 senza difesa il petto: or ché non fiedi? 4.34.3 vuoi ch' agevoli l' opra? io son contento 4.34.4 trarmi l' usbergo or or, se nudo il chiedi.-- 4.34.5 Distinguea forse in piú lungo lamento 4.34.6 i suoi dolori il misero Tancredi; 4.34.7 ma sovraggiunse impetuosa calca 4.34.8 che di quel ragionar molto diffalca. 4.35.1 Cedea cacciato e non cedeva invano 4.35.2 il Turco e 'l Siro, o timor fosse od arte. 4.35.3 Un de' persecutori, uomo inumano, 4.35.4 vide a lei ventilar le chiome sparte; 4.35.5 e da tergo, in passando, alzò la mano 4.35.6 per ferir la sua bella ignuda parte; 4.35.7 ma Tancredi gridò (ché ben s' accorse) 4.35.8 e con la spada a quel gran colpo occorse. 4.36.1 Ma pur ne' bianchi e teneri confini 4.36.2 l' eburno collo il cavalier ferille. 4.36.3 Fu levissima piaga, e i biondi crini 4.36.4 rigati fûr da le purpuree stille, 4.36.5 come l' òr che di smalti o di rubini, 4.36.6 per man d' egregio mastro, a' rai scintille. 4.36.7 Disdegnando Tancredi allor si spinse 4.36.8 addosso a quel villano, e 'l ferro strinse. 4.37.1 Quel si dilegua, e questo acceso d' ira 4.37.2 il segue come vento o come strale: 4.37.3 sospesa ella riman perché gli mira 4.37.4 lontani molto, né seguir le cale: 4.37.5 ma co' suoi fuggitivi il piè ritira: 4.37.6 talor mostra la fronte e i Franchi assale: 4.37.7 or si volge, or rivolge; or fugge, or fuga; 4.37.8 né si può dir la sua caccia né fuga. 4.38.1 Cosí tauro talor ne l' ampio agone 4.38.2 se volge a' cani le sue dure corna, 4.38.3 s' arretran quelli; e, s' a fuggir si pone, 4.38.4 ciascun latrando ad assalire il torna. 4.38.5 Clorinda nel fuggir da tergo oppone 4.38.6 lo scudo a' colpi in su la testa adorna: 4.38.7 tal ne' giuochi africani il capo e 'l dorso 4.38.8 l' uom copre in fuga alterna, e 'n dubbio corso. 4.39.1 Giá questi seguitando e quei fuggendo, 4.39.2 fatto veloci avean ritroso calle, 4.39.3 quando alzâro i pagani un grido orrendo, 4.39.4 ratto conversi in tenebrosa valle: 4.39.5 e fecero un gran giro, e poi volgendo 4.39.6 tentâro a' Franchi di ferir le spalle: 4.39.7 e 'ncontra Argante da superba costa 4.39.8 con la gente apparia pur dianzi ascosta. 4.40.1 Uscí di stuolo il cavalier superbo, 4.40.2 e del primo percosso onore agogna, 4.40.3 e dice:-- Ad altro corpo io nol riserbo;-- 4.40.4 quel non ode, morendo, agra rampogna. 4.40.5 Né parve meno agli altri il tronco acerbo; 4.40.6 ma n' ebbe alcun la morte, altri vergogna: 4.40.7 e poi che ruppe il sanguinoso cerro, 4.40.8 trasse contra a' nemici, e strinse il ferro. 4.41.1 Clorinda a prova avea d' alma e di vita 4.41.2 Ardelio privo, uom giá d' etá matura, 4.41.3 ma di forte vecchiezza e ben munita: 4.41.4 e pur tra' figli suoi non fu secura; 4.41.5 ch' Alcandro, il maggior figlio, aspra ferita 4.41.6 tolse da sí pietosa e nobil cura; 4.41.7 e Poliferno ancise al padre appresso 4.41.8 l' istessa spada e quasi il colpo istesso. 4.42.1 Ma Tancredi, da poi ch' egli non giunge 4.42.2 quel suo, che piú il cavallo avea corrente, 4.42.3 rivolge addietro e vede incauta e lunge 4.42.4 troppo trascorsa l' animosa gente; 4.42.5 vedela circondata, e 'l destrier punge, 4.42.6 volgendo il freno, e lá s' invia repente: 4.42.7 né solo di sua aita i suoi sovvenne, 4.42.8 ch' altri il seguîr come s' avesser penne. 4.43.1 Quei de gli scelti eroi nobil drappello, 4.43.2 che sempre a tutti i rischi ardito move. 4.43.3 Riccardo il piú feroce, anzi il piú bello 4.43.4 tutti precorre a l' animose prove, 4.43.5 e tra gli altri parea sublime augello, 4.43.6 lo qual rinfreschi aspre saette a Giove: 4.43.7 e disser quei ch' in lui fissâr lo sguardo: 4.43.8 -- Eccoti il domator d' ogni gagliardo. 4.44.1 Questi ha nel pregio de la spada eguali 4.44.2 pochi, o nessuno; e giovinetto è ancora. 4.44.3 Se fosser tra' nemici altri sei tali, 4.44.4 tutta Soría giá vinta e serva or fòra; 4.44.5 e l' Africa arenosa, e i regni australi, 4.44.6 e quei suggetti a la nascente aurora: 4.44.7 né 'l capo al giogo ascosto il Nil terrebbe 4.44.8 in sua latebra, onde sí occulto ei crebbe.-- 4.45.1 Cosí dicendo, omai vedean lá sotto, 4.45.2 come la strage ad or ad or s' ingrosse, 4.45.3 ché Riccardo e 'l compagno il cerchio han rotto, 4.45.4 benché d' uomini denso e d' arme ei fosse: 4.45.5 e poi lo stuol dal capitan condotto 4.45.6 vi giunse, ed aspramente anco il percosse: 4.45.7 e quivi il gran Riccardo a morte diede 4.45.8 Belfengo, del tiranno il quarto erede. 4.46.1 E seco Raboan, Drodec e Ronca, 4.46.2 Perildo, Rabael, Furospe e Perno, 4.46.3 l' un sopra l' altro abbatte, ancide e tronca, 4.46.4 fidi ministri giá d' empio governo; 4.46.5 ch' or dove bolle la tartarea conca 4.46.6 seguono il duce al tenebroso Inferno: 4.46.7 Argante in altro lato, in mezzo al sangue 4.46.8 cade; e, mentre egli freme, il destrier langue. 4.47.1 Come talor ne l' arenose piagge 4.47.2 camelo, da la salma oppresso e carco, 4.47.3 o 'n parti piú solinghe e piú selvagge 4.47.4 grand' elefante è giá caduto al varco; 4.47.5 cosí giacendo, a pena il piè sottragge, 4.47.6 dopo molta fatica, al grave incarco: 4.47.7 indi tardo e gravoso antica sponda 4.47.8 sembra al furor che quasi a tergo inonda. 4.48.1 Clorinda seco ascende a passi lenti, 4.48.2 e quello impeto frange e sí il reprime, 4.48.3 che de le sbigottite e sparse genti 4.48.4 quelle secure andâr che fuggían prime; 4.48.5 segue con spirti il buon Guidone ardenti 4.48.6 i fuggitivi e 'l fier Tigrane opprime 4.48.7 con l' urto del cavallo e con la spada 4.48.8 fa che scemo del capo a terra ei cada. 4.49.1 Né giova ad Algazzare il forte usbergo, 4.49.2 ned a Corban robusto il fino elmetto, 4.49.3 ch' in guisa lor ferí la nuca e 'l tergo, 4.49.4 che ne passò la piaga al viso, al petto. 4.49.5 E per sua mano ancor del caro albergo 4.49.6 l' alma uscí d' Amurate, e di Meemetto: 4.49.7 e, sentendone Argante il lampo e 'l fischio, 4.49.8 ne gli occhi aveva e ne gli orecchi il rischio. 4.50.1 Onde freme in se stesso, e pur talvolta 4.50.2 si ferma e volge, e poi cede pur anco: 4.50.3 alfin cosí improvviso a lui si volta, 4.50.4 e di cotal percossa il giunge al fianco, 4.50.5 che dentro il ferro vi s' immerge, e tolta 4.50.6 è dal colpo la vita al duce Franco. 4.50.7 Cade, e i lumi, ch' a pena aprir si ponno, 4.50.8 dura quïete preme e ferreo sonno. 4.51.1 Gli aprí tre volte, e i dolci rai nel cielo 4.51.2 cercò del sole, e sopra un braccio alzarsi; 4.51.3 e tre volte ricadde, e fosco velo 4.51.4 gli occhi adombrò, che stanchi alfin serrârsi; 4.51.5 si dissolvono i membri, e mortal gelo 4.51.6 rigidi fatti e di sudor gli ha sparsi. 4.51.7 Sovra l' estinto il cavalier feroce 4.51.8 non si fermò, ma trascorrea veloce. 4.52.1 Ben che seguir l' alpestra via non cessa, 4.52.2 si volge a' Franchi, e dice:-- O cavalieri, 4.52.3 questo sanguigna spada è quella stessa, 4.52.4 ch' il Signor vostro disprezzò pur ieri: 4.52.5 ignudo la vedrá, se mai s' appressa, 4.52.6 cinto di squadre e de' suoi duci altieri; 4.52.7 e perch' io pur la ripolisca e terga, 4.52.8 fia che di nuovo sangue ancor s' asperga. 4.53.1 Ditegli che vederne omai s' aspetti 4.53.2 in se stesso e ne' suoi piú certa prova; 4.53.3 e quando d' assalirne ei non s' affretti, 4.53.4 verrò, non aspettato, ov' ei si trova.-- 4.53.5 De la superba fuga i fèri detti 4.53.6 tutti i cristiani avean commossi a prova, 4.53.7 ma con gli altri s' accoglie omai securo 4.53.8 sotto la guardia de l' amico muro. 4.54.1 Grando e tempesta di rotonde pietre, 4.54.2 folta e sonora incominciò da l' alto; 4.54.3 vòtano i difensori archi e faretre, 4.54.4 tingendo il fosso di sanguigno smalto; 4.54.5 e forza è pur ch' alquanto omai s' arretre 4.54.6 l' italico valor dal fèro assalto, 4.54.7 mentre discende la sassosa pioggia 4.54.8 da mura e torri in disusata foggia. 4.55.1 Ma i suoi conforta il gran Riccardo, e grida: 4.55.2 -- Or quale indugio è questo? e che s' aspetta? 4.55.3 poi ch' è morto il signor ch' a noi fu guida, 4.55.4 ché non corriamo a vendicarlo in fretta? 4.55.5 e non facciam nel barbaro omicida 4.55.6 del nostro duce estinto aspra vendetta? 4.55.7 Basta una scala omai, senz' altre scale, 4.55.8 dove invitto valor ascende e sale. 4.56.1 Non se di ferro doppio, o d' adamante 4.56.2 la porta e 'l muro impenetrabil fosse, 4.56.3 colá dentro securo il crudo Argante 4.56.4 s' asconderia da le contrarie posse. 4.56.5 Cominciam pur l' impresa.-- Ei solo avante 4.56.6 a tutti gli altri a guerreggiar si mosse; 4.56.7 ché nulla teme la secura testa 4.56.8 o di sassi o di strai nembo o tempesta. 4.57.1 E crollando la fronte, alza la faccia 4.57.2 piena di sí terribile ardimento, 4.57.3 che sin dentro a le mura i cori agghiaccia 4.57.4 ai difensor d' insolito spavento: 4.57.5 mentre egli altri rincora, altri minaccia, 4.57.6 non si mostra al salir pensoso o lento; 4.57.7 ma tutte le difese atterra e spezza 4.57.8 che trova incontra, e vincitor disprezza. 4.58.1 E varca l' ampio fosso e 'l pigro stagno 4.58.2 e 'l primo muro minaccioso in vista; 4.58.3 e 'l seguîr molti, oltra 'l fedel compagno, 4.58.4 sin al secondo ov' è chi piú resista; 4.58.5 e forse il dí, come Alessandro il Magno, 4.58.6 vittoria avea cui largo sangue acquista; 4.58.7 ma lá giunto è Goffredo onde lei scorse 4.58.8 l' invitto re cui Jaddo ornato occorse. 4.59.1 E 'n su la vetta che volge a l' Orsa 4.59.2 luminosa del cielo il passo ha fermo, 4.59.3 e dice al buon Raimondo:-- Or troppo è scorsa 4.59.4 la schiera che non teme intoppo o schermo. 4.59.5 Ivi è colui ch' ogni mio stato inforsa, 4.59.6 anzi pur nostro; e so che il vero affermo: 4.59.7 e 'ntento a perseguir nemica turba, 4.59.8 tutti gli ordini nostri ei sol perturba. 4.60.1 Né gli ha dimostro ancor l' etate e 'l senno, 4.60.2 vittoria che non sia folle e sanguigna; 4.60.3 e gli altri suoi che piú frenarlo or denno 4.60.4 seguono il suo valor che non traligna: 4.60.5 però non credo ch' ei fia pronto al cenno 4.60.6 di nostra intenzïon pura e benigna; 4.60.7 ma s' io di comandare almeno ardisco, 4.60.8 ei non porrá tutte le schiere a risco. 4.61.1 Né si dará l' assalto, onde ritorni 4.61.2 l' oste con molto danno e poca gloria: 4.61.3 e di troppo ardimento alfin si scorni, 4.61.4 di cui Riccardo pur si vanta e gloria. 4.61.5 Ma se non oggi, in diece o in venti giorni, 4.61.6 con le macchine avrem certa vittoria.-- 4.61.7 Cosí dicea, quando mandò Sigero, 4.61.8 de' gravi imperii suoi nunzio severo. 4.62.1 Questo sgrida in suo nome il troppo ardire, 4.62.2 e immantenente il ritornare impone. 4.62.3 -- Tornatene, dicea, ch' a le vostre ire 4.62.4 non è opportuno il loco e la stagione. 4.62.5 Goffredo il vi comanda.-- Ardente dire 4.62.6 usò Riccardo e quasi sferza o sprone; 4.62.7 ma questo è quasi freno, o qual ritegno 4.62.8 de' cavalieri a l' animoso sdegno. 4.63.1 Come d' alzarsi a tempestosa guerra, 4.63.2 cinte di nubi le orgogliose fronti, 4.63.3 e portar seco il mare, il ciel, la terra, 4.63.4 bramano i venti disdegnosi e pronti; 4.63.5 ma se gli affrena in carcer tetro e serra 4.63.6 Eolo, ch' al chiuso varco oppone i monti, 4.63.7 fremono mormorando, e 'l fèro orgoglio 4.63.8 entro risuona al cavernoso scoglio: 4.64.1 cosí questi tornâr da' lor nemici 4.64.2 dentro a' ripari al lor riposo ingrato: 4.64.3 né senza estremo onor di sacri uffici 4.64.4 fu il nobil corpo di Guidon lasciato. 4.64.5 Sul funebre ferètro i fidi amici 4.64.6 portârlo, caro peso ed onorato. 4.64.7 Mira intanto il Buglion da l' alte cime 4.64.8 il sito e l' arte di cittá sublime. 4.65.1 Questa prima sedeva in verde falda 4.65.2 e 'n erta riva d' un famoso colle; 4.65.3 vêr quella parte donde il sol riscalda 4.65.4 tutta inchinando, o dove piú s' attolle. 4.65.5 Poi che non restò pietra integra o salda, 4.65.6 per vendetta di lui che morir volle; 4.65.7 come pianta, che nembo o ferro svelse, 4.65.8 traslata fu sopra le cime eccelse. 4.66.1 E 'l nome onde chiamolla il re vetusto, 4.66.2 allor mutò con la sua antica sede, 4.66.3 Èlia chiamata da Adriano Augusto, 4.66.4 che piú sublime seggio ancor le diede; 4.66.5 or dentro è 'l loco onde risorse il Giusto 4.66.6 che ritolse a Pluton le avare prede; 4.66.7 e quello ancora in cui dolor soverchio 4.66.8 per noi sofferse è nel suo nuovo cerchio. 4.67.1 Gerusalem sovra duo monti è posta, 4.67.2 d' altezza impari, e vòlti fronte a fronte. 4.67.3 Va per lo mezzo suo valle interposta, 4.67.4 che lei distingue, e l' un da l' altro monte. 4.67.5 Fuor da tre lati è la superba costa; 4.67.6 per l' altro vassi e non par che si monte: 4.67.7 ma d' altissime mura è piú difeso 4.67.8 il piano lato, e contra Borea è steso. 4.68.1 La cittá dentro ha lochi in cui riserba 4.68.2 l' acqua che piove, e laghi e fonti vivi; 4.68.3 ma fuor la terra, e 'ntorno, è nuda d' erba, 4.68.4 e non sorgono in lei fontane, o rivi; 4.68.5 né si vede fiorir lieta e superba 4.68.6 d' alberi, ed adombrarsi a' raggi estivi, 4.68.7 se non se alquanto in solitario bosco, 4.68.8 che sorge non lontano, orrido e fosco. 4.69.1 Ha da quel lato donde il giorno appare, 4.69.2 del famoso Giordan le placide onde; 4.69.3 da l' altro, ov' egli cade, asperge il mare 4.69.4 i curvi lidi, e le arenose sponde: 4.69.5 verso Borea è Betel, ch' alzò l' altare 4.69.6 al vitel d' oro, e la Samaria; e donde 4.69.7 Austro portar le suol piovoso nembo, 4.69.8 Betelèm, ch' il gran parto accolse in grembo. 4.70.1 Poi che d' intorno il cavalier sovrano 4.70.2 ha tutto rimirato, a' suoi discende; 4.70.3 e perch' estima che la terra invano 4.70.4 s' oppugneria dove piú l' erta ascende; 4.70.5 contra la porta aquilonar, nel piano 4.70.6 che con lei si congiunge, alza le tende: 4.70.7 lá 've il servo di Dio l' alta corona 4.70.8 ebbe, come il suo nome anco risuona. 4.71.1 S' accampâr piú vicini i duo Roberti; 4.71.2 Tancredi dopo lor gli spazi ingombra, 4.71.3 contra l' angolar torre, e i lochi aperti 4.71.4 a' rai del sol con ricche tele adombra 4.71.5 sin lá 've sono i piú scoscesi ed erti, 4.71.6 e declinando il giorno accresce l' ombra; 4.71.7 ma de la valle a' piú sublimi poggi 4.71.8 salse Raimondo, ove securo alloggi. 4.72.1 Cosí d' intorno si circonda e stringe 4.72.2 de la cittade il terzo, o poco meno; 4.72.3 che tutto incoronar quant' ella cinge 4.72.4 non ponno i Franchi l' inegual terreno: 4.72.5 ma le vie tutte ond' altri a lei si spinge, 4.72.6 e gli aiuti impedí Goffredo almeno: 4.72.7 ed occupar fa gli opportuni passi, 4.72.8 per cui da lei si viene ed a lei vassi, 4.73.1 e intorno al campo con mirabil arte 4.73.2 far profonda la fossa ed alto il vallo, 4.73.3 perché nol turbi d' improvviso marte 4.73.4 impeto o fraude pur notturna o fallo. 4.73.5 Di fuor le torri, entro le vie comparte, 4.73.6 e di larghezza eguali e d' intervallo: 4.73.7 la piazza in mezzo, e 'n mezzo è l' alta reggia, 4.73.8 e un largo spazio innanzi a lei vaneggia. 4.74.1 Poi colá trasse ove gli amici ornâro 4.74.2 il gran feretro in cui Guidon si giace. 4.74.3 Quando Goffredo entrò, le turbe alzâro 4.74.4 la voce assai piú flebile e loquace: 4.74.5 ma con volto né torbido, né chiaro, 4.74.6 frena gli affetti il pio Goffredo, e tace; 4.74.7 e poi che in lui pensando alquanto fisse 4.74.8 tenne le luci, sospirando disse: 4.75.1 -- Giá non si deve a te doglia né pianto, 4.75.2 ché se muori nel mondo, in ciel rinasci; 4.75.3 e qui dove ti spogli il fragil manto 4.75.4 di gloria impresse alte vestigia or lasci. 4.75.5 Vivesti qual guerrier cristiano e santo, 4.75.6 e come tal sei morto: or cibi e pasci 4.75.7 d' eterno ben te stessa, o felice alma, 4.75.8 ed hai di bene oprar corona e palma. 4.76.1 Vivi beata pur, ché nostra sorte, 4.76.2 non tua sventura, a lagrimar ne invita, 4.76.3 poscia ch' al tuo partir sí degna e forte 4.76.4 parte di noi fa co 'l tuo piè partita; 4.76.5 ma se questa ch' il volgo appella morte, 4.76.6 privati ha noi de la terrena aita, 4.76.7 celeste aiuto ora impetrar ne puoi, 4.76.8 ché 'l ciel t' accoglie infra gli eletti suoi. 4.77.1 E come a nostro pro veduto abbiamo 4.77.2 portare uom giá mortal l' armi mortali, 4.77.3 cosí vedremti, o pure io spero e bramo, 4.77.4 spirto divin, l' arme del ciel fatali. 4.77.5 Impara i preghi omai ch' a te porgiamo 4.77.6 d' accôrre, e dar soccorso a' nostri mali: 4.77.7 tu la vittoria annunzia; a te devoti 4.77.8 solverem, trionfando, al tempio i voti.-- 4.78.1 Cosí disse Goffredo, ed egli stesso 4.78.2 seguir la nera pompa armato volle. 4.78.3 A Guidon d' odorifero cipresso 4.78.4 han fatto un gran sepolcro a piè d' un colle, 4.78.5 non lunge a gli steccati; e sovra ad esso 4.78.6 un' altissima palma i rami estolle: 4.78.7 quivi fu posto al suon di sacro carme, 4.78.8 e sovra e 'ntorno alzate insegne ed arme. 4.79.1 Quinci e quindi fra' rami eran sospese 4.79.2 spoglie di foggia e di color diverso, 4.79.3 giá da lui tolte in piú felici imprese 4.79.4 al guerrier di Bitinia, al Siro, al Perso: 4.79.5 la sua propria lorica e l' altro arnese 4.79.6 il gran tronco vestí, di sangue asperso. 4.79.7 --Quivi (fu scritto poi) giace Guidone; 4.79.8 onorate l' altissimo campione--. 4.80.1 Giá l' alta notte, oltra l' usato oscura, 4.80.2 tutti aveva del sole i raggi spenti, 4.80.3 e con l' oblio d' ogni noiosa cura 4.80.4 facea tregua a le lacrime, ai lamenti; 4.80.5 ma 'l duce, ch' espugnar l' eccelse mura 4.80.6 pensa, co' raggi de la stella algenti 4.80.7 i fabbri invia, mentre anco il cielo è fosco, 4.80.8 per far macchine e travi, al folto bosco. 4.81.1 L' un l' altro esorta che le piante atterri, 4.81.2 con non usati a l' alta selva oltraggi: 4.81.3 caggion recisi da gli acuti ferri 4.81.4 le sacre piante e i frassini selvaggi. 4.81.5 I funebri cipressi, i pini e i cerri, 4.81.6 l' elci frondose, e gli alti abeti e i faggi. 4.81.7 Gli olmi con gli oppi, a cui talor s' appoggia 4.81.8 la vite, e con piè torto alta sen poggia. 4.82.1 Altri i tassi, e le querce altri percote, 4.82.2 che mille volte rinovâr la chioma; 4.82.3 e mille volte ad ogni incontro immote 4.82.4 l' ira de' venti han rintuzzata e doma: 4.82.5 ed altri impone a le stridenti rote 4.82.6 d' orni e di cedri l' odorata soma. 4.82.7 Lasciano al suon de l' arme, al vario grido, 4.82.8 e le fère e gli augei la tana e 'l nido.
CANTO V
5.1.1 Mentre son questi a le bell' opre intenti 5.1.2 di cui mole piú eccelsa ivi non sorse, 5.1.3 il gran nemico de l' umane genti 5.1.4 contra i cristiani i lividi occhi torse: 5.1.5 e scorgendogli omai lieti e contenti, 5.1.6 ambe le labbra per furor si morse; 5.1.7 né mai gran tauro ch' è scacciato in bando 5.1.8 cosí forte dolor versò mugghiando. 5.2.1 Quinci, avendo pur tutto il pensier vòlto 5.2.2 a recar ne' cristiani ultima doglia, 5.2.3 che sia, comanda, il popol suo raccolto 5.2.4 (concilio orrendo!) entro l' inferna soglia; 5.2.5 come sia pur leggiera impresa (ahi stolto!) 5.2.6 il repugnare a la divina voglia: 5.2.7 stolto, ch' oblia come fra tuoni e lampi 5.2.8 di Dio la forte destra irata avvampi. 5.3.1 Chiama gli abitator de l' ombra eterna 5.3.2 il rauco suon de la tartarea tromba: 5.3.3 trema la spazïosa atra caverna, 5.3.4 e l' aer cieco a quel romor rimbomba: 5.3.5 né sí mai fulminar spera superna 5.3.6 suol di Tifeo la cavernosa tomba; 5.3.7 né con tal suono è scossa arida terra, 5.3.8 quando i vapori in sen gravida serra. 5.4.1 Corron gli dèi d' abisso in varie torme 5.4.2 a le caliginose oscure porte. 5.4.3 Oh! come strane, oh! come orribil' forme! 5.4.4 Quanto è ne gli occhi lor terrore e morte! 5.4.5 Stampano alcuni il suol di ferine orme, 5.4.6 e 'n fronte umana han chiome d' angui attorte: 5.4.7 e volgon dietro la pungente coda 5.4.8 che, quasi sferza, si ripiega e snoda. 5.5.1 Qui mille immonde Arpie fûr giunte e mille 5.5.2 Centauri, e Sfingi, e pallide Gorgoni: 5.5.3 e latrar cani mostruosi, e Scille, 5.5.4 e fischiar Idre, e sibilar Pitoni, 5.5.5 e vomitar Chimere atre faville, 5.5.6 e Polifemi orrendi, e Gerioni: 5.5.7 e 'n vari mostri, e non piú intesi o visti, 5.5.8 diversi aspetti fûr confusi e misti. 5.6.1 D' essi parte a sinistra e parte a destra 5.6.2 a seder vanno al crudo re davante. 5.6.3 Siede Plutone in mezzo, e con la destra 5.6.4 sostien lo scettro; e scoglio in mar sonante 5.6.5 via men s' innalza, o giogo, o rupe alpestra, 5.6.6 o pur Caucaso, Pelio, Olimpo, Atlante, 5.6.7 ch' innanzi a lui parrebbe un picciol colle; 5.6.8 tanto la fronte e le gran corna estolle! 5.7.1 Orrida maestá nel fèro aspetto 5.7.2 terrore accresce, e piú superbo il rende: 5.7.3 rosseggian gli occhi, e di veneno infetto, 5.7.4 qual sanguigna cometa il guardo splende: 5.7.5 le guance involve, e su l' irsuto petto 5.7.6 la nera e folta barba ispida scende: 5.7.7 e 'n guisa di voragine profonda 5.7.8 s' apre la bocca d' atro sangue immonda. 5.8.1 Come sulfureo fumo o negra fiamma 5.8.2 esce di Mongibello, e 'l puzzo e 'l suono, 5.8.3 cosí la fèra bocca affuma e 'nfiamma 5.8.4 i regni oscuri, in cui non è perdono. 5.8.5 Tremò Cerbero allor qual lepre o damma: 5.8.6 l' idra e le furie eran giá mute al tuono; 5.8.7 restò Cocito, e si crollâr gli abissi, 5.8.8 e 'n questi detti il gran rimbombo udissi: 5.9.1 -- Tartarei numi, di seder piú degni 5.9.2 lá sovra il sole, ond' è l' origin vostra, 5.9.3 che meco giá da' piú felici regni 5.9.4 spinse il gran caso in questa orribil chiostra; 5.9.5 gli antichi miei pensieri e i fieri sdegni 5.9.6 noti son troppo, e l' alta impresa nostra. 5.9.7 Or colui regge il sole ed ogni stella; 5.9.8 noi giudicati siam turba rubella. 5.10.1 Ed invece del dí sereno e puro, 5.10.2 de l' aureo sol, de gli stellanti giri, 5.10.3 n' ha giú richiusi in questo inferno oscuro; 5.10.4 né vuol ch' al primo onor per noi s' aspiri. 5.10.5 E poscia (ahi quanto a ricordarlo è duro! 5.10.6 questo è quel che piú inaspra i miei martíri) 5.10.7 ne' bei seggi celesti ha l' uom chiamato, 5.10.8 l' uom vile, e di vil fango in terra nato. 5.11.1 Né ciò gli parve assai; ma in preda a morte, 5.11.2 sol per farne piú danno, il figlio ei diede. 5.11.3 Quel venne e ruppe le tartaree porte, 5.11.4 e porre osò ne' regni nostri il piede, 5.11.5 e trarne l' alme a noi dovute in sorte, 5.11.6 e riportarne al ciel sí ricche prede, 5.11.7 vincitor trionfando, e 'n nostro scherno, 5.11.8 l' insegne ivi spiegar del vinto inferno. 5.12.1 Ma ché rinnovo i miei dolor, gemendo? 5.12.2 Chi non ha intesi i nostri oltraggi e l' onte? 5.12.3 Il carcer? le catene? e 'n viso orrendo 5.12.4 mutata quella chiara antica fronte? 5.12.5 Di quali ingiurie a ragionar mi stendo, 5.12.6 se parlo cose manifeste e conte? 5.12.7 Deh non vedete omai come s' impingua 5.12.8 de l' altrui sangue? e non sermone, o lingua, 5.13.1 il fido popol suo, ma 'l ferro e l' asta 5.13.2 adopra, ond' ogni regno atterra e sgombra: 5.13.3 e mentre a' regi d' Asia egli sovrasta, 5.13.4 appena lascia a noi la notte e l' ombra. 5.13.5 Non basta ancor, non basta ancor, non basta, 5.13.6 se 'l nome di Gesú la terra ingombra: 5.13.7 ma d' altre lingue ancor i novi carmi 5.13.8 aspetta, e novi ancor metalli e marmi. 5.14.1 Che sian gl' idoli nostri a terra sparsi, 5.14.2 ch' i nostri altari il mondo a lui converta, 5.14.3 ch' a lui sospesi i voti, a lui sol arsi 5.14.4 siano gl' incensi, ed auro e mirra offerta: 5.14.5 ch' ove a noi tempio non solea serrarsi, 5.14.6 or via non resti a l' arti nostre aperta; 5.14.7 che manchi di tant' alme ampio tributo 5.14.8 alfine, e 'n vòto regno alberghi Pluto? 5.15.1 Ah non sia ver; ché non son anco estinti 5.15.2 gli spirti in voi di quel valor primiero, 5.15.3 quando, di ferro e d' alte fiamme cinti, 5.15.4 pugnammo giá contro il celeste impero. 5.15.5 Fummo (nol nego) allora oppressi e vinti, 5.15.6 ma non mancò virtute al gran pensiero: 5.15.7 e 'n questo tenebroso orror profondo, 5.15.8 quasi io pareggio il cielo, e muovo il mondo. 5.16.1 Ma perché piú v' affreno o vi ritardo? 5.16.2 O miei consorti, o mia potenza e forze, 5.16.3 itene pur (ché giá il partirsi è tardo) 5.16.4 furie, mostri, giganti; ognun si sforze. 5.16.5 Spargete il foco e 'l tosco ond' io pur ardo; 5.16.6 ogni altra fiamma che la mia s' ammorze: 5.16.7 guerre e morti portate, e fame e peste, 5.16.8 tenebre, orrori, turbini e tempeste. 5.17.1 Sia destin ciò ch' io voglio. Altri disperso 5.17.2 se 'n vada errando; altri rimanga ucciso; 5.17.3 altri in cure d' amor lascive immerso 5.17.4 idol si faccia un bello e chiaro viso. 5.17.5 Sia 'l ferro incontra il suo rettor converso 5.17.6 da lo stuol ribellante e 'n sé diviso. 5.17.7 Schiere e cittati e regni, e 'l mondo tutto 5.17.8 arda, affonde, consumi incendio e flutto.-- 5.18.1 Non aspettâr giá l' alme a Dio rubelle 5.18.2 che fosser queste voci al fin condotte; 5.18.3 ma, fuor volando a riveder le stelle, 5.18.4 giá se n' uscían da la profonda notte, 5.18.5 come sonanti e rapide procelle, 5.18.6 ch' arbori, tetti, navi, e sparse e rotte, 5.18.7 e perturbando il mare, il ciel, la terra, 5.18.8 natura han mosso e gli elementi in guerra. 5.19.1 Tosto spiegati in vari lati i vanni, 5.19.2 si fûr diffusi per lo mondo e sparti, 5.19.3 e 'ncominciâro a fabbricare inganni 5.19.4 diversi e novi, ed ad usar lor arti. 5.19.5 Ma di' tu, Musa, come i primi danni 5.19.6 mandassero a' cristiani, e di quai parti: 5.19.7 tu 'l sai; e di tant' opra a noi sí lunge 5.19.8 debile aura di fama a pena or giunge. 5.20.1 Reggea Maráclea, e le cittá vicine 5.20.2 de' Fenici, Idraote, occulto mago, 5.20.3 che sin da' suoi primi anni a le indovine 5.20.4 arti fu dato, e ne fu ognor piú vago. 5.20.5 Ma che giovâr? se non poté del fine 5.20.6 di quella incerta guerra esser presago; 5.20.7 ned aspetto di stelle erranti, o fisse, 5.20.8 né risposta d' inferno il ver predisse. 5.21.1 Giudicò questi (ahi cieca umana mente, 5.21.2 come i giudíci tuoi son vani e torti!) 5.21.3 che vittoria a Baldacco, a l' Occidente 5.21.4 giá minacciasse il ciel ruine e morti. 5.21.5 Però, credendo che l' amica gente 5.21.6 palma di quella impresa alfin riporti, 5.21.7 desia che il popol suo d' alta vittoria 5.21.8 sia a parte, e d' alto acquisto, e d' alta gloria. 5.22.1 Ma perché il valor Franco ha in grande stima, 5.22.2 di sanguigna vittoria i danni teme, 5.22.3 e va pensando con quali arti in prima 5.22.4 le posse de' fedeli affligga e sceme; 5.22.5 sí che piú agevolmente indi s' opprima 5.22.6 da' popoli e da' regni uniti insieme. 5.22.7 A questo suo pensier stimolo aggiunge 5.22.8 l' angel maligno, e piú l' instíga e punge. 5.23.1 Donna, a cui di beltá le prime lodi 5.23.2 concedea l' Orïente, è sua nepote: 5.23.3 gli accorgimenti e le piú occulte frodi 5.23.4 ch' usi femina o maga, a lei son note, 5.23.5 e le vie piú secrete, e i dolci modi 5.23.6 onde prendere al laccio il cor si puote; 5.23.7 ma 'l nascer di costei tutt' altre eccede 5.23.8 le meraviglie, e trova antica fede. 5.24.1 Di Babilonia entro l' eccelse mura 5.24.2 in sen de l' ampio Eufrate ella giá nacque 5.24.3 d' una sirena ch' in gentil figura 5.24.4 il viso e 'l petto discopria da l' acque; 5.24.5 e cantando d' amor ne l' aria oscura 5.24.6 mille amanti invaghí, cotanto piacque: 5.24.7 né sola fu, ma placide sirene 5.24.8 tante non ebber mai l' onde tirrene. 5.25.1 D' altre sirene ancor le rive erbose 5.25.2 altre figlie nudrîr tra suoni e canti, 5.25.3 che tra i bei gigli e le purpuree rose, 5.25.4 prendean co 'l dolce sonno incauti amanti; 5.25.5 ma questa le piú belle e piú famose 5.25.6 vinse cantando, e piú co' bei sembianti. 5.25.7 Con questa il vecchio mago i suoi consigli 5.25.8 comparte, e vuol ch' ella il pensier ne pigli. 5.26.1 Dice:-- O diletta mia, che sotto biondi 5.26.2 capelli, e fra sí placide sembianze, 5.26.3 canuto senno e cor virile ascondi, 5.26.4 e giá ne l' arti mie me stesso avanze, 5.26.5 gran pensier volgo; e, se tu lui secondi, 5.26.6 seguiran grandi effetti alte speranze. 5.26.7 Tessi la tela ch' io ti mostro ordita, 5.26.8 di cauto vecchio esecutrice ardita. 5.27.1 Vattene fra' nemici: ivi si spieghi 5.27.2 ogni arte feminil ch' amore alletti. 5.27.3 Bagna di pianto e fa melati i preghi; 5.27.4 tronca e confondi co' sospiri i detti. 5.27.5 Beltá dolente e miserabil pieghi 5.27.6 al tuo volere i piú ostinati petti; 5.27.7 vela il soverchio ardir con la vergogna, 5.27.8 e fa manto del vero a la menzogna. 5.28.1 Prendi, s' esser potrá, Goffredo a l' ésca 5.28.2 de' dolci sguardi e de' bei detti adorni, 5.28.3 sí ch' a l' uomo invaghito omai rincresca 5.28.4 l' incominciata guerra, e la distorni. 5.28.5 Se ciò non puoi, gli altri famosi adesca: 5.28.6 menagli in parte ond' alcun mai non torni.-- 5.28.7 Poi distingue i consigli; al fin le dice: 5.28.8 -- Per la fé, per la patria il tutto lice.-- 5.29.1 La bella Armida a meraviglia altera 5.29.2 de' doni di natura e de l' etate, 5.29.3 prende l' impresa, e su la prima sera 5.29.4 parte, e tiene sol vie chiuse e celate: 5.29.5 e 'n treccia e 'n gonna feminile spera 5.29.6 vincer popoli invitti e schiere armate. 5.29.7 Ma son del suo partir fallaci accuse, 5.29.8 e varie voci ad arte allor diffuse. 5.30.1 Dopo non molti dí l' empia donzella 5.30.2 vien dove i Franchi alzate avean le tende. 5.30.3 A l' apparir de la beltá novella 5.30.4 nasce un bisbiglio, e 'l guardo ognun v' intende; 5.30.5 sí come lá dove cometa o stella 5.30.6 non veduta di giorno in ciel risplende: 5.30.7 e traggon tutti per saper chi sia 5.30.8 la nobil peregrina, e che desia. 5.31.1 Argo non mai, non vide Cipro o Delo 5.31.2 d' abito e di beltá forme sí care: 5.31.3 d' auro ha la chioma, ed or dal bianco velo 5.31.4 traluce involta, or nuda al vento appare: 5.31.5 cosí, qualor si rasserena il cielo, 5.31.6 or da candida nube il sol traspare; 5.31.7 or, da le nubi uscendo, i raggi intorno 5.31.8 piú chiari spiega, e ne raddoppia il giorno. 5.32.1 Fa nuove crespe l' aura al crin disciolto, 5.32.2 che natura per sé rincrespa in onde; 5.32.3 stassi l' avaro sguardo in sé raccolto, 5.32.4 e i tesori d' amore e i suoi nasconde. 5.32.5 Dolce color di rose in quel bel volto 5.32.6 fra l' avorio si sparge e si confonde: 5.32.7 ma ne la bocca, ond' esce aura amorosa, 5.32.8 sola rosseggia la purpurea rosa. 5.33.1 Mostra il bel petto le sue nevi ignude, 5.33.2 onde il foco d' amor si nutre e desta. 5.33.3 Parte appar de le mamme acerbe e crude, 5.33.4 parte altrui ne ricopre invida vesta; 5.33.5 invida a gli occhi soli il passo chiude; 5.33.6 l' amoroso pensier giá non arresta, 5.33.7 ché, non ben pago di bellezza esterna, 5.33.8 ne gli occulti secreti ancor s' interna. 5.34.1 Come per acqua o per cristallo intero 5.34.2 trapassa il raggio, e nol divide o parte, 5.34.3 per entro il chiuso manto osa il pensiero 5.34.4 di penetrar ne la vietata parte; 5.34.5 ivi si spazia, ivi contempla il vero 5.34.6 di tante meraviglie a parte a parte; 5.34.7 poscia al desio le forma e le descrive, 5.34.8 e fa piú le sue fiamme ardenti e vive. 5.35.1 Lodata passa e vagheggiata Armida 5.35.2 fra le cupide turbe, e se n' avvede: 5.35.3 nol mostra giá, bench' in suo cor ne rida, 5.35.4 e d' aver pensi alte vittorie e prede. 5.35.5 Mentre, sospesa alquanto, o messo o guida 5.35.6 che la scorga a Goffredo ella richiede; 5.35.7 Eustachio occorse a lei, minor germano 5.35.8 di lui ch' è duce e cavalier sovrano. 5.36.1 Come al lume farfalla, ei si rivolse 5.36.2 a lo splendor de la beltá divina, 5.36.3 e rimirar da presso i lumi volse, 5.36.4 che dolcemente atto modesto inchina; 5.36.5 e ne trasse gran fiamma, e la raccolse, 5.36.6 come da fuoco suole ésca vicina; 5.36.7 e disse verso lei (ch' audace e baldo 5.36.8 il fêa de gli anni e de l' amore il caldo): 5.37.1 -- Donna, se pur tal nome a te conviensi, 5.37.2 ché non somigli tu cosa terrena, 5.37.3 né v' è figlia d' Adamo in cui dispensi 5.37.4 cotanto il ciel di sua luce serena, 5.37.5 che da te si ricerca? ed onde viensi? 5.37.6 Qual tua ventura o nostra or qui ti mena? 5.37.7 Fa ch' io sappia chi sei, fa ch' io non erri 5.37.8 ne l' onorarti; e, s' è ragion, m' atterri.-- 5.38.1 Risponde:-- Al tuo pensier bellezza eguale 5.38.2 non ho, né merto a le tue lodi arriva: 5.38.3 donna vedi, signor, non pur mortale, 5.38.4 ma giá morta al diletto, al dolor viva. 5.38.5 Me sospinge del cielo ira fatale, 5.38.6 vergine peregrina e fuggitiva: 5.38.7 rifuggo al pio Goffredo, e 'n lui confido: 5.38.8 tal va del suo valore intorno il grido! 5.39.1 Tu mi scorgi davanti al sommo duce, 5.39.2 s' hai, come pare, alma cortese e pia.-- 5.39.3 Ed egli:-- Dritto è ben, s' a l' un t' adduce 5.39.4 l' altro fratel, che tuo campione ei sia. 5.39.5 Vergine bella, alta cagion t' induce; 5.39.6 ma s' ei mi stima pur come devria, 5.39.7 spender tutto potrai, dove t' aggrada, 5.39.8 ciò che vaglia il suo nome, o la mia spada.-- 5.40.1 Tace; e la guida ove tra grandi eroi 5.40.2 allor dal volgo il capitan s' invola. 5.40.3 Essa inchinollo riverente, e poi 5.40.4 vergognosetta non facea parola. 5.40.5 Ma quelli affanni e quei timori suoi 5.40.6 rassecura il guerriero e riconsola; 5.40.7 sí ch' i pensati inganni alfine spiega 5.40.8 in suon che di dolcezza i sensi lega. 5.41.1 -- Principe invitto, il tuo famoso nome 5.41.2 ha di gloria, dicea, sí chiari fregi, 5.41.3 che l' esser da te vinte e 'n guerra dome 5.41.4 recansi a gloria le province e i regi. 5.41.5 San tutti omai come sia forte, e come 5.41.6 giusto: come onestate onori e pregi; 5.41.7 sanno la tua pietá ch' affida e 'nvita 5.41.8 sino a' nemici a ricercarti aita. 5.42.1 Ed io, che nacqui in sí diversa fede, 5.42.2 lunge da l' acque del tuo Reno algenti, 5.42.3 per te spero acquistar la nobil sede 5.42.4 e lo scettro, signor, de' miei parenti. 5.42.5 E s' altri aita a' suoi congiunti or chiede 5.42.6 contra il furor de le straniere genti; 5.42.7 io, poich' in lor non ha pietá piú loco, 5.42.8 contra il mio sangue il ferro ostile invoco. 5.43.1 Io te chiamo, in te spero; e 'n quella altezza 5.43.2 puoi tu ripormi onde sospinta i' fui: 5.43.3 né la tua destra esser dé' meno avvezza 5.43.4 di sollevar, che di far basso altrui: 5.43.5 né meno il pregio di pietá s' apprezza, 5.43.6 ch' il trionfar d' empi nemici sui: 5.43.7 e s' a molti hai potuto il regno tôrre, 5.43.8 fia gloria egual nel regno or me riporre. 5.44.1 Ma se la nostra fé varia ti move 5.44.2 a disprezzar forse i miei preghi onesti, 5.44.3 la fé, c' ho certa in tua pietá, mi giove; 5.44.4 né dritto par ch' ella delusa or resti. 5.44.5 Testimonio è quel Dio ch' a tutti è Giove, 5.44.6 ch' altrui piú giusta aita unqua non desti. 5.44.7 Ma perché il tutto sappi, intento or odi 5.44.8 le mie sventure e l' altrui inique frodi. 5.45.1 Figlia io son di Arbilan, ch' il regno tenne 5.45.2 di Maráclea, e voi giá raccolse, e i vostri; 5.45.3 ma del suocero suo gli stati ottenne 5.45.4 ne la Fenicia, e d' òr fu ricco e d' ostri. 5.45.5 Con la sua morte il nascer mio prevenne 5.45.6 mia madre, ascesa a gli stellanti chiostri; 5.45.7 ed in un giorno sol l' empia fortuna 5.45.8 lei pose in tomba, e me, giá nata, in cuna. 5.46.1 Ma 'l primo lustro appena era varcato 5.46.2 dal dí ch' ella spogliossi il fragil velo, 5.46.3 quando il mio genitor, cedendo al fato, 5.46.4 forse con lei si ricongiunse in cielo, 5.46.5 di me cura lasciando e del suo stato 5.46.6 al frate amato con pietoso zelo; 5.46.7 ma se amore e pietate il premio merta, 5.46.8 esser certo dovea di fede incerta. 5.47.1 Questi, preso di me l' alto governo, 5.47.2 tenero del mio onor parea cotanto, 5.47.3 che d' incorrotta fé, d' amor paterno, 5.47.4 e di pietate avea la fama e 'l vanto: 5.47.5 o che 'l maligno suo pensiero interno 5.47.6 celasse allor sotto contrario manto; 5.47.7 o che sincere avesse ancor le voglie, 5.47.8 perch' al figliuol m' ebbe promessa in moglie. 5.48.1 Io crebbi, e crebbe il figlio; e mai né stile 5.48.2 di cavalier, né nobil arte apprese: 5.48.3 nulla di pellegrino o di gentile 5.48.4 gli piacque mai, né mirò in alto, o intese. 5.48.5 Sotto difforme aspetto animo vile, 5.48.6 e 'n cor superbo avare voglie accese, 5.48.7 villan diletto e di virtú dispregio, 5.48.8 i pregi fûr del mio amatore egregio. 5.49.1 Ora 'l mio buon custode ad uom sí degno 5.49.2 unirmi in matrimonio in sé prefisse, 5.49.3 e farlo del mio letto e del mio regno 5.49.4 fido consorte, e a me piú volte il disse. 5.49.5 Usò la lingua e l' arte, usò l' ingegno, 5.49.6 perché il bramato fine indi seguisse; 5.49.7 ma promessa da me non trasse mai, 5.49.8 anzi ritrosa ognor tacqui o negai. 5.50.1 Partissi alfin con un sembiante oscuro, 5.50.2 onde l' empio suo cor chiaro trasparve; 5.50.3 e ben l' istoria del mio mal futuro 5.50.4 leggergli scritta in fronte allor mi parve. 5.50.5 Quinci i notturni miei riposi fûro 5.50.6 turbati ognor da strani sogni e larve, 5.50.7 ed un fatale orror ne l' alma impresso 5.50.8 m' era presagio de' miei danni espresso. 5.51.1 E 'n sogno m' apparia, come chi langue, 5.51.2 pallida imago e dolorosa in atto; 5.51.3 quanto cangiata (oimè!) nel volto esangue 5.51.4 da quel sí adorno ch' io vedea ritratto. 5.51.5 --Fuggi, figlia (dicea) fuggi de l' angue 5.51.6 fuggi il tosco mortal, deh fuggi ratto: 5.51.7 ciò che s' indugia è per vergogna e danno, 5.51.8 anzi per morte: ah! fuggi empio tiranno!-- 5.52.1 Ma che giovava (oimè!) che del periglio 5.52.2 vicino fusse omai presago il core, 5.52.3 se cedea, dubbia in ritrovar consiglio, 5.52.4 la mia tenera etate al mio timore? 5.52.5 Prender fuggendo volontario esiglio, 5.52.6 e ignuda uscir del dolce albergo fore, 5.52.7 grave era sí ch' io fêa minore stima 5.52.8 di chiuder gli occhi ove gli apersi in prima. 5.53.1 Temea, lassa! la morte, e non avea 5.53.2 (chi 'l crederia?) poi di fuggirla ardire: 5.53.3 e scoprir la temenza ancor temea, 5.53.4 per non affrettar l' ora al mio morire. 5.53.5 Cosí inquïeta e torbida traea 5.53.6 la vita in un continuo martíre, 5.53.7 in guisa d' uom che l' empio ferro attenda 5.53.8 sul collo, e morto sembri anzi che scenda. 5.54.1 In tale stato, o fosse amica sorte, 5.54.2 o ch' a peggio mi serbi il mio destino, 5.54.3 un de' ministri de la real corte, 5.54.4 nato in Soría di genitor latino, 5.54.5 mi scoperse ch' il giorno a l' empia morte 5.54.6 dal tiranno prescritto era vicino; 5.54.7 e ch' egli a quel crudele avea promesso 5.54.8 d' avvelenarmi a mensa il giorno stesso. 5.55.1 E mi soggiunse poi ch' a la mia vita 5.55.2 sol fuggendo allungar poteva il corso; 5.55.3 e perché altronde io non sperava aita, 5.55.4 pronto offria se medesmo al mio soccorso; 5.55.5 e confortando mi rendé sí ardita, 5.55.6 che vergogna e timor lentâro il morso; 5.55.7 e fanciulla ed incauta osai gir seco, 5.55.8 la patria e 'l zio fuggendo a l' aer cieco. 5.56.1 Sorse la notte oltra l' usato oscura, 5.56.2 che sotto l' ombre amiche ne coperse; 5.56.3 onde con due donzelle uscii sicura, 5.56.4 compagne elette a le fortune avverse. 5.56.5 Ma pure indietro a le paterne mura 5.56.6 le luci io rivolgea di pianto asperse; 5.56.7 né de la vista del natio terreno, 5.56.8 partendo, sazïar poteami appieno. 5.57.1 Fêa l' istesso cammin l' occhio e 'l pensiero, 5.57.2 e mal suo grado il piede innanzi giva: 5.57.3 sí come nave, ch' improvviso e fèro 5.57.4 vento discioglia da l' amata riva. 5.57.5 La notte andammo e 'l dí che segue intero 5.57.6 per lochi ov' orma altrui non appariva: 5.57.7 ci ricovrammo in un castello alfine, 5.57.8 ch' oltra l' Eufrate è quasi ermo confine. 5.58.1 È d' Aronte il castel; ch' Aronte fue 5.58.2 quel che mi trasse di periglio, e scòrse. 5.58.3 Ma, come me fuggito aver le sue 5.58.4 mortali insidie il traditor s' accorse, 5.58.5 acceso di furor contra ambedue, 5.58.6 tanta e sí atroce colpa in noi ritorse, 5.58.7 ed ambo fece rei del fallo iniquo, 5.58.8 onde 'l condanna un suo pensiero antiquo. 5.59.1 Disse ch' Aronte io avea co' preghi spinto 5.59.2 fra sue bevande a mescolar veneno, 5.59.3 per non aver (poich' egli fosse estinto) 5.59.4 chi legge mi prescriva o tenga a freno, 5.59.5 e ch' io, sciogliendo a la vergogna il cinto, 5.59.6 volea raccôrmi a mille amanti in seno. 5.59.7 Ahi, che fiamma del cielo anzi in me scenda, 5.59.8 santa onestá, ch' io le tue leggi offenda! 5.60.1 Ch' avara fame d' oro e sete insieme 5.60.2 del mio sangue innocente il crudo avesse, 5.60.3 grave m' è sí; ma vie piú 'l cor mi preme 5.60.4 ch' il mio candido onor macchiar volesse. 5.60.5 L' empio, che non invan sospetta e teme, 5.60.6 cosí le sue menzogne adorna e tesse 5.60.7 ne la cittá, del ver dubbia e sospesa, 5.60.8 che non è chi per me faccia difesa. 5.61.1 Né perché usurpi il bel paese, e 'n fronte 5.61.2 giá gli risplenda la real corona, 5.61.3 fin però pone a' miei gran danni, a l' onte; 5.61.4 sí la sua feritá l' infiamma e sprona. 5.61.5 Arder minaccia entro il castello Aronte, 5.61.6 se di proprio voler non s' imprigiona; 5.61.7 e dovunque io mi fugga o mi dilegue, 5.61.8 le mie sparse fortune ancor persegue. 5.62.1 E dice che lavarsi omai dal volto 5.62.2 sol col mio sangue la vergogna crede, 5.62.3 e ritornar nel grado, ond' io l' ho tolto, 5.62.4 l' onor de' regi antichi a cui succede. 5.62.5 Ma il timor n' è cagion ch' a lui ritolto 5.62.6 non sia lo scettro ond' egli è falso erede: 5.62.7 quasi il mio precipizio alto sostegno 5.62.8 sia con le sue ruine a novo regno. 5.63.1 E ben quel fine avrá l' empio desire 5.63.2 che giá il tiranno ha stabilito in mente; 5.63.3 e saran nel mio sangue estinte l' ire 5.63.4 che nel mio lagrimar non fiano spente, 5.63.5 se tu nol vieti. A te rifuggo, o sire, 5.63.6 io misera fanciulla, orba, innocente: 5.63.7 e questo pianto onde ho questi occhi aspersi, 5.63.8 vagliami sí, che 'l sangue io poi non versi. 5.64.1 A te concede il cielo, e dièlti in fato 5.64.2 poter, voler sol di giustizia amico: 5.64.3 salvami dunque (e ne sarai lodato) 5.64.4 in caste membra l' animo pudico; 5.64.5 e ritogli il mio regno a quell' ingrato, 5.64.6 ch' è d' onestate, e tuo, crudel nemico. 5.64.7 Basta, eletto fra gli altri, un fido stuolo, 5.64.8 tanto estimo le insegne e 'l nome solo. 5.65.1 Per questi piedi, onde i superbi e gli empi 5.65.2 calchi, per questa man ch' il dritto aita; 5.65.3 per le vittorie, e per quei sacri tempî 5.65.4 ch' aspettano or da te pietosa aita, 5.65.5 il mio desir, tu che puoi solo, adempi, 5.65.6 salvando omai questa infelice vita. 5.65.7 Ma se voi la giustizia ancor non move, 5.65.8 né pianto né pietá, signor, mi giove.-- 5.66.1 Ciò detto, tace; e la risposta attende 5.66.2 con atto ch' in silenzio ha voce e preghi. 5.66.3 Goffredo il dubbio cor volve e sospende 5.66.4 fra pensier vari, e non sa dove il pieghi. 5.66.5 Teme i barbari inganni, e ben comprende 5.66.6 che non è fede in uom ch' a Dio la neghi: 5.66.7 ma d' altra parte in lui pietoso affetto 5.66.8 si desta, che non dorme in nobil petto. 5.67.1 Mentre cosí dubbioso a terra vòlto 5.67.2 lo sguardo tiene, e 'l pensier volve e gira, 5.67.3 la donna in lui s' affisa, e dal suo vólto 5.67.4 intenta pende e tacita il rimira; 5.67.5 e perché tarda, oltra 'l suo creder, molto 5.67.6 la risposta, giá teme e giá sospira. 5.67.7 Quegli la chiesta grazia alfin negolle, 5.67.8 ma diè repulsa assai cortese e molle: 5.68.1 -- S' al servigio di Dio, ch' a ciò n' elesse, 5.68.2 vòlta la mia non fosse e l' altre spade, 5.68.3 potéi qui fra le genti a me concesse 5.68.4 aita ritrovar, non che pietade; 5.68.5 ma se queste sue mura e queste oppresse 5.68.6 gregge non torniam prima in libertade, 5.68.7 giusto non è, con iscemar le genti, 5.68.8 ch' io di nostra vittoria il corso allenti. 5.69.1 Ben ti prometto (e tu per nobil pegno 5.69.2 mia fede or prendi, e vivi in lei secura) 5.69.3 che se mai sottrarremo al giogo indegno 5.69.4 queste sacre e dal ciel dilette mura, 5.69.5 di ritornarti al tuo perduto regno, 5.69.6 come pietá m' esorta, avrem poi cura; 5.69.7 or mi farebbe la pietá men pio, 5.69.8 s' anzi il suo dritto i' non solvessi a Dio.-- 5.70.1 A quel parlar chinò la donna, e fisse 5.70.2 le luci a terra, e stette immota alquanto; 5.70.3 poi sollevolle rugiadose, e disse 5.70.4 (accompagnando atti gentili al pianto): 5.70.5 -- Misera! ed a qual altra il ciel prescrisse 5.70.6 vita mai grave ed immutabil tanto, 5.70.7 che si cangia in altrui mente e natura, 5.70.8 pria che si cangi 'n me sorte e ventura? 5.71.1 Nulla speme piú resta; invan mi doglio: 5.71.2 non han piú forza in petto umano i preghi. 5.71.3 Forse lece sperar ch' il mio cordoglio 5.71.4 che te non mosse, il reo tiranno or pieghi? 5.71.5 Né giá te d' inclemenza accusar voglio, 5.71.6 perch' il picciol soccorso a me si neghi; 5.71.7 ma 'l cielo accuso, onde il mio mal discende, 5.71.8 ch' in te pietate inesorabil rende. 5.72.1 E perché legge d' onestate e zelo 5.72.2 non vuol che qui sí lungamente indugi, 5.72.3 a cui ricovro intanto? ove mi celo? 5.72.4 O quai contra il tiranno avrò refugi? 5.72.5 Nessun sí chiuso loco è sotto il cielo 5.72.6 ché a l' òr non s' apra. Or perché tanti indugi? 5.72.7 Veggio la morte, e se 'l fuggirla è vano, 5.72.8 incontra lei n' andrò con questa mano.-- 5.73.1 Qui tacque: e parve ch' un reale sdegno 5.73.2 e generoso l' accendesse in vista: 5.73.3 e 'l piè volgendo, di partir fêa segno, 5.73.4 tutta ne gli atti dispettosa e trista: 5.73.5 il pianto si spargea senza ritegno, 5.73.6 com' ira lo produce a dolor mista; 5.73.7 e le nascenti lagrime, a vederle, 5.73.8 erano a' rai del sol cristallo e perle. 5.74.1 Le guance asperse di quei vivi umori, 5.74.2 che rigavano il seno insin al lembo, 5.74.3 parean vermigli 'nsieme e bianchi fiori, 5.74.4 se pur gl' irriga un rugiadoso nembo, 5.74.5 quando su l' apparir de' primi albori 5.74.6 spiegano a l' aura lieti il chiuso grembo: 5.74.7 e l' Alba a lor somiglia, e se n' appaga, 5.74.8 e se 'n corona, ond' è piú lieta e vaga. 5.75.1 Ma 'l chiaro umor, che di lucenti stille 5.75.2 sparge ligustri e rose, in cui discende, 5.75.3 opra effetto di foco, e 'n mille e mille 5.75.4 petti serpe celato, e vi s' apprende. 5.75.5 O miracol d' amor! che sue faville 5.75.6 tragge dal pianto, e i cor ne l' acque accende: 5.75.7 sempre ha sovra natura alta possanza, 5.75.8 ma 'n virtú di costei se stesso avanza. 5.76.1 Questo falso dolor da molti elice 5.76.2 lagrime vere, e i cor piú duri spetra. 5.76.3 Ciascun si duol fra sé pensoso, e dice: 5.76.4 --Se mercé da Goffredo or non impetra, 5.76.5 ben fu rabbiosa tigre a lui nudrice, 5.76.6 e 'l produsse in aspra alpe orrida pietra, 5.76.7 o l' onda, che nel mar si frange e spuma: 5.76.8 crudel, che tal beltá turba e consuma.-- 5.77.1 Ma 'l fratel giovinetto,in cui la face 5.77.2 di pietate, d' amore è piú fervente; 5.77.3 mentre bisbiglia ciascun altro o tace, 5.77.4 osa scoprir quel che ne l' alma ei sente: 5.77.5 -- Troppo, giusto signor, troppo tenace 5.77.6 di quel che giá propose è la tua mente, 5.77.7 s' al desio di ciascun, che brama e prega, 5.77.8 fuor di suo corso or non si muove e piega. 5.78.1 Non che lascin lor alta e nobil cura 5.78.2 i duci qui de' suoi guerrier soggetti, 5.78.3 torcendo il piè da l' oppugnate mura, 5.78.4 e sian gli uffici lor da lor negletti; 5.78.5 ma fra noi cavalier d' alta ventura, 5.78.6 senz' alcun proprio peso, e meno astretti 5.78.7 a le leggi de gli altri, elegger diece 5.78.8 difensori del giusto a te ben lece. 5.79.1 Ch' al servigio di Dio giá non si toglie 5.79.2 l' uom ch' innocente vergine difende: 5.79.3 ed assai care al ciel son quelle spoglie, 5.79.4 che d' ucciso tiranno altri gli appende. 5.79.5 Quando adunque a l' impresa or non m' invoglie 5.79.6 l' utile, e 'l certo onor ch' indi s' attende, 5.79.7 è debita al valor: ché meno increbbe 5.79.8 morte talvolta a chi morí, s' ei debbe. 5.80.1 Ahi non sia ver, per Dio, che si ridica 5.80.2 in Francia, o dove in pregio è cortesia, 5.80.3 che si fugga da noi rischio, o fatica, 5.80.4 per cagion cosí giusta e cosí pia. 5.80.5 Io, per me, qui depongo elmo e lorica, 5.80.6 qui mi scingo la spada, e piú non fia 5.80.7 ch' adopri indegnamente arme e destriero, 5.80.8 o 'l nome usurpi mai di cavaliero.-- 5.81.1 Cosí favella; e seco in chiaro suono 5.81.2 tutto l' ordine suo concorde freme, 5.81.3 e, stimando il consiglio accorto e buono, 5.81.4 co' preghi il capitan circonda e preme. 5.81.5 -- Cedo (egli disse allora) e vinto io sono, 5.81.6 al concorso di tanti uniti 'nsieme. 5.81.7 Abbia (se parvi) il chiesto don costei, 5.81.8 da' vostri sí, non da' consigli miei. 5.82.1 Ma se Goffredo di credenza alquanto 5.82.2 pur trova in voi, temprate i vostri affetti.-- 5.82.3 Cosí ei lor disse; e bastò lor ben tanto, 5.82.4 perché ciascun quel ch' ei concede aspetti. 5.82.5 Or che non può di bella donna il pianto? 5.82.6 Ed in lingua amorosa i dolci detti? 5.82.7 Esce da dolci labra aurea catena 5.82.8 che l' alme a suo voler prende ed affrena. 5.83.1 Eustachio la richiama, e dice:-- Omai 5.83.2 cessa, vaga donzella, il tuo dolore, 5.83.3 perché tosto da noi soccorso avrai, 5.83.4 come piú si conviene al tuo timore.-- 5.83.5 Serenò allora i nubilosi rai 5.83.6 Armida, e sí ridente apparve fuore, 5.83.7 ch' innamorò di sua bellezza il cielo 5.83.8 asciugandosi gli occhi col bel velo. 5.84.1 Rende lor poscia in piú soavi note 5.84.2 grazie per grazia di cotanta stima, 5.84.3 mostrando che sarian famose e note 5.84.4 ad ogni gente, e 'n ogni estranio clima; 5.84.5 e ciò ch' esprimer lingua altrui non pote, 5.84.6 par che muta eloquenza in atto esprima: 5.84.7 e tien la fraude sua nel cor secreta, 5.84.8 piú ch' in guisa mortale adorna e lieta. 5.85.1 Quinci, veggendo che fortuna arriso 5.85.2 al gran principio de gl' inganni avea, 5.85.3 prima ch' il suo pensier le sia preciso, 5.85.4 dispon di trarre al fin opra sí rea, 5.85.5 e meraviglie far col chiaro viso, 5.85.6 piú che con l' arti lor Circe e Medea; 5.85.7 e 'n voce di sirena a' dolci accenti 5.85.8 addormentar le piú svegliate menti. 5.86.1 Ed usa ogni arte onde sia preso e còlto 5.86.2 a la sua rete alcun novello amante: 5.86.3 né con tutti, né sempre un stesso volto 5.86.4 serba, ma varia modi, atti e sembiante. 5.86.5 Or tien pudica il guardo in sé raccolto; 5.86.6 or lo rivolge cupido e vagante: 5.86.7 la sferza in quelli, e 'l freno adopra in questi, 5.86.8 come lor vede in amar lenti o presti. 5.87.1 Ed ove altri da' lacci il piè ritiri 5.87.2 e gli arditi pensier temendo affrene, 5.87.3 apre un benigno riso, e 'n dolci giri 5.87.4 volge le luci piú del ciel serene; 5.87.5 e que' suoi pigri e timidi desiri 5.87.6 sprona ed affida la dubbiosa spene; 5.87.7 ed infiammando l' amorosa voglia, 5.87.8 sgombra ogni gel che la paura accoglia. 5.88.1 Ad altri poi, ch' audace il segno varca 5.88.2 scòrto da cieco e temerario duce, 5.88.3 de' cari detti e de' begli occhi è parca; 5.88.4 e seco tèma e riverenza induce: 5.88.5 ma fra lo sdegno, onde la fronte è carca, 5.88.6 pur anco un raggio di pietá riluce; 5.88.7 ond' egli per timor nulla dispera, 5.88.8 e piú s' invoglia, ove piú sembri altera. 5.89.1 Stassi talvolta tacita e pensosa, 5.89.2 e 'l volto e gli atti suoi compone e finge, 5.89.3 e qualche finta lagrima amorosa 5.89.4 ora tragge su gli occhi, or la rispinge, 5.89.5 come chi teme e lagrimar non osa: 5.89.6 cosí mille alme semplicette astringe; 5.89.7 e 'n foco di pietá strali d' amore 5.89.8 dolci contempra, indi gli avventa al core. 5.90.1 Poi, sí com' ella a quei pensier s' invole, 5.90.2 e novella speranza in lei si deste, 5.90.3 volge a gli amanti il piede e le parole, 5.90.4 e di lieto color s' adorna e veste. 5.90.5 e lampeggiar fa quasi nuovo sole, 5.90.6 il chiaro sguardo e il bel viso celeste 5.90.7 su la nebbia del duolo oscura e folta, 5.90.8 che s' era d' ogni intorno a' cori accolta. 5.91.1 E mentre dolce parla e dolce ride, 5.91.2 e con doppia dolcezza alletta i sensi, 5.91.3 quasi dal petto l' alma e il cor divide, 5.91.4 non prima usata a que' piaceri intensi. 5.91.5 Ahi cieco amor! ch' egualmente n' ancide 5.91.6 l' assenzio e 'l mèl che tu fra noi dispensi; 5.91.7 e co 'l tuo fèro varïar, mortali 5.91.8 tu porgi altrui le medicine e i mali. 5.92.1 Fra sí contrarie tempre, in ghiaccio e 'n foco, 5.92.2 in riso e in pianto, fra paura e spene, 5.92.3 gl' inforsa e rota, e i lor tormenti in gioco 5.92.4 l' ingannatrice donna a prender viene. 5.92.5 E s' alcun mai con dir tremante e fioco 5.92.6 osa parlando appalesar le pene, 5.92.7 finge, quasi in amor rozza e inesperta, 5.92.8 non veder l' alma ne' suoi detti aperta. 5.93.1 O pur le luci vergognose e chine, 5.93.2 e 'l volto d' onestate orna e colora, 5.93.3 e quasi cela altrui le calde brine 5.93.4 sotto le rose, ond' il bel viso infiora; 5.93.5 come spargendo al ciel l' aurato crine 5.93.6 ne l' orïente appar la bella aurora: 5.93.7 e 'l rossor de lo sdegno insieme n' esce 5.93.8 con la vergogna, e si confonde e mesce. 5.94.1 Ma se prevede, e di lontan s' accorge 5.94.2 d' uom che tenti scoprir l' accese voglie, 5.94.3 or gli s' invola, or loco e modo porge, 5.94.4 onde ragioni, e subito il ritoglie. 5.94.5 Cosí il dí tutto in vano error lo scorge, 5.94.6 e stanca ogni speranza al fin gli toglie; 5.94.7 egli riman qual cacciator ch' a sera 5.94.8 perdute ha l' orme di seguíta fèra. 5.95.1 Queste fûr l' arti onde mille alme e mille 5.95.2 prender, quasi di furto, allor poteo; 5.95.3 anzi pur con queste arme essa rapille, 5.95.4 ed a forza d' amor serve le fêo. 5.95.5 Qual meraviglia or fia, se 'l fèro Achille 5.95.6 d' amor fu vinto, ed Ercole e Teseo? 5.95.7 se qual piú casto ancor la spada cinge, 5.95.8 l' empio ne' lacci suoi lega e distringe.
CANTO VI
6.1.1 Mentre in tal guisa i cavalieri alletta 6.1.2 ne l' amor suo l' insidiosa Armida, 6.1.3 né solo i diece a lei promessi aspetta, 6.1.4 ma di seco menarne altri confida: 6.1.5 volge tra sé Goffredo a qual commetta 6.1.6 la dubbia impresa piú secura guida; 6.1.7 ché di tanti guerrier la copia e 'l merto, 6.1.8 e 'l desir di ciascuno il fanno incerto. 6.2.1 Né d' onor, né d' arbitrio alcun dispoglia, 6.2.2 ma, come dritto estima, a tutti impone 6.2.3 ch' a suo senno si scelga, anzi a sua voglia, 6.2.4 chi successor fia eletto al buon Guidone; 6.2.5 cosí di lui non fia ch' altri si doglia, 6.2.6 ch' un medesmo voler sia freno e sprone, 6.2.7 spingendo alcuno, alcun tenendo a forza, 6.2.8 se pur leggi ha virtú cui nulla sforza. 6.3.1 A sé dunque gli chiama e lor favella: 6.3.2 -- Stata è da voi la mia sentenza udita, 6.3.3 ch' era, non di negare a la donzella, 6.3.4 ma di darle, in stagion matura, aita. 6.3.5 Di nuovo la propongo: e ben puote ella 6.3.6 esser da voi, come devria, seguíta; 6.3.7 ché nel secol mutabile e leggiero 6.3.8 costanza è spesso il varïar pensiero. 6.4.1 Ma se stimate ancor che mal convenga 6.4.2 al vostro grado il rifiutar periglio: 6.4.3 e se pur generoso ardire sdegna 6.4.4 quel che troppo gli par tardo consiglio; 6.4.5 non avverrá ch' a forza io vi ritegna, 6.4.6 né quel che giá vi diedi or mi ripiglio: 6.4.7 ma sia con tutti voi, com' esser deve, 6.4.8 il fren del nostro imperio lento e leve. 6.5.1 Dunque lo starne e 'l girne io son contento 6.5.2 che dal vostro voler libero penda. 6.5.3 Ben vo' che pria facciate al duce spento 6.5.4 successor nuovo e di voi cura ei prenda. 6.5.5 Ed invitto di forza e d' ardimento 6.5.6 i diece scelga a far del torto emenda, 6.5.7 ch' in questo il sommo imperio a me riservo: 6.5.8 non sia l' arbitrio suo per altro or servo.-- 6.6.1 Cosí disse Goffredo: e 'l suo germano, 6.6.2 consentendo ciascun, risposta diede: 6.6.3 --Com' è tua propria, o cavalier sovrano, 6.6.4 virtú ch' in alto intende e lunge vede; 6.6.5 cosí il vigor del core e de la mano, 6.6.6 quasi debito a noi, da noi si chiede: 6.6.7 e saria la matura tarditate, 6.6.8 ch' in altri è provvidenza, in noi viltate. 6.7.1 E poi ch' il rischio è di non grave danno, 6.7.2 posto in lance col pro, ch' aggrava e pesa, 6.7.3 te permettente, i pochi eletti andranno 6.7.4 con le genti d' Armida a giusta impresa.-- 6.7.5 Cosí ragiona: e con sí adorno inganno 6.7.6 cerca di ricoprir la mente accesa 6.7.7 sotto altro zelo; ed altri ancor d' onore 6.7.8 fingon desio quel ch' è desio d' amore. 6.8.1 Ma 'l giovinetto Eustachio, il qual rimira 6.8.2 con gelosi occhi il figlio di Lucia, 6.8.3 la cui virtute invidïando ammira, 6.8.4 ch' in sí bel corpo piú cara venía, 6.8.5 nol vorrebbe compagno, e al cor gl' inspira 6.8.6 cauti pensier l' astuta gelosia: 6.8.7 onde, tratto il guerrier lunge e 'n disparte, 6.8.8 ragiona a lui con lusinghevol arte: 6.9.1 -- O di gran padre assai maggior figliuolo, 6.9.2 c' hai d' arme il pregio e di valor perfetto, 6.9.3 or chi sará del valoroso stuolo, 6.9.4 di cui parte noi siamo, in duce eletto? 6.9.5 Io, ch' a Guidon famoso, e primo e solo, 6.9.6 per onor dell' etá, vivea soggetto; 6.9.7 io, fratel di Goffredo, a chi piú deggio 6.9.8 cedere omai? Se tu non sei, nol veggio! 6.10.1 Te la cui nobiltá tutte altre agguaglia, 6.10.2 valore a me prepone e gloria e merto; 6.10.3 né sdegnerebbe in opra di battaglia 6.10.4 cederti il mio fratel ch' è tanto esperto: 6.10.5 te dunque in duce io bramo, ove ti caglia 6.10.6 mostrar qui tua virtú nel campo aperto: 6.10.7 né giá cred' io che quell' onor ti curi, 6.10.8 che da' fatti verrá notturni e scuri. 6.11.1 Non mancherá qui luogo ove dispieghi 6.11.2 la fama tua ch' esser ti deve a grado. 6.11.3 Or io procurerò, se tu nol nieghi, 6.11.4 ch' a te concedan gli altri 'l sommo grado. 6.11.5 Ma perché non so ben dove si pieghi 6.11.6 sí magnanimo core, io tento il guado 6.11.7 per impetrar da te ch' a voglia mia 6.11.8 o segua poscia Armida, o teco i' stia.-- 6.12.1 Qui tacque Eustachio; e questi estremi accenti 6.12.2 non proferí senza arrossarsi in viso, 6.12.3 e i mal celati suoi pensieri ardenti 6.12.4 l' altro conobbe, e 'l dimostrò col riso: 6.12.5 ma perch' in lui colpi d' amor piú lenti 6.12.6 non hanno il petto oltra la gonna inciso, 6.12.7 né la donzella di seguir gli calse, 6.12.8 né ricusò d' amor scuse non false. 6.13.1 Ben altamente è nel pensier tenace 6.13.2 la morte di Guidon quasi scolpita, 6.13.3 e si reca a disnor ch' Argante audace 6.13.4 rimanga ancor lunga stagione in vita; 6.13.5 e parte d' ascoltare ancor gli piace 6.13.6 quel parlar ch' al dovuto onor l' invita; 6.13.7 il giovinetto cor s' appaga e gode 6.13.8 al dolce suon de la verace lode. 6.14.1 Però cosí rispose:-- I gradi primi 6.14.2 men conseguir che meritar desio; 6.14.3 né, dove me la mia virtú sublimi, 6.14.4 di scettri altezza invidïar degg' io: 6.14.5 ma s' a l' onor m' inviti, il qual si stimi 6.14.6 debito a me, non ci verrò restio: 6.14.7 e caro esser mi dé' che sia dimostro 6.14.8 sí bel segno da te del valor nostro. 6.15.1 Dunque io nol chiedo e nol rifiuto, e quando 6.15.2 duce io pur sia, sarai de gli altri eletti.-- 6.15.3 Allora il lascia Eustachio, e va piegando 6.15.4 de' suoi compagni al suo voler gli affetti; 6.15.5 ma chiede a prova il principe Gernando 6.15.6 quel grado: e ben ch' Armida in lui saetti, 6.15.7 men può nel cor superbo amor di donna, 6.15.8 di quel desio d' onor ch' in lui s' indonna. 6.16.1 Sceso Gernando fu da Goti regi, 6.16.2 che di molte provincie ebber l' impero, 6.16.3 e le corone d' oro e i scettri regi 6.16.4 e del padre e de gli avi il fanno altero. 6.16.5 Altero è l' altro de' suoi propri fregi 6.16.6 piú che de l' opre che i passati fêro; 6.16.7 ben che non pur lá sotto 'l freddo plaustro 6.16.8 fosser famose, ma dal Borea a l' Austro. 6.17.1 Essi ancor sin di lá 've il mar circonda 6.17.2 tre regni estremi de la fredda terra, 6.17.3 fuor ch' una parte, che l' instabil onda 6.17.4 non cinge, e muro non circonda e serra, 6.17.5 passâr di Sena ne l' antica sponda; 6.17.6 e quivi soggiogâr le genti in guerra, 6.17.7 possenti in arme, e gloriosi e grandi, 6.17.8 detti Norvegi prima e poi Normandi. 6.18.1 Quinci nel fortunato almo terreno 6.18.2 sen venne ad onorate imprese eccelse 6.18.3 giá Roberto Guiscardo, e press' al seno 6.18.4 del mar d' Adria sonante il lido scelse; 6.18.5 e 'ngombrando di lá sino al Tirreno 6.18.6 la Puglia e 'l Principato, albergo fêlse, 6.18.7 e 'n Pachino, e 'n Peloro, e 'n Lilibeo 6.18.8 lasciò di greche spoglie alto trofeo. 6.19.1 E l' isola del foco, e 'l monte adusto 6.19.2 mirâr la gloriosa antica insegna, 6.19.3 sottratti al giogo pur del greco Augusto, 6.19.4 mentre il torto cammino errando ei segna: 6.19.5 e d' ubbidir, quasi tiranno ingiusto, 6.19.6 al vicario di Cristo il reo disdegna. 6.19.7 Nacquer sotto il benigno e chiaro cielo 6.19.8 gli altri, dove si tempra ardore e gelo. 6.20.1 E com' arbor traslata in nobil parte, 6.20.2 a l' aure fresche, a' tepidi splendori, 6.20.3 alza il crine e le braccia intorno sparte, 6.20.4 spiegando verdi fronde e frutta e fiori, 6.20.5 ché 'l sol gli splende amico e Giove e Marte: 6.20.6 cosí fra le vittorie e fra gli onori 6.20.7 di peregrina stirpe i pregi accrebbe 6.20.8 la bella Italia, a cui tant' ella debbe. 6.21.1 Ma 'l barbaro signor, che sol misura 6.21.2 quanto il proprio valor oltra si stenda, 6.21.3 e per sé stima ogni virtute oscura, 6.21.4 cui titolo regal chiara non renda; 6.21.5 non può soffrir ch' in ciò ch' egli procura, 6.21.6 seco di merto il cavalier contenda; 6.21.7 e se n' adira sí, ch' a l' ira ei porre 6.21.8 non puote il freno, e 'l suo furor trascorre. 6.22.1 Tal ch' il maligno spirito d' Averno 6.22.2 ch' in lui strada sí larga aprir si vede, 6.22.3 tacito in sen gli serpe, ed al governo 6.22.4 de' suoi pensieri lusingando or siede: 6.22.5 e qui sempre lo sdegno e l' odio interno, 6.22.6 acceso infiamma, e 'l cor avvampa e fiede, 6.22.7 e quasi nube che si squarcia e tuona, 6.22.8 mesta voce ne l' alma a lui risuona: 6.23.1 -- Teco giostra Riccardo: a te s' agguaglia 6.23.2 quel che si vanta pur de gli avi suoi, 6.23.3 quasi uom per corseggiare in pregio saglia, 6.23.4 e i ladroni del mar sien degni eroi. 6.23.5 Deh! quali arti di pace e di battaglia, 6.23.6 giá fra gli occidentali e fra gli Eoi, 6.23.7 da lor usate ei narra? e non si scorna, 6.23.8 mentre de' suoi prede e rapine adorna? 6.24.1 Perdere omai non può, ché certo vinse 6.24.2 quel dí che tuo avversario egli divenne: 6.24.3 che diran poi le genti? «ei non s' infinse, 6.24.4 ma con Gernando in gran contesa venne». 6.24.5 Potea quel grado che Guidone estinse 6.24.6 a te gloria recar, perch' egli il tenne: 6.24.7 ma da te il grado stesso onore attese; 6.24.8 costui scemò suo pregio, allor che 'l chiese. 6.25.1 E se, poich' altri piú non parla e spira, 6.25.2 l' opere de' mortali o vede o sente; 6.25.3 come credi ch' in ciel di sdegno e d' ira 6.25.4 il buon duce Guidon si mostri ardente? 6.25.5 mentre in questo superbo i lumi gira, 6.25.6 ed al suo temerario ardir pon mente: 6.25.7 che seco, omai l' etá sprezzando e 'l merto, 6.25.8 fanciullo osa agguagliarsi e poco esperto. 6.26.1 E l' osa pur, e 'l tenta, e ne riporta 6.26.2 in vece di castigo onore e laude, 6.26.3 e v' è chi ne 'l consiglia e ne l' esorta, 6.26.4 (o vergogna comune!) e chi gli applaude. 6.26.5 Ma se Goffredo il vede, e gli comporta 6.26.6 ch' al tuo onore egli faccia oltraggio o fraude, 6.26.7 nol soffrir tu; né giá soffrirlo déi, 6.26.8 ma ciò che puoi dimostra, e ciò che sei.-- 6.27.1 Al suon di queste voci arde lo sdegno, 6.27.2 e cresce in lui, quasi commossa face; 6.27.3 né bastandogli il cor gonfiato e pregno, 6.27.4 per gli occhi n' esce e per la lingua audace. 6.27.5 Ciò che di temerario, o pur d' indegno 6.27.6 crede in Riccardo, ei non l' asconde e tace: 6.27.7 ma pazzo il finge, e 'n quella etate acerba 6.27.8 vana è la gloria e la virtú superba. 6.28.1 E quanto di magnanimo e d' altero, 6.28.2 e d' eccelso e sublime in lui risplende, 6.28.3 tutto, adombrando con mal' arte il vero, 6.28.4 pur come vizio sia, biasma e riprende. 6.28.5 E nel parlar l' intrepido guerriero 6.28.6 nemico suo de l' onte il suono intende, 6.28.7 né però sfoga l' ira, o si raffrena 6.28.8 quel cieco impeto in lui ch' a morte il mena. 6.29.1 Perch' il demon, che lui rapisce e muove 6.29.2 di spirto in vece, e forma ogni suo detto, 6.29.3 fa che gl' ingiusti oltraggi ognor rinnove, 6.29.4 ésca aggiungendo a l' infiammato petto. 6.29.5 Loco è nel campo, chiuso, a tutte prove 6.29.6 da' valorosi cavalieri eletto, 6.29.7 dove ozïosa la virtú non langue; 6.29.8 ben che cessin talor le morti e 'l sangue. 6.30.1 Or quivi, allor che v' è turba piú folta 6.30.2 pur come è suo destin, Riccardo accusa: 6.30.3 e quasi acuto strale, in lui rivolta 6.30.4 la lingua, del venen d' Averno infusa; 6.30.5 e vicino è Riccardo, e quasi ascolta; 6.30.6 ma pur l' ira tenendo in sé rinchiusa, 6.30.7 a lui s' appressa, e dice:-- A te concedo 6.30.8 l' alto grado, signor, se troppo io chiedo.-- 6.31.1 -- Quel che concedi tu da te non voglio, 6.31.2 ché, non essendo tuo, non puoi tu darlo,-- 6.31.3 rispose l' altro con maggior orgoglio, 6.31.4 pur com' ei fosse il successor di Carlo. 6.31.5 -- Ma s' io son quel ch' io era, e qual io soglio, 6.31.6 perché teco e di ciò contendo e parlo?-- 6.31.7 -- E chi sei tu?-- soggiunse il gran Riccardo, 6.31.8 volgendo in lui turbato e fèro sguardo. 6.32.1 -- Io son figlio di re, dicea Gernando, 6.32.2 e gli avi miei regnâr lá sotto il polo, 6.32.3 lá donde i tuoi fuggîr cacciati in bando, 6.32.4 e cercâr d' altri lidi estranio suolo.-- 6.32.5 -- Prima i miei vi regnâr, e poscia errando 6.32.6 spiegâr di mille vele ardito il volo, 6.32.7 come Francone, e 'l pio figliuol d' Anchise,-- 6.32.8 replicò il bel Riccardo; e qui sorrise. 6.33.1 E l' altro:-- Antica turba e fuggitiva 6.33.2 tu lodi, e caso oscuro, e nome incerto;-- 6.33.3 ma Riccardo riprese:-- Algente riva 6.33.4 non biasmo e lido sterile e deserto, 6.33.5 ove la vaga fama a pena arriva, 6.33.6 e lunga notte oscura il chiaro merto: 6.33.7 perch' ivi ancor la fredda orribil ombra 6.33.8 de' nostri antichi i pregi or non adombra. 6.34.1 Ma Goffredo e 'l fratel, quasi combusto 6.34.2 mezzo l' imperio, e gran cittati accese, 6.34.3 pria dimostrâr come quel regno è giusto, 6.34.4 cui gran valore acquista in alte imprese: 6.34.5 ch' a l' un diè Frisa in dote il saggio Augusto, 6.34.6 Crasso, dich' io; né fece aspre contese: 6.34.7 ma quella fiamma che turbollo e vinse, 6.34.8 con le nozze d' Egidia alfin s' estinse. 6.35.1 Poscia Rollon, solcate l' onde salse, 6.35.2 e di Mano lasciato il simulacro, 6.35.3 idol bugiardo, e leggi ingiuste e false, 6.35.4 portò sante reliquie a tempio sacro. 6.35.5 Carlo il semplice far non volle o valse 6.35.6 contrasto e 'n puro il tenne ampio lavacro; 6.35.7 genero eletto, indi Roberto il noma: 6.35.8 da' nepoti Inghilterra è vinta e doma. 6.36.1 Né sol l' alta corona ivi risplende 6.36.2 ognor piú chiara al varïar de' lustri; 6.36.3 ma quanto l' Oceàno i seni estende, 6.36.4 son de' miei gran Normandi i merti illustri: 6.36.5 lascia l' antico nome e 'l nuovo prende, 6.36.6 Neustria per loro, e avvien ch' indi s' illustri: 6.36.7 e del gran Carlo il glorïoso sangue 6.36.8 misto è col nostro, il cui valor non langue. 6.37.1 Poi di Serlone e di Guiscardo il duce, 6.37.2 e di Guglielmo dal possente braccio, 6.37.3 l' eterna gloria piú del sol riluce, 6.37.4 lá dove tosto solve il freddo ghiaccio. 6.37.5 Sotto un bel ciel ch' ha piú serena luce 6.37.6 nacque egli ed io, che troppo in ciò mi piaccio; 6.37.7 e ben può dar quel regno ancora afflitto 6.37.8 a magnanime imprese il duce invitto. 6.38.1 E se fu nato oltra 'l nevoso monte 6.38.2 quel cavalier che ne reggea pur dianzi, 6.38.3 chieder poss' io, senza arrossarmi in fronte, 6.38.4 a l' Italia gentil quel grado; ed anzi 6.38.5 amo un sepolcro e note illustri e conte, 6.38.6 ch' il barbaro valore il nostro avanzi.-- 6.38.7 --Chiedi a te stesso pure, o duce egregio, 6.38.8 (l' altro rispose) in guerra il primo pregio.-- 6.39.1 -- A me non giá, che per usanza e stile 6.39.2 cedo (rispose) a cavaliero antiquo; 6.39.3 ma tu, ch' esser dovresti a' buon' simile, 6.39.4 or giudice di me sei troppo iniquo.-- 6.39.5 --Menti, gridava, temerario e vile,-- 6.39.6 l' altro che troppo avea l' animo obliquo. 6.39.7 E Riccardo gridò:-- Vedrai ben s' erro;-- 6.39.8 e nudo strinse con la destra il ferro. 6.40.1 Parve un tuono la voce, e 'l ferro un lampo 6.40.2 che di folgore acceso annunzio apporte. 6.40.3 Tremò colui, né vide fuga o scampo 6.40.4 de la vicina e minacciosa morte. 6.40.5 Pur fa sembiante d' uom ch' in duro campo 6.40.6 abbia intrepido schermo, animo forte: 6.40.7 e 'l gran nemico attese, e 'l ferro tratto, 6.40.8 si dimostrò gran difensore in atto. 6.41.1 Quasi in quel punto mille spade ardenti 6.41.2 fiammeggiâr, mille gridi udîrsi insieme, 6.41.3 ché varia turba di pietose genti 6.41.4 d' ogni intorno v' accorre e s' urta e preme; 6.41.5 d' incerte voci e di confusi accenti 6.41.6 un suon per l' aria si raggira e freme, 6.41.7 qual s' ode in riva al mar, ove confonda 6.41.8 il vento i suoi co 'l mormorar de l' onda. 6.42.1 Ma per le voci altrui giá non s' allenta 6.42.2 ne l' offeso guerrier l' impeto e l' ira; 6.42.3 sprezza i gridi e gli schermi e ciò che tenta 6.42.4 chiudergli il varco ed a vendetta aspira: 6.42.5 e fra gli uomini e l' arme oltra s' avventa, 6.42.6 e la fulminea spada intorno gira, 6.42.7 sí che le vie si sgombra, e rompe il cerchio, 6.42.8 e solo al suo nemico ei par soverchio. 6.43.1 E con la man, ne l' ira anco maestra, 6.43.2 raddoppia i fèri colpi e gli comparte: 6.43.3 or al petto, or al capo, or a la destra 6.43.4 tenta ferirlo, or a la manca parte: 6.43.5 e impetuosa e rapida la destra 6.43.6 è in guisa tal, che gli occhi inganna e l' arte; 6.43.7 sí che improvvisa, inaspettata giunge 6.43.8 dove manco si teme, e fére e punge. 6.44.1 Non cessa mai, sin che nel seno immersa 6.44.2 non gli ha una volta e due la fèra spada: 6.44.3 cade colui su le ferite, e versa 6.44.4 l' alma e gli spirti fuor per ampia strada: 6.44.5 e lei ripon, ancor di sangue aspersa, 6.44.6 il vincitor, né sovra lui piú bada; 6.44.7 ma gli sdegni e 'l furor ripone a tempo; 6.44.8 perché basta a grand' ira un picciol tempo. 6.45.1 Tratto al romore il pio Goffredo intanto, 6.45.2 vede tumulto, orror, lutto improvviso: 6.45.3 steso Gernando, il crin di sangue e 'l manto 6.45.4 asperso e molle, e pien di morte il viso. 6.45.5 Ode i sospiri e le querele e 'l pianto, 6.45.6 che molti fan sopra il guerriero ucciso. 6.45.7 E chiede:-- In questo loco ove men lece, 6.45.8 ahi! chi osò cotanto e tanto fece?-- 6.46.1 Arnalto, un de' piú cari al prence estinto, 6.46.2 narra il caso (e 'n narrando il fa piú greve): 6.46.3 che Riccardo l' uccise e fu sospinto 6.46.4 da leggiera cagion d' impeto leve; 6.46.5 e che quel ferro il qual per Cristo è cinto, 6.46.6 ne' cristiani rivolto esser non deve; 6.46.7 e sprezzato il suo impero, e que' divieti 6.46.8 che fe' pur dianzi, e che non fûr secreti: 6.47.1 e ch' egli è reo di morte e dentro al vallo 6.47.2 dovrebbe, per l' editto, esser punito; 6.47.3 sí perch' in se medesmo è grave il fallo. 6.47.4 sí perch' in loco tale egli è seguíto, 6.47.5 che non merta perdón: se pur avrallo, 6.47.6 fia ciascun altro co 'l suo esempio ardito; 6.47.7 e che gli offesi alfin quella vendetta 6.47.8 vorran pur far che solo a lui s' aspetta. 6.48.1 Onde per tal cagion discordie e risse 6.48.2 nascer potrian fra quella parte e questa. 6.48.3 Rammentò i merti de l' estinto, e disse 6.48.4 tutto ciò che pietade o sdegno desta, 6.48.5 onde gli animi altrui quasi trafisse. 6.48.6 Prese Ruperto la difesa onesta. 6.48.7 Goffredo ascolta, e 'n rigida sembianza 6.48.8 porge piú di timor che di speranza. 6.49.1 Soggiunse allor Tancredi:-- Or ti sovvegna, 6.49.2 alto signor, chi sia Riccardo e quale; 6.49.3 qual per se stesso onore a lui convegna, 6.49.4 e de l' opere sue gloria immortale, 6.49.5 e qual per tutti noi. Non dée chi regna 6.49.6 a tutti i falli dar la pena eguale. 6.49.7 Vario è l' istesso error ne' gradi vari, 6.49.8 e sol la paritate è giusta a' pari.-- 6.50.1 Risponde il duce allor:-- Da' piú sublimi 6.50.2 l' ubbidïenza omai s' insegni a' bassi. 6.50.3 Mal consigli, Tancredi, e male stimi, 6.50.4 se vuoi che senza pena il fallo io lassi. 6.50.5 Qual fôra imperio il mio s' a' vili ed imi 6.50.6 sol, duce de la plebe,io comandassi? 6.50.7 Indegno scettro e vergognoso impero, 6.50.8 se con tal patto ei piace, io giá nol chero. 6.51.1 Ma libero fu dato e venerando; 6.51.2 né l' onor suo né 'l suo timor si scemi, 6.51.3 e so ben io come si deggia, e quando, 6.51.4 ora diverse impor le pene, e i premi, 6.51.5 or la medesma equalitá serbando, 6.51.6 non distinguer dagl' infimi i supremi.-- 6.51.7 Cosí dicea; né rispondea colui, 6.51.8 vinto da riverenza, a' detti sui. 6.52.1 Raimondo, imitator de la severa 6.52.2 rigida antichitá, lodava i detti: 6.52.3 --Con quest' arte, dicea, chi bene impera, 6.52.4 si rende venerabile a' soggetti: 6.52.5 perché zoppa è la legge e non intera, 6.52.6 ov' altri d' ogni error perdono aspetti. 6.52.7 Cade ogni regno, e ruinosa è, senza 6.52.8 sostegno di timor, folle clemenza.-- 6.53.1 Cosí dicean fra lor, quando comparve 6.53.2 Riccardo in quel magnanimo sembiante; 6.53.3 però che senza colpa aver gli parve 6.53.4 il suo medesmo onor difeso avante. 6.53.5 Ogni ardimento al suo apparir disparve 6.53.6 da' suoi nemici. E 'l cavalier costante 6.53.7 dicea, senza timore e senza duolo, 6.53.8 tacendo tutti al ragionar d' un solo: 6.54.1 -- Signor, la sua follia Gernando estinse, 6.54.2 non colpa mia, che che l' uom pensi o parli. 6.54.3 Me 'l suo furor, me l' onor mio costrinse; 6.54.4 né quel ch' egli cercò potei negarli. 6.54.5 S' altri poi la menzogna ornando finse, 6.54.6 né déi tu fede alcuna o speme darli; 6.54.7 ch' io sosterrò ch' è mentitor fallace 6.54.8 in questo campo ove colui si giace.-- 6.55.1 Cosí diss' egli; e 'l capitan turbato 6.55.2 rispose e quell' intrepido guerriero: 6.55.3 -- Non vo' che mostri tu nel campo armato, 6.55.4 ma ristretto in prigion, se dici il vero; 6.55.5 ch' assai del sangue nostro hai giá versato 6.55.6 altrove e qui; né questo è 'l dí primiero. 6.55.7 Qui giudice son io de l' altrui morte, 6.55.8 né i miei giudizi usurperá la sorte.-- 6.56.1 Ma piú di lui turbato allor Riccardo, 6.56.2 con faccia irata e, come notte, oscura, 6.56.3 gli rispondeva, e con feroce sguardo 6.56.4 da spaventare ogni anima secura: 6.56.5 -- Non hai, Goffredo, a' merti miei riguardo 6.56.6 né del mio buon servir giusta misura; 6.56.7 né grato d' opre sei d' alto coraggio, 6.56.8 ma tua somma giustizia è sommo oltraggio. 6.57.1 Io giá soffrir non voglio oltraggi ed onte 6.57.2 di gente vile al tuo rigor ministra.-- 6.57.3 Cosí parlò crollando altera fronte, 6.57.4 e su 'l pugnale avea la man sinistra. 6.57.5 Molti membrâr qual giá parea su 'l ponte, 6.57.6 quando da' Franchi ei difendea Murmistra, 6.57.7 e 'ngombrato di corpi al fiume il fondo, 6.57.8 il fe' correr piú tardo al mar profondo. 6.58.1 E dicean:-- Parve questi al dubbio varco 6.58.2 Orazio sol contra Toscana tutta, 6.58.3 senza colpo temer di lancia e d' arco: 6.58.4 e forse quella gente avria destrutta, 6.58.5 se del corsier non era il grave incarco 6.58.6 caduto ove la riva è meno asciutta.-- 6.58.7 Cosí dicean, quando chetò il bisbiglio 6.58.8 del vecchissimo duce il buon consiglio. 6.59.1 E disse:-- O Dio, gran dolor certo avranno, 6.59.2 Italia e Francia, e i segni fidi a Cristo; 6.59.3 gioia a l' incontro il barbaro tiranno, 6.59.4 e i figli e 'l volgo pauroso e tristo, 6.59.5 gioia del nostro error, del nostro danno; 6.59.6 e fia impedito il glorïoso acquisto, 6.59.7 ove ascoltin di noi piú forti e saggi, 6.59.8 sdegni e contese e 'ngiurïosi oltraggi. 6.60.1 Ma udite i miei consigli e i miei conforti; 6.60.2 ché de gli egri mortali oggi il piú antico 6.60.3 son io, che vissi con gli eroi piú forti 6.60.4 che me non disprezzâr, giovine amico: 6.60.5 né vedrò mai, qual io giá in guerra ho scorti 6.60.6 Carlo, Orlando, Egerardo, Anselmo, Enrico, 6.60.7 e regi e duci tributari, e tanti, 6.60.8 simili a Marte, cavalieri erranti. 6.61.1 De' fortissimi giá contesa e guerra, 6.61.2 e tra' Sassoni io vidi e tra' Lombardi, 6.61.3 che fortissimi allor l' antica terra 6.61.4 produsse i corpi, or son piú frali e tardi; 6.61.5 pure il nostro parer, ch' or piú non erra, 6.61.6 udivan que' possenti e que' gagliardi. 6.61.7 Però s' a voi d' udirmi ancora aggrada, 6.61.8 ceda a grave consiglio acuta spada. 6.62.1 Tu che d' onor sei primo e di possanza, 6.62.2 e varie affreni invitte estranie genti, 6.62.3 quando la dignitá tutt' altre avanza, 6.62.4 tanto piú la clemenza usar convienti. 6.62.5 E tu, che, pien di giovanil baldanza, 6.62.6 troppo hai pronta la mano e l' ire ardenti, 6.62.7 non contender con lui, che scettro o regno 6.62.8 non ebbe re giammai piú giusto o degno. 6.63.1 E se la forza tua niun pareggia 6.63.2 de gli altri, che passâro il mare e i monti, 6.63.3 è dritto pur che tu ubbidire il deggia, 6.63.4 ché gli altri duci ad ubbidir son pronti. 6.63.5 E niuna virtú di chi guerreggia 6.63.6 fa che piú l' altrui gloria al ciel sormonti; 6.63.7 L' ubbidïenza a' primi gradi estolle 6.63.8 nel campo il buon guerrier, non l' ira folle.-- 6.64.1 Tacque: e, rivolto a lui, dicea Goffredo: 6.64.2 --O d' etate, e d' onore a tutti padre, 6.64.3 che tu abbi detto il vero a te concedo, 6.64.4 ma questo, vago sol d' opre leggiadre, 6.64.5 tinto del sangue pio con gli occhi or vedo, 6.64.6 e 'l vidi spesso conturbar le squadre: 6.64.7 or la prigion ricusa, anzi il perdóno, 6.64.8 e gloria de le colpe aspetta e dono.-- 6.65.1 Cosí disse ei: né il suo parlar sofferse 6.65.2 piú lungamente il cavalier feroce. 6.65.3 --E chi sí pronto (soggiungea) s' offerse 6.65.4 al cenno suo, senz' aspettar la voce, 6.65.5 incontra genti Lidie, Assire, o Perse, 6.65.6 e 'n ogni parte ove spiegò la croce? 6.65.7 Di ciò m' accusa, e piú d' altro si sdegna, 6.65.8 né par che mia buona opra a lui sovvegna. 6.66.1 Ma se guerra apparecchia o guerra move 6.66.2 a Sion, e l' Egitto, al Perso, al Mauro, 6.66.3 comandi, io corro a le animose prove, 6.66.4 senza premio sperar di regni o d' auro. 6.66.5 O qui si pugni o si guerreggi altrove, 6.66.6 non voglio io di prigione ampio restauro, 6.66.7 né del mio travagliar questo riposo, 6.66.8 perch' altri ei faccia grande, altri famoso. 6.67.1 Dunque non sia guerrier, ned uom ch' ardisca 6.67.2 stendere in me l' ingiurïosa mano, 6.67.3 perch' i suoi detti io tema o riverisca, 6.67.4 o correrá di sangue intorno il piano: 6.67.5 ma la sua nuova gloria e l' etá prisca, 6.67.6 con gli altri esalti il cavalier soprano.-- 6.67.7 Cosí diceva; e si partia guardando, 6.67.8 se v' è chi pensi vendicar Gernando. 6.68.1 Ma perché le sentenze e i detti accolse 6.68.2 Tancredi, e piú fra lor non si ritenne, 6.68.3 che spronando un destrier subito ei volse 6.68.4 in guisa tal, che parve aver le penne; 6.68.5 Riccardo, poich' irato indi si tolse, 6.68.6 pensoso e tardo al caro albergo venne; 6.68.7 qui Tancredi trovollo, e qui solingo: 6.68.8 --Di molte cose (ei dice) un fascio io stringo. 6.69.1 Sará lo sdegno e sará l' ira eterna, 6.69.2 s' a te perdón si nega, altrui la pace. 6.69.3 Ma ben ch' in parte troppo ascosa e 'nterna 6.69.4 il pensier de' mortali occulto giace, 6.69.5 pur ardisco affermare (a quel ch' io scerna) 6.69.6 il duce pio, che non s' infinge, o tace 6.69.7 la sua somma giustizia, or te soggetto, 6.69.8 non morto vuole, e 'n sua prigion ristretto.-- 6.70.1 Sorrise allor Riccardo; e con un volto 6.70.2 in cui tra l' ira lampeggiò lo sdegno: 6.70.3 -- Dunque sarò, disse, io ne' lacci involto? 6.70.4 Resta la mia prigione, o 'l mio ritegno. 6.70.5 Un' altra volta io porgerò, disciolto, 6.70.6 la destra disarmata al nodo indegno; 6.70.7 e chiuso mi vedran, quasi rubello, 6.70.8 l' un dopo l' altro vincitor fratello? 6.71.1 Io che non ebbi tèma o danno unquanco 6.71.2 di schiere armate, anzi le ruppi e sparsi, 6.71.3 io che teco Cilicia al duce Franco 6.71.4 dièi vinta, e sei cittá distrussi ed arsi, 6.71.5 senza elmo in testa e senza spada al fianco 6.71.6 or mi vivrò, qual giá fanciullo apparsi? 6.71.7 Se tutte l' arme mie fosser di vetro, 6.71.8 non devrebbe chiamarmi al carcer tetro. 6.72.1 Ma s' a' meriti miei questa mercede 6.72.2 Goffredo rende e vuole omai legarme, 6.72.3 pur com' io fossi un uom del volgo, e crede 6.72.4 a l' indegna prigion deluso trarme: 6.72.5 venga egli o mande; io terrò fermo il piede: 6.72.6 giudici fian tra noi la sorte e l' arme. 6.72.7 Fèra tragedia vuol che s' appresenti, 6.72.8 per lor trastullo, a le nemiche genti.-- 6.73.1 Ciò detto, l' arme chiede, e 'l capo e 'l busto 6.73.2 di finissimo acciaio adorno ei rende; 6.73.3 e 'n sembiante magnanimo ed augusto, 6.73.4 come folgore suol, riluce e splende; 6.73.5 né grave di quel peso o 'n parte onusto, 6.73.6 la sua fatale spada al fianco appende; 6.73.7 quella ond' apriva il genitor Guglielmo 6.73.8 da forte braccio, ogni lorica ed elmo. 6.74.1 Grave talor de gli altri arnesi e carco, 6.74.2 Ruperto ebbe, e 'l fratello il petto e 'l dorso; 6.74.3 ma di questa ei sol volge il grave incarco 6.74.4 che diè vittoria a' suoi, non pur soccorso: 6.74.5 ed armato n' andria leggero e scarco, 6.74.6 come l' uom nudo o pur destriero al corso; 6.74.7 e sembreria pardo o leone al salto, 6.74.8 dando a' fèri nemici il fèro assalto. 6.75.1 Tancredi intanto il suo acerbo despitto 6.75.2 e 'l suo disdegno mitigar procura: 6.75.3 --Io so ch' al tuo valor, giovine invitto, 6.75.4 piana sarebbe ogni erta impresa e dura; 6.75.5 e che fra l' armi d' Asia o pur d' Egitto, 6.75.6 la tua virtú n' andrebbe ancor secura, 6.75.7 ma non consenta Dio ch' ella si mostri 6.75.8 oggi sí crudelmente a' danni nostri. 6.76.1 Deh vorrai forse d' innocente sangue 6.76.2 la valorosa mano oggi macchiarte? 6.76.3 E con le piaghe del suo volgo esangue 6.76.4 trafigger Cristo, ond' ei son membra e parte? 6.76.5 Gloria vana ed onor ch' imbruna e langue, 6.76.6 e come onda di mar sen viene e parte, 6.76.7 potranno in te piú che l' amore e 'l zelo 6.76.8 di quella gloria che ci eterna in cielo? 6.77.1 Ah no, per Dio. Vinci te stesso, e spoglia 6.77.2 questa feroce tua mente superba. 6.77.3 Cedi, s' alto desio d' onor t' invoglia, 6.77.4 ch' in ciel palma e corona a te si serba; 6.77.5 e se pur degno ond' altri esempio toglia, 6.77.6 me giudicasti in quella etá piú acerba, 6.77.7 rammenta ch' io sprezzai sotto quel freno 6.77.8 di modesta fortuna, oro e terreno. 6.78.1 Ch' avendo noi presa Cilicia e doma, 6.78.2 e l' insegne spiegate in lei di Cristo, 6.78.3 e scossa a' fidi suoi l' indegna soma, 6.78.4 Baldovin usurpò quel novo acquisto, 6.78.5 e privò de le spoglie Italia e Roma; 6.78.6 ch' io prima del pensier non m' era avvisto: 6.78.7 poi non volli impedir l' alta vittoria, 6.78.8 sí ch' egli il regno s' ebbe e noi la gloria. 6.79.1 Ma se nova prigion tu pur ricusi, 6.79.2 e del severo imperio il grave pondo, 6.79.3 e seguir vuoi le opinïoni e gli usi, 6.79.4 che per legge d' onore approva il mondo, 6.79.5 io sarò quel che te difenda e scusi: 6.79.6 tu lontano ricovra a Boemondo; 6.79.7 ch' ivi secura ancor d' ingrato oltraggio 6.79.8 splenderá tua virtú con vivo raggio. 6.80.1 Ben tosto fia, se qui pur contra avremo 6.80.2 l' arme d' Egitto, o d' altro re pagano, 6.80.3 ch' assai piú chiaro il tuo valor supremo 6.80.4 n' apparirá, mentr' egli fia lontano; 6.80.5 senza cui debol fôra il duce e scemo, 6.80.6 quasi capo a cui tronco è braccio, o mano.-- 6.80.7 Qui giunge ancora Eustachio e i detti approva: 6.80.8 e vuol che senza indugio indi si mova. 6.81.1 Ai lor consigli la sdegnosa mente 6.81.2 de l' ardito garzon si volge e piega, 6.81.3 tal che, cedendo, di partir repente 6.81.4 lunge dal campo a' fidi suoi non nega. 6.81.5 Molta intanto vi tragge amica gente, 6.81.6 e seco andarne ognun procura e prega: 6.81.7 ei Ruperto e 'l fratel ricusa ancora, 6.81.8 e 'n disparte con lor si lagna e plora. 6.82.1 -- O fratello e compagno amato e caro, 6.82.2 me lunge porterá cavallo o barca 6.82.3 da questo campo ov' il mio duce avaro, 6.82.4 anzi il mio fato, ha man severa e parca: 6.82.5 né forse avrò piú di sereno e chiaro 6.82.6 né bianco fil per me l' invida parca, 6.82.7 dove il tuo si recida; e son vicine 6.82.8 l' ore del pianto e 'l troppo acerbo fine. 6.83.1 Ma restar non m' è dato e non mi lice 6.83.2 di condur meco voi nel grave esiglio; 6.83.3 e prego che reggiate ambo in mia vice 6.83.4 le genti che Lucia promette al figlio, 6.83.5 e 'n piú nobile impresa e piú felice 6.83.6 vittoria abbiate: io cerco altro periglio; 6.83.7 né so quel ch' avverrá di rischio in rischio, 6.83.8 o se fortuna pur m' attende al vischio. 6.84.1 Ma se mi fia contraria aspra ventura, 6.84.2 o se m' aggiunge inaspettata morte, 6.84.3 consolatemi lei, che sí secura, 6.84.4 passando il mare, ebbe dubbiosa sorte; 6.84.5 e mostrò, qual Geltruda, o qual Gutura, 6.84.6 seguendo i figli, alma pudica e forte.-- 6.84.7 Cosí dice egli; e con turbata faccia, 6.84.8 gli bacia lagrimando e 'nsieme abbraccia. 6.85.1 Parte, e porta un desio d' eterna ed alma 6.85.2 gloria ch' a nobil core è sferza e sprone. 6.85.3 A magnanime imprese intenta ha l' alma, 6.85.4 e pensa di trionfi e di corone; 6.85.5 e tra fèri nemici o morte o palma 6.85.6 per la fede acquistar d' aspra tenzone; 6.85.7 veder le porte Caspie e gli aspri monti 6.85.8 del Caucaso, e del Nil l' ascose fonti. 6.86.1 Poi che, partendo, il cavalier feroce 6.86.2 da' cari amici suoi prese congedo, 6.86.3 non indugia Ruperto, anzi veloce 6.86.4 va dove estima ritrovar Goffredo; 6.86.5 lo qual, come lui vide, alza la voce: 6.86.6 -- Signor, dicendo, a punto or te richiedo; 6.86.7 e mandato pur dianzi a ricercarti 6.86.8 aveva i nostri araldi in varie parti.-- 6.87.1 Poi fa ritrarre ogni altro e 'n basse note 6.87.2 gli ragiona cosí:-- Troppo mi spiace, 6.87.3 che di Guiscardo invitto il fier nepote 6.87.4 la guerra allunghi e turbi a noi la pace; 6.87.5 e mal (s' io dritto estimo) addursi or puote 6.87.6 vera e giusta cagion del fatto audace; 6.87.7 e piú mi spiacerá ch' arroge al danno, 6.87.8 ma tutti duce egual Goffredo avranno. 6.88.1 S' inchini dunque a me, libero vegna: 6.88.2 questo ch' io posso a' merti suoi consento. 6.88.3 Ma s' egli sta ritroso, o se ne sdegna, 6.88.4 (conosco quel suo indomito ardimento) 6.88.5 tu di condurlo e proveder t' ingegna, 6.88.6 ch' ei non costringa uom mansueto e lento 6.88.7 ad esser del suo editto e del suo impero 6.88.8 vendicator, quanto è ragion, severo.-- 6.89.1 Cosí disse; e Ruperto a lui rispose: 6.89.2 -- Anima non potea d' infamia schiva 6.89.3 ascoltar le parole ingiurïose, 6.89.4 e non farne repulsa ove l' udiva. 6.89.5 E se 'l duro avversario a morte ei pose, 6.89.6 chi è che 'l segno a giusta ira prescriva? 6.89.7 chi conta i colpi? o la dovuta offesa, 6.89.8 mentre arde la tenzon, misura e pesa? 6.90.1 Ma ch' egli venga a te, duce sovrano, 6.90.2 che dal dritto cammino ira non torse, 6.90.3 duolmi ch' esser non può: ratto e lontano, 6.90.4 il tuo sdegno temendo, armossi e corse. 6.90.5 Ben m' offro io di provar con questa mano 6.90.6 a lui ch' a torto in falsa accusa il morse, 6.90.7 e s' altri v' è ch' abbia maggior coraggio, 6.90.8 ch' ei puní giustamente ingiusto oltraggio. 6.91.1 A ragion, dico, le superbe corna 6.91.2 fiaccò del folle e temerario orgoglio; 6.91.3 tal ch' ogni suo nemico or se ne scorna: 6.91.4 ma se 'l bando obliò, di ciò mi doglio.-- 6.91.5 --Vada, disse Goffredo, e se non torna, 6.91.6 ei fa gran senno, ed erri: io qui non voglio 6.91.7 che sparga seme tu di nuove liti: 6.91.8 deh sian gli sdegni vostri anco forniti.-- 6.92.1 Di procurar frattanto il suo soccorso 6.92.2 non cessò mai l' ingannatrice rea 6.92.3 ch' umilïato avrebbe il cor d' un orso, 6.92.4 tanto l' ingegno e la beltá potea. 6.92.5 Ma quando i suoi destrier sospinse al corso 6.92.6 la notte che 'l gran carro in ciel volgea, 6.92.7 ella ebbe tregua de' sospir col sole, 6.92.8 qual donna ch' onestate onora e cole. 6.93.1 E benché sia mastra d' inganni, e i suoi 6.93.2 modi gentili e le maniere accorte; 6.93.3 e bella sí, ch' il ciel prima né poi 6.93.4 altrui non diè maggior bellezza in sorte; 6.93.5 onde i piú scelti e i piú famosi eroi 6.93.6 del suo piacer giá presi avea sí forte, 6.93.7 che tutti vanno indietro altri diletti, 6.93.8 non addivien ch' il pio Goffredo alletti. 6.94.1 Invan tenta invaghirlo, e con mortali 6.94.2 dolcezze attrarlo a l' amorosa vita: 6.94.3 e come sazio augel non spiega l' ali, 6.94.4 ove il cibo mostrando altrui l' invita; 6.94.5 tal ei, schivo del mondo, i piacer frali 6.94.6 fugge e sen poggia al ciel per via romita; 6.94.7 e quante insidie tende al suo bel volo 6.94.8 l' infido amor, sublime ei sprezza e solo. 6.95.1 Tentò ella mille arti, e in varia forma, 6.95.2 quasi Proteo novel, gli apparve avanti: 6.95.3 e desto Amor, dove piú freddo ei dorma, 6.95.4 avrian gli atti dolcissimi e i sembianti; 6.95.5 ma di sé fanno una perpetua norma 6.95.6 ne l' alto cor saggi pensieri e santi: 6.95.7 però (grazie divine) ogni sua prova 6.95.8 qui perderebbe, e di tentar non giova. 6.96.1 La bella donna, ch' ogni cor piú casto 6.96.2 arder credeva ad un girar di ciglia, 6.96.3 oh come perde or l' alterezza e 'l fasto! 6.96.4 e qual ha di ciò sdegno e maraviglia! 6.96.5 Rivolger le sue forze ove contrasto, 6.96.6 men duro trovi alfin si riconsiglia: 6.96.7 qual duce accorto inespugnabil terra 6.96.8 stanco abbandona, e porta altrove guerra. 6.97.1 Ma contra sue lusinghe invitto almeno 6.97.2 Tancredi or fu ch' arse giá a dramma a dramma; 6.97.3 però ch' altro desio gli accende il seno, 6.97.4 tal che di nuovo incendio or non l' infiamma; 6.97.5 e come guarda l' un d' altro veneno, 6.97.6 tale antica d' Amor da nuova fiamma. 6.97.7 Questi soli non vinse o nulla, o poco; 6.97.8 avvampò ciascun altro al dolce foco. 6.98.1 Ella, se ben si duol che non succeda, 6.98.2 come vorrebbe il falso inganno e l' arti, 6.98.3 pur fatto avendo quasi occulta preda, 6.98.4 va raccogliendo i suoi pensieri sparti; 6.98.5 e pria che di sua frode altri s' avveda, 6.98.6 pensa condurla in piú secure parti; 6.98.7 ove stringa i guerrier d' altre catene, 6.98.8 che non son quelle ond' or gli prende e tiene. 6.99.1 E sendo giunto il dí che giá prefisse 6.99.2 il sommo duce a darle alcuno aiuto, 6.99.3 a lui sen venne riverente e disse: 6.99.4 -- Sire, il promesso giorno è omai venuto. 6.99.5 E se del mio refugio il vero udisse, 6.99.6 e de' miei preghi, il reo tiranno astuto 6.99.7 prepareria gran forze a far difesa, 6.99.8 né fôra agevol poi la giusta impresa. 6.100.1 Dunque prima ch' a lui novella apporti 6.100.2 romor di fama incerta, o certa spia, 6.100.3 scelga la tua pietá fra' tuoi piú forti 6.100.4 alcuni pochi e meco ora gl' invia; 6.100.5 ché se non mira il ciel con occhi torti 6.100.6 l' opre mortali o l' innocenza oblia, 6.100.7 non fia ch' egli m' ancida, o mi costringa 6.100.8 d' andar la state e 'l verno anco raminga.-- 6.101.1 Cosí diceva; e l' alto duce a' detti 6.101.2 quel che negar non si potea, concede; 6.101.3 ma, dove il suo partir la donna affretti, 6.101.4 vuol che si serbi la promessa fede: 6.101.5 e nel numero ognun de' pochi eletti 6.101.6 andar seco vorrebbe, e 'l brama e 'l chiede, 6.101.7 e quel desio ch' in lor si desta a prova, 6.101.8 cresce per la contesa e si rinnova. 6.102.1 Ella, ch' in lor rimira aperto il core 6.102.2 a le sue voglie, a' suoi servigi intento, 6.102.3 sovra il lor fianco adopra il rio timore 6.102.4 di gelosia per sferza e per tormento; 6.102.5 sapendo ben che tosto invecchia amore 6.102.6 senza queste arti, e divien pigro e lento; 6.102.7 quasi destrier che men veloce corra, 6.102.8 se non ha chi lui segua, o lui precorra. 6.103.1 Piacque ch' il nome di ciascun si scriva, 6.103.2 e 'n breve urna gittati e scossi fôro: 6.103.3 e tratti a sorte, il primo fuori usciva 6.103.4 Ferrante, ricco assai d' argento e d' oro. 6.103.5 Legger poi di Gherardo il nome udiva; 6.103.6 Gentonio si leggea dopo costoro: 6.103.7 Gentonio che sí grave e saggio avante, 6.103.8 canuto or pargoleggia e vecchio amante. 6.104.1 Oh come il viso han lieto, e gli occhi pregni 6.104.2 di quel piacer che dal cor pieno inonda, 6.104.3 i tre primieri i cu' amorosi sdegni 6.104.4 la fortuna in amor destra seconda. 6.104.5 Fanno di gelosia turbati segni 6.104.6 gli altri, il cui nome avvien che l' urna asconda: 6.104.7 e pendon da la bocca di colui 6.104.8 che spiega i brevi, e legge i nomi altrui. 6.105.1 Gasto fuor quarto venne, a cui successe 6.105.2 Ridolfo, ed a Ridolfo il forte Enrico; 6.105.3 poscia Conano, e poi Conon si lesse, 6.105.4 e poi Tranquillo, a' dolci studi amico. 6.105.5 Ramberto ultimo fu, che farsi elesse 6.105.6 de' suoi consorti, anzi del ver nemico: 6.105.7 tanto puote amor dunque? e questi escluse 6.105.8 la speranza de gli altri, e l' urna ei chiuse. 6.106.1 D' ira, di gelosia, d' invidia ardenti 6.106.2 chiaman gli altri fortuna ingiusta e ria; 6.106.3 e te accusano, Amor, che le consenti 6.106.4 che ne l' imperio tuo giudice or sia. 6.106.5 Ma perché instinto è de l' umane menti, 6.106.6 che ciò che piú si vieta uom piú desia; 6.106.7 voglion poi molti ad onta di fortuna 6.106.8 seguir la donna, come il cielo imbruna. 6.107.1 Voglion sempre seguirla a l' ombra, al sole, 6.107.2 e per lei combattendo espor la vita. 6.107.3 Ella con le dolcissime parole, 6.107.4 co' sospir, co' sembianti a ciò gl' invita; 6.107.5 parte si lagna, e del partir si duole 6.107.6 senza colui che devria far partita. 6.107.7 S' erano armati intanto, e da Goffredo 6.107.8 prendeano i diece cavalier congedo. 6.108.1 Gli ammonisce quel saggio a parte a parte, 6.108.2 come la fé pagana è incerta e leve, 6.108.3 e mal sicuro pegno; e con qual arte 6.108.4 le insidie e i casi avversi uom fuggir deve. 6.108.5 Ma son le sue parole a l' aura sparte, 6.108.6 né consiglio d' uom sano amor riceve. 6.108.7 Ma co' seguaci suoi l' empia donzella 6.108.8 non aspetta partir l' alba novella. 6.109.1 Parte la vincitrice; e que' rivali, 6.109.2 quai prigionieri al suo trionfo avanti, 6.109.3 seco n' adduce, e tra speranze e mali 6.109.4 lascia la turba poi de gli altri amanti. 6.109.5 Ma quando uscí la notte, e sotto l' ali 6.109.6 menò il silenzio e i levi sogni erranti; 6.109.7 secretamente, come amor gl' informa, 6.109.8 molti seguîr d' Armida i passi e l' orma. 6.110.1 Segue Eustachio il primiero, e poté a pena 6.110.2 aspettar l' ombra che la notte adduce. 6.110.3 Vassene senza indugio ove lui mena 6.110.4 per le tenebre cieche un cieco duce: 6.110.5 errò la notte tepida e serena, 6.110.6 ma poi ne l' apparir de l' alma luce 6.110.7 gli apparse insieme Armida e 'l suo drappello, 6.110.8 dove un borgo lor fu notturno ostello. 6.111.1 Nel primo occorso a la famosa insegna 6.111.2 tosto Ramberto il riconosce, e grida: 6.111.3 che ricerchi tra loro, e perché vegna. 6.111.4 -- Vengo (rispose) a seguitarne Armida, 6.111.5 ned ella avrá da me, se non la sdegna, 6.111.6 men pronta aita o compagnia men fida.-- 6.111.7 Replica l' altro:-- Ed a cotanto onore, 6.111.8 di', chi t' elesse?-- Egli soggiunge:-- Amore. 6.112.1 Me scelse Amor, te la fortuna: or quale 6.112.2 da piú giusto elettore eletto fue?-- 6.112.3 Disse Ramberto:-- Ciò nulla ti vale; 6.112.4 ritorna al campo omai per l' orme tue, 6.112.5 perché seguir la vergine reale 6.112.6 non déi, né puoi contra le voglie sue, 6.112.7 e contra la tua sorte.-- E chi, riprende 6.112.8 cruccioso il giovinetto, a me il contende?-- 6.113.1 -- Io tel difenderò, -- colui rispose 6.113.2 e féglisi a l' incontro, e cessò 'l dire: 6.113.3 e con voglie egualmente in lui sdegnose 6.113.4 l' altro si mosse, e con eguale ardire. 6.113.5 Ma qui stese la mano e si frappose 6.113.6 la regina de l' alme in mezzo a l' ire, 6.113.7 ed a l' uno dicea: -- Deh non t' incresca 6.113.8 ch' a te compagno, a me guerrier s' accresca! 6.114.1 S' ami che salva sia, perché mi privi 6.114.2 in sí grand' uopo de la nuova aita?-- 6.114.3 Dice a l' altro:-- Opportuno e caro arrivi, 6.114.4 difensor de la fama e de la vita: 6.114.5 né dritto è giá, né sará mai ch' io schivi 6.114.6 compagnia sí gentile e sí gradita.-- 6.114.7 Cosí parlando, ad or ad or tra via 6.114.8 alcun guerrier novello a lei venía. 6.115.1 Giunsero alfine al loco in cui discese 6.115.2 fiamma dal cielo in dilatate falde, 6.115.3 e di natura vendicò le offese 6.115.4 sovra le genti in mal oprar sí salde. 6.115.5 Fu giá terra feconda, almo paese, 6.115.6 or acque son bituminose e calde, 6.115.7 e steril lago; e quanto inonda e gira, 6.115.8 compressa è l' aria, e grave odor vi spira. 6.116.1 Di quel fetido umor giá mai non beve 6.116.2 l' affaticato peregrino e lasso, 6.116.3 non greggia, non armento: e cosa greve 6.116.4 (ben che sia grave pur qual ferro o sasso) 6.116.5 sornuota, quasi abete ad orno leve: 6.116.6 l' uom non s' attuffa mai né giunge al basso; 6.116.7 e se mai pianta in quelle rive alligna, 6.116.8 sente d' avverso ciel l' aura maligna. 6.117.1 Se da l' arida terra alto germoglia 6.117.2 arbor talvolta in sventurati campi, 6.117.3 maturi pomi infra la verde foglia 6.117.4 son quasi tocchi da fulminei lampi, 6.117.5 che non guastando la purpurea spoglia, 6.117.6 avvien che quel di dietro arda ed avvampi, 6.117.7 e da l' ira del ciel cosí distrutto, 6.117.8 cenere ne l' aprir simiglia il frutto. 6.118.1 Dintorno a l' acque tepide ed immonde 6.118.2 de l' orribil palude, ovunque allaghi, 6.118.3 abitan l' infelici antiche sponde 6.118.4 (sí come è vecchia fama) e maghe e maghi. 6.118.5 Altri ne le spelunche ivi s' asconde, 6.118.6 pur come siano orsi, leoni e draghi: 6.118.7 altri occulti palagi alza dintorno: 6.118.8 fe' in mezzo Armida il suo edifizio adorno. 6.119.1 Quivi discende un rio, non lunge al ponte, 6.119.2 da l' un de' cinque fonti, anzi dal primo, 6.119.3 ché cinque son, pur come gradi in monte, 6.119.4 per cui s' ascende al sommo insin da l' imo. 6.119.5 L' altro rio si rivolge al proprio fonte 6.119.6 lucido, puro, netto e senza limo: 6.119.7 cosí quel corre a l' alto, e questo al fondo. 6.119.8 Oh sacra meraviglia ignota al mondo! 6.120.1 Ma l' uno e l' altro pur torce e deriva 6.120.2 misero error fra l' opere terrene; 6.120.3 in quel che cade a l' infeconda riva 6.120.4 e bagna le solfuree aduste arene, 6.120.5 temprâro i cavalier la sete estiva, 6.120.6 né gustâro acqua di piú dolci vene: 6.120.7 poi gli raccolse Armida in quella parte 6.120.8 dove risplende il magistero e l' arte. 6.121.1 V' è l' aura molle e 'l ciel sereno e lieti 6.121.2 gli alberi e i prati, e pura e dolce l' onda: 6.121.3 dov' antri e seggi ombrosi, e bei mirteti 6.121.4 il vago fiumicel parte e circonda. 6.121.5 Piovono in grembo a l' erba i sonni queti 6.121.6 con un soave mormorio di fronda: 6.121.7 scherzano augei canori in verdi rami; 6.121.8 Amor le reti asconde, e 'l visco e gli ami.
CANTO VII
7.1.1 Ma d' altra parte le rinchiuse genti 7.1.2 sperano in stato dubbio e mal securo, 7.1.3 ch' oltra il raccolto cibo, integri armenti 7.1.4 son lor dentro condotti al cielo oscuro: 7.1.5 e di macchine e d' arme e fochi ardenti 7.1.6 munito fia verso Aquilone il muro: 7.1.7 e lá onde giá maggior fatica alzollo, 7.1.8 non mostra di temer percossa o crollo. 7.2.1 E 'l re pur sempre e queste parti e quelle 7.2.2 gli fa innalzare e rinforzare i fianchi, 7.2.3 o l' aureo sol risplenda, od a le stelle 7.2.4 ed a la luna il fosco ciel s' imbianchi: 7.2.5 e 'n far per sí gran rischio arme novelle 7.2.6 sudano i fabbri affaticati e stanchi. 7.2.7 In sí fatto apparecchio intolerante 7.2.8 a lui sen venne e ragionògli Argante: 7.3.1 -- E 'nsino a quando ci terrai prigioni 7.3.2 fra queste mura in vile assedio e lento? 7.3.3 Odo ben io strider incudi, e suoni 7.3.4 d' elmi, di scudi e di corazze io sento; 7.3.5 ma non veggio a qual uso: e que' ladroni 7.3.6 scorron per tutto omai senza spavento; 7.3.7 né v' è di noi chi mai lor passo arresti, 7.3.8 né tromba che dal sonno almen gli desti. 7.4.1 A que' non son turbati i prandi e rotti, 7.4.2 né quelle cene mai superbe e liete, 7.4.3 anzi i dí lunghi e le serene notti 7.4.4 traggon securi in placida quïete: 7.4.5 voi da' disagi e da la fame indotti 7.4.6 a render l' arme a lungo andar sarete, 7.4.7 od a morirne qui come codardi, 7.4.8 quando l' oste d' Egitto anco ritardi. 7.5.1 Io non consento giá ch' ignobil morte 7.5.2 i giorni miei d' oscuro oblio ricopra; 7.5.3 né vo ch' al novo dí fra queste porte 7.5.4 l' alma luce del sol chiuso mi scopra. 7.5.5 Di questo viver mio faccia la sorte 7.5.6 quel che giá stabilito è lá di sopra: 7.5.7 non fará giá che senza oprar la spada 7.5.8 inglorïoso e 'nvendicato io cada. 7.6.1 Ma quando pur del valor nostro usato 7.6.2 fosse rimasto in noi scintilla o seme, 7.6.3 non di morir lá giú nel campo armato, 7.6.4 ma di vittoria avrei piú certa speme. 7.6.5 A incontrare i nemici e 'l nostro fato 7.6.6 lasciane tutti andar congiunti insieme, 7.6.7 perch' assai spesso, ove fu gran periglio, 7.6.8 parve il piú ardito assai miglior consiglio. 7.7.1 Ma se nel troppo osar tu poco speri, 7.7.2 cinto di squadre e d' alte mura intorno; 7.7.3 tenta ch' ogni tenzon per duo guerrieri 7.7.4 or sia fornita, e destinato il giorno: 7.7.5 ch' accetteran l' invito i Franchi alteri, 7.7.6 cui piú superbi rende il primo scorno: 7.7.7 e, ben che scelgan l' arme, invitta destra 7.7.8 non teme d' arte o di virtú maestra. 7.8.1 E se 'l nemico avrá due mani, ed una 7.8.2 anima sola, ancor ch' ardita e fèra, 7.8.3 io non avrò di lui temenza alcuna, 7.8.4 ed avverrá ch' alfin sia vinto, o pèra. 7.8.5 Dará in vece di fato o di fortuna, 7.8.6 questa mia spada a noi vittoria intera: 7.8.7 confida al proprio figlio, o padre, il regno, 7.8.8 e sia la sua virtú securo pegno.-- 7.9.1 Rispose il re:-- La tua virtute ardente 7.9.2 non sdegni il fren di questa etá senile, 7.9.3 perch' al ferro io non ho le man sí lente 7.9.4 né sí quest' alma è neghittosa e vile. 7.9.5 Ch' anzi morir volessi ignobilmente, 7.9.6 che di morte magnanima e gentile; 7.9.7 ma spesso per indugio altrui s' avanza, 7.9.8 perch' il tempo conferma ogni possanza. 7.10.1 Ma quel ch' altrui si tien celato ad arte, 7.10.2 essere al figlio dée chiaro e palese. 7.10.3 Soliman di Nicea, che brama in parte 7.10.4 di vendicar le gravi e 'ndegne offese, 7.10.5 de gli Arabi le schiere erranti e sparte 7.10.6 raccolte ha giá sin da l' arene accese; 7.10.7 e spera di portar, quasi nel corso, 7.10.8 danno a' fèri nemici, a noi soccorso. 7.11.1 Tosto fia che qui giunga: or se fra tanto 7.11.2 afflitte son le turbe estranie o serve, 7.11.3 non ce ne caglia; altrui sia 'l duolo e 'l pianto, 7.11.4 pur che la nobil reggia io mi conserve. 7.11.5 Tu questo ardire e questo ardore alquanto 7.11.6 tempra, figliuol, ch' in te soverchio ei ferve: 7.11.7 ed opportuna la stagione aspetta 7.11.8 a la tua gloria ed a la mia vendetta.-- 7.12.1 Turbossi alquanto il cavalier audace, 7.12.2 ché tra 'l soldano e lui fu sdegno antico 7.12.3 e contesa di gloria; or non gli piace 7.12.4 ch' ei tanto si dimostri al padre amico. 7.12.5 -- A tuo senno, risponde, e guerra e pace 7.12.6 farai, signor; nulla di ciò piú dico: 7.12.7 s' indugi pure, e Soliman s' attenda; 7.12.8 e chi perdé 'l suo regno, il tuo difenda. 7.13.1 Vengane pur, quasi celeste messo, 7.13.2 liberator del popolo pagano; 7.13.3 ch' io quanto a me, bastar credo a me stesso, 7.13.4 e sol vo' libertá da questa mano. 7.13.5 Or nel riposo altrui mi sia concesso 7.13.6 ch' io giú discenda a guerreggiar nel piano; 7.13.7 privato cavalier, non tuo campione, 7.13.8 verrò co' Franchi a singolar tenzone.-- 7.14.1 -- Figlio, a lui dice il re, gloria e fortezza 7.14.2 de la corona e de la stanca etade, 7.14.3 a la tremante e debole vecchiezza 7.14.4 che ruinosa omai vacilla e cade, 7.14.5 serba te stesso pur; ché piú s' apprezza 7.14.6 la tua di mille peregrine spade. 7.14.7 Non voler ch' ogni rischio al vecchio padre 7.14.8 perturbi il volto ed a l' afflitta madre; 7.15.1 ed a la tua moglier dolente e trista 7.15.2 che per te spesso si lamenta e piange.-- 7.15.3 -- Padre (ei risponde pur turbato in vista), 7.15.4 sí poco noto io sono al Nilo, al Gange, 7.15.5 sí poca fede il mio parlare acquista 7.15.6 ch' ogni periglio ti spaventa ed ange? 7.15.7 Deh lascia lagrimar fanciulli e donne, 7.15.8 e rimanga il timor fra molli gonne. 7.16.1 E si conceda a me ch' omai dimostri 7.16.2 il mio valor che non dée star rinchiuso.-- 7.16.3 Vinto il re cede ch' ei combatta e giostri: 7.16.4 e: -- Nulla, dice, o figlio, a te ricuso; 7.16.5 ma 'l Ciel secondi i tuoi pensieri e i nostri.-- 7.16.6 Segue Argante di guerra il nobil uso, 7.16.7 e manda giú Pindoro, araldo ardito, 7.16.8 che faccia al duce Franco il fèro invito; 7.17.1 e d' appiattarsi un cavaliero in questo 7.17.2 cinto di mura (ei dica) a sdegno prende, 7.17.3 onde vuol far con l' armi or manifesto, 7.17.4 quanto il valore in campo oltra si stende. 7.17.5 E giá a la prova di venirne è presto 7.17.6 nel pian ch' è tra le mura e l' ampie tende: 7.17.7 e sinch' il sol tramonti ivi disfida 7.17.8 qual piú de' Franchi in sua virtú si fida. 7.18.1 E da brama d' onor verrá sospinto, 7.18.2 non pur contra uno o due di schiera ostile, 7.18.3 ma lor vincendo, il quarto invita e 'l quinto, 7.18.4 o sia di regia stirpe o di gentile: 7.18.5 dia, se vuol, securtate; e resti il vinto 7.18.6 co 'l vincitor, come di guerra è stile: 7.18.7 o gli conceda almen le spoglie e l' armi, 7.18.8 perché ne siano adorni i bianchi marmi. 7.19.1 -- Prendasi queste pur ch' indosso io porto, 7.19.2 s' io muoio ed a la madre il corpo torni: 7.19.3 ma spero anzi veder ch' ei preso o morto 7.19.4 faccia de le sue insegne i tempî adorni: 7.19.5 e 'l suo sepolcro in qualche riva o porto, 7.19.6 sia mostro poi lá ne gli estremi giorni, 7.19.7 per nostro onor, dal peregrin passando.-- 7.19.8 Cosí gli disse: e quel partí spronando. 7.20.1 E giunto al duce, a l' alta sua presenza 7.20.2 disse:-- Il soverchio ardir mi si perdoni, 7.20.3 ed al buon messaggier si dia licenza 7.20.4 ch' egli liberamente a voi ragioni.-- 7.20.5 -- Diasi (rispose il pio Goffredo), e senza 7.20.6 alcun timor la tua proposta esponi: 7.20.7 ch' ascoltar fido messo avvien di rado.-- 7.20.8 E quegli:-- Or si parrá s' io parlo in grado.-- 7.21.1 E seguí poscia, e la disfida espose 7.21.2 con parole magnifiche ed altere. 7.21.3 Fremer s' udîro, e si mostrâr sdegnose 7.21.4 al suo parlar quelle feroci schiere. 7.21.5 E senza indugio il capitan rispose: 7.21.6 -- Di faticosa impresa il vanto chere 7.21.7 il tuo signore, e perch' a lui n' incresca, 7.21.8 uopo forse non fia ch' il quinto n' esca. 7.22.1 Ma venga in prova pur; ché d' ogni oltraggio 7.22.2 io gli offro il campo libero e securo; 7.22.3 e seco pugnerá senza vantaggio 7.22.4 alcun de' miei guerrieri; e cosí giuro.-- 7.22.5 Tacque; e tornò il re d' arme al suo vïaggio 7.22.6 per l' orme ch' al venir calcate fûro: 7.22.7 e non ritenne il suo veloce passo, 7.22.8 sí ch' entro a la gran torre ei fu giá lasso. 7.23.1 -- Ármati (dice), alto signor; che tardi? 7.23.2 contra i superbi cavalier cristiani; 7.23.3 ché d' affrontarsi teco i men gagliardi 7.23.4 mostran desio, non ch' i guerrier soprani; 7.23.5 e mille vidi minacciosi sguardi, 7.23.6 e mille pronte al ferro armate mani. 7.23.7 Loco securo il duce a te concede.-- 7.23.8 Cosí gli disse; e l' arme egli richiede. 7.24.1 E di lor tutte adorno appar repente; 7.24.2 e de l' indugio sol si turba e lagna. 7.24.3 Disse a Clorinda il re, ch' era presente: 7.24.4 -- Com' esser può ch' ei vada e tu rimagna? 7.24.5 Mille adunque di nostra inclita gente 7.24.6 prendi in sua securezza, e l' accompagna; 7.24.7 ma vada innanzi a giusta pugna ei solo; 7.24.8 tu lunge alquanto a lui ritien lo stuolo.-- 7.25.1 Tacque, ciò detto; e poi che fûro armati, 7.25.2 Baldacco e gli altri uscîro al campo aperto. 7.25.3 Argante innanzi de gli arnesi usati 7.25.4 sovra un alto destrier sen gía coperto. 7.25.5 Loco fu tra le mura e i verdi prati 7.25.6 ove s' adegua il diseguale e l' erto, 7.25.7 ampio e capace; e parea fatto ad arte 7.25.8 perch' egli sia teatro al fèro marte. 7.26.1 Ivi solo discese, ivi fermosse 7.26.2 in vista de' nemici il fèro Argante; 7.26.3 per gran cor, per gran corpo, e per gran posse, 7.26.4 superbo, anzi terribile al sembiante, 7.26.5 qual ne l' Africa Anteo, ch' Alcide scosse, 7.26.6 o in ima valle il Filisteo gigante: 7.26.7 ma pur molti di lui tèma non hanno; 7.26.8 ché quanto egli sia forte ancor non sanno. 7.27.1 Alcun però dal pio Goffredo eletto, 7.27.2 come il migliore, anco non è fra molti: 7.27.3 ben si vedean con desioso affetto 7.27.4 tutti gli occhi in Tancredi esser rivolti: 7.27.5 e il dichiarò fra quei miglior perfetto 7.27.6 manifesto favor di mille volti: 7.27.7 e s' udia non oscuro ivi il bisbiglio 7.27.8 ch' egli sia piú che pari al gran periglio. 7.28.1 Giá cedea ciascun altro; e non secreto 7.28.2 del sommo duce era il voler mirando: 7.28.3 -- Vanne a lui (disse), a te l' uscir non vieto, 7.28.4 gloria d' Italia e del valor normando.-- 7.28.5 Ei tutto in vista baldanzoso e lieto, 7.28.6 per sí alto giudicio, Iddio lodando, 7.28.7 a lo scudier chiedea l' elmo e 'l cavallo; 7.28.8 poi, da molti seguíto, uscia del vallo. 7.29.1 Ed a quel verde pian molto vicino, 7.29.2 dove Argante l' attende, anco non era, 7.29.3 quando in leggiadro aspetto e pellegrino 7.29.4 s' offerse a gli occhi suoi l' alta guerriera; 7.29.5 bianche via piú di candido armellino, 7.29.6 le sopravveste avea con pompa altera; 7.29.7 su l' elmo d' aureo fior quasi corona; 7.29.8 al fianco di fin òr gemmata zona. 7.30.1 Parte scopria del volto a chi piú basso 7.30.2 rimira, quale e quanta al ciel s' estolle. 7.30.3 Move Tancredi, e cosí passo passo 7.30.4 gli occhi rivolge ov' è colei sul colle; 7.30.5 poscia immobil si ferma, e pare un sasso 7.30.6 gelido tutto fuor, ma dentro ei bolle: 7.30.7 sol di mirar s' appaga, e di battaglia 7.30.8 sembiante ei fa che poco omai gli caglia. 7.31.1 Argante, che non vede alcuno in atto 7.31.2 che mostri di voler battaglia o giostra: 7.31.3 -- Da bel desio d' onore io qui fui tratto, 7.31.4 (grida); or chi viene innanzi e meco giostra?-- 7.31.5 L' altro, sí come a lui non tocchi il fatto, 7.31.6 o di ciò nulla intende, o nol dimostra. 7.31.7 Spinse allor suo cavallo Ivon solingo, 7.31.8 tal che primiero entrò nel vòto arringo. 7.32.1 Questi un fu di color che dianzi accese 7.32.2 di gir contra il pagano alto desio; 7.32.3 pur cedette a Tancredi, e 'n sella ascese 7.32.4 fra gli altri che seguîrlo, e seco uscío. 7.32.5 Or veggendo sue voglie altrove intese, 7.32.6 e starne lui quasi al pugnar restio, 7.32.7 brama il primo tentar fra mille lance, 7.32.8 come sorte e valor s' appenda in lance. 7.33.1 E veloce cosí, ch' in selva il pardo 7.33.2 o tigre segue il cacciator men presta, 7.33.3 corre a ferire il cavalier gagliardo, 7.33.4 che d' altra parte la gran lancia arresta. 7.33.5 Si scuote allor Tancredi e dal suo tardo 7.33.6 pensier, quasi dal sonno, alfin si desta, 7.33.7 e grida ei ben:-- La pugna è mia; rimanti:-- 7.33.8 ma troppo Ivone è giá trascorso avanti. 7.34.1 Ma il canuto soldán ne l' ampia torre, 7.34.2 u' di Borea si rompe ogni procella, 7.34.3 co' piú vecchi venía, che quivi accôrre 7.34.4 solea, mirando or questa parte or quella, 7.34.5 e il figlio suo che, quasi novo Ettorre, 7.34.6 i suoi nemici a la battaglia appella, 7.34.7 e quei ch' usciano a schiera, e 'l campo tutto, 7.34.8 che mar simiglia allorch' inalza il flutto. 7.35.1 Assagurro, Aladin, Orcan famoso 7.35.2 sedean, canuto il crin, severo il ciglio, 7.35.3 con altri che da l' arme avean riposo; 7.35.4 ma pronti eran di lingua e di consiglio, 7.35.5 e cicale pareano in tronco ombroso 7.35.6 d' antichissima selva, al gran bisbiglio, 7.35.7 quando intorno del canto, a' giorni estivi, 7.35.8 suonano i boschi piú frondosi e i rivi. 7.36.1 Qui Nicea, che si lagna e si querela 7.36.2 d' empia fortuna, il re chiamar facea, 7.36.3 e la trovâr che doppia e larga tela 7.36.4 d' aureo e serico stame ella tessea. 7.36.5 Subito a quel chiamar si veste e vela, 7.36.6 qual ninfa in vista, o qual terrena dèa, 7.36.7 lasciando l' opre in cui le guerre antiche 7.36.8 e de' Turchi ha conteste aspre fatiche. 7.37.1 Sol con quattro donzelle apparve fòra, 7.37.2 e lagrime spargea da' suoi begli occhi, 7.37.3 come candida rosa in su l' aurora, 7.37.4 in cui la pioggia e 'l sol risplenda e fiocchi. 7.37.5 E veramente il duol che sí l' accora, 7.37.6 materia è da coturni e non da socchi; 7.37.7 ché dal suo regno in Grecia andò cattiva, 7.37.8 vergine prima errante e fuggitiva. 7.38.1 Pria vide ancise e rotte amiche squadre, 7.38.2 e 'l paese nativo arso e combusto; 7.38.3 fuggir piagato Solimano il padre; 7.38.4 sé venduta da' suoi con prezzo ingiusto: 7.38.5 poi co 'l fratello, e con l' afflitta madre 7.38.6 prigioniera restò del greco Augusto, 7.38.7 che donolla a Tancredi: ed ei la rese, 7.38.8 e qui fu castitá l' esser cortese. 7.39.1 Ma come giunta fu, levando il velo 7.39.2 da gli occhi sparsi d' amorose stille, 7.39.3 scaldò ne' vecchi petti il pigro gelo, 7.39.4 e dentro vi destò dolci faville. 7.39.5 Tutti dicean:-- Maggior bellezze il cielo 7.39.6 non vide; e a dura vita (oimè!) sortille. 7.39.7 Quando ebber mai gli antichi imperi e i regni 7.39.8 d' amor sí cari e prezïosi pegni?-- 7.40.1 Il re, volgendo in lei pietose ciglia, 7.40.2 ch' ad un de' figli suoi sposarla estima: 7.40.3 -- Qui (disse) meco siedi, o cara figlia, 7.40.4 e 'nsieme rimiriam da l' alta cima 7.40.5 quei che d' Ascanio giá l' onda vermiglia 7.40.6 tu far vedesti, i quai conosci in prima; 7.40.7 ché di lunga prigion, di lungo assedio 7.40.8 hai sofferto due volte il grave tedio. 7.41.1 Chi è dunque colui, se ti sovviene, 7.41.2 lo qual leggiadro in vista, e fèro è tanto?-- 7.41.3 A quella, in vece di risposta, or viene 7.41.4 su le labra un sospir, su gli occhi il pianto: 7.41.5 pur gli spirti e le lagrime ritiene; 7.41.6 ma non cosí, che lor non mostri alquanto, 7.41.7 ché gli occhi tinse un bel purpureo giro, 7.41.8 e mezzo fuori uscí roco sospiro. 7.42.1 Pur come può s' infinge, e 'n sé nasconde 7.42.2 sotto 'l manto de l' odio altro desio: 7.42.3 -- Oimè, ben il conosco, ed ho ben donde; 7.42.4 fra mille riconoscerlo degg' io, 7.42.5 perché niun piú spesso i campi e l' onde 7.42.6 giá del sangue spargea del popol mio. 7.42.7 Ahi quanto è fèro nel ferire! a piaga 7.42.8 ch' ei faccia, erba non giova od arte maga. 7.43.1 Egli è Tancredi; e prigioniero un giorno 7.43.2 solo il vorrei, e nol vorrei giá morto, 7.43.3 perch' egli fosse al mio sí grave scorno 7.43.4 dolce vendetta, o pur dolce conforto.-- 7.43.5 Cosí da sue parole il vero adorno 7.43.6 da chi l' udiva in altro senso è torto; 7.43.7 e fuor venía con le parole estreme 7.43.8 un gran sospir, ch' invano asconde e preme. 7.44.1 Ei soggiungeva:-- Oltre i guerrieri egregi 7.44.2 mira schierati; e quel senz' elmo avante 7.44.3 c' ha purpureo l' ammanto ed aurei i fregi, 7.44.4 è grande assai, ma pur non è gigante; 7.44.5 ma nel volto simiglia Augusti e regi, 7.44.6 cosí bello e magnanimo ha 'l sembiante, 7.44.7 e tanta maestate in lui riluce.-- 7.44.8 -- È (rispose Nicea) Goffredo, il duce. 7.45.1 Ei sembra nato a piú sublime impero, 7.45.2 cosí di guerra sa gli ordini e l' arti. 7.45.3 Non so se miglior duce o cavaliero 7.45.4 del gemino valor tutte ha le parti: 7.45.5 né fra turba sí grande uom piú guerriero 7.45.6 o piú saggio, o miglior saprei mostrarti. 7.45.7 Tal risuona di lui publica voce; 7.45.8 ma che giova lodar chi tanto nòce?-- 7.46.1 Ei soggiungea:-- Ben ho di lui contezza, 7.46.2 e 'l vidi ove Sangario inonda i campi: 7.46.3 era io fra gente a raggirare avvezza 7.46.4 carri, cavalli e in brevi cerchi e 'n ampi. 7.46.5 Pria seppi allor ch' i vinti egli non sprezza, 7.46.6 e prima seppi ancor come s' accampi; 7.46.7 poi che lasciando noi col fiume a tergo 7.46.8 si fece il vallo e non volse altro albergo.-- 7.47.1 Poi, riguardando il suo gentil fratello, 7.47.2 pur a dito il dimostra e pur le chiede: 7.47.3 -- Chi è colui che nel purpureo vello 7.47.4 d' òr non riluce, e seco a par si vede, 7.47.5 che men robusto par ma dritto e snello 7.47.6 gli altri col capo, e con le spalle eccede?-- 7.47.7 --È Baldovin (risponde): e ben si scopre 7.47.8 nel volto a lui fratel, non pur ne l' opre. 7.48.1 Or rimira colui che quasi in modo 7.48.2 d' uom che consigli sta da l' altro fianco. 7.48.3 Quegli è Giovanni, il qual per fama io lodo 7.48.4 di senno e di sapere, uom veglio, e stanco. 7.48.5 Raimondo è presso, e meglio inganno o frodo 7.48.6 tesser di lui non sa Latino o Franco. 7.48.7 Ma quell' altro piú in lá ch' òrato ha l' elmo, 7.48.8 de re britanno è il buon figliuol Guglielmo. 7.49.1 È Guelfo seco; e l' uno ancor la guancia 7.49.2 di peli non copria se mi rimembra. 7.49.3 L' altro che tien sí grossa e grave lancia 7.49.4 e sí alto destrier, sí forti membra, 7.49.5 per cui non ha la Magna invidia a Francia, 7.49.6 d' anni è maturo e sí robusto ei sembra. 7.49.7 I duo vestiti a brun son due Ruberti, 7.49.8 chiari per sangue illustre, e 'n guerra esperti. 7.50.1 Quel ch' è maggior fra' piú membruti ed alti, 7.50.2 ed ha conforme a lui scudo e cavallo, 7.50.3 è il gran Fiammingo; e ne' feroci assalti 7.50.4 è quasi muro a tutto il campo e vallo. 7.50.5 L' altro minor par che valore esalti 7.50.6 sovra i Normandi e mai non corre in fallo: 7.50.7 ma tutti sempre indrizza al segno i colpi 7.50.8 perché natura in lui nulla s' incolpi. 7.51.1 Ma con gli occhi io ricerco, e pur non veggio 7.51.2 o 'l forte Boemondo o 'l gran nepote 7.51.3 ch' amar non posso, e forse odiar i' deggio, 7.51.4 benché mi dia la libertade in dote. 7.51.5 Ben veggio l' altro ond' io nel duol vaneggio.-- 7.51.6 Cosí dice, e pur bagna umide gote, 7.51.7 e co 'l vago dolor, mentre s' infinge, 7.51.8 seco tutt' altri a lagrimar costringe. 7.52.1 Tancredi intanto d' ira infiamma il petto; 7.52.2 e per vergogna pur, qual fiamma, è rosso, 7.52.3 perch' ad onta si reca ed a dispetto, 7.52.4 ch' altri si sia primiero in giostra mosso. 7.52.5 Argante nel fin elmo, a prova eletto, 7.52.6 a mezzo il corso è giá da Ivon percosso. 7.52.7 Egli a l' incontro a lui rompe lo scudo, 7.52.8 poscia l' usbergo, in guisa il colpo è crudo! 7.53.1 Cade il guerriero, e per dolore acerbo 7.53.2 par ch' il gran colpo da l' arcion lo svella: 7.53.3 e 'l pagan disse:-- A morte or ti riserbo, 7.53.4 s' aspetti l' altro o se ritorni in sella.-- 7.53.5 Indi con dispettoso atto superbo, 7.53.6 sovra il caduto cavalier favella: 7.53.7 -- Renditi vinto, e per tua gloria basti 7.53.8 che raccontar potrai con chi pugnasti.-- 7.54.1 --No, gli risponde Ivon, fra noi non s' usa 7.54.2 cosí tosto depor l' arme e l' ardire: 7.54.3 altri del mio cader fará la scusa; 7.54.4 io vo' far la vendetta, o qui morire.-- 7.54.5 In sembianza d' Aletto o di Medusa, 7.54.6 Argante freme, e par che rabbia ei spire; 7.54.7 -- Conosci or, dice, il mio valore a prova; 7.54.8 poi che la cortesia sprezzar ti giova.-- 7.55.1 Spinge il destriero in quella, e tutto oblia 7.55.2 quanto di cavalier virtú richieda. 7.55.3 Fugge Ivon quello scontro, e si disvia, 7.55.4 e, perché il suo destrier ferirgli ei creda, 7.55.5 fere la gamba, e la percossa è ria, 7.55.6 bench' il ferro tornar lucente ei veda, 7.55.7 ma non fa piaga il colpo al vincitore 7.55.8 né toglie forza, e giunge ira e furore. 7.56.1 Argante il buon destrier nel corso affrena, 7.56.2 e 'ndietro il volge, e sí veloce è volto, 7.56.3 che se n' accorge il suo nemico appena, 7.56.4 e d' un grand' urto a l' improvviso è colto. 7.56.5 Tremar le gambe e indebolir la lena, 7.56.6 sbigottir l' alma, e impallidire il volto 7.56.7 gli fece il grande incontro, e frale e stanco 7.56.8 sovra il duro terren battere il fianco. 7.57.1 Ne l' ira Argante arrabbia, e fèra strada 7.57.2 sovra il corpo del vinto al destrier face: 7.57.3 -- E cosí, dice, ogni cristiano or vada, 7.57.4 come costui che sotto i piè mi giace.-- 7.57.5 Ma l' invitto Tancredi allor non bada 7.57.6 ché quella crudeltá troppo gli spiace; 7.57.7 e vuol ch' il suo valor con chiara emenda 7.57.8 copra il suo fallo e, come suol, risplenda. 7.58.1 Fassi innanzi gridando:-- Anima vile, 7.58.2 ancor ne le vittorie infame sei. 7.58.3 Qual titolo di laude alto e gentile 7.58.4 da modi attendi sí scortesi e rei? 7.58.5 Fra ladroni d' Arabia, o fra simíle 7.58.6 barbara turba avvezzo esser tu déi: 7.58.7 fuggi la luce e va' con l' altre belve 7.58.8 a incrudelir ne' monti e tra le selve.-- 7.59.1 Tacque; e 'l nemico al sofferir poco uso, 7.59.2 rodesi dentro e di furor si strugge. 7.59.3 Risponder vuol, ma n' esce un suon confuso, 7.59.4 sí come strido d' animal che rugge: 7.59.5 e com' apre le nubi ond' egli è chiuso 7.59.6 impetuoso il fulmine, e sen fugge; 7.59.7 o come spirto da sulfurea tomba: 7.59.8 cosí dal petto acceso il tuon rimbomba. 7.60.1 Ma poich' in ambo il minacciar feroce 7.60.2 quinci e quindi infiammò l' orgoglio e l' ira, 7.60.3 l' un come l' altro rapido e veloce 7.60.4 del campo prende, e subito si gira. 7.60.5 Musa, or mi dá canora ed alta voce, 7.60.6 e furor pari a quel furor m' inspira, 7.60.7 sí che non sia de l' opra indegno il carme, 7.60.8 ma s' agguagli il mio canto al suon de l' arme. 7.61.1 Posero in resta e gîr drizzando in alto 7.61.2 i duo guerrier le due gravose antenne, 7.61.3 né fu di corso mai, né fu di salto, 7.61.4 né fu mai tal velocitá di penne, 7.61.5 né forza o furia eguale al fèro assalto, 7.61.6 quando Argante e Tancredi in giostra venne. 7.61.7 Rupper l' aste ne gli elmi, e volâr mille 7.61.8 e tronchi e schegge e lucide faville. 7.62.1 Sol de' colpi il rimbombo intorno mosse 7.62.2 l' immobil terra, e risuonâro i monti; 7.62.3 ma l' impeto di gravi aspre percosse 7.62.4 nulla piegò de le superbe fronti. 7.62.5 L' uno e l' altro cavallo in guisa urtosse, 7.62.6 che non fûr poi, cadendo, a sorger pronti. 7.62.7 Lasciâr le staffe, e i piè fermâro in terra, 7.62.8 cominciando i guerrier spietata guerra. 7.63.1 Questo e quel con molta arte a' colpi move 7.63.2 la destra, a' guardi l' occhio, a' passi il piede: 7.63.3 si reca in atti vari, e 'n guardie nòve: 7.63.4 or gira intorno, or cresce innanzi, or cede: 7.63.5 or qui ferire accenna, e poscia altrove, 7.63.6 dove non minacciò ferir si vede; 7.63.7 or di sé discoprire alcuna parte; 7.63.8 e tenta di schernir l' arte con l' arte. 7.64.1 De la spada Tancredi, e de lo scudo 7.64.2 mal guardato al pagan dimostra il fianco: 7.64.3 tenta allor di ferirlo Argante il crudo, 7.64.4 ma discopre frattanto il lato manco. 7.64.5 Tancredi con un colpo il ferro ignudo 7.64.6 al nemico ribatte, e lui fére anco; 7.64.7 né poi lento s' arretra, o piú ritarda, 7.64.8 ma si raccoglie, o si ristringe in guarda. 7.65.1 Il fèro Argante, che se stesso or mira 7.65.2 del proprio sangue suo macchiato e molle, 7.65.3 con insolito orror freme e sospira, 7.65.4 di sdegno e di furor turbato e folle: 7.65.5 e, portato da l' impeto e da l' ira, 7.65.6 con la voce la spada insieme estolle, 7.65.7 tornando per ferir; ma fèra punta 7.65.8 il piaga ove la spalla al braccio è giunta. 7.66.1 Qual orsa alpestra, che s' avvalli e senta 7.66.2 duro spiedo nel fianco, in rabbia monta 7.66.3 e contra l' arme se medesma avventa, 7.66.4 e i perigli e la morte audace affronta; 7.66.5 tale il feroce cavalier diventa, 7.66.6 giunta or piaga a la piaga, ed onta a l' onta; 7.66.7 e l' alma in guisa è di vendetta ingorda, 7.66.8 che sprezza scherni, rischi, o pur gli scorda. 7.67.1 E congiungendo a temerario ardire 7.67.2 estrema forza e infaticabil lena, 7.67.3 vien che sí impetuoso il ferro aggire, 7.67.4 che ne trema la terra e 'l ciel balena. 7.67.5 Tancredi onde si copra, onde respire, 7.67.6 non ha pur tempo, e si difende a pena: 7.67.7 né schermo v' è ch' assicurare il possa 7.67.8 da rabbia ostile e da contraria possa. 7.68.1 Tancredi, in sé raccolto, aspetta invano 7.68.2 che de' colpi tempesta orrida passi. 7.68.3 Or v' oppon le difese, ed or lontano 7.68.4 sen va co' giri e con veloci passi. 7.68.5 Ma poi che non s' allenta Argante insano, 7.68.6 è forza alfin ch' ei trasportar si lassi, 7.68.7 e con veloci rote intorno volga 7.68.8 la fèra spada, onde il pagan si dolga. 7.69.1 Vinta da l' ira è la ragion e l' arte, 7.69.2 e le forze il furor ministra e cresce; 7.69.3 sempre che scende il ferro, o fóra o parte 7.69.4 o piastra o maglia, e 'nvan colpo non esce. 7.69.5 Sparsa è d' arme la terra, e l' arme sparte 7.69.6 di sangue, e 'l sangue co 'l sudor si mesce. 7.69.7 Al romor tuono, al fiammeggiare un lampo 7.69.8 sembra la spada, e fulminato il campo. 7.70.1 Questo esercito e quello incerto pende 7.70.2 da sí crudele assalto e sí feroce; 7.70.3 e fra tema e speranza il fine attende, 7.70.4 mirando or ciò che giova, or ciò che nòce. 7.70.5 E non si vede pur, né pur s' intende 7.70.6 mover piè, batter occhio, o spirar voce; 7.70.7 ma se ne sta ciascun tacito e immoto, 7.70.8 se non che trema il cor nel dubbio moto. 7.71.1 Giá lassi erano entrambi, e giunti forse 7.71.2 sarian, pugnando, ad immaturo fine; 7.71.3 ma sí oscura la notte intanto sorse, 7.71.4 che nascondea le cose ancor vicine: 7.71.5 quinci un araldo e quindi un altro accorse 7.71.6 per dipartirgli, e gli partîro alfine. 7.71.7 L' uno Evardo il troian, Pindoro è l' altro, 7.71.8 che portò la disfida, uom saggio e scaltro. 7.72.1 I pacifici scettri osâr costoro 7.72.2 fra le spade interpor fère e pungenti, 7.72.3 con quella securtá che porgea loro 7.72.4 l' antichissima legge de le genti: 7.72.5 -- Sète, o guerrieri (incominciò Pindoro), 7.72.6 con pari onor di pari ambo possenti. 7.72.7 Cessi col dí la pugna, e non sian rotte 7.72.8 le care tregue de l' amica notte. 7.73.1 Tempo è da travagliar mentre egli dura, 7.73.2 ma ne la notte ogni animale ha pace; 7.73.3 e generoso cuor non molto cura 7.73.4 notturno pregio che s' asconde e tace.-- 7.73.5 Rispose Argante:-- A me per notte oscura 7.73.6 la mia battaglia abbandonar non piace: 7.73.7 ben avrei caro il testimon del giorno; 7.73.8 ma che giuri costui di far ritorno.-- 7.74.1 Soggiunse allor Tancredi:-- E tu prometti, 7.74.2 e rendi senza indugio il tuo prigione, 7.74.3 però che senza lui non fia ch' aspetti, 7.74.4 per contesa crudel, lunga stagione.-- 7.74.5 Cosí giurâro; e poi gli araldi, eletti 7.74.6 a prescriver il giorno a la tenzone, 7.74.7 a le sanguigne piaghe ebber riguardo, 7.74.8 bench' il tempo lor paia e lungo e tardo. 7.75.1 Lasciò la pugna orribile nel core 7.75.2 de' fieri Turchi e de' fedeli impressa 7.75.3 un' alta meraviglia, un novo orrore 7.75.4 che ripensando in lor punto non cessa. 7.75.5 Si parla sol del raro alto valore 7.75.6 de' gran guerrieri, e de la fé promessa; 7.75.7 ma qual si debba di lor due preporre, 7.75.8 vario e discorde il volgo in sé discorre. 7.76.1 E sta sospeso in aspettando il male, 7.76.2 de la crudel tenzone al fine intento, 7.76.3 o s' il furore a la virtú prevale, 7.76.4 o se cede la rabbia a l' ardimento. 7.76.5 Ma piú di ciascun altro a cui ne cale, 7.76.6 Nicea n' ebbe pensiero, anzi tormento, 7.76.7 perché da l' un, dopo l' alta ruina 7.76.8 del regno, ella ebbe onor d' alta regina. 7.77.1 L' onorò, la serví, di libertate 7.77.2 accrebbe il dono il cavaliero egregio, 7.77.3 e tutte da lui fûro a lei lasciate 7.77.4 le gemme e l' oro e ciò che vale il pregio: 7.77.5 ella, veggendo in giovenile etate 7.77.6 e 'n leggiadri sembianti animo regio, 7.77.7 restò presa d' amor, che mai non strinse 7.77.8 laccio di quel piú fermo onde l' avvinse. 7.78.1 Cosí s' il corpo libertá riebbe 7.78.2 fu l' alma in dura servitute astretta. 7.78.3 Ben molto a lei d' abbandonare increbbe 7.78.4 il signor caro e la prigion diletta; 7.78.5 ma la regia onestá, che mai non debbe 7.78.6 da magnanima donna esser negletta, 7.78.7 la costrinse a partirsi, e con l' antica 7.78.8 madre ricoverossi in terra amica. 7.79.1 In Élia venne, e qui Nicea raccolta 7.79.2 dal gran tiranno fu del regno ebreo: 7.79.3 ma de la madre sua, ch' ancisa e tolta 7.79.4 le fu da morte, pianse il caso reo: 7.79.5 né 'l dolersi per lei, ch' era sepolta, 7.79.6 né l' esiglio infelice unqua poteo 7.79.7 spegner favilla in lei di tanta fiamma, 7.79.8 ond' ella si consuma a dramma a dramma. 7.80.1 Ama ed arde la misera; e sí poco 7.80.2 in tale stato che sperar le avanza, 7.80.3 che nudrisce nel sen l' occulto foco 7.80.4 di memoria vie piú, che di speranza: 7.80.5 e quanto è chiuso in piú secreto loco, 7.80.6 tanto ha l' incendio suo maggior possanza; 7.80.7 ma di nuovo destò la dolce speme, 7.80.8 quando vide i nemici accolti insieme. 7.81.1 Sbigottîr gli altri a l' apparir di tante 7.81.2 genti nemiche, e sí diverse e fère: 7.81.3 serenò ella il torbido sembiante, 7.81.4 e lieta rimirò le squadre altere: 7.81.5 e con bramosi sguardi il caro amante 7.81.6 cercando gío fra quelle armate schiere. 7.81.7 Cercollo invan sovente, e 'l vide spesso: 7.81.8 -- Eccolo, -- disse; e 'l riconobbe espresso. 7.82.1 E da la torre, che sublime sorge 7.82.2 tra 'l Borea e 'l Cauro in su l' antiche mura, 7.82.3 mirar le genti suol, ch' indi si scorge, 7.82.4 vaga di morte e del suo mal secura: 7.82.5 quivi, da che il suo lume il sol ne porge 7.82.6 insin che poi la notte il mondo oscura, 7.82.7 s' asside, e i suoi begli occhi al campo gira, 7.82.8 e co' pensieri suoi parla e sospira. 7.83.1 Quinci vide la pugna, e 'l cor nel petto 7.83.2 sentí tremarsi in quel punto sí forte, 7.83.3 come s' egli dicesse:-- Il tuo diletto 7.83.4 corre periglio d' immatura morte.-- 7.83.5 Cosí d' affanno piena e di sospetto, 7.83.6 mirò del cavalier la dubbia sorte: 7.83.7 e del nemico il ferro ella sentia 7.83.8 ne l' alma, e i duri colpi, onde languia. 7.84.1 Ma, poi che il vero intese, e 'ntese ancora 7.84.2 ch' essi vorran di nuovo anco provarsi, 7.84.3 insolito timor cosí l' accora, 7.84.4 che sente il sangue suo di ghiaccio farsi: 7.84.5 talor secrete lagrime e talora 7.84.6 sono occulti da lei sospiri sparsi. 7.84.7 Pallida, esangue, e sbigottita in atto, 7.84.8 lo spavento e l' orror avea ritratto. 7.85.1 Con dolorosa imago il suo pensiero 7.85.2 ad or ad or la turba e la sgomenta; 7.85.3 e vie piú che la morte il sonno è fiero, 7.85.4 sí strane larve il sogno le appresenta: 7.85.5 parle veder l' amato cavaliero 7.85.6 piagato e sanguinoso, e par che senta, 7.85.7 ch' egli aita le chieda o morte almeno, 7.85.8 e, desta, umidi trova i lumi e 'l seno. 7.86.1 Né sol la tema di futuro danno 7.86.2 il sospiroso cor le affligge e scote; 7.86.3 ma de le piaghe sue piú grave affanno 7.86.4 è cagion che quetar l' alma non pote: 7.86.5 e la fama talor con falso inganno 7.86.6 le cose accresce incognite e remote: 7.86.7 pur, com' egli vicino a l' ora estrema 7.86.8 languido giaccia, e si lamenti, e gema. 7.87.1 Ella, che ben conosce in quel paese 7.87.2 qual piú secreta sia virtú ne l' erba, 7.87.3 e con qual succo ne le membra offese 7.87.4 la doglia de le piaghe è meno acerba: 7.87.5 arte gentil che da la madre apprese, 7.87.6 di cui memoria ed uso anco riserba, 7.87.7 vorria di sua man propria a le ferute 7.87.8 di chi il cor le ferío recar salute. 7.88.1 Ella l' amato medicar desia, 7.88.2 e curar il nemico a lei conviene. 7.88.3 Pensa talor d' erba nocente e ria 7.88.4 succo spargere in lui che l' avvelene: 7.88.5 ma schiva poi la man cortese e pia 7.88.6 trattar l' arti maligne, e se n' astiene. 7.88.7 Brama ella almen ch' in uso tal sia vòta 7.88.8 di sua virtute ogni erba ed ogni nota. 7.89.1 Né giá d' andar fra la nemica gente 7.89.2 temenza avria; ché peregrina er' ita, 7.89.3 e visto guerre e morti avea sovente, 7.89.4 e scorsa dubbia e faticosa vita; 7.89.5 sí che per uso la feminea mente 7.89.6 sovra il corso mortal divenne ardita, 7.89.7 né tosto si perturba o tosto pave 7.89.8 ad ogni imagin di terror men grave. 7.90.1 E crederebbe al ciel oscuro e fosco 7.90.2 (in guisa ogni temenza Amor disgombra) 7.90.3 errar secura; e 'n mar turbato, e 'n bosco 7.90.4 ardita disprezzar tempesta ed ombra, 7.90.5 e di belve africane artigli e tosco; 7.90.6 ma duolsi poi che chiara fama adombra, 7.90.7 e fan dubbia contesa in gentil core 7.90.8 due possenti nemici: Onore e Amore. 7.91.1 -- Vergine (dice l' un), d' amor rubella, 7.91.2 che le mie leggi insin ad or serbasti; 7.91.3 io, mentre ch' eri de' nemici ancella, 7.91.4 ti conservai la mente e i membri casti; 7.91.5 e tu, libera, or vuoi perder la bella 7.91.6 verginitá che 'n prigionia serbasti; 7.91.7 ahi nel tenero cor questi pensieri 7.91.8 chi svegliar può? che pensi? oimè! che speri? 7.92.1 Dunque il titolo omai d' esser pudica 7.92.2 sí poco stimi, e d' onestate il pregio, 7.92.3 che te n' andrai fra gente a' tuoi nemica, 7.92.4 notturna amante a ricercar dispregio? 7.92.5 Onde il superbo vincitor ti dica: 7.92.6 «Perdesti il regno, e 'n un l' animo regio: 7.92.7 non sei di me tu degna;» e ti conceda 7.92.8 volgare esempio altrui d' ignobil preda.-- 7.93.1 Da l' altra parte il consiglier fallace 7.93.2 dolce l' alletta, e dolce ancor lusinga: 7.93.3 -- Giá tu nata non sei d' orsa rapace, 7.93.4 o di scoglio che 'l mar percuota e cinga: 7.93.5 perché sprezzi d' amor l' arco e la face? 7.93.6 e lunge fuggi il tuo piacer solinga? 7.93.7 Né petto hai tu di ferro o di diamante, 7.93.8 che vergogna ti sia l' essere amante. 7.94.1 Vattene omai dove il desio t' invoglia. 7.94.2 Ma qual ti fingi vincitor crudele? 7.94.3 Non sai com' egli al tuo dolor si doglia? 7.94.4 e si turbi al tuo pianto, a le querele? 7.94.5 Crudel sei tu ne la feminea spoglia, 7.94.6 che dar nieghi salute al tuo fedele? 7.94.7 Langue, o fèra ed ingrata, il pio Tancredi, 7.94.8 e tu de l' altrui vita a cura or siedi. 7.95.1 Sana tu pur Argante, acciò che poi 7.95.2 il tuo liberator sia spinto a morte: 7.95.3 cosí disciolti avrai gli obblighi tuoi; 7.95.4 e sí bel premio fia ch' ei ne riporte. 7.95.5 È possibil però che non t' annoi 7.95.6 questo officio crudel per dura sorte? 7.95.7 E non basta la noia e l' orror solo 7.95.8 a far che tu di qua ten fugga a volo? 7.96.1 Deh ben fôra a l' incontro officio umano, 7.96.2 e ben n' avresti tu gioia e diletto, 7.96.3 se la pietosa tua medica mano 7.96.4 avvicinassi al valoroso petto; 7.96.5 ché per te fatto il tuo signor poi sano, 7.96.6 colorirebbe il suo smarrito aspetto, 7.96.7 né ti saria di sua bellezza avaro, 7.96.8 o d' altro don che sia gradito e caro. 7.97.1 Parte ancor poi ne le sue lodi avresti, 7.97.2 e ne l' opre di lui alte e famose; 7.97.3 e lieta ei ti faria di baci onesti, 7.97.4 e di nozze (o ch' io spero) al volgo ascose. 7.97.5 Poi glorïosa ed onorata andresti 7.97.6 tra le piú liete e piú felici spose, 7.97.7 lá ne la bella Italia, ov' alta sede 7.97.8 ha 'l valor vero e la piú vera fede.-- 7.98.1 Da tai speranze lusingata (ahi stolta!) 7.98.2 somma felicitá finge e figura; 7.98.3 ma pur si trova in mille dubbi avvolta, 7.98.4 come partir si possa indi secura; 7.98.5 perché vegghian le guardie, e sempre in volta 7.98.6 vanno dintorno a le guardate mura, 7.98.7 sin che si mostra il dí ne l' orizzonte; 7.98.8 né mai s' apre la porta, o cala il ponte. 7.99.1 Costei soleva in compagnia sovente 7.99.2 de la guerriera far lunga dimora. 7.99.3 Seco la vide il sol da l' occidente, 7.99.4 seco la vide la novella aurora: 7.99.5 e quando son del dí le fiamme spente, 7.99.6 un sol letto le accolse ambe talora; 7.99.7 e nullo altro pensier che l' amoroso, 7.99.8 l' una vergine a l' altra avrebbe ascoso. 7.100.1 Questo Nicea sol tiene a lei secreto, 7.100.2 e s' avvien che talor si dolga e lagne, 7.100.3 reca ad altra cagion del cor non lieto 7.100.4 gli affetti, e piú s' infinge ov' ella piagne. 7.100.5 In tale stato a lei senza divieto 7.100.6 spesso venía, lasciando altre compagne. 7.100.7 Né uscio al giunger suo giammai si serra, 7.100.8 siavi Clorinda, o sia in consiglio, o 'n guerra. 7.101.1 Vennevi un giorno ch' ella in altra parte 7.101.2 si ritrovava, e si fermò pensosa, 7.101.3 pur tra sé rivolgendo i modi e l' arte 7.101.4 de la bramata sua partenza ascosa. 7.101.5 Mentre in vari pensier divide e parte 7.101.6 l' incerto animo suo, che non ha posa, 7.101.7 sospese di Clorinda in alto mira 7.101.8 l' arme e le sopravveste, e ne sospira. 7.102.1 E tra sé dice sospirando:-- O quanto 7.102.2 felice è la fortissima donzella! 7.102.3 Quanto io l' invidio; e non le invidio il vanto 7.102.4 e 'l pregio feminil de l' esser bella. 7.102.5 A lei non tarda i passi il lungo manto, 7.102.6 né 'l suo valor rinchiude invida cella; 7.102.7 ma veste l' arme, e se d' uscirne agogna, 7.102.8 vassene, e non la tien tema o vergogna. 7.103.1 Ahi! perché forti a me natura e 'l cielo 7.103.2 altrettanto non fêr le membra e 'l petto, 7.103.3 onde potessi anch' io la gonna e 'l velo 7.103.4 cangiar in gran corazza e 'n fino elmetto? 7.103.5 Ché sí non riterrebbe arsura o gelo, 7.103.6 né turbo o pioggia il mio infiammato affetto, 7.103.7 ch' al sol non fossi ed al notturno lampo, 7.103.8 o fra compagni o sola, armata in campo. 7.104.1 Giá non avresti, o dispietato Argante, 7.104.2 tu fatto guerra al mio signor primiero, 7.104.3 ch' io sarei corsa ad incontrarlo avante; 7.104.4 e forse or fôra qui mio prigioniero: 7.104.5 e sosterria de la nemica amante 7.104.6 giogo di servitú dolce e severo; 7.104.7 e giá per li suoi nodi i nodi miei 7.104.8 fatti soavi e piú leggeri avrei. 7.105.1 O vero a me da la sua destra il fianco 7.105.2 sendo percosso, e riaperto il core, 7.105.3 sanato almen cosí nel lato manco 7.105.4 colpo di ferro avria piaghe d' amore. 7.105.5 Ed or la mente in pace e 'l corpo stanco 7.105.6 avrian riposo, e col riposo onore; 7.105.7 ch' ei forse avrebbe il mio cenere e l' ossa 7.105.8 onorate di lagrime e di fossa. 7.106.1 Ma, lassa, i' bramo non possibil cosa, 7.106.2 e tra folli pensieri invan m' avvolgo: 7.106.3 io mi starò qui timida e dogliosa, 7.106.4 com' una pur del vil femineo volgo. 7.106.5 Ah! non starò: cor mio confida ed osa. 7.106.6 Perch' una volta anch' io l' arme non tolgo? 7.106.7 Perché per breve spazio or non potrolle 7.106.8 sostener, ben che sia tenera e molle? 7.107.1 Sí, potrò ben; ché mi fará possente 7.107.2 a sostenere il peso amor tiranno, 7.107.3 da cui sospinti ancor s' arman sovente 7.107.4 d' ardir timidi cervi e guerra fanno. 7.107.5 Io, se non guerra a la nemica gente, 7.107.6 farò con l' arme un ingegnoso inganno. 7.107.7 Finger mi vo' Clorinda, e ricoperta 7.107.8 sotto l' imagin sua, d' uscir son certa. 7.108.1 Non temerò piú guardie o ver custodi, 7.108.2 ch' a lei non si farebbe ingiuria alcuna; 7.108.3 io pur ripenso e non veggio altri modi: 7.108.4 aperta è, credo, questa via sol una. 7.108.5 Or favoreggi le innocenti frodi 7.108.6 con amor che le inspira, alta fortuna. 7.108.7 Che temerò ne la dubbiosa luce, 7.108.8 se fortuna è compagna, amore è duce?-- 7.109.1 Cosí ragiona; e, stimolata omai 7.109.2 da le furie d' amor, piú non aspetta; 7.109.3 ma, raffrenando i suoi dogliosi lai, 7.109.4 l' arme involate di vestir s' affretta. 7.109.5 E farlo puote, e n' avrá tempo assai, 7.109.6 perch' ivi dianzi si restò soletta; 7.109.7 e la notte i suoi furti allor copria, 7.109.8 ch' a' ladri amica ed a gli amanti uscía. 7.110.1 Essa, veggendo il ciel d' alcuna stella 7.110.2 giá sparso intorno divenir piú nero, 7.110.3 precipita gl' indugi, e 'nsieme appella 7.110.4 con bassa voce un suo fedel scudiero 7.110.5 ed una cara sua diletta ancella, 7.110.6 e parte scopre lor del suo pensiero: 7.110.7 scopre la fuga e la colora, e finge 7.110.8 ch' altra cagione a dipartir l' astringe. 7.111.1 Pronto il fanciullo e la donzella è presta, 7.111.2 e l' uno e l' altro al suo parlar dá fede. 7.111.3 Nicea si spoglia la feminea vesta, 7.111.4 che da gli omeri scende insino al piede: 7.111.5 e con vestire schietto ancora onesta 7.111.6 e bella è sí, ch' ogni credenza eccede; 7.111.7 simile a chi giá corse a' pomi d' oro, 7.111.8 ed a lei che diè nome al verde alloro. 7.112.1 Col durissimo acciar preme ed offende 7.112.2 il delicato collo e l' aurea chioma, 7.112.3 e la tenera man lo scudo prende, 7.112.4 pur troppo grave e inusitata soma. 7.112.5 Cosí tutta di ferro omai risplende, 7.112.6 e 'n atto militar se stessa doma. 7.112.7 Gode Amor, ch' è presente, e cosí ride, 7.112.8 com' allor ch' egli avvolse in gonna Alcide. 7.113.1 Oh! con quanta fatica ella sostiene 7.113.2 l' inegual peso, e move lenti i passi, 7.113.3 ed a la cara compagnia s' attiene 7.113.4 di cui guida ed appoggio insieme fassi; 7.113.5 ma rinforzan gli spirti amore e spene, 7.113.6 e crescono il vigor de' membri lassi; 7.113.7 sin ch' insieme a' destrier gravâro il dorso, 7.113.8 che presti sono al passo e presti al corso. 7.114.1 Con le mentite insegne occulta, ascosa, 7.114.2 e per secreta via con lor si parte: 7.114.3 pur in molti s' avviene, e l' aria ombrosa 7.114.4 splender di ferro vede in qualche parte; 7.114.5 ma impedir quel viaggio altri non osa 7.114.6 cui la fortuna sua mena in disparte: 7.114.7 e la notte gli affida, o pur la tigre 7.114.8 temuta insegna è fra le genti impigre. 7.115.1 Nicea, benché 'l suo dubbio alquanto sceme, 7.115.2 non va per quelle vie molto secura; 7.115.3 ché d' esser conosciuta a la fin teme, 7.115.4 e dal suo troppo ardir nasce paura. 7.115.5 Ma pur, giunta a la porta, il timor preme, 7.115.6 ed inganna colui che n' ha la cura. 7.115.7 -- Io son Clorinda, disse, apri la porta, 7.115.8 ch' il re m' invia dove l' andare importa.-- 7.116.1 La voce feminil sembiante a quella 7.116.2 de la guerriera, agevolò l' inganno. 7.116.3 Chi crederia vedere armata in sella 7.116.4 una de l' altre ch' arme oprar non sanno? 7.116.5 Sí ch' il portier tosto ubbidisce; ed ella 7.116.6 n' esce veloce, e i duo che seco or vanno. 7.116.7 E per lor securezza entr' una valle 7.116.8 discendon per obliquo e lungo calle. 7.117.1 Poi che la donna in solitaria ed ima 7.117.2 parte si vede, alquanto i passi allenta, 7.117.3 ch' i primi rischi aver passati estima, 7.117.4 né d' esser ritenuta omai paventa. 7.117.5 Or pensa a quello a che pensato in prima 7.117.6 non bene aveva, ed or le s' appresenta 7.117.7 pericoloso piú che pria non parve, 7.117.8 l' entrar nel campo in sí mentite larve. 7.118.1 -- Esser mio messaggero a te conviene,-- 7.118.2 dice ella al servo suo pronto e sagace. 7.118.3 -- Vattene al campo, e con secura spene 7.118.4 trova Tancredi ove languendo ei giace, 7.118.5 a cui dirai che donna a lui sen viene, 7.118.6 che gli apporta salute e chiede pace, 7.118.7 e benigna accoglienza e fida aita; 7.118.8 perché l' una sia salva, e l' altra vita. 7.119.1 E ch' in lui solo ha certa e viva fede, 7.119.2 né teme in suo potere onta né scorno. 7.119.3 Dí' sol questo a lui solo, e s' altro ei chiede, 7.119.4 dí' non saperlo, e affretta il tuo ritorno: 7.119.5 io (ché questa mi par sicura sede) 7.119.6 in questo mezzo qui farò soggiorno.-- 7.119.7 Cosí disse la donna; e 'l fido servo 7.119.8 veloce se n' andò qual damma o cervo. 7.120.1 E 'n guisa oprar sapea, che senza indugio 7.120.2 entro a' chiusi ripari ei fu raccolto, 7.120.3 e poi condotto al suo dolce refugio, 7.120.4 che 'l messaggiero udío con lieto volto. 7.120.5 Poi dicendo:-- Signor, piú non indugio,-- 7.120.6 verso la donna sua si fu rivolto; 7.120.7 e riportava a lei dolce risposta, 7.120.8 che fida scorta avria d' entrarvi ascosta. 7.121.1 Ma ella intanto desiosa, a cui 7.121.2 ogni dimora par noiosa e greve, 7.121.3 numera fra se stessa i passi altrui, 7.121.4 e pensa:-- Or giunge, or entra, or tornar deve.-- 7.121.5 E giá le sembra al ritornar colui, 7.121.6 men ch' egli non solea spedito e leve. 7.121.7 Spingesi alfin avanti, e 'n parte ascende 7.121.8 da cui comincia a discoprir le tende. 7.122.1 Era la notte, e 'l suo stellato velo 7.122.2 chiaro spiegava e senza nube alcuna, 7.122.3 e giá spargea rai luminosi e gelo 7.122.4 di vive perle la sorgente luna. 7.122.5 L' innamorata donna iva col cielo 7.122.6 le sue fiamme sfogando ad una ad una, 7.122.7 e secretari del suo amore antico 7.122.8 fa i muti campi e quel silenzio amico. 7.123.1 Poi, rimirando il campo, ella dicea: 7.123.2 -- O belle agli occhi miei tende latine! 7.123.3 Aura spira da voi che mi ricrea, 7.123.4 e mi conforta pur ch' io m' avvicine: 7.123.5 cosí a mia vita faticosa e rea 7.123.6 qualche onesto riposo il ciel destine, 7.123.7 come in voi solo il cerco, e solo or parme 7.123.8 che trovar pace io possa in mezzo a l' arme. 7.124.1 Raccogliete me dunque, e 'n voi si trove 7.124.2 quella pietá che mi promise amore, 7.124.3 e ch' io giá vidi prigioniera altrove 7.124.4 nel mansueto mio dolce signore: 7.124.5 né giá desio di racquistar mi move 7.124.6 con l' armi vostre il mio reale onore: 7.124.7 quando ciò non avvenga, assai felice 7.124.8 io mi terrò, se 'n voi servir mi lice.-- 7.125.1 Cosí parla costei che non prevede 7.125.2 de la fortuna sua nòve tempeste. 7.125.3 Ella era in parte ove risplende, e fiede 7.125.4 l' arme lucenti il bel raggio celeste, 7.125.5 sí che da lunge lo splendor si vede, 7.125.6 e 'l bel candor che le circonda e veste; 7.125.7 e l' empia fèra in fino argento impressa 7.125.8 riluce sí, ch' ognun direbbe:-- È dessa.-- 7.126.1 Ma come volle la sua dura sorte, 7.126.2 i duo fratei qui tesi avean gli aguati, 7.126.3 di cui pose Clorinda il padre a morte; 7.126.4 ed ora difendean quel passo armati, 7.126.5 lá 've menar solean notturne scorte 7.126.6 armenti e gregge da gli erbosi prati: 7.126.7 e se l' altro passò, fu perch' ei torse 7.126.8 lunge il cavallo, e subito trascorse. 7.127.1 Al piú giovin fratello, a cui fu il padre 7.127.2 co' duo germani da Clorinda ucciso, 7.127.3 viste le spoglie candide e leggiadre, 7.127.4 fu di veder l' alta guerriera avviso; 7.127.5 e contra le irritò l' occulte squadre, 7.127.6 né frenando del cor moto improvviso, 7.127.7 come l' ira volea subita e folle, 7.127.8 gridò:-- Sei morta,-- e l' asta invan lanciolle. 7.128.1 Sí come cerva, ch' assetata il passo 7.128.2 mova a cercar d' acque lucenti e vive, 7.128.3 ove un bel fonte distillar d' un sasso, 7.128.4 o vide un fiume tra frondose rive, 7.128.5 se incontra i cani, allor ch' il corpo lasso 7.128.6 ristorar crede a l' onde, a l' ombre estive, 7.128.7 si rivolge fuggendo, e sua paura 7.128.8 la stanchezza obliar face e l' arsura; 7.129.1 cosí costei, che l' amorosa sete, 7.129.2 onde l' infermo core arde e sfavilla, 7.129.3 temprar ne l' accoglienze oneste e liete 7.129.4 credeva, e far la mente in lor tranquilla; 7.129.5 or che contra lei vien chi gliel diviete, 7.129.6 (quasi obliando chi primier rapilla) 7.129.7 se stessa e 'l suo desir quivi abbandona, 7.129.8 e 'l veloce destrier timida sprona. 7.130.1 Fugge Nicea, temendo al suono, al grido, 7.130.2 e la donzella sua paurosa e mesta, 7.130.3 d' augello in guisa a cui del dolce nido 7.130.4 preciso è 'l calle, e quel seguir non resta. 7.130.5 Ecco giá da le tende il servo fido 7.130.6 con la tarda novella aggiunge in questa: 7.130.7 e l' altrui fuga ancor dubbio accompagna, 7.130.8 e gli sparge il timor per la campagna. 7.131.1 Tancredi, a cui pur dianzi il cor sospese 7.131.2 quell' avviso primiero, udendo or questo, 7.131.3 com' egli era magnanimo e cortese, 7.131.4 da l' altrui rischio e dal suo amore è desto: 7.131.5 onde vestito del suo grave arnese, 7.131.6 monta a cavallo e tacito esce e presto: 7.131.7 e seguendo gl' indizi e l' orme nòve, 7.131.8 rapidamente a tutto corso il move.
CANTO VIII
8.1.1 Nicea, fuggendo, tra l' ombrose piante 8.1.2 d' antica selva dal cavallo è scorta; 8.1.3 né piú governa il fren la man tremante, 8.1.4 e mezza quasi par tra viva, e morta. 8.1.5 Per tante strade si raggira e tante 8.1.6 il buon destrier ch' in sua balía la porta, 8.1.7 ch' al fin da gli occhi altrui pur si dilegua, 8.1.8 ond' è soverchio omai ch' altri la segua. 8.2.1 Qual dopo lunga e faticosa caccia 8.2.2 tornano stanchi ed anelanti i cani, 8.2.3 che la fèra perduta abbian di traccia, 8.2.4 nascosta in selva da gli aperti piani; 8.2.5 tal, pieni d' ira e di vergogna in faccia, 8.2.6 riedon giá lassi i cavalier cristiani. 8.2.7 Ella pur fugge, e timida e smarrita 8.2.8 non si volge a mirar s' anco è seguita. 8.3.1 Fuggí tutta la notte, e tutto il giorno 8.3.2 errò senza consiglio e senza guida, 8.3.3 non udendo o vedendo altro d' intorno, 8.3.4 che 'l proprio pianto e le dolenti strida; 8.3.5 ma ne l' ora ch' il sol dal carro adorno 8.3.6 scioglie i corsieri, e 'n grembo al mar gli annida, 8.3.7 giunse del bel Giordano a le chiare acque; 8.3.8 e scese in riva al fiume, e qui si giacque. 8.4.1 Cibo non prende giá, ché de' suoi mali 8.4.2 solo si pasce, e sol di pianto ha sete. 8.4.3 Ma 'l sonno, che de' miseri mortali 8.4.4 è col suo dolce oblio posa e quiete, 8.4.5 sopí co' sensi i suoi dolori, e l' ali 8.4.6 distese sovra lei placide e chete: 8.4.7 né però cessa amor con varie forme 8.4.8 la sua pace turbar, mentr' ella dorme. 8.5.1 Non si destò sin che garrir gli augelli 8.5.2 non udío lieti e salutar gli albori; 8.5.3 e mormorare il fiume e gli arboscelli, 8.5.4 e spirar l' aura fra l' erbette e i fiori. 8.5.5 Apre i languidi lumi, e mira in quelli 8.5.6 alberghi solitari de' pastori; 8.5.7 e le par voce udir fra l' acque e i rami, 8.5.8 ch' a' sospiri ed al pianto la richiami. 8.6.1 Piange, e sospira; e quando i caldi raggi 8.6.2 fuggon le gregge, a la dolce ombra assise, 8.6.3 ne la scorza de' pini o pur de' faggi 8.6.4 segnò l' amato nome in mille guise: 8.6.5 e de la sua fortuna i gravi oltraggi, 8.6.6 e i vari casi in dura scorza incise: 8.6.7 e 'n rileggendo poi le proprie note 8.6.8 spargea di pianto le vermiglie gote. 8.7.1 E dicea lacrimando:-- In voi serbate 8.7.2 la fèra istoria mia, piante frondose; 8.7.3 perché, se fugge mai l' arida state 8.7.4 fedele amante in queste rive ombrose, 8.7.5 senta svegliarsi al cor dolce pietate 8.7.6 di tante mie sventure e sí noiose; 8.7.7 e dica: «Ahi troppo ingiusta empia mercede 8.7.8 ebbe sí vero amor, sí pura fede!» 8.8.1 Forse avverrá (s' il ciel benigno ascolta 8.8.2 gli umani preghi, e se di noi gli cale) 8.8.3 che venga in queste selve ancor talvolta, 8.8.4 qual prima il vidi, il nostro adorno male: 8.8.5 e i begli occhi volgendo ove sepolta 8.8.6 giacerá questa spoglia inferma e frale, 8.8.7 tardo premio conceda a' miei martíri 8.8.8 d' amare lacrimette e di sospiri. 8.9.1 Onde, s' in vita il cor misero fue, 8.9.2 sia lo spirito in morte almen felice, 8.9.3 e 'l cener freddo de le fiamme sue 8.9.4 goda quel che godere a lei non lice.-- 8.9.5 Cosí ragiona a' sordi tronchi; e due 8.9.6 fonti di pianto da' begli occhi elice. 8.9.7 Tancredi intanto ove fortuna il tira, 8.9.8 lunge da lei, per lei seguir, s' aggira. 8.10.1 Egli, seguendo le vestigia impresse, 8.10.2 lunge sen gí da la cittá vicina, 8.10.3 ma quivi da le piante orride e spesse 8.10.4 nera e folta cosí l' ombra declina, 8.10.5 che piú non può raffigurar tra esse 8.10.6 l' orme novelle, e dubbio oltra cammina; 8.10.7 porgendo intorno pur l' orecchie intente, 8.10.8 se calpestio, se romor d' arme ei sente. 8.11.1 E dove pur notturna aura percota 8.11.2 tenera fronda mai d' olmo o di faggio, 8.11.3 o pur fèra ed augello un ramo scota, 8.11.4 tosto a quel piccol suon drizza il viaggio. 8.11.5 Esce alfin d' alta selva, e per ignota 8.11.6 strada il conduce de la luna il raggio 8.11.7 verso un romor che di lontano udiva, 8.11.8 insin che giunse al loco ond' egli usciva. 8.12.1 Giunse dove perpetue e rapide onde 8.12.2 con larga vena uscian d' un vivo sasso, 8.12.3 e facean cinque fonti ampie e profonde, 8.12.4 da l' imo al sommo, o pur da l' alto al basso. 8.12.5 Fêa la prima due rivi: e l' un s' asconde, 8.12.6 nel suo principio ritorcendo il passo: 8.12.7 l' altro queto scendea con l' acque chiare, 8.12.8 sin ch' egli si moria nel morto mare. 8.13.1 L' aurora intanto candida e vermiglia 8.13.2 lieta apparia nel lucido orizzonte: 8.13.3 e discopria l' antica maraviglia, 8.13.4 come si faccia l' un da l' altro fonte. 8.13.5 Il primo, che 'l suo occulto e 'l ver simiglia, 8.13.6 ha per sostegno un uom che pare un monte, 8.13.7 lo qual gli omeri incurva, e quasi stanco 8.13.8 china al peso lucente il capo e 'l fianco. 8.14.1 Paion quell' acque liquidi zaffiri, 8.14.2 non turbate da nembi o da procelle; 8.14.3 e luminosi raggi in lor rimiri 8.14.4 percossi lampeggiar de l' auree stelle. 8.14.5 E i torti lor viaggi, e i torti giri 8.14.6 da quelle a queste, o pur da queste a quelle, 8.14.7 e con ogni altra piú serena imago, 8.14.8 l' errante luna e 'l sole errante e vago. 8.15.1 Ma nel secondo pur, qual cervo o damma, 8.15.2 l' uom correria per ammorzar la sete, 8.15.3 bench' egli tutto al novo dí s' infiamma 8.15.4 co' rai che sembran quasi accese mète. 8.15.5 Il fonte è del color di viva fiamma, 8.15.6 in cui spiegano i crin varie comete; 8.15.7 e d' ardenti sembianze auree faville 8.15.8 or turbate vi scorgi ed or tranquille. 8.16.1 Il terzo fonte par ch' al sol s' indori, 8.16.2 come suol ne le nubi arco dipinto; 8.16.3 e dispiega sue forme e suoi colori 8.16.4 onde fe' Delia la corona e 'l cinto: 8.16.5 e verghe e spegli in luminosi orrori, 8.16.6 da cui lo stil d' Apelle ancora è vinto; 8.16.7 né formeria l' algente ed umid' ombra, 8.16.8 ch' a rai s' alluma, e 'l lume in lei s' adombra. 8.17.1 Quasi gran mar fremendo il quarto ondeggia 8.17.2 ne l' ampio vaso e 'n su la molle arena, 8.17.3 e scopre la squamosa orrida greggia, 8.17.4 e come isola in mezzo orca o balena, 8.17.5 e 'l corallo e la perla: e quel rosseggia, 8.17.6 questa è nel suo candor tutta serena; 8.17.7 e l' onda vaga co 'l suo moto alterno 8.17.8 simiglia de la luna il corso eterno. 8.18.1 La quinta fonte è del color de l' erba, 8.18.2 ma pur di gemme ella riluce e d' oro; 8.18.3 e di quanti metalli in sen riserba 8.18.4 l' antica madre, abbonda il bel tesoro: 8.18.5 e con fiorita vista e con superba 8.18.6 frondeggia intorno a lei palma ed alloro, 8.18.7 che, coronata di sue verdi selve, 8.18.8 nel grembo accoglie armenti e gregge e belve. 8.19.1 Tancredi in guisa d' uom ch' ad altro intenda, 8.19.2 di vano amore acceso e del suo zelo, 8.19.3 appena rimirò come discenda 8.19.4 dal primo il fonte che somiglia il cielo; 8.19.5 e come ciascun altro indi risplenda 8.19.6 con onda ora di foco ed or di gelo; 8.19.7 e se gustò de le fontane, ei bebbe 8.19.8 tanto del rio che le sue fiamme accrebbe. 8.20.1 Però cruccioso incontra amor si sdegna 8.20.2 che sperata gli neghi alta ventura: 8.20.3 e se la donna sua d' ingiuria indegna 8.20.4 offesa fia, farne vendetta ei giura. 8.20.5 Di rivolgersi al campo alfin s' ingegna 8.20.6 per la piú breve strada e piú secura; 8.20.7 però che giá vicino è il dí prescritto, 8.20.8 che pugnar dée col messagger d' Egitto. 8.21.1 Partesi, e mentre va per dubbio calle, 8.21.2 sente un corso appressar che piú s' avanza, 8.21.3 ed alfine spuntar d' angusta valle 8.21.4 vede uom che di corriero avea sembianza: 8.21.5 scotea mobile sferza, e da le spalle 8.21.6 pendea il corno su 'l fianco a nostra usanza. 8.21.7 Chiede Tancredi a lui per quale strada 8.21.8 al campo de' cristiani indi si vada. 8.22.1 Quegli italico parla:-- Or lá m' invio, 8.22.2 ove m' ha Boemondo in fretta spinto.-- 8.22.3 Tancredi il segue e del sermon natio 8.22.4 conosce il suono, e crede al parlar finto. 8.22.5 Giungono alfin dove nel lago il rio 8.22.6 giá s' impaluda, ed un castel n' è cinto; 8.22.7 ne la stagion ch' il sol par che s' immerga 8.22.8 ne l' ampio nido ove la notte alberga. 8.23.1 Suona il corriero, in arrivando il corno, 8.23.2 e tosto giú calar si vede un ponte. 8.23.3 --Qui, se latin sei tu, puoi far soggiorno, 8.23.4 or ch' il sol cade insin ch' egli sormonte, 8.23.5 ché questo loco (e non è il terzo giorno) 8.23.6 acquistò, dice, de' Carnuti il conte.-- 8.23.7 Mira il loco il guerrier, che d' ogni parte 8.23.8 inespugnabil fanno il sito e l' arte. 8.24.1 Dubita alfin ch' entro magion sí forte 8.24.2 inganno e violenza occulta or giaccia; 8.24.3 ma come usato a disprezzar la morte, 8.24.4 motto non fanne, e nol dimostra in faccia; 8.24.5 ch' ovunque il guidi elezïone o sorte, 8.24.6 vuol che securo la sua destra il faccia; 8.24.7 pur l' obbligo ch' egli ha d' altra battaglia, 8.24.8 fa che di nuova impresa or non gli caglia. 8.25.1 Alfin lá dove ne l' erboso prato 8.25.2 il curvo ponte si congiunge e posa, 8.25.3 ritiene il passo, e par quasi turbato, 8.25.4 né segue la sua scorta insidïosa: 8.25.5 ma dal castello un cavaliero armato 8.25.6 giá con sembianza uscía fèra e sdegnosa, 8.25.7 ch' avendo ne la destra il ferro ignudo, 8.25.8 parlava in atto minaccioso e crudo. 8.26.1 --O tu, che (siasi tua fortuna o voglia) 8.26.2 al paese fatal d' Armida arrive, 8.26.3 pensi indarno fuggire; or l' arme spoglia 8.26.4 fra verdi mirti e pallidette olive, 8.26.5 ed entra pur ne la guardata soglia, 8.26.6 con queste leggi ch' ella altrui prescrive: 8.26.7 senza contrasto ella qui impera e regge, 8.26.8 sol liberando chi servirla elegge.-- 8.27.1 Di santo sdegno il pio guerrier si tinse 8.27.2 nel volto, e gli rispose:-- Iniquo ed empio, 8.27.3 quel Tancredi son io, ch' il ferro cinse 8.27.4 per Cristo, e fèo de' Turchi orrido scempio, 8.27.5 e 'n sua virtute i suoi ribelli vinse, 8.27.6 com' or dimostrerò con chiaro esempio; 8.27.7 ché da l' ira del ciel ministra eletta 8.27.8 è questa man di giusta e pia vendetta.-- 8.28.1 Turbossi, udendo il glorïoso nome, 8.28.2 l' empio guerriero e scolorossi in viso; 8.28.3 pur celando il timor, gli disse:-- Or come 8.28.4 vieni al contrasto ove rimanga ucciso? 8.28.5 Qui saran le tue forze oppresse e dome, 8.28.6 e 'l tuo capo superbo oggi reciso, 8.28.7 se non t' inchini a lei che scioglie e lega, 8.28.8 come e chi vuol; né pace o grazia nega.-- 8.29.1 Cosí dicea l' ignoto; e perch' il giorno 8.29.2 spento era omai, sí che vedeasi a pena, 8.29.3 tante faci apparîr sospese intorno, 8.29.4 che ne fu l' aria lucida e serena. 8.29.5 Splende il castel come in teatro adorno 8.29.6 suol fra superbe pompe altera scena, 8.29.7 con marmorei giganti e mostri eburni, 8.29.8 che mille alzano al ciel lumi notturni. 8.30.1 L' intrepido guerriero infiamma e desta 8.30.2 a la battaglia e l' ardimento e l' ire; 8.30.3 né su 'l debol cavallo assiso ei resta, 8.30.4 quando il nemico a piede ha tanto ardire; 8.30.5 vien chiuso ne lo scudo, e l' elmo ha in testa, 8.30.6 la spada nuda, e in atto è di ferire. 8.30.7 Gli move incontra il cavalier feroce 8.30.8 con occhi ardenti e con terribil voce. 8.31.1 Quegli con larghe rote aggira i passi, 8.31.2 stretto ne l' arme, e i colpi accenna e finge. 8.31.3 Questi, perch' abbia i membri infermi e lassi, 8.31.4 va sempre avanti e gli s' appressa e stringe: 8.31.5 e lá donde il nemico addietro fassi, 8.31.6 calcando l' orme sue s' avanza e spinge, 8.31.7 e drizza il ferro fulminando a gli occhi, 8.31.8 e i colpi addoppia, e par che tuoni o fiocchi. 8.32.1 E piú ch' altrove impetuoso fére 8.32.2 ove piú di vital formò natura; 8.32.3 giungendo i gridi a le percosse altere, 8.32.4 spezzando ogn' arme ch' è piú forte e dura. 8.32.5 Di qua di lá si volge, e sue leggere 8.32.6 membra a' colpi il fellon sottragge e fura, 8.32.7 e cerca or con lo scudo, or con la spada, 8.32.8 ch' il nemico furore indarno cada. 8.33.1 Ma d' intrepido schermo altrove il vanto 8.33.2 dar si potea; qui teme a l' aspre offese; 8.33.3 rotto il suo scudo mira e l' elmo intanto 8.33.4 e l' usbergo sanguigno e 'l buono arnese: 8.33.5 e colpo alcun de' suoi che tanto o quanto 8.33.6 impiagasse Tancredi, ancor non scese; 8.33.7 e teme, e gli rimorde e punge il core 8.33.8 sdegno, vergogna, coscïenza, amore. 8.34.1 Ma pensa alfin con disperata guerra 8.34.2 far prova omai de l' ultima fortuna. 8.34.3 Gitta lo scudo, e a due mani afferra 8.34.4 la spada ch' è di sangue ancor digiuna: 8.34.5 e del nemico anciso o spinto a terra, 8.34.6 vendetta vuole e non vuol pace alcuna; 8.34.7 contra lui dunque ogni sua forza accampa, 8.34.8 e tutte l' ire onde il suo core avvampa. 8.35.1 E 'l percote su l' elmo e 'l ripercote 8.35.2 sin ch' egli ne rimbomba in suon di squilla; 8.35.3 e, se fender nol può, lui preme e scote, 8.35.4 che inchina il capo e giá co 'l piè vacilla: 8.35.5 e, tutto acceso di rossor le gote, 8.35.6 ne gli occhi disdegnosi arde e sfavilla; 8.35.7 e fuor de la visiera escono ardenti 8.35.8 gli sguardi, e insieme i minacciosi accenti. 8.36.1 Il perfido guerrier giá non sostiene 8.36.2 la vista pur di sí feroce aspetto: 8.36.3 sente fischiare il ferro, e 'n fra le vene 8.36.4 giá gli sembra d' averlo e in mezzo al petto: 8.36.5 fugge dal colpo, e 'l colpo a cader viene 8.36.6 dove è un marmoreo simolacro eretto; 8.36.7 ne van le schegge e le scintille al cielo, 8.36.8 e passa al cor del traditore un gelo. 8.37.1 Onde fugge veloce a tutto corso, 8.37.2 e ne la fuga pon l' ultima speme; 8.37.3 ma Tancredi il persegue, e giá sul dorso 8.37.4 la man gli stende e 'l piè col piè gli preme. 8.37.5 Quando ecco (al fuggitivo alto soccorso) 8.37.6 sparir le faci, ed ogni stella insieme; 8.37.7 né rimaner a l' orba notte in campo 8.37.8 sotto povero ciel facella o lampo. 8.38.1 Fra l' ombre de la notte, e de gl' incanti, 8.38.2 il vincitor no 'l segue piú, né 'l vede, 8.38.3 né può cosa vedersi a lato o avanti, 8.38.4 e muove dubbio e mal securo il piede: 8.38.5 e su l' entrar d' un uscio i passi erranti 8.38.6 a caso mette, né d' entrar s' avvede: 8.38.7 ma sente poi che suona a lui di retro 8.38.8 la porta, e 'l serra in luogo oscuro e tetro. 8.39.1 Qual dove ad umil turba e mezzo ignuda 8.39.2 stagna in placidi seni il nostro mare, 8.39.3 fugge da la tempesta e s' impaluda 8.39.4 il pesce, e vive pur ne l' acque amare: 8.39.5 e vien che da se stesso ei si rinchiuda 8.39.6 in palustre prigion, né può tornare; 8.39.7 ché quel serraglio è con mirabil uso 8.39.8 sempre a l' entrare aperto, a l' uscir chiuso: 8.40.1 tale il guerriero allor (qual che si fosse 8.40.2 de la strana prigion l' ordigno e l' arte) 8.40.3 entrò da sé, ché troppo ardire il mosse; 8.40.4 e fu rinchiuso ond' uom per sé non parte. 8.40.5 Ben con robusta man la porta scosse, 8.40.6 ma fûr le sue fatiche invano sparte 8.40.7 e voce intanto udí, che:-- Indarno, grida, 8.40.8 uscir procuri, o prigionier d' Armida. 8.41.1 Qui menerai (non temer giá di morte) 8.41.2 nel sepolcro de' vivi i mesi e gli anni.-- 8.41.3 Non risponde, ma preme il guerrier forte 8.41.4 nel cor profondo i dolorosi affanni: 8.41.5 e fra se stesso accusa amor, la sorte, 8.41.6 la sua sciocchezza e gli altrui fèri inganni: 8.41.7 e talor dice in tacite parole: 8.41.8 -- Leve perdita fia perdere il sole. 8.42.1 Ma di piú vago sol piú dolce vista, 8.42.2 misero! i' perdo; e non so giá se mai 8.42.3 in loco tornerò che l' alma trista 8.42.4 si rassereni a gli amorosi rai.-- 8.42.5 Poi gli sovvien d' Argante, e piú s' attrista; 8.42.6 -- E troppo, dice, al mio dover mancai; 8.42.7 ed è ragion ch' ei mi disprezzi e scherna: 8.42.8 o mia gran colpa, o mia vergogna eterna!-- 8.43.1 Cosí d' amor, d' onor cura mordace 8.43.2 quinci e quindi al guerrier l' animo rode. 8.43.3 Or mentre egli s' affligge, Argante audace 8.43.4 le molli piume di calcar non gode: 8.43.5 tanto è nel fèro petto odio di pace, 8.43.6 desio di sangue ostile, amor di lode, 8.43.7 ché de le piaghe sue non sano ancora, 8.43.8 brama che 'l novo dí porti l' aurora. 8.44.1 La notte che precede, il pagan fèro 8.44.2 a pena inchina per dormir la fronte; 8.44.3 e sorge poi ch' ancora è il ciel sí nero, 8.44.4 che non dá luce in su la cima al monte. 8.44.5 -- Portami, grida, l' arme,-- al suo scudiero, 8.44.6 e quello aveale apparecchiate e pronte: 8.44.7 non le solite sue, ma dal re sono 8.44.8 dategli queste: e prezïoso è il dono. 8.45.1 Lieto piú che mai fosse allor le prende, 8.45.2 né del gran peso è la persona onusta 8.45.3 e l' acuta sua spada al fianco appende, 8.45.4 ch' è di tempra finissima e vetusta. 8.45.5 Qual con sanguigna chioma orrida splende 8.45.6 la cometa crudel per l' aria adusta, 8.45.7 ch' i regni muta e i fieri morbi adduce, 8.45.8 a' purpurei tiranni infausta luce; 8.46.1 Tal ne l' arme ei fiammeggia, e bieche e torte 8.46.2 volge le luci ebre di sangue e d' ira. 8.46.3 Spirano gli atti fèri orror di morte, 8.46.4 e minacce di morte il volto spira. 8.46.5 Alma non è cosí secura e forte 8.46.6 che non paventi, ov' un sol guardo ei gira. 8.46.7 Nuda ha la spada, e la solleva e scote, 8.46.8 e invocando i suoi dèi, l' ombre percote. 8.47.1 -- Fate, dicea, che il predator romano, 8.47.2 lo qual spogliati ha i vostri regni ed arsi, 8.47.3 io atterri vinto e sanguinoso al piano, 8.47.4 bruttando ne la polve i crini sparsi: 8.47.5 e veggia ei, vivo ancor, da questa mano, 8.47.6 ad onta del suo Dio, l' arme spogliarsi; 8.47.7 e cerchi a me co' suoi dolenti preghi, 8.47.8 ch' in pasto a' cani le sue membra i' neghi.-- 8.48.1 Cosí gran tauro, se 'l percote e strugge 8.48.2 geloso amor co' stimoli pungenti, 8.48.3 gli armenti e i paschi solitario fugge 8.48.4 sin che le forze accoglia e l' ire ardenti; 8.48.5 e 'l corno aguzza a' tronchi, e orribil mugge, 8.48.6 e co' fallaci colpi invita i venti; 8.48.7 e battendo col piè l' arida terra, 8.48.8 sparge l' arena, e sfida a fèra guerra. 8.49.1 Tronca Argante gl' indugi al fèro suono 8.49.2 del corno onde quel monte e 'l pian rimbomba; 8.49.3 come al romor di spaventoso tuono 8.49.4 e fugge al nido il corvo e la colomba. 8.49.5 Giá i príncipi fedeli accolti sono 8.49.6 ne la gran tenda al chiaro suon di tromba. 8.49.7 Qui le disfide rinnovò l' araldo, 8.49.8 trovando in pochi il cor sí fermo e saldo. 8.50.1 Goffredo intanto gli occhi gravi e tardi 8.50.2 volge, con mente allor dubbia e sospesa, 8.50.3 né perché molto pensi e molto guardi, 8.50.4 sa chi debba anteporre a l' alta impresa. 8.50.5 Vi mancano i piú forti e piú gagliardi: 8.50.6 di Tancredi non s' è novella intesa; 8.50.7 ed erra in lungo esiglio, e i rischi sprezza, 8.50.8 quel novo fior di gloria e di bellezza. 8.51.1 Ed oltre i diece che fûr tratti a sorte, 8.51.2 molti de' piú feroci e piú famosi 8.51.3 seguîr d' Armida le fallaci scorte 8.51.4 sotto il silenzio de la notte ascosi. 8.51.5 Ma de' Roberti il piú sublime e forte 8.51.6 v' è col men alto; e non avvien ch' egli osi 8.51.7 chieder il rischio di battaglia incerta, 8.51.8 ben ch' a l' onor abbia la vita offerta. 8.52.1 E tace ogni altro piú onorato e degno: 8.52.2 e di lor dubbio il pio signor s' accorse, 8.52.3 e, tutto pien di generoso sdegno, 8.52.4 dal loco ove sedea, repente sorse; 8.52.5 ponendo al suo fratel freno e ritegno, 8.52.6 che spesso per onore a morte corse: 8.52.7 -- Né vita, disse, piú né imperio or merto, 8.52.8 se gli oltraggi e l' indugio ho invan sofferto. 8.53.1 Or sieda ogni altro in pace, e da secura 8.53.2 parte miri ozïoso il mio periglio. 8.53.3 Su, su, datemi l' arme;-- e l' armatura 8.53.4 gli fu recata ad un girar di ciglio. 8.53.5 L' antichissimo Franco, a cui non fura 8.53.6 la quarta etade il senno e 'l buon consiglio, 8.53.7 la fronte allora alzò da l' ampio seggio, 8.53.8 e disse:-- Il meglio in questo rischio è il peggio.-- 8.54.1 E vòlto a lui, soggiunse:-- Ah! non sia vero 8.54.2 che nel capo d' un sol s' arrischi il tutto. 8.54.3 Duce sei tu, non pur sommo guerriero; 8.54.4 publico fôra, e non privato il lutto, 8.54.5 in te la fé s' appoggia e 'l nostro impero; 8.54.6 per te fia il regno di Babel distrutto. 8.54.7 Tu molto il senno e poco il ferro adopra; 8.54.8 ponga altri poi l' ardire e l' arme in opra. 8.55.1 Cosí pur far solea l' invitto Carlo, 8.55.2 ch' io giá seguii contra Sansogna in guerra, 8.55.3 e contra Desidèro; e se narrarlo 8.55.4 altri presume, invan ragiona, ed erra. 8.55.5 Quel mio famoso Augusto ond' or ti parlo, 8.55.6 liberò questa sacra e nobil terra: 8.55.7 ed io qui prima (e ben di ciò m' esalto) 8.55.8 fui con Orlando al periglioso assalto. 8.56.1 Da questo sacro e mal guardato nido 8.56.2 cacciammo empi ladroni un' altra volta: 8.56.3 gloria ed onor portando al nostro lido, 8.56.4 piú caro d' auree spoglie, o preda accolta. 8.56.5 Però se voi talor rampogno e sgrido, 8.56.6 facciol per troppo amor di chi m' ascolta; 8.56.7 ch' altre arme, altre contese, altri perigli, 8.56.8 e i migliori di voi conobbi, o figli. 8.57.1 Taccio di Carlo, a cui agguagliate indarno 8.57.2 que' duo che fece vincitor' Farsaglia; 8.57.3 ei ristorò Fiorenza in riva a l' Arno, 8.57.4 dove spada mi cinse e piastra e maglia. 8.57.5 Io che sono or sí curvo, e sí mi scarno, 8.57.6 ebbi di giostra il pregio e di battaglia: 8.57.7 sallo Pavia, che di troncate membra 8.57.8 vide sparti i suoi campi: or sen rimembra. 8.58.1 Guerra faceano i Longobardi e i Franchi 8.58.2 presso le mura e lungo antica sponda; 8.58.3 e gli uni e gli altri eran giá afflitti e stanchi, 8.58.4 e per fortuna avversa e per seconda: 8.58.5 il fiero Astolfo, allor che spada a' fianchi 8.58.6 non si cingea, tinse que' campi e l' onda: 8.58.7 fatte mirabil cose in poca piazza, 8.58.8 co 'l ferro no, ma con nodosa mazza. 8.59.1 La mazza che girò Ferondo il grosso, 8.59.2 ch' in angusto sentier morío trafitto, 8.59.3 portò secondo, e l' auree spoglie indosso, 8.59.4 sin a quel giorno in ogni guerra invitto. 8.59.5 Ma da me, giovinetto, allor percosso 8.59.6 cadde; e' in terra il lasciai languendo afflitto. 8.59.7 Qual foss' io poi ne l' Orïente estremo, 8.59.8 seppelo il fido Aaro,il re supremo. 8.60.1 S' or fosse in me quella virtú, quel sangue 8.60.2 di questo altier l' orgoglio avrei giá spento; 8.60.3 ma qualunque mi sia, non però langue 8.60.4 questo cor, né sí veglio ancor pavento. 8.60.5 E s' io restassi pur nel campo esangue, 8.60.6 di tal morte sarei forse contento. 8.60.7 A me nel comun rischio i corsi lustri 8.60.8 la vecchia fama e 'l nuovo onore illustri.-- 8.61.1 D' antichissimo veglio i sproni acuti 8.61.2 paion tai detti onde virtú si desta. 8.61.3 Quei che fûr prima vergognosi e muti, 8.61.4 hanno la lingua or baldanzosa e presta: 8.61.5 non v' è chi la tenzone omai rifiuti, 8.61.6 ma la battaglia molti a prova han chiesta: 8.61.7 Davalo, Balduin co' duo Roberti, 8.61.8 Guelfo, e Camillo, in gran contese esperti. 8.62.1 Non teme il fido Otton l' empio tiranno; 8.62.2 non Aristolfo al rischio appar secondo, 8.62.3 non Ettorre: ed innanzi ancor si fanno 8.62.4 Guglielmo, ed Oliviero, e 'l pio Rosmondo; 8.62.5 un d' Irlanda, un di Scozia, ed un britanno; 8.62.6 terre che parte il mar dal nostro mondo: 8.62.7 cosí la fresca etate e la matura 8.62.8 de la dubbia tenzon gloria procura. 8.63.1 Ma di tutti il piú saggio, e quasi vecchio, 8.63.2 or sen dimostra cupido ed ardente; 8.63.3 Raimondo io dico; e manca a l' apparecchio 8.63.4 de gli altri arnesi sol l' elmo lucente. 8.63.5 Dice al primo Goffredo:-- O vivo specchio 8.63.6 del valor prisco, in te la nuova gente 8.63.7 miri, e virtú n' apprenda: è quasi un raggio 8.63.8 del tuo saper quale è piú grave e saggio. 8.64.1 Non ha pari valor l' etate acerba, 8.64.2 ma se diece di senno al tuo simíle 8.64.3 avess' io, spererei, Menfi superba 8.64.4 vincendo soggiogar da Battro a Tile. 8.64.5 Ma cedi or, prego, e te medesmo serba 8.64.6 a maggiori opre e di virtú senile. 8.64.7 Pongansi i nomi poi tutti in un vaso, 8.64.8 com' è l' usanza, e sia giudice il caso. 8.65.1 Anzi giudice Dio, de le cui voglie 8.65.2 ministra e serva è la fortuna e 'l fato.-- 8.65.3 Ma non avvien però che l' arme spoglie 8.65.4 Raimondo, in gran perigli in guerra usato. 8.65.5 Ne l' elmo suo Goffredo i nomi accoglie, 8.65.6 e da questo lo scosse e da quel lato; 8.65.7 e nel breve minor ch' indi traesse, 8.65.8 del conte di Tolosa il nome lesse. 8.66.1 Fu il nome suo con lieto grido accolto 8.66.2 né di biasmar la sorte alcuno ardisce. 8.66.3 Ei di fresco vigor maturo volto 8.66.4 riempie; e cosí allor ringiovenisce 8.66.5 qual serpe fier ch' in nòve spoglie involto 8.66.6 d' oro fiammeggi e contra il sol si lisce. 8.66.7 Ma piú d' ogni altro il pio signor gli applaude, 8.66.8 e gli annunzia vittoria, onore e laude. 8.67.1 E la spada gli diè, la cara spada, 8.67.2 ch' egli sempre portò sospesa al fianco 8.67.3 dal dí ch' in campo ei fu tenuto a bada, 8.67.4 rotta la sua sovra avversario stanco: 8.67.5 ma in guisa d' uom cui sol vittoria aggrada, 8.67.6 volse seguir la sua contesa; ed anco 8.67.7 vinse con forte destra e quasi inerme, 8.67.8 tanto l' invitto cor le forze ha ferme. 8.68.1 Ma gli donò quest' altra il quarto Enrico, 8.68.2 il giorno che gli diede il gran vessillo 8.68.3 contra quel di Sansogna aspro nemico; 8.68.4 a cosí alta gloria il ciel sortillo: 8.68.5 né l' aquila spiegò nel tempo antico 8.68.6 con maggior laude o Cesare o Camillo; 8.68.7 né la spada adoprò:-- Ma questa or prendi, 8.68.8 (dice a Raimondo) e 'l nostro onor difendi.-- 8.69.1 I loro indugi intanto il turco altero 8.69.2 soffrir non pote, e gli minaccia e sgrida: 8.69.3 -- O gente invitta, o popolo guerriero 8.69.4 d' Europa, un uomo solo or vi disfida. 8.69.5 Venga Tancredi omai, che par sí fèro, 8.69.6 se ne la sua virtú tanto confida: 8.69.7 o vuol, giacendo in piume, aspettar forse 8.69.8 la notte ch' altra volta a lui soccorse? 8.70.1 Venga altri, s' egli langue; a stuolo a stuolo, 8.70.2 venite insieme, o cavalieri, o fanti, 8.70.3 se di meco pugnar a solo a solo 8.70.4 non è fra mille schiere uom che si vanti. 8.70.5 Vedete lá il sepolcro, ove il figliuolo 8.70.6 di Maria giacque; or ché non gite avanti? 8.70.7 ché non sciogliete i voti? ecco la strada. 8.70.8 A qual serbate uopo maggior la spada?-- 8.71.1 Con tali scherni il cavaliero atroce 8.71.2 quasi con dura sferza altrui percote; 8.71.3 ma piú ch' altri, Raimondo a quella voce 8.71.4 s' accende, e l' onta piú soffrir non pote. 8.71.5 La virtú stimolata è piú feroce, 8.71.6 e s' aguzza de l' ira a l' aspra cote: 8.71.7 sí che tronca gl' indugi, e preme il dorso 8.71.8 del suo Aquilin, ch' al volo agguaglia il corso. 8.72.1 Questi sul Tago nacque, ove talora 8.72.2 l' avida madre del guerriero armento, 8.72.3 quando l' alma stagion che ne innamora 8.72.4 nel cor le istiga il natural talento, 8.72.5 volta l' aperta bocca incontra l' ôra, 8.72.6 raccoglie i semi del fecondo vento: 8.72.7 e de' tepidi fiati (o maraviglia!) 8.72.8 cupidamente ella concepe e figlia. 8.73.1 E ben questo Aquilin nato diresti 8.73.2 di qual aura del ciel piú lieve spiri; 8.73.3 o se veloce sí ch' orma non resti 8.73.4 stendere il corso per l' arena il miri, 8.73.5 o se 'l vedi addoppiar leggeri e presti 8.73.6 a destra ed a sinistra angusti giri; 8.73.7 sovra corsier sí bello il conte assiso 8.73.8 move a l' assalto, e volge al cielo il viso. 8.74.1 -- Signor, tu che drizzasti incontra l' empio 8.74.2 Golía l' arme inesperte in Terebinto, 8.74.3 sí ch' ei ne fu, che d' Israel fêa scempio, 8.74.4 al primo sasso d' un garzone estinto: 8.74.5 tu fa' ch' or giaccia (e fia pari l' esempio) 8.74.6 questo fellon da me percosso e vinto, 8.74.7 e un vecchio stanco or la superbia opprima, 8.74.8 come un debol fanciul l' oppresse in prima.-- 8.75.1 Cosí pregava; e l' umili preghiere, 8.75.2 mosse da la speranza in Dio secura, 8.75.3 s' alzâr volando a le celesti spere, 8.75.4 come va foco al ciel per sua natura. 8.75.5 Il Re le accolse, e fra le alate schiere 8.75.6 scelse a cosí pietosa e nobil cura 8.75.7 un che 'l difenda, e salvo e vincitore 8.75.8 contra l' ostile il faccia empio furore. 8.76.1 L' angelo, che fu giá custode eletto 8.76.2 da l' alta provvidenza al buon Raimondo 8.76.3 insin dal primo dí che pargoletto 8.76.4 sen venne a farsi peregrin del mondo, 8.76.5 or che di nuovo il re del ciel gli ha detto 8.76.6 che prenda in sé de la difesa il pondo: 8.76.7 se 'n vola a l' alta reggia, ov' ei raccoglie 8.76.8 divine torme, arme celesti e spoglie. 8.77.1 Qui mille egli ritrova, e mille e mille 8.77.2 destrier veloci piú di cervo o damma, 8.77.3 piú d' augel che trapassa aure tranquille, 8.77.4 piú di turbo ch' al fulmine s' infiamma: 8.77.5 qui son rote di foco e di faville, 8.77.6 e carri alati di color di fiamma; 8.77.7 seggi, verghe, securi, e scudi e lance, 8.77.8 e da pesare altrui divine lance. 8.78.1 Vasi diversi ancor, per cui si fondi 8.78.2 santo edificio quasi in salda pietra, 8.78.3 ond' ebbe i suoi princípi alti e profondi 8.78.4 Roma da fabbro eterno e geometra. 8.78.5 Fiume di foco par che in giro inondi 8.78.6 la sacra reggia; e se fumante e tetra, 8.78.7 la fiamma hanno lá giú tartarei fiumi, 8.78.8 questa risplende di celesti lumi. 8.79.1 L' asta in mezzo fiammeggia, ond' il serpente 8.79.2 percosso giacque, e i gran fulminei strali: 8.79.3 e quei non visti da la cieca gente 8.79.4 portâr orride pèsti ed altri mali: 8.79.5 e qui sospeso in alto è il gran tridente, 8.79.6 grave terror de' miseri mortali, 8.79.7 quando scossa la terra il sol rimbomba; 8.79.8 e mille e mille intorno ad una tromba. 8.80.1 Ma sovra l' arme onde scacciato e vinto 8.80.2 fu dal regno del ciel l' orribil angue, 8.80.3 quella rosseggia, ond' il gran duce estinto 8.80.4 doppio fiume versò, giá quasi esangue. 8.80.5 È il trofeo de la croce ancor dipinto, 8.80.6 in cui stelle parean stille di sangue, 8.80.7 e la corona con piú raggi illustre 8.80.8 di quella onde la terra, o sole, illustre. 8.81.1 Si vedea lampeggiar fra gli altri arnesi 8.81.2 scudo di lucidissimo diamante, 8.81.3 grande che può coprir genti e paesi 8.81.4 quanti ve n' ha fra 'l Caucaso e l' Atlante: 8.81.5 e sogliono con questo esser difesi 8.81.6 príncipi giusti e cittá caste e sante: 8.81.7 questo prende in quell' arme e 'n quel tesauro 8.81.8 l' angelo, armato pria d' elettro e d' auro, 8.82.1 a cui la zona i fianchi intorno cinge, 8.82.2 la zona, che di gemme è tutta adorna; 8.82.3 poi come vento, che dirada e spinge 8.82.4 le nubi, e, sceso a terra, al ciel ritorna; 8.82.5 spiega l' ali ch' al sol dora e dipinge 8.82.6 lá dove il fido cavalier soggiorna; 8.82.7 quasi pennuta madre al dolce figlio, 8.82.8 perch' offeso ei non sia da fèro artiglio. 8.83.1 Piene intanto le mura eran giá tutte 8.83.2 di varia turba; e 'l barbaro tiranno 8.83.3 sta su la torre, e molte schiere instrutte 8.83.4 fermate a mezzo il colle, oltre non vanno. 8.83.5 Da l' altro lato in ordine ridutte 8.83.6 fedeli squadre a rimirar si stanno: 8.83.7 e largamente a' duo guerrieri il campo 8.83.8 vòto riman fra l' uno e l' altro campo. 8.84.1 Mirava Argante e non vedea Tancredi, 8.84.2 ma d' ignoto campion sembianze nòve. 8.84.3 Fecesi innanzi 'l conte, e:-- Quel che chiedi, 8.84.4 è, disse a lui, per tua ventura altrove. 8.84.5 Non superbir però, ché un altro or vedi 8.84.6 armato e pronto a le seconde prove: 8.84.7 e son quell' io che di guerrier sí degno 8.84.8 la vece in campo e l' onor suo sostegno.-- 8.85.1 Sorride quel superbo, e gli risponde: 8.85.2 --Che fa dunque Tancredi? e dove stassi? 8.85.3 Minaccia il ciel con l' arme, e poi s' asconde, 8.85.4 fidando sol ne' suoi ritrosi passi. 8.85.5 Ma chiudasi nel centro, e 'n mezzo l' onde, 8.85.6 che non fia loco ove sicuro il lassi.-- 8.85.7 --Ménti, replica l' altro, a dir ch' ei fugga, 8.85.8 ben che tu d' ira e di furor ti strugga.-- 8.86.1 Freme l' empio guerriero, e dice:-- Or prendi 8.86.2 del campo tu, ch' in vece sua t' aspetto: 8.86.3 e tosto e' si parrá, come difendi 8.86.4 l' alta follia del temerario detto.-- 8.86.5 Cosí mossero in giostra, e i colpi orrendi 8.86.6 l' uno drizzava a l' elmo, e l' altro al petto. 8.86.7 E 'l buon Raimondo ove mirò scontrollo, 8.86.8 ma non sí che lui mova o scossa, o crollo. 8.87.1 Da l' altro lato il gran guerrier trascorse 8.87.2 (fallo insolito a lui) l' arringo invano; 8.87.3 ché il difensor celeste il colpo torse 8.87.4 dal custodito cavalier cristiano. 8.87.5 Le labbra il fèro per furor si morse, 8.87.6 e ruppe l' asta, bestemmiando, al piano: 8.87.7 poi tragge il ferro incontro al buon Raimondo, 8.87.8 impetüoso al paragon secondo. 8.88.1 E 'l possente corsiero urta per dritto, 8.88.2 quasi monton ch' al cozzo il capo abbassa. 8.88.3 Lascia Raimondo il colpo al lato dritto, 8.88.4 piegando al manco, e 'l fére in fronte, e passa: 8.88.5 torna di nuovo il cavalier d' Egitto, 8.88.6 ma questi pur di nuovo a destra il lassa. 8.88.7 E pur su l' elmo il coglie, e 'ndarno sempre; 8.88.8 ché l' elmo adamantine avea le tempre. 8.89.1 Ma il feroce guerrier, che seco vuole 8.89.2 piú stretta zuffa, a lui s' avventa e serra: 8.89.3 l' altro, ch' al peso di sí vasta mole 8.89.4 teme d' andar col suo destriero a terra, 8.89.5 qui cede, ed indi assale, e par che vole, 8.89.6 intornïando con girevol guerra: 8.89.7 e i lievi imperi il rapido cavallo 8.89.8 segue del freno, e non pon orma in fallo. 8.90.1 Qual capitan ch' oppugni eccelsa torre 8.90.2 infra paludi posta o' in alto monte, 8.90.3 mille passi ritenta e tutte scorre 8.90.4 l' arti e le vie, cotal s' aggira il conte: 8.90.5 né potendo spezzar quell' arme, o sciôrre 8.90.6 al petto, o intorno a la superba fronte, 8.90.7 l' altre percote, ed a l' acuta spada 8.90.8 cerca tra ferro e ferro aprir la strada. 8.91.1 Ed in due parti o 'n tre forate, e fatte 8.91.2 l' arme nemiche ha giá tepide e rosse; 8.91.3 ed egli ancor le sue conserva intatte 8.91.4 da l' impeto crudel d' aspre percosse. 8.91.5 Argante indarno arrabbia, a vòto batte, 8.91.6 e sparge al vento pur l' ire e le posse; 8.91.7 né si stanca però; ma raddoppiando 8.91.8 va i gravi colpi, e si rinforza errando. 8.92.1 Alfin tra mille colpi il fier destino 8.92.2 cogliea il guerrier canuto, e quasi al varco, 8.92.3 che al rischio il velocissimo Aquilino 8.92.4 non l' avria tolto, e giacea anciso o scarco: 8.92.5 ma l' angel co 'l suo aiuto era vicino, 8.92.6 ch' a l' invisibil destra è leve incarco. 8.92.7 Stese egli il braccio e tolse il ferro ignudo 8.92.8 sovra il diaspro del celeste scudo. 8.93.1 Fragile è il ferro allor (ché non resiste 8.93.2 di fucina mortal tempra terrena 8.93.3 ad arme incorrottibili ed immiste) 8.93.4 e ne risplende la sanguigna arena. 8.93.5 L' empio scita ch' andarne a terra ha viste 8.93.6 minutissime parti, il crede a pena: 8.93.7 stupisce poi, scorta la mano inerme, 8.93.8 che l' armi il suo nemico abbia sí ferme. 8.94.1 E ben rotta la spada aver si crede 8.94.2 su l' altro scudo, ond' è colui difeso; 8.94.3 né 'l buon Raimondo ancor di ciò s' avvede, 8.94.4 perché non sa chi sia dal ciel disceso. 8.94.5 Ma, poi che disarmata e stanca vede 8.94.6 la man nemica, ei si riman sospeso; 8.94.7 cosí quella pareva a nobil alma 8.94.8 poco onorata spoglia e 'ndegna palma. 8.95.1 -- Prendi (voleva dirgli) un' altra spada,-- 8.95.2 quando novo pensier nacque nel core, 8.95.3 ch' alto scorno è de' suoi, dove egli cada, 8.95.4 che di gloria comune è difensore: 8.95.5 -- Renditi, grida, e tal vittoria aggrada;-- 8.95.6 né porre in rischio vuol pubblico onore. 8.95.7 Mentre egli in dubbio stassi, Argante lancia 8.95.8 il pomo e l' elsa a la sinistra guancia. 8.96.1 E 'n quel tempo medesmo il destrier punge 8.96.2 e per venirne a lotta oltra si caccia. 8.96.3 La percossa lanciata a l' elmo giunge, 8.96.4 sí che ne pesta al pio guerrier la faccia; 8.96.5 ma nulla sbigottisce, e ratto, e lunge 8.96.6 sprona Aquilin da le robuste braccia; 8.96.7 ed impiaga la man ch' a dar di piglio 8.96.8 venía piú fiera che ferino artiglio. 8.97.1 Poscia gira da questa a quella parte, 8.97.2 e raggirasi a questa indi da quella: 8.97.3 e sempre dove riede e donde parte, 8.97.4 fére colui d' aspra percossa e fella. 8.97.5 Quanto avea di vigor, quanto avea d' arte, 8.97.6 quanto può sdegno antico, ira novella, 8.97.7 a danno sol d' Argante or tutto aduna, 8.97.8 e non teme di fato o di fortuna. 8.98.1 Quel di fine arme e di valore armato 8.98.2 a' gran colpi resiste, e nulla pave: 8.98.3 e par senza governo in mar turbato, 8.98.4 rotte vele ed antenne, eccelsa nave; 8.98.5 che pur tessuto avendo ogni suo lato 8.98.6 tenacemente di robusta trave, 8.98.7 sdrusciti i fianchi al tempestoso flutto 8.98.8 non mostra ancor, né si dispera in tutto. 8.99.1 Argante, al rischio tuo, ch' allor tal era, 8.99.2 (Dio permettente) empio demon s' oppose. 8.99.3 Questi di cava nube ombra leggiera, 8.99.4 (mirabil mostro!) in forma d' uom compose, 8.99.5 e la sembianza di Clorinda altera 8.99.6 gli finse, e l' arme adorne e luminose: 8.99.7 diègli il parlare, e senza mente il noto 8.99.8 suon de la voce, e 'l portamento e 'l moto. 8.100.1 Il simulacro ad Oradino, esperto 8.100.2 sagittario famoso, andonne e disse: 8.100.3 -- O famoso Oradin, ch' a segno certo 8.100.4 (com' a te piace) hai le quadrella affisse, 8.100.5 ah gran danno saria s' uom di tal merto, 8.100.6 difensor di Giudea, cosí morisse; 8.100.7 e di sue spoglie il suo nemico adorno 8.100.8 securo ne facesse a' suoi ritorno. 8.101.1 Qui fa' prova de l' arte, e le saette 8.101.2 tingi nel sangue del ladron francese; 8.101.3 ch' oltra il perpetuo onor, vo' che n' aspette 8.101.4 premio al gran fatto egual dal re cortese.-- 8.101.5 Cosí parlò, né quegli in dubbio stette, 8.101.6 tosto ch' il suon d' alta promessa intese; 8.101.7 da la grave faretra il quadrel prende, 8.101.8 e su l' arco l' adatta, e l' arco ei tende. 8.102.1 Sibila il teso nervo, e fuori spinto 8.102.2 vola il pennuto stral per l' aria e stride 8.102.3 ed a percuoter va dove del cinto 8.102.4 giunte son l' auree fibie, e le divide: 8.102.5 passa l' usbergo, e 'n sangue appena tinto 8.102.6 ivi si ferma, e sol la pelle incide; 8.102.7 ché 'l celeste guerrier soffrir non volse 8.102.8 ch' oltra passasse, e forza al colpo ei tolse. 8.103.1 Riman sdegnoso, piú ch' afflitto, il conte 8.103.2 che fuor purpureo uscirne il sangue vede; 8.103.3 e con parlar pien di minacce ed onte 8.103.4 rimprovera al fellon la rotta fede. 8.103.5 L' alto signor, che non torcea la fronte 8.103.6 da l' onorato amico, allor s' avvede 8.103.7 del violato patto; e perché grave 8.103.8 la piaga estima, ne sospira e pave. 8.104.1 E con la fronte le sue genti altere, 8.104.2 e con la lingua a vendicarlo ei desta. 8.104.3 Vedi tosto inchinar l' alte visiere, 8.104.4 lentar i freni, e por le lance in resta: 8.104.5 e prima impetuose ardite schiere 8.104.6 mover da quella parte e poi da questa. 8.104.7 Sparisce il campo, e la minuta polve 8.104.8 con dense rote al ciel s' innalza e volve. 8.105.1 Goffredo accorre a l' onorato amico, 8.105.2 e dice lui con sospirosa voce: 8.105.3 -- Error fu certo grave al gran nemico, 8.105.4 che piú d' ogni altro è forte e piú feroce, 8.105.5 esporre uom d' anni e piú di fede antico, 8.105.6 cui sol ingiusto inganno e fraude or nòce; 8.105.7 e meglio era per noi ch' avessi offerto 8.105.8 il mio petto medesmo al rischio incerto. 8.106.1 Ma gloria non n' avrá l' iniquo e l' empio, 8.106.2 né fia che d' altrui mal trionfa e goda; 8.106.3 e se, com' io piú bramo, or non adempio 8.106.4 giusta vendetta di maligna froda, 8.106.5 tempo verrá che doloroso scempio 8.106.6 farò di lui che del tradir si loda: 8.106.7 e di morti, e di fiamme, e di ruine 8.106.8 fia la sacra cittá coperta al fine. 8.107.1 Sará di corpi e d' empio sangue ingombra, 8.107.2 per vendetta del pio che sparso or veggio: 8.107.3 e 'l Re, che folgorando il cielo adombra, 8.107.4 in lor fulminerá da l' alto seggio: 8.107.5 e se di tanti vizi or non la sgombra, 8.107.6 aspetta che 'l secondo error sia peggio. 8.107.7 Ma senza te qual fia sperata gloria? 8.107.8 O qual corona cara, o qual vittoria? 8.108.1 Qual avrò nel dolor pace o conforto? 8.108.2 ove in questo si dica o 'n altro clima: 8.108.3 «Regna Goffredo, e 'l pio Raimondo è morto, 8.108.4 de la cui vita ei fe' non grande estima.»-- 8.108.5 Rispose sorridendo il veglio accorto: 8.108.6 -- Non fia che di tal colpo il mal m' opprima; 8.108.7 ma guarrò tosto;-- e mentre a lui ragiona 8.108.8 lor fanno gli altri eroi larga corona. 8.109.1 Giunto il medico Aron da l' ampio vallo, 8.109.2 lo scinge, tragge il ferro, unge la piaga, 8.109.3 seda il sangue e 'l dolore, e 'nganno o fallo 8.109.4 non fa l' arte, miglior che l' arte maga. 8.109.5 Curato lui, sospinge il gran cavallo 8.109.6 fra le schiere Goffredo e scorre e vaga. 8.109.7 E 'n glorïora guerra ei non assonna 8.109.8 contra 'l gigante e la feroce donna. 8.110.1 Ma i duci appella e piú e piú s' affretta, 8.110.2 e gli ordini de' suoi rivede e guarda: 8.110.3 e 'nvita a la vittoria, a la vendetta 8.110.4 chi piú nel guerreggiar s' adagia e tarda. 8.110.5 -- Qual (grida) indugio è questo? e che s' aspetta? 8.110.6 Forse ch' ira del cielo infiammi ed arda 8.110.7 questo empio seme disleale, infido, 8.110.8 con quel di tradimenti infame nido? 8.111.1 D' arme percosse e d' aste al ciel volanti, 8.111.2 ne' primi scontri un gran romor s' aggira; 8.111.3 e de' corsier, senza il suo peso erranti, 8.111.4 e de' caduti ingombro il pian si mira: 8.111.5 altri languidi sono, altri spiranti: 8.111.6 altri geme, altri freme, altri s' adira. 8.111.7 Quanto la pugna piú si stringe e mesce, 8.111.8 tanto s' inaspra combattendo e cresce. 8.112.1 Spinge Argante nel mezzo a freno sciolto 8.112.2 il suo destrier, presa ferrata mazza: 8.112.3 e, rompendo lo stuol calcato e folto, 8.112.4 la ruota intorno e si fa larga piazza: 8.112.5 e sol cerca Raimondo, e 'n lui sol vòlto 8.112.6 ha 'l ferro e l' ira impetuosa e pazza; 8.112.7 e quasi ingordo lupo e' par che brame 8.112.8 pascer del sangue altrui rabbiosa fame. 8.113.1 Ma duro gl' impedí l' aspro sentiero, 8.113.2 e fero intoppo, acciò il suo corso ei tardi: 8.113.3 trova incontra Pagano, Ugon, Gerniero, 8.113.4 Curzio, Unfredo, duo Guidi, e duo Gherardi. 8.113.5 Non cessa e non s' allenta, anzi è piú fèro 8.113.6 quanto ristretto è piú da' piú gagliardi: 8.113.7 sí come a forza da rinchiuso foco 8.113.8 se n' esce, e move alte ruine il foco. 8.114.1 Curzio ancide ed Unfredo, e i Guidi atterra; 8.114.2 piaga Gernier, ch' indi sen va languente; 8.114.3 ma contra lui crescon le turbe, e 'l serra 8.114.4 cerchio d' uomini e d' arme aspro e pungente. 8.114.5 Mentre in tal guisa la spietata guerra 8.114.6 si mantenea fra l' una e l' altra gente, 8.114.7 il pio duce sovran chiama il fratello, 8.114.8 ed a lui dice:-- Or movi il tuo drappello. 8.115.1 E lá, dove battaglia è piú mortale, 8.115.2 percoti impetuoso il lato manco.-- 8.115.3 Quegli si mosse; e fu lo scontro tale, 8.115.4 ond' egli urtò de' suoi nemici il fianco, 8.115.5 che parve il popolo d' Asia inerme e frale, 8.115.6 né poté sostener l' impeto Franco; 8.115.7 che gli ordini disperde, ov' ei combatte, 8.115.8 e insegne atterra, e cavalieri abbatte. 8.116.1 Egli Orospo e Dragone a terra steso 8.116.2 manda con la sua lancia, Oran con l' urto, 8.116.3 che non sostenne del cavallo il peso, 8.116.4 e sospirò morendo il viver curto. 8.116.5 Poi con la spada uccide Ircano, Aleso, 8.116.6 Tigran, Linceo, Perdino, avvezzi al furto, 8.116.7 anzi a la preda or d' uomo ed or di belva, 8.116.8 che pur dianzi lasciâr spelonca e selva. 8.117.1 Era venuto insin da l' onde Caspe 8.117.2 a questa guerra il giovinetto Erilo; 8.117.3 ed ora avvien che fèra Parca inaspe 8.117.4 per troncar di sua vita il breve filo; 8.117.5 ché Baldovin l' atterra, e poi Nilaspe, 8.117.6 cui produsse Assagor non lunge al Nilo, 8.117.7 d' ignobil madre, e Baiazeno a lato 8.117.8 accusa nel morir l' istesso fato. 8.118.1 Da l' impeto medesmo il destro corno 8.118.2 è rotto, e fugge, e non è piú chi faccia 8.118.3 difesa, ed impedisce il suo ritorno 8.118.4 la tèma vil che gli disperde e caccia, 8.118.5 precipitando; e 'n quel sí fèro scorno 8.118.6 cento mani movendo e cento braccia, 8.118.7 con tanti scudi al ciel, con spade tante: 8.118.8 tal fôra appena Briareo gigante. 8.119.1 Dardi, quadrella, spade, e mazze ed aste, 8.119.2 e 'ncontri di cavalli aspri sostenta 8.119.3 Argante, e solo par ch' a tutti baste; 8.119.4 ed ora a questo, ed ora a quel s' avventa. 8.119.5 Peste ha le membra e rotte l' arme e guaste, 8.119.6 e sudor versa e sangue, e par no 'l senta: 8.119.7 ma cosí l' urta il denso stuolo e calca, 8.119.8 ch' alfin lo svolve, e 'l porta in quella calca. 8.120.1 Volge il tergo a la morte ed al furore 8.120.2 di quel diluvio che 'l rapisce e sforza: 8.120.3 ma non giá d' uom che fugga ha i passi e 'l core, 8.120.4 se pur è fuga quel ritrarsi a forza; 8.120.5 e serbano ancor gli occhi il lor terrore; 8.120.6 serba la destra sua l' usata forza, 8.120.7 e cerca ritener con ogni prova 8.120.8 la fuggitiva turba, e nulla or giova. 8.121.1 Giá non può far con alto esempio almeno 8.121.2 l' altrui fuga piú tarda o piú raccolta, 8.121.3 ché non ha la paura arte né freno; 8.121.4 né pregar qui, né comandar s' ascolta. 8.121.5 Il duce pio, ch' i suoi pensieri appieno 8.121.6 vede fortuna a favorir rivolta, 8.121.7 segue de la vittoria il lieto corso, 8.121.8 e 'nvia novello al vincitor soccorso. 8.122.1 E se non che non era il dí che scritto 8.122.2 Dio ne gli eterni suoi decreti avea, 8.122.3 questo era forse il dí ch' il duce invitto 8.122.4 de le sante fatiche al fin giungea: 8.122.5 ma diè vita il demonio al volgo afflitto, 8.122.6 il cui regno in quel dí cader vedea; 8.122.7 e, sendogli permesso, in un momento 8.122.8 l' aria in nubi ristrinse e mosse il vento. 8.123.1 Da gli occhi de' mortali un negro velo 8.123.2 rapisce il giorno e 'l sole e par ch' avvampi, 8.123.3 negro via piú ch' orror d' inferno, il cielo 8.123.4 cosí fiammeggia infra baleni e lampi: 8.123.5 scorrono i tuoni, e pioggia accolta in gelo, 8.123.6 e turbo i paschi abbatte e inonda i campi, 8.123.7 e schianta e rami e piante a' fèri crolli, 8.123.8 e quasi scote ancor le ròcche e i colli. 8.124.1 L' acqua in un tempo, e 'l verno e la tempesta 8.124.2 ne gli occhi a' Franchi impetuosa fére; 8.124.3 e l' improvvisa violenza arresta 8.124.4 con un terror quasi fatal le schiere: 8.124.5 la minor parte allor s' accoglie e resta 8.124.6 sotto l' insegne, non rimase intere: 8.124.7 ma Clorinda, che quinci alquanto è lunge, 8.124.8 allora il suo cavallo affretta e punge. 8.125.1 Ella gridava a' suoi:-- Per noi guerreggia 8.125.2 la fortuna, o compagni, e 'l cielo istesso; 8.125.3 pur come trombe di celeste reggia 8.125.4 mille tuoni odo, e veggio i lampi appresso: 8.125.5 e quale al vento impaurita greggia, 8.125.6 lo stuol nemico è da tempesta oppresso, 8.125.7 scosso da l' arme omai, privo di luce: 8.125.8 andianne, andianne pur, ch' il fato è duce.-- 8.126.1 Cosí spinge le genti; e giá sentendo 8.126.2 sol ne le spalle l' impeto d' inferno, 8.126.3 urta i Francesi con assalto orrendo, 8.126.4 e le percosse lor si prende a scherno. 8.126.5 Ed in quel tempo Argante ancor volgendo, 8.126.6 fa de' giá vincitori aspro governo. 8.126.7 Carlo, Milon, Crustano, Albin, Dionigi 8.126.8 morti lascia, e di morte alti vestigi. 8.127.1 Clorinda parte il capo al buon Landolfo, 8.127.2 nato lá dove 'l mar si frange e spuma; 8.127.3 ed Etna accesa per ardente zolfo 8.127.4 sfavillando la notte, il giorno fuma: 8.127.5 e trafigge nel petto il fiero Astolfo, 8.127.6 ch' indurò i membri a la piú algente bruma 8.127.7 nel freddo Reno, e ne la spalla Egisto, 8.127.8 tanto uno stuolo e l' altro allor fu misto. 8.128.1 Manfredi appresso Alfonso ivi cadeo, 8.128.2 che dolce umor giá bebbe in acque salse, 8.128.3 lá 've cerca Aretusa il greco Alfeo, 8.128.4 e per arte di guerra in pregio salse. 8.128.5 E quasi da Efialte, o da Tifeo, 8.128.6 tutti fuggían, tanto timor gli assalse. 8.128.7 Fuggía Clotareo, Irpino, Ugon, Navarro: 8.128.8 ma Giovanni impedito è in ampio carro. 8.129.1 Al carro che portò l' antiche membra, 8.129.2 cadder vicini Alberto, Almonio, e Folco, 8.129.3 suoi fedeli nipoti: ei non rimembra 8.129.4 rischio maggior; ma come in lungo solco 8.129.5 stanco bue talor cade, onde rassembra 8.129.6 impedito ne l' opra il suo bifolco, 8.129.7 tal per la piaga d' un destrier caduto, 8.129.8 bisogno il vecchio ha di pietoso aiuto. 8.130.1 Questi avea poco andar ad esser morto, 8.130.2 che teme piú di morte il vil servaggio. 8.130.3 E, se cadea, non saria piú risorto, 8.130.4 e giá veniva Argante a fargli oltraggio; 8.130.5 ma 'l gran Roberto è del suo rischio accorto, 8.130.6 e, sí come guerrier d' alto coraggio, 8.130.7 con spaventosa voce i suoi rampogna, 8.130.8 e ben due volte o tre gridò:-- Vergogna, 8.131.1 vergogna, o cavalieri, a' vinti il tergo 8.131.2 volgete, e 'l vecchio duce è dato in preda, 8.131.3 e senza lui tornate al fido albergo. 8.131.4 Or chi fia che lá corra e se n' avveda? 8.131.5 Tornate ove di sangue ancor m' aspergo, 8.131.6 perché la pioggia bagni e 'l vento fieda.-- 8.131.7 Cosí dicendo pur reprime e fiede 8.131.8 gli empi, e dintorno ognun s' arretra e cede. 8.132.1 Quinci dice a Giovanni:-- O saggio veglio 8.132.2 lo spirto è pronto, ma la carne è stanca. 8.132.3 Ubbidire a natura in tutto è meglio, 8.132.4 però che incontra lei forza ne manca. 8.132.5 Ora fra' miei destrier questo, ch' io sceglio, 8.132.6 prendi securo e l' animo rinfranca: 8.132.7 questo fia che t' adagi e ti conservi, 8.132.8 ché i tuoi son tardi, e i tuoi guerrier e i servi.-- 8.133.1 Quegli ubbidisce, e 'l conte allor discaccia 8.133.2 gli empi, mal grado pur d' empi demoni. 8.133.3 E contra l' arme, e contra ogni minaccia 8.133.4 di tempeste, di turbini e di tuoni, 8.133.5 volge Goffredo la secura faccia, 8.133.6 gridando:-- Al fuggitor non si perdoni.-- 8.133.7 E fermo anzi le porte il gran cavallo, 8.133.8 le genti sparse raccogliea nel vallo. 8.134.1 E ben due volte il suo destrier sospinse 8.134.2 contra 'l feroce Argante e lui ripresse, 8.134.3 ed altrettante il ferro in sangue tinse 8.134.4 dove le turbe ostili eran piú spesse. 8.134.5 Argante co' fratelli alfin si strinse, 8.134.6 e, ritornando, il campo altrui concesse: 8.134.7 e poco lieti di vittoria, e stanchi 8.134.8 restan nel vallo sbigottiti i Franchi. 8.135.1 Né quivi ancor de l' orride procelle 8.135.2 ponno appieno schifar la forza e l' ira; 8.135.3 ma sono estinte or queste faci, or quelle, 8.135.4 e per tutto entra l' acqua, e 'l vento spira, 8.135.5 squarcia le tele, e spezza i pali, e svelle 8.135.6 le intere tende, e lunge indi le gira: 8.135.7 la pioggia a' gridi, a' venti, a' tuoni accorda 8.135.8 orribile armonia che 'l mondo assorda.
CANTO IX
9.1.1 Giá cheti erano i tuoni e le tempeste, 9.1.2 e cessato il soffïar d' austro e di coro, 9.1.3 e l' alba uscía da la magion celeste, 9.1.4 con la fronte di rose e co' piè d' oro: 9.1.5 ma quei che le procelle avean giá deste, 9.1.6 facean di nuovi inganni altro lavoro: 9.1.7 onde l' un d' essi, ch' Astagorre è detto, 9.1.8 cosí parlava a la compagna Aletto: 9.2.1 -- Mira, Aletto, venir da l' ermo lito 9.2.2 (né fermarlo possiam) forte guerriero, 9.2.3 che da la man sanguigna è vivo uscito 9.2.4 del sovran difensor del nostro impero. 9.2.5 Questi, narrando del suo duce ardito, 9.2.6 e de' compagni a' Franchi il caso fèro, 9.2.7 forse avverrá che faccia alfin concordi 9.2.8 gli animi alteri e di vendetta ingordi. 9.3.1 Sai quanto ciò rilievi, e si convene 9.3.2 a gran princípi oppor forza ed inganno. 9.3.3 Scendi adunque tra' Franchi, ov' ei sen vene, 9.3.4 e ciò che dice a pro, rivolgi in danno: 9.3.5 empi di tosco tu le occulte vene 9.3.6 del Latin, del Tedesco e del Britanno; 9.3.7 movi l' ire e i tumulti, e fa tal' opra 9.3.8 che tutto vada il campo alfin sossopra. 9.4.1 L' opra è degna di te: tu nobil vanto 9.4.2 ten désti giá dinanzi al signor nostro.-- 9.4.3 Cosí le parla; e basta ben sol tanto, 9.4.4 perché muova a l' impresa il fèro mostro. 9.4.5 Giunto a le tende, e quivi fermo intanto 9.4.6 quel cavaliero il cui venir fu mostro, 9.4.7 chiede chi gli sia scorta, e lui conduca, 9.4.8 per mercede e per grazia, al sommo duca. 9.5.1 Molti il guidâro al cavalier soprano, 9.5.2 vaghi d' udir dal peregrin novelle. 9.5.3 Egli inchinollo, e l' onorata mano 9.5.4 volea baciare onde tremò Babelle. 9.5.5 -- Signor (dicea), con l' ultimo Oceàno 9.5.6 termina la tua fama e con le stelle; 9.5.7 ma venirne vorrei piú lieto messo.-- 9.5.8 Qui sospirava, e soggiungeva appresso: 9.6.1 -- Suen, del re de' Dani unico figlio, 9.6.2 gloria e sostegno a la cadente etade, 9.6.3 tra que' fu che, seguendo alto consiglio, 9.6.4 cinto han per Cristo le onorate spade. 9.6.5 Né timor di fatica, né periglio, 9.6.6 né vaghezza di regno né pietade 9.6.7 del vecchio padre, sí fervente affetto 9.6.8 intepidîr nel generoso petto. 9.7.1 Lo spingeva un desio d' apprender l' arte 9.7.2 de la milizia faticosa e dura 9.7.3 da te, sí nobil mastro: e sentia in parte 9.7.4 sdegno e vergogna di sua fama oscura; 9.7.5 giá di Riccardo il nome in ogni parte 9.7.6 con gloria udendo in verdi anni matura: 9.7.7 ma piú il commosse ardente e vivo zelo, 9.7.8 non del terren ma de l' onor del cielo. 9.8.1 Precipitò gl' indugi e seco tolse 9.8.2 stuol di fidi compagni assai robusto, 9.8.3 e dritto vêr la Tracia ei si rivolse. 9.8.4 E prima che passasse il varco angusto, 9.8.5 lui 'l greco imperador cortese accolse 9.8.6 ne la cittá dove è il gran seggio augusto. 9.8.7 Quivi giunse in tuo nome un tuo messaggio, 9.8.8 perch' al ciel piú si sforzi alto coraggio. 9.9.1 Ei le fatiche e i sanguinosi assalti 9.9.2 di gente pia che sol per te non erra, 9.9.3 e tinto Ascanio di sanguigni smalti, 9.9.4 e 'ncendi e rischi di nemica terra, 9.9.5 e i trofei gli narrò sublimi ed alti, 9.9.6 piú del gran Tauro soggiogato in guerra, 9.9.7 e palme e spoglie di giá vinti regi, 9.9.8 tuoi primi e di Riccardo alteri pregi. 9.10.1 Soggiunse alfin come giá il duce Franco 9.10.2 veniva a dar l' assalto a queste porte, 9.10.3 e invitò lui ch' i tuoi non vide unquanco 9.10.4 a seguitar la tua seconda sorte. 9.10.5 Questo parlare al giovinetto fianco 9.10.6 del fier Sueno è stimolo sí forte, 9.10.7 che teco brama insanguinar la destra, 9.10.8 e mar piú nol ritiene, o rupe alpestra. 9.11.1 Sente l' indugio suo rimproverarsi 9.11.2 ne l' altrui gloria, e se ne affligge e rode; 9.11.3 e chi 'l consiglia e chi 'l prega a fermarsi, 9.11.4 o che non l' esaudisce o che non l' ode. 9.11.5 Rischio non teme, fuor che non trovarsi 9.11.6 a parte di gran rischio e d' alta lode. 9.11.7 Questo gli sembra sol periglio grave, 9.11.8 de gli altri o nulla intende, o nulla pave. 9.12.1 Egli medesmo sua fortuna affretta, 9.12.2 fortuna che noi tragge, e lui conduce; 9.12.3 però ch' appena al suo partire aspetta 9.12.4 i primi rai de la novella luce: 9.12.5 e per miglior la via piú breve eletta 9.12.6 (tale ei la stima, ch' è signore e duce) 9.12.7 passa dove Ellesponto appresso Abido 9.12.8 mareggia, e lascia l' arenoso lido. 9.13.1 Guida forte drappello, e leve e scarco, 9.13.2 selve passando e valli ime e pendici; 9.13.3 né teme dubbia via né dubbio varco 9.13.4 fra Bitini e Pisidi, o fra Cilici: 9.13.5 sperando di fugare al suon de l' arco 9.13.6 i domi e stanchi e timidi nemici: 9.13.7 e 'n guisa superar l' accolte insidie, 9.13.8 ch' il ben preso cammin nulla gl' invidie. 9.14.1 Or difetto di cibo, or cammin duro 9.14.2 trovammo, or violenza ed or agguati: 9.14.3 ma tutti fûr vinti i disagi, e fûro 9.14.4 or uccisi i nemici ed or fugati. 9.14.5 Fatte avean ne' perigli ogni uom securo 9.14.6 le vittorie, e piú audaci i fortunati, 9.14.7 quando, al sorger de l' ombra inculta ed erma, 9.14.8 terra stanza ci diè capace e ferma. 9.15.1 Quivi da' precursori a noi fu detto 9.15.2 che lunge romor d' arme aveano udito, 9.15.3 e visto e 'nsegne e segni ond' han sospetto 9.15.4 d' esercito maggiore, anzi infinito, 9.15.5 non pensier, non color, non cangia aspetto, 9.15.6 non muta voce il mio signor ardito, 9.15.7 ben che molti vi sian ch' al fèro avviso 9.15.8 tingano di pallor la fronte e 'l viso. 9.16.1 Ma dice:--O quale omai vicina abbiamo 9.16.2 palma di nobil morte o di vittoria. 9.16.3 L' una spero io ben piú, ma non men bramo 9.16.4 l' altra, ov' è maggior merto e pari gloria. 9.16.5 Questo campo, o fratelli, ov' or noi siamo, 9.16.6 fia consacrato ad immortal memoria, 9.16.7 in cui l' etá futura additi e mostri 9.16.8 le nostre sepolture, o i trofei nostri. 9.17.1 Qui solo non chied' io verde corona, 9.17.2 o d' ostro nel trionfo andar vermiglio; 9.17.3 ma quei ch' a noi promette il cielo e dona, 9.17.4 eterni pregi di mortal periglio. 9.17.5 Né qui le fère strette, o Maratona, 9.17.6 ma gli avi e' padri a voi rammento io, figlio 9.17.7 di Dano invitto; a voi la croce e 'l sangue 9.17.8 sparso dal re sul fèro monte esangue--. 9.18.1 Cosí disse; e le guardie allor dispose, 9.18.2 e compartí gli offici e la fatica: 9.18.3 fece armati giacerne, e non depose 9.18.4 ei medesmo la forte aurea lorica. 9.18.5 Giá la notte copria le umane cose, 9.18.6 de l' alto sonno e del silenzio amica, 9.18.7 allor che d' urli barbareschi udissi 9.18.8 romor che giunse al cielo e negli abissi. 9.19.1 Si grida: «A l' arme, a l' arme;» e Sueno, involto 9.19.2 ne l' arme sue lucenti, oltra si spinge: 9.19.3 e magnanimamente i lumi e 'l volto 9.19.4 di non usato ardire infiamma e tinge. 9.19.5 Ecco siamo assaliti, e un cerchio folto 9.19.6 da tutti i lati ne circonda e cinge, 9.19.7 e 'ntorno un bosco abbiam d' aste e di spade, 9.19.8 e sovra noi di strali un nembo cade. 9.20.1 Ne la pugna inegual (ché diece o venti 9.20.2 fûr quelli assalitori incontra ad uno) 9.20.3 altri piagati, altri conquisi e spenti 9.20.4 son da cieche ferite a l' aer bruno. 9.20.5 Ma 'l numero de gli egri e de' cadenti, 9.20.6 fra l' ombre oscure non discerne alcuno. 9.20.7 Copre la notte i nostri danni, e l' opre 9.20.8 de la nostra virtute anco ricopre. 9.21.1 Ma fra gli altri Sueno alzò la fronte, 9.21.2 ch' agevol cosa è ch' ei veder si possa 9.21.3 far cose in orrida ombra illustri e conte, 9.21.4 ardir mostrando ed incredibil possa. 9.21.5 Di sangue un rio, di morti corpi un monte 9.21.6 d' ogn' intorno gli fanno e muro e fossa; 9.21.7 e par ch' ove si volga ei seco apporte 9.21.8 lo spavento ne gli occhi, e in man la morte. 9.22.1 Tal guerra fu sin ch' al bramato albore 9.22.2 del lucido orïente il ciel s' aperse; 9.22.3 ma poi che scosso è quel notturno orrore 9.22.4 che l' orror de le morti in sé coperse, 9.22.5 la desiata luce a noi terrore 9.22.6 portò con fère immagini e diverse; 9.22.7 perché vedemmo il nostro vallo a terra, 9.22.8 pieno di morti in lacrimosa guerra. 9.23.1 Seimila fummo, e non siam cento. Or quando 9.23.2 tanto sangue egli mira e tante morti, 9.23.3 la fèra vista il perturbò mirando, 9.23.4 e fece noi del proprio danno accorti. 9.23.5 Ei giá nol mostra, anzi, la voce alzando: 9.23.6 --Seguiam (ne grida) que' compagni forti, 9.23.7 ch' al ciel, lunge dai laghi averni e stigi, 9.23.8 n' han segnati co 'l sangue alti vestigi--. 9.24.1 Disse; e lieto di morte omai vicina, 9.24.2 nel magnanimo core e nel sembiante, 9.24.3 incontra a la barbarica ruina 9.24.4 ne porta il petto intrepido e costante. 9.24.5 Tempra non sosterrebbe eletta e fina, 9.24.6 ben che fosse di lucido diamante, 9.24.7 i fèri colpi, ond' egli il campo allaga: 9.24.8 e fatto è il corpo suo vermiglia piaga. 9.25.1 La vita no, ma la virtú sostenta 9.25.2 il cavaliero indomito e feroce: 9.25.3 ripercote percosso, e non s' allenta; 9.25.4 ma quando offeso è piú, tanto piú nòce. 9.25.5 Quando ecco, pien di rabbia, a lui s' avventa 9.25.6 uom smisurato e di sembianza atroce, 9.25.7 con molti insieme, onde reciso e tronco, 9.25.8 come da ferro fu sublime tronco. 9.26.1 Cade il garzone invitto (ahi caso amaro) 9.26.2 né v' è fra noi chi vendicare il possa. 9.26.3 Voi chiamo in testimonio, o del mio caro 9.26.4 signor sangue ben sparso e nobil' ossa; 9.26.5 ch' allor non fui de la mia vita avaro, 9.26.6 né schivai ferro né schivai percossa: 9.26.7 e, se piaciuto pur fosse lá sopra 9.26.8 ch' io vi morissi, il meritai con l' opra. 9.27.1 Fra gli estinti compagni io sol cadei 9.27.2 vivo, né forse vivo è chi mi pensi: 9.27.3 né de' nemici piú cosa saprei 9.27.4 ridir, sí tutti avea sopiti i sensi. 9.27.5 Ma poi che tornò il lume a gli occhi miei, 9.27.6 ch' eran d' atra caligine condensi, 9.27.7 notte mi parve; ed a lo sguardo fioco 9.27.8 s' offerse il vacillar d' un picciol foco. 9.28.1 Non rimaneva in me tanta virtude, 9.28.2 ch' a discerner le cose io fossi presto; 9.28.3 ma vedea, come quel ch' or apre or chiude 9.28.4 gli occhi, mezzo tra 'l sonno e l' esser desto: 9.28.5 e 'l duolo omai de le ferite crude 9.28.6 piú cominciava a farmisi molesto, 9.28.7 ché l' inaspria l' aura notturna e il gelo, 9.28.8 in terra nuda e sotto il freddo cielo. 9.29.1 E piú e piú s' avvicinava in tanto 9.29.2 quel lume, e 'nsieme un tacito bisbiglio, 9.29.3 sin ch' a me giunse e mi si pose a canto. 9.29.4 Alzo allor, ben che a pena, il debil ciglio, 9.29.5 e veggio due vestiti in lungo manto 9.29.6 tener due faci; e dirmi sento: --O figlio, 9.29.7 confida in quel Signor ch' a' pii sovviene, 9.29.8 e con la grazia i preghi altrui previene--. 9.30.1 In tal guisa parlava: indi la mano, 9.30.2 benedicendo, sovra me distese, 9.30.3 e susurrava in suon devoto e piano 9.30.4 voci allor poco udite e meno intese. 9.30.5 --Sorgi (poi disse), e sarai forte e sano--, 9.30.6 e con la destra la mia destra ei prese. 9.30.7 O pietá vera, o fede! allor mi sembra. 9.30.8 piene di vigor novo aver le membra. 9.31.1 Maraviglioso i' guardo, e non ben crede 9.31.2 l' anima sbigottita il certo e 'l vero: 9.31.3 onde l' un d' essi a me: --Di poca fede 9.31.4 perché tanto vacilla il tuo pensiero? 9.31.5 Verace corpo è quel che in noi si vede: 9.31.6 servi siam di Gesú, ch' il lusinghiero 9.31.7 mondo e 'l suo falso dolce abbiam fuggito, 9.31.8 e qui viviamo in seggio erto e romito. 9.32.1 Me per ministro a tua salute eletto 9.32.2 ha quel Signor che solo eterno regna, 9.32.3 che per ignobil mezzo oprar effetto 9.32.4 maraviglioso ed alto non disdegna: 9.32.5 né men vorrá cosí lasciar negletto 9.32.6 quel corpo in cui giá visse alma sí degna, 9.32.7 lo qual con essa ancor, lucido e leve 9.32.8 e immortal fatto, riunir si deve. 9.33.1 Dico di quel Sueno, a cui vedremo 9.33.2 alzar, quando che sia, marmorea tomba 9.33.3 in questa parte o 'n altro lido estremo, 9.33.4 ove la gloria di Gesú rimbomba: 9.33.5 ma solleva omai gli occhi al ciel supremo 9.33.6 a cui l' alma volò, quasi colomba; 9.33.7 e mira quella chiara e ardente luce 9.33.8 che mostra il corpo del tuo nobil duce.-- 9.34.1 Allor vegg' io che da la eterna face, 9.34.2 anzi dal sol notturno, un raggio scende 9.34.3 che dritto lá dove il gran corpo giace, 9.34.4 quasi aureo tratto di pennel, si stende: 9.34.5 e sopra lui co 'l suo splendor vivace, 9.34.6 le piaghe illustra e l' aria intorno accende; 9.34.7 e subito da me si raffigura 9.34.8 ne la sanguigna orribile mistura. 9.35.1 Giacea, converso a terra avendo il volto, 9.35.2 pien di santa umiltá, l' invitto sire 9.35.3 ch' ebbe vivendo il core al ciel rivolto, 9.35.4 in guisa d' uom ch' a gloria eterna aspire. 9.35.5 Chiusa la destra, e 'l ferro avea raccolto, 9.35.6 com' il pugno stringesse, anzi 'l morire; 9.35.7 e con l' altra lo scudo ancor teneva, 9.35.8 né l' arme a gli empi, a Dio l' alma rendeva. 9.36.1 Nel modo stesso i suoi fidi seguaci 9.36.2 volto a la terra avean il petto e 'l viso, 9.36.3 quasi dando a la madre estremi baci, 9.36.4 quando lo spirto fu da lor diviso. 9.36.5 Ma con faccia crudel di que' rapaci 9.36.6 tutto giacea supino il volgo anciso: 9.36.7 cosí dal guerrier pio distinto è l' empio, 9.36.8 un destinato a' corvi, e l' altro al tempio. 9.37.1 Le calde piaghe al mio signor col pianto 9.37.2 lavo; né sfogo il duol che l' alma accora. 9.37.3 Parve la fredda mano aprire intanto, 9.37.4 e la spada mi diè ch' Europa onora: 9.37.5 quella che sparso avea sangue cotanto, 9.37.6 onde i segni veder potresti ancora: 9.37.7 ch' è di tempra perfetta, e non è forse 9.37.8 altra spada che debba a lei preporse. 9.38.1 Non è chi meglio fenda e meglio punga; 9.38.2 né dura squamma, o duro cuoio, o cerro 9.38.3 far potrebbe difesa ov' ella aggiunga, 9.38.4 e taglierebbe ancor l' acciaio e 'l ferro: 9.38.5 ma grave oltra misura, e larga e lunga, 9.38.6 pari in terra non ha, s' io pur non erro; 9.38.7 se non s' è quella che portò in esiglio 9.38.8 di forte padre assai piú forte il figlio. 9.39.1 La pres' io ben, ma dissi: --Altrui si serba, 9.39.2 ch' abbia pari valor, piú lieta sorte, 9.39.3 e con lei vendicar la troppo acerba 9.39.4 e troppo iniqua possa e dura morte. 9.39.5 Io non ho contra il vero alma superba, 9.39.6 né mi do vanto d' aver man sí forte, 9.39.7 che raggirar la possa: altrui s' aspetta 9.39.8 dunque del mio signor l' aspra vendetta--. 9.40.1 Disse il romito allor: --L' empio soldano 9.40.2 ha il tuo signor co' tuoi compagni anciso: 9.40.3 vattene dunque al cavalier soprano, 9.40.4 che sará intorno a l' alte mura assiso; 9.40.5 e non temer che nel paese estrano 9.40.6 ti sia il sentier di nuovo ancor preciso; 9.40.7 ché t' agevolerá per l' aspra via 9.40.8 l' alta destra del ciel che lá t' invia. 9.41.1 Quivi egli vuol che da la chiara voce, 9.41.2 che viva in te serbò, si manifesti 9.41.3 la pietade, il valor, l' ardir feroce, 9.41.4 che nel diletto tuo signor vedesti; 9.41.5 perché a segnar de la purpurea croce 9.41.6 l' arme, con tal esempio, altri si desti; 9.41.7 ed ora, e dopo cento e cento lustri, 9.41.8 infiammati ne siano i duci illustri. 9.42.1 Frattanto appresso i fidi e cari amici 9.42.2 giacerá del tuo duce il corpo ascoso, 9.42.3 mentre l' anime, amando, in ciel felici 9.42.4 godon perpetuo onore e glorïoso. 9.42.5 Ma tu col pianto omai gli estremi offici 9.42.6 pagati hai loro, e tempo è di riposo: 9.42.7 e meco albergo avrai, sin ch' al viaggio 9.42.8 far non possa stanchezza o piaga oltraggio--. 9.43.1 Cosí diceva; ed ecco oscura e negra 9.43.2 nube di corvi e d' avvoltoi volanti 9.43.3 scendere al campo in cui vittoria allegra 9.43.4 non ebbe il gran nemico onde si vanti: 9.43.5 né lasciar faccia con gli artigli integra, 9.43.6 o pur col rostro, de' seguaci erranti; 9.43.7 e tutti sazi di quel fèro pasto 9.43.8 non fêr viso de' nostri orrido e guasto. 9.44.1 Un' aquila vid' io con penne d' oro 9.44.2 tra le vermiglie piume al vento sparse, 9.44.3 ch' un angelo parea del sommo coro, 9.44.4 cosí repente fiammeggiando apparse: 9.44.5 e 'ntorno al corpo, ond' io mi lagno e ploro, 9.44.6 pur come a guardia la vedea girarse: 9.44.7 e 'l veglio mi dicea: --Questi anco il guarda. 9.44.8 Ma segui me, ché la partita è tarda.-- 9.45.1 Tacque; e per lochi ora sublimi, or cupi 9.45.2 mi scorse, ond' a gran pena il fianco trassi; 9.45.3 poi, dove pende da selvagge rupi 9.45.4 cava spelonca, raccogliemmo i passi. 9.45.5 Questo è il suo albergo; ivi, fra gli orsi e i lupi 9.45.6 co 'l suo compagno egli securo stassi, 9.45.7 ché difesa miglior ch' usbergo e scudo, 9.45.8 è la santa innocenza al petto ignudo. 9.46.1 Silvestre cibo e duro letto porse 9.46.2 restauro alfine e posa al languir nostro. 9.46.3 Ma poi ch' accesi in orïente scorse 9.46.4 i primi rai de l' alba òrati e d' ostro; 9.46.5 vigilante ad orar subito sorse 9.46.6 l' un e l' altro eremita in verde chiostro: 9.46.7 e ricercâr, fin che tra loro i' fui, 9.46.8 a me salute, e sepoltura altrui. 9.47.1 Sepolti il nobil duce e' suoi compagni 9.47.2 in umil loco sono e 'n parte oscura; 9.47.3 ch' è ben alta cagione ond' io mi lagni 9.47.4 e del mondo e di mia forte ventura: 9.47.5 e brami trasportarli ov' il mar bagni 9.47.6 di porto, o di cittá famose mura, 9.47.7 in qualche riva d' Asia, ovver piú lunge, 9.47.8 dove stanca la fama a pena aggiunge; 9.48.1 perché di peregrini e bianchi marmi 9.48.2 gli alzi sublime tomba il vecchio padre, 9.48.3 e la sua gloria scriva in brevi carmi, 9.48.4 dov' egli pianga e la sua antica madre: 9.48.5 e vi sospenda intorno insegne ed armi, 9.48.6 temute giá ne le famose squadre: 9.48.7 e l' imagine armata in cima aggiunga, 9.48.8 ch' il possente destrier affreni e punga. 9.49.1 Indi passando il navigante audace 9.49.2 de l' inospite mar l' arene algenti; 9.49.3 --Ivi Suen, dirá, si posa e giace, 9.49.4 che in Asia ucciso fu da l' empie genti, 9.49.5 mentre andava al Sepolcro: eterna pace 9.49.6 conceda a l' ossa il cielo, il mare e i venti; 9.49.7 e non turbi Aquilon, quando piú verna, 9.49.8 del suo onore immortal la face eterna--.-- 9.50.1 Qui tacque il messaggiero, e gli rispose 9.50.2 il sommo duce:-- O cavalier, tu pòrte 9.50.3 dure novelle al campo e dolorose, 9.50.4 ond' a ragion si turbi e si sconforte; 9.50.5 poi che genti sí amiche e valorose, 9.50.6 breve ora ha tolte e poca terra assorte; 9.50.7 e in guisa d' un balen lucente apparve 9.50.8 il signor vostro in Asia, e poi disparve. 9.51.1 Ma che? felice è cotal morte e scempio, 9.51.2 via piú ch' acquisto di province e d' auro: 9.51.3 né dar l' antico Campidoglio esempio 9.51.4 d' alcun può mai sí glorïoso lauro. 9.51.5 Egli del cielo in luminoso tempio 9.51.6 trionfa il mondo, non pur l' Indo o 'l Mauro: 9.51.7 ivi cred' io che le sue belle piaghe 9.51.8 ciascun lieto dimostri, e se n' appaghe. 9.52.1 Ma tu, ch' a le fatiche ed al periglio 9.52.2 ne la milizia ancor resti del mondo, 9.52.3 di lor gloria t' allegra, e lieto il ciglio 9.52.4 mostra, e quanto conviene il cor giocondo: 9.52.5 ché non sol qui del gran Guglielmo il figlio 9.52.6 può sostener di quella spada il pondo, 9.52.7 né lodo io giá che dubbia via tu prenda, 9.52.8 pria che di lui certa novella intenda.-- 9.53.1 Questo parlar ne l' animosa mente 9.53.2 di Riccardo l' amor desta e rinnova: 9.53.3 e v' è chi dice:-- Ahi fra nemica gente 9.53.4 il giovinetto errante si ritrova:-- 9.53.5 e non v' è quasi alcun che non rammente, 9.53.6 narrando al Dano, i suoi gran fatti a prova: 9.53.7 le cittadi espugnate, e i vinti regni, 9.53.8 la prigione, e gli antichi e i novi sdegni. 9.54.1 Or quando del guerrier l' alta possanza 9.54.2 avea gli animi accesi e 'nteneriti; 9.54.3 ecco molti tornar, che per usanza 9.54.4 eran d' intorno a depredar usciti; 9.54.5 e, scórsi con insolita baldanza, 9.54.6 e gregge conduceano e buoi rapiti; 9.54.7 o ciò che può saziar l' umane brame, 9.54.8 o pascer de' cavalli ingorda fame. 9.55.1 E questi di sciagura aspra e noiosa 9.55.2 segno portâr ch' in apparenza è certo: 9.55.3 rotta del bel Riccardo e sanguinosa 9.55.4 la sopravvesta, e 'l forte arnese aperto. 9.55.5 Tosto si sparse (e chi potria tal cosa 9.55.6 tener celata?) un romor vario e 'ncerto: 9.55.7 corre il volgo dolente a le novelle 9.55.8 del guerriero e de l' arme, e vuol vedelle. 9.56.1 Vede e conosce ben l' immensa mole 9.56.2 del grand' usbergo, e 'l folgorar del lume, 9.56.3 e l' arme tutte, ov' è l' augel ch' al sole 9.56.4 prova i suoi figli, e mal crede a le piume: 9.56.5 ché di vederle giá primiere o sole 9.56.6 ne l' imprese piú grandi ebbe in costume; 9.56.7 ed or, non senza alta pietate ed ira, 9.56.8 rotte e sanguigne ivi giacer le mira. 9.57.1 E narra il portator:-- Quinci lontano 9.57.2 quanto in un giorno un messaggero andria, 9.57.3 verso i confini d' Arce un picciol piano, 9.57.4 chiuso tra colli, alquanto è fuor di via: 9.57.5 e 'n lui d' alto deriva or presto or piano 9.57.6 famoso fiume, e verso 'l mar s' invia; 9.57.7 e, d' arbori di macchie ombroso e folto, 9.57.8 opportuno a l' insidie il loco è molto. 9.58.1 Trascorre il fiume qui da fonte ignota, 9.58.2 e per sei dí non si riposa o stanca; 9.58.3 ma con alto rimbombo i sassi ei rota, 9.58.4 e 'n su la destra sponda, e 'n su la manca: 9.58.5 nel dí settimo poi si scema e vòta 9.58.6 l' urna al suo corso, onde languisce e manca; 9.58.7 pur come di riposo alfin sia vago, 9.58.8 è de l' eternitá corrente imago. 9.59.1 Qui greggia o armento cercavam, che fosse 9.59.2 venuta a' paschi de l' erbose sponde; 9.59.3 e 'n su l' erbe miriam di sangue rosse 9.59.4 giacere un guerrier morto in riva a l' onde. 9.59.5 A l' arme ed a l' insegne ogni uom si mosse, 9.59.6 che furon conosciute ancor ch' immonde. 9.59.7 Io m' appressai per discoprirgli il viso, 9.59.8 ma trovai ch' era il capo indi reciso. 9.60.1 Mancava ancor la destra; e 'l corpo grande 9.60.2 intero aveva il tergo, intero il petto; 9.60.3 l' elmo, in cui l' ale il sacro augello spande, 9.60.4 giacea del prato ne l' erboso letto. 9.60.5 Mentre cerco d' alcuno a cui dimande, 9.60.6 un villanel sopraggiungea soletto, 9.60.7 ch' indietro il passo per fuggirne torse, 9.60.8 subitamente che di noi s' accorse. 9.61.1 Ma ne la fuga sua veloce e presta 9.61.2 fu preso; e dimandato, alfin rispose: 9.61.3 che 'l giorno avanti uscir d' alta foresta 9.61.4 vide molti guerrieri, ond' ei s' ascose: 9.61.5 e ch' un d' essi tenea recisa testa 9.61.6 per le sue chiome bionde e sanguinose; 9.61.7 la qual le parve, in rimirando intento, 9.61.8 d' uom giovinetto, e senza peli al mento; 9.62.1 e ch' il guerriero stesso indi l' avvolse 9.62.2 in una tela da l' arcion pendente. 9.62.3 Questo, ed altro da lui non si raccolse, 9.62.4 fuor ch' egli lo stimò di nostra gente. 9.62.5 Io spogliar feci il corpo, e sí men dolse, 9.62.6 che piansi nel sospetto amaramente: 9.62.7 e portai meco l' arme, e lasciai cura 9.62.8 ch' avesse degno onor di sepoltura. 9.63.1 Ma se quel nobil tronco è quel ch' io credo, 9.63.2 altra tomba, altra pompa egli ben merta.-- 9.63.3 Cosí detto, Aliprando ebbe congedo, 9.63.4 però che non avea cosa piú certa. 9.63.5 Rimase grave, e sospirò Goffredo; 9.63.6 pur nel tristo pensier non si raccerta: 9.63.7 e con piú chiari segni il tronco busto 9.63.8 conoscer vuole, e 'l micidiale ingiusto. 9.64.1 Sorgea la notte intanto, e sotto l' ali 9.64.2 ricopriva del cielo i campi immensi, 9.64.3 e 'l sonno, ozio de l' alme, oblio de' mali, 9.64.4 lusingando sopia le cure e i sensi: 9.64.5 tu sol, punto, Argilan, d' acuti strali 9.64.6 d' aspro dolor, volgi gran cosa e pensi: 9.64.7 né l' agitato seno o gli occhi ponno 9.64.8 la quiete raccôrre o 'l molle sonno. 9.65.1 Costui, pronto di man, di lingua ardito, 9.65.2 impetuoso e fervido d' ingegno, 9.65.3 nacque del Tronto in riva, e fu nodrito 9.65.4 ne le risse civil d' odio e di sdegno: 9.65.5 poscia in esiglio spinto, i colli e 'l lito 9.65.6 empié di sangue, e depredò quel regno, 9.65.7 sin che ne l' Asia a guerreggiar sen venne, 9.65.8 e per fama miglior chiaro divenne. 9.66.1 Alfin questi su l' alba i lumi chiuse, 9.66.2 né giá fu sonno il suo queto e soave; 9.66.3 ma fu stupor ch' Aletto al cor gl' infuse, 9.66.4 non men che morte sia, profondo e grave. 9.66.5 Sono l' interne sue virtú deluse, 9.66.6 e riposo, dormendo ancor, non ave; 9.66.7 ché la furia crudel gli s' appresenta 9.66.8 sotto orribili larve, e lo sgomenta. 9.67.1 Gli figura un gran busto, ond' è diviso 9.67.2 il capo, e de la destra il braccio è mozzo; 9.67.3 e sostien con la manca il teschio inciso, 9.67.4 di sangue e di pallor livido e sozzo. 9.67.5 Spira, e parla spirando il morto viso; 9.67.6 e 'l parlar vien co 'l sangue, e co 'l singhiozzo: 9.67.7 -- Fuggi, Argilan, non vedi omai la luce? 9.67.8 fuggi le tende e 'l dispietato duce. 9.68.1 Chi dal fèro Goffredo, e da la frode 9.68.2 ch' uccise me, voi, cari amici, affida? 9.68.3 D' astio dentro il fellon tutto si rode, 9.68.4 e pensa sol come voi meco uccida. 9.68.5 Pur se cotesta mano a vera lode 9.68.6 aspira, e 'n sua virtú tanto si fida, 9.68.7 non fuggir, no; plachi il tiranno esangue 9.68.8 lo spirto mio co 'l suo maligno sangue. 9.69.1 Io sarò teco, ombra di ferro e d' ira 9.69.2 ministra, e t' armerò la destra e 'l seno.-- 9.69.3 Cosí gli parla e nel parlar gl' inspira 9.69.4 spirito novo di furor ripieno. 9.69.5 Si rompe il sonno, e sbigottito ei gira 9.69.6 gli occhi gonfi di rabbia e di veneno: 9.69.7 e come armato egli è, con importuna 9.69.8 voce i guerrier d' Italia insieme aduna. 9.70.1 Gli aduna lá, dove sospese stanno 9.70.2 l' arme del buon Riccardo; e con superba 9.70.3 voce il furore e 'l conceputo affanno 9.70.4 in tai detti divolga, e disacerba: 9.70.5 -- Dunque un popol sí barbaro e tiranno, 9.70.6 che non prezza ragion, che fé non serba, 9.70.7 che non fu mai di sangue e d' òr satollo, 9.70.8 ci terrá il freno in bocca, e 'l giogo al collo? 9.71.1 Ciò che sofferto abbiam d' aspro e d' indegno 9.71.2 sette anni omai sotto l' iniqua soma, 9.71.3 è tal ch' arder di scorno, arder di sdegno 9.71.4 potrá da qui a mille anni Italia e Roma. 9.71.5 Taccio che fu da l' arme e da l' ingegno 9.71.6 del buon Tancredi la Cilicia doma; 9.71.7 e ch' ora il Franco sol l' ingombra e gode, 9.71.8 e i premi usurpa del valor la frode. 9.72.1 Taccio che ov' il bisogno e 'l tempo chiede 9.72.2 pronta man, pensier alto, animo audace 9.72.3 alcuno ivi di noi privo si vede 9.72.4 portar fra mille morti o ferro, o face: 9.72.5 quando le palme poi, quando le prede 9.72.6 si dispensan ne l' ozio e ne la pace, 9.72.7 nostri in parte non son, ma tutti loro 9.72.8 i trionfi, gli onor, le terre e l' oro. 9.73.1 Tempo forse giá fu che gravi e strane 9.73.2 ne poteano parer sí fatte offese: 9.73.3 come lievi or le passo e come vane: 9.73.4 ché maggior feritá ne l' alte imprese 9.73.5 è duro intoppo; e con le leggi umane 9.73.6 son le divine leggi insieme offese. 9.73.7 E non fulmina il cielo? e non l' inghiotte 9.73.8 la terra entro la sua perpetua notte? 9.74.1 Riccardo han morto, il qual fu spada e scudo 9.74.2 di nostra fede, ed ancor giace inulto. 9.74.3 Inulto giace, e su 'l terreno ignudo 9.74.4 lacerato il lasciâro ed insepulto. 9.74.5 Ricercate saper chi fosse il crudo? 9.74.6 A chi puote, compagni, essere occulto? 9.74.7 Chi de' Franchi non sa l' invidia e l' arti? 9.74.8 e i cori enfiati e lor veneni sparti? 9.75.1 Ma pur cerco argomenti? Il ciel io giuro, 9.75.2 il ciel, che n' ode, e ch' ingannar non lice, 9.75.3 ch' allor che si rischiara il mondo oscuro, 9.75.4 spirito errante il vidi ed infelice, 9.75.5 del suo macchiato e di quel sangue impuro. 9.75.6 Deh quai cose racconta, e quai predice! 9.75.7 Io 'l vidi, e non fu sogno; e ovunque miri, 9.75.8 par che dinanzi a gli occhi ancor s' aggiri. 9.76.1 Ora che farem noi? dée quella mano, 9.76.2 che di morte sí ingiusta è ancora immonda, 9.76.3 reggerci sempre? o pur vorrem lontano 9.76.4 girne da lei, dove l' Oronte inonda? 9.76.5 dove a timide genti in fertil piano 9.76.6 tante ville e cittá nutre e feconda, 9.76.7 anzi a noi pur: nostre saranno, io spero; 9.76.8 né co' Franchi comune avrem l' impero. 9.77.1 Andiánne: e resti invendicato il sangue 9.77.2 (se cosí parvi) illustre ed innocente: 9.77.3 ben che se la virtú che fredda langue, 9.77.4 fosse ora in voi, quanto dovrebbe, ardente; 9.77.5 questo che divorò, pestifer angue, 9.77.6 il piú bel fior di nostra invitta gente, 9.77.7 daria con la sua morte e co 'l suo scempio 9.77.8 a gli altri di memoria eterno esempio. 9.78.1 Io, io vorrei, se 'l vostro alto valore, 9.78.2 quanto egli può, tanto volere osasse, 9.78.3 che per questa mia man ne l' empio core, 9.78.4 nido di tradimento, il ferro entrasse.-- 9.78.5 Cosí parla agitato; e nel furore 9.78.6 e ne l' impeto suo ciascuno ei trasse: 9.78.7 -- Arme! Arme!-- freme il forsennato, e insieme 9.78.8 la gioventú superba:-- Arme! arme!-- freme. 9.79.1 Rota fra lor la destra armata Aletto, 9.79.2 e co 'l foco il velen ne' petti mesce. 9.79.3 L' ira cieca, il furor, l' empio sospetto, 9.79.4 e la sete del sangue avanza e cresce: 9.79.5 e serpe quella peste e 'l volgo infetto 9.79.6 lascia, e lunge da lor si spande ed esce: 9.79.7 e passando fra' duci, ivi s' apprende, 9.79.8 tanto ciascuno a la partenza intende. 9.80.1 Né sol le strane genti avvien che mova 9.80.2 il duro caso e 'l gran publico danno; 9.80.3 ma le cagioni antiche a l' ira nova 9.80.4 materia insieme e nutrimento or danno. 9.80.5 Ogni sopito sdegno or si rinova: 9.80.6 chiamano il popol Franco empio e tiranno: 9.80.7 e in superbe minacce esce diffuso 9.80.8 l' odio che non può starne omai piú chiuso. 9.81.1 S' aggiunge a gli altri sdegni il novo scorno 9.81.2 fatto da' Franchi a le latine genti, 9.81.3 a cui rapîr, mentre scorreano intorno, 9.81.4 la fatta preda e i giá rapiti armenti: 9.81.5 e riportâr, quasi in trionfo adorno, 9.81.6 del famoso guerrier l' arme lucenti, 9.81.7 che fûr sospese ove i trofei dispiega 9.81.8 l' invitto duce, cui timor non piega. 9.82.1 Cosí nel cavo ramo umor che bolle, 9.82.2 per troppo foco, entro gorgoglia e fuma, 9.82.3 né capendo in se stesso alfin s' estolle 9.82.4 sovra gli orli del vaso, e inonda e spuma: 9.82.5 né bastano a frenare il volgo folle 9.82.6 que' pochi a cui la mente il vero alluma; 9.82.7 tra quai Ruperto fu, ma tutto inteso 9.82.8 a racquistar de l' arme il nobil peso. 9.83.1 Però che Baldovin, a cui n' increbbe, 9.83.2 come di cosa ch' è creduta a pena, 9.83.3 l' arme chiese al fratel, e pur non l' ebbe, 9.83.4 né quel primo disdetto ancor l' affrena; 9.83.5 ma quel lucente acciaio vestir vorrebbe, 9.83.6 e la spada impugnar d' aurea catena 9.83.7 pendente, ei brama; e pria ch' indi le mova, 9.83.8 Ruperto d' Ansa ancor le chiede a prova. 9.84.1 E dice al pio Goffredo:-- O vere o false 9.84.2 che sian le voci che fallaci estimo, 9.84.3 l' arme di quel, che piú ch' il mondo valse 9.84.4 e vale ancor (né solo il ver sublimo), 9.84.5 chiedo, signor, ché troppo a me ne calse; 9.84.6 al chieder tardo, a l' amar lui son primo: 9.84.7 né v' è chi mi precorra, e 'n ciò m' adegua 9.84.8 solo il fratel Ramusio, ov' ei mi segua. 9.85.1 Chiedole, e 'l suo fratello il mi concede. 9.85.2 Se vive, com' io spero, a lui le serbo: 9.85.3 se di lui fatte dolorose prede 9.85.4 ha l' empia morte e 'l suo destin superbo, 9.85.5 men giustamente ogni altro or le richiede, 9.85.6 per consolare il suo dolor acerbo; 9.85.7 e per memoria di sí nobil pegno, 9.85.8 o per vendetta far con pio disdegno.-- 9.86.1 Cosí disse quel d' Ansa; e fu risposto 9.86.2 dal pio Goffredo in parlar saggio e breve: 9.86.3 -- Non m' è il tuo merto e 'l tuo valore ascosto, 9.86.4 e qual premio d' onore a te si deve; 9.86.5 benché amassi colui che troppo opposto 9.86.6 ebbe al nostro voler l' animo leve, 9.86.7 e troppo superbí; ma certo duolmi, 9.86.8 che tanti nostri affanni accresca e colmi. 9.87.1 Ma non posso donar l' arme sanguigne, 9.87.2 bench' il suo le richieda o 'l mio fratello, 9.87.3 o tu che le parole hai sí benigne, 9.87.4 in esaltando il mio quasi ribello, 9.87.5 mentre del suo morir voci maligne 9.87.6 sparge con nostro biasmo il volgo fello. 9.87.7 Qui dunque si staranno infin ch' è dubbio 9.87.8 chi la fallace tela avvolga al subbio.-- 9.88.1 Mentre ei cosí ragiona, irati a l' arme 9.88.2 corrono in altra parte i piú feroci, 9.88.3 e giá s' odon cantar guerriero carme 9.88.4 cento canore trombe in fère voci. 9.88.5 Gridano intanto al duce pio che s' arme 9.88.6 molti di qua di lá messi veloci. 9.88.7 E Baldovin dinanzi a tutti armato 9.88.8 gli s' appresenta, e gli si pone a lato. 9.89.1 Egli ch' ode l' accuse, i lumi al cielo 9.89.2 drizza, e pur, come suole, a Dio ricorre: 9.89.3 -- Signor, tu, che sai ben con quanto zelo 9.89.4 la destra mia dal Latin sangue abborre, 9.89.5 tu squarcia a questi da la mente il velo, 9.89.6 e reprimi il furor che sí trascorre: 9.89.7 e l' innocenza mia, ch' a voi di sopra 9.89.8 è nota, al mondo cieco ancor si scopra.-- 9.90.1 Tacque; e dal cielo infuso entro le vene 9.90.2 sentissi un novo inusitato caldo, 9.90.3 colmo d' alto vigor, d' ardita speme, 9.90.4 che fuor si sparge e 'l fa piú ardito e baldo: 9.90.5 e da' suoi cinto ad incontrar sen viene 9.90.6 chi mal ne l' alte imprese è fermo e saldo: 9.90.7 né perché d' arme e di minacce ei senta 9.90.8 fremito d' ogn' intorno, il passo allenta. 9.91.1 Ha la corazza indosso, e nobil veste 9.91.2 sopra l' adorna com' è suo costume; 9.91.3 nudo è le mani e 'l volto, e di celeste 9.91.4 maestá vi risplende un vivo lume: 9.91.5 scuote il divino scettro, e sol con queste 9.91.6 arme acquetar quegl' impeti ei presume: 9.91.7 e mentre ei tal si mostra, e tal ragiona, 9.91.8 piú ch' in guisa mortal riluce e suona: 9.92.1 -- Quali stolte minacce, e quale or odo 9.92.2 vano strepito d' arme? e chi 'l commove? 9.92.3 Cosí qui riverito, e in questo modo 9.92.4 noto son io, dopo sí lunghe prove, 9.92.5 che v' è pur chi sospetti, e d' empio frodo 9.92.6 Goffredo accusi, e chi l' accuse approve? 9.92.7 Forse aspettate ancor ch' a voi mi pieghi, 9.92.8 e ragioni v' adduca, e porga i preghi? 9.93.1 Ah non sia ver che tanta indignitate 9.93.2 la terra piena del mio nome intenda: 9.93.3 me questo imperio, me de l' onorate 9.93.4 opre mie la memoria, e 'l ver difenda. 9.93.5 Ed ora la giustizia a la pietate 9.93.6 ceda, né sovr' a' rei la pena scenda. 9.93.7 A' vostri merti il vostro error perdono, 9.93.8 ed al vostro Riccardo ancor vi dono. 9.94.1 Ma come verga o scettro al verde tronco, 9.94.2 svelto, e polito con sottil lavoro, 9.94.3 per arte del suo fabro, or ch' egli è tronco, 9.94.4 piú non può germogliar dal lucid' oro; 9.94.5 tal s' a questa perfidia il capo io tronco; 9.94.6 vostra vita serbando e mio decoro, 9.94.7 non fia nudrita qui ne gli ampi chiostri, 9.94.8 quasi un' idra, peggior di tutti i mostri. 9.95.1 Co 'l sangue suo lavi il comun difetto 9.95.2 quel che principio fu d' ogni furore: 9.95.3 e mosso a leggerissimo sospetto, 9.95.4 sospinti ha gli altri nel medesmo errore.-- 9.95.5 Lampi e folgori ardean nel regio aspetto 9.95.6 (mentr' ei parlò) di maestá, d' onore; 9.95.7 talch' il fèro Argilan, muto e conquiso, 9.95.8 vinto è da l' ira d' un turbato viso. 9.96.1 E 'l volgo, ch' anzi irriverente, audace, 9.96.2 tutto fremer s' udia d' orgogli e d' onte, 9.96.3 quasi le mani a l' arme, ed a la face, 9.96.4 (non ch' i piedi al partir) fosser giá pronte, 9.96.5 non osa, e i gravi detti ascolta e tace, 9.96.6 fra vergogna e timore alzar la fronte, 9.96.7 e sostien ch' Argilano, armato e cinto 9.96.8 da l' arme lor, sia da' ministri avvinto. 9.97.1 Cosí leon, ch' anzi l' orribil coma 9.97.2 con ruggito scotea superbo e fèro; 9.97.3 se poi vede il suo mastro onde fu doma 9.97.4 la natia feritá del core altero, 9.97.5 può del giogo soffrir la grave soma, 9.97.6 e teme le minacce e l' aspro impero: 9.97.7 né i gran velli e i gran denti e l' unghie, c' hanno 9.97.8 tanta in sé forza, insuperbire il fanno. 9.98.1 Parte videro alcuni in vólto crudo, 9.98.2 ed in atto feroce e minacciante, 9.98.3 l' angel lui circondar co 'l chiaro scudo 9.98.4 di veritate opposto al volgo errante: 9.98.5 e vibrar fulminando il ferro ignudo, 9.98.6 che di sangue appariva anco stillante; 9.98.7 sangue era forse di cittá, di regni, 9.98.8 che provocâr del cielo i tardi sdegni. 9.99.1 Cosí, cheto il tumulto, ognun si spoglia 9.99.2 l' arme piú gravi, ed ogni sdegno è spento: 9.99.3 e torna il duce con placata voglia, 9.99.4 a varie cose, ad alta impresa intento; 9.99.5 che d' assalir piú la cittá s' invoglia, 9.99.6 quando alcuno de' suoi scorge piú lento: 9.99.7 e rivedendo va le incise travi, 9.99.8 giá in macchine conteste orrende e gravi.
CANTO X
10.1.1 Ma il gran mostro infernal che vede queti 10.1.2 quei giá torbidi cori e l' ire spente, 10.1.3 e cozzar contro 'l fato, e i gran decreti 10.1.4 svolger non può de l' immutabil mente; 10.1.5 si parte, e dove passa, i campi lieti 10.1.6 secca, e pallido il sol si fa repente; 10.1.7 e d' altre furie ancora e d' altri danni 10.1.8 ministro, a nova impresa affretta i vanni. 10.2.1 Egli che fatto aveva il volgo insano, 10.2.2 sa che, per arte ancor d' empi consorti, 10.2.3 il figliuol di Guglielmo errò lontano, 10.2.4 Tancredi ed altri assai famosi e forti. 10.2.5 Disse:-- Che piú s' aspetta? or Solimano 10.2.6 inaspettato venga, e guerra porti. 10.2.7 Certo (o ch' io spero) alta vittoria avremo 10.2.8 d' esercito discorde e 'n parte scemo.-- 10.3.1 Ciò detto, vola ove le squadre erranti 10.3.2 (fattosen duce) il fier soldano accrebbe; 10.3.3 a cui par non avesti e non ten vanti, 10.3.4 Scizia superba, e l' Asia allor non l' ebbe: 10.3.5 né se per nova ingiuria i suoi giganti 10.3.6 rinovasse la terra, ancor l' avrebbe. 10.3.7 Questi a' nostri s' oppose, e quasi al varco, 10.3.8 spaventando la Grecia al suon de l' arco. 10.4.1 Ma, ritentata avendo invan la sorte, 10.4.2 scacciato dal nativo almo paese, 10.4.3 vide le Caspie e le Caucasee porte, 10.4.4 e degl' Indi cercò le piagge accese, 10.4.5 sotto le vie del sol lunghe e distorte, 10.4.6 movendo i regi estrani a l' alte imprese, 10.4.7 sol per vietare a' cavalier di Cristo 10.4.8 di Palestina il glorïoso acquisto. 10.5.1 E, raccolto da' regi argento ed auro, 10.5.2 perturbò Cidno, Eufrate, Oronte, Arasse, 10.5.3 varcando i gioghi del famoso Tauro; 10.5.4 e fra gli Arabi alfine ei si ritrasse; 10.5.5 e mentre d' Asia e del paese Mauro 10.5.6 muovon pigre le genti, ei tenne e trasse 10.5.7 volgo venale, a depredare avvezzo, 10.5.8 che vende il sangue, anzi la fuga, a prezzo. 10.6.1 Cosí, fatto lor duce, or d' ogn' intorno 10.6.2 la Giudea scorre e fa prede e rapine, 10.6.3 sicch' il venire è chiuso e 'l far ritorno 10.6.4 a le piagge del mare a lei vicine: 10.6.5 e, rimembrando ognora il primo scorno 10.6.6 e de l' imperio suo l' alte ruine, 10.6.7 cose maggior nel petto acceso ei volve: 10.6.8 ma non ben s' assicura e si risolve. 10.7.1 Viene Aletto a costui dal sonno sciolto, 10.7.2 con sembianza d' un uom d' antica etade; 10.7.3 vòta di sangue, empie di crespe il volto, 10.7.4 lascia barbuto il labbro e 'l mento rade: 10.7.5 dimostra il capo in lunghe tele avvolto, 10.7.6 la veste oltra 'l ginocchio al piè gli cade, 10.7.7 l' omero pur da la faretra è stanco, 10.7.8 e l' arco ha in mano e torta spada al fianco. 10.8.1 -- Noi, -- gli dice ella, -- trascorriam le vòte 10.8.2 piagge e l' arene sterili e deserte, 10.8.3 ove né far rapina omai si pote, 10.8.4 né vittoria acquistar che loda merte: 10.8.5 Goffredo intanto la cittá percote, 10.8.6 e giá le mura ha con le torri aperte: 10.8.7 e giá vedrem, s' ancor si tarda alquanto, 10.8.8 de la cittá le fiamme e udremo il pianto. 10.9.1 Dunque accesi tuguri e gregge e buoi, 10.9.2 gli alti trofei di Soliman saranno? 10.9.3 Cosí racquisti il regno? e cosí i tuoi 10.9.4 oltraggi vendicar ti credi e 'l danno? 10.9.5 Ardisci, ardisci: entro a' ripari suoi 10.9.6 di notte opprimi il barbaro tiranno. 10.9.7 Credi al tuo vecchio Araspe il cui consiglio 10.9.8 e nel regno provasti e ne l' esiglio. 10.10.1 Non ci aspetta egli, e non ci teme; e sprezza 10.10.2 gli Arabi, ignudi invero e timorosi; 10.10.3 né creder mai potrá che gente avvezza 10.10.4 a le prede, a le fughe, or cotanto osi: 10.10.5 ma fèri gli fará la tua fierezza 10.10.6 contra un campo che giaccia inerme, e posi.-- 10.10.7 Cosí gli disse; e le sue furie ardenti 10.10.8 spirògli al seno e si mischiò tra' venti. 10.11.1 Grida il guerrier levando al ciel la destra: 10.11.2 -- O tu che furor tanto entro m' accendi, 10.11.3 ned uom giá sei, ché, fiammeggiando a destra, 10.11.4 quasi folgore a me ti mostri e splendi: 10.11.5 scorgimi per via piana o per alpestra, 10.11.6 te seguo, e farò monti ove tu ascendi; 10.11.7 monti di strage e fiumi ampi di sangue: 10.11.8 tu rinforza la man, se pigra or langue.-- 10.12.1 Tace: e senza indugiar le turbe accoglie, 10.12.2 e rincora, parlando, il vile e 'l lento: 10.12.3 e con l' ardor de le sue stesse voglie 10.12.4 ciascun si mostra a seguitarlo intento. 10.12.5 Dá il segno Aletto de la tromba e scioglie 10.12.6 di sua man propria il gran vessillo al vento: 10.12.7 muove l' oste veloce, anzi sí corre, 10.12.8 che 'l volo de la fama ancor precorre. 10.13.1 Va seco Aletto e poscia 'l lascia, e veste 10.13.2 d' uom che porti novelle abito e viso: 10.13.3 e ne l' ora che par ch' il mondo reste 10.13.4 fra la notte e fra 'l dí dubbio e diviso, 10.13.5 entra in Gerusalemme e fra le meste 10.13.6 turbe a Ducalto reca il nuovo avviso 10.13.7 de l' aiuto che giunge al proprio regno, 10.13.8 e del notturno assalto e l' ora e 'l segno. 10.14.1 Ma giá distendon l' ombre orrido velo 10.14.2 che di rosso vapor si sparge e tigne. 10.14.3 La terra, invece del notturno gelo, 10.14.4 bagnan rugiade tepide e sanguigne. 10.14.5 S' empie di mostri e di prodigi il cielo: 10.14.6 s' odon fremendo errar larve maligne. 10.14.7 Votò Pluton gli abissi e la sua notte 10.14.8 tutta versò da le tartaree grotte. 10.15.1 Per sí profondo orror l' eccelse tende 10.15.2 d' assalir l' empio e d' infiammar destina; 10.15.3 ma quando a mezzo del suo corso ascende 10.15.4 la notte, ond' ella poi rapida inchina, 10.15.5 per breve spazio, ove riposo or prende 10.15.6 il securo Francese, ei s' avvicina. 10.15.7 Qui si cibâr le genti: e poscia ei, d' alto 10.15.8 parlando, le conforta al duro assalto. 10.16.1 -- Vedete lá di furti ingombro e pieno 10.16.2 un campo piú famoso assai che forte; 10.16.3 che quasi un mar nel suo vorace seno 10.16.4 tutte de l' Asia ha le ricchezze absorte; 10.16.5 questo ora a voi (né giá potria con meno 10.16.6 vostro periglio) espon benigna sorte: 10.16.7 l' arme e i destrier d' ostro guerniti e d' oro 10.16.8 preda fian vostra e non difesa loro. 10.17.1 Né questa è giá la turba, onde la Persa 10.17.2 gente e la gente di Nicea fu vinta, 10.17.3 perch' in guerra sí lunga e sí diversa 10.17.4 rimasa n' è la maggior parte estinta: 10.17.5 e s' anco integra fosse, è tutta immersa 10.17.6 in profonda quiete e d' arme scinta: 10.17.7 tosto s' opprime chi di sonno è carco, 10.17.8 ché dal sonno a la morte è picciol varco. 10.18.1 Su su venite; io primo aprir la strada 10.18.2 vo' su i corpi languenti entro ai ripari; 10.18.3 ferir da questa mia ciascuna spada, 10.18.4 e l' arti usar di crudeltate impari. 10.18.5 Oggi fia che di Cristo il regno cada, 10.18.6 oggi sarete voi famosi e chiari.-- 10.18.7 Cosí gl' infiamma a le vicine prove; 10.18.8 taciti poi tutti gl' indrizza e move. 10.19.1 Ecco intanto fra via le guardie ei vede, 10.19.2 per l' ombra mista d' una incerta luce, 10.19.3 né ritrovar (come secura fede 10.19.4 avea) poté improvviso il sommo duce. 10.19.5 Volgon quelli gridando indietro il piede, 10.19.6 visto che sí gran turba egli conduce; 10.19.7 sí che la prima guardia è da lor desta, 10.19.8 e com' può meglio a guerreggiar s' appresta. 10.20.1 Dan fiato allora a' barbari metalli 10.20.2 gli Arabi avari, oltra l' usanza arditi: 10.20.3 van gridi orridi al cielo, e de' cavalli 10.20.4 col suon del calpestio vari nitriti. 10.20.5 Gli alti monti muggîr, muggîr le valli, 10.20.6 e risposer gli abissi a' lor muggiti. 10.20.7 Aletto il segno diede a quei del monte, 10.20.8 e la face innalzò di Flegetonte. 10.21.1 Corre innanzi il soldano, e giunge a quella 10.21.2 confusa ancora e sbigottita guarda 10.21.3 rapida sí, che torbida procella 10.21.4 da cavernosi monti esce piú tarda; 10.21.5 fiume ch' arbori e case in un divella, 10.21.6 folgor che l' alte torri abbatta ed arda, 10.21.7 spirito assembra ond' il terren profondo 10.21.8 è scosso, e di ruine ingombra il mondo. 10.22.1 Non china il ferro mai ch' appien non colga, 10.22.2 né coglie mai che piaga anco non faccia; 10.22.3 né piaga fa che l' alma altrui non tolga, 10.22.4 e piú direi; ma 'l ver di falso ha faccia: 10.22.5 e par ch' egli o non curi, o non sen dolga, 10.22.6 o non senta il ferir di cento braccia; 10.22.7 sebben l' elmo percosso in suon di squilla 10.22.8 rimbomba, e orribilmente arde e sfavilla. 10.23.1 Or quando ei solo quasi in fuga ha volto 10.23.2 quel primo stuol de le nemiche genti, 10.23.3 giungono, in guisa d' un diluvio accolto 10.23.4 da mille rivi, gli Arabi correnti. 10.23.5 Fuggono allora i Franchi a freno sciolto; 10.23.6 e misto il vincitor va tra' fuggenti, 10.23.7 e con loro entra; e ne l' orribil ombra 10.23.8 di ruine e d' orrore il tutto ingombra. 10.24.1 Porta il soldán su l' elmo orrido e grande 10.24.2 serpe che si dilunga, e il collo snoda; 10.24.3 su gli artigli s' innalza, e l' ali spande, 10.24.4 e piega e inarca la forcuta coda; 10.24.5 par che vibri tre lingue e che fuor mande 10.24.6 livida spuma e che 'l suo fischio or s' oda: 10.24.7 e mentre arde la guerra anch' ei s' infiamma 10.24.8 nel moto, e fumo versa insieme e fiamma. 10.25.1 E si mostra in quel lume a' riguardanti 10.25.2 formidabil cosí l' empio soldano, 10.25.3 come veggion ne l' ombre i naviganti 10.25.4 tra mille lampi il torbido oceàno. 10.25.5 Altri dánno a la fuga i piè tremanti. 10.25.6 Dánno altri al ferro intrepida la mano: 10.25.7 e la notte i tumulti ognor piú mesce, 10.25.8 od occultando i rischi, i rischi accresce. 10.26.1 Fra color che mostrâro il cor piú franco, 10.26.2 Latin, sul Tebro nato, allor si mosse, 10.26.3 a cui né le fatiche il corpo stanco, 10.26.4 né gli anni dome avean l' invitte posse: 10.26.5 cinque suoi figli, quasi eguali, al fianco 10.26.6 gli erano sempre ovunque in guerra fosse, 10.26.7 d' arme gravando onde van sempre avvolti, 10.26.8 le membra ancor crescenti, e i molli volti. 10.27.1 E mossi a prova dal paterno esempio, 10.27.2 pronti moveano insieme il ferro e l' ire. 10.27.3 Dice egli loro:-- Andiánne, ove quell' empio 10.27.4 mostra di sangue uman tanto desire. 10.27.5 Né giá ritardi il sanguinoso scempio 10.27.6 ch' ei fa de gli altri in voi l' usato ardire: 10.27.7 però che quello, o figli, è vile onore, 10.27.8 cui non adorni alcun passato orrore.-- 10.28.1 Cosí fèro leon gli orridi figli, 10.28.2 cui sul tergo la coma ancor non pende, 10.28.3 né con gli anni lor sono i fèri artigli 10.28.4 cresciuti e l' arme de la bocca orrende: 10.28.5 mena seco a la preda ed a' perigli, 10.28.6 e con l' esempio a incrudelir gli accende 10.28.7 nel cacciator che le natie lor selve 10.28.8 turba, e fuggir fa le men forti belve. 10.29.1 Segue il buon genitor l' incauto stuolo 10.29.2 de' cinque, e Solimano assale e cinge, 10.29.3 e 'n un sol punto un sol volere, e un solo 10.29.4 spirito quasi, sei lunghe aste spinge: 10.29.5 ma troppo audace il suo maggior figliuolo 10.29.6 l' asta abbandona, e con quel fier si stringe, 10.29.7 e tenta invan con la pungente spada, 10.29.8 che sotto il buon destrier morto gli cada. 10.30.1 Ma come a le procelle esposto monte 10.30.2 che percosso da' flutti al mar sovraste, 10.30.3 sostien, fermo in se stesso, i tuoni e l' onte 10.30.4 del cielo irato e i venti e l' onde vaste; 10.30.5 cosí il fero soldán l' audace fronte 10.30.6 tien salda incontra il ferro e 'ncontra l' aste, 10.30.7 ed al primier, tra mille spade e lance, 10.30.8 divide ambe le ciglia, ambe le guance. 10.31.1 Sabino al suo fratel che giú ruina, 10.31.2 porge pietoso il braccio e lui sostiene; 10.31.3 vana pietá che ne l' altrui ruina 10.31.4 precipitosa in terra a cader viene; 10.31.5 che 'l soldán su quel braccio il ferro inchina 10.31.6 ed atterra con lui chi gli si attiene: 10.31.7 caggion entrambi, e l' un con l' altro or langue, 10.31.8 mescolando i sospiri estremi e 'l sangue. 10.32.1 Quinci egli, di Sabin l' asta recisa, 10.32.2 ond' il fanciullo di lontano l' infesta, 10.32.3 gli urta il cavallo addosso e 'l coglie in guisa, 10.32.4 che giú tremante il manda, indi il calpesta: 10.32.5 dal giovinetto corpo uscí divisa 10.32.6 l' alma a forza, e lasciò dolente e mesta 10.32.7 l' aure soavi de la vita, e i giorni 10.32.8 de la tenera etá lieti ed adorni. 10.33.1 Rimanean vivi ancor Pico e Laurente, 10.33.2 simil coppia d' un parto e d' un amore, 10.33.3 caro al padre, a la madre ancor sovente 10.33.4 inganno dilettoso e dolce errore; 10.33.5 ma con la spada del soldán pungente 10.33.6 diversi assai gli fa l' ostil furore: 10.33.7 fiera varïetá ch' a l' un divide 10.33.8 dal busto il collo, a l' altro il petto incide. 10.34.1 Il padre, ahi non piú padre, ahi fèra sorte 10.34.2 ch' orbo di tanti figli a un punto il face, 10.34.3 rimira in cinque morti or la sua morte, 10.34.4 e de la stirpe sua ch' estinta giace: 10.34.5 né so come vecchiezza abbia sí forte 10.34.6 ne l' atroce miseria e sí vivace, 10.34.7 che spiri e pugni ancor: ma gli atti e i visi 10.34.8 non mirò forse de' suoi figli uccisi. 10.35.1 E di sí acerbo lutto a gli occhi ascoso 10.35.2 parte l' amiche tenebre celâro; 10.35.3 ma nulla in duol sí fèro e sí gravoso, 10.35.4 senza il perder se stesso, ha il vincer caro. 10.35.5 Largo del proprio sangue, anzi rabbioso, 10.35.6 cupidamente è d' altrui morte avaro: 10.35.7 né si conosce ben qual suo desire 10.35.8 piú s' avanzi: il dar morte, o qui morire. 10.36.1 Ma grida al suo nemico: -- È dunque frale 10.36.2 sí questa mano? E 'n guisa ella si sprezza, 10.36.3 che con ogni suo sforzo ancor non vale 10.36.4 a provocare in me la tua fierezza?-- 10.36.5 Di colpo intanto il fiede aspro e mortale 10.36.6 che le piastre e le maglie insieme spezza, 10.36.7 e sul fianco gli cala, e vi fa grande 10.36.8 piaga ond' il sangue tepido si spande. 10.37.1 A quel grido, a quel colpo in lui converse 10.37.2 il barbaro crudel la spada e l' ira; 10.37.3 gli aprí l' usbergo, e pria lo scudo aperse, 10.37.4 cui ben tre volte un duro cuoio aggira, 10.37.5 e 'l ferro micidial nel ventre immerse. 10.37.6 L' infelice Latin singhiozza e spira, 10.37.7 e con vomito alterno or gli trabocca 10.37.8 il sangue per la piaga, or per la bocca. 10.38.1 Come ne l' Appenin robusta pianta 10.38.2 che di Borea sprezzò l' orrida guerra, 10.38.3 se turbo impetuoso alfin la schianta, 10.38.4 gli arbori intorno ruinando atterra: 10.38.5 cosí cade egli; e la sua furia è tanta, 10.38.6 che piú d' un seco tragge a cui s' afferra; 10.38.7 e ben d' uom sí feroce è degno fine 10.38.8 che faccia ancor morendo alte ruine. 10.39.1 Mentre il soldán, sfogando l' odio interno, 10.39.2 pasce un lungo digiun ne' corpi umani, 10.39.3 i Turchi fan de' nostri aspro governo, 10.39.4 quai lupi de la greggia, ancisi i cani. 10.39.5 Fulvio e Serran, nati su 'l lago Averno, 10.39.6 son da Corcut estinti, indi lontani. 10.39.7 Dragut ancide Mario e Muzio e Silla, 10.39.8 di lá venuti ove albergò Sibilla. 10.40.1 Alfagar non poteva arco e saette 10.40.2 molto adoprar ne la sanguigna mischia, 10.40.3 ma con la fiera lancia a terra mette 10.40.4 Licante e Palinor che piú s' arrischia: 10.40.5 ch' elmo egli non avea ned armi elette; 10.40.6 ma quasi inerme diè gran fama ad Ischia, 10.40.7 lá 've prima solea dal salso flutto 10.40.8 portar l' umide prede al lido asciutto. 10.41.1 Draginar gitta al piano il fiero Casca, 10.41.2 che lungo il Liri giá guardò le torme. 10.41.3 Or nessun meglio sa dove le pasca 10.41.4 Siria, e ne spia predando i passi e l' orme; 10.41.5 seco, aspettando pur che l' alba nasca, 10.41.6 cade Roncone e lungo sonno ei dorme: 10.41.7 e Fario, ed Alifan caduto è seco, 10.41.8 orbo fatto d' un tronco a l' aer cieco. 10.42.1 Albazar con gran lancia abbatte Argesto, 10.42.2 muore sotto Algazelle Alfeo di spada. 10.42.3 Ma chi narrar potria quel modo e questo 10.42.4 di morte? e quanta plebe ignobil cada? 10.42.5 Sin da que' primi gridi era giá desto 10.42.6 Goffredo e non istava intanto a bada: 10.42.7 Aristolfo, Camillo, Ottone, Ettorre 10.42.8 grande stuolo con lui faceano accôrre. 10.43.1 Egli, che dopo il grido udí il tumulto 10.43.2 che par che sempre piú terribil suoni, 10.43.3 s' appose al ver: perché non gli era occulto, 10.43.4 che gían scorrendo gli arabi ladroni: 10.43.5 e da' solcati colli al lido inculto 10.43.6 molto intorno facean prede e prigioni; 10.43.7 ma pria non estimò che sí fugace 10.43.8 volgo mai fosse d' assalirlo audace. 10.44.1 Or mentre egli ne viene, ode repente 10.44.2 «arme arme» replicar da l' altro lato, 10.44.3 ed in un tempo il cielo orribilmente 10.44.4 rimbombar di barbarico ululato: 10.44.5 Argante è questi; e la rinchiusa gente 10.44.6 guida a l' assalto, ed ha i fratelli a lato. 10.44.7 Al nobil Guelfo allor si volge e dice: 10.44.8 -- E quinci arriva ancor chi guerra indice. 10.45.1 Odi qual nuovo strepito di Marte 10.45.2 di verso il colle e la cittá ne viene; 10.45.3 d' uopo lá fia ch' il tuo valore e l' arte 10.45.4 i primi assalti de' nemici affrene: 10.45.5 vanne tu dunque e lá provvedi, e parte 10.45.6 io me n' andrò lá 've sí mal sostiene 10.45.7 l' italico guerrier l' errante turba, 10.45.8 che 'l notturno riposo a noi perturba.-- 10.46.1 Cosí fra lor conchiuse; ambo gli move 10.46.2 per diverso sentiero egual fortuna: 10.46.3 e Guelfo al colle, e il pio guerrier va dove 10.46.4 il Turco è vincitor ne l' aria bruna. 10.46.5 Ma questi, andando, acquista forze e nòve 10.46.6 genti di passo in passo ognor aduna: 10.46.7 tal che giá fatto poderoso, aggiunge 10.46.8 dove il fèro soldán appar da lunge. 10.47.1 Come, scendendo da l' alpestro monte, 10.47.2 non empie umile il Po l' angusta sponda; 10.47.3 ma sempre piú, quanto è piú lunge al fonte, 10.47.4 di nòve forze insuperbito abonda: 10.47.5 e su le sponde la superba fronte 10.47.6 di tauro innalza, e vincitore inonda, 10.47.7 con piú corna spingendo il mar da terra: 10.47.8 né par tributo dar ma fèra guerra. 10.48.1 Goffredo, ove fuggir l' impaurite 10.48.2 sue genti vede, accorre, e lor minaccia: 10.48.3 -- Qual timor (grida) è questo? ove fuggite? 10.48.4 Guardate almen chi vi percote e caccia: 10.48.5 vi caccia un vile stuol ch' aspre ferite 10.48.6 mai non riceve, e mai non segna in faccia: 10.48.7 e se 'l vedranno incontra sé rivolto, 10.48.8 temeran l' arme lor del vostro volto.-- 10.49.1 Quinci punge il cavallo e dritto il volve 10.49.2 lá 've di Soliman gl' incendi ha scorti, 10.49.3 per mezzo d' atro sangue e d' atra polve, 10.49.4 tra ferri ed aste, e dispietate morti: 10.49.5 con la spada e con gli urti apre e dissolve 10.49.6 le vie piú chiuse e gli ordini piú forti; 10.49.7 né 'l potria ritener squadra, o falange: 10.49.8 ma percote, scompiglia, atterra e frange 10.50.1 quanto rincontra, e fa cader sossopra 10.50.2 cavalieri, cavalli, armati ed armi: 10.50.3 né ferro è che da lui difenda o copra; 10.50.4 ma taglierebbe i monti e i duri marmi. 10.50.5 Qual vide mai cosí terribil opra 10.50.6 o Tebe, o Troia celebrata in carmi? 10.50.7 o 'l gran campo latino onde rimbomba 10.50.8 il suono ancor di piú sonora tromba? 10.51.1 Passa i confusi monti a salto a salto 10.51.2 de' corpi estinti, e piú del campo avanza. 10.51.3 L' intrepido soldán, che 'l fèro assalto 10.51.4 rimira e la magnanima sembianza, 10.51.5 nol fugge, ma, levando il ferro in alto, 10.51.6 cerca di mostrar qui l' alta possanza. 10.51.7 Oh qual coppia d' eroi fortuna affronta 10.51.8 da gli estremi del mondo, e fa sí pronta. 10.52.1 Virtú contra furore or qui combatte 10.52.2 d' Asia, in un breve cerchio, il grande impero. 10.52.3 Chi può dir come gravi e come ratte 10.52.4 le spade son? quanto il duello è fèro? 10.52.5 E quante opre animose a prova fatte 10.52.6 furon che ricoprí quell' aër nero? 10.52.7 Passo qui cose glorïose e grandi, 10.52.8 degne de' raggi, o sol, ch' intorno spandi. 10.53.1 L' esercito fedel, d' ardita guida 10.53.2 ardir nuovo prendendo, oltra si spinge, 10.53.3 e 'l meglio armato stuolo a l' omicida 10.53.4 soldano intorno si raccoglie e stringe: 10.53.5 né la gente fedel piú che l' infida, 10.53.6 né piú questa che quella il campo or tinge; 10.53.7 ma gli uni e gli altri or vincitori, or vinti 10.53.8 dansi morte a vicenda e sono estinti. 10.54.1 Come han pari l' ardir, con pari forza, 10.54.2 Austro piovoso e 'l suo nemico asciutto, 10.54.3 né l' un l' altro, né 'l cielo il mare sforza; 10.54.4 ma nube a nube oppone e flutto a flutto: 10.54.5 cosí né qua, né lá concede a forza 10.54.6 valor costante, ivi a morir condutto; 10.54.7 s' incontra insieme orribilmente urtando 10.54.8 scudo a scudo, elmo ad elmo e brando a brando. 10.55.1 Né meno intanto son fèri i litigi 10.55.2 da l' altra parte, e i guerrier folti e densi; 10.55.3 mille nuvoli e piú d' angeli stigi 10.55.4 tutti han pieni de l' aria i campi immensi, 10.55.5 dando forza a' pagani; e i suoi vestigi 10.55.6 non è chi indietro di rivolger pensi: 10.55.7 e la face d' inferno Argante infiamma, 10.55.8 acceso ancor de la sua propria fiamma. 10.56.1 Egli ancora le guardie in fuga mosse 10.56.2 e su' ripari feo mirabil salto: 10.56.3 di lacerate membra empié le fosse, 10.56.4 appianò il calle, e diede un fèro assalto: 10.56.5 sí che gli altri il seguîro, e fêr poi rosse 10.56.6 le travi acute di sanguigno smalto: 10.56.7 e se non che lor tolse Iddio la mente, 10.56.8 le macchine accendean con face ardente. 10.57.1 Perché fuggía il Tedesco, allor che quivi 10.57.2 giunse Guelfo e Roberto e 'l suo drappello; 10.57.3 e volger fe' la fronte a' fuggitivi, 10.57.4 e sostenne il furor del popol fello. 10.57.5 Cosí guerra faceasi; e 'l sangue in rivi 10.57.6 correa egualmente in questo lato e 'n quello; 10.57.7 quando da l' alto gli occhi a' suoi rivolse 10.57.8 il re del ciel cui dar vittoria ei volse. 10.58.1 Siede colá, dond' egli e buono e giusto 10.58.2 crea, muove, e forma, e 'l tutto adorno rende 10.58.3 sovra 'l basso confin del mondo angusto, 10.58.4 ove né senso, né ragione ascende: 10.58.5 e de l' eternitá nel trono augusto, 10.58.6 con tre lumi in un lume Iddio risplende: 10.58.7 e non v' ha luogo il luogo, o tempo il tempo, 10.58.8 né la natura che produce a tempo. 10.59.1 Né 'l fato, o quella che qual fumo, o polve 10.59.2 la gloria e l' oro di quaggiuso e i regni, 10.59.3 come piace lá su, disperde e volve, 10.59.4 né, diva, cura i nostri umani sdegni. 10.59.5 E, quando meno in suo splendor s' involve, 10.59.6 ivi abbaglian la vista anco i piú degni. 10.59.7 Dintorno ha innumerabili immortali, 10.59.8 disegualmente in lor letizia eguali. 10.60.1 Al gran concento del felice carme 10.60.2 lieta risuona la celeste reggia. 10.60.3 Chiama egli a sé Michel ch' in lucide arme 10.60.4 di fin oro e d' elettro arde e fiammeggia, 10.60.5 e dice lui: -- Non vedi or come s' arme 10.60.6 contra la mia fedel diletta greggia 10.60.7 l' empia schiera d' inferno? E 'n sin dal fondo 10.60.8 de le sue morti a turbar venga il mondo? 10.61.1 Dille che lasci omai l' usate cure 10.61.2 de la guerra a' guerrier cui piú convene: 10.61.3 né con le sue sembianze orride impure 10.61.4 turbi l' aure del ciel liete e serene: 10.61.5 torni a le notti d' Acheronte oscure, 10.61.6 suo degno albergo, a le sue giuste pene; 10.61.7 ivi se stessa e l' alme in cieco abisso 10.61.8 tormenti: io cosí voglio e cosí ho fisso.-- 10.62.1 Qui tacque; e 'l duce de' guerrieri alati 10.62.2 riverente ed umíl s' inchina al piede: 10.62.3 indi spiega al gran volo i vanni aurati 10.62.4 rapido sí, ch' anco il pensiero eccede. 10.62.5 Passa il foco e la luce ove i beati 10.62.6 hanno lor glorïosa immobil sede. 10.62.7 Poscia mira il cristallo, e 'l cerchio adorno 10.62.8 che d' auree stelle è sparso e gira intorno. 10.63.1 Quinci d' opre diversi, e di sembianti, 10.63.2 da sinistra rotar Saturno e Giove; 10.63.3 e gli altri poi ch' esser non ponno erranti 10.63.4 s' angelica virtú gl' informa e move. 10.63.5 Vien poi da' campi lieti e fiammeggianti 10.63.6 d' eterno dí, lá donde tuona e piove, 10.63.7 dove se stesso il mondo strugge e pasce, 10.63.8 e ne la guerra sua more e rinasce. 10.64.1 Venía scotendo con l' eterne piume 10.64.2 la caligine densa e i folti orrori; 10.64.3 s' indorava la notte al divin lume 10.64.4 che spargea scintillando il volto fuori. 10.64.5 Tale il sol ne le nubi ha per costume 10.64.6 spiegar dopo la pioggia i bei colori: 10.64.7 tal suol, fendendo il liquido sereno, 10.64.8 stella cadere a la gran madre in seno. 10.65.1 Ma, giunto incontra a quel furor terrestro 10.65.2 ch' ebbe dal chiaro lume eterno il bando, 10.65.3 sovra l' ale si ferma accorto e destro, 10.65.4 e ragiona cosí, l' asta vibrando: 10.65.5 -- Sapete pur come dal lato destro 10.65.6 il Re del ciel soglia ferir tonando, 10.65.7 e nel disprezzo, o ne' tormenti acerbi 10.65.8 de l' estrema miseria ancor superbi. 10.66.1 Fisso è nel ciel ch' al venerabil segno 10.66.2 chini le mura, apra Sion le porte. 10.66.3 A che pugnar col fato? A che lo sdegno 10.66.4 dunque irritar de la celeste corte? 10.66.5 Itene maledetti al vostro regno, 10.66.6 regno di pene e di perpetua morte: 10.66.7 e sieno in quelli, a voi dovuti chiostri, 10.66.8 la vostra guerra e i fier trionfi vostri. 10.67.1 Lá incrudelite sol, spirti nocenti, 10.67.2 tutte adoprando le spietate posse, 10.67.3 fra i gridi eterni e lo stridor de' denti, 10.67.4 e 'l suon del ferro e le catene scosse.-- 10.67.5 Disse; e quei, ch' egli vide al partir lenti, 10.67.6 con la gran lancia sua spinse e percosse. 10.67.7 Essi, gemendo, abbandonâr le belle 10.67.8 piagge che 'l cielo illustra e l' auree stelle. 10.68.1 E dispiegâr verso l' inferno il volo 10.68.2 ad inasprir ne' rei l' usate doglie. 10.68.3 Non passa il mar d' augei sí grande stuolo, 10.68.4 quando a' soli piú tepidi s' accoglie: 10.68.5 non tante vede mai l' autunno al suolo 10.68.6 cader co' primi freddi aride foglie. 10.68.7 Liberato da lor, quella sí negra 10.68.8 faccia depone il mondo e si rallegra. 10.69.1 Ma non però nel disdegnoso petto 10.69.2 d' Argante vien la rabbia o 'l furor manco, 10.69.3 ben ch' il suo foco in lui non spiri Aletto 10.69.4 né flagello infernal gli sferzi il fianco: 10.69.5 rota il ferro crudele, ove piú stretto 10.69.6 sovra i ripari è il buon Germano e 'l Franco: 10.69.7 miete i vili e i possenti, e i piú sublimi 10.69.8 e piú superbi capi adegua a gl' imi. 10.70.1 Ma lui con l' asta bassa il gran Roberto 10.70.2 in mezzo a l' ampio scudo ebbe percosso, 10.70.3 sí che il lucente acciaio rimase aperto, 10.70.4 ch' era di dentro e fuor il candid' osso: 10.70.5 Argante non aveva ancor sofferto 10.70.6 colpo maggiore, e vacillando è scosso: 10.70.7 onde il ferir de la nodosa lancia 10.70.8 piú non aspetta, e pur tra' suoi si lancia. 10.71.1 Gli altri ch' erano ascesi in cima al vallo, 10.71.2 Guelfo precipitò, non pur sospinse, 10.71.3 co 'l gran guerrier che non fe' colpo in fallo, 10.71.4 ma quanti ne tirò, tanti n' estinse: 10.71.5 poi tra nemici uscí sul gran cavallo, 10.71.6 che tutto è nero, ed egli in rosso il tinse, 10.71.7 e molti n' atterrò, quasi in un fascio, 10.71.8 che nel confuso orror sepolti io lascio. 10.72.1 Ma con reale insegna, aurata e verde 10.72.2 allor si vide Saladino appresso, 10.72.3 ch' ad un suo colpo il ferro e 'l braccio perde 10.72.4 e cade a terra, e non risorge, oppresso; 10.72.5 come piú non germoglia o non rinverde, 10.72.6 tronco da la secure, alto cipresso, 10.72.7 che verdeggiò, quasi frondosa mèta, 10.72.8 l' alta selva facendo ombrosa e lieta. 10.73.1 Non lontana è Clorinda, e giá non meno 10.73.2 par che di tronche membra il campo asperga: 10.73.3 caccia la spada ad Olivier nel seno, 10.73.4 per mezzo il cor dove la vita alberga: 10.73.5 e quel colpo a ferirlo andò sí pieno, 10.73.6 che fuori uscí da sanguinosa terga: 10.73.7 poi fére Amon lá 've primier s' apprende 10.73.8 nostro alimento; e 'l viso a Pirro fende. 10.74.1 La destra di Selvaggio, onde ferita 10.74.2 ella pria fu, manda recisa al piano. 10.74.3 Tratta anco il ferro e con tremanti dita 10.74.4 semiviva nel suol guizza la mano. 10.74.5 Coda di serpe è tal ch' indi partita 10.74.6 cerca d' unirsi al suo principio invano. 10.74.7 Cosí mal concio la guerriera il lassa, 10.74.8 poi si volge ad Ichilde e 'l ferro abbassa. 10.75.1 E tra 'l collo e la nuca il colpo assesta, 10.75.2 e tronchi i nervi e 'l gorgozzuol reciso, 10.75.3 gío rotando a cader l' orribil testa: 10.75.4 e pria bruttò di polve immonda il viso, 10.75.5 che giú cadesse il tronco; il tronco resta 10.75.6 (miserabile mostro) in sella assiso; 10.75.7 ma libero dal fren con mille rote 10.75.8 calcitrando il destrier da sé lo scote. 10.76.1 Vuol poi ferir Roberto, e lui non coglie, 10.76.2 ché passa a caso il palestino Osmida: 10.76.3 e la piaga non sua ne l' elmo toglie, 10.76.4 la qual vien che la fronte a lui recida: 10.76.5 molta intorno al gran conte allor s' accoglie 10.76.6 di quella gente ch' ei conduce e guida: 10.76.7 tal ch' ella, co 'l suo stuolo indi s' arretra 10.76.8 lá 've a' nostri cavalli il passo impètra. 10.77.1 L' aurora intanto il bel purpureo volto 10.77.2 giá dimostrava dal sovran balcone, 10.77.3 e s' era in que' tumulti omai disciolto 10.77.4 il feroce Argilan di sua prigione: 10.77.5 e d' arme incerte il frettoloso avvolto, 10.77.6 quali 'l caso gli offerse o triste o buone, 10.77.7 giá venía per far del fallo emenda 10.77.8 e perché sua virtú piú chiara splenda. 10.78.1 Quale il destrier, che da le regie stalle, 10.78.2 dove a l' uso de l' arme ei si riserba, 10.78.3 fugge, e libero alfin per largo calle 10.78.4 va tra gli armenti o al fiume usato, o a l' erba; 10.78.5 scherzan su 'l collo i crini, e su le spalle 10.78.6 si scuote la cervice alta e superba; 10.78.7 suonano i piè nel corso, e par ch' avvampi, 10.78.8 tutti d' un nitrir lieto empiendo i campi, 10.79.1 tal ne viene Argilano; arde il feroce 10.79.2 sguardo, ha la fronte intrepida e sublime, 10.79.3 leve è ne' salti, e sovra i piè veloce, 10.79.4 sí che d' orme la polve appena imprime: 10.79.5 e, giunto fra' nemici, alzò la voce 10.79.6 (pur com' uom, che tutt' osi, e nulla stime): 10.79.7 -- O vil feccia del mondo, Arabi inetti, 10.79.8 com' è che tanto ardire in voi s' alletti? 10.80.1 Non regger voi de gli elmi e degli scudi 10.80.2 siete atti il peso, o 'l petto armarvi e 'l dorso; 10.80.3 ma commettete paventosi e nudi 10.80.4 i colpi al vento e la salute al corso: 10.80.5 l' opere vostre e i vostri egregi studi 10.80.6 notturni son: dá l' ombra a voi soccorso; 10.80.7 or ch' ella fugge, chi fia vostro schermo? 10.80.8 D' arme è ben d' uopo e di valor piú fermo.-- 10.81.1 Cosí parlando percuotea la gola 10.81.2 ad Algazel di sí crudel percossa, 10.81.3 che gli segò le fauci, e la parola 10.81.4 troncò ch' a la risposta era giá mossa: 10.81.5 a quel meschin subito orrore invola 10.81.6 il lume e scorre un duro gel per l' ossa. 10.81.7 Cade e co' denti l' odïosa terra 10.81.8 pien di gran rabbia in sul morire afferra. 10.82.1 Quinci per vari casi, ed Aladino, 10.82.2 ed Agricalte, e Muleasse uccide; 10.82.3 e da la gola al ventre a lor vicino 10.82.4 con esso un colpo Aldïazel divide. 10.82.5 Trafitto a sommo il petto il fier Tigrino 10.82.6 atterra, e con parole aspre il deride. 10.82.7 Quel, gli occhi gravi alzando, a l' orgogliose 10.82.8 parole, in sul morir, cosí rispose: 10.83.1 -- Non tu (chiunque sia) di questa morte 10.83.2 vincitor lieto avrai gran tempo il vanto: 10.83.3 pari destin t' aspetta, e da piú forte 10.83.4 destra a giacer mi sarai steso a canto.-- 10.83.5 Rise egli amaramente; e:-- Di mia sorte 10.83.6 curi 'l ciel (disse), or tu qui muori intanto, 10.83.7 d' augei pasto e di cani;-- indi lui preme 10.83.8 col piede, e ne trae l' alma e 'l ferro insieme. 10.84.1 Un paggio del soldán fra questa e quella 10.84.2 turba misto, aspirava a' primi onori, 10.84.3 a cui non anco la stagion novella 10.84.4 il bel mento spargea de' primi fiori: 10.84.5 paion perle e rugiade in su la bella 10.84.6 guancia rigando i tepidi sudori: 10.84.7 giunge grazia la polve al crine incolto, 10.84.8 e sdegnoso rigor dolce è in quel volto. 10.85.1 Sotto ha un destrier che di candore agguaglia 10.85.2 pur or ne l' Appennin caduta neve: 10.85.3 turbo o fiamma non è, che roti o saglia 10.85.4 rapido sí, com' è quel pronto e leve; 10.85.5 dorata piastra indosso e fina maglia, 10.85.6 lunga asta e spada ha pur ritorta e breve, 10.85.7 e con barbara pompa in bel lavoro 10.85.8 di porpora risplende in testa e d' oro. 10.86.1 Mentre il fanciullo a cui novel piacere 10.86.2 di gloria il petto giovenil lusinga, 10.86.3 di qua turba e di lá le prime schiere, 10.86.4 e lui non è chi tanto o quanto stringa: 10.86.5 tra le sue rote instabili e leggere, 10.86.6 giá l' insidia Argilano, onde sospinga 10.86.7 l' asta; ed ucciso il suo destrier di furto, 10.86.8 sovra gli arriva allor ch' appena è surto. 10.87.1 Ed al tenero volto, il quale invano 10.87.2 con l' arme di pietá fea sue difese, 10.87.3 drizzò la forte inesorabil mano, 10.87.4 e di natura il piú bel pregio offese; 10.87.5 ma 'l ferro, come senso avesse umano, 10.87.6 gli si travolse, e sol di piatto scese. 10.87.7 Ma che pro se, doppiando il colpo fèro, 10.87.8 di punta colse ov' egli errò primiero? 10.88.1 Soliman, che di lá molto non lunge 10.88.2 il cimier e 'l cavallo avea perduto, 10.88.3 e da la spada che piú fére e punge, 10.88.4 lasso e vinto campò, non pur caduto: 10.88.5 visto or l' altrui periglio, irato aggiunge 10.88.6 a la vendetta e tardo a dargli aiuto. 10.88.7 Perché vede (ahi dolor!) giacere ucciso 10.88.8 il suo Lesbin, quasi bel fior succiso. 10.89.1 E in atto sí gentil languir tremanti 10.89.2 gli occhi e cader sul tergo il collo mira; 10.89.3 cosí vago è il pallore, e da' sembianti 10.89.4 di morte una pietá sí dolce spira, 10.89.5 ch' ammollí il cor che fu dur marmo avanti, 10.89.6 onde il pianto stillò nel mezzo a l' ira. 10.89.7 Tu piangi, Soliman, tu che distrutti 10.89.8 mirasti i regni tuoi con gli occhi asciutti! 10.90.1 Ma come vede il ferro ostil che molle 10.90.2 fuma del sangue ancor del suo diletto, 10.90.3 la pietá cede, e l' ira avvampa e bolle; 10.90.4 sí che n' infiamma il viso insieme e 'l petto: 10.90.5 corre sovra Argilano e 'l ferro estolle, 10.90.6 e parte il capo, e prima il duro elmetto; 10.90.7 e ben del generoso e fèro sdegno 10.90.8 di Solimano il grave colpo è degno. 10.91.1 Né di ciò ben contento, al corpo morto 10.91.2 che giá pace aspettava ancor fa guerra; 10.91.3 quasi mastin, bieco mirando e torto, 10.91.4 il sasso che 'l ferí, co' denti afferra. 10.91.5 O d' immenso dolor breve conforto, 10.91.6 incrudelir ne l' insensibil terra! 10.91.7 Non spendea intanto il cavalier soprano 10.91.8 il tempo o l' ire o le percosse invano. 10.92.1 Ma partia scudi, capi, elmi e loriche, 10.92.2 onde tremila Turchi eran coperti, 10.92.3 indomiti di corpo a le fatiche, 10.92.4 di spirto audaci e 'n vari casi esperti: 10.92.5 questi seguîro in monti e 'n piagge apriche 10.92.6 il gran soldano e 'n orridi deserti 10.92.7 compagni fûr de' suo' errori infelici, 10.92.8 ne le fortune avverse ancora amici. 10.93.1 Di questi, o raro sia l' ordine o folto, 10.93.2 nulla o poco il valor cedeva al Franco; 10.93.3 in questi urtò Goffredo e ferí il volto 10.93.4 al fier Tirante ed a Rosteno il fianco: 10.93.5 al superbo Selimo il capo ha tolto 10.93.6 dal busto, ha tronco a Pirgo il braccio manco, 10.93.7 a Ruteno cacciò tra costa e costa 10.93.8 il ferro e trapassò la parte opposta. 10.94.1 Non ebber duce eguale al crudo Orosco, 10.94.2 né piú feroce ancor le schiere impigre; 10.94.3 buono era al monte, a la campagna, al bosco, 10.94.4 e nacque lá, dove suo fonte ha il Tigre: 10.94.5 frenava un gran destrier che nero e fosco 10.94.6 dal ratto corso fu chiamato il tigre: 10.94.7 ma nol sottrasse a morte allorché giunse 10.94.8 la spada che 'l suo busto agli altri aggiunse. 10.95.1 Joran, che forze e membra ha di gigante, 10.95.2 col foco apriva ardente strada a l' empie 10.95.3 turbe, scuotendo il pin fumante 10.95.4 che di sparse faville il ciel riempie; 10.95.5 ma 'l pino e 'l capo altero e minacciante 10.95.6 tronca Aristolfo, e ne l' immonde tempie 10.95.7 la fiamma è appresa in quel sanguigno luogo, 10.95.8 ond' egli fece a se medesmo il rogo. 10.96.1 Poscia Aristolfo uccide il fier Turcaldo, 10.96.2 Arifar, Beregor, Turano e Besso. 10.96.3 Camillo fa nel sangue il ferro caldo 10.96.4 di Ramon, di Perondo e di Lermesso. 10.96.5 Davalo fende l' elmo integro e saldo 10.96.6 di Bosna, ed Arameo gli atterra appresso. 10.96.7 Garzia d' Idro e d' Irospe il fèro spirto, 10.96.8 caccia Ettor quel di Zerbi e quel d' Absirto. 10.97.1 Mentre la morte fa preda e rapina 10.97.2 de lo stuol che piú assalto or non sostiene, 10.97.3 e sparsa e scema al precipizio inchina 10.97.4 la fortuna de' barbari e la spene: 10.97.5 nuova nube di polve ecco vicina, 10.97.6 che folgori di guerra in grembo or tiene. 10.97.7 Ecco d' arme improvvise uscire un lampo, 10.97.8 ch' a tutti diè terror correndo il campo. 10.98.1 Son cinquanta guerrier ch' in puro argento 10.98.2 spiegan la trïonfal purpurea croce: 10.98.3 in cui lo stuol, ch' era a fuggire intento, 10.98.4 s' incontra e non gli giova esser veloce; 10.98.5 ma parve campo in cui tempesta, o vento 10.98.6 pria l' immature spiche abbatte e nòce: 10.98.7 poi da la falce è tronco alfine ed arso, 10.98.8 ed arido fiammeggia al foco sparso. 10.99.1 L' orror, la crudeltá, la tèma, il lutto 10.99.2 van dintorno scorrendo, e 'n varia imago 10.99.3 vincitrice la morte errar per tutto 10.99.4 vedresti, ed ondeggiar di sangue un lago. 10.99.5 Giá fuori la sua squadra avea condutto 10.99.6 Doldechino, e parea quasi presago 10.99.7 di fortunoso tempo; e però d' alto 10.99.8 mirò i piani soggetti e 'l dubbio assalto. 10.100.1 Ma come prima si ritorce e piega 10.100.2 l' oste di Soliman, suona a raccolta; 10.100.3 e con messi iterati affretta e prega 10.100.4 Argante, e 'l fier Baldacco a dar di volta; 10.100.5 ma 'l principe d' Egitto irato nega, 10.100.6 ché di rado furor consigli ascolta; 10.100.7 pur cede al fine, e i suoi giá stanchi e lassi 10.100.8 raccôr vorrebbe e freno imporre a' passi. 10.101.1 Ma chi dá legge al volgo? ed ammaestra 10.101.2 la viltate e 'l timor? La fuga è presa. 10.101.3 Altri gitta lo scudo, altri la destra 10.101.4 disarma; impaccio è il ferro e non difesa. 10.101.5 Valle è tra 'l piano e la cittá, ch' alpestra 10.101.6 da l' occidente al mezzogiorno è stesa; 10.101.7 qui fuggon essi e si rivolge oscura 10.101.8 caligine di polve a l' alte mura. 10.102.1 Passa Clorinda intanto al buon Tranquillo 10.102.2 il core e rivi trae caldi e sanguigni; 10.102.3 perch' a feminea mano il ciel sortillo, 10.102.4 s' aspetti ha pur sí fèri e sí maligni. 10.102.5 Te pianser poi gli scogli e 'l mar tranquillo 10.102.6 del bel Sorrento, e di Sebeto i cigni: 10.102.7 e s' udîr ne' bei monti e 'n su l' arene 10.102.8 i lai, quasi di ninfe e di sirene. 10.103.1 Mentre van quei precipitosi al chino, 10.103.2 strage i nostri de gli empi orribil fanno; 10.103.3 ma, poscia che poggiando omai vicino 10.103.4 l' aiuto avean del barbaro tiranno, 10.103.5 Guelfo, che piú non vuol d' aspro cammino 10.103.6 con tanto suo periglio esporsi al danno, 10.103.7 ferma sue genti, e quel le sue riserra: 10.103.8 non poco avanzo d' infelice guerra. 10.104.1 Quanto a forza terrena è far concesso 10.104.2 fatto aveva il soldán: or piú non pote; 10.104.3 tutto è sangue e sudore, e un grave e spesso 10.104.4 anelar gli ange il petto e i fianchi scote: 10.104.5 langue sotto lo scudo e il braccio oppresso, 10.104.6 volge la destra l' arme in pigre rote, 10.104.7 spezza e non taglia; e, divenendo ottuso, 10.104.8 perduto il ferro omai di ferro ha l' uso. 10.105.1 Come si vede tal, rimane in atto 10.105.2 d' uom che fra due sia dubbio: e 'n sé discorre 10.105.3 se morir debba; ed, animoso fatto, 10.105.4 con le sue mani altrui la gloria tôrre; 10.105.5 o da poi ch' il suo campo è omai disfatto, 10.105.6 se stesso in parte piú secura accôrre. 10.105.7 -- Vinca alfin (disse) il mio destin superbo, 10.105.8 a cui le spoglie e questa vita io serbo. 10.106.1 Veggia il nemico le mie spalle, e scherna 10.106.2 di nuovo ancora il nostro esilio indegno; 10.106.3 purché di nuovo armato indi mi scerna 10.106.4 turbar sua pace e 'l non mai stabil regno. 10.106.5 Non cedo io, no. Fia con memoria eterna 10.106.6 de le mie offese eterno il mio disdegno. 10.106.7 Risorgerò nemico ognor piú crudo, 10.106.8 cenere ancor sepolta, e spirto ignudo.--
CANTO XI
11.1.1 Cosí dicendo ancor, vicino scòrse 11.1.2 un destrier ch' a lui volse errante il passo: 11.1.3 tosto libero al fren la mano ei porse, 11.1.4 e su vi salse, ancor che afflitto e lasso; 11.1.5 senza il cimier, che prima orribil sorse, 11.1.6 fatto era l' elmo quasi oscuro e basso, 11.1.7 rotta la sopravvesta, e di superba 11.1.8 pompa real indicio alcun non serba. 11.2.1 Come dal chiuso ovil cacciato viene 11.2.2 lupo talor, che fugge e si nasconde: 11.2.3 e ben che del gran ventre omai ripiene 11.2.4 ha l' ingorde voragini profonde, 11.2.5 avido pur di sangue ancor fuor tene 11.2.6 la lingua, e 'l sugge da le labbra immonde: 11.2.7 tale ei sen gía dopo il sanguigno strazio, 11.2.8 de la sua cupa fame ancor non sazio. 11.3.1 E com' è sua ventura, a le sonanti 11.3.2 quadrella, ond' a lui 'ntorno un nembo vola, 11.3.3 a tante spade, a tante lance, a tanti 11.3.4 ministri d' aspra morte alfin s' invola: 11.3.5 e sconosciuto pur cammina avanti 11.3.6 per quella via ch' è piú romita e sola: 11.3.7 e, 'n sé volgendo quel che fare ei deggia 11.3.8 in gran tempesta di pensieri ondeggia. 11.4.1 Disponsi alfin di girne ove raguna 11.4.2 esercito sí grande il re d' Egitto; 11.4.3 e giunger seco l' arme, alta fortuna 11.4.4 sperando rinovar d' imperio afflitto. 11.4.5 Ciò prefisso tra sé, dimora alcuna 11.4.6 non pone in mezzo, e lascia il cammin dritto: 11.4.7 e d' uopo avrá di chi securo il guidi 11.4.8 di Gaza antica a gli arenosi lidi. 11.5.1 Lascia la regia via d' antica pietra, 11.5.2 che feo del buon Davíd il saggio figlio 11.5.3 verso occidente, e quella ancor ch' impètra 11.5.4 inverso Borea, ov' è maggior periglio: 11.5.5 e torce ove non vide arco e faretra, 11.5.6 né piú di sangue uman calle vermiglio, 11.5.7 al mezzogiorno; e giunge in regia valle, 11.5.8 pur com' uom che le vie smarrisca e falle. 11.6.1 E riconosce il dirupato avello, 11.6.2 ove drizzossi giá colonna antica, 11.6.3 statua, e sepolcro del figliuol piú bello: 11.6.4 or vede al suo pensier torre nemica. 11.6.5 Onde ricerca piú securo ostello, 11.6.6 e piú fida quiete in parte amica: 11.6.7 e come il guida la fortuna e 'l caso, 11.6.8 si volge a Borea, e pur lascia l' occaso. 11.7.1 Di valle in valle ermo sentier raggira, 11.7.2 perch' altrui, quanto può, vorria celarse; 11.7.3 né molto va che marmi inscritti ei mira 11.7.4 di tre gran mete ruinose e sparse: 11.7.5 quivi la sua fortuna allor sospira; 11.7.6 poich' il novo sepolcro a gli occhi apparse: 11.7.7 e d' opre eccelse vede umil ruina, 11.7.8 dove giacque co 'l figlio alta reina. 11.8.1 -- Di tomba in tomba il mio destin mi scorge 11.8.2 (fra sé diceva il re doglioso e mesto) 11.8.3 ed aita e conforto altri non porge 11.8.4 al colpo di fortuna agro e funesto; 11.8.5 ma s' a me il mausoleo sublime sorge, 11.8.6 o se tra pruni e sassi ascoso io resto, 11.8.7 com' uom del volgo, o pur come tiranno, 11.8.8 leggiero estimo del sepolcro il danno.-- 11.9.1 Cosí dicendo, i solitari orrori 11.9.2 ricerca pur con gli occhi intorno intorno; 11.9.3 e non vede bifolchi e non pastori 11.9.4 fuggir a l' ombre estive il caldo giorno; 11.9.5 ma di fior desiderio, e d' altri fiori 11.9.6 appresso a le ruine il loco adorno, 11.9.7 e co 'l verde cipresso ivi la palma, 11.9.8 ch' alta risorge piú da grave salma. 11.10.1 Mentre riguarda, pur di trombe e d' armi 11.10.2 ode il suono da lunge, e vede il lampo, 11.10.3 onde lascia quell' ombre e i bianchi marmi, 11.10.4 e s' allontana dal sanguigno campo; 11.10.5 cercando in altra parte ove disarmi 11.10.6 il destro braccio, piú securo scampo: 11.10.7 quivi il circonda di cerulee fasce 11.10.8 e di que' dolci frutti alfin si pasce. 11.11.1 Né perché senta inacerbir le doglie 11.11.2 de l' altre piaghe, e grave il corpo ed egro, 11.11.3 vien però che si posi, e l' arme spoglie, 11.11.4 ma travagliando il dí ne passa integro. 11.11.5 Poi, quando l' ombra oscura al mondo toglie 11.11.6 i vari aspetti, e 'l mondo tinge in negro; 11.11.7 mira di fieno e di palustre canna, 11.11.8 dove prenda riposo, umil capanna. 11.12.1 Con la superba man che scote il mondo, 11.12.2 percote l' uscio di quel rozzo albergo, 11.12.3 che mal sostien de la percossa il pondo; 11.12.4 e vòto il trova, e:-- Sol qui (disse) albergo.-- 11.12.5 Ma di bue vede steso un cuoio immondo, 11.12.6 e d' orsa sovra lui villoso il tergo; 11.12.7 e 'n rozza mensa povere vivande, 11.12.8 migliori assai de le famose ghiande. 11.13.1 Fuggito era il pastore; e quasi ignudo 11.13.2 lasciò l' albergo ov' egli adagia il fianco. 11.13.3 E la testa appoggiando al duro scudo, 11.13.4 acqueta l' alma afflitta e il corpo stanco; 11.13.5 ma d' ora in ora a lui si fa piú crudo 11.13.6 sentire il duol de le ferite; ed anco 11.13.7 roso gli è dentro e lacerato il core 11.13.8 da gli interni avvoltoi, sdegno e dolore. 11.14.1 Alfin, quando giá tutte intorno chete 11.14.2 nel piú alto silenzio eran le cose; 11.14.3 vinto egli pur da la stanchezza, in Lete 11.14.4 sopí le cure sue gravi e noiose, 11.14.5 e 'n una breve e languida quiete 11.14.6 l' afflitte membra e gli occhi egri compose: 11.14.7 e, mentre ancor dormia, turbato suono 11.14.8 di voce lui destò, che parve un tuono. 11.15.1 -- O gran signor de' Turchi, i tuoi sí lenti 11.15.2 riposi a miglior tempo omai riserva; 11.15.3 che sotto il giogo di nemiche genti 11.15.4 la patria ove regnasti, ancora è serva. 11.15.5 In questa terra dormi, e non rammenti 11.15.6 ch' insepolte de' tuoi l' ossa conserva? 11.15.7 Ove sí gran vestigio è del tuo scorno, 11.15.8 tu neghittoso aspetti il nuovo giorno?-- 11.16.1 Desto il soldano, alza lo sguardo, e vede 11.16.2 uom, che d' etá gravissima a' sembianti, 11.16.3 col ritorto baston del vecchio piede 11.16.4 ferma e dirizza i passi omai tremanti. 11.16.5 -- E chi sei tu (sdegnoso al veglio ei chiede) 11.16.6 che somigli fantasma e larve erranti, 11.16.7 turbando i brevi sonni? E che s' aspetta 11.16.8 a te la mia vergogna e la vendetta?-- 11.17.1 -- Io mi sono un (rispose il veglio antico) 11.17.2 ch' a Solimano, il tuo famoso padre, 11.17.3 ed a Belchefo, il zio, fedele amico 11.17.4 spesso in fortune apparvi oscure ed adre; 11.17.5 ed or di te mi cale, e 'l ver ti dico, 11.17.6 o duce invitto d' infelici squadre: 11.17.7 prendi in grado, signor, ch' a te risuone 11.17.8 per la mia lingua, e ti sia sferza e sprone. 11.18.1 Or perché (s' io m' appongo) esser dée volto 11.18.2 al gran re de l' Egitto il tuo cammino, 11.18.3 presago son ch' aspro vïaggio or tolto 11.18.4 indarno avrai, né tardo alto destino. 11.18.5 Però che senza te fia insieme accolto 11.18.6 l' esercito; e 'l grand' uopo è piú vicino. 11.18.7 Né loco è lá, dove s' impieghi e mostri 11.18.8 il tuo valor contr' a' nemici nostri. 11.19.1 Ma se in duce me prendi, entro a quel muro, 11.19.2 che da l' arme nemiche è intorno stretto, 11.19.3 nel piú chiaro del dí pôrti securo, 11.19.4 senza che spada impugni, io ti prometto: 11.19.5 quivi con l' arme e co' disagi, un duro 11.19.6 contrasto aver ti fia gloria e diletto, 11.19.7 difendendo a gli amici il nobil regno, 11.19.8 a te medesmo il tuo piú caro pegno. 11.20.1 Amoralto dich' io, che senza oltraggio 11.20.2 di rea fortuna o pur di fato avverso, 11.20.3 con gli Arabi forní dubbio vïaggio, 11.20.4 e di notte v' entrò per l' aer perso. 11.20.5 Quivi salvo il vedrai co 'l novo raggio; 11.20.6 ed or per te sospira, al ciel converso, 11.20.7 e dice: --Senza lui la vita è nulla; 11.20.8 ch' or foss' io morto al latte ed a la culla.-- 11.21.1 Mentre ei ragiona ancor, gli occhi e la voce, 11.21.2 e le lanose gote il Turco ammira; 11.21.3 e dal volto e da l' animo feroce, 11.21.4 tutto depone omai l' orgoglio e l' ira. 11.21.5 -- Padre (risponde), io giá pronto e veloce 11.21.6 sono a seguirti; ove tu vuoi mi gira: 11.21.7 tu sprona il lento ardir, se meno ardisco, 11.21.8 ché per alta cagion lodato è il risco.-- 11.22.1 Loda il veglio i suoi detti; e perché l' aura 11.22.2 notturna avea le piaghe inacerbite, 11.22.3 un suo licor v' instilla onde restaura 11.22.4 le forze, e salda il sangue e le ferite: 11.22.5 e rimirando omai ch' il sole inaura 11.22.6 le cime a' monti, de' suoi rai vestite: 11.22.7 -- Tempo è (disse) al partir, ch' omai discopre 11.22.8 le strade il sol ch' altrui richiama a l' opre. 11.23.1 Ma noi (come sper' io) n' andremo occulti 11.23.2 da la vista de' miseri mortali, 11.23.3 e vedremo de' vivi e de' sepulti 11.23.4 sepolcri, e roghi, ed angosciosi mali. 11.23.5 Parte mira tra l' ombre e tra' virgulti, 11.23.6 se l' opre mie siano al volere eguali. 11.23.7 Non ho di questa piú lucente merce, 11.23.8 che vedi fiammeggiar tra palme e querce.-- 11.24.1 Allora a gli occhi del soldán rifulse 11.24.2 l' elmo, onde gravi l' onorata fronte; 11.24.3 per cui quel mago a se medesmo indulse 11.24.4 e forse affaticò Sterope e Bronte; 11.24.5 e tutti ricercò, senza repulse, 11.24.6 gli antri del cavernoso e fiero monte: 11.24.7 e 'l ricco scudo appresso, e gli altri arnesi, 11.24.8 sparsi di gemme e di piropi accesi. 11.25.1 Pur sorge nel cimiero orribil drago; 11.25.2 ma di faville il ciel non anco ingombra: 11.25.3 e ne lo scudo è la celeste immago, 11.25.4 come ella appar quando per nube adombra, 11.25.5 né giunta a mezzo ancor del corso vago, 11.25.6 riluce con le corna in mezzo a l' ombra: 11.25.7 cerulea sopravvesta, e d' ampio nembo 11.25.8 d' argento sparsa, pur d' argento ha il lembo. 11.26.1 S' arma il gran re de' Turchi, e non lontano 11.26.2 il carro scorge ove col mago ei siede, 11.26.3 ch' il freno allenta; e con la dotta mano 11.26.4 or questo or quel destrier percote e fiede. 11.26.5 Quei vanno sí, che 'l polveroso piano 11.26.6 non ritien de la rota orma, o del piede: 11.26.7 fumar li vedi, ed anelar nel corso, 11.26.8 e tutto biancheggiar di spuma il dorso. 11.27.1 Maraviglie dirò. S' aduna e stringe 11.27.2 l' aër dintorno in atra nube avvolto, 11.27.3 e cosí 'l carro ne ricopre e cinge, 11.27.4 ch' egli non apparisce o poco o molto; 11.27.5 e dovunque 'l destrier si sferza e spinge, 11.27.6 l' aer sempre si fa piú denso e folto: 11.27.7 ben veder ponno i due dal curvo seno 11.27.8 le nebbie intorno, e fuori il ciel sereno. 11.28.1 Meravigliando il re le ciglia inarca, 11.28.2 ed increspa la fronte, e mira fiso 11.28.3 la nube e 'l carro ch' ogni intoppo varca 11.28.4 veloce sí che di volar gli è avviso. 11.28.5 L' altro, che di stupor l' anima carca 11.28.6 gli scorge, a l' atto de l' immobil viso; 11.28.7 gli rompe quel silenzio, e lui rappella, 11.28.8 ond' ei si scote, e poi cosí favella: 11.29.1 -- O chiunque tu sia, che fuor d' ogni uso 11.29.2 pieghi natura ad opre altere e strane; 11.29.3 e, spiando i secreti, entro al piú chiuso 11.29.4 spazii a tua voglia de le menti umane, 11.29.5 se arrivi co 'l saper ch' è d' alto infuso, 11.29.6 a le cose remote anco e lontane; 11.29.7 deh dimmi qual riposo, o qual ruina 11.29.8 a' gran moti de l' Asia il ciel destina? 11.30.1 Ma pria dimmi il tuo nome, e con qual arte 11.30.2 far cose tu sí inusitate soglia: 11.30.3 che, se pria lo stupor da me non parte, 11.30.4 com' esser può che l' altre cose accoglia?-- 11.30.5 Sorrise il vecchio, e disse: -- In una parte 11.30.6 mi sará leve d' adempir tua voglia: 11.30.7 me, vago d' arti ignote, i Turchi e i Siri 11.30.8 chiamano Ismeno, ed io m' appello Osiri. 11.31.1 Ma ch' io scopra il futuro, e ch' io dispieghi 11.31.2 de l' eterno destin l' occulte leggi, 11.31.3 troppo è ardito desio, tropp' alti preghi, 11.31.4 e impresa fôra d' uom che piú vaneggi. 11.31.5 Fra le sventure l' alma al mal non pieghi, 11.31.6 seguendo onor, che tu seguire eleggi: 11.31.7 perché spesso addivien ch' il saggio e il forte 11.31.8 fabro a se stesso è di felice sorte. 11.32.1 Tu questa invitta mano, a cui fia poco 11.32.2 scoter le forze del francese impero, 11.32.3 non che munir, non che guardare il loco, 11.32.4 ch' oppugna e stringe aspro avversario e fèro; 11.32.5 contra l' arme apparecchia e contra il foco. 11.32.6 Osa, soffri, confida: io bene spero; 11.32.7 ma pur dirò, perché piacerti debbia, 11.32.8 ciò ch' ascosto vegg' io quasi per nebbia. 11.33.1 Veggio, o parmi vedere, anzi che lustri 11.33.2 molti rivolga il gran pianeta eterno, 11.33.3 uom che l' Asia ornerá co' fatti industri, 11.33.4 e del fecondo Egitto avrá il governo. 11.33.5 Taccio i cortesi modi e l' arti illustri, 11.33.6 e tante altre virtú ch' a pena io scerno: 11.33.7 basti sol questo a noi che da lui scosse 11.33.8 non pur saranno le contrarie posse; 11.34.1 ma il regno di Sion, a' nostri ingiusto, 11.34.2 svèlto sará ne l' ultime contese; 11.34.3 e l' afflitte fortune entro un angusto 11.34.4 cerchio sospinte, e sol dal mar difese: 11.34.5 questo i tuoi lor torranno.-- E qui il vetusto 11.34.6 mago si tacque. E quegli a dir riprese: 11.34.7 -- O lui felice, eletto a tanta lode!-- 11.34.8 E quello onor gl' invidia, e parte gode. 11.35.1 Soggiunse poi:-- Girisi pur fortuna 11.35.2 o buona o rea, come è lá su prescritto: 11.35.3 che non ha sovra me ragione alcuna, 11.35.4 né giammai mi vedrá, se non invitto. 11.35.5 Pria dal suo corso distornar la luna 11.35.6 e le stelle potrá, che mai dal dritto 11.35.7 torcere un mio pensiero, o un sol mio passo, 11.35.8 perch' alto mi sollevi, o spinga a basso.-- 11.36.1 Cosí gîr ragionando, insin che fûro 11.36.2 lá 've presso vedean le tende alzarse: 11.36.3 e con aspetto tenebroso e scuro 11.36.4 in varie forme ivi la morte apparse. 11.36.5 Si perturbò nel cor, che tanto è duro, 11.36.6 e di pietá il soldano 'l volto sparse. 11.36.7 Ahi, con quanto disprezzo altere insegne 11.36.8 vide giacer ch' ei fe' temute e degne! 11.37.1 E scorrer lieti i Franchi, e i petti, e i volti 11.37.2 spesso calcar de' suoi piú noti amici; 11.37.3 e con superbo orgoglio a gl' insepolti 11.37.4 l' armi spogliare e gli abiti infelici: 11.37.5 altri onorare, in lunga pompa avvolti, 11.37.6 gli amati corpi de gli estremi offici: 11.37.7 altri suppor le fiamme, e 'l volgo misto 11.37.8 d' Arabi e Turchi a un foco ardente è visto. 11.38.1 Sospirando la spada allora ei trasse, 11.38.2 e lasciare il gran carro e correr volle; 11.38.3 ma quel canuto mago a sé 'l ritrasse, 11.38.4 e de l' ira affrenò l' impeto folle. 11.38.5 Poi da le parti piú sanguigne e basse 11.38.6 drizzò i cavalli al piú sublime colle. 11.38.7 Cosí alquanto n' andaro insin ch' a tergo 11.38.8 lasciâr de' Franchi il militare albergo. 11.39.1 Smontâro allor del carro, e quel repente 11.39.2 sparve, ed a piedi andâr per breve calle 11.39.3 ne la solita nube occultamente, 11.39.4 discendendo a sinistra in ampia valle; 11.39.5 sí che giunsero lá, dove a ponente 11.39.6 l' alto monte a Sion copre le spalle. 11.39.7 Quivi si ferma il mago, e poi s' accosta, 11.39.8 quasi mirando, a la scoscesa costa. 11.40.1 S' apria cava spelunca in duro sasso 11.40.2 di lunghissimi tempi avanti fatta, 11.40.3 ma disusando, or riserrato il passo 11.40.4 era tra' pruni e l' erbe in cui s' appiatta. 11.40.5 Sgombra il mago gl' intoppi, e curvo e basso 11.40.6 per l' angusto sentiero a gir s' adatta: 11.40.7 e l' una man precede, e tenta il varco, 11.40.8 l' altra è scorta al guerrier che d' arme è carco. 11.41.1 Dice allora il soldán:-- Qual via furtiva 11.41.2 è questa tua, dove convien ch' io vada? 11.41.3 Altra forse miglior sdegno t' apriva 11.41.4 con l' infelice ed onorata spada.-- 11.41.5 -- Non sdegnar (gli risponde), anima schiva, 11.41.6 premer col forte piè la buia strada: 11.41.7 che giá solea calcarla il fèro Erode, 11.41.8 quel c' ha ne l' arme ancor sí chiara lode. 11.42.1 Cavò l' orrido speco, allor che porre 11.42.2 volse freno a' soggetti il re ch' io dico; 11.42.3 e per esso potea da quella torre, 11.42.4 ch' egli Antonia appellò dal fido amico, 11.42.5 invisibile a tutti, il piè raccôrre 11.42.6 dentro le mura del gran tempio antico: 11.42.7 e quindi occulti uscir d' ampia cittate, 11.42.8 e trarne, ed introdur genti celate. 11.43.1 Ma nota è questa via solinga e bruna 11.43.2 a pochi, ignota a le straniere genti. 11.43.3 Per queste andremo al loco ove raguna 11.43.4 i piú saggi a consiglio e i piú possenti 11.43.5 il re, ch' al minacciar d' empia fortuna, 11.43.6 piú forse che non dée, par che paventi. 11.43.7 Ben tu giungi a grand' uopo: ascolta e taci, 11.43.8 poi muovi a tempo le parole audaci.-- 11.44.1 Cosí gli disse; e 'l cavaliero allotta 11.44.2 co 'l gran corpo ingombrò l' umíl caverna; 11.44.3 e per le vie dove mai sempre annotta, 11.44.4 seguí colui che il suo cammin governa. 11.44.5 Pria chino andò; ma quella oscura grotta 11.44.6 tanto è piú ampia quanto piú s' interna; 11.44.7 onde per facil via poggiando seco 11.44.8 a mezzo giunse de l' ombroso speco. 11.45.1 Apriva allor un picciol uscio Ismeno, 11.45.2 e se ne gían per disusata scala, 11.45.3 a cui luce mal certo e mal sereno 11.45.4 l' aër, che grave e denso a pena esala. 11.45.5 Giungean d' un chiostro alfin nel fosco seno, 11.45.6 e salian quindi in chiara e nobil sala. 11.45.7 Qui con lo scettro e con sue corna in testa, 11.45.8 mesto sedeasi il re fra gente mesta. 11.46.1 Da la concava nube il duce altero 11.46.2 non veduto rimira e spia d' intorno; 11.46.3 ed ode il re frattanto, il qual primiero 11.46.4 incominciò cosí dal loco adorno: 11.46.5 -- Veramente, o miei fidi, al nostro impero, 11.46.6 fu il trapassato assai dannoso giorno; 11.46.7 e caduti d' altissima speranza, 11.46.8 sol l' aiuto d' Egitto omai ci avanza. 11.47.1 Ma ben vedete voi quanto la speme 11.47.2 lontana sia dal sí vicin periglio. 11.47.3 Dunque ciascuno or qui raccolto insieme, 11.47.4 portando in mezzo il suo alto consiglio, 11.47.5 soccorra al regno stanco.-- Aura che freme 11.47.6 allora parve il picciolo bisbiglio, 11.47.7 ma con la faccia baldanzosa il vieta 11.47.8 sorgendo Argante, e 'l mormorar acqueta. 11.48.1 -- O buon padre, o buon re (fu la risposta 11.48.2 del cavaliero indomito e feroce), 11.48.3 perché ci tenti? e cosa a nullo ascosta 11.48.4 chiedi, ch' uopo non ha di nostra voce? 11.48.5 Pur dirò: sia la speme in noi riposta: 11.48.6 che né ferro, né foco a virtú noce: 11.48.7 di questa armiamci, a lei chiediamo aita, 11.48.8 né piú ch' ella si vaglia amiam la vita. 11.49.1 Perché cercar lontano altri guerrieri, 11.49.2 se basta a la vittoria un core invitto? 11.49.3 Se può salvare i regni e gli alti imperi 11.49.4 l' animo, che non è per caso afflitto? 11.49.5 E non parlo cosí, perch' io disperi, 11.49.6 che serbi le promesse il re d' Egitto; 11.49.7 ma ne l' istesso aver fidanza e tèma, 11.49.8 perché vi sforza la fortuna estrema? 11.50.1 So ch' è sospetto il dir che troppo abonda 11.50.2 di vera fede; ond' io di ciò mi sdegno: 11.50.3 che fanciullo cercai lontana sponda, 11.50.4 col sospetto cangiando esilio indegno; 11.50.5 e la patria al mio re lasciai gioconda, 11.50.6 e la cura a' fratei del proprio regno; 11.50.7 e tanto mia fortuna indi s' accrebbe, 11.50.8 che forse de l' onore a molti increbbe. 11.51.1 Ché d' amplissimo imperio alto governo, 11.51.2 tra dodici ammiragli eletto il primo, 11.51.3 ebbi per grazia; e del mio re superno 11.51.4 la cara figlia, che piú d' altri estimo. 11.51.5 E giá meco tenea la state e 'l verno, 11.51.6 lá 've i campi feconda il molle limo; 11.51.7 e meco insieme or si rinchiude e serra 11.51.8 ne l' aspro assedio d' odïosa guerra. 11.52.1 Ma, vivend' io soggetto a l' altrui voglie, 11.52.2 mentre al proprio signor la fede sciolgo, 11.52.3 riportai di mia gente ostili spoglie, 11.52.4 vincitor mesto; e ben di ciò mi dolgo. 11.52.5 Poscia co 'l figlio e con la fida moglie 11.52.6 cacciato fui dal ribellante volgo: 11.52.7 e come al re di Babilonia aggrada, 11.52.8 potei, né volli, insanguinar la spada. 11.53.1 Feci, come a lui piacque, a voi ritorno 11.53.2 nel maggior vostro rischio, in sí grand' uopo; 11.53.3 pur de le spoglie de' miei Turchi adorno, 11.53.4 che trionfando rimirò Canopo. 11.53.5 Taccio i trofei che nel piú ardente giorno 11.53.6 drizzai del negro e timido Etiópo: 11.53.7 perché non ha, donde si glorii e vante 11.53.8 de le spoglie de' Franchi il vostro Argante. 11.54.1 Questa sola bramata e chiara palma 11.54.2 par che mi neghi il mio destino avverso, 11.54.3 per cui la vita esporre insieme e l' alma 11.54.4 non nego; e non aspetto Assiro, o Perso: 11.54.5 e mi par troppo grave indegna salma, 11.54.6 ch' io chieda aita a stranii re converso. 11.54.7 Ma che poss' io? s' a la cittade alpestra 11.54.8 si crede piú ch' a la fedel mia destra. 11.55.1 Di nuovo giuro, o mio signore e padre, 11.55.2 o diletti fratelli, o fidi amici, 11.55.3 e voi per sua difesa armate squadre, 11.55.4 che pria che darmi vinto a' miei nemici, 11.55.5 consacrar voglio a l' ombre oscure ed adre 11.55.6 quest' alma invitta, ed a le furie ultrici, 11.55.7 io Argante; e scenderò nel cieco mondo, 11.55.8 a nessun prisco di valor secondo.-- 11.56.1 Cosí disse con occhi orror spiranti, 11.56.2 qual uom che parli di non dubbia cosa. 11.56.3 Poi sorse grave e placido in sembianti 11.56.4 il re d' Aleppo, uom di virtú famosa, 11.56.5 e 'n guerra e 'n pace di gran pregio avanti, 11.56.6 ma ora ne l' etá grave e pensosa, 11.56.7 di sé, e di sue terre, e de' suo' figli, 11.56.8 cauto vecchio temea tutti i perigli. 11.57.1 Disse questi:-- O signor, giá non accuso 11.57.2 il fervor d' orgogliose alte parole, 11.57.3 quando nasce d' ardir che starsi chiuso 11.57.4 tra' confini del cor non può, né vuole: 11.57.5 però se 'l tuo gran figlio a noi per uso 11.57.6 troppo in vero parlar fervido suole, 11.57.7 ciò si conceda a lui, che poi ne l' opre 11.57.8 il medesmo ardimento anco discopre. 11.58.1 Ma si conviene a te, cui fatto il corso 11.58.2 de le cose e de' tempi han sí prudente, 11.58.3 impor colá de' tuoi consigli il morso, 11.58.4 dove costui se ne trascorre ardente, 11.58.5 librar la speme del lontan soccorso 11.58.6 co 'l periglio vicino, anzi presente; 11.58.7 e con l' arme e con l' impeto nemico, 11.58.8 misurar le tue forze e 'l muro antico. 11.59.1 Noi (se pur lece dir quel ch' io ne sento) 11.59.2 siamo in cittá forte di sito e d' arte; 11.59.3 ma di macchine grande e vïolento 11.59.4 apparecchio si fa da l' altra parte. 11.59.5 Quel che sará non so: spero e pavento 11.59.6 i giudíci incertissimi di Marte: 11.59.7 e temo che s' a noi piú fia ristretto 11.59.8 l' assedio, alfin di cibo avrem difetto. 11.60.1 Però che quegli armenti e quelle biade, 11.60.2 ch' ieri tu ricettasti entro le mura, 11.60.3 mentre nel campo a insanguinar le spade 11.60.4 s' attendea solo, e fu alta ventura, 11.60.5 picciol' esca a gran fame, ampia cittade 11.60.6 nudrir mal ponno se l' assedio dura; 11.60.7 ed è gran forza pur ch' ella il sostegna, 11.60.8 pria che l' aiuto a noi d' Egitto vegna. 11.61.1 Ma che fia, se pur tarda? e s' io concedo, 11.61.2 che tua speme prevenga e sue promesse, 11.61.3 la vittoria però, però non vedo 11.61.4 liberate, signor, le mura oppresse. 11.61.5 Combattiamo, o gran re, con quel Goffredo, 11.61.6 e con quei duci e con le genti stesse, 11.61.7 che tante volte han giá rotti e dispersi 11.61.8 Arabi, Turchi, e Lidi, e Siri, e Persi. 11.62.1 E quali sian tu 'l sai, che lor cedesti 11.62.2 sí spesso il campo, o valoroso Argante; 11.62.3 e con gli altri le spalle anco volgesti, 11.62.4 che piú fidâr ne le veloci piante; 11.62.5 e 'l san Clorinda e 'l mio figliuol con questi, 11.62.6 ch' un piú de l' altro non convien si vante: 11.62.7 né incolpo alcuno io giá, ché vi fu mostro 11.62.8 quanto potea maggiore il valor vostro. 11.63.1 E dirò pur, ben che costui di morte 11.63.2 nulla paventi, e 'l vero udir si sdegni. 11.63.3 Veggio portar da inevitabil sorte 11.63.4 il nemico fatale a certi segni. 11.63.5 Né gente potrá mai, né muro forte 11.63.6 impedirlo cosí, ch' alfin non regni. 11.63.7 Ciò mi fa dir (sia testimonio il cielo) 11.63.8 de' miseri soggetti amore e zelo. 11.64.1 O saggio re di Tripoli, che pace 11.64.2 seppe impetrar da' Franchi e regno insieme. 11.64.3 Ma 'l soldano ostinato o morto or giace, 11.64.4 o pur servil catena il piè gli preme; 11.64.5 o ne l' esilio timido e fugace, 11.64.6 si va serbando a le miserie estreme: 11.64.7 o pur cedendo parte, avria potuto 11.64.8 parte salvar co' doni e co 'l tributo. 11.65.1 Ma da gli altri, e da lui, che prima dènno 11.65.2 dolente esempio d' infelice esiglio, 11.65.3 giá fatto accorto, chi poi fe' gran senno 11.65.4 seguendo, schiferei danno e periglio; 11.65.5 ed aprirei le porte al primo cenno 11.65.6 di vera pace; e questo è il mio consiglio: 11.65.7 ch' il peregrin s' accolga: e non fia 'l buono, 11.65.8 se non si manda ancor tributo o dono.-- 11.66.1 Cosí diceva: e s' avvolgea costui 11.66.2 con giro di parole obliquo e 'ncerto: 11.66.3 ch' a dare il regno, a farsi uom ligio altrui 11.66.4 giá non ardia di consigliarlo aperto. 11.66.5 Ma l' irato soldano i detti sui 11.66.6 non potea omai piú sostener coperto; 11.66.7 quando il mago gli disse:-- Or vuoi tu darli 11.66.8 tempo, signor, ch' in tal maniera ei parli?-- 11.67.1 -- Io per me (gli risponde) or qui mi celo 11.67.2 contra mio grado; e d' ira ardo e di scorno.-- 11.67.3 Ciò disse a pena: e immantinente il velo 11.67.4 de la nube, che stesa è loro intorno, 11.67.5 si fende e purga ne l' aperto cielo, 11.67.6 ed ei riman nel luminoso giorno: 11.67.7 e magnanimamente orrido in faccia 11.67.8 rifulge in mezzo, e in atto ancor minaccia. 11.68.1 -- Io, di cui si ragiona, or son presente, 11.68.2 non fugace e non timido soldano: 11.68.3 e 'n debol uom, che per vecchiezza or mènte, 11.68.4 vendetta non cerch' io con questa mano. 11.68.5 Io, che versai di sangue ampio torrente, 11.68.6 che montagne di strage alzai sul piano, 11.68.7 chiuso nel vallo de' nemici, e privo 11.68.8 alfin d' ogni compagno, io fuggitivo? 11.69.1 Ma se piú questi, o s' altri a lui simile, 11.69.2 a la sua patria, a la sua fede infido, 11.69.3 motto osa far d' accordo infame e vile, 11.69.4 o re, (sia con tua pace) io qui l' uccido. 11.69.5 Gli agni e i lupi fian giunti entro l' ovile, 11.69.6 e le colombe e i serpi in un sol nido, 11.69.7 prima che mai di non discorde voglia 11.69.8 noi co' Latini alcuna terra accoglia.-- 11.70.1 Tien su la spada, mentre ei sí favella, 11.70.2 la fèra destra in minaccevol atto. 11.70.3 Riman ciascuno a quel parlare, a quella 11.70.4 orribil faccia, muto e stupefatto. 11.70.5 Poscia con vista men turbata e fella 11.70.6 cortesemente inverso il re s' è tratto: 11.70.7 -- Spera (gli dice), alto signor, ch' io reco 11.70.8 non poco aiuto: e Solimano è teco.-- 11.71.1 Il vecchio re, ch' incontra era giá sorto, 11.71.2 risponde:-- O come lieto io qui ti veggio, 11.71.3 signor mio caro; or de lo stuol ch' è morto, 11.71.4 non sento il danno: assai temea di peggio. 11.71.5 Tu, il mio regno salvando, in tempo corto 11.71.6 crollar de' Franchi puoi l' altero seggio, 11.71.7 s' il ciel non vieta.-- Indi le braccia al collo 11.71.8 (cosí detto) gli stese e circondollo. 11.72.1 Cosí parlava a Soliman Ducalto, 11.72.2 di pensier, di fastidi e d' anni pieno; 11.72.3 quando inchinollo il nobile Amoralto, 11.72.4 come predetto avea l' antico Ismeno: 11.72.5 ch' arme ancor non vestí per fèro assalto, 11.72.6 e 'l suo gran padre lo si strinse al seno, 11.72.7 baciando gli occhi e la serena fronte, 11.72.8 degna d' imperio, e le fattezze conte. 11.73.1 Ormus seguí con la feroce schiera 11.73.2 d' Arabi e Turchi suoi, che seco tolse; 11.73.3 e mentre la battaglia ardea piú fèra, 11.73.4 per disusate vie cosí s' avvolse, 11.73.5 ch' aiutando il silenzio, e l' aria nera, 11.73.6 lei salva alfin ne la cittá raccolse: 11.73.7 e con le biade, e co' rapiti armenti 11.73.8 aita porse a le rinchiuse genti. 11.74.1 Con faccia torva intanto e disdegnosa 11.74.2 mirava Argante e non moveva il passo: 11.74.3 a guisa di leon, quando riposa, 11.74.4 che volge gli occhi intorno e sembra lasso. 11.74.5 Ma d' Aleppo il soldano alzar non osa 11.74.6 ne l' altro il volto, e 'l tien pensoso e basso. 11.74.7 Cosí a consiglio il Palestin tiranno, 11.74.8 e 'l re de' Turchi, e i cavalier qui stanno. 11.75.1 Ma 'l pio Goffredo la vittoria e i vinti 11.75.2 avea seguíti, e libere le vie, 11.75.3 e fatto intanto a' suoi guerrieri estinti 11.75.4 l' ultimo onor di sacre esequie e pie: 11.75.5 ed ora a gli altri impon che siano accinti 11.75.6 a dar l' assalto, e giá vicino è il die: 11.75.7 e con maggiore e piú terribil faccia 11.75.8 di guerra i chiusi barbari ei minaccia. 11.76.1 E perché conosciuto avea 'l drapello, 11.76.2 ch' aiutò lui contra la gente infida, 11.76.3 esser de' suoi piú cari, ed esser quello, 11.76.4 che giá seguí l' insidïosa guida; 11.76.5 e Tancredi con lor che nel castello 11.76.6 prigion restò de la fallace Armida; 11.76.7 di lor fortune a ragionar gli esorta, 11.76.8 e di colei, che fu sí iniqua scorta. 11.77.1 E dice loro:-- Alcuno omai racconti 11.77.2 di vostri error non lunghi il dubbio corso; 11.77.3 e come foste voi sí arditi e pronti 11.77.4 in sí grand' uopo a dar sí gran soccorso.-- 11.77.5 Vergognando tenean basse le fronti, 11.77.6 ch' era lor picciol fallo amaro morso. 11.77.7 Alfin, del suo rossor tutto vermiglio, 11.77.8 ruppe Guasco il silenzio, alzando il ciglio. 11.78.1 -- Noi ce n' andammo al loco in cui giá scese 11.78.2 fiamma dal cielo in dilatate falde, 11.78.3 e di natura vendicò l' offese 11.78.4 sopra le genti in mal oprar sí salde. 11.78.5 Fu giá terra feconda, almo paese, 11.78.6 or acque son bituminose e calde, 11.78.7 e steril lago: e quanto ei volge e gira, 11.78.8 compressa l' aria, e grave il lezzo spira. 11.79.1 Questo è lo stagno, in cui di saldo e greve 11.79.2 nulla si gitta mai che giunga al basso; 11.79.3 ma in guisa pur d' abete, e d' orno leve 11.79.4 l' uom vi sornota, ancor che stanco e lasso. 11.79.5 Siede in esso un castello; e stretto e breve 11.79.6 ponte concede a' peregrini il passo. 11.79.7 Ivi n' accolse; e non so con qual arte 11.79.8 vaga è lá dentro e ride ogni sua parte. 11.80.1 V' è l' aura fresca e 'l ciel sereno, e lieti 11.80.2 gli arbori, e i prati, e pure e dolci l' onde: 11.80.3 ove fra gli amenissimi mirteti 11.80.4 sorge una fonte, e un fiumicel diffonde. 11.80.5 Piovono in grembo a l' erbe i sonni quieti 11.80.6 con un soave mormorio di fronde: 11.80.7 cantan gli augelli; i marmi io taccio e l' oro, 11.80.8 cui fa vili parer l' opra e 'l lavoro. 11.81.1 Apprestar su l' erbetta, ove piú densa 11.81.2 l' ombra, e vicina al suon de l' acque chiare, 11.81.3 fece di sculti vasi altera mensa, 11.81.4 e ricca di vivande elette e care. 11.81.5 Era qui ciò ch' ogni stagion dispensa; 11.81.6 ciò che dona la terra, o manda il mare, 11.81.7 ciò che l' arte condisce; e vaghe e belle 11.81.8 serviano a quel convito accorte ancelle. 11.82.1 Ella d' un parlar dolce e d' un bel riso 11.82.2 temprava altrui cibo mortale e rio, 11.82.3 mentre ciascuno, ancora a mensa assiso, 11.82.4 bevea con lungo incendio un lungo oblio. 11.82.5 Poscia, sorgendo con turbato viso, 11.82.6 in bel vaso portò l' acqua del rio: 11.82.7 la qual bevuta, tutti il sonno assalse, 11.82.8 schernendoci in imagini piú false. 11.83.1 Poi nel castello istesso a sorte venne 11.83.2 Tancredi; ed egli ancor fu prigioniero; 11.83.3 ma poco tempo in carcere ci tenne 11.83.4 la falsa maga: e (s' io n' intesi il vero) 11.83.5 di seco trarne da quell' empia ottenne 11.83.6 del signor di Maráclea un messaggiero, 11.83.7 ch' al re d' Egitto in don fra cento armati 11.83.8 ne conduceva inermi e catenati. 11.84.1 Ma celeste pietá ci salva, ed alta 11.84.2 provvidenza, onde avvien che tutto Ei mova: 11.84.3 perché Riccardo, il qual piú sempre esalta 11.84.4 l' alta sua gloria e 'l primo onor rinnova, 11.84.5 in noi s' incontra, e i cavalieri assalta 11.84.6 nostri custodi, e fa l' usata prova: 11.84.7 gli uccide e vince, e di nostre arme spoglia, 11.84.8 fallace d' empio stuolo e 'ndegna spoglia. 11.85.1 Poscia fermossi a riposare un giorno, 11.85.2 lá 've Tancredi feo l' altera mole, 11.85.3 che cinge Oronte e i verdi colli intorno, 11.85.4 e 'l sacro tempio, e selve opache e sole. 11.85.5 Questo sappiam; ma chi portasse attorno 11.85.6 l' arme con l' aureo uccel, con l' aureo sole 11.85.7 non saprei dirvi; e ciò mi turba ed ange; 11.85.8 ma pietá fier giudicio e tarda e frange.-- 11.86.1 Cosí parlava; e l' eremita intanto 11.86.2 volgeva al cielo l' una e l' altra luce. 11.86.3 Non un color, non serba un viso: oh! quanto 11.86.4 piú sacro, e venerato indi riluce. 11.86.5 Pieno di fé, rapto d' amore, accanto 11.86.6 a l' angeliche menti ei si conduce: 11.86.7 e mentre avvampa di sdegnoso zelo, 11.86.8 si crede ch' egli vegga aperto il cielo. 11.87.1 E, la lingua sciogliendo in maggior suono, 11.87.2 riprende i vizi, e biasma ogni tiranno. 11.87.3 Tutti conversi a la sembianza, al tuono 11.87.4 de l' insolita voce attenti stanno. 11.87.5 -- Vive (dicea) Riccardo: e l' altre sono 11.87.6 arti, cred' io, di feminile inganno, 11.87.7 a cui tardi m' opposi; or gemo e piango, 11.87.8 che senza frutto pur fra voi rimango. 11.88.1 Io pur di santa pace il santo seme 11.88.2 spargo, quanto m' è dato (o menti sorde), 11.88.3 perché voi tutti siate uniti insieme 11.88.4 a l' alta impresa, e d' un voler concorde: 11.88.5 né so chi tanto i frutti adugge e preme, 11.88.6 ch' indi si miete odio e furor discorde. 11.88.7 Vinti avete i nemici, e presi i regni; 11.88.8 e non vincete ancor i vostri sdegni? 11.89.1 Fra voi pensate da mattina a terza, 11.89.2 signor, le vostre colpe antiche e nove, 11.89.3 e vederete ben, ch' ira vi sferza, 11.89.4 ira del ciel, ch' il vostro sangue or piove. 11.89.5 E 'l cieco amor fra voi, non ride o scherza, 11.89.6 ma tutte fa le sue maligne prove: 11.89.7 e la sua face in Flegetonte infiamma, 11.89.8 quando arder vi dovria divina fiamma. 11.90.1 Questa v' accenda, e gli odii tutti estingua, 11.90.2 ch' ogni altra aita al male è vana e tarda. 11.90.3 E non s' aspetti giá ch' io vi distingua. 11.90.4 Di qual ira ciascuno, e in qual foco arda: 11.90.5 ché senza il suon di piú verace lingua, 11.90.6 ciascuno il sa, ch' in sé rimira e guarda. 11.90.7 Rimiri dentro, e piú non porti in seno 11.90.8 contra il proprio fratel ferro e veneno. 11.91.1 Ma tu, signor, c' hai di pietate il pregio, 11.91.2 di perdonare, in perdonando, insegna. 11.91.3 Scoprir suole il buon re l' animo regio, 11.91.4 sospendendo la pena, ov' ei si sdegna: 11.91.5 perché d' ogni altra fama è indegno il fregio, 11.91.6 senza clemenza a chi trionfa e regna: 11.91.7 e vano è soggiogar gli Assiri e i Persi, 11.91.8 i sensi avendo a la ragione avversi. 11.92.1 Io parlo a te, che vinci il proprio affetto, 11.92.2 che spesso in alto cor s' indura e 'mpètra; 11.92.3 perché, ab eterno, re nel cielo eletto 11.92.4 fosti da Lui che l' ammollisce e spetra: 11.92.5 e 'n guisa di mirabile architetto 11.92.6 fonda santo edificio in salda pietra: 11.92.7 gli altri distrugge, e i tempi, e i simulacri, 11.92.8 agl' idoli superbi alzati e sacri. 11.93.1 Giá lessi un tempo, or quasi aperto io veggio, 11.93.2 statua o colosso aver con aurea testa, 11.93.3 braccia d' argento; e poi di male in peggio 11.93.4 di men fino metallo è quel che resta: 11.93.5 di creta i piedi; e del cader m' avveggio 11.93.6 fra nembi e tuoni, e turbine e tempesta: 11.93.7 pur come il mondo ruinoso avvampi, 11.93.8 tra fieri incendi al folgorar dei lampi. 11.94.1 De le ruine sue, cadendo, ingombra 11.94.2 l' alto monte la terra e 'l mar profondo. 11.94.3 Caggion le stelle, e tutto il ciel s' adombra, 11.94.4 e resta cieco e senza sole il mondo. 11.94.5 Poi veggio in mezzo de l' orribil ombra 11.94.6 ogni cerchio di lui disfarsi a tondo, 11.94.7 e rifarne un piú bello al primo esempio 11.94.8 il fabro suo, qual luminoso tempio. 11.95.1 Ondeggia ancor, come gran mare, il vaso 11.95.2 anzi la porta, e l' acqua irriga e spande; 11.95.3 e sotto i vanni d' òr l' Òrto e l' Occaso 11.95.4 l' aquila copre vincitrice e grande. 11.95.5 E da Pindo, e da Olimpo, e da Parnaso, 11.95.6 portati al tempio son fiori e ghirlande: 11.95.7 mentre il gelido Scita, e l' Indo, e 'l Mauro 11.95.8 offrono incenso e mirra, e gemme ed auro.-- 11.96.1 Cosí dicea; perché d' oscuro e tetro 11.96.2 errore in molti incontra al vero un callo 11.96.3 l' alma non faccia; anzi qual chiaro vetro 11.96.4 il sol riceva, o lucido cristallo. 11.96.5 Cercò poi l' antro ove l' antico Pietro 11.96.6 piangea dolente il suo timore e 'l fallo; 11.96.7 qui la sua fuga anch' ei piange ed incolpa, 11.96.8 e penitenza fa di vecchia colpa. 11.97.1 Ma fra quei duci e cavalieri eletti 11.97.2 del suo parlar vario parlar rimane; 11.97.3 ché stimati non son fallaci i detti, 11.97.4 né le promesse sue volanti e vane. 11.97.5 Non però col mancar d' empi sospetti 11.97.6 s' acqueta uom forte a l' altrui voci insane: 11.97.7 onde Roberto d' Ansa al pio Goffredo 11.97.8 chiede al suo dipartir omai congedo. 11.98.1 -- Signor (dicendo), insin ad or men pronti 11.98.2 fatto ha 'l comun bisogno i nostri passi; 11.98.3 ch' in ricercar fedele amico, i fonti 11.98.4 poco era che del Nilo anch' io trovassi, 11.98.5 o l' aspro gel de gl' Iperborei monti, 11.98.6 e i custodi de l' oro ivi mirassi, 11.98.7 e la riva del mar ch' il verno agghiaccia: 11.98.8 né può me ritener chi lui discaccia. 11.99.1 Dogliomi di seguir vestigia sparse, 11.99.2 senza eseguir quel che da lui fu imposto; 11.99.3 ma 'l suo valor, che non potrá celarse, 11.99.4 non è ragion che stia gran tempo ascosto: 11.99.5 benché lá fosse ove piú brevi e scarse 11.99.6 fa l' ombre il sol, o pur nel clima opposto. 11.99.7 Né giá deggio temer che duce manchi 11.99.8 a' suoi, che portar dénno aita a' Franchi. 11.100.1 De la sua gente, giá gran tempo attesa, 11.100.2 ch' ardita varca il tempestoso Egeo, 11.100.3 e forse in queste rive è giá discesa 11.100.4 da quelle, in cui sepolto è il fier Tifeo, 11.100.5 sará duce il fratel, ch' in questa impresa, 11.100.6 o in altra è degno d' immortal trofeo: 11.100.7 io senza lui non bramo onor né gloria, 11.100.8 né parte di trionfo, o di vittoria.-- 11.101.1 Cosí disse egli. E 'l duce a lui rispose: 11.101.2 -- Né Riccardo scacciai, né te ritegno. 11.101.3 Egli andò forse ove primier propose, 11.101.4 ove il portò sua voglia, o suo disdegno, 11.101.5 ché per timor d' altrui giá non s' ascose. 11.101.6 Tu puoi seguirlo in questo o 'n altro regno. 11.101.7 Qui può restar chi vuole oprar la spada 11.101.8 quando fia d' uopo, e d' ubbidir gli aggrada.-- 11.102.1 Qui impose silenzio il Loteringo; 11.102.2 e tutti andâro ov' è la propria tenda: 11.102.3 e poich' egli la sua mirò solingo, 11.102.4 di quali imprese ella s' adorni e splenda, 11.102.5 disse fra sé:-- La spada invano io cingo, 11.102.6 ove il comune onore or non difenda;-- 11.102.7 e Lutaldo, ed Unchero a sé chiamando, 11.102.8 in lor depose il suo pensier, parlando: 11.103.1 -- Fedeli amici, è forse il primo oltraggio, 11.103.2 ond' io mi lagni, or che m' accusa a torto 11.103.3 l' ingrato e reo, ch' in dubbio, aspro viaggio, 11.103.4 da lunga guerra a l' alta impresa ho scorto? 11.103.5 Alla qual s' io non basto, e timor n' aggio, 11.103.6 senza errante guerriero, o preso o morto; 11.103.7 gloria (il conosco) non è intiera o salda 11.103.8 quantunque gira il cielo, e 'l sol riscalda. 11.104.1 Ma cerchiam gloria al nome, e gloria a l' alma, 11.104.2 e pur l' una oscurò l' altra sovente. 11.104.3 Sin or di questa impresa ho grave salma, 11.104.4 dopo mille fatiche in Orïente: 11.104.5 e s' altrui la corona, altrui la palma 11.104.6 de le vittorie mie sí pigre e lente 11.104.7 riserba il cielo; andrò lentando i sensi, 11.104.8 che per troppo voler son meno intensi. 11.105.1 Ma non è questo, amici, il primo giorno 11.105.2 ch' il regno mi promette amor benigno 11.105.3 de la mia nobil madre, ond' ebbi scorno: 11.105.4 né i sogni narro, o 'l favoloso cigno. 11.105.5 Né qui n' andrei d' aurea corona adorno, 11.105.6 dove ebbe il re di spine il crin sanguigno. 11.105.7 E piú che 'l regno bramo il regio merto, 11.105.8 ch' il buon re, ben reggendo, è bene esperto. 11.106.1 E se vittoria, o morte or son vicine, 11.106.2 come predisse, io non ho doglia, o tèma, 11.106.3 re vincitor morendo; e veggio il fine, 11.106.4 e l' una appresso l' altra mèta estrema: 11.106.5 pria che la lunga etá m' imbianchi il crine, 11.106.6 o la vecchiezza pur m' incurvi e prema; 11.106.7 ma (dico) tardo ha la mia morte il corso, 11.106.8 se d' uopo ho per morir d' altrui soccorso. 11.107.1 Dunque in guisa facciam ch' il valor nostro 11.107.2 non manchi a chi per duce a voi mi scelse; 11.107.3 e volle d' oro circondarmi e d' ostro; 11.107.4 né siamo estremi ne l' imprese eccelse, 11.107.5 perché altri dica, e m' abbia a dito mostro: 11.107.6 «questi usurpò lo scettro, e proprio fêlse;» 11.107.7 ma prepariamo il cor sublime ed alto 11.107.8 a le corone del murale assalto. 11.108.1 Fulgerio de la sua rifulge ancora, 11.108.2 Bulferio de la sua vien che s' illustri, 11.108.3 Boemondo la sua di gloria onora; 11.108.4 la qual fiammeggerá mille anni e lustri. 11.108.5 E da l' Occaso a la nascente aurora, 11.108.6 son di Rollone i gran nepoti illustri: 11.108.7 a cui sariano premio angusto e scarso 11.108.8 cento cittá, non pur Atene e Tarso.--
CANTO XII
12.1.1 Ma 'l buon Ruperto, a cui di nulla calse 12.1.2 fuor che di ritrovare il fido amico, 12.1.3 e 'n lui cercando, i monti e l' onde salse 12.1.4 varcheria, non che il fiume o 'l lido aprico; 12.1.5 non da parole è mosso incerte o false 12.1.6 a cui diè vana fede il tempo antico, 12.1.7 né da fantasma, o da terror notturno, 12.1.8 né da sogno che vien da l' uscio eburno: 12.2.1 ma da lume del cielo, onde s' informa 12.2.2 del sacro Piero la divina mente, 12.2.3 o seggia, o vada, o parli, o pensi, o dorma; 12.2.4 tal ch' a' suoi detti ei s' attenea sovente. 12.2.5 E, senza ritrovar vestigio od orma 12.2.6 del suo signor, sen gío co 'l sol nascente. 12.2.7 E per compagno il dano Araldo elesse, 12.2.8 che terzo in tanto amor esser potesse. 12.3.1 Veduti Araldo in verde etate e cêrchi 12.3.2 vari costumi avea, vari paesi; 12.3.3 peregrinando da' piú freddi cerchi 12.3.4 del nostro mondo a gli Etiópi accesi; 12.3.5 e com' uom che virtute e senno merchi 12.3.6 le favelle e le usanze e i modi appresi; 12.3.7 poi, grave d' anni, a quelle imprese eccelse 12.3.8 Sueno seguí, che ricercollo e scelse. 12.4.1 Ambo avean giá lasciato addietro il lago 12.4.2 che de l' ira del cielo anco s' attrista; 12.4.3 ma pur tre volte a la celeste imago 12.4.4 il dí si pinge e par cangiato in vista. 12.4.5 E vedeano il Giordan corrente e vago, 12.4.6 che, due stagni passando, il corso acquista 12.4.7 piú chiaro sempre, e verde riva asperge: 12.4.8 pur manca alfin nel terzo, e si disperge. 12.5.1 Poscia il lago mirâr che lui nel grembo 12.5.2 secondo accoglie, e 'l bel paese intorno; 12.5.3 dico di Genesar, cui fèro nembo 12.5.4 e fulmine non fece o danno o scorno, 12.5.5 e 'l primo ancor fangoso il seno e 'l lembo, 12.5.6 cui Giordan parte con piú chiaro corno, 12.5.7 non lunge al Panio, ov' alta rupe instilla 12.5.8 ne l' ombrosa spelunca onda tranquilla. 12.6.1 E pensan di mirar fontana ignota 12.6.2 piú oltre, s' egli pur deriva altronde. 12.6.3 E come Fiala entro la propria rota 12.6.4 mai non cresca né scemi e sempre abonde. 12.6.5 E fonte anco veder ch' è men remota, 12.6.6 e piú lunge ha del Nilo i pesci e l' onde. 12.6.7 Ma lor gran maraviglia intanto occorse, 12.6.8 che da tutt' altro a sé gli volse e torse. 12.7.1 Mentre sospesi stanno, a lor d' aspetto 12.7.2 venerabile in vista un vecchio appare; 12.7.3 pur come sorga dal profondo letto 12.7.4 che volge il viso al fonte, e 'l tergo al mare; 12.7.5 chiuso ed avvolto in vestir lungo e schietto, 12.7.6 che di candido lin contesto pare. 12.7.7 Scote questi una verga, e 'l fiume calca 12.7.8 co' piedi asciutti, e contra 'l corso il valca. 12.8.1 Sí come soglion lá vicino al polo, 12.8.2 se avvien che 'l verno i fiumi agghiacci e indure, 12.8.3 correr su 'l Ren le villanelle a stuolo, 12.8.4 con lunghi strisci, e sdrucciolar secure: 12.8.5 tal ei ne vien sovra l' instabil suolo 12.8.6 de l' acque che non son salde, né dure. 12.8.7 Ma lui tosto conobbe il buon Ruperto; 12.8.8 ché certa aita è nel periglio incerto. 12.9.1 Questi il principio d' alta stirpe antica 12.9.2 traea d' arabi regi, e da caldei; 12.9.3 e perché l' alma avea saggia e pudica, 12.9.4 sprezzò gl' idoli vani, e i falsi dèi; 12.9.5 e i Franchi amò pur come gente amica, 12.9.6 e lor sovvenne quattro volte e sei. 12.9.7 A lui salvò la patria il gran Riccardo, 12.9.8 però a' compagni or non vien lento e tardo. 12.10.1 -- Amici, per fornir l' impresa onesta, 12.10.2 non v' è d' uopo passar montagne e lidi, 12.10.3 né mari avversi con fortuna infesta, 12.10.4 ma convien che virtú vi scorga e guidi; 12.10.5 e, se fia cosa al vostro andar molesta, 12.10.6 ella sol v' avvalori, ella v' affidi: 12.10.7 e 'n vece d' un bel sol, nel basso mondo 12.10.8 di tenebre v' illustri orror profondo. 12.11.1 Piacciavi entrar ne le spelunche ascose 12.11.2 dunque, e veder questa secreta sede; 12.11.3 ch' ivi udrete da me non lievi cose, 12.11.4 onde s' accresca l' animosa fede.-- 12.11.5 Disse; e che lor dia loco a l' acqua impose, 12.11.6 ed ella tosto si ritira e cede; 12.11.7 e quinci e quindi, d' erto monte in guisa, 12.11.8 curvata pende, e 'n mezzo appar divisa. 12.12.1 Ei mena lor ne le sue stanze interne, 12.12.2 ove non splende piú l' aria serena; 12.12.3 ma incerta e debil luce ivi si scerne, 12.12.4 qual di luna fra' boschi ancor non piena. 12.12.5 E gravide d' umor ampie caverne 12.12.6 veggiono, onde fra noi sorge ogni vena, 12.12.7 la qual distilli in fonte, o 'n fiume vago 12.12.8 discorra, o stagni e si dilati in lago. 12.13.1 Stupidi rimirâr gli umidi regni, 12.13.2 e tra spelunche chiuse acque stagnanti, 12.13.3 e sotto a' monti cavernosi e pregni, 12.13.4 senza luce, o splendor, selve sonanti: 12.13.5 secreti ascosi a' men sublimi ingegni, 12.13.6 non ch' a la vista, o pur a' sensi erranti; 12.13.7 e sbigottiti piú ch' in campo, o 'n guerra, 12.13.8 al gran suon di tante acque andâr sotterra. 12.14.1 Potean vedere onde il Giordano, ed onde 12.14.2 nasca l' Oronte, o pur l' Eufrate, e 'l Tigre 12.14.3 ch' unito è pria, poi fa diverse sponde, 12.14.4 e veloce è vie piú che pardo o tigre; 12.14.5 e Capro, e Lico, e Gorgo, e 'l corso e l' onde 12.14.6 chiare del Cidno, e de l' Arasse impigre: 12.14.7 né quivi tiene 'l Nilo il capo occulto, 12.14.8 o 'l Negro, che risorge ancor sepulto. 12.15.1 E non si cela a' sensi Idaspe od Indo, 12.15.2 e de gli altri maggior si mostra il Gange, 12.15.3 ed ogni altro che parte il Perso o l' Indo, 12.15.4 e i gran campi del mar percote e frange: 12.15.5 e quanti in lui ne versa Olimpo e Pindo, 12.15.6 e quel gelato in cui Prometeo s' ange; 12.15.7 quanti o 'n Parnaso o 'n Tauro alpestri fonti 12.15.8 ha piú sublimi, o in Iperborei monti. 12.16.1 E quivi si vedea con vene d' auro 12.16.2 Pattólo, ed Ermo, e Tago ancor piú lunge; 12.16.3 e con fronte superba il Po di tauro, 12.16.4 lo qual con cento fiumi al mare aggiunge: 12.16.5 e 'l Tebro trïonfal cinto di lauro, 12.16.6 con gli ondosi fratei ch' a sé congiunge: 12.16.7 e 'l bel Tesino, e l' Adda, e 'l Mincio, e l' Arno, 12.16.8 e 'l suo picciol Sebeto, e 'l Liri, e 'l Sarno. 12.17.1 Vedeano appresso i puri zolfi e i vivi 12.17.2 argenti in quella terra umida e molle: 12.17.3 dove trapassa il sol con raggi estivi, 12.17.4 sí ch' ella fuma riscaldata e bolle; 12.17.5 e tra quasi correnti e vaghi rivi, 12.17.6 si stringe in glebe argentee o 'n auree zolle; 12.17.7 e fiorir varie gemme infra metalli, 12.17.8 come fiori purpurei, azzurri e gialli. 12.18.1 Né di rose e di gigli un chiaro fiume 12.18.2 suol piú le rive intorno aver dipinto. 12.18.3 Quivi scintilla con ceruleo lume 12.18.4 il celeste zafiro e 'l bel giacinto: 12.18.5 e par che l' ombre il gran carbonchio allume 12.18.6 con chiara face onde l' orrore è vinto; 12.18.7 e 'l rubino, e 'l diamante ancor piú saldo 12.18.8 splende, e lieto verdeggia il bel smeraldo. 12.19.1 I guerrier fra le cose antiche e nove 12.19.2 sen vanno, in guisa d' uom cui sonno lega: 12.19.3 maravigliando, Araldo alfin commove 12.19.4 l' affettüose voci, e parla e prega: 12.19.5 -- Deh, padre, dinne ove noi siamo, ed ove 12.19.6 ci guidi, e tua condizïon ne spiega: 12.19.7 e di quel che veggiam, qual sogno ed ombra, 12.19.8 dotti ci rendi, e lo stupor disgombra.-- 12.20.1 Risponde:-- Or sète (e non v' inganna il senso) 12.20.2 nel grembo de la terra oscuro, interno, 12.20.3 ch' in una parte è raro, in altra è denso; 12.20.4 ma tutto passa lo splendor superno: 12.20.5 pur non è ella il gran principio immenso, 12.20.6 il gran principio de le cose eterno; 12.20.7 ben che madre si chiami, e vesta, e vanti 12.20.8 la reggia, e i figli suoi divi e giganti. 12.21.1 Ma se degna di fede è fama antica, 12.21.2 l' Oceàn de le cose è il vecchio padre. 12.21.3 L' Oceàn chiude in sé la terra aprica, 12.21.4 e 'n grembo siede a lui chi detta è madre. 12.21.5 Da prima egli produce, egli nudrica 12.21.6 d' umor le forme rilucenti e l' adre: 12.21.7 gli animali, le piante, i fiori e l' erbe 12.21.8 generate d' umore, avvien ch' ei serbe. 12.22.1 E non sol quanto a noi s' estingue e nasce, 12.22.2 e qui vede fra noi mattino e sera, 12.22.3 ma le stelle lucenti e 'l sole ei pasce, 12.22.4 mentre si volge per obliqua sfera. 12.22.5 Quinci avvien ch' or un segno, or l' altro lasce, 12.22.6 e trapassi lá su di fèra in fèra: 12.22.7 ma i sensi e le ragioni il volo han corto, 12.22.8 contemplando nel ciel l' occaso e l' òrto. 12.23.1 Altri forse sará ch' a voi racconte 12.23.2 d' altre acque sovra il cielo in suon piú sacro, 12.23.3 d' altro vero Oceàno, e d' altro fonte 12.23.4 di luce, e d' altro puro ampio lavacro: 12.23.5 e le cinque fontane a voi fian conte, 12.23.6 non pur la somma, a cui purgo e consacro 12.23.7 il torbido pensiero e l' alma immonda, 12.23.8 e ber vi fia concesso in lucid' onda. 12.24.1 Io, quel che lece in quest' ombroso chiostro, 12.24.2 in cui dispiega il suo poter natura, 12.24.3 sgombro la cieca notte al senso vostro, 12.24.4 che sí profonda e densa i lumi oscura: 12.24.5 ed ecco i fonti a voi del mar dimostro 12.24.6 da cui deriva la materia oscura: 12.24.7 e prima e poi ch' indi si faccia il tutto, 12.24.8 ondeggia pur con tempestoso flutto. 12.25.1 E di Cocito, e d' ogni fiume ardente 12.25.2 a voi noto pur fia quant' io conosco.-- 12.25.3 Cosí diss' egli; ed apparian repente 12.25.4 de l' Oceàno i fonti, a l' aer fosco. 12.25.5 E come sia di lor fiume e torrente 12.25.6 il mar di Gade, e l' Africano, e 'l Tosco, 12.25.7 e quello ove è sepolto il fier Tifeo, 12.25.8 l' Adriano, e l' Ionio, e 'l padre Egeo, 12.26.1 e l' inospite Eusino, e 'l Ponto ondoso, 12.26.2 e quel ch' appresso fa l' ampia palude, 12.26.3 e ciascun altro che per loco ombroso, 12.26.4 o sotto aperto cielo indi si schiude. 12.26.5 Né pure il Caspio per sentiero ascoso 12.26.6 trapassa e 'ntorno si circonda e chiude; 12.26.7 ma tutti gli altri con perpetuo giro 12.26.8 lá parean far ritorno, onde partîro. 12.27.1 Altro che mai non sorse e non apparve 12.27.2 a l' aria dolce che del sol s' allegra, 12.27.3 al Tartaro tornar veloce or parve, 12.27.4 facendo piú d' una rivolta integra: 12.27.5 e volar, quai fantasme oscure e larve, 12.27.6 l' alme dolenti intorno a l' onda negra; 12.27.7 parte dentro attuffarsi a mille a mille: 12.27.8 e quinci poi fumar fiamme e faville. 12.28.1 E lor mostrava in lagrimosa vista 12.28.2 volar al foco gli amorosi spirti: 12.28.3 -- E questo (disse) per amar s' acquista; 12.28.4 né qui dá refrigerio ombra di mirti: 12.28.5 altri ritien la sabbia, e l' onda attrista 12.28.6 dove l' arena fa fervide Sirti: 12.28.7 ed altri Flegetonte al fondo infiamma 12.28.8 sotto l' acqua che son d' ondosa fiamma. 12.29.1 E quelli (disse) d' innocente sangue 12.29.2 macchiâr la destra vizïata e lorda; 12.29.3 e quei diêro il venen d' orribil angue, 12.29.4 per fame d' oro e di ricchezza ingorda: 12.29.5 o la morte affrettâr de l' egro esangue 12.29.6 in altro modo ch' a ragion discorda: 12.29.7 e quegli altri seguîr l' arme de gli empi, 12.29.8 spogliando altari, e vïolando i tempî. 12.30.1 Ma 'l Tartaro profondo assorbe e copre 12.30.2 chi 'l suo proprio signore e 'l dato pegno 12.30.3 de la fede ha tradito; e non discopre 12.30.4 tiranno, usurpator d' ingiusto regno. 12.30.5 Né si ponno purgar le colpe e l' opre 12.30.6 d' alma crudel ch' irriti eterno sdegno: 12.30.7 ma involto è giú ne la miseria estrema 12.30.8 il capo che portò l' alto diadema. 12.31.1 Apprendete giustizia, egri mortali; 12.31.2 e non sprezzate il Re che 'l mondo regge; 12.31.3 il cui voler non fa le pene eguali: 12.31.4 ma ne le varie colpe è giusta legge.-- 12.31.5 Cosí diss' egli; e quei, che i fieri mali 12.31.6 e de l' alme mirâr l' inferme gregge, 12.31.7 vinti eran da pietate, e da temenza 12.31.8 del sommo Re che dá l' alta sentenza. 12.32.1 Ma da l' orribil vista i lumi e i passi 12.32.2 tosto lor volse in altra parte il saggio, 12.32.3 e gli condusse affaticati e lassi, 12.32.4 poggiando, che giá splende un vivo raggio. 12.32.5 -- E per imo sentiero al sommo vassi, 12.32.6 (disse) e s' apre a le stelle alto vïaggio; 12.32.7 se colpa non ritiene e grave incarco 12.32.8 di vizi alma sublime al dubbio varco. 12.33.1 Ed io sempre lontan dal chiaro cielo 12.33.2 non sto sotterra in tenebrosa stanza, 12.33.3 ma su 'l Libano spesso e su 'l Carmelo 12.33.4 ho sublime magion che tutte avanza. 12.33.5 E qui spiegansi a me senza alcun velo 12.33.6 Venere e Marte, ed ogni lor sembianza: 12.33.7 e veggio come ogni altra, o presto, o tardi, 12.33.8 roti benigna o minacciosa guardi. 12.34.1 E sotto i piè mi veggio or folte or rade 12.34.2 le nubi, or negre ed or pinte da Iri; 12.34.3 e generar le pioggie e le rugiade 12.34.4 risguardo, e come il vento obliquo spiri: 12.34.5 come s' accenda, e quai distorte strade 12.34.6 il folgore tonando infiammi e giri: 12.34.7 scorgo comete ne gli aperti campi, 12.34.8 ed altre forme onde lo cielo avvampi. 12.35.1 E non pensiate giá ch' angeli stigi 12.35.2 a l' alte maraviglie or qui costringa, 12.35.3 come colei che prigionieri e ligi 12.35.4 fa tanti eroi con arte e con lusinga: 12.35.5 ma de l' Un ricercando alti vestigi, 12.35.6 avvien ch' al sommo gli altri e me sospinga; 12.35.7 sol per unirmi a l' Un c' ha nulla parte, 12.35.8 ed unir può ciò che si sparge o parte. 12.36.1 Egli è quel ch' è; sublime, anzi superno: 12.36.2 e quel che non è lui, da lui disgiunto, 12.36.3 è falso e nullo: e 'n lui diviene eterno 12.36.4 (quasi parte di lui) chi seco è giunto. 12.36.5 Nol vider gli avi miei, ned io discerno 12.36.6 ne l' altissima nube il vero appunto: 12.36.7 che son fra 'l suo splendore e i lumi nostri 12.36.8 di diece spere i luminosi chiostri. 12.37.1 Nol vider gli avi miei che magi appella 12.37.2 il mondo ancora, e scettro aveano e regno 12.37.3 ne l' Orïente, insin che nova stella 12.37.4 a gli estremi di lor fu scorta e segno. 12.37.5 Anzi ciascun de' nostri innanzi a quella 12.37.6 felice etá, fu di mirarlo indegno 12.37.7 nel proprio volto, e 'n maestá vetusta: 12.37.8 ma l' orme vide e la sua man robusta. 12.38.1 Or ben vegg' io ch' augel notturno al sole 12.38.2 è nostra vista a' rai del primo vero; 12.38.3 e men s' abbaglia in questa eccelsa mole, 12.38.4 fatta con sí mirabil magistero. 12.38.5 E di me stesso rido e d' altrui fole, 12.38.6 onde scorno mi fece il vostro Piero: 12.38.7 ma sono in parte altr' uom da quel ch' io fui; 12.38.8 ché da lui pendo, e mi rivolgo a lui. 12.39.1 E se nulla d' antico io qui riserbo, 12.39.2 a me sembiante o pur a lui difforme; 12.39.3 non son de gli avi, o del saper superbo 12.39.4 sí, ch' io nol lasci e vesta in altre forme. 12.39.5 Veglio farò quel ch' io non feci acerbo, 12.39.6 di lui seguendo pur la voce e l' orme: 12.39.7 Filagliteo mi chiamo; e basti or questo, 12.39.8 ch' io son del vero amico e de l' onesto.-- 12.40.1 Cosí disse, e da l' antro al monte usciva 12.40.2 quegli che rado fece inganno o fallo: 12.40.3 dove abitò, non lunge a l' erta riva, 12.40.4 d' oro albergo lucente e di cristallo: 12.40.5 sovra sette, sembianti a fiamma viva, 12.40.6 di piropo o di lucido metallo 12.40.7 altissime colonne, in cui s' appoggia, 12.40.8 quasi da contemplar teatro o loggia. 12.41.1 Di candido zafiro e d' adamante 12.41.2 eran le porte in cui lo sol traluce: 12.41.3 e tanto l' uno e l' altro era sembiante, 12.41.4 che mal si distinguea colore o luce; 12.41.5 ma quel che preme con le gravi piante, 12.41.6 senza lasciar vestigio, il vecchio duce, 12.41.7 è di topazio, oltra misura adorno, 12.41.8 col segno di armellino e d' unicorno. 12.42.1 Son di fini topazi i gradi ancora, 12.42.2 onde si monta a l' alto albergo e sale. 12.42.3 Di marmo il muro, che si pinge e 'ndora, 12.42.4 di bel candore al bianco avorio eguale: 12.42.5 e le finestre, volte invêr l' aurora, 12.42.6 di chiar cristallo o gemma altra non frale: 12.42.7 di ceruleo zafir la somma parte 12.42.8 sparsa è di stelle con mirabil arte. 12.43.1 Quivi il celeste Arturo ed Orïone, 12.43.2 chi lor fece, imitando, impresse e finse; 12.43.3 e ben mille del cielo auree corone, 12.43.4 e poi l' un cerchio e l' altro intorno cinse: 12.43.5 e 'n cinque giri il cielo, e 'n cinque zone, 12.43.6 nel suo mezzo la terra ancor distinse. 12.43.7 Cosí scolpiti, varïando a' sensi, 12.43.8 avea di questo mondo i lumi accensi. 12.44.1 Gli altri non giá, ma stesi innanzi al volto 12.44.2 un gran velo di luce e di splendori, 12.44.3 onde uom potrebbe immaginarsi avvolto 12.44.4 quel ch' è piú occulto de' celesti cori. 12.44.5 Quinci da l' alta loggia il lido incolto, 12.44.6 quindi rimira ombre, fontane, e fiori, 12.44.7 e ciò che può nudrir l' erta pendice 12.44.8 di vago, d' odorato e di felice. 12.45.1 Balsamo, cassia, incenso, amomo e croco 12.45.2 vi sono, e piante, ed erbe a mille a mille; 12.45.3 mirra ivi ancor nel dilettoso loco 12.45.4 versa il dolore in lagrimose stille; 12.45.5 e ciò ch' aduna al suo vivace foco 12.45.6 la Fenice, ond' accesa arda e sfaville: 12.45.7 e ciò che 'l saggio re descrisse in prima 12.45.8 in quel giá colto o 'n altro estranio clima. 12.46.1 E quanto accolse poi Latino o Greco, 12.46.2 ch' abbia di chiara fama illustri gridi. 12.46.3 Quinci per vie secrete oscuro speco 12.46.4 di Joppe scorge e d' Ascalona a' lidi: 12.46.5 ond' ei, che sa le strade, a l' aer cieco 12.46.6 talor giunse improvviso a' guerrier fidi: 12.46.7 e per refugio occulto, e per ostello 12.46.8 su le ripe fondò torre o castello. 12.47.1 Or quivi non mancâr ministri e servi, 12.47.2 ch' a l' ombra d' un bel faggio e d' un alloro 12.47.3 portâro in lieta mensa e lepri e cervi 12.47.4 in bei vasi d' argento e di fino oro: 12.47.5 perché le stanche membra indi conservi 12.47.6 ciascuno, e prenda al travagliar ristoro. 12.47.7 Alfin, volto a Ruperto il vecchio saggio: 12.47.8 -- Sfórzati (disse) al cielo, alto coraggio: 12.48.1 e disgombra il timor, ch' al tuo Riccardo, 12.48.2 oltre ogni tuo pensier, vicino or sei; 12.48.3 e di sua libertate a te riguardo 12.48.4 l' onore, eguale a quel d' alti trofei.-- 12.48.5 -- Padre (rispose) io tardo mossi, e tardo 12.48.6 tu non spiasti giá gli affetti miei: 12.48.7 ma de la vita e di famose palme 12.48.8 non curo omai, tanto di lui sol calme. 12.49.1 Allor fia in vece a me d' alta vittoria 12.49.2 la morte, che per lui quest' alma io versi. 12.49.3 Solamente ch' ei torni a quella gloria 12.49.4 ch' invidïaro i suoi nemici avversi. 12.49.5 Perda ogni altro di me grata memoria: 12.49.6 pur ch' ei la serbi, e mostri i lumi aspersi 12.49.7 ne la mia morte, come giá vid' io 12.49.8 il dí ch' ei disse a' dolci amici «a Dio». 12.50.1 Egli piangea, tanto di me gl' increbbe, 12.50.2 a cui 'l proprio fratello appena adegua. 12.50.3 Io prima nacqui, ed egli in prima crebbe: 12.50.4 e sol temo morir, perch' ei non segua. 12.50.5 Ben ti sovvenne, e sovvenir ti debbe 12.50.6 (ché la memoria in te non si dilegua) 12.50.7 quando mi predicesti, in dubbio caso, 12.50.8 òrto immortal dopo il mortale occaso: 12.51.1 dicendo ch' a me fine era prescritto 12.51.2 immaturo ne l' Asia, e morte acerba, 12.51.3 s' io liberava il cavaliero invitto 12.51.4 da la dolce prigion ch' amor gli serba: 12.51.5 pur n' avrei lunga fama oltra l' Egitto, 12.51.6 ed oltra Babilonia empia e superba. 12.51.7 Ma, lui lasciando, e l' altre imprese e l' armi, 12.51.8 poteva al duro fato anch' io sottrarmi. 12.52.1 Allor morir elessi: or non mi pento, 12.52.2 né viver sí ozïoso in pace io sceglio, 12.52.3 né se vivessi ancor cent' anni e cento, 12.52.4 sazio sarei di vita, infermo veglio. 12.52.5 Ma ne' suoi rischi neghittoso e lento 12.52.6 son troppo, e tardi al mio dover mi sveglio: 12.52.7 or fa' ch' io sappia ove si trovi, e come, 12.52.8 o domito d' amore, o d' altre some.-- 12.53.1 Rispose al guerrier forte il vecchio grave: 12.53.2 -- Esser non puote il ver ch' a te si celi. 12.53.3 Dunque saprai de la prigion soave 12.53.4 quanto addivenne, e com' egli arda e geli. 12.53.5 Ma l' alma invitta che di nulla pave, 12.53.6 non si perturbi al minacciar de' cieli, 12.53.7 perch' il destin non signoreggia e sforza, 12.53.8 e la pietá divina ogn' ira ammorza.-- 12.54.1 Poscia ricominciò:-- L' opre e le frodi 12.54.2 note a voi son de la crudele Armida: 12.54.3 com' ella al campo venne, e con quai modi 12.54.4 molti indi trasse la fallace guida. 12.54.5 Sapete ancor che di tenaci nodi 12.54.6 dipoi gli avvinse, albergatrice infida, 12.54.7 e ch' indi a Gaza gl' inviò con molti 12.54.8 custodi, e che tra via fûr poi disciolti. 12.55.1 Or quella io narrerò ch' appresso occorse 12.55.2 vera istoria, e da voi non anco intesa. 12.55.3 Poi che la maga rea vide ritôrse 12.55.4 la preda sua, giá con tanta arte presa, 12.55.5 ambe le mani per dolor si morse, 12.55.6 e disse fra suo cor, di sdegno accesa: 12.55.7 --Ah vero unqua non fia che d' aver tanti 12.55.8 guerrieri liberati egli si vanti. 12.56.1 Se gli altri sciolse, ei serva; ed io sostegna 12.56.2 le pene altrui serbate e il lungo affanno: 12.56.3 egli sia stretto di catena indegna, 12.56.4 né proprio suo, ma sia comune il danno--. 12.56.5 Cosí, tra sé dicendo, ordir s' ingegna 12.56.6 questo, ch' ora udirete, iniquo inganno. 12.56.7 Viensene al loco in cui Riccardo vinse 12.56.8 l' empia scorta in battaglia, e 'n parte estinse. 12.57.1 Quivi, poi che 'l suo scudo ebbe deposto, 12.57.2 la sopravveste d' un pagan si pose, 12.57.3 forse perché bramava andarne ascosto 12.57.4 con meno illustri insegne e men famose. 12.57.5 Le sue prese la maga iniqua, e tosto 12.57.6 v' involse un tronco busto e poi l' espose 12.57.7 in riva a un picciol fiume ove doveva 12.57.8 stuol di Franchi arrivar, come soleva. 12.58.1 E questo antiveder potea ben ella, 12.58.2 che mandarvi le spie solea dintorno: 12.58.3 onde spesso del campo avea novella 12.58.4 e s' altri indi partiva, o fêa ritorno: 12.58.5 e con maligni spirti anco favella 12.58.6 sovente, e fa con lor lungo soggiorno. 12.58.7 Espose dunque il falso corpo in parte 12.58.8 molto opportuna a l' ingannevol' arte. 12.59.1 Non lunge un sagacissimo valletto 12.59.2 pose, vestito pur di rozzi panni, 12.59.3 e 'mpose lui come recar effetto 12.59.4 egli dovesse a' mal pensati inganni. 12.59.5 E questi sparse poi d' empio sospetto 12.59.6 fra' vostri il seme, e di futuri affanni: 12.59.7 onde si mieta di spietata guerra 12.59.8 frutto, e di morte in mal divisa terra. 12.60.1 E fu, come ella disegnò, creduto 12.60.2 per opra di quel pio Riccardo ucciso, 12.60.3 bench' il falso sospetto, indarno avuto, 12.60.4 del ver si dileguasse al primo avviso. 12.60.5 Cotal d' Armida l' artificio astuto 12.60.6 primieramente fu, quale io diviso: 12.60.7 ora udirete come poi seguisse 12.60.8 il bel Riccardo, e quel ch' indi avvenisse. 12.61.1 Qual cauta cacciatrice, Armida aspetta 12.61.2 Riccardo al varco. Ei su l' Oronte aggiunge, 12.61.3 dove un rio si dirama, e un' isoletta 12.61.4 facendo, tosto a lui si ricongiunge: 12.61.5 e 'n su le rive una colonna eretta 12.61.6 vede, e un picciol battello indi non lunge. 12.61.7 Fisa egli tosto gli occhi al bel lavoro 12.61.8 de la colonna, e legge in lettre d' oro: 12.62.1 --O chiunque tu sia che voglia o caso, 12.62.2 peregrinando, adduce a queste sponde, 12.62.3 maraviglia maggior l' Orto e l' Occaso 12.62.4 non ha di ciò che l' isoletta asconde. 12.62.5 Passa se vuoi vederla--. È persuaso 12.62.6 tosto l' incauto a gire oltre quell' onde: 12.62.7 e perché mal capace è frale barca, 12.62.8 gli scudieri abbandona, e solo e' varca. 12.63.1 Come è lá giunto, cupido e vagante 12.63.2 volge intorno lo sguardo, e nulla ei vede, 12.63.3 fuor ch' antri ed acque, e fiori, ed erbe e piante, 12.63.4 onde quasi schernito allor si crede. 12.63.5 Ma pur il loco è cosí lieto, e 'n tante 12.63.6 guise l' alletta, ch' ei si ferma e siede: 12.63.7 e disarma la fronte, e la ristaura 12.63.8 al soave spirar di placid' aura. 12.64.1 Il fiume gorgogliar frattanto udío 12.64.2 con roco suono, e lá con gli occhi corse: 12.64.3 e mover vide un' onda in mezzo al rio, 12.64.4 che tornò in se medesma, e si ritorse: 12.64.5 e quinci alquanto d' un crin biondo uscío, 12.64.6 e quinci di donzella un volto sorse, 12.64.7 quinci il petto, e le mamme, e ciò che vela 12.64.8 onestate, ed amore altrui rivela. 12.65.1 Cosí talvolta da notturna scena 12.65.2 o ninfa o dèa tardi sorgendo appare. 12.65.3 Questa giá de l' Eufrate empia sirena 12.65.4 a l' Oronte fu tratta, e 'n vista pare 12.65.5 di quelle ch' abitâr l' onda tirrena, 12.65.6 sí com' è fama, e 'nsidïoso mare. 12.65.7 Né men ch' in vista è bella, in suono è dolce: 12.65.8 e cosí canta, e 'l cielo a l' aura molce. 12.66.1 --O giovinetti, mentre aprile e maggio 12.66.2 v' ammanta di fiorite e verdi spoglie, 12.66.3 di gloria e di virtú fallace raggio 12.66.4 la semplicetta mente ah non v' invoglie. 12.66.5 Solo chi segue ciò che piace è saggio, 12.66.6 e 'n sua stagion de gli anni il frutto coglie. 12.66.7 Questo grida natura: ah folli! e voi 12.66.8 pur indurate l' alme a' detti suoi. 12.67.1 Folli, perché gettate il caro dono, 12.67.2 che breve è sí di vostra etá novella? 12.67.3 Nomi, e senza soggetto idoli sono 12.67.4 quel che merto ed onore il mondo appella. 12.67.5 La fama ch' invaghisce al dolce suono 12.67.6 voi superbi mortali, e par sí bella, 12.67.7 è un eco, un sogno, anzi del sogno un' ombra, 12.67.8 ch' ad ogni vento si dilegua e sgombra. 12.68.1 Goda il corpo securo, e 'n lieti oggetti 12.68.2 l' alma tranquilla appaghi i sensi frali: 12.68.3 oblii le noie andate, e non affretti 12.68.4 le sue miserie in aspettando i mali. 12.68.5 Nulla curi se 'l ciel tuoni e saetti, 12.68.6 minacci egli a sua voglia e 'nfiammi strali. 12.68.7 Questo è saver, questa è felice vita, 12.68.8 e natura l' insegna, anzi l' addita--. 12.69.1 Sí canta l' empia: e 'l giovinetto al sonno 12.69.2 con note invoglia sí soavi e scòrte. 12.69.3 Quel placido giá serpe, e fatto è donno 12.69.4 sovra ogni senso in lui piú fermo e forte: 12.69.5 né i tuoni omai destar, non ch' altro, il ponno 12.69.6 da quella queta imagine di morte. 12.69.7 Esce d' aguato allor la falsa maga, 12.69.8 e gli va sopra, di vendetta vaga. 12.70.1 Ma quando in lui fissò lo sguardo, e vide 12.70.2 come placido in vista egli respira, 12.70.3 e quell' atto gentil che dolce ride, 12.70.4 ne' lumi chiusi: or che fia, s' ei gli gira? 12.70.5 pria sospesa si ferma, e poi s' asside 12.70.6 a lui vicina, e si dilegua ogn' ira 12.70.7 mentre lui guarda; e 'n su la vaga fronte 12.70.8 pende cosí che par Narciso al fonte. 12.71.1 De' ligustri, de' gigli, e de le rose, 12.71.2 ch' allor fiorian per quelle piagge amene, 12.71.3 con bell' arte congiunte indi compose 12.71.4 lente ma indissolubili catene. 12.71.5 Queste al collo, a le braccia, ai piè gli pose: 12.71.6 cosí l' avvinse, e cosí preso il tiene; 12.71.7 e 'n guardia il diè fra l' erbe e i fior novelli 12.71.8 al Sonno ed a la Morte, ambo gemelli: 12.72.1 che il portâr ne le selve occulte e sole, 12.72.2 onde verdeggia il Libano frondoso; 12.72.3 e tra i bianchi ligustri e le vïole 12.72.4 il posâr dolcemente in letto erboso, 12.72.5 dove l' ombra de' cedri a' rai del sole 12.72.6 e de l' erranti stelle il tenne ascoso, 12.72.7 sovra spargendo in disusata foggia 12.72.8 di mille fiori l' odorata pioggia. 12.73.1 Ella non torna de' Fenici al regno, 12.73.2 né dove ha il suo castello in mezzo a l' onde; 12.73.3 ma, ingelosita di sí caro pegno, 12.73.4 e vergognosa del suo amor, s' asconde 12.73.5 dove giunger non possa armato legno 12.73.6 da le Tirrene rive, o d' altre sponde. 12.73.7 Quivi un palagio fonda appresso un lago, 12.73.8 né fece opra maggior regina o mago. 12.74.1 A piè del monte ove la maga alberga, 12.74.2 sibilando strisciar nuovi pitoni, 12.74.3 e cinghiali arricciar l' aspre lor terga, 12.74.4 ed aprir la gran bocca orsi e leoni 12.74.5 vedrete; ma scuotendo una mia verga 12.74.6 temeranno appressarsi ove ella suoni. 12.74.7 Poscia, molto maggior (s' uom dritto estima) 12.74.8 è l' occulto periglio al monte in cima. 12.75.1 Ivi a la Sira dea sublime tempio 12.75.2 (ché memoria de l' opra ancor non langue) 12.75.3 fu sacro e 'l culto fu profano ed empio: 12.75.4 e dove giacque il bel fanciullo esangue, 12.75.5 costei paventa pur l' antico esempio 12.75.6 fra duo bei fiumi: un di purpureo sangue 12.75.7 fatto si crede, e d' amoroso pianto 12.75.8 l' altro c' ha di chiarezza il pregio e 'l vanto. 12.76.1 Quinci ella derivò di lucid' onde 12.76.2 il fonte, e 'l rio che i riguardanti asseta; 12.76.3 ma dentro a' freddi suoi cristalli asconde 12.76.4 di tosco micidial forza secreta: 12.76.5 ch' un picciol sorso il suo venen diffonde, 12.76.6 e inebria l' alma, e lei fa vaga e lieta: 12.76.7 indi a ridere uom muove, e tanto il riso 12.76.8 s' avanza alfin, ch' ei ne rimane ucciso. 12.77.1 Lunge la bocca disdegnosa e schiva 12.77.2 torcete da l' umor che tosto ancide; 12.77.3 né le dolci vivande in verde riva 12.77.4 v' allettin pur, né le donzelle infide 12.77.5 con voce soavissima e lasciva, 12.77.6 con dolce aspetto che lusinga e ride; 12.77.7 ma voi, gli sguardi e le parole accorte 12.77.8 sprezzando, entrate pur ne l' alte porte. 12.78.1 Dentro è di muri inestricabil cinto, 12.78.2 con mille torti in sé confusi giri; 12.78.3 ma io vi porgo il filo, e lui dipinto, 12.78.4 sí che nessuno error fia che v' aggiri. 12.78.5 Verdeggia un bosco in mezzo al laberinto, 12.78.6 che par che d' ogni fronde amore spiri, 12.78.7 quivi, nel verde sen d' erba novella, 12.78.8 giace il guerrier sovente e la donzella. 12.79.1 Ma come essa, lasciando il caro amante, 12.79.2 in altra parte 'l piede avrá rivolto, 12.79.3 vo' ch' a lui vi scopriate, e d' adamante 12.79.4 lo scudo, ch' io darò, gli alziate al volto: 12.79.5 perch' ei se stesso miri in quel sembiante, 12.79.6 e 'n abito lascivo e molle involto: 12.79.7 ch' a tal vista potrá vergogna e sdegno 12.79.8 scacciar dal petto suo l' amore indegno. 12.80.1 Altro che dirvi omai poco m' avanza, 12.80.2 se non ch' assai securi ir ne potrete; 12.80.3 e trapassar de la secreta stanza 12.80.4 non le piú interne parti e piú secrete: 12.80.5 perché non fia che magica possanza 12.80.6 a voi ritardi il corso, o 'l passo viete: 12.80.7 né potrá pur (cotal virtú vi guida) 12.80.8 il giunger vostro antivedere Armida. 12.81.1 Ma s' ella, sue minacce aggiunte a' preghi, 12.81.2 voi perseguisse, come suol, superba; 12.81.3 non sia di voi chi per suo amor si pieghi, 12.81.4 né per lusinga, o per querela acerba; 12.81.5 ma con piú stretti nodi allor si leghi 12.81.6 per vostra mano, e non tra' fiori e l' erba. 12.81.7 Voi da me di topazio infuso in Lete 12.81.8 e d' adamante aspra catena avrete.-- 12.82.1 Giá del sol richiamava il nuovo raggio 12.82.2 a l' opre ogni mortal ch' in terra alberga, 12.82.3 quando tornò da' suoi riposi il saggio 12.82.4 a' due guerrieri; e:-- Pria ch' il dí piú s' erga, 12.82.5 accingiamci (lor disse) al bel vïaggio; 12.82.6 ecco lo scudo, il filo, ecco la verga 12.82.7 d' òr circondata, a cui d' antichi regi 12.82.8 scettro agguagliar non ponno i mastri egregi. 12.83.1 Questa è d' un' erba che talor germoglia 12.83.2 d' arida sabbia in arenose sponde, 12.83.3 con lunga in cima e ripiegata foglia, 12.83.4 e due come ali del suo piè diffonde; 12.83.5 e quinci e quindi de la verde spoglia 12.83.6 sparge nel mezzo poi minori fronde: 12.83.7 ruhat fu detta in barbaro idïoma, 12.83.8 ma la Grecia licnite ancor la noma. 12.84.1 Questa v' affida di periglio e scorno 12.84.2 (disse), né belva fia ch' a voi s' appresse;-- 12.84.3 ma i due guerrier, ch' avean giá l' arme intorno, 12.84.4 per vie che d' orme non vedeano impresse, 12.84.5 partîr col veglio; e nel chinar del giorno 12.84.6 giunsero ove la stanza Armida elesse: 12.84.7 e videro il palagio, a gli altri occulto, 12.84.8 dov' era piú del monte il giogo inculto. 12.85.1 -- Mirate (dicea lor) quell' alta mole 12.85.2 ch' in cima al monte di lontan si vede. 12.85.3 Quivi fra cibi, ed ozio, e scherzi, e fole 12.85.4 torpe il campion de la cristiana fede. 12.85.5 Voi con la scorta poi del novo sole 12.85.6 su per quell' erto moverete il piede: 12.85.7 né vi gravi aspettar la bella aurora, 12.85.8 ché notturna fatica inutil fôra. 12.86.1 Ben co 'l lume del sol, ch' anco riluce, 12.86.2 insino al monte andar per voi potrassi.-- 12.86.3 Essi al congedo di quel saggio duce, 12.86.4 posero da' cavalli a terra i passi: 12.86.5 e ritrovâr la via ch' ivi conduce, 12.86.6 ch' agevol fôra a' piú impediti e lassi: 12.86.7 ma quando v' arrivâr, da l' Oceàno 12.86.8 era il carro di Febo ancor lontano. 12.87.1 I due guerrieri in loco ermo e selvaggio, 12.87.2 chiuso d' ombre, fermârsi a piè del monte: 12.87.3 e come 'l ciel rigò col nuovo raggio 12.87.4 il sol, de l' aurea luce eterno fonte: 12.87.5 «Su su,» grid&a